Tigor Rivista di scienze della comunicazione

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1 Tigor Rivista di scienze della comunicazione Sommario A.1 (2009) n.2 (luglio dicembre) 2 Presentazione 4 Gabriele Qualizza Lo storytelling nella comunicazione d impresa 18 Enzo Marigonda Esperienze e forme di scrittura online 23 Katia Laura Sidali, Achim Spiller Tradizione e tecnologia online a confronto. Il passaparola elettronico: perché l imprenditore agrituristico dovrebbe tenerne conto 32 Stefano Amadeo Produzioni alimentari legate al territorio: le forme e l intensità della protezione giuridica nel mercato europeo 50 Moreno Zago Conoscere e ospitare... con più gusto. Viaggio nel turismo enogastronomico 56 Laura Capuzzo Emergenza comunicazione per gli italiani nel mondo 74 Alberto Berardi Una breve disamina dei casi Welby ed Englaro 81 Serena Tomasi Il pluralismo linguistico tra identità e differenza 94 Francesca Fabris Il diritto alla privacy tra passato presente e futuro 99 Eugenio Ambrosi A proposito di comunicazione del rischio in tempi di pandemia A/H1N1 109 Caterina Dolcher Amministrazione e cittadino: quale comunicazione. Il ruolo del difensore civico 121 Marco Cossutta Alcune digressioni sull esecuzione della pena con particolare riguardo al cittadino straniero. Dalla comunicazione interculturale alla funzione rieducativa della pena ed al pieno sviluppo della persona umana. 165 Stefano Favaro L ineluttabilità dell interpretazione normativa e la nuova positività: riflessioni per l inquadramento del dibattito sull interpretazione giuridica nel novecento italiano 191 Miguel Ayuso Francesco Maurizio Di Giovine La presenza Carlista a Trieste 1

2 Presentazione Il secondo fascicolo della rivista raccoglie una serie di contributi, i quali, se appaiono tra loro distanti per l oggetto ed il metodo con cui viene approcciato, sono accomunati dalla prospettiva di indagine; questa, infatti, volge ad affrontare in vari modi ed in diversi aspetti il problema della comunicazione, la cui analisi caratterizza la presente iniziativa editoriale. Partendo da una ricognizione sulle nuove forme di comunicazione di impresa, dallo storytelling, che rappresenta l oggetto del contributo di Qualizza, al passaparola elettronico, di cui si occupa, nella dimensione dell agroalimentare, Sidali, si giunge all analisi della comunicazione del rischio, trattata da Ambrosi con particolare riguardo al modo in cui la regione Friuli Venezia Giulia ha affrontato il fenomeno della cosiddetta influenza suina. Il rapporto fra cittadino e pubblica amministrazione viene altresì analizzato nel contributo di Dolcher, già difensore civico del Friuli Venezia Giulia, ove si discute sulla qualità della comunicazione pubblica e sul modo in cui i cittadini percepiscono il linguaggio delle amministrazioni. Ancora di comunicazione, questa volta declinata sul versante privato, si occupa Marigonda, il quale concentra la propria attenzione sulle modalità di scrittura on line, con particolare riguardo agli stili di scrittura interattivi come le chat lines ed i gruppi di discussione in internet. Su fronte della tutela della privacy interviene Fabris ripercorrendo le tappe che hanno portato a riconoscere, nell ordinamento giuridico italiano, la tutela dei dati personali evidenziando, nel contempo, la natura poliedrica del concetto di privacy. Un campo d indagine molte volte sottovalutato viene affronto dal contributo di Capuzzo, nel quale si indaga sulla presenza di organi di stampa e più in generale di strumenti di comunicazione promossi e gestiti dalle comunità italiane residenti all estero. Gli italiani all estero, anche per tramite dei loro mezzi di comunicazione si palesano sempre più quale momento di rilancio del sistema Italia sui mercati mondiali. Il tema del pluralismo linguistico con particolare riguardo al mondo del diritto è oggetto di riflessione nel contributo di Tomasi, che, attraverso un approccio critico, analizza lo Statuto della Corte Penale Internazionale. La questione giuridica trova ulteriore specificazione nell articolo di Favaro, che affronta il tema della interpretazione normativa proponendo una breve ma articolata disamina delle principali teorie interpretative sviluppatesi nella cultura giuridica italiana del secondo Novecento. Parimenti di tenore giuridico sono i contributi di Berandi e di Cossutta; il primo, partendo delle recenti vicende Welby ed Englaro, si incentra sull attuale dibattito in ambito bioetico, il secondo, riflettendo sulle recenti normative in tema di immigrazione, propone una disamina della funzione rieducativa della pena nell ordinamento giuridico italiano. Di sapore apparentemente locale appare l articolo di Ayuso e Di Giovine, i quali, riper- Presentazione 2

3 correndo la vicenda triestina dell esilio Carlista, offrono nel contempo spunti di riflessione sul pensiero tradizionalista, di cui i richiamanti sovrani di Spagna si fanno testimoni. I contributi di Amadeo e di Zago chiudono idealmente il presente fascicolo; in questi riportano i loro interventi alla tavola rotonda su Sapere creare e comunicare i sapori, organizzata lo scorso settembre nell ambito del convengo nazionale di studi il più vicino possibile ai cittadini, promosso dall Associazione di Studi su «Diritto e società» e dal corso di master in primo livello in Analisi e gestione della comunicazione. In questo semestre, la rivista Tigor ha organizzato a cavallo dei mesi di maggio e giugno, di concerto con il predetto master e con il Centro di Ricerca sulla Metodologia Giuridica, il seminario di studi su Comunicare la comunità, al quale sono intervenuti di professori Capano, Fileni, Lanzillo e Moro, nonché l incontro su Quando il linguaggio pubblico veicola pregiudizio e discriminazione, ove è intervenuta la professoressa Ravenna. Più di recente, fra ottobre e dicembre, la rivista si è impegnata nell organizzazione della tavola rotonda su Comunicazione e plurilinguismo nel processo di integrazione europea. Il caso del litorale adriatico, con interventi di Lazzari, Capuzzo, Dorigo, Forza, Turcinovich Giuricin, Di Leva, Rocco, Rossetti e Zanini, del seminario di approfondimento su Davanti alle parti. Regole del contraddittorio e logica della decisone penale, ove sono intervenuti Marandola, Moro, Rigo, Seibold e Spangher, della tavola rotonda su Diritto e costruzione narrativa. La connessione fra diritto e letteratura, con interventi di Cossutta, Heritier, Mittica e Restivo, nonché della tavola rotonda Comunicare la società multiculturale: esperienze a confronto, in collaborazione con COSPE Cooperazione pr lo Sviluppo dei Paesi Emergenti, progetto MediAttori con interventi di Malafronte, Giannoni, De Oliveira, De La Cruz, Soukova, Becce, Cantarut, Samba, Misso e Gon. I contributi lì presentati troveranno ospitalità, parimenti a quelli del seminario di discussione su Didattica forense. Il metodo di formazione dell avvocato, tenuto a Pordenone dalla locale Scuola Forense, in collaborazio- Presentazione ne con il master in Analisi e gestione della comunicazione, sui prossimi fascicoli della rivista. 3

4 Lo storytelling nella comunicazione d impresa* Gabriele Qualizza Abstract Il presente contributo propone una ricerca esplorativa, focalizzata su aziende italiane, che hanno sviluppato la formula dello storytelling per la comunicazione con i propri stakeholder. È una soluzione innovativa, che implica il superamento degli approcci tradizionali, basati sulla trasmissione unilaterale del messaggio: invece di proporre una manifestazione egocentrica della corporate identity, si tratta di realizzare un modello d interazione più evoluto, che dia all interlocutore un ruolo attivo, basato non solo su un più intenso coinvolgimento emozionale, ma anche sulla sua attiva partecipazione come partner del processo comunicativo. Parole chiave advergame; infotainment; stakeholder; storytelling; corporate branding; comunicazione istituzionale. Dalla metà degli anni Novanta lo storytelling, ossia l arte di raccontare storie, incontra un sorprendente successo in molteplici ambiti della vita sociale: dalla politica al marketing, dalla pubblicità alla formazione, dalla progettazione dei parchi a tema ai videogiochi. In questo contesto, numerose aziende da Geox a Nike, da Apple a Microsoft cominciano a ricorrere a formule narrative per la costruzione e per la comunicazione della propria identità istituzionale 1, inserendo il corporate theme e la mission aziendale nella trama di un racconto, in modo che la fredda logica del business lasci spazio ai significati, alle intenzioni, alle emozioni. Un esempio eloquente è il discorso pronunciato il 12 giugno 2005 da Steve Jobs all Università di Stanford. È un racconto articolato in tre parti: la prima è il romanzo di formazione del 1 B. Czarniawska, Narrating the organization. Dramas of institutional identity, Chicago, 1997; trad.it. di L. Morra, Narrare l organizzazione. La costruzione dell identità istituzionale, Torino, Lo storytelling nella comunicazione d impresa fondatore della Apple (la storia di un ragazzo povero, che dopo aver abbandonato l Università si trova a frequentare un corso di calligrafia: un imprinting che orienta il suo interesse verso la comunicazione visiva), la seconda è una vicenda di amore e di abbandono (la creazione del primo Macintosh nel garage dietro casa, l incontro con la futura moglie, l allontanamento dall azienda e il successivo rientro), la terza è una storia di morte e di resurrezione (la diagnosi di una terribile malattia, alla quale sopravvive per miracolo). La conclusione è un invito a credere nel domani, sempre e comunque. Steve Jobs parla con voce rotta dall emozione, in maniera coinvolgente e appassionante. In realtà, la performance è attentamente preparata a tavolino: nel raccontare la sua storia di vita, il titolare della Apple si adegua alle norme dello storytelling management. Non parla di business, di dati, di argomentazioni noiose. Lascia spento il PowerPoint. Per introdurre i suoi ascoltatori in un cosmo ricco di miti e di 4

5 9 A. Fontana, Manuale di Storytelling. Raccontare con efsimbologie, abitato da eroi e anti-eroi, che sperimentano passioni antiche come il mondo, universali. Come nelle fiabe e nei romanzi. Sembra dunque attualizzarsi un inedita alleanza tra letteratura e impresa. La crisi delle moderne meta-narrazioni di emancipazione 2 apre il varco a una proliferazione di micronarrazioni, riferite ad ogni ambito dell esperienza umana: in questo senso, anche il mondo dell impresa sembra investito dall inatteso revival del racconto 3. In realtà, lo storytelling promette molto di più: si propone come forma discorsiva dell azienda post-moderna 4, un impresa allo stato gassoso, liquida e plurale, in continuo cambiamento, che declina la propria comunicazione di corporate secondo i criteri dell emotional branding 5. È vero che piccole fiction e slice of life erano presenti in pubblicità fin dai tempi del Carosello, con l obiettivo di catturare l attenzione dello spettatore, ma l advertising in quel momento ruotava per intero attorno al prodotto, alle sue funzionalità e alle sue prestazioni. Nell era post-pubblicitaria siamo invece posti di fronte a un doppio movimento: la prima novità è lo sviluppo narrativo a partire dal brand. Ciò presuppone che la marca abbia una personalità, un carattere, un temperamento, che possono evolvere e cambiare nel corso del tempo 6. La seconda novità è che le narrazioni vengono sempre più spesso collegate alla comunicazione istituzionale, elaborata secondo il concetto del corporate branding 7. 2 J.F. Lyotard, La condition postmoderne: rapport sur le savoir, Paris, 1979; trad.it. di C. Formenti, La condizione post-moderna, Milano, Si pensi al romanzo collettivo Le Aziende In-visibili, scritto da un centinaio di personalità dell economia e della cultura, che utilizzano la metafora dell azienda per parlare del mondo contemporaneo. Cfr. M. Minghetti (a cura di), Le aziende in-visibili, Milano, C. Salmon, Storytelling. La machine à fabriquer des histoires et à formater les esprits, Paris, 2007; trad.it. di G. Gasparri, Storytelling. La fabbrica delle storie, Roma, M. Gobé, Emotional Branding. The new paradigm for connecting brands to people, New York, M. Lombardi (a cura di), La marca, una come noi, Milano, Cfr. M.J. Hatch, M. Schultz, Are the strategic stars aligned for your corporate brand?, in Harvard Business Review, 79/2 (2001), pp ; Id., Bringing the corporation into Lo storytelling nella comunicazione d impresa È su questo tema che intendiamo focalizzare l attenzione, con particolare riguardo per quanto si sta muovendo nel nostro Paese. Gli obiettivi del presente studio si possono ricondurre a tre principali esigenze: innanzitutto, offrire dati ed elementi di riflessione, utili a mettere in luce le caratteristiche e a individuare le specificità di questo fenomeno; in secondo luogo, comprendere le motivazioni che giustificano l ampio e crescente ricorso da parte delle aziende a formule narrative per la comunicazione istituzionale; infine, valutare il ruolo acquisito dagli stakeholder di volta in volta coinvolti nel processo comunicativo. Per raggiungere tali obiettivi, seguiamo un percorso di tipo induttivo, mediante la tecnica dello studio di casi: a partire da concreti esempi di racconti aziendali utilizzati a livello istituzionale, cerchiamo di trarre considerazioni trasversali, utili a leggere tale forma di comunicazione nel suo complesso. L analisi dei casi aziendali è preceduta da un inquadramento teorico e si conclude con l esame delle implicazioni manageriali e con l indicazione di possibili percorsi per la ricerca futura. 1. Riferimenti teorici: due diversi approcci allo storytelling Il tema dello storytelling è stato finora affrontato a partire da due diversi approcci: - il primo filone, quello dello storytelling management, prende le mosse da un interesse prevalentemente strumentale 8. L arte di raccontare storie è intesa come tecnica, espediente utilizzabile per rendere la comunicazione più coinvolgente e accattivante. A tal fine, diventa oggetto di interesse tutto ciò che può incorporare al proprio interno un elemento narrativo, traducibile a sua volta in un artefatto simbolico, capace di parlare a pubblici diversi 9 : in corporate brand, in European Journal of Marketing, n. 7/8 (2003) pp ; E. Scholes, D. Clutterbuck, Communication with Stakeholders. An Integrated Approach, in Long Range Planning, 31(2), 1998, pp A titolo di esempio, cfr. S. Denning, Squirrel Inc. A fable of leadership through storytelling, San Francisco, 2004; trad. it. di N. Gaiarin, Scoiattoli SpA. Storie di noci e leadership, Milano,

