Omar Dodaro LA MUSICA NEL FILM SPERIMENTALE PER ASSOCIAZIONI. Un equilibrio bidimensionale

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1 Omar Dodaro LA MUSICA NEL FILM SPERIMENTALE PER ASSOCIAZIONI Un equilibrio bidimensionale Como,

2 Indice 1 La musica e l'immagine: evocazione e materializzazione La musica nel cinema Considerazioni iniziali La diegesi musicale nel film Il leitmotiv Livelli, tipologie e dimensioni della musica nel film Livelli di Miceli L Ambiente potenzialmente significante I livelli percettivi in brani pregressi alla pellicola Il suono disegnato Il film sperimentale Le forme del cinema La forma astratta Le Ballet Mécanique Forma per associazioni L'associazione bidimensionale: A Movie di Conner Segmento I Segmento II Segmento III Segmento IV Commento Lo sviluppo della bimensionalità: Koyyanisqatsi Un poema per immagini Il percorso narrativo Fasi della struttura narrativa Introduzione...15 Musica Sequenza 1 e Sequenza Prima Sezione (crescendo) Seconda Sezione (crescendo) Terza Sezione (crescendo) Quarta Sezione (crescendo) Quinta Sezione (crescendo) Sesta Sezione (stasi) La struttura formale Simmetrie, asimmetrie Il montaggio per attrazioni: la similitudine visiva La pressione della dimensione temporale: i crescendo I piani Le immagini La musica Implicazioni morali Sonogrammi Sonogramma di Koyaanisqatsi Sonogramma di Vessel Sonogramma di Cloudscape Sonogramma di Puit Igoe Sonogramma di Prophecies...33 Bibliografia...34 Sitografia...34 Cineteca

3 1 La musica e l'immagine: evocazione e materializzazione Intendiamo musica materializzata quella musica composta ad hoc per la pellicola. Esiste anche la pratica di giustapporre, alla pellicola, musica pregressa: si forma un ulteriore livello di interazione tra musica ed immagine. La pratica cinematografica non si limita a brani che climatizzano superficialmente l immagine, brani in sé privi di una forma forte. Suzanne Langer 1 parla di dimensioni dominanti che fagocitano le dimensione recessive. Si ipotizza l esistenza di forme forti e forme deboli ovvero di forme in qualche modo autonome, e di forme dipendenti che s impongono nella narrazione diegetica. Il film si snoda su una serie di dimensioni che vengono sintetizzate nel canale uditivo e visivo. Le dimensioni sono dominate dalla coerenza strutturale che conferisce forza alla forma: il discorso filmico è ricordato, esperito e fruito sincreticamente in base alla forma predominante in un dato momento. Il discorso filmico può essere ricordato anche non visivamente. La forma intesa come predominante è la più strutturata e la più indipendente. Il discorso filmico, essendo articolato nel tempo, muove la dominanza tra le varie dimensioni al fine di catalizzare l attenzione dello spettatore su precisi centri gravitazionali (potremmo dire di centri di attrazione poetica ). La musica dell immagine, in realtà, non contiene una forma forte perché mutua la propria essenza dal taglio, dal ritmo e della semantica dell immagine schermica. La musica fortemente strutturata è spesso quella pregressa al film (vedi i lavori di Kubrik, Conner, Visconti). Esistono anche lavori di musica pregressa meno strutturata e casi di musica da film estremamente strutturata: sono casi in cui, comunque, la musica gioca su un livello esterno al discorso visivo. Per chiarire il concetto proviamo a pensare il film come un insieme di dimensioni diverse in equilibrio osmotico: queste componenti a volte dialogano in equilibrio, altre volte mutano nel tempo, altre volte si compenetrano, altre volte si annullano una nell altra. Il fruitore percepisce solo la dimensione dominante, ovvero la dimensione dai contorni più evidenti. L equilibrio bidimensionale puro è raro. In più non esiste un vero equilibrio pittorico-fotografico nel cinema a causa dell articolazione temporale della presa diretta e del montaggio. L estetica cinematografica e le scelte poetiche del regista sono giocate su due canali che sintetizzano ben sei dimensioni, le quali, al loro interno, rispondono alle leggi del proprio canale percettivo, del medium ed dell approccio estetico. Il film è, in qualche modo, un arte di sintesi : è uno spazio discorsivo dove si fondono arti preesistenti nella forza dello sguardo della cinepresa. In questo lavoro cercherò di individuare la forma cinematografica che equilibra maggiormente le dimensioni immagine e musica. 2 La musica nel cinema 2.1 Considerazioni iniziali Prima di addentraci nello specifico dell argomento, proviamo a riflettere sulle seguenti considerazioni che riguardano il rapporto tra l immagine filmica e la musica: la prevalenza del visivo assunta a principio, basata in parte sull origine tecnica e la strutturazione produttiva del cinema, in parte sull evidenza materiale della pellicola e dello schermo, prevalenza che ha indotto a considerare l interazione musica-immagine come fenomeno secondario rispetto al problema dell immagine e del racconto; il carattere di aggiunta a qualcosa di già confezionato dato alla musica; 1 Langer, Susanne Knauth, , filosofa americana. Insegna presso la Columbia University e dal 1954 al 1962 presso il Connecticut College. Il lavoro più importante è Philosophy in a New Key: A Study in the Symbolism of Reason, Rite and Art (1942.Si ricorda di lei l importate distinzione tra simbolo discorsivo e non-discorsivo: il primo è proprio del linguaggio comune e scientifico, il secondo dell arte. 3

