Il settore privato nella cooperazione italiana

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1 Il settore privato nella cooperazione italiana Applicazione della legge 125 del 2014 luglio 2015

2 Responsabile per conto di ActionAid: Livia Zoli, capo unità di Policy e Advocacy livia.zoli@actionaid.org Ricerca e redazione: Damiano Sabuzi Giuliani, Veronica Boggini, Mirko Tricoli Supervisione: Luca De Fraia Editing: Randa El Tahmy Grafica: Polaris Publishing and Graphics Cover photo credit: Greg Funnell/ActionAid Per maggiori informazioni: livia.zoli@actionaid.org Questo policy paper è stato integrato con gli spunti e le precisazioni emerse a seguito del dibattito tenutosi martedì 7 luglio 2015, in occasione del workshop di presentazione. Il presente documento è stato messo a punto da ActionAid sulla base di una ricerca commissionata a Human Foundation e all Agenzia LAMA nel quadro del progetto Framing the future development: A policy proposal for influencing the Italian cooperation post-2015, realizzato in partnership con la Bill & Melinda Gates Foundation. Tale progetto ha tra gli obiettivi quello di analizzare il coinvolgimento del settore privato profit italiano nel quadro della riforma di legge della cooperazione allo sviluppo (Legge 125/2014).

3 Indice Introduzione Il contesto internazionale e la riforma italiana: cosa cambia per il settore privato Definire il settore privato come attore di cooperazione: principi, standard e modelli di coinvolgimento Strumenti di finanziamento Il monitoraggio e la valutazione dell impatto sociale degli investimenti del settore privato nella cooperazione internazionale Raccomandazioni

4 Il settore privato nella cooperazione italiana Introduzione Il processo di riforma della cooperazione italiana, entrato nella fase implementativa dopo l approvazione della Legge 125/14, vede l introduzione di elementi di novità fondamentali e significativi, tra cui il ruolo del settore privato profit 1 come soggetto del sistema della cooperazione allo sviluppo del nostro Paese. Il presente policy paper si propone di fornire un analisi dei rischi e delle opportunità legate al coinvolgimento del settore privato nell ambito del processo di riforma, fornendo raccomandazioni per gli attori coinvolti sul tema: MAECI, Agenzia, Cassa Depositi e Prestiti, multinazionali, PMI, cooperative, imprese sociali, società civile. La realizzazione del policy paper si inserisce nell ambito delle attività previste dal progetto Framing the future development: a policy proposal for influencing the Italian cooperation post- 2015, attraverso il quale ActionAid Italia si propone di analizzare le novità introdotte dalla riforma della cooperazione italiana (Legge 125/14), contribuendo fattivamente al dibattito sulla nuova architettura di governance, sui nuovi attori introdotti dalla legge e sull allocazione dell Aiuto Pubblico allo Sviluppo (APS) italiano. In questo documento verranno trattate le potenziali criticità e i benefici del coinvolgimento del settore privato nell ambito delle attività di sviluppo, alla luce delle norme introdotte e dei meccanismi di regolazione esistenti in Italia e a livello internazionale. Sulla base delle analisi proposte ActionAid Italia fornirà delle raccomandazioni in vista del perfezionamento delle norme secondarie, in particolare lo Statuto dell Agenzia, che determineranno l azione dei nuovi attori chiamati a confrontarsi direttamente con le sfide della cooperazione, a partire da quella dell efficacia. Per la messa a punto del policy paper ActionAid si è avvalsa della collaborazione di Human Foundation, organizzazione non profit che, oltre ad occuparsi di ricerca ed advocacy su innovazione e finanza sociale, promuove la creazione di reti tra imprese, pubblica amministrazione, fondazioni, ONG e altri attori economici e del mondo della finanza, oltre che dell Agenzia LAMA. Nelle pagine a seguire verranno trattati i temi legati all auspicato crescente ruolo del settore privato italiano nelle attività di cooperazione, specialmente con riferimento alla definizione di tale settore come soggetto del sistema della cooperazione. Si analizzeranno la nuova normativa italiana in materia e gli standard delle organizzazioni internazionali a cui la Legge 125/14 fa riferimento; si esamineranno le caratteristiche degli organi chiamati a gestire le novità relative al coinvolgimento del settore privato, in particolar modo la Cassa Depositi e Prestiti; si proporrà un focus sui nuovi strumenti finanziari e si approfondirà il delicato tema relativo al monitoraggio dei progetti di cooperazione che vede coinvolto il settore privato. Nell ultima parte del policy paper si proporranno le raccomandazioni di ActionAid relativamente al coinvolgimento del settore privato nelle attività della cooperazione italiana allo sviluppo. 1 Nel testo a seguire, per settore privato si intende il settore privato profit. 2

5 1. Il contesto internazionale e la riforma italiana: cosa cambia per il settore privato 1.1 Il settore privato profit nella cooperazione: una classificazione Il documento finale della conferenza sull efficacia degli aiuti di Busan del 2011 prevedeva un coinvolgimento del settore privato nella creazione di un ambiente favorevole che consenta al settore privato di contribuire allo sviluppo. In particolare, per il settore privato si prevede la partecipazione alla definizione e alla gestione di strategie e policies finalizzate alla riduzione della povertà e alla diffusione di meccanismi innovativi di finanziamento. Il fine ultimo era quello di coniugare gli sforzi degli attori dello sviluppo tradizionali (stati, organizzazioni internazionali, società civile) e del settore privato per raggiungere obiettivi comuni di sviluppo. Una crescita finalizzata alla riduzione della povertà dev essere inclusiva e sostenibile, deve creare opportunità di lavoro per uomini e donne, produrre know how e generare entrate attraverso il sistema fiscale. Per ottenere uno sviluppo economico sostenibile nei Paesi partner è necessaria l azione bilanciata e combinata degli aiuti esterni, dei Paesi partner e del settore privato. Una classificazione utile per differenziare la partecipazione del settore privato nei programmi di sviluppo è quella proposta da ActionAid International 2, che elenca tre distinte categorie, permeabili e sovrapponibili secondo il tipo di progetto: building, leveraging, delivering. Building: la strategia alla base di questa categoria è lo sviluppo del settore privato dei Paesi partner, che generi occupazione, know how diffuso e una diversificazione delle attività imprenditoriali. In questo caso gli aiuti esterni diventano uno strumento di supporto per investimenti diretti in determinati settori strategici o indiretti, per esempio attraverso la costruzione di infrastrutture. Leveraging: l obiettivo in questo caso è l aumento delle risorse per i programmi di sviluppo attraverso il coinvolgimento del settore privato, che diventa partner nei programmi e che contribuisce a mobilizzare risorse finanziarie addizionali e investimenti. Spesso questo si traduce in un impegno economico-finanziario del privato su diversi livelli: multinazionali, imprese dei Paesi donatori o dei Paesi partner. In molti casi i Paesi donatori ricorrono, per questa strategia di intervento, alle imprese multinazionali già affermate e con esperienza nei Paesi partner. Le forme assunte dal leveraging sono le Partnership Pubblico Private (in tutti i settori d intervento, dall agricoltura all educazione), il blending, (fare leva sugli investimenti privati attraverso gli aiuti pubblici), e i challenge fund (aiuti finalizzati a stimolare il settore privato su specifiche aree tematiche). Delivering: in questo caso il settore privato è soggetto implementatore di iniziative finanziate con aiuti pubblici, che si impegna attraverso la stipula di contratti pubblici a fornire beni e/o servizi (per esempio servizi di consulenza, costruzione di infrastrutture, forniture per uffici, ecc.). Anche attraverso questa classificazione verrà analizzato il ruolo del settore privato italiano nel quadro della riforma, partendo dal contesto internazionale descritto di seguito. 1.2 Il settore privato profit e l evoluzione del suo coinvolgimento nella cooperazione internazionale Nel corso degli ultimi 15 anni gli organismi internazionali, le Nazioni Unite, l Organizzazione per la Cooperazione Economica e lo Sviluppo (OCSE), l Unione europea e la Banca Mondiale, 2 Action Aid, Aid to, with and through the private sector: emerging trends and ways forward, April 2014, ActionAid Discussion paper. 3