6 questa prospettiva, possono diventare storie tutti i discorsi con cui la direzione strategica cerca di orientare l opinione pubblica, ma possono essere rielaborati in termini narrativi anche i messaggi diffusi all interno dell organizzazione, così come i processi comunicativi tesi a presidiare i significati che le persone attribuiscono alle proprie esperienze di consumo. Un meeting, un commercial, un comunicato stampa, il design di un prodotto, una newsletter, un logo aziendale, un programma di infotainment, un advergame, le dichiarazioni valoriali contenute nei documenti che definiscono l identità d impresa: tutte queste espressioni possono trasferire all interlocutore un elemento narrativo, che può essere anche soltanto accennato, non necessariamente sviluppato in forma organica e compiuta. Non mancano, all interno di questo filone, le applicazioni originali: basta pensare alle campagne pubblicitarie sviluppate in forma di fiction a puntate (Barilla, Tim, Lavazza), secondo la logica dell advertainment 10. Tuttavia, il prezzo da pagare per l uso sempre più largo e comprensivo del termine è la banalizzazione del concetto stesso di narrazione, che rischia di trasformarsi in una marca fonetica priva di significato 11 ; - il secondo filone, quello dell organizational storytelling 12, si sviluppa nell ambito degli studi organizzativi: il punto di partenza è l idea che storie, saghe, miti, riti e cerimoniali possano essere considerati espressioni del nucleo profondo di una cultura organizzativa 13. Da lì, l attenzione si dilata al vissuto concreto delle perficacia prodotti, marchi e identità d impresa, Milano, 2009, p P. Musso, I nuovi territori della marca. Percorsi di senso, discorsi, azioni, Milano, C. Salmon, Storytelling. La fabbrica delle storie, cit., p Per un quadro d insieme, cfr. C. Rhodes, A.D. Brown, Narrative, organization and research, in International Journal of Management Review, 7 (3), 2005, pp I.I. Mitroff, R.H. Kilmann, I.I. Mitroff, R.H. Kilmann, Stories managers tell: a new tool for organizational problem solving, in Management Review, 67(7), 1975, pp ; E. Schein, Coming to a New Awarness of Organizational Culture, in Sloan Management Review, 25(4), 1984, pp. 3-16; trad.it. Verso una nuova consapevolezza della cultura organizzativa, in P. Gagliardi (a cura di), Le imprese come culture. Nuove prospettive di analisi organizzativa, Torino, 1995², pp Lo storytelling nella comunicazione d impresa sone che operano in azienda, a ciò che rimane nell ombra dietro i discorsi e i comportamenti ufficiali. L analisi delle storie organizzative, raccolte dalla viva voce dei protagonisti, porta alla luce un complesso e polifonico intreccio di racconti che si parlano, si scambiano, si contraddicono 14. Emergono narrazioni parallele, diverse e alternative rispetto a quelle canoniche: tracce, rumori di fondo, materiali di scarto, frammenti, nei quali si depositano le vite personali, con tutto il carico di desideri e vissuti inconsapevoli, spazi interstiziali in cui si annida la storia profonda dell organizzazione 15. Si evidenzia come le narrazioni offrano agli individui e ai gruppi «uno spazio poetico in cui la fantasia prevale sulla realtà» 16, per il forte contenuto immaginifico ed emozionale che sono in grado di esprimere. All interno di questo filone di ricerche si sviluppa inoltre una crescente consapevolezza delle rilevanti implicazioni di carattere teorico, che il tema dello storytelling sottende. In prima istanza, l attenzione si focalizza sulla necessità di un approccio narrativo alla conoscenza, a partire dalla nota distinzione introdotta da Bruner tra comprensione paradigmatica e comprensione narrativa 17. La prima modalità cognitiva procede in modo lineare, logico-scientifico, puntando a separare, a individualizzare, a comparare, a calcolare. Essa ammette solo un unica rappresentazione della realtà alla volta, in quanto è orientata alla validazione secondo il criterio del vero e del falso. Il pensiero narrativo consente invece una 14 D.M. Bo e, Boje, The Storytelling Organization: A Study of Story Performance in an Office-Supply Firm, in Administrative Science Quarterly, n. 36 (1991), pp Y. Gabriel, Organizations and their Discontents: A Psychoanalytic Contribution to the Study of Corporate Culture, in Journal of Applied Behavioural Science, n.27 (1991), pp Op.cit., p J. Bruner, J., The narrative construction of reality, in Critical Inquiry, n. 18 (1991), pp. 1-21; trad.it. La costruzione narrativa della realtà, in M. Ammaniti, D.N. Stern (a cura di), Rappresentazioni e narrazioni, Laterza, Simile è la distinzione tra paradigma del mondo razionale e paradigma narrativo proposta da W.R. Fisher. Cfr. Id., Narration as a human communication paradigm: the case of public moral argument, in Communication Monographs, n. 51 (1984). 6

7 pluralità di rappresentazioni contemporanee del mondo, dal momento che il suo criterio di validazione è la plausibilità. Questa modalità cognitiva si nutre dunque di simboli, di miti, di metafore e di analogie, occupandosi di ciò che muta un semplice comportamento in un azione umana, dotata di intenzioni e di significati 18. In particolare, la conoscenza narrativa consente di stabilire un legame tra l eccezionale e l ordinario: attraverso le narrazioni le persone cercano dunque di elaborare spiegazioni, interpretazioni e giustificazioni per quanto di imprevedibile avviene nella vita quotidiana. In seconda battuta, «la nozione di sapere narrativo si accosta alla metafora del mondocome-testo» 19. Si assiste dunque ad uno shift: dallo stoytelling visto in chiave epistemologica allo storytelling come ontologia 20, via per costruire un identità narrativa della stessa impresa. La crisi del fordismo mette in discussione i significati prescritti e prevedibili: si tratta allora di ripensare l organizzazione come comunità di pratiche e di discorsi, sforzo collettivo di generazione del senso, secondo la prospettiva del sensemaking disegnata da Weick 21, dunque come racconto in costante cambiamento. All identità organizzativa, intesa come sostanza, si sostituisce un nuovo modello, nel quale l identità è vissuta invece come racconto: non più una struttura monolitica, ma un filo che continuamente si dipana nel tempo, attraverso le storie dei diversi stakeholder con cui l azienda interagisce 22. I due filoni non si escludono a vicenda, la- 18 Come spiega Barbara Czarniawska, «all interno del modo logico scientifico di sapere si ottiene una spiegazione riconoscendo un evento come un caso di una legge generale, o come appartenente a una certa categoria. All interno del modo narrativo di sapere, una spiegazione consiste nel collegare un evento a un progetto umano». Cfr. B. Czarniawska, Narrare l organizzazione, cit. p B. Czarniawska, Narrare l organizzazione, cit. p C.G. Cortese, L organizzazione si racconta. Perché occuparsi di cose che effettivamente sono tutte storie, Milano, 1999, p K.E. Weick, Sensemaking in Organizations, Thousand Oaks, Cal., 1995; trad.it. di L. Formenti, Senso e significato nell organizzazione, Milano, A. Fontana, Manuale di Storytelling, cit., p. 59. Lo storytelling nella comunicazione d impresa sciano anzi spazio ad un ampio set di variazioni intermedie: in definitiva, per essere efficace, l astratto potere del pensiero narrativo deve comunque tradursi in oggetti fisici, in simboli, in manifestazioni e artefatti concreti La fabbrica delle storie Del resto, come nota Barthes 23, «il racconto comincia con la storia stessa dell umanità; non esiste, non è mai esistito in alcun luogo un popolo senza racconti». Le narrazioni rispondono infatti a una molteplicità di compiti e di funzioni, che risultano centrali per l identità dei singoli e dei gruppi: - fin dalla notte dei tempi, le storie (orali, poi scritte, oggi multimediali) si propongono come dispositivi di organizzazione del pensiero e di conservazione della memoria 24 ; - per un verso, in quanto schemi cognitivi (di carattere narrativo), le storie allestiscono la cornice di riferimento entro cui i soggetti possono trovare un senso alla propria esperienza professionale e di vita, partecipando in prima persona al processo di generazione dei significati (sense co-makership) 25. Le strutture narrative sono dunque le forme attraverso cui le persone comprendono la realtà, le proprie vite, le proprie azioni 26 : l inserimento in una trama, «rende ciascun evento comprensibile alla luce della totalità in cui esso si colloca e che, al tempo stesso, contribuisce a generare» 27 ; - per un altro verso, lo storytelling è in stretto rapporto con la memoria autobiografica, individuale e collettiva: questa agisce infatti come un dispositivo narrativo, chiamato a restituire il filo della coerenza agli atti unici della nostra vita, in connessione con quella de- 23 R, Barthes, R. (1966), Introduction to the Structural Analysis of Narratives, in S. Heath, Image Music Text, Glasgow, 1966, pp ; trad.it. Introduzione all analisi strutturale dei racconti», in R. Barthes et al., L analisi del racconto, Milano, 1969, pp. 7-46, p W. Ong, Orality and literacy. The technologizing of the word, New York, 1982; trad.it. di A. Calanchi, Oralità e scrittura. Le tecnologie della parola, Bologna, A. Fontana, Manuale di Storytelling, cit., p B. Czarniawska, Narrare l organizzazione, cit. p G.C. Cortese, L organizzazione si racconta, cit., p

8 gli altri 28. Da questo punto di vista, ogni comunità umana è formata e mantenuta in vita da storie che si diffondono, si ripetono e si cristallizzano nelle tradizioni e nelle realtà sociali 29 : l emergere di un organizzazione è legato alla possibilità per i suoi membri di riconoscersi in schemi interpretativi condivisi, che diventano la base della cultura collettiva 30 ; - in questo senso, lo storytelling si propone come potente dispositivo di allineamento tra i tanti racconti del business: le costellazioni di storie proposte dalle persone che vivono in azienda, l autobiografia dell impresa e i molteplici discorsi sviluppati nell interazione con i mercati di riferimento 31 ; - considerando nello specifico la comunicazione diretta agli stakeholder interni dell impresa, la declinazione in chiave narrativa del corporate theme 32 consente di ottenere ricadute positive in termini di commitment, tensione al cambiamento, responsività, integrazione tra le diverse parti dell organizzazione, clima, senso di appartenenza e partecipazione; - i costrutti narrativi rappresentano infatti un sofisticato mezzo retorico di presidio e scambio di potere: chi possiede le chiavi d accesso ai cancelli del senso, cioè ai processi di generazione dei significati, plasma e definisce la percezione del reale e dunque anche i piani d azione che sono possibili in un determinato contesto 33. Assumendo la funzione di gatekee- 28 A. Fontana, Manuale di Storytelling, cit., pp B. Poggio, Mi racconti una storia? Il metodo narrativo nelle scienze sociali, Roma, L. Smircich, Organization as Shared Meanings, in L.R. Pondy, P.J. Frost, G. Morgan, T. Dandridge (a cura di), Organizational Symbolism: Monographs in Organizational and Industrial Relations, vol. 1, Greenwich, 1983, pp R. Noceti, Di che storia sei? Lo storytelling nelle attività di head hunting secondo l esperienza Key2People, in A.Fontana, Manuale di Storytelling, cit., pp , p U. Collesei, V. Ravà, La comunicazione integrata, in Id. (a cura di), La comunicazione d azienda, Torino, 2004, pp P. Gagliardi, P. Gagliardi, The creation and change of organizational culture. A conceptual framework, in Organizational studies, n. 7 (1986), pp ; trad.it., Creazione e cambiamento delle culture organizzative: uno schema concettuale di riferimento, in Id. (a cura di), Le imprese come culture. Nuove prospettive di analisi organizzativa, Torino, 1995, pp Lo storytelling nella comunicazione d impresa per narrativi, imprenditori e manager cercano dunque di presidiare le posizioni di confine nell intento di definire l universo di senso controllato dalle proprie imprese 34. D altro canto, ogni organizzazione vive di tante storie: quelle canoniche sostenute dalla coalizione dominante, quelle apocrife proposte da sottogruppi di minoranza e quelle nascenti, ancora in formazione e alla ricerca di un audience 35. Le storie non danno necessariamente luogo ad un coro unitario, ma si dispongono più spesso secondo linee alternative e contrastanti 36 ; - non rientra invece tra i compiti dello storytelling la registrazione fedele di una (supposta) realtà oggettiva, esterna all osservatore 37 : la trama di un racconto non è intrinseca agli eventi, ma imposta dall autore attraverso la narrazione 38. Ogni storia può dunque proporre un mix di fatti accaduti e di fatti immaginati, ove l obiettivo è riconoscere, ricostruire e concettualizzare le esperienze vissute. Insomma, lo storytelling non è un mezzo per nascondere la realtà sotto un velo di invenzioni ingannevoli: un racconto non è né vero, né falso, ma può essere autentico, nella misura in cui rende 34 A. Fontana, Manuale di Storytelling, cit., p. 39. Come nota Azzoni, le visionary companies, imprese di eccellenza caratterizzate da una cult-like culture, tracciano netti confini tra che è dentro e chi è fuori dall organizzazione: l appartenenza all azienda e la professione del credo aziendale diventano dunque tutt uno. Cfr. G. Azzoni, Le religioni aziendali, relazione presentata al Convegno di Sociologia del Diritto su Diritto/Diritti, Morale/Morali, Religione/Religioni, organizzato dall Associazione di Studi su Diritto e Società, Cagliari, settembre 2003, p. 14 (testo dattiloscritto). Va per altro notato che fusioni, acquisizioni, reti digitali, società transnazionali rendono sempre più inconsistente l idea di un confine da presidiare (B. Czarniawska, Narrare l organizzazione, cit., p. 6). Nei nuovi modelli organizzativi le linee di confine tendono infatti a sciogliersi, trasformandosi in ampi e variegati territori di frontiera: luoghi fluidi, mobili, dinamici, in continua evoluzione. 35 D. Sims, Organizational Learning as the Development of Stories: Canons, Apocrypha and Pious Myths, in M. Easterly-Smith, J. Burgosue, L. Arayo (a cura di), Organizational Learning and the Learning Organization, London, D.M. Bo e, Bo e, Boje, Stories of the storytelling organization: a postmodern analiysis of Disney as Tamara-land, in Academy of Management Journal, 38(4), 1995, pp B. Czarniawska, Narrare l organizzazione, cit. 38 G.C. Cortese, L organizzazione si racconta, cit., p