4 il fattore temporale, riconosciuto come fondamentale soprattutto in relazione alla costruzione dell immaginario ed al percorso narrativo per rilevare la globalità fruitiva del prodotto e la matrice affettiva e pre-razionale innescato prevalentemente dalla dimensione sonora; la scarsa competenza interdisciplinare degli addetti ai lavori o la loro settorialità. Possiamo anche distinguere alcuni ambiti di lavoro precorsi nell analisi della musica del/nel cinema: 1) la storia del cinema: storia, momenti, autori riesaminati dal punto di vista della musica; 2) la funzione della musica nello sviluppo storico e linguistico del cinema; 3) la storia dei generi di cinematografia musicale, ovvero qual è il genere dove la musica non è più la colonna sonora ma il motivo portante; 4) l analisi della musica nel film a partire dall uso nel discorso filmico; 5) i fenomeni epocali come oggi l audiovisivo di consumo. Nell analisi comparata tra pellicola e musica abbiamo a disposizione due macro-approcci: 1) l approccio classico ovvero l approccio basato sull ambito estetico, sociologico e di rapporti tra le varie dimensioni che compongono la pellicola; 2) l approccio semiotico ovvero l approccio basato sugli aspetti sintattici, sugli aspetti semantici e sugli aspetti programmatici. Gli aspetti semantici, a loro volta, si distribuiscono tra il polo estensionale (alla musica, alla sua storia alla sua estetica) e intenzionale (relativo al funzionamento dei brani musicali in rapporto al film). La musica può avere diverse funzioni: 1) di presentazione; 2) di collazione; 3) funzionale alla storia; 4) funzionale al rapporto con lo spettatore; 5) mnemonica (Leitmotiv). Nel cercare di stabilire il rapporto tra musica e procedimento enunciazionale filmico introduciamo il concetto di diegesi: la diegesi, nell analisi critica strutturalista, è l insieme delle vicende narrate, ovvero il contenuto narrativo dell opera articolato nei suoi elementi strutturali. La diegesi può essere vista come dimensione che crea una sorta di spessore al discorso attraverso l interpolazione dinamica della narrazione, della storia, della fotografia, della macchina da presa, del montaggio, dell uso della musica, dai piani sonori, ecc. Per schermico, invece, intendiamo l evento visivo presente in un dato momento: tale evento è svincolato, anche se in qualche modo interno, all attività diegetica vettoriale e discorsiva. 2.2 La diegesi musicale nel film La diegesi musicale si snoda sul continuum schermico - se analizzato in un preciso istante visivo - esterno/interno: ovvero ha gioco tra la l appartenenza e l estraneità dalla scena schermica o dall articolazione diegetica. L opposizione esterno/interno crea quella che viene definita musica extradiegetica, ovvero musica esterna secondo l ordine di presenza convenzionale, e musica intradiegetica, ovvero musica verosimile al dramma, musica presente nel contesto discorsivo come nella realtà. Possiamo definire la musica intradiegetica come musica del film, intesa come evento sonoro organizzato (o meno) che sarebbe presumibilmente presente anche nella realtà in condizioni similari. Possiamo definire musica extradiegetica la musica nel film, intesa come evento aggiunto 4