6 Il settore privato nella cooperazione italiana hanno prodotto risoluzioni, linee guida, comunicazioni che lasciano intendere un evoluzione del ruolo giocato dal settore privato nei programmi di cooperazione. L obiettivo del Monterrey Consensus on Financing for Development del , era di coinvolgere maggiormente il settore privato dal punto di vista finanziario, cercando di mobilizzare i capitali da esso detenuti verso forme di investimenti sostenibili nei Paesi partner, in particolare attraverso gli investimenti esteri diretti, lo sviluppo delle partnership pubblico private e gli altri flussi privati. Il documento approvato nel meeting internazionale di Doha 4 del 2008, recepisce questa impostazione, prevedendo la possibilità che programmi, meccanismi e strumenti a disposizione delle agenzie di sviluppo multilaterale e dei donatori bilaterali possano essere usati per incoraggiare gli investimenti privati. In ambito OCSE/DAC sono stati delineati i principi guida delle attività di cooperazione a partire dalla Paris Declaration on Aid Effectiveness (2005), che avrebbero dovuto orientare le attività dei donatori tradizionali: ownership, alignment, harmonisation, managing for results, mutual accountability. Il processo di apertura verso nuovi attori e nuove modalità di partnership inizia nell incontro di Accra del 2008 e si sviluppa tre anni dopo a Busan, in occasione del 4 th High Level Forum on Aid Effectiveness. Le aperture verso i non-traditional donor protagonisti della South-South Cooperation e il ruolo centrale dei privati nelle attività di cooperazione allo sviluppo 5, sono elementi di forte novità. Nella conferenza di Busan è stato riconosciuto a ciascun soggetto, pubblico e privato, un ruolo definito nell apportare esperienze, pratiche e opportunità di apprendimento e collaborazione. L obiettivo dichiarato era proprio quello di produrre cambiamenti in seno alle politiche e ai programmi di cooperazione allo sviluppo, tali da rafforzare la leadership dei paesi partner nei processi di sviluppo, puntando sulle opportunità che possono ad esempio venire da una migliore mobilitazione delle risorse domestiche e sulla collaborazione con il settore privato. Nasce quindi nel 2011 la Global Partnership for Effective Development Co-operation (GPEDC), organo che riunisce i donatori multilaterali e bilaterali, le economie emergenti, i soggetti donatori e i riceventi, i Paesi beneficiari, il settore privato, le organizzazioni governative e della società civile. Il GPEDC sta conducendo analisi circa l efficacia della cooperazione allo sviluppo a livello sia globale sia locale, sviluppando un quadro di monitoraggio che include nuovi indicatori riguardanti il settore privato, la partecipazione della società civile, la parità di genere e la trasparenza. Le Linee Guida dell OCSE destinate alle imprese multinazionali, allegate alla Dichiarazione OCSE del 27 giugno 2000 sugli Investimenti internazionali e le imprese multinazionali, sono un insieme di raccomandazioni che i Governi firmatari rivolgono alle imprese multinazionali contenenti principi e norme volontari per un comportamento responsabile delle imprese, conforme alle leggi applicabili. Esse si prefiggono di stimolare il contributo positivo che le imprese multinazionali possono apportare al progresso economico, ambientale e sociale e di minimizzare le difficoltà connesse all attività d impresa. Costituiscono il corpo di raccomandazioni più ampio sottoscritto dai governi e coprono tutte le tematiche di rilievo: diritti umani, occupazione e relazioni industriali, ambiente, divulgazione di informazioni, lotta alla corruzione, interessi del consumatore, scienza e tecnologia, concorrenza e fiscalità. Prevedono, altresì, la possibilità che uno stakeholder contesti ad un impresa la violazione delle Linee Guida nello svolgimento della propria attività imprenditoriale disciplinando un meccanismo di composizione stragiudiziale della controversia insorta mediante la presentazione di un i- 3 Il Monterrey Consensus è il risultato della Conferenza Internazionale delle Nazioni Unite sul Financing for Development, tenutasi a Monterrey, in Messico, nel Doha Declaration on Financing for Development, United Nations, Busan Declaration, punto 5. We also have a more complex architecture for development co-operation, characterised by a greater number of state and non-state actors, as well as co-operation among countries at different stages in their development, many of them middle-income countries. South-South and triangular cooperation, new forms of public-private partnership, and other modalities and vehicles for development have become more prominent, complementing North-South forms of co-operation. 4