9 conto del mondo organizzativo così come è esperito, vissuto, dai diversi attori 39. Una delle ipotesi più suggestive, formulate dagli studiosi, è che tutte le narrazioni ricorrano ad alcuni topoi o schemi narrativi permanenti, che rappresentano altrettanti vettori di senso, attraverso i quali le culture umane costruiscono le esperienze di vita personale e organizzativa 40. In altri termini, gli elementi di ogni narrazione, variamente combinati, vengono sempre posizionati entro un format di base, una sorta di meta-copione, che riprende le caratteristiche dello schema narrativo canonico 41 : ogni racconto parte da una situazione iniziale di equilibrio, che viene all improvviso infranto dall emergere di una mancanza, di una minaccia, dal prefigurarsi di una realtà potenzialmente ostile. Il quadro, che così si delinea, pone il protagonista di fronte ad una difficile sfida, che egli affronta acquisendo innanzitutto le competenze necessarie e successivamente affrontando vari ostacoli e peripezie, fino allo scontro decisivo con il principale antagonista. Con la vittoria ottenuta sul campo il protagonista porta a termine la sfida ed è in grado di ristabilire, su nuove basi, l equilibrio perduto 42. Non si tratta tuttavia di un ritorno alla status quo precedente, in quanto la nuova situazione presuppone un reframing del campo percettivo. Il cerchio non si chiude: anche l Ulisse che ritorna ad Itaca è diventato nel frattempo un altro Ulisse, che ritrova un altra Penelope Op.cit., p In genere, nelle narrazioni personali e professionali si ritrovano i seguenti elementi: un eroe alla ricerca di se stesso; un impresa da compiere, un insieme di gesta straordinarie; un avversario che ostacola l eroe; un conflitto, una battaglia tra i soggetti eroici e i loro antagonisti; un tesoro da scoprire; un trauma, una violenza gratuita da cui l eroe deve riprendersi; uno o più oggetti magici, che aiutano l eroe nella realizzazione dell impresa; alcuni aiutanti, che sostengono l eroe nella sua esperienza di vita; le nozze finali, che rappresentano metaforicamente il coronamento dell impresa eroica (cfr. Fontana, Manuale di Storytelling, cit., p. 19). 41 G. Marrone, Il discorso di marca, Roma-Bari, V. Propp, Morfologija skazki, Sankt Peterburg, 1928; trad.it. Morfologia della fiaba, Torino, V. Jankélévitch, L irreversible et la nostalgie, Paris, 1974; trad.it. (parziale) di A. Serra, La nostalgia, in A. Prete (a cura di), Nostalgia. Storia di un sentimento, Milano, 1992, Lo storytelling nella comunicazione d impresa In maniera analoga a quanto avviene nelle altre narrazioni, pure lo storytelling aziendale presuppone l esistenza di un conflitto, di un paradosso, di uno scontro tra visioni diverse della realtà, che la ragione solo calcolante non è in grado di tenere insieme e di rimarginare. In altri termini, «si racconta perché i conti non tornano» 44, perché c è un vuoto che il racconto è chiamato a riempire. L esistenza di un conflitto esclude la possibilità di una lettura univoca delle realtà: richiede piuttosto l attivazione di un processo di interpretazione, orientato a ridefinire continuamente le cornici di senso con cui persone e organizzazioni ricostruiscono gli eventi narrati. Bisogna inoltre sottolineare che, mentre la logica scientifica si propone di stabilire connessioni rigide, causali, tra i fatti osservati, la narrazione lascia aperta la natura della connessione: questo significa che «lo stesso insieme di eventi può essere organizzato intorno a trame differenti» Definizione del campo d indagine Alla luce di queste considerazioni, la presente indagine focalizza l attenzione su una specifica dimensione dello storytelling aziendale, ossia sulla possibilità di ricostruire e comunicare in chiave narrativa, a fini strategici e istituzionali, l identità e l immagine dell impresa, a prescindere dalla ricerca di immediati ritorni di carattere commerciale. L ipotesi sottesa è che la diffusione dello storytelling istituzionale non sia soltanto una moda passeggera, ma possa essere collegata a nuove modalità di fare impresa, nelle quali è implicito un più forte coinvolgimento dei diversi stakeholder. Siamo dunque nell ambito della comunicazione istituzionale: un attività indirizzata a costruire, diffondere, consolidare secondo un orientamento strategico di lungo periodo un immagine forte e attrattiva dell impresa con l obiettivo di generare consensi sociali, il pp G.P. Quaglino, Di ciò di cui si narra nelle organizzazioni, saggio introduttivo a C. Cortese, L organizzazione si racconta, Milano, 1999, pp. IX-XVI, p. XIII. 45 B. Czarniawska, Narrare l organizzazione, cit. p

10 cui accumularsi possa riverberarsi nuovamente sulla stessa immagine 46. È un compito, sviluppato in staff con la direzione generale, che sviluppa uno specifico elemento del valore: le relazioni con l ambiente e con i portatori di risorse 47. I suoi interlocutori sono dunque gli stakeholder, così come definiti da Freeman: Any group or individual who can affect or is affected by the achievement of the organization s objectives 48. Non semplici pubblici, destinatari passivi del massaggio, ma portatori attivi di interessi (attuali o potenziali): i clienti, i dipendenti, la comunità in cui l impresa è inserita, gli azionisti. Questa relazione non ha necessariamente carattere formale, ufficiale e contrattuale, né identifica un qualche potere di condizionamento, esercitato dall una o dall altra parte 49, ma va fondamentalmente intesa come base per la legittimazione delle attività dell impresa 50, tenendo presente che tale legittimazione è sempre negoziata attraverso uno scambio comunicativo 51. Per usare il modello di Thompson, questo è l aspetto della comunicazione sviluppato a livello istituzionale, cioè dal vertice dell organizzazione, incaricato di definire le strategie e di controllare le fonti dell incertezza, operando secondo criteri di razionalità limitata 52. In questo contesto le attività di corporate sto- 46 V. Coda, Identità e immagine nella strategia dell impresa, Torino, p R. Fiocca, Relazioni, valore e comunicazione d impresa, Milano, 1993, p R.E. Freeman, Strategic management: a stakeholder approach, Boston, 1984, p. 46. Notiamo per inciso che Freeman parla di affect e non di influence: già nella definizione di stakeholder si introduce dunque una componente emozionale, che va oltre il calcolo razionale e il linguaggio formale ispirato al paradigma logicoscientifico. 49 R. Mitchell, B. Agle, D. Wood, Towards a Theory of Stakeholder Identification and Salience: Defining the Principle of Who and What Really Counts, in Academy of Management Review, 22(4), 1997, pp , p T. Donaldson, J.E. Preston, The stakeholder theory of the corporation: concepts, evidence and implications, in Academy of Management Review, 20(1), 1995, pp R. Mitchell, B. Agle, D. Wood, Towards a Theory of Stakeholder Identification and Salience, cit., p J. Thompson, J. Thompson, Organizations in Action, New York, 1967; trad.it. L azione organizzativa, Torino, Isedi, Lo storytelling nella comunicazione d impresa rytelling non sono un semplice espediente retorico, finalizzato ad incrementare l appeal della comunicazione, ma assumono una valenza strategica, incorporando al proprio interno un modello di razionalità narrativa che è affine a quello utilizzato dal vertice istituzionale per negoziare con gli stakeholders i valori e i significati che legittimano l organizzazione: ne consegue che «la reputazione (positiva o negativa) e il ricordo coinvolgente o irritante delle aziende derivano da un complesso gioco di interscambio tra le storie interne e le storie esterne» 53. L implicito sottointeso di questa impostazione è una lettura più ampia del concetto di accountability, da intendersi non solo come responsabilità, ma anche come capacità di offrire un resoconto di ciò di cui si è autori, situando le azioni in un racconto denso di significati 54. Come suggerisce lo stesso Freeman, «our task is to take metaphors like the stakeholder concept and embed it in a story about how human beings create and exchange value» 55 (corsivo nostro). In questo senso, l attività di corporate storytelling non coincide con l allestimento di fatti e di sequenze cronologiche, ma prevede la formulazione di racconti che consentano il presidio e la rielaborazione di vissuti esperienziali e l immaginazione di territori ancora inesplorati. Non sono dunque pertinenti cronache e giornali d impresa, diari aziendali in forma di blog, cronologie e bilanci, concorsi letterari rivolti a stakeholders e dipendenti, books con elencazione delle tappe della storia aziendale, commemorazioni di eventi, musei allestiti con esclusivi criteri catalografici Approccio metodologico Data la novità del tema, ci preme sottolineare il carattere eminentemente esplorativo del presente contributo. La ricerca è partita da una fase di desk analysis, che si è focalizzata sulla letteratura riguardante il tema prescelto (cor- 53 A. Fontana, Manuale di Storytelling, cit., p B. Czarniawska, Narrare l organizzazione, cit. 55 R.E. Freeman, The politics of stakeholder theory: some future directions, in Business Ethics Quarterly, 4 (4), 1994, pp , p

11 porate storytelling e sue implicazioni nell ambito della stakeholder theory), alla quale ha fatto seguito una fase di analisi empirica (field work), basata su studi di caso 56, riferiti ad aziende che utilizzano questa formula innovativa. A tal fine, abbiamo ritenuto di concentrare l attenzione sul nostro Paese, considerando gli ultimi cinque anni: un arco di tempo, nel corso del quale è emerso un crescente interesse per questo format comunicativo, non sempre sostenuto da un adeguato sforzo di approfondimento e di concettualizzazione. I materiali raccolti derivano da varie fonti di informazione, quali stampa specializzata, siti internet, strumenti audiovisivi, pubblicazioni aziendali, dialoghi con esperti e professionisti del settore, visite e sopralluoghi, nell ambito dei quali abbiamo fatto ricorso alla metodologia dell osservazione partecipante. In alcuni casi siamo stati direttamente coinvolti, per attività di consulenza professionale, nella progettazione di specifici strumenti di comunicazione ispirati a logiche di corporate storytelling. 3. I risultati dell indagine Il risultato di questo lavoro è una sorta di work in progress, che si arricchisce continuamente di nuovi materiali. Tra i numerosi casi aziendali raccolti, segnaliamo di seguito quelli più significativi, raccordandoli a sei chiavi di lettura, che possono spiegare il crescente successo dello storytelling istituzionale: - l analogia tra reti narrative e costellazioni d imprese e l emergere della nuova azienda cognitiva ; - il ruolo di collante organizzativo assunto in tali contesti dal discorso di marca, sempre più spesso sviluppato in forma di racconto; - la ricerca di storie contestuali, di esempi di vita densi di significato, come via per superare l impasse decisionale, generata dall eccesso di informazioni disponibili sul tavolo dei manager; - il ricorso a tradizioni inventate come garanzia e giustificazione degli avvenimenti del presente; 56 Cfr. K.M. Eisenhardt, Building Theories From Case Study Research, in Academy Of Management Review, 14(4), 1989, pp Lo storytelling nella comunicazione d impresa - la teatralizzazione degli ambienti di lavoro, investiti da una pressante richiesta di visibilità e di trasparenza; - la trasformazione dell impresa in un regista di esperienze, nelle quali coinvolgere in veste di co-autori i diversi stakeholders Reti di racconti e costellazioni di imprese C è un evidente parallelismo tra le reti narrative che avvolgono le imprese e le formule organizzative più evolute 57. La crisi del fordismo va infatti di pari passo con l affermazione di nuovi modelli organizzativi ispirati alla metafora della rete : un insieme di soluzioni basate non più sull integrazione verticale del processo, ma sull interdipendenza organica tra imprese diverse, collegate nella supply chain 58. Possiamo parlare a questo proposito di reti del valore 59 e di costellazioni, generate dal fitto intreccio di relazioni fra «attori economici diversi - fornitori, partner in affari, alleati, clienti - che operano insieme nella co-produzione del valore» 60. Nelle strutture di questo tipo i presupposti della comunicazione e della cooperazione devono essere continuamente ricostruiti attraverso le relazioni tra gli attori: in altri termini, la comunicazione non è soltanto un mezzo attraverso cui si veicolano i messaggi, ma è anche un dispositivo di creazione del senso, un ambito nel quale «si mettono a punto il linguaggio e i significati in modo appropriato rispetto agli usi pratici» 61. Sullo sfondo, emerge la nuova prospettiva dell azienda cognitiva, che non ha più come principale obiettivo la produzione delle merci, ma «la condivisione delle conoscenze, la cir- 57 G.P. Quaglino, Di ciò di cui si narra nelle organizzazioni, cit. 58 R. Grandinetti, Reti di marketing. Dal marketing delle merci al marketing delle relazioni, Milano, C. Parolini, Rete del valore e strategia aziendale, Milano, R. Normann, R. Ramirez, From value chain to value constellation: designing interactive strategy, in Harvard Business Review, luglio-agosto, 1993, pp , p R. Grandinetti, Evoluzione del distretto industriale e delle sue formule imprenditoriali, in Economia&Management, n. 4 (1998), pp , p

12 colazione delle informazioni, la gestione delle emozioni» 62. In questo contesto la narrazione si propone insieme come modalità di conoscenza e come modalità di comunicazione 63. Ci sembrano interessanti, a questo proposito, le esperienze di incentive e di team building realizzate da alcune aziende (Insiel, Kpmg) con il supporto di Log607, giovane agenzia, nata da una costola di H-Farm, centro per la ricerca e l innovazione con sede vicino a Venezia: si tratta di veri e propri urban games, che integrano in un sistema cross-mediale una molteplicità di strumenti, dal catalogo a stampa all audiovisivo, dall instant messaging alla performance dal vivo. Il filo conduttore è un racconto dato per frammenti, che i giocatori sono invitati a dipanare, identificando come in una caccia al tesoro - originali punti di connessione con le persone e con i luoghi. A questo filone si può ricollegare anche la convention di rilancio del brand Buitoni, realizzata a gennaio del 2007: tutto ruota attorno al tema dell inizio, che i partecipanti (oltre 250 dipendenti) vengono sollecitati a vivere in presa diretta, confrontandosi con il racconto di avventure esistenziali, sportive ed umane dal Cirque du Soleil alla campionessa di ginnastica Vanessa Ferrari nelle quali traspaiono i valori del brand (innovazione, perseveranza, ricerca dell eccellenza, spirito di squadra). Mettendo in scena valori, lo storytelling intende favorire la connessione a livello emotivo fra le persone, prospettando un interpretazione condivisa e condivisibile del contesto e dell identità degli attori coinvolti Racconti di marca L obiettivo di trascendere la frammentazione e di consolidare le relazioni tra i diversi partner del network conferisce un risalto particolare alle risorse simboliche di cui un organizzazione dispone 65 : in tale contesto la marca ac- 62 C. Salmon, Storytelling. La fabbrica delle storie, cit., p B. Czarniawska, Narrare l organizzazione, cit. p P. Gagliardi, The creation and change of organizational culture. A conceptual framework, cit. 65 M.J. Hatch, M.J. Hatch, Organization Theory: Modern, Symbolic and Postmodern Perspectives, Oxford, 1997; trad.it. di A. Visentin, Teoria dell organizzazione, Bologna, 1999, p Lo storytelling nella comunicazione d impresa quista il ruolo di collante organizzativo, fino a diventare un riferimento essenziale per le attività di comunicazione a livello di corporate 66. Il presupposto è uno slittamento dei termini e dei significati, per cui non si parla più di marchio (semplice etichetta applicata ad un prodotto), ma di marca, intesa come dispositivo che assicura la produzione e la messa in forma del senso, condensando un insieme di contenuti complessi in una Gestalt immediatamente riconoscibile e di facile accesso. Ogni marca presidia dunque un territorio, elabora un universo simbolico, propone una visione del mondo, si esprime con una propria estetica e una propria etica: così, Barilla rappresenta la casa e gli affetti familiari, Alfa Romeo la sportività, Mulino Bianco il ritorno alla natura, Levissima l archetipo dell onestà e della purezza. D altro canto, il discorso di marca diventa efficace nella misura in cui i valori vengono declinati in racconto, prendendo a prestito e ricombinando immagini, frammenti di storie e suggestioni, sedimentati nei vasti territori dell immaginario collettivo 67. Come spiega Semprini, una marca non enuncia mai direttamente i propri valori, che restano dei principi astratti e fortemente sintetici, dotati di un esistenza esclusivamente concettuale, ma li inserisce nel contesto di «narrazioni più o meno strutturate, all interno delle quali i valori possono attivarsi e sviluppare tutti i loro sensi» 68. In definitiva, ogni marca «narra delle storie» 69. Cfr. anche G. Azzoni, Le religioni aziendali, cit., p M.J. Hatch, M. Schultz, Are the strategic stars aligned for your corporate brand?, cit.; Id., Bringing the corporation into corporate brand, cit. 67 V. Codeluppi, Verso la marca relazionale, relazione presentata al convegno Le tendenze del marketing in Europa, Università Ca Foscari, Venezia, 24 novembre A. Semprini, La marca. Dal prodotto al mercato, dal mercato alla società, Milano, 1996, p Ibidem. Come nota Azzoni, la forze normativa delle cosiddette religioni aziendali non risiede nei principi astratti a cui fanno riferimento, ma nel fatto che i valori dichiarati possono prendere corpo in una storia, che li attualizza e li rende efficaci (riemerge dunque il concetto di Wirkungsgeschichte). Esemplare è in questo senso la gestione del caso Tylenol da parte di Johnson&Johnson: in quel momento «si è creata una storia di cui J&J è la protagonista positiva» e che dà legittimazione pubblica al credo 12