5 alla narrazione che compone, attraverso vari livelli di tensione affettiva, il climax della situazione drammatica, al di fuori della scena fisicamente percepita ma all interno della descrizione poetica del contesto. Abbiamo così introdotto uno dei costrutti che conferiscono al cinema la capacità di essere manipolato nella dimensione sonora per esigenze espressive. Il contrasto percettivo dei due modi illustra i gradi di ingresso della musica nella funzione narrativa ed i regimi percettivi che lo spettatore adotta. La musica intradiegetica spesso connota allo stesso modo del suono reale mentre la musica extradiegetica, evoca. Come abbiamo già implicitamente accennato si distinguono più livelli di sonorizzazione della pellicola: il sonoro di presa - il sonoro montato (l universo udibile nel costrutto di verosimiglianza) - l ascoltato - il processo di focalizzazione verso una specifica sorgente - l inteso - come sintonizzazione tra il discorso del registra e lo spettatore - il sentito - come provato empaticamente, come processo di partecipazione affettiva grazie agli elementi musicali - il compreso - come risultato finale della fruizione dei canali messi in gioco -. La musica intra ed extradiegetica crea un ponte affettivo tra la pellicola e lo spettatore: questo ponte da vita al contesto emotivo oggettivo che pervade la sala di proiezione. In più lascia ampio spazio all interpretazione cognitiva qualora il film non sia incanalato da una narrazione serrata che, per dirla alla Langer, assorbirebbe le altre dimensioni. Il cinema è il contesto artistico multidimensionale per eccellenza: al suo interno convivono la fotografia, la musica, la narrazione, ecc. Queste dimensioni esercitano sui nostri sensi e sulla nostra attenzione, dettata anche da fattori culturali, educativi oltre che universali specie-specifici, delle forze intese come vettori con un preciso punto di applicazione, una direzione, un intensità (o velocità), un verso. Possiamo ordinare le forza esercita sui nostri sensi e sulla nostra capacità d analisi dal più alto al più basso: 1. STORIA 2. RECITAZIONE 3. MACCHINA DA PRESA 4. FOTOGRAFIA 5. MUSICA 6. MONTAGGIO Come si può vedere la musica non emerge: come il montaggio, però, malgrado sia invisibile, regge le fondamenta del discorso che si presenta ai nostri sensi come unicum nella dimensione storiconarrativa. Nelle pellicole prive di una chiara storia, o non legate a necessità narrative ma solo discorsive, il vettore dall intensità maggiore verrebbe meno a favore di un maggior equilibrio tra le dimensioni rimanenti, come vedremo quando affronteremo il cinema sperimentale. 2.3 Il leitmotiv Il leitmotiv è un caso diegetico intermedio: esso si associa alla storia (diversamente dal piano extradiegetico che è di per sé compone il climax della narrazione ma è autonomo, svincolato dal contesto e spesso compositivamente pregresso), anche se introdotto dall esterno (diversamente dal piano intradiegetico che è funzionale al costrutto di verosimiglianza). Il leitmotiv fa parte del piano mediato (secondo la terminologia di Miceli) o pseudodiegetico. Esso nasce formalmente per connotare con maggiore precisione un evento che non ha di sé caratteristiche musicali e che non vuole creare necessariamente un climax emotivo: il leitmotiv aumenta la profondità di alcuni precisi (e periodici) momenti della narrazione penetrando nella struttura del film attraverso la caratterizzazione dei personaggi od ancora attraverso la sottolineatura dei momenti di tensione narrativa (a volta scaturita dall incontro dei personaggi stessi). In Italia si è fatto largo uso del piano pseudodiegetico nei film di Leone-Morricone ed in alcune pellicole di Visconti-Rota, di Fellini- Rota. 5

6 3 Livelli, tipologie e dimensioni della musica nel film 3.1 Livelli di Miceli Miceli propone 3 livelli di analisi: 1) livello esterno acritico! la situazione affettiva dello spettatore 2) livello esterno critico! la storia, i codici utilizzati alla musica ed al contesto culturale, la relazione tra musica ed elementi filmici, il realismo rappresentativo della musica in connessione con il sistema emozionale e con il mondo spazio-temporale del mondo rappresentato ed il posizionamento affettivo della spettatore ed infine il rapporto tra musica e diegesi. 3) livello mediato! la situazione legata all universo del discorso più che a quello della storia, l individuazione della compattezza di visione. 3.2 L Ambiente potenzialmente significante L individuazione del ruolo della musica sulla scena può essere dedotto in base a: 1) partecipazione/neutralità 2) distensione/tensione 3) presenza /assenza 4) appartenenza/estraneità 5) appropriatezza/disappropriatezza La cornice musicale modella la percezione visiva e guida la contemplazione estetica. 3.3 I livelli percettivi in brani pregressi alla pellicola a) Livello immediato: correlazioni tra contenuto narrativo e genere musicale b) Livello complesso: competenza culturale distinta per potere valutare la storia c) Livello corrisposto: perfetta corrispondenza formale su ritmo, espressione visiva e piano dell espressione musicale nel discorso. 3.4 Il suono disegnato Un problema a sé costituisce la musica elettronica come ambiente per organizzare non solo eventi sonori acustici, ma anche rumori e suoni artificiali che creano un livello di pathos filmico unico (la nebbia sonora ). Il suono elettronico è spesso creato insieme alla pellicola e costituisce la sonorizzazione del film. Non è quasi mai un opera semanticamente indipendente, ma un collage articolato di eventi sonori a servizio della scena: rientriamo quindi nella logica della prevalenza visiva nei vari piani diegetici. Ora che abbiamo evidenziato le caratteristiche principali della musica, spostiamo il nostro sguardo su un genere cinematografico dove le dimensioni che compongono la pellicola si equilibrano maggiormente: il film sperimentale. - 6

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