7 stanza innanzi al Punto di Contatto Nazionale competente (meccanismo delle istanze). Il contenuto delle Linee Guida si è progressivamente ampliato ed evoluto nel tempo per adeguarsi ai profondi cambiamenti intervenuti nel contesto economico mondiale: la crescente globalizzazione, i mutamenti dello scenario economico internazionale, le nuove istanze etiche scaturite dalla crisi economico-finanziaria, il ricorso alla cooperazione quale strumento di stabilizzazione e di equilibrio internazionale, hanno fatto sì che, a dieci anni dall ultima revisione delle Linee Guida, in occasione della riunione annuale dei PCN del 2009, venisse lanciato il processo di aggiornamento delle Linee Guida giunto a definizione nel 2011, con la sottoscrizione, da parte dei 46 Governi firmatari delle Linee Guida, della versione aggiornata. I principi e gli standard enunciati nelle Linee Guida OCSE mirano ad assicurare che le attività delle Imprese Multinazionali siano conformi alle politiche governative, a rafforzare le basi per una fiducia reciproca fra le imprese e le società in cui operano, a migliorare le condizioni per gli investimenti esteri e a valorizzare il contributo apportato dalle Imprese Multinazionali allo sviluppo sostenibile 6. Nel documento programmatico di Rio+20 The Future WeWant 7 si riafferma che per ottenere uno sviluppo sostenibile serve il coinvolgimento diretto sia del settore pubblico sia di quello privato, dando particolare risalto allo strumento delle partnership pubblico-privato. Affermando, inoltre, l importanza di creare dei regolamenti nazionali e delle politiche che permettano alle pratiche della Corporate Social Responsibility di divenire strumento dell industria per lo sviluppo sostenibile, si riconosce e dichiara apertamente che il settore privato deve presentare una serie di caratteristiche quali: dinamicità, inclusività, buon funzionamento, responsabilità ambientale e responsabilità sociale, identificandolo al contempo come un prezioso strumento che può offrire un contributo cruciale alla crescita economica e alla riduzione della povertà. Nel contesto descritto, il miglioramento dell efficacia degli aiuti della cooperazione allo sviluppo risulta avere un ruolo importante nell attirare nuove fonti di finanziamento. A questo proposito, la Banca Mondiale, nel documento Financing for Development Post-2015 del 2013, punta sulla capacità dei Paesi a basso reddito di mobilizzare risorse interne dei privati e sulla necessità di puntare su fonti innovative di finanziamento. Com è noto, il 2015 è un anno di svolta, in quanto la programmazione sviluppata nell anno 2000 con i Millennium Development Goals (MDGs) si conclude con un parziale raggiungimento degli obiettivi prefissati (United Nations Department of Economic and Social Affairs, 2015) ed evolve nel nuovo framework, rappresentato dai Sustainable Development Goals (SDGs) 8. Per il raggiungimento dei risultati di sviluppo identificati negli SDGs 9, l apporto del settore privato a livello globale e locale sarà cruciale se risponderà ai principi dell investimento responsabile, alla sostenibilità ambientale e sociale e alle politiche 6 Linee Guida OCSE, 2011, 7 United Nations, Resolution adopted by the General Assembly on 27 July 2012, 8 Gli SDGs, nati dalla Conferenza di Rio+20 del 2012, sostituiranno gli MDGs nel settembre 2015, in occasione dell Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Di seguito l elenco dei 17 nuovi obiettivi identificati, da raggiungere entro il 2030: terminare la povertà in tutte le sue forme, ovunque; eliminare la fame, raggiungendo la sicurezza alimentare migliorando le condizioni nutritive promuovendo un agricoltura sostenibile; garantire una vita sana e promuovere il benessere di tutti a tutte le età; garantire istruzione di qualità inclusiva ed equa promuovendo forme di apprendimento permanente per tutti; raggiungere la parità di genere ed empowerment di donne e ragazze; garantire l accesso e la disponibilità di acqua e servizi sanitari per tutti; assicurare l accesso a fonti di energia a tutti in maniera sostenibile e moderna; promuovere una crescita economica inclusiva e sostenibile, con una occupazione decente per tutti; costruire una infrastruttura resistente, promuovendo l innovazione e industrializzazione sostenibile e inclusiva; ridurre l ineguaglianza intra e infra nazionale; rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri resistenti e sostenibili; assicurare schemi produttivi e di consumo sostenibili; prendere azioni urgenti contro i cambiamenti climatici e i relativi impatti; conservare e le risorse idriche utilizzandole in maniera sostenibile; proteggere e promuovere un uso sostenibile degli ecosistemi terrestri, in termini di deforestazione e desertificazione, di degradazione del terreno e perdita di biodiversità; promuovere società pacifiche e inclusive, fornendo accesso alla giustizia per tutti; rafforzare le modalità di implementazione e rivitalizzare la partnership globale per lo sviluppo sostenibile. 9 Financing for Development, Addis Abeba Luglio

8 Il settore privato nella cooperazione italiana attive di CSR, come si evince dal recente documento Private sector investment and sustainable development (Nazioni Unite, 2015). Pertanto, il settore privato è invitato a pianificare le proprie operazioni in un orizzonte temporale di più lungo periodo, a intraprendere nuovi processi produttivi o utilizzare strumenti finanziari che soddisfino i bisogni dei Paesi a basso reddito. 1.3 Il settore privato nella cooperazione italiana Il partenariato pubblico-privato nella Legge 49 del 1987 La Legge 49/1987 per la realizzazione di progetti a favore dei Paesi in via di sviluppo prevedeva, oltre a doni diretti a questi stessi Paesi e a organizzazioni internazionali, anche strumenti finanziari in grado di creare partenariati. Nel testo della legge n. 49 era fatto diretto riferimento al settore privato e agli strumenti finanziari in tre articoli distinti: nell art. 5 si definiva il ruolo del Ministero degli Affari Esteri quale promotore e coordinatore per i programmi operativi in materia di Cooperazione allo Sviluppo, riguardanti il settore pubblico così come quello privato; nell art. 6 si prevedeva la concessione di crediti finanziari agevolati, a valere sul Fondo rotativo costituito presso il Mediocredito centrale, a enti e banche estere, a Stati, banche centrali o enti di Stato in Paesi in via di sviluppo; al comma 3 si stabiliva che i crediti di aiuto anche quando sono associati ad altri strumenti finanziari (doni, crediti agevolati all esportazione, crediti a condizioni di mercato), potranno essere concessi solamente per progetti e programmi di sviluppo rispondenti alla finalità della presente legge ; nell art. 7 si prevedeva la possibilità di concedere, a valere sul Fondo di rotazione di cui all Art. 6, crediti agevolati alle imprese italiane con il parziale finanziamento della loro quota di capitale di rischio in imprese miste da realizzarsi in Paesi in via di sviluppo con partecipazione di investitori, pubblici o privati, del paese beneficiario, nonché imprese private dello stesso. Al Mediocredito Centrale veniva affidata, tramite apposita convenzione, la delega circa le attività di valutazione, erogazione e gestione dei crediti in oggetto. Quest ultimo strumento, identificato nell art. 7 della Legge 49/1987, che prevedeva l utilizzo di crediti agevolati per la creazione di imprese a capitale misto, non è risultato molto utilizzato. Infatti, tra il 1998 e il 2012 sono stati concessi crediti agevolati per la creazione di imprese miste per un totale di circa 105 milioni di euro, la maggior parte dei quali allocati prima del Si tratta di una cifra esigua sia rispetto al totale degli investimenti diretti italiani finanziati nello stesso periodo, pari a 32 miliardi di secondo le statistiche dell OCSE, sia rispetto ai crediti di aiuto erogati, che nel suddetto periodo ammontavano a 5,7 miliardi di 10. Il settore privato nella Legge 125/2014 Nel testo della nuova Disciplina generale sulla cooperazione internazionale per lo sviluppo si fa chiaro e diretto riferimento all art. 23 ai soggetti aventi finalità di lucro come soggetti del sistema della cooperazione. La tabella 1 riporta i riferimenti al settore privato nei diversi articoli della legge. 10 Action Aid, L Italia e la lotta alla povertà nel mondo. Una nuova democrazia del cibo. Annuario delle cooperazione allo sviluppo, 2014, Carocci Editore, Roma. 6