13 Si potrebbe citare a questo proposito il caso di Enel: nel 2006 l azienda realizza una campagna corporate, per raccontare tutto quello che va oltre il lavoro di produzione e distribuzione dell energia, con l obiettivo di dare un forte segnale della propria responsabilità verso il Paese, presso istituzioni, opinion leaders, cittadini, azionisti, clienti. L idea si traduce in tre spot, che assumono la forma di favole poetiche, raccontate dall attore Giancarlo Giannini. Al centro, i valori chiave dell azienda: l impegno verso un progresso rispettoso e naturale ( Il cervo ), l attenzione per la ricerca e il potere delle idee ( Il cuoco ), la responsabilità verso le comunità nelle quali opera ( Lo studioso ). Il pay-off unifica in un unico concetto il tema chiave di questa campagna di comunicazione istituzionale: «L energia va oltre quello che vediamo» L impatto dei nuovi media Il tema dell overload informativo acquista particolare rilevanza in un contesto caratterizzato dalla proliferazione dei media e dei messaggi. Ogni giorno le scrivanie dei manager sono sommerse da una quantità di dati superiore a quella che essi stessi sono in grado di elaborare 70. La situazione produce effetti paradossali, come il ritardo nelle decisioni cruciali legato all eccesso di informazioni disponibili. Ai dati tradizionali si aggiungono poi le informazioni veicolate attraverso i nuovi media. Non più asettiche tabelle fornite dalla Nielsen, non più eleganti rapporti relativi ai focus group, ma messaggi spontaneamente generati dai clienti: file audio e filmati, blog ed immagini. L analisi delle informazioni veicolate dai diversi media richiede nuove chiavi di lettura, che sfuggono alla gabbie di carattere quantitativo solitamente utilizzate nel mondo manageriale. In definitiva, solo una ricostruzione di tipo narrativo è in grado di offrire l accesso a una molteplicità di fenomeni e di osservazioni, che sembrano altrimenti sottrarsi a un filo interaziendale. Cfr. G. Azzoni, Le religioni aziendali, cit., p A. Boaretto, G. Noci, F.M. Pini, Marketing reloaded. Leve e strumenti per la co-creazione di esperienze multicanale, Milano, 2007, p Lo storytelling nella comunicazione d impresa pretativo unitario 71. Come suggerisce Smorti, il pensiero narrativo usa un tipo di logica mossa dall esigenza di arrivare a una rappresentazione il più verosimile del mondo a partire dal minor numero possibile di esempi di questo mondo. Il pensiero narrativo si svolge nella vita quotidiana, dove innanzitutto è indispensabile fare delle scelte. E per poter fare una scelta non si può aspettare di poter ispezionare le complesse concatenazioni logiche di un pensiero deduttivo 72. Quello che può sembrare un elemento di debolezza (l inclusione nelle narrazioni del punto di vista soggettivo), si rivela adesso un punto di forza, in quanto consente l accesso a storie locali, cioè a informazioni contestuali, concrete, lontane dall astratta generalità delle leggi e dei principi scientifici 73. A questo approccio fa riferimento anche Franke Italia. Alla fine del 2006 l azienda realizza un book, interamente scritto dai dipendenti con il supporto editoriale di un consulente esterno per raccontare i primi quarant anni di attività. Il cuore di queste pagine è la testimonianza diretta dei protagonisti, che raccontano i vissuti e le emozioni, i sogni e i progetti, ma anche i dubbi e le difficoltà, che hanno fatto da sfondo ai brillanti risultati conseguiti in questi anni. Il documento non ha un carattere agiografico e memorialistico: punta piuttosto a far emergere ed attualizzare le tracce di futuro depositate nel racconto del passato, assumendo una prospettiva di lungo periodo, nella quale si fondono creativamente tradizione e innovazione Tradizioni inventate Muovendosi in ambienti caratterizzati da elevata turbolenza, le aziende assomigliano sempre più a entità usa e getta, spazi di aggregazione temporanea per nomadi, pronti ad andare continuamente incontro a nuove sfide Op.cit. 72 A. Smorti, Narrazioni. Cultura, memoria, formazione del sé, Firenze-Milano, 2007, p Cfr. F. La Cecla, Mente locale, Milano, 1993; B. Czarniawska, Narrare l organizzazione, cit., p. 33; G.C. Cortese, L organizzazione si racconta, cit., p J. Ridderstr le, Ridderstråle, K. Nordstr m, Nordström, Funky Business. Talent makes capital dance, Stockholm, 1999; trad.it. di R. 13

14 E dunque necessario offrire una giustificazione retorica delle premesse su cui si regge l organizzazione, dal momento che queste non appaiono più dotate di una validazione empirica 75. In altri termini, mentre l azienda di stampo fordista poteva presentare la propria attività come risposta a bisogni, concretamente rilevabili, del consumatore (es.: la produzione di automobili come risposta ad una crescente domanda di mobilità), in un contesto di mercato maturo tutto appare più incerto e più sfumato, per cui l azienda è costretta a darsi una ragion d essere, che faccia appello alle componenti espressive e simboliche della propria cultura, costruendo un racconto del proprio passato a garanzia e giustificazione degli avvenimenti del presente. Come ricordano Hobsbawm e Ranger 76, nei momenti di passaggio, segnati dalla frantumazione dei codici e degli ordini sociali, istituzioni politiche e movimenti di massa hanno fatto ampio ricorso a tradizioni, simboli e rituali inventati di sana pianta, allo scopo di tenere insieme su nuove basi le collettività umane. Le tradizioni inventate rappresentano dunque «risposte a situazioni affatto nuove, che assumono la forma di riferimenti a situazioni antiche», o che si costruiscono un passato attraverso la ripetitività quasi obbligatoria del rito 77. È il caso della Geox: tutta la comunicazione istituzionale ruota attorno al mito di fondazione dell azienda, l invenzione della calzatura che respira. Durante un viaggio in America, l imprenditore Mario Moretti Polegato pratica dei fori nella suola delle scarpe, trovando una soluzione efficace per far fuoriuscire il calore in eccesso: da questo semplice insight ha origine un azienda di grande successo, che in pochi anni raggiunge una posizione di leadership a livello mondiale nel settore della calzatura da città. In realtà, Geox nasce dalla ricerca di un al- Spaventa, Funky Business. Il libro culto della net generation, Roma, D. Romano, R. Felicioli, Comunicazione interna e processo organizzativo, Milano, E.J. Hobsbawm, T. Ranger (a cura di), The Invention of Tradition, Cambridge, 1983; trad.it. di E. Basaglia, L invenzione della tradizione, Torino, Op.cit., p. 4. Lo storytelling nella comunicazione d impresa ternativa alla crisi dello sportswear, che attanaglia il distretto di Montebelluna all inizio degli anni Novanta: mescolando abilmente realtà e finzione, il mito di fondazione si propone come racconto di uno strappo rispetto alle convenzioni e agli schemi consolidati. E una storia romanzata, una tradizione inventata appunto, che tuttavia integra al proprio interno la testimonianza autentica delle emozioni vissute dai protagonisti del cambiamento Il passaggio dalla fabbrica al teatro L evoluzione verso nuove formule organizzative accentua la valenza comunicativa degli ambienti di lavoro: questi non solo diventano permeabili all ambiente esterno, ma vengono sempre più investiti da una pressante richiesta di visibilità e di trasparenza, fino a trasformarsi in media building, luoghi in cui lo spettacolo della produzione (merci o servizi) viene offerto allo sguardo e messo in scena 78. Assistiamo dunque al passaggio dalla fabbrica al teatro 79. Questo movimento è il risultato di un modello culturale dominato dall ideologia della trasparenza assoluta, che oggi emerge in stretta connessione con le esigenze del nuovo processo produttivo post-fordista, il quale ha bisogno che l individuo «renda pubblico il suo consumo privato, per poter sintonizzare con esso le strategie di produzione» 80. In coerenza con queste 78 T. Ito, L immagine dell architettura nell era dell elettronica, in Domus, n. 800 (1998), p. 28; P. Virilio, Dal media building alla città globale, in Crossing, n. 1 (2000), pp F. Carmagnola, M. Ferraresi, Merci di culto. Ipermerce e società mediale, Roma, Un eloquente esempio di questa tendenza alla teatralizzazione degli spazi del lavoro è rappresentato dalla sede della L Oreal ad Aulnay, alle porte di Parigi: visto dall alto, il complesso ha la forma di un orchidea, con i tetti degli edifici che, come altrettanti petali, si distendono sopra strutture interamente rivestite di materiali trasparenti. Al centro vi è uno specchio d acqua, sopra il quale si eleva come una palafitta il centro direzionale. I camminamenti interni strutture metalliche sospese a mezz aria mettono in rapporto le diverse aree del centro ricerche e dello stabilimento di produzione. Tutto è centrato sui valori della visibilità e della trasparenza comunicativa. In proposito, cfr. M. Augè, L impossible voyage. Le tourisme et ses images, Paris, 1997; trad.it. di A. Salsano, Disneyland e altri nonluoghi, Torino, V. Codeluppi, La vetrinizzazione sociale, Torino, 2007, p. 14

15 premesse, viene meno ogni distinzione tra la scena e il retroscena: non solo il lavoro viene inserito in un regime di piena visibilità, dal quale vengono tendenzialmente eliminati quelle zona d ombra e quei margini d incertezza, su cui si esercitava nel passato il potere discrezionale dei soggetti 81, ma la fabbrica si trasforma in un grande dispositivo teatrale, diventando un impresa-fiction 82, una sorta di vetrina, un interfaccia comunicante e interattiva. Un esempio eloquente viene dalla distilleria Nardini, che trasforma gli ambienti di lavoro in un dispositivo narrativo, grazie al grande alambicco di vetro progettato da Massimiliano Fuksas, per ospitare il Research & Multimedia Center. E un insieme formato da due mondi: il primo è uno spazio sospeso, costituito da due bolle trasparenti che racchiudono i laboratori; il secondo è uno spazio sommerso, un auditorium con cento posti a sedere, scolpito nel terreno come un canyon. Il complesso, nel suo insieme, riproduce il percorso di tipo ascensionale disegnato nel mito della caverna platonica, con l auditorium sotterraneo, dedicato agli eventi e alle presentazioni multimediali (le nuove ombre in versione tecnologica), avvolto nella semioscurità, debolmente rischiarato dalla luce solare che proviene dall alto, ove lo sguardo incrocia le bolle trasparenti, chiamate ad ospitare al proprio interno il centro ricerche, allegorica raffigurazione del mondo delle idee. Utilizzando il linguaggio dell architettura contemporanea, l ascesa verso il mondo delle idee suggerisce l inalterabilità dei valori che stanno alla base della cultura aziendale. L impresa si propone dunque come depositaria di un sapere immutabile, che può essere ri-conosciuto dai suoi interlocutori, ma mai integrato, confrontato o messo in discussione L impresa come regista di esperienze Se l ambiente di lavoro assume sempre più un impianto scenografico, l azienda si trasforma a sua volta in un regista di esperienze, chia M. Crozier, Le phénoméne bureaucratique, Paris, 1963; trad.it. Il fenomeno burocratico, Milano, Cfr. C. Salmon, Storytelling. La fabbrica delle storie, cit. Lo storytelling nella comunicazione d impresa mato ad offrire ai propri interlocutori non soltanto beni o servizi, ma anche esperienze teatrali, ricche di sollecitazioni sensoriali 83. Vale la pena segnalare, a questo proposito, la performance recentemente proposta da Molteni, uno dei maggiori gruppi industriali nel settore del mobile, presso la propria sede di Giussano. Lo spettacolo, intitolato La vita in un armadio, ruota attorno a sei carismatiche donne del Novecento: Frida Kahlo, Marguerite Yourcenar, Evita Peron, Maria Callas, Elisabetta II d Inghilterra, Marilyn Monroe. La rappresentazione si sviluppa in sei diversi ambienti, ciascuno dei quali dominato da un armadio della collezione Gliss 5th, chiamato a mettere in mostra i prodotti che hanno caratterizzato la vita di una delle sei protagoniste: oggetti della quotidianità, immagini, fotografie. Gli sfarzosi abiti di scena della Callas si alternano così alle pellicce, ai profumi e alle medicine di Evita Peron. La performance, composta da sei monologhi uno per ciascuna protagonista viene portata in scena dall attrice Anna Galiena. Per raggiungere le diverse installazioni, gli spettatori sono invitati a muoversi in uno spazio complesso, che richiama gli archetipi del sentiero e del labirinto, introducendo continui elementi di novità e di sorpresa 84. Chi partecipa alla performance è dunque sollecitato ad assumere uno sguardo prospettico e multipolare, in costante movimento: l assenza di rigidi elementi di separazione tra la scena e lo spazio circostante favorisce inoltre un più intenso coinvolgimento emozionale, implicando il superamento della tradizionale distinzione tra attori e spettatori 85. Nel loro insieme, queste soluzioni sembrano anticipare in forma me- 83 Cfr. B. Schmitt, A. Simonson, Marketing aesthetics. The strategic management of brands. identity, and image, New York, 1997; J. Pine, J.H. Gilmore, The Experience Economy. Work Is Theatre & Every Business a Stage, Boston, 1999; trad.it. di A. Scott-Monkhouse, L economia delle esperienze, Milano, 2000; M. Ferraresi, B. Schmitt, Marketing esperienziale, Milano, Per una più dettagliata analisi di questo caso, rinviamo a P. Musso (a cura di), Internal Branding. Strategie di marca per la cultura d impresa, Milano, Alla preparazione della performance e delle installazioni contribuiscono gli stessi dipendenti dell azienda, invitati successivamente a partecipare all evento. 15