9 TABELLA 1 - Riferimenti al settore privato nella Legge 125/2014 Articolo 2 Articolo 8 Articolo 12 Articolo 16 Articolo 17, comma 3 Articolo 20 Articolo 23, comma 2, punto d Articolo 27 Definisce i destinatari delle politiche di APS italiane individuando nel settore privato dei Paesi beneficiari un possibile partner nonché obiettivo di programmi di sviluppo. Istituisce un apposito fondo rotativo fuori bilancio, costituito in capo alla società Cassa Depositi e Prestiti, per l erogazione di crediti concessionali destinati al miglioramento della situazione economica e monetaria dei Paesi in via di sviluppo, diretti a favorire e promuovere il progresso tecnico, culturale, economico e sociale di detti Stati. Prevede la redazione di un documento triennale di programmazione e d indirizzo della politica di cooperazione allo sviluppo. Istituisce il Consiglio Nazionale della Cooperazione allo Sviluppo, che è un organo consultivo composto dai principali soggetti pubblici e privati, profit e non profit, della cooperazione internazionale allo sviluppo. Definisce le mansioni dell Agenzia per la Cooperazione allo Sviluppo e Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo. L Agenzia, dotata di autonomia decisionale di spesa entro un limite massimo di due milioni di euro, fra le proprie attività ha anche quella di promuovere forme di partenariato con soggetti privati per la realizzazione di specifiche iniziative. Fa riferimento alla riorganizzazione della Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo la quale fra le altre attività detiene quella di valutazione dell impatto degli interventi di cooperazione allo sviluppo e verifica del raggiungimento degli obiettivi programmatici, ivi compresi quelli che includano attori del settore privato profit. Riconosce quali soggetti della cooperazione allo sviluppo italiana i soggetti privati con finalità di lucro, purché agiscano con modalità conformi ai principi della legge, aderiscano agli standard in materia di responsabilità sociale e alle clausole ambientali, nonché rispettino le norme sui diritti umani per gli investimenti internazionali. Specifica il ruolo del privato profit all interno della cooperazione internazionale allo sviluppo italiana. Gli attori individuati sono le imprese e gli istituti bancari, questi soggetti potranno partecipare a procedure di evidenza pubblica per contratti, nazionali, europei e internazionali per la realizzazione di iniziative di sviluppo. Viene inoltre specificato sia il Comitato Interministeriale per la Cooperazione allo Sviluppo (CICS) a stabilire la quota del fondo rotativo che può essere concesso ai privati profit italiani e le condizioni in base alle quali possono essere concessi i crediti. Tabella 1 - Fonte: Elaborazioni Human Foundation e ActionAid su dati Legge 125/2014, maggio 2015 Come si evince dalla tabella, la nuova legge fornisce un quadro più chiaro e articolato rispetto alle forme di coinvolgimento del settore privato, rafforzando così l impiego di strumenti di finan- 7

10 Il settore privato nella cooperazione italiana ziamento ed investimento quali: 1) I crediti di aiuto 11 (art. 8 della Legge 125/14), si tratta di crediti concessionali a valere su un Fondo rotativo costituito presso la Cassa Depositi e Prestiti SpA, destinati a Stati, banche centrali, enti di Stato del paese beneficiario o Organizzazioni internazionali 12. I crediti di aiuto destinati ai Paesi meno avanzati (PMA) e ai Paesi altamente indebitati (HIPC) a seguito delle Raccomandazioni OCSE-DAC del 2001 e del 2008 devono essere completamente slegati. I progetti finanziati sono realizzati da imprese aggiudicatarie di gare internazionali e i termini e le condizioni finanziarie (tasso d interesse, durata del credito, periodo di grazia) risultano migliori dei crediti di mercato e sono connessi al reddito pro capite del paese beneficiario. 2) Procedura di matching (art. 8 della Legge 125/14), i crediti di aiuto possono anche essere utilizzati anche come forma di sostegno pubblico indiretto al proprio settore privato. Infatti, si può attivare tale procedura su richiesta di un impresa italiana che partecipa a una gara internazionale, finalizzata alla realizzazione di progetti di sviluppo in PVS, in cui le Autorità locali di fatto richiedano a tutti i concorrenti oltre all offerta tecnico-economica anche un offerta finanziaria nella forma di aiuti, la quale assume carattere determinante nella fase di aggiudicazione. Tale sostegno finanziario, è legato essendo condizionato all aggiudicazione della gara in favore dell impresa italiana 13. 3) Linee di credito per le piccole medie imprese locali dei PVS (art. 8 della Legge 125/14), riferite al settore privato vengono erogate attraverso il sistema bancario del paese partner, sono destinate all acquisto di beni e servizi di origine italiana per una percentuale variabile dal 50% al 70% del valore complessivo ed hanno l obiettivo di abbattere i tassi d interesse di mercato del credito commerciale nei Paesi di riferimento 14. 4) I crediti agevolati (art. 27 della Legge 125/14), come per la 49/87, anche la 125/2014 consente di erogare finanziamenti agevolati alle imprese italiane che realizzano imprese miste nei Paesi partner 15 utilizzando una quota del fondo rotativo. Esso prevede la concessione di crediti agevolati alle imprese italiane per il parziale finanziamento (70%) 11 Disciplinati dall Art. 8 legge 125/14: Iniziative di cooperazione con crediti concessionali. 1. Il Ministro dell economia e delle finanze, previa delibera del Comitato di cui all articolo 21, su proposta del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, ed in base alle procedure stabilite dalla presente legge, autorizza la Società Cassa depositi e prestiti Spa a concedere, anche in consorzio con enti o banche estere, a Stati, banche centrali o enti pubblici di Stati di cui all articolo 2, comma 1, nonché a organizzazioni finanziarie internazionali, crediti concessionali a valere sul fondo rotativo fuori bilancio costituito presso di essa ai sensi dell articolo 26 della legge 24 maggio 1977, n Ove richiesto dalla natura dei programmi di sviluppo, i crediti concessionali possono essere destinati al finanziamento dei costi locali e di acquisti in Paesi terzi di beni, servizi e lavori inerenti alle iniziative di cui al presente articolo. 12 Una delle novità, rispetto alla legislazione precedente è la possibilità di individuare anche le Organizzazioni finanziarie internazionali come eleggibili a tali finanziamenti concessionali. Presso tali Organizzazioni si potranno in tale modo istituire ad esempio trust fund, finanziati a credito, per la realizzazione di progetti nelle aree di competenza delle OO.II. stesse, qualora coincidano con quelle di interesse per la Cooperazione, sulla base di quanto stabilito dalle Linee Guida (da I quaderni della Cooperazione Italiana, Gli strumenti finanziari della cooperazione italiana a sostegno dello sviluppo del settore privato, MAECI, 2015). 13 Le caratteristiche dello strumento finanziario in questione sono regolamentate dall OCSE tramite l Arrangement on Guidelines for Officially Supported Export Credit e dalla Delibera del Comitato Direzionale n. 117/ MAECI-DGCS, Gli strumenti finanziari della cooperazione italiana a sostegno dello sviluppo del settore privato, in I Quaderni della Cooperazione italiana, Art. 27 legge 125/14: Una quota del Fondo rotativo può essere destinata a: a) concedere ad imprese italiane crediti agevolati per assicurare il finanziamento della quota di capitale di rischio, anche in forma anticipata, per la costituzione di imprese miste in Paesi partner, individuati con delibera del CICS, con particolare riferimento alle piccole e medie imprese; b) concedere crediti agevolati ad investitori pubblici o privati o ad organizzazioni internazionali, affinché finanzino imprese miste da realizzarsi in Paesi partner o eroghino altre forme di agevolazione identificate dal CICS che promuovano lo sviluppo dei Paesi partner; c) costituire un fondo di garanzia per i prestiti concessi di cui alla lettera a). 8

11 della loro quota di capitale di rischio in imprese miste da realizzarsi in Paesi in via di sviluppo, con partecipazione di investitori pubblici e privati, anche congiuntamente, del Paese destinatario. I crediti possono essere concessi in Paesi partner individuati dal Comitato Direzionale, tenendo conto delle priorità geografiche generali della Cooperazione italiana e della sussistenza di adeguate garanzie agli investimenti esteri. È possibile accedere ai finanziamenti a fronte di conferimenti in denaro in conto capitale sociale (e, nella misura del 20% dell importo finanziato, anche in natura). La partecipazione al capitale delle imprese miste da parte delle società italiane deve essere finalizzata alla realizzazione di nuove iniziative e/o all ampliamento di iniziative preesistenti 16. Come abbiamo messo in evidenza in un nostro precedente rapporto 17 il nostro paese ha ampiamente utilizzato questo strumento soprattutto alla fine degli anni Ottanta e nella prima metà degli anni Novanta, quando esso costituiva fino al 40% dell APS bilaterale. Negli anni sia il volume dei crediti di aiuto sia la loro percentuale sul totale dell APS bilaterale sono diminuiti sostanzialmente, ricoprendo un ruolo sempre meno importante nella cooperazione italiana. Uno degli elementi che abbiamo riscontrato è che - a differenza dei progetti a dono, per i quali è relativamente facile reperire informazioni sull ente esecutore dell intervento - per quanto riguarda i crediti di aiuto non è altrettanto semplice trovare dettagli sulle aziende italiane che si sono aggiudicate le gare di appalto; queste informazioni non sono presenti nel database OpenAid 18, né tantomeno nel database CRS dell OCSE/DAC. 5) Cofinanziamenti con istituzioni sovranazionali e blending con fondi dell Unione europea 19, si tratta di finanziamenti congiunti con Istituzioni finanziarie internazionali (IFI), come la Banca Mondiale, la Banca Europea degli Investimenti o la Banca dello Sviluppo dell America Latina, fornendo un finanziamento a credito d aiuto (art. 8 della Legge 125/14) che si può sommare a linee di credito concesse al Paese beneficiario dalle istituzioni partner. Le IFI possono fornire assistenza tecnica alla Stazione appaltante locale, per la realizzazione delle gare d appalto per i contratti di progettazione e realizzazione dei lavori, finanziati a valere sul credito DGCS. In questo schema il credito d aiuto italiano (a tassi concessionali) viene concesso direttamente ad una impresa mista costituita in loco, che realizzerà l opera, la quale potrà essere parallelamente finanziata anche dalle istituzioni finanziarie partner della DGCS, a tassi commerciali 20. Tali cofinanziamenti sono utilizzati per grandi iniziative, in particolare per la realizzazione di infrastrutture nei Paesi partner. Le operazioni di blending con fondi dell Unione europea prevedono un cofinanziamento di programmi/progetti di cooperazione in Paesi partner, tra soggetti pubblici, a valere su Trust Fund dedicati 21. Anche in questo 16 In merito ai requisiti, si richiede alle imprese italiane una rilevante partecipazione nel capitale di rischio (almeno del 20%), così come nella gestione dell impresa, nella formazione e sviluppo del management locale. La partecipazione degli investitori locali (imprese o cittadini del PVS) non potrà essere inferiore al 25% del capitale di rischio dell iniziativa. Il finanziamento agevolato non potrà in ogni caso superare l importo di Euro ,00 e potrà avere una durata di un massimo di 10 anni, di cui 5 di grazia. Questo significa che gli interessi sul finanziamento, che ad oggi equivalgono allo 0,372% (15% del tasso per il credito industriale, che a febbraio 2014 è il 2,48%,) inizieranno ad essere restituiti dall impresa richiedente il finanziamento a partire dal sesto anno. Come riportato in MAECI-DGCS, Gli strumenti finanziari della cooperazione italiana a sostegno dello sviluppo del settore privato, in I Quaderni della Cooperazione italiana, ActionAid, L Italia e la lotta alla povertà nel mondo. Una nuova democrazia del cibo. Annuario delle cooperazione allo sviluppo, 2014, Carocci Editore, Roma. 18 Rispetto al reperimento di informazioni sull ente esecutore dell intervento a credito di aiuto, il Direttore generale per la Cooperazione allo Sviluppo ha ricordato come si tratti di gare non bandite dalla cooperazione italiana, ma da stazioni appaltanti estere con procedure diverse a seconda delle previsioni degli accordi governativi che regolano le concessione del credito d aiuto. Le decisioni in merito alle aggiudicazioni sono di conseguenza responsabilità delle stesse stazioni appaltanti straniere. Ciononostante, si è registrata la disponibilità a verificare le condizioni per assicurare che tali dati relativi alle aggiudicazioni siano pubblicati anche sulla piattaforma DGCS al fine di assicurarne la massima pubblicità, nonché la massima trasparenza. 19 MAECI-DGCS, Gli strumenti finanziari della cooperazione italiana a sostegno dello sviluppo del settore privato, in I Quaderni della Cooperazione italiana, MAECI-DGCS, Gli strumenti finanziari della cooperazione italiana a sostegno dello sviluppo del settore privato, in I Quaderni della Cooperazione italiana, La DGCS/MAECI cita come esempio il blending di risorse tra UE e DGCS in Niger, a valere sul Trust Fund Infrastrutture UE-Africa in MAECI-DGCS, Gli strumenti finanziari della cooperazione italiana a sostegno dello sviluppo del settore privato, in I Quaderni 9