16 taforica un nuovo modello di business, basato sul coinvolgimento attivo in veste di co-autori dei principali stakeholder. 4. Dallo storytelling allo storylistening In definitiva, dall analisi dei casi aziendali emerge l opposizione tra due diversi modi di fare storytelling, che può essere inteso, da un lato, come arte del possibile, rivolta all immaginazione del domani (cfr. il caso di Molteni) oppure alla ri-lettura da una differente angolazione del passato (Franke Italia, Geox); da un altro lato, come strumento di presidio dell esistente, utile a sollecitare l adeguamento degli interlocutori a un quadro di valori e di modelli già consolidati (Nardini). In altri termini, alcune aziende interpretano lo storytelling istituzionale come occasione per ingessare in un racconto agiografico l attività dell impresa, altre lo ripensano «come un processo continuo di narrazione» nel quale sia l azienda che si racconta, sia i suoi stakeholder, possono in varia misura essere coinvolti «nel formulare, rivedere, applaudire e rifiutare i vari elementi della narrazione perennemente messa in scena» 86. Il dibattito su questi temi è aperto e offre lo spunto per ulteriori ricerche, analisi e approfondimenti. Alcuni evidenziano il rischio che l impresa-fiction si trasformi in una sorta di parco a tema, astratto e decontestualizzato spazio del gioco e del divertimento 87 : un sistema chiuso, autarchico, purificato da ogni possibile conflitto, un luogo in cui il confine tra il vero e il falso si assottiglia sempre più, basato su «una condizione di equilibrio entropico, che esclude per principio ogni sbocco sull altrove» 88. Altri sottolineano come una trama narrativa non possa mai ridursi a semplice monologo B. Czarniawska, Narrare l organizzazione, cit. p Cfr. F. Varanini, L organizzazione come rete di storie e lo storytelling come furto, in Sviluppo & Organizzazione, n. 220 (2007), pp ; C. Salmon, Storytelling. La fabbrica delle storie, cit. 88 I. Auricoste, Parchi o utopie mortali? La posta in gioco del tempo libero, in Ottagono, n. 99 (1991), pp , p D.M. Bo e, Boje, Bo e, Stories of the storytelling organization: a postmodern analiysis of Disney as Tamara-land, cit. Lo storytelling nella comunicazione d impresa Poiché questa formula espressiva non è assoggettata all obbligo della coerenza interna, il piacere narrativo prende origine dalla curiosità di sapere cosa accadrà dopo e, nel contempo, dalla possibilità di tenere sempre aperto uno iato, che consente al fruitore di attendersi qualunque cosa, anche l imprevedibile 90. Insomma, dare vita a una struttura narrativa significa creare un intreccio di pieni e di vuoti: varchi aperti a molteplici passaggi, capaci di stimolare la partecipazione attiva degli interlocutori e i rapporti con altre aziende e con altri media. Le implicazioni manageriali connesse a questa seconda prospettiva ci sembrano di particolare rilievo: invece di persuadere gli interlocutori, proponendo una manifestazione egocentrica della corporate identity, si tratta di realizzare un modello d interazione più evoluto, che dia all interlocutore un ruolo attivo, basato non solo su un più intenso coinvolgimento emozionale, ma anche sulla sua attiva partecipazione come partner del processo comunicativo. Per giungere a questo risultato, lo storytelling d impresa non può però prescindere dallo storylistening 91. Sullo sfondo si profilano nuove figure ownsumer, citizen brand che anticipano una nuova prospettiva: quella di una costruttiva alleanza tra produttori e consumatori responsabili, che delinea nuovi modelli d impresa (si pensi a Linux e Wikipedia) e nuovi scenari, nei quali gli stakeholder si trasformano in co-creatori di valore 92, non solo concorrendo a definire il sistema dell offerta, ma anche diventando parte attiva nella programmazione e nella definizione delle scelte strategiche. * Il presente contributo è la rielaborazione di un lavoro presentato al Convegno L azienda e i suoi stakeholder, organizzato da AIDEA Giovani, Accademia Italiana di Economia Aziendale, presso la sede di Gorizia dell Università di Udine (26-27 giugno 2009). 90 H. Jenkins, Convergence culture: where old and new media collide, New York, 2006; trad.it. di V. Susca e M. Papacchioli, Cultura convergente, Milano, Cfr. E. Scholes, D. Clutterbuck, Communication with Stakeholders. An Integrated Approach, cit. 92 C.K. Prahalad, V. Ramaswamy, The future of competition. Co-creating unique value with customers, Boston, 2004; trad.it. di F. Guaraldo e R. Ricca, Il futuro della competizione. Co-creare valore eccezionale con i clienti, Milano,

17 Gabriele Qualizza, assegnista di ricerca presso il LAREM Laboratorio di Ricerca Economica e Manageriale dell Università di Udine, sede di Gorizia. Docente a contratto Area marketing e comunicazione d impresa all Università di Trieste. Lo storytelling nella comunicazione d impresa 17

18 Esperienze e forme di scrittura online Enzo Marigonda Abstract L esperienza dello scrivere online varia in misura notevole col variare delle forme e dei contesti di comunicazione in cui si dà a vedere. Prendendo in esame quattro ambienti di comunicazione scritta online (non unidirezionali) posta elettronica, Twitter, chat, gruppi di discussione è possibile far emergere alcuni tratti distintivi, riguardanti le strategie e gli stili di scrittura. Un fattore differenziale di cui tenere conto è anche la relazione tra scrittura e tempo, ovvero le diverse attese in termini di durata e permanenza del testo scritto. Parole chiave comunicazione online; scrittura; produzione del testo; relazioni interpersonali; gruppi online; ricerche psicosociali. Per chi non si limita a una frequentazione passiva del Web, ma lo usa per le proprie comunicazioni personali, lo scrivere è una delle pratiche d uso più comuni, e per certi aspetti la più articolata. Per marcare le distanze dalle forme tradizionali, per lo più cartacee, va subito riconosciuto che la scrittura online si presenta spesso come ibrida, ricca di contaminazioni visive (o audiovisive), più vicina al linguaggio dello story-board che alla pagina di diario. E quindi arbitrario, in certa misura, isolare le pratiche di scrittura come oggetto di osservazione privilegiato. Tuttavia, pur tenendo conto della forzatura, può risultare di qualche interesse uno sguardo, per quanto rapido e parziale, alla pluralità delle forme e delle esperienze di comunicazione interpersonale online attraverso i testi scritti. Nel presente articolo, si prendono brevemente in considerazione quattro ambienti di produzione testuale: la messaggistica di Twitter, la posta elettronica, la chat, i forum in differita. Dal tempo delle prime , la pratica di scrivere in Rete si è ramificata secondo più direzioni, strumenti e possibilità, fino agli attuali fasti di Twitter, ampiamente utilizzato, per esempio, dall opposizione iraniana nel suo sforzo di far filtrare tra le maglie della censura preziosi frammenti d informazione sui misfatti repressivi del regime teocratico. Per non parlare dell uso di Twitter nelle attività di comunicazione e soccorso durante il recente terremoto in Abruzzo. Prima ancora di questi accadimenti, più d uno si era stupito del successo di Twitter (d altronde, i grandi successi spiazzano e stupiscono sempre), non ravvisando nello strumento nessun particolare elemento di originalità, a differenza di un altro fenomeno telematico di grandissima diffusione come Facebook. In effetti, Twitter si distingue, e si raccomanda, per il suo minimalismo comunicativo: messaggi molto sintetici, in quanto costretti entro un numero predefinito e limitato di battute (140). È abbastanza evidente la similarità con l usuale messaggistica via cellulare, anch essa dominata da finalità di contatto - continuo, costante, reiterato - e di condivisione d informazioni con interlocutori privilegiati. Esperienze e forme di scrittura online 18

19 Anche in Twitter abbondano i riferimenti a ciò che si sta facendo in un dato momento, al luogo in cui ci si trova, etc., ma con una più spiccata accentuazione pratico-operativa, senza fronzoli. Il ping-pong informativo di Twitter, quanto più si fa serrato, tanto più sembra favorire il costituirsi di consuetudini comunicative e correnti di simpatia tra i corrispondenti che trovano espressione in giri di frase abituali, parole-chiave, tic verbali, etc. equivalenti a cenni d intesa o strizzate d occhio, senza neppure bisogno di conferme paralinguistiche codificate come gli emoticon. Tuttavia, al di là delle intese e dei legami derivanti dall infittirsi stesso degli scambi, un aspetto notevole della comunicazione su Twitter è proprio l esistenza di una norma rigida, ovvero l impossibilità di eccedere il numero di battute previsto. Si sa che la presenza di vincoli precisi, lungi dall ostacolarlo, favorisce e migliora il rendimento estetico di una produzione espressiva; per contro, l assenza di regole, e l apparente libertà creativa totale che ne discende, porta di solito a risultati insignificanti. È questo un principio che vale per qualsiasi forma di scrittura, con o senza ambizioni estetiche, e Twitter non fa eccezione. Per quanto frammentari e microscopici, i messaggi che circolano su Twitter spesso sanno trarre beneficio dall obbligo di asciuttezza, con buoni risultati in termini di efficacia e piacere della concisione. La comune corrispondenza via non conosce lo stesso tipo di restrizioni, anche se poi spesso nella pratica si manifesta anche qui la tendenza a produrre testi brevi, incoraggiata in certa misura da un contesto che di norma è anche troppo affollato, sovraccarico d informazioni superflue, se non moleste o addirittura maligne (spamming, phishing, etc.). La brevità delle comunicazioni trova sostegno anche nella quantità dei messaggi contenenti allegati: se lo scopo principale della mail è trasmettere un documento (immagini, musiche, testi, etc.) già esistente, saranno sufficienti poche righe di accompagnamento, niente di più. Premesso che oggi come oggi la posta elettronica contiene un po di tutto, e quindi lascia spazio a ogni sorta di stili e tipi di scrittura, ap- Esperienze e forme di scrittura online pare improprio e riduttivo considerarla come un semplice sostituto della posta tradizionale, anche volendo riandare a tempi lontani, precedenti alla diffusione del telefono, in cui la corrispondenza scritta era dominante. L erede di questa corrispondenza minuta, pervasiva, finalizzata al contatto e al controllo, destinata a persone con cui s intrattiene un legame particolarmente stretto, affettivo o operativo, sembra essere piuttosto il cellulare, con i suoi sms. La posta elettronica, e ancor più i servizi di messaggi istantanei via Internet, li completano o li surrogano, dando vita a forme di scrittura non troppo dissimili: secche, tronche, ricche di acronimi e forme abbreviate, etc. Nella congerie di messaggi svelti, informali, prossimi all oralità, di cui le caselle di posta elettronica sono piene, s insinua di tanto in tanto qualche lettera di taglio tradizionale, introdotta da un Cara o Caro e chiusa con formule di cortesia caratteristiche del supporto cartaceo. Per un istante, chi legge avverte una sorta di straniamento, come di fronte a una palese, inattesa infrazione della regola. Subito dopo però il senso viene recuperato: in mancanza di un deliberato effetto ironico, o se il mittente non è un tipo noto per il suo attaccamento alle tradizioni, dovrà trattarsi di una comunicazione formale (un atto burocratico, per esempio) o comunque di una lettera seria, che prende a prestito le antiche sembianze epistolari per sottolineare la sua differenza con il disinvolto ciarpame che le fa da contorno. Tolta di mezzo la corrispondenza indesiderata, la maggior parte delle mail che si ricevono (e che s inviano) ha come tratto comune una scrittura facile e sciolta, aliena da ogni eccesso di cerimoniosità e intenzione di ricalco dei modi epistolari di un tempo. Certamente, le diffuse esigenze di praticità e le intrinseche doti di velocità del mezzo sono alla base di un costume di scrittura quanto mai libero, tollerante, non impegnativo. Ciò deve aver facilitato parecchio il diffondersi della posta elettronica presso persone che prima scrivevano pochissimo e malvolentieri. È un osservazione, talvolta una piacevole scoperta, che tutti abbiamo fatto, in qualche momento, leggendo per la prima volta un 19

20 testo (breve, si capisce) scritto da quella tal persona, frequentata e conosciuta fino ad allora solo attraverso il colloquio diretto. Spesso a quell interlocutore non si era attribuita alcuna attitudine allo scrivere, e invece ora ci sorprende per la vivacità dello stile, la freschezza e l originalità dei termini con cui dà corpo alle sue idee. Per quanto informale e volatile, soggetta a continue cancellazioni, una è pur sempre un messaggio scritto, che può essere salvato, riletto, riprodotto, rimeditato, criticato. Forse è proprio il sentimento latente di una possibile persistenza che può spiegare quel quid di originale e di accurato che avviene di notare nei messaggi di posta elettronica, anche provenienti da persone in apparenza distanti da qualsiasi attenzione alla retorica o allo stile. Perfino quando si riducono a poche righe frettolose, le trovano spesso il modo di concedersi un guizzo, un arguzia, uno scarto laterale che ci diverte e ci delizia per la sua inventiva. Attraverso queste minute invenzioni la persona che scrive riesce a lasciare una lieve traccia di sé, si fa ricordare, si distacca dalla routine comunicativa quotidiana, costellata e resa noiosa da una quantità di formule, gesti, parole usa-e-getta. La scrittura della chat è caratterizzata da estrema rapidità e da una vicinanza all oralità che le deriva direttamente dal modello della conversazione a più voci. L andamento errabondo, se non anarchico, dello scambio verbale è la regola, più che l eccezione. È determinato infatti da una condizione strutturale: gli interventi in contemporanea, che s interpongono tra i messaggi appena visionati (a cui si replica), e il proprio atto di scrittura. In questo senso, una circostanza offline a cui accostare il clima della chat potrebbe essere il classico party baccanoso, con la musica tenuta piuttosto alta e tanta gente che parla tutta insieme. Su uno sfondo così irrimediabilmente caotico e rumoroso, il singolo intervento testuale rischia sempre la sfasatura, l irrilevanza, il fuori tema, qualora la chat abbia preso un altra strada, in quel breve intervallo di tempo. Quanto più invece saprà essere tempestivo, Esperienze e forme di scrittura online tanto più sarà facile che riesca efficace, ossia in grado di collocarsi al centro della conversazione, e non alla sua periferia. Ciò significa riflessi fulminei, battute pronte, alta tensione costante, specie quando (come accade spesso) la conversazione diventa pepata, competitiva, ricca di umori erotici o aggressivi. In effetti, il gioco al rialzo, l escalation provocatoria, la disposizione a spararle grosse risultano abbastanza frequenti, temperati però da una comune volontà di sdrammatizzazione, scherzo, parodia, presa in giro. Si ha così a volte un andamento ondulatorio della conversazione: a momenti di massima eccitazione e scambio intenso, senza esclusione di colpi, seguono fasi di tranquillità e ricarica, in attesa che i fuochi si riaccendano ancora. Nei momenti migliori, il divertimento è diffuso, condiviso. I partecipanti più a loro agio sono senz altro i battutisti migliori, ma più in generale coloro che si lasciano andare al libero gioco associativo, producendo una scrittura irriflessiva, bizzarra, senza censure di ragionevolezza e preoccupazioni di buona forma. Il protocollo di una chat sufficientemente animata e veloce si presenta spesso come una nebulosa verbale di sapore vagamente futurista, ricca di salti, interruzioni, non sequitur (i cadaveri squisiti surrealisti, al confronto, appaiono come modelli di linearità). Oltre al gusto (generalizzato) per lo spiazzamento e il paradosso, si rileva di frequente il costituirsi di sottogruppi o di coppie dialoganti, che danno vita a sequenze più serrate d interventi, tali da facilitare la comprensione da parte di un osservatore esterno. Tutto sommato, però, leggere (o anche rileggere) le verbalizzazioni della chat trattandole come un unità di tipo lineare, eventualmente con l ambizione di trovarvi un senso latente, non è molto rilevante né sensato. La ricostruzione dell esperienza conversazionale e delle sue dinamiche sarà sempre lacunosa, per chi non si è trovato dentro, immerso nell immediatezza della produzione testuale, nello spettacolo di fuochi d artificio delle schermaglie, del botta-e-risposta, dei colpi a effetto. Va perciò sottolineato piuttosto il carattere istantaneo, cotto e mangiato, della scrittura 20

21 della (o nella) chat, spesso più vicina alla performance teatrale (o forse cabarettistica) che all autobiografismo e alla funzione informativa del messaggio breve. Sempre rimanendo nell ambito della comunicazione di gruppo, vale la pena aggiungere qualche commento su un ulteriore forma di scrittura online, apparentemente più vicina alla tradizione: quella dei newsgroup e dei forum. Le dinamiche di gruppo possono essere altrettanto intense della chat, ma certo si presentano assai diverse, stante la diluizione degli interventi in un arco di tempo molto ampio e la relativa lentezza degli scambi. Più precisamente, l elemento differenziale decisivo è il funzionamento in differita, l assenza di una contemporaneità programmatica. La condizione in cui più membri del gruppo sono connessi nello stesso momento è incidentale, non è una regola (anche se di fatto può produrre effetti rilevanti sull andamento della discussione). Il setting dei gruppi in differita mette in conto l assenza contingente degli altri, e anche una certa distanza psicologica. Si presuppone cioè una partecipazione relativamente costante, ma limitata a determinati momenti di vita quotidiana, a discrezione dei singoli membri del gruppo. Dal punto di vista della comprensibilità e dell orientamento in una parola, della leggibilità della discussione gli interlocutori si trovano avvantaggiati rispetto alla chat: il testo complessivo che documenta l andamento della discussione del gruppo - anzi, che è la discussione - appare ordinato, chiaro, eventualmente ripartito su più argomenti, su cui si sviluppano intrecci d interventi di alcuni membri, sottogruppi spontanei che si costituiscono in base a interessi specifici o a spinte del momento. Per quanto possa essere articolata e abbondante la mole dei messaggi altrui su cui aggiornarsi per poter intervenire non a sproposito, la cronologia degl interventi è indicata con chiarezza, così come le loro relazioni reciproche (battibecchi, precisazioni, metacomunicazioni etc.). Il singolo partecipante ha tutto l agio necessario per elaborare il suo punto di vista e dargli espressione in un testo scritto che sarà, a suo piacere, svelto o meditato, secco o barocco, ri- Esperienze e forme di scrittura online volto a tutti o destinato soprattutto a un dato membro del gruppo. Premuto il tasto d invio, il nuovo intervento ottiene a volte una risposta immediata, ma altre volte può passare anche parecchio tempo prima che qualcun altro lo raccolga e decida di rispondere (per non parlare dei casi, più o meno frustranti, in cui non viene commentato da nessuno). Basta una rapida scorsa al testo di qualsiasi forum o newsgroup sufficientemente vivo e consolidato per rendersi conto che tra i partecipanti sussistono complesse relazioni di amicizia e di condivisione, con una forte coloritura di esibizione e competizione, dove la posta in gioco, spesso non dichiarata, è la conquista o il mantenimento di una qualche forma di leadership, oppure, più in generale, la ridefinizione incessante delle gerarchie, delle influenze, delle posizioni all interno del gruppo. La misura forse più evidente di tali rapporti di potere è data proprio dalla risonanza, dal ruolo-guida che il singolo intervento testuale è in grado di conseguire. Gl indizi sono di solito abbastanza eloquenti: l intensità e il numero delle repliche, anche polemiche, le citazioni personali all interno di altri interventi, i riconoscimenti espliciti del tipo come ha notato giustamente X, e altro ancora. Il silenzio generale è la risposta peggiore, che fa sentire il singolo partecipante in disparte, ai margini del gruppo, come se le sue parole fossero irrilevanti, svuotate di senso. Per evitare questo, la scrittura è obbligata a una continua ricerca d incisività, che si abbia o meno a disposizione un argomentazione forte o qualcosa d importante da dire. Ciò che si persegue nelle discussioni di gruppo online, più o meno implicitamente, è un risultato di rilevanza della propria parola scritta. Rilevanza da intendere come possibilità di essere considerati con attenzione dagli altri, e in secondo luogo come influenza, facoltà di agire sugli altri modificandone opinioni, affetti, atteggiamenti. La pratica di scrittura si orienta spontaneamente verso tali obiettivi e si caratterizza per la costante ricerca dell espressione efficace, icastica, memorabile, ma anche sciolta, non artificiosa, non tale cioè da apparire troppo 21

22 studiata e formale, e dunque inadatta al mezzo online. Analizzati con attenzione, i testi tradiscono l accuratezza della formulazione, ma al primo impatto devono suonare spontanei e immediati. Nella scrittura dei gruppi online redomina quindi un registro intermedio, tra il colloquiale e l aforistico: l argomentazione risponde alla necessità di lasciare traccia di sé, prima ancora di obbedire al desiderio di convincere o sedurre. Abbiamo visto che anche nella scrittura delle di quelle con un valore aggiunto di comunicazione personale, quanto meno si può individuare una fantasia latente di permanenza, di resistenza all usa-e-getta. Si può allora sostenere che sia nelle discussioni di gruppo online sia nelle comunicazioni interpersonali della posta elettronica sopravvive una suggestione di durata nel tempo, propria della nozione tradizionale di scrittura. Viceversa, nelle chat e nei rapidi messaggi di Twitter la scrittura appare oralizzata al massimo, pressoché priva di elaborazione. Scrittura del preconscio, nel caso delle chat, sovente aperte alle bizzarrie, alle associazioni libere, alla programmatica sospensione del controllo razionale. Scrittura secca e pragmatica, quasi militaresca, nel caso dei cinguettii della messaggistica breve, volti a isolare e a restituire immediatamente l essenziale di una circostanza e di un esperienza in atto, o appena vissuta. La produzione del testo scritto, in ambedue i casi, si organizza intorno a un ideale d immediatezza e istantaneità, quasi di annullamento del tempo. I contenuti possono volgersi alla realtà esterna o alle fantasticherie del mondo interno, ma sempre nella consapevolezza di una comunicazione impermanente, volatile, che vive e si consuma nel presente. Carlini, F.: Parole di carta e di web, Torino, Carrada, L.: Il mestiere di scrivere: le parole al lavoro, tra carta e web, Milano, Castells, M.: Galassia internet, Milano, 2006 Giordano, V. e Parisi, S.: Chattare: scenari della relazione in rete, Roma, Hansoon, T. (ed.): Handbook of research on digital information technologies: innovations, methods and ethical issues, Hershey, PA, IGI Global, Lughi, G.: Parole on line: dall ipertesto all editoria multimediale, Milano, O Reilly, T. e Milstein, S.: The Twitter Book, Sebastopol, CA, O Reilly Media, Pravettoni, G.: Web psychology, Milano, Rondanini, P. e Rech, N.: Internet per la ricerca sociale: dalle indagini via all analisi dei newsgroup, Milano, 2006 Rutledge, P.: Social networking, Milano, Spears, R. e Lea,M. e Postmes, T.: Social psychological theories of computer-mediated communication: Social gain or social pain?, In Giles, H. e Robinson, P. (eds.), New handbook of language and social psychology, pp , New York, Wiley, Enzo Marigonda, psicologo, docente a contratto all Università di Trieste (Facoltà di Scienze della Formazione e Facoltà di Psicologia) e al Master per l Editoria dell Università Statale di Milano, si occupa da anni di ricerche psicosociali di tipo qualitativo applicate all ambiente online. Bibliografia Baldini, M. e Marucci, D. (a cura di): La parola nella galassia elettronica, Roma, Bruno, P.: Dolce stil web: le parole al tempo di internet, Milano, Esperienze e forme di scrittura online 22

23 Tradizione e tecnologia online a confronto. Il passaparola elettronico: perché l imprenditore agrituristico dovrebbe tenerne conto Katia Laura Sidali Achim Spiller Abstract Il passaparola elettronico può aiutare gli operatori agrituristici a relazionarsi in maniera più efficace con il consumatore. Il presente lavoro analizza, attraverso un esperimento, il grado di fiducia che hanno gli utenti nei riguardi delle recensioni digitali e offre degli spunti di riflessione per la commercializzazione dell agriturismo in Internet. Parole chiave passaparola elettronico; agriturismo; promozione online; tecnologie dell informazione; recensioni digitali 1. Introduzione 1 Nelson Mandela una volta disse che «parlare in una lingua comprensibile permette al messaggio di raggiungere la mente della persona che sta ascoltando. Per raggiungere però il suo cuore occorre utilizzare la sua stessa lingua» 2. Nel mercato dei beni turistici una comunicazione che «arrivi direttamente al cuore» del consumatore è il risultato di un lungo e costo- 1 Questo articolo presenta nello studio descritto nel paragrafo 3 la sintesi di due lavori, un articolo e un capitolo di una tesi di dottorato precedentemente pubblicati. I riferimenti di entrambi i lavori sono i seguenti: K. L. Sidali, H. Schulze, A. Spiller, The impact of online reviews on the choice of holyday accomodation, in W. Höpken, U. Gretzel, R. Law (a cura di), Information and Communication Technologies in Tourism, Vienna, 2009, pp e K.L. Sidali, Farm tourism: A cross-country empirical study between Germany and Italy, tesi di dottorato, Università di Bologna, Libera trad.it. a cura dell autore. Il testo originale è il seguente «If you talk to a man in a language he understands, that goes to his head. If you talk to him in his language, that goes to his heart». L ineluttabilità dell interpretazione normativa so processo di studio e sperimentazione, alla realizzazione del quale partecipano esperti di diverse discipline. È quindi evidente che non tutte le imprese possono permettersi simili investimenti. Soprattutto in mercati di nicchia, quale quello dell agriturismo, le competenze volte a creare una comunicazione emozionale con i consumatori sono alquanto limitate. Numerosi studi dimostrano infatti che per molti imprenditori agrituristici è spesso un problema relazionarsi efficacemente con il consumatore 3. In primo luogo mancano molto spesso le risorse economiche (soprattutto in un contesto di riduzione delle sovvenzioni all agricoltura) e di tempo (accavallamento dei picchi turistici durante la stagione agricola). Ma è soprattutto la limitata conoscenza del mercato (agri) turistico a determinare le maggiori difficoltà. Infatti oggigiorno il turista, definito da 3 Si vedano cfr. A. M. Hjalager, Agricultural diversification into tourism, in Tourism Management, 17 (1996), n. 2, p. 109 e R. W. Slee, R. Yells, Some aspects of marketing farm holiday accommodation, in Farm Management 5 (1985), n. 8, p

24 molti autori come «post-turista» 4, è sempre più esigente e al contempo meno prevedibile nelle sue decisioni di spesa. Si delineano nuovi modelli di fruizione della vacanza, all interno dei quali gli individui tendono ad attribuire meno importanza alle caratteristiche estrinseche di prodotti e servizi, per valorizzare maggiormente la natura simbolica del consumo. Inoltre si viaggia più frequentemente rispetto al passato ma in maniera più autonoma, privilegiando il contatto diretto con gli operatori turistici finali e premiando chi offre prodotti flessibili e innovativi. In questo contesto, il settore comunemente definito dell information technology può aiutare ad avvicinare gli operatori agrituristici al postturista. Così ad esempio la tecnologia GPS può aiutare a creare maggiore visibilità soprattutto per gli agriturismi situati in località rurali difficilmente raggiungibili, sfruttando canali di distribuzione alternativi o complementari a quelli tradizionali. Ma è soprattutto l avvento di Internet che offre agli imprenditori agrituristici i vantaggi più evidenti, non solo in termini di maggiore visibilità, ma anche dando agli utenti sia la possibilità di interagire direttamente fra di loro attraverso il cosiddetto passaparola elettronico 5, sia quella di comunicare direttamente con gli operatori del settore (ad es. con le prenotazioni online, scambiando informazioni via , ecc.). Pur trovandosi ancora in una fase di sviluppo iniziale, questa industria dei «neo-beni» 6 digitali, basata su tecnologia Internet registra promettenti prospettive di crescita. Nel presente lavoro si cercherà di analizzare il suo ruolo per promuovere lo sviluppo del settore agrituristico e, a tale scopo, si dedicherà par- 4 Trad. it. a cura dell autore. Il termine in inglese è «post-tourist» espressione usata spesso nella letteratura turistica. Si vedano a riguardo D. B. Clarke, M. A. Doel, K. M. Housiaux (a cura di), The consumption reader, London, 2003 e L. Roberts, D. Hall (a cura di), Rural tourism and recreation. Principles to practice. Oxford, Per una definizione del termine «passaparola elettronico» si rimanda al paragrafo Cfr. Consiglio Nazionale dell Economia e del Lavoro (CNEL), Pronunce 54 Osservazioni e proposte L industria dei contenuti digitali. Gli ostacoli e le condizioni di sviluppo, Roma, 26 febbraio Tradizione e tecnologia online a confronto ticolare attenzione al passaparola elettronico, così come è trasmesso attraverso le recensioni digitali di prodotti e servizi 7. Nel prossimo paragrafo verrà avviata una riflessione sulle varie forme che può assumere il passaparola elettronico (2.1). La relazione tra il settore dell agriturismo e le nuove tecnologie sarà presentata nel paragrafo 2.2. Successivamente (3) sulla base dei primi risultati di una ricerca internazionale mostreremo il primato della comunicazione online su altre fonti di informazione e riveleremo, attraverso la statistica descrittiva, quali elementi sono capaci di creare un alto grado di fiducia nel passaparola elettronico attraverso l esempio della recensione digitale. Infine (4) verrà offerta una riflessione sui modi in cui la comunicazione online possa essere utilizzata per migliorare la relazione tra gli operatori agrituristici e i consumatori. 2. Quadro teorico 2.1. Il passaparola elettronico In questo articolo ci riferiamo al termine «passaparola elettronico» 8 come all insieme delle comunicazioni fra diversi utenti (Web output) che scorrono sulla rete o World Wide Web. Dal punto di vista linguistico il passaparola è una forma di comunicazione tra individui che, prendendo a prestito il modello «organon» di Bühler 9, può essere rappresentata come un sistema imperniato su un segno (signifiant) che ricopre la funzione di rappresentare la realtà esterna. Detto segno è l oggetto stesso della comunicazione tra un mittente ed un destinatario, sebbene questi ultimi possano conferirgli diversi significati (signifié del mittente e signifié del destinatario) 10. Sulla base di quanto 7 Per una definizione del termine «recensioni digitali» si rimanda al paragrafo Trad. it. a cura dell autore. Il termine in inglese è «electronic word of mouth» spesso usato nella forma abbreviata di «e-wom». 9 K. Bühler, Sprachtheorie. Die Darstellungsfunktion der Sprache, Stuttgart/New York, I termini «signifiant» e «signifié» vengono introdotti nella linguistica da F. de Saussure, considerato il padre dello strutturalismo linguistico, cfr. F. de Saussure, Cours de linguistique générale. Paris,