12 Il settore privato nella cooperazione italiana caso si utilizzano generalmente per la realizzazione di infrastrutture. 6) Conversione del debito (Legge 209 del 25 luglio 2000), l Italia si impegna a cancellare parte del debito di un paese beneficiario a fronte della destinazione da parte del paese stesso di risorse equivalenti alla cancellazione, in valuta locale, per la realizzazione di progetti di sviluppo. In linea teorica è possibile la partecipazione del settore privato nei progetti così finanziati, il limite individuato è la conversione delle risorse a disposizione in valuta locale. 1.4 Il rischio dell aiuto legato Per aiuto legato si intende la prassi di vincolare la concessione di risorse considerate APS dall OC- SE al successivo acquisto di beni e servizi provenienti dal proprio territorio. All art. 2 della 125/2014 al comma 4 il legislatore ha tenuto a precisare che Nelle attività di cooperazione allo sviluppo è privilegiato, compatibilmente con la normativa dell Unione europea e con standard di normale efficienza, l impiego di beni e servizi prodotti nei Paesi e nelle aree in cui si realizzano gli interventi. Sarà importante verificare quanto il principio espresso nell art. 2 troverà concreta applicazione nel momento in cui le imprese prenderanno confidenza con gli strumenti previsti dalla legge. Nel 2001, per esempio, la quota di aiuto legato dell Italia era pari al 91%, scendendo al 22% nel 2008, comunque il peggior risultato europeo dopo quello di Grecia, Portogallo e Spagna. In realtà il dato era distorto dalle operazioni di cancellazione del debito a favore dei Paesi partner, che, contabilizzate come aiuti, sono però slegate per definizione. Al netto di questa dimensione, nel 2008 il dato italiano per l aiuto legato peggiora, salendo al 39%. Tra 2011 e 2012 la percentuale di aiuto non vincolato dell Italia, al netto delle azioni relative alla cancellazione del debito, è migliorata in maniera significativa. Dopo un 2011 molto negativo per cui la percentuale d aiuto legato del nostro Paese era pari al 72%, si raggiunge il 17%, passando dalla penultima posizione dopo il Portogallo fino a superare Spagna, Portogallo, Corea, Grecia, Austria e Repubblica Ceca. Con i dati del 2013 (vedi Grafico 1) si può confermare il trend positivo dell Italia avviato nel 2012: per il 2013 la percentuale dell aiuto legato, al netto delle cancellazioni del debito, è scesa fin al 7% anche se continua ad essere tra i 10 Paesi DAC che legano maggiormente l aiuto. Sicuramente dovremmo attendere i dati periodo per capire se l Italia avrà effettivamente interiorizzato le raccomandazioni delle Peer Review svolte dall OCSE/DAC nel 2009 e nel , per confermare il trend positivo 23 e non far si che questi risultati siano riconducibili a misure una tantum 24. Inoltre i dati attuali non sono ancora sufficienti per dimostrare la reale efficacia del nuovo impianto legislativo italiano. Successivamente all entrata in vigore della Legge 49/87, in particolare nei primi anni novanta, gli aiuti legati erano determinati dall uso dei crediti concessionali erogati in base all art. 6 della legge 49/87 a favore di Stati, banche centrali o enti di Stato del paese partner legati, appunto, a lavori, forniture o servizi di origine italiana. Inoltre, a volte i crediti di aiuto legati potevano anche essere accoppiati (procedura di matching) a una gara internazionale a cui partecipasse un impresa italiana: in questo della Cooperazione italiana, Cfr. Ministry of Foreign Affairs, DAC Peer Review 2009: Memorandum, Rome 2009 e OCSE-DAC, Peer Review of the Development Co-Operation Policies and Programmes of Italy Draft Secretariat Report (Note by the Secretariat), 26 March A questo proposito, il Direttore Generale per la Cooperazione allo Sviluppo ha qui segnalato come si tratti di un trend consolidato, non dovuto a misure contingenti. Del resto, in sede di Peer Review OCSE-DAC 2013, era stato riconosciuto all Italia il progressivo allineamento alle raccomandazioni sullo slegamento dell aiuto, sulla evidenza che dal 2002 la DGCS, proprio in ottemperanza alle raccomandazioni OCSE, stesse progressivamente slegando i crediti d aiuto. La prime misure in tale senso erano state prese per i paesi Least Developed Countries a seguito della Decisione CIPE n.61/2002 ed erano proseguite, conformemente alle raccomandazioni OCSE 2008 per tutti i crediti d aiuto destinati ai paesi HIPC (Decisione CIPE n.93/2009). Infine, sempre in linea con le raccomandazioni OCSE, la cooperazione italiana ha provveduto a slegare i crediti per i paesi upper-middle income. In ragione di quanto precede, la percentuale di slegamento dell aiuto italiano (doni e crediti) è aumentata costantemente: dal 68% del 2010, al 78% nel 2011, al 83% nel 2012, fino al 93% nel Su questo rischio poneva l accento anche l OCSE/DAC nella Peer Review sopra citata. 10