25 detto possiamo tracciare una prima classificazione del passaparola elettronico. La forma (signifiant) più ricorrente che assume il passaparola elettronico (il «segno» nel modello di Bühler) è sicuramente l , la quale può essere utilizzata sia a scopo ricreativo sia professionale (signifié del mittente e del destinatario). Un altra «manifestazione» del passaparola elettronico è la recensione digitale 11 che può essere definita come il giudizio che il consumatore scrive online sui più svariati servizi o prodotti, collocandolo su un apposita piattaforma digitale 12. In questo caso la comunicazione ha prevalentemente natura contingente e divulgativa. Altre forme del passaparola elettronico sono i blogs, i fori di discussione, le chats e i social networks, nelle quali il significato del passaparola elettronico è particolarmente legato alla «mission» del sito ove la stessa è posta (fori medici, blogs istituzionali, ecc.). Newsletter e messaggi tramite tecnologia RSS vengono invece frequentemente utilizzati dalle aziende per fidelizzare quei consumatori che sono già entrati in contatto con l impresa almeno una volta e che accettano questo tipo di comunicazione selettiva per difendersi dal cumulo indiscriminato di informazioni elettroniche 13. Da questa breve rassegna è evidente che la forma del passaparola elettronico spesso coincide con lo stesso canale di trasmissione della comunicazione online, che, a sua volta, influenza il signifié cioè il significato del messaggio comunicato tramite il passaparola e, di conseguenza, il suo grado di rappresentazione della realtà. La questione non è di poco conto soprattutto per beni, come i prodotti turistici, altamente esperienziali, dove cioè non è possibile determinare la qualità del bene da acquistare se non consumandolo, e, quindi, trasformandolo in un esperienza unica e memorabile. La decisio- 11 Libera trad.it. a cura dell autore. Corrisponde al termine inglese «electronic» o «e-review». 12 Siti nati appositamente per ospitare recensioni digitali sono gli storici diffuso soprattutto negli Stati Uniti e consultato più frequentemente in Europa. 13 Problema, questo, a cui si fa riferimento nella letteratura con il termine di information overload si veda cfr. R. E. Mayer, Nine ways to reduce cognitive load in multimedia learning, in Educational Psychologist, 38 (2003), n. 1, pp Tradizione e tecnologia online a confronto ne d acquisto per questo tipo di beni avviene pertanto alla fine di un processo oneroso in termini di tempo dedicato alla ricerca di informazione e alla selezione della stessa. Ciò richiede un attenta scrematura di molteplici fonti di informazione, operazione non facile visto che il consumatore è generalmente svantaggiato rispetto alla controparte 14. In questo contesto il passaparola, anche di natura elettronica, assume un importanza fondamentale. Come già accennato, nel seguito di questo articolo analizzeremo ulteriormente il passaparola elettronico circoscrivendolo al fenomeno delle recensioni digitali di prodotti e servizi turistici. In particolare riporteremo i risultati di uno studio condotto in Germania, attraverso il quale intendiamo dimostrare l importanza del passaparola online per il settore dell agriturismo in quanto dotato di una forte valenza emotiva. Sulla base di detti risultati offriremo degli spunti di riflessione per la commercializzazione di questa particolare nicchia turistica Agriturismo e nuove tecnologie L accostamento di «passaparola digitale» con «agriturismo» potrebbe sembrare a prima vista improbabile o azzardato. L agriturismo, definito come «attività turistica connessa ad attività agricola» 15 è per lo più associato con paesaggi romantici, tradizioni popolari antiche e, in generale, una vita contadina cadenzata da ritmi lenti, che evoca nostalgia. In verità le zone rurali sono già da tempo meccanizzate e ciò che viene offerto al turista cittadino tramite accurate politiche di commercializzazione (il corso di cucina tradizionale piuttosto che la scuola di agricoltura biologica, ecc.) è piuttosto una «re-invenzione della realtà» 16. La modernizzazione dell agriturismo è visi- 14 Nelle scienze economiche ci si riferisce a questo problema impiegando l espressione «informazione asimmetrica» si veda G. A. Akerlof, The market for «lemons»: quality uncertainty and the market mechanism, in Quaterly Journal of Economics, 84 (1970), pp Questa definizione è valida solo per l Italia, l unico paese europeo dotato di un corpus giuridico espressamente dedicato all agriturismo. Per approfondimenti si rimanda alle leggi n. 96 del 2006 e n. 730 del Hjalager (1996). Opera cit. 25

26 bile anche in Internet. Nel mare magnum digitale infatti gli imprenditori agrituristici più attenti alle cangianti esigenze dei consumatori si sono velocemente provvisti di una pagina Web (propria o della associazione agrituristica cui appartengono) per approfittare dell incredibile chance data dalla «rete» in termini di visibilità planetaria. Inoltre, in questo modo, possono anche far fronte all alto tasso di concorrenza che caratterizza questo settore. Ma se la maggior parte degli imprenditori agrituristici non ha perso il treno tecnologico partito con la diffusione di Internet (provvedendo ad esempio, a fornirsi di una home page) e denominato Web 1.0; la sfida odierna si identifica con la seconda generazione di tecnologie digitali, riunite nell espressione Web 2.0. Questo salto numerico sta ad indicare le nuove caratteristiche del web utente il quale si è liberato del suo ruolo passivo di osservatore della vetrina digitale per interagire direttamente con un impresa, come nel caso dell online banking, o con i suoi simili (peers), come accade nei forum di boicottaggio, nei blogs o sulle piattaforme online ospitanti le recensioni digitali di beni. È proprio attorno a quest ultimo tipo di passaparola elettronico che, come già accennato, ruoterà l analisi seguente con l obiettivo di capire l influenza della comunicazione online rispetto ad altri generi di comunicazione, sulle decisioni di spesa del consumatore ed evincere quindi quali siano le componenti chiave della fiducia che il consumatore ripone in questo genere di comunicazione. 3. Lo studio Per raggiungere gli obiettivi sopraccitati la sezione di Marketing Agro-Alimentare dell Università di Göttingen ha elaborato un apposito questionario. Quest ultimo si articola in quattro sezioni principali. Nella prima sono inserite domande relative al processo decisionale che viene intrapreso dal turista prima di iniziare un viaggio. In particolare viene chiesto di selezionare le fonti di informazione considerate più importanti per l acquisto di un prodotto turistico. Nella seconda sezione viene presentato Tradizione e tecnologia online a confronto un esperimento in base al quale i rispondenti devono scegliere per quattro volte tra due strutture turistiche dello stesso genere che si differenziano unicamente per la fonte di informazione che recensisce la struttura. In ognuno dei casi presentati, la recensione digitale fornita da altri consumatori compete con altre fonti di informazione: una guida turistica molto conosciuta in Germania, il numero di stelle utilizzate nel settore alberghiero ed i consigli di un agenzia di viaggio tedesca molto rinomata a livello nazionale 17. Le opzioni scelte dai partecipanti sono state in seguito codificate e trasformate in un indice in grado di misurare il livello di preferenza dell utente per il passaparola online trasmesso attraverso la recensione digitale 18. Nella terza parte del questionario le domande identificano le componenti che rendono la recensione online degna di fiducia agli occhi degli utenti. L ultima sezione riguarda la raccolta di informazioni sui dati anagrafici: stato civile, età, professione e reddito della famiglia, ecc. Sulla base di tale questionario durante il mese di maggio 2008 è stato costruito un campione di 216 soggetti scelti casualmente fra i residenti della città di Goettingen. La popolazione del campione 19 risulta così composta: L età media dei rispondenti è 39 anni. In particolare la fascia di età maggiormente rappresentata è tra i 21 e i 30 anni (40,4%), seguita da quella tra i 31 e i 50 anni (35,2%) ed infine quella degli ultra cinquantenni (22%). Solo l 1,6% del campione ha un età inferiore ai 20 anni. Inoltre, nel campione prevalgono le donne (54% contro il 46% degli uomini). Per quanto riguarda la fase della preparazione della vacanza il campione dimostra un alto livello di «impegno» (o involvement come vie- 17 Non potendo condurre le interviste online è stato utilizzato in sede di esperimento il logo di famosi siti ospitanti recensioni digitali in maniera tale da simulare l ambiente Internet. 18 Si tratta di un indice costruito con la seguente scala di valori: da 0= non è mai scelta la struttura ricettiva con la recensione digitale migliore 5= in tutti i casi viene scelta la struttura ricettiva con la recensione digitale migliore. 19 trattasi di cosiddetto convenience sample cioè campione non rappresentativo. 26

27 ne definito nella terminologia del marketing). Infatti, ben il 43,5% dei partecipanti afferma di investire molto, in termini sia di tempo sia di energia, nell attività pre-viaggio. Ma il dato più interessante riguarda proprio l uso delle nuove tecnologie in supporto a tale attività: il 63,5% del campione dichiara di far uso della tecnologia Internet per pianificare le vacanze e il 56,6% degli intervistati dichiara di aver già prenotato in passato una vacanza in Internet Fonti di informazione a confronto: primato della comunicazione online Attraverso l utilizzo di domande Likert è stato chiesto ai participanti di selezionare le fonti di informazione considerate più importanti per valutare la qualità di un prodotto turistico. Le fonti di informazione proposte spaziavano da quelle considerate più oggettive nel veicolare informazioni concernenti la qualità di un prodotto turistico, come ad esempio il sistema della classificazione alberghiera basato sulle stelle, ad altre più soggettive come il passaparola di amici/colleghi, brochures turistiche e, naturalmente, anche il passaparola elettronico. Come mostra la tabella 1, le prime quattro fonti di informazione dichiarate più importanti sono risultate essere le seguenti: il passaparola di amici/colleghi (cosiddetto passaparola offline), il sistema della classificazione a stelle del settore alberghiero, il passaparola elettronico nella forma della recensione digitale e i consigli delle agenzie di viaggio. Questo primo risultato è importante perché mostra come il passaparola elettronico, strumento di comunicazione relativamente nuovo, riesca comunque ad essere percepito come più importante del tradizionale agente di viaggio. Tuttavia, per comprendere a fondo il complesso fenomeno del processo decisionale precedente l acquisto di un bene turistico, è necessario analizzare ciò che avviene nella vita reale in quanto, secondo Hato (et alii), E. Hato, M. Taniguchi, Y. Sugie, M. Kuwahara, H. Morita, Incorporating an information acquisition process into a route choice model with multiple information sources, in Transportation Research Part C: Emerging Technologies, 7 (1999), n. 2-3, pp Tradizione e tecnologia online a confronto mentre «gli individui nella fase di ricerca acquisiscono le informazioni da molteplici fonti di informazione, il numero di queste ultime si riduce sensibilmente al momento di provvedere effettivamente all acquisto del bene». I risultati dell esperimento sembrano supportare tale tesi in quanto i precedenti risultati vengono «ribaltati»: la maggioranza dei rispondenti sceglie, nella simulazione della vita reale rappresentato dall esperimento, prioritariamente la struttura ricettiva con la recensione digitale migliore indicando in questo modo chiaramente un alto livello di preferenza per questo tipo di passaparola elettronico. A grande distanza seguono le guide turistiche, i consigli delle agenzie di viaggio e, solo per ultimo, il sistema di classificazione alberghiero. Come si giustifica il ruolo predominante dato al passaparola online nella forma delle recensioni digitali? Sicuramente, come sostengono Molina e Esteban 21, diverse fonti di informazione trasmettono diverse aspettative. Così è plausibile pensare che, se per l acquisto di un genere alimentare una fonte di informazione percepita come molto oggettiva (es. il marchio di qualità assegnato da un certificatore esterno) possa avere un influenza molto forte in quanto agisce sulla sfera cognitiva dell essere umano (che vuole sapere cosa mangia), per un bene tuttavia altamente esperienziale, è plausibile che altre fonti di informazione, più influenti sulla sfera affettiva, esercitino un ruolo principe, innescando l insorgere di sogni/speranze (es. la promessa di riposo di una vacanza in agriturismo) che sarà poi premura dell imprenditore (agri)turistico rafforzare. 21 A. Molina, A. Esteban, A. Molina, A. Esteban, Tourism Brochures - Usefulness and Image, in Annals of Tourism Research, 33 (2006), n.4, pp

28 Le più importanti fonti di informazione sono Le fonti di informazione scelte più frequentemente in sede di esperimento 1 Consigli di amici/colleghi 1 Recensione digitale 2 Classificazione alberghiera 2 Guida turistica 3 Recensione digitale 3 Suggerimento dell agenzia di viaggio 4 Agenzia di viaggio 4 Sistema alberghiero Fonte: propria elaborazione Tabella 1. Confronto tra le risposte date dagli intervistati ed i risultati dell esperimento Il primato della recensione digitale su fonti più oggettive come la classificazione alberghiera può essere quindi spiegato in quanto la prima agisce sulla sfera affettiva dell individuo. Come spiegare però il primato della stessa anche su altre fonti di informazioni, quali gli agenti di viaggio, che utilizzano raffinate tecniche di comunicazione creativa (story-telling, slogan d effetto, foto e video accattivanti sulle brochures, ecc.) al fine di creare un legame emozionale con l utente? La spiegazione è data probabilmente dal particolare rapporto di fiducia che si instaura tra l utente che legge la recensione digitale e colui che descrive il bene basandosi sulla sua precedente esperienza. Nel paragrafo successivo tale rapporto sarà esaminato ulteriormente Elementi chiave nella creazione di fiducia verso le recensioni digitali peerto-peer Per comprendere il livello di fiducia che i consumatori riversano nei confronti della comunicazione online è stato chiesto agli intervistati di indicare la propria opinione nei riguardi delle recensioni digitali di prodotti turistici. In generale, la netta maggioranza del campione (61%) dichiara che le recensioni digitali sono «molto utili» nella pianificazione della vacanza e addirittura il 75% degli intervistati dichiara che sarebbe disposto a pagare un prezzo maggiore per un hotel recensito positivamente da peers in Internet. La statistica descrittiva ci viene in aiuto anche al momento di analizzare quali aspetti di questo tipo di comunicazione sono percepiti come particolarmente importanti per determinare un alto livello di fiducia nel consumatore (vedi Tabella 2). Il 67% degli intervistati dichiara di affidarsi soprattutto a recensioni ricche di dettagli (utili al fine della pianificazione della vacanza) mentre il 64% attribuisce un alto grado di fiducia alle recensioni dalle quali traspare un alta esperienza di viaggio dell autore. Altri elementi atti a creare fiducia verso questo tipo di comunicazione online sono uno stile amichevole (33%), una (percepita) empatia (in termini di comunanza di interessi, visione del mondo, ecc.) tra il lettore e l autore della recensione (33%) ed, infine, il numero totale di recensioni scritte dall autore (30%). Caratteristica della recensione digitale in grado di aumentarne la fiducia nel lettore 1 : Ricchezza di dettagli 67% Alta esperienza di viaggio dell autore 64% Stile amichevole 33% Empatia con l autore 33% Numero di recensioni scritte dall autore 30% Percentuale degli intervistati che si definiscono molto o abbastanza d accordo 2 : 1 Domanda del tipo Likert con scala di valori da (+2) =assolutamente d accordo a (-2) =assolutamente in disaccordo 2 Le percentuali si riferiscono alle risposte con valore (+1) e (+2) Fonte: propria elaborazione Tabella 2. Analisi degli elementi che concorrono a creare fiducia nelle recensioni digitali Tradizione e tecnologia online a confronto 28

29 3.3. Elementi chiave nella creazione di fiducia verso le piattaforme digitali ospitanti le recensioni Come precedentemente accennato il canale di trasmissione di un messaggio digitale è parte integrante della comunicazione. Nella fattispecie, le recensioni di strutture turistiche come quelle proposte in sede di esperimento possono trovarsi sia su siti istituzionali (ad es. il sito turistico ufficiale della regione) sia su portali privati (come nel caso dei portali delle associazioni di operatori agrituristici). Nella Tabella 3 analizziamo, attradal 12% degli intervistati) né gli incentivi economici offerti da talune piattaforme digitali per aumentare il numero di recensioni (15% del campione) sembrano capaci di innalzare il grado di fiducia nella piattaforma Considerazioni generali In generale risulta evidente che la recensione più è percepita come dettagliata più è considerata affidabile. Non stupisce che, soprattutto in tempi di ristrettezze economiche, il consumatore premi la comunicazione che meglio di altre permette di ridurre al mi- Caratteristica della piattaforma in grado di aumentarne la fiducia nel lettore 1 : Indipendenza della piattaforma 82% Disponibilità di informazioni aggiornate 68% Notorietà della home page che ospita la piattaforma 61% Customization della piattaforma 59% Popolarità della piattaforma 53% Numero di funzioni per raffinare la ricerca 51% Incentivi economici 15% Pubblicità esterna 12% Percentuale degli intervistati che si definiscono molto o abbastanza d accordo 2 : 1 Domanda del tipo Likert con scala di valori da (+2) =assolutamente d accordo a (-2) =assolutamente in disaccordo 2 Le percentuali si riferiscono alle risposte con valore (+1) e (+2) Fonte: propria elaborazione Tabella 3. Analisi degli elementi che concorrono a creare fiducia nei siti Internet (piattaforme) che ospitano le recensioni digitali verso la statistica descrittiva, quali elementi concorrono a creare un legame di fiducia tra il fruitore della recensione e la piattaforma sulla quale tale recensione è posta. L indipendenza della piattaforma dal proprietario della struttura ricettiva è l elemento indicato dalla maggioranza del campione (82%), seguito dall aggiornamento delle informazioni presenti sulla piattaforma (68%), il livello di notorietà della home page (se presente) ospitante la piattaforma (61%) il grado di adeguamento (customization) della piattaforma alle esigenze degli utenti (59%), il grado di popolarità della piattaforma stessa (53%) ed il numero di funzioni offerte per raffinare la ricerca (51%). Al contrario, né la pubblicità esterna (considerata importante solo nimo il rischio di spendere male i soldi destinati all acquisto di un bene turistico. Inoltre, come abbiamo visto, la stessa piattaforma dove è posta la recensione, deve essere percepita come credibile. Questo significa forse che recensioni poste sulla propria home page debbano essere escluse a priori? Uno sguardo al settore alberghiero, dove non è raro trovare questo genere di passaparola elettronico come ulteriore servizio di cortesia per i potenziali clienti sembrerebbe smentire questa limitazione. Vero è comunque che qualora un imprenditore agrituristico decidesse di ospitare sul proprio sito Internet recensioni relative alla propria offerta, le precauzioni da usare sono molteplici. A tale genere di riflessioni è dedicato il paragrafo seguente. Tradizione e tecnologia online a confronto 29

30 Implicazioni per gli imprenditori agrituristici Abbiamo visto nelle sezioni precedenti che il passaparola elettronico in generale e le recensioni digitali in particolare, esercitano una forte valenza emotiva sul consumatore. Ciò implica che gli imprenditori agrituristici non possono più ignorare questo genere di comunicazione, che sembra, tra l altro, destinata a diffondersi considerevolmente anche per la diffusione di informazioni riguardanti beni diversi da quelli turistici. A questo punto è plausibile supporre che per gli operatori del settore agrituristico ci siano due possibilità di inclusione delle recensioni digitali nella rete di promozione e commercializzazione della loro struttura. In primo luogo l imprenditore potrebbe decidere di ospitare le recensioni digitali sul suo stesso sito Internet. In questo caso, e posto che venissero pubblicate sia le recensioni positive sia quelle negative per rendere maggiormente credibile la comunicazione peer-to-peer, il vantaggio più evidente sarebbe l aumento della reputazione dell agriturismo in questione, vista la totale trasparenza segnalata dall imprenditore ai suoi utenti. Un altro vantaggio derivante da tale decisione è legato alla miniera di informazioni assolutamente gratuita, autentica e aggiornata di cui l operatore agrituristico disporrebbe sui suoi clienti. Dall altro lato però, tale disponibilità di dati si rivelerebbe inutile e addirittura costosa se l operatore agrituristico non pianificasse, parallelamente, un continuo e attento lavoro di controllo redazionale atto a catalogare le informazioni a fini statistici, cancellare dati inopportuni (informazioni obsolete o lesive della privacy propria o altrui, informazioni false, ecc.). Inoltre, un altra conseguenza negativa di cui l operatore agrituristico dovrebbe tenere conto sarebbe la diffusione incontrollabile di un eventuale passaparola negativo dovuto al reale problema che nulla di ciò che viene pubblicato in Internet può essere definitivamente cancellato. Per cercare di ridurre al minimo tale rischio l operatore agrituristico ha a sua disposizione un altra possibilità: quella di affidarsi ad un Tradizione e tecnologia online a confronto soggetto esterno. I portali promozionali di agriturismi 22, ad esempio, sono specializzati nella promozione di tali strutture e dispongono delle necessarie risorse, in termini sia di know-how tecnologico sia di tempo, per effettuare un controllo redazionale continuo. Inoltre, ospitando diverse strutture ricettive queste piattaforme vengono percepite dagli utenti come indipendenti dal singolo operatore agrituristico aumentando, di conseguenza, anche il grado di fiducia nelle recensioni ospitate. Dovendosi però affidare ad un soggetto esterno è però evidente che i costi per l operatore agrituristico aumentano notevolmente. Questo è quindi il principale svantaggio riguardante la decisione di affidare un sistema di comunicazione peer-to-peer ad un soggetto esterno. In generale possiamo concludere che, come ribadito più volte nella letteratura 23, alla comunicazione online dovrebbe venire riconosciuta maggior importanza considerato il suo impatto sulle decisioni di spesa dei consumatori. Ciò dovrebbe venire spiegato agli operatori turistici soprattutto in quei settori, come quello del turismo rurale e dell agriturismo, in cui l affinità con gli strumenti dell information technology è particolarmente carente sia per motivi infrastrutturali (dividendo digitale infrastrutturale) sia, soprattutto, per motivi socio-culturali (dividendo digitale culturale). Maggiori investimenti per aumentare la ricerca sperimentale in questo campo e un più effettivo approccio interdisciplinare potrebbero agire da motore propulsivo per ampliare le conoscenze in questo recente e complesso campo di studio. 22 Portali italiani di agriturismi sono ad esempio www. agriturismo.it e 23 T. Hennig-Thurau (a cura di), T. Hennig-Thurau (a cura di), Word-of-Mouse : why consumers listen to each other on the Internet Berlin, n. 3,

31 Katia L. Sidali è specializzata in teoria del consumatore e marketing agro-alimentare e turistico. Attualmente è titolare di una borsa di post-dottorato presso l Università di Goettingen, Dipartimento di Economia Agraria e Sviluppo Rurale. Achim Spiller è professore di Marketing agroalimentare presso l Università di Goettingen, Dipartimento di Economia Agraria e Sviluppo Rurale. Tradizione e tecnologia online a confronto 31

32 Produzioni alimentari legate al territorio: le forme e l intensità della protezione giuridica nel mercato europeo Stefano Amadeo Abstract Nel diritto dell'unione europea la regolazione delle indicazioni geografiche risale a tempi recenti. Tuttavia essa è caratterizzata da un notevole grado di sviluppo e complessità. Ispirato alla normativa convenzionale, motore di ulteriori evoluzioni sulla scena internazionale, il diritto comunitario esprime un sistema uniforme su base regionale, e un elevato grado di tutela dei segni distintivi legati al territorio. Il presente contributo ricostruisce le articolazioni essenziali della disciplina, valorizzando il contributo della giurisprudenza nell'individuazione di un punto di equilibrio, per certi versi peculiare o atipico, fra le opposte esigenze della tutela dei segni e della libera circolazione dei prodotti nel mercato europeo Sommario: 1. La specificità della protezione giuridica delle indicazioni geografiche nel mercato europeo: bella addormentata nel bosco o gatto con gli stivali? 2. La coesistenza e le relazioni tra i vari regimi: normative nazionali e strumenti internazionali; 3. Le indicazioni geografiche nel diritto comunitario; 4. I presupposti della tutela 5. Contenuto e limiti della tutela; 6. La protezione delle indicazioni geografiche in deroga alla libera circolazione delle merci; 7. Il carattere esauriente della disciplina comune e la possibile protezione complementare prevista dal diritto nazionale. 1. La specificità della protezione giuridica delle indicazioni geografiche nel mercato europeo: bella addormentata nel bosco o gatto con gli stivali? Le denominazioni d origine (dette anche indicazioni geografiche, o secondo l acronimo inglese, GIs) dei prodotti agricoli e alimentari sono state definite la bella addormentata Produzioni alimentari legate al territorio Parole chiave prodotti agricoli prodotti alimentari indicazioni geografiche diritti di privativa registrazione comunitaria protezione mercato unico europeo misure di effetto equivalente nel bosco della privativa internazionale 1. Il riferimento corre al crescente e progressivo risveglio degli interessi commerciali che circondano, a livello mondiale e soprattutto europeo 2, i segni distintivi geografici (i segni che permettono di collegare un prodotto alla località, al territorio o allo Stato di origine) 3. Dinanzi agli insospettabili passi che la disci- 1 Cfr. M. Höpperger, in www/wipo_magazine/en/images/banner.git 2 Cfr. B.A. Babcock, R. Clemens, Geographical Indications and Property Rights: Protecting Value-Added Agricultural Products, Matric Briefing Paper 04-MBP 7, in spec. p. 16 s. 3 Cfr. M. D Addezio, La promozione e la regolazione del mercato alimentare nell Unione europea. Esperienze giuridiche comunitarie e nazionali, in M. D Addezio e A. Germanò (a cura di), La regolazione e la promozione del mercato alimentare nell Unione europea, Milano, 2007, p. 3; L. Francario, La valorizzazione del patrimonio gastronomico italiano attraverso i segni del territorio, ibidem, p. 55. Cfr. anche, in senso critico, K. Rustiala, S.R. Munzer, Global Struggle over Geographical Indications, in UCLA School of Law, Research Paper No , in 32

33 13 Secondo Le Petit Larousse, Paris 1992, la parola terroir esprime la terre considérée sous l angle de la producplina dei segni geografici ha compiuto e si appresta a compiere, a livello regionale europeo, e dell impulso ulteriore che ne potrebbe derivare per la disciplina internazionale, a buon diritto le denominazioni d origine andrebbero definite, piuttosto, come il gatto con gli stivali della privativa internazionale. Sebbene l origine della normativa di settore, in ambito comunitario, sia alquanto recente, il sistema di tutela posto in essere risulta articolato. Si tratta di un sistema sui generis, che solo in parte presenta analogie con gli strumenti di tutela della privativa commerciale 4. La protezione delle denominazioni d origine nel diritto dell Unione europea si colora, in effetti, di una particolare intensità. Ciò in ragione del preminente interesse che la Comunità nutre per la qualità dei prodotti agricoli 5 e per il sostegno del reddito delle popolazioni rurali; ma altresì per il contributo dato dalle indicazioni di qualità alla conservazione e alla promozione del patrimonio culturale del territorio 6. In ogni caso l intensità delle garanzie che circondano le indicazioni geografiche è tributaria, in gran misura, dello sforzo interpretativo della Corte di giustizia, che a partire dai primi anni 90 ha non solo formulato le coordinate di sviluppo della legislazione derivata 7, ma ha inoltre impresso alle forme della protezione e agli strumenti di tutela previsti a livello normativo un ampiezza insospettata 8. Ciò è particolarmente evidente se l estensione della tutela conferita alle denominazioni di origine viene esaminata come un ipotesi di deroga al fondamentale principio della libera circolazione delle merci nell ambito del mercato interno 9. Ma risalta altresì se la protezione delle de- 4 Infra, n Cfr. il Libro Verde della Commissione europea del 15 ottobre 2008 sulla qualità dei prodotti agricoli: norme di prodotto, requisiti di produzione e sistemi di qualità (COM/2008/0641 def); v. anche C. Cattabriga, E. Monaguti, P. Ruggeri Laderchi, Art. 37 TCE, in A. Tizzano (a cura di), Trattati dell Unione europea e della Comunità europea, Milano, 2004, p. 338 ss., Infra, n Infra, n Infra, n Infra, n. 3 e 6. Produzioni alimentari legate al territorio nominazione d origine è posta a raffronto con le garanzie di cui godono altri segni distintivi privi di radicamento territoriale: per esempio, nell ambito della disciplina dei vini, con le indicazioni di qualità 10. La tutela uniforme delle indicazioni geografiche garantita in tutto il territorio dell Unione, a partire da un complesso procedimento di registrazione delle medesime a livello comunitario, non sembra peraltro escludere una protezione complementare prevista, all occorrenza, dagli ordinamenti nazionali mediante figure che tutelino il legame tra prodotto e territorio d origine in forma più attenuata In senso ampio, le indicazioni geografiche hanno tradizionalmente una duplice funzione. Consentono al consumatore di selezionare prodotti genuini che traggono la loro reputazione e la loro unicità dal territorio d origine, e dall uso e dall affinamento delle tecniche adoperate, nel tempo, dagli operatori ivi stabiliti. Premiano insomma, attraverso il riferimento a un contesto territoriale, la qualità dei prodotti, qualità che è all origine del carattere rinomato della denominazione e che è sempre più apprezzata dai consumatori 12. Alla base dell istituto vi è insomma il legame specifico tra la terra e l unicità qualitativa del prodotto che è espresso dalla nozione francese di terroir Sulla controversia relativa all uso di indicazioni omonime, di cui l una espressiva di un riferimento geografico (la denominazione di origine ungherese Tokai ) l altra di un indicazione di qualità ( Tocai ) relativa a un vitigno e a una produzione localizzata nel nord est d Italia, v. Corte giust., 12 maggio 2005, C-347/03, Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia e ERSA, in Racc., p. I-3785 e soprattutto ordinanza 12 giugno 2008, C-23/07 e C-24/07, Confcooperative Friuli Venezia Giulia e altri, in Racc., p. I Sul tema F. Spitaleri, Denominazioni d origine e indicazioni omonime: la Corte di giustizia definisce la controversia sul caso Tocai, in Diritto unione europea, 2008, p. 835, ove anche indicazioni di dottrina. 11 Infra, n Cfr. Corte di giustizia, 16 maggio 2000, C-388/95, Belgio c. Spagna, in Racc., p. I-3123, cpv. 56; 20 maggio 2003, C-108/01, Consorzio del Prosciutto di Parma, in Racc., p. I-5121, cpv

34 Sul versante dell offerta