13 caso il credito di aiuto era condizionato all aggiudicazione della gara da parte dell impresa italiana. Rispetto all aiuto legato, il Legislatore prevede all articolo 8 della Legge 125/14 la definizione di iniziative di cooperazione con crediti concessionali, facendo riferimento ai principi dell Arrangement OCSE-DAC per le procedure di erogazione. In particolare, i crediti legati al reddito pro-capite del paese non devono superare la soglia massima stabilita dalla Banca Mondiale per i Paesi a reddito medio-basso di dollari USA. La percentuale massima di aiuto legato può giungere al 95% del credito per i PVS limitrofi e Paesi OCSE, mentre per i Paesi meno avanzati (PMA) e HIPC (Heavily Indebted Poor Countries) l aiuto potrà essere slegato. Grafico 1 - Percentuale APS legato al netto delle cancellazioni del debito (Paesi DAC) 25 Francia 3,2 Regno Unito Polonia Norvegia Irlanda Islanda Danimarca Canada Australia Svizzera Svezia Lussemburgo Nuova Zelanda Paesi Bassi Germania Belgio Italia Giappone Spagna Finlandia Stati Uniti Corea Austria Repubblica Ceca Grecia Portogallo , , , ,5 2 1, ,5 6,7 3,3 16,9 7 14, ,2 16 3, , ,93 69,5 50,5 63,4 53, Fonte: elaborazioni ActionAid su dati OCSE - DAC, giugno Per la Francia non sono disponibili i dati necessari per elaborare i dati per anno 2013; per la Repubblica slovacca e la Slovenia non sono disponibili i dati per nessuna annualità. 11

14 Il settore privato nella cooperazione italiana PHOTO: CRYSTALINE RANDAZZO/ACTIONAID 12

15 2. Definire il settore privato come attore di cooperazione: principi, standard e modelli di coinvolgimento 2.1 Quale ruolo può assumere il settore privato nel quadro della riforma della cooperazione? L art. 23, al comma 2, lettera D, inserisce tra i soggetti del sistema della cooperazione internazionale i soggetti con finalità di lucro, qualora agiscano con modalità conformi ai principi della presente legge, aderiscano agli standard comunemente adottati sulla responsabilità sociale e alle clausole ambientali, nonché rispettino le norme sui diritti umani per gli investimenti internazionali. Tale comma fornisce dunque un elemento fondamentale per l identificazione dei soggetti privati a scopo di lucro che possano partecipare alle attività della cooperazione internazionale italiana: la dimostrazione della correttezza dell operato di tali organizzazioni appare come fondamentale precondizione alla cooperazione di questi con lo Stato per la realizzazione di un progetto o programma di cooperazione internazionale. È importante notare come il rispetto degli standard non sia un requisito unicamente per quanto riguarda gli interventi finanziati, ma interessi soprattutto la realtà for profit in sé, che, se intende intraprendere attività di cooperazione, non deve presentare elementi di incoerenza nel proprio core business con i principi e le finalità promosse dalla cooperazione internazionale. Questa impostazione è coerente con le più recenti evoluzioni normative a livello internazionale, che nel riconoscere il ruolo fondamentale del settore privato richiamano la necessità di associare l operato globale del settore privato con la sostenibilità ed il sostegno di principi etici. 2.2 Standard internazionali e certificazioni volontarie Il panorama internazionale mostra un articolata e complessa varietà di principi che danno indicazioni rilevanti per il coinvolgimento del settore privato. A questi si affiancano le iniziative del settore privato stesso, impegnato in maniera crescente nel presentare la propria conformità a standard ambientali, sociali e relativi al rispetto dei diritti umani e dei lavoratori. Recepire e garantire l osservazione di standard e principi internazionalmente riconosciuti e richiedere l aderenza a certificazioni rappresenta un punto di partenza imprescindibile per il nuovo corso della cooperazione italiana, senza però dimenticare che gli standard non hanno una cogenza per i partecipanti e non prevedono un processo formale di monitoraggio e applicazione dei principi (per cui le organizzazioni aderenti non hanno l obbligo di seguire le indicazioni rispetto a varie questioni concernenti i diritti umani, il lavoro, l ambiente, l anti-corruzione, etc.) e che le certificazioni sono di carattere volontario. Una regolamentazione vincolante rispetto a standard minimi condivisi potrebbe rappresentare la soluzione ideale per garantire sufficiente coerenza tra i framework nazionali ed una effettiva esecuzione dei principi; d altronde, gli standard dovrebbero prendere in considerazione anche i vincoli che condizionano la partecipazione soprattutto delle piccole imprese nelle iniziative di sviluppo P. Lucci, Post-2015 MDGs: What Role for Business?, 2012, London: Overseas Development Institute. 13

16 Il settore privato nella cooperazione italiana L approccio dell UE per il coinvolgimento del settore privato In linea con l assunzione da parte del settore privato di un ruolo sempre più attivo nella cooperazione allo sviluppo, l Unione Europea ha provveduto ad esprimersi in merito attraverso diversi documenti. Nel maggio del 2014 è stata pubblicata la comunicazione della Commissione Europea Un ruolo più incisivo del settore privato nella crescita inclusiva e sostenibile dei Paesi in via di sviluppo 27. La Comunicazione parte dal presupposto che il settore privato possa generare una crescita inclusiva e sostenibile nei paesi in via di sviluppo, affermando la volontà forte di coinvolgere il settore privato quale partner. In particolare, si richiama il concetto di Private Sector Engagement (PSE). Con tale concetto si intende identificare un impresa come attore di sviluppo, coerentemente con quanto disposto dalla Legge e nel senso indicato dalla Commissione Europea ed elaborato nelle Conclusioni del Consiglio Sviluppo del dicembre 2014, sotto presidenza italiana. Nelle conclusioni del Consiglio Europeo dei Ministri degli Affari Esteri dello scorso 12 dicembre, successivo alla comunicazione della Commissione europea Un ruolo più incisivo del settore privato nella crescita inclusiva e sostenibile dei Paesi in via di sviluppo 29, è presente un invito all implementazione di una serie di standard volti alla promozione della RSI in coerenza con quanto scritto nella citata comunicazione. Nello specifico, al paragrafo 20 si legge: The Council supports the Commission s and Members States efforts to promote Corporate Social Responsibility, in particular through the implementation of the internationally recognised guidelines and principles, i.e. the UN Guiding Principles on Business and Human Rights, the International Labour Organisation (ILO) Tripartite Declaration of Principles Concerning Multinational Enterprises and Social Policy, the Organisation of Economic Cooperation and Development (OECD) Guidelines for Multinational Enterprises, the UN Global Compact, and the International Organisation for Standardisation (ISO) Guidance Standard on Social Responsibility. Possiamo quindi assumere che a livello UE il quadro di riferimento minimo in relazione agli standard sia costituito da: UN Guiding Principles on Business and Human Rights e UN Global Compact; ILO Tripartite Declaration of Principles Concerning Multinational Enterprises and Social Policy; Linee Guida OCSE per le imprese multinazionali; Certificazione ISO sugli standard di responsabilità sociale. Lo stesso documento, inoltre, fa esplicito riferimento anche alle discussioni avvenute in sede OCSE-DAC circa il framework di misurazione della FFD post-2015 e ai principi di Busan, quali basi per raggiungere gli obiettivi dell efficacia, dell impatto sullo sviluppo e del coordinamento fra gli attori. 27 Commissione europea, Un ruolo più incisivo del settore privato nella crescita inclusiva e sostenibile dei Paesi in via di sviluppo, COM (2014) 263 DEF. del 13/05/2014, Il Direttore generale per la Cooperazione allo Sviluppo precisa che una tipologia di PSE potrebbe fare riferimento alle esternalità positive che potrebbero derivare da un investimento privato per una progettualità di sviluppo. Tale obiettivo può realizzarsi a partire da un impulso dell impresa oppure dell amministrazione, che si fa parte proponente di iniziative volte a cogliere l opportunità fornita dall operatività di aziende private in settori strategici (sia dal punto di vista del business che della cooperazione allo sviluppo). Una progettualità privata potrebbe quindi essere integrata da un progetto pubblico di cooperazione allo sviluppo, finanziato con fondi a dono o credito d aiuto, oppure nel settore privato, finanziato tramite linee di credito PMI sul presupposto che impresa privata, istituzioni e altri attori della società civile possono convergere sulle caratteristiche di una determinata progettualità, e concorrere a realizzarla e a finanziarla, attraverso vari strumenti. Il blending finanziario può includere un investimento privato ed attuare un effetto leva a partire da esso. E ovvio che in questo schema l impresa dovrebbe aderire a principi e linee guida internazionalmente riconosciute di Corporate Social Responsibility 29 Commissione europea, Un ruolo più incisivo del settore privato nella crescita inclusiva e sostenibile dei Paesi in via di sviluppo, COM (2014) 263 DEF. del 13/05/2014,

17 UN Guiding Principles on Business and Human Rights e il Global Compact Un quadro di riferimento per l intervento di tutte le imprese private 30 nelle attività di cooperazione è rappresentato dagli UN Guiding Principles on Business and Human Rights, che definiscono un framework fondato su tre pilastri principali che definiscono obblighi e responsabilità rispetto alla protezione, al rimedio e al rispetto per i diritti umani 31. Sulla base di questo framework si articola anche il Global Compact delle Nazioni Unite, iniziativa orientata alla promozione della sostenibilità nelle attività d impresa 32. Nel documento (2005) sono presentati i principi necessari per sviluppare la corporate sustainability quale strumento efficace per lo sviluppo sostenibile: trasparenza e accountability; piattaforme per l azione e partnership per scalare e ottimizzare gli sforzi privati; incentivi e linee guida per rafforzare i casi studio positivi circa le tematiche sostenibili. Il Global Compact 33 delle Nazioni Unite propone 10 principi universali per orientare correttamente l azione delle imprese nelle attività produttive nei Paesi partner, rappresentando un documento politico fondamentale per la programmazione del MAECI al momento di definire gli interventi futuri e i criteri di eleggibilità degli attori privati profit in programmi di cooperazione allo sviluppo internazionale 34. TABELLA 2 - Le indicazioni di doing no harm dello UN Global Compact Diritti umani 1. Le imprese dovranno supportare e rispettare la protezione dei diritti umani internazionali 2. Non devono essere coinvolte in violazioni dei diritti umani Standard sul lavoro 3. Le imprese devono sostenere la libertà d associazione ed il riconoscimento effettivo del diritto alla contrattazione collettiva 4. Eliminazione in tutte le sue forme del lavoro forzato ed obbligato 5. Abolizione del lavoro minorile 6. Le imprese non devono fare nessuna discriminazione nel dare occupazione 30 Principi generali: These Guiding Principles apply to all States and to all business enterprises, both transnational and others, regardless of their size sector, location, ownership and structure. 31 Il dovere dello Stato di proteggere dagli abusi contro i diritti umani di parti terze (comprese imprese) attraverso appropriate politiche, regolamentazioni e sanzioni; la responsabilità delle aziende nel rispettare i diritti umani, implicando una due diligence per evitare l infrazione dei diritti degli altri ed affrontare gli impatti negativi; la necessità di un maggior accesso a soluzioni di rimedio per le vittime di abusi legati a operazioni aziendali, sia giudiziarie sia non giudiziarie. 32 Poiché il rispetto dei diritti umani è essenziale nella definizione del primo principio del Global Compact, UN Global Compact e UNCHR hanno sviluppato congiuntamente delle note esplicative per evidenziare le connessioni e complementarietà tra i due documenti. In sintesi, i Guiding Principles completano il Global Compact, definendo un framework che guida i suoi aderenti nel rispetto degli impegni a favore di diritti umani ( global_compact.html. 33 In Italia per dare riscontro all importanza dei dieci principi enunciati nel Global Compact è stato creato un network dal nome Global Compact Network Italia, costituito da 39 partecipanti, di cui fanno parte enti del non profit come Fondazione ENI Enrico Mattei, Fondazione Sodalitas, Pentapolis, imprese come Barilla, Enel, Edison, Italcementi, attori finanziari come Cariparma, Gruppo Generali, Unicredit, associazioni come ABI, Associazione Diplomatici. Quelli citati sono solo alcuni dei firmatari italiani dello UN Global Compact; infatti, ad oggi gli aderenti sono 219, di cui 18 non sono più considerati partecipanti attivi, poiché non hanno ottemperato agli impegni di comunicazione rispetto ai propri progressi effettuati. 34 Francesco Capecchi, Capo Ufficio X della DGCS, Ministero degli Affari Esteri, nell intervista concessa in data 22 Maggio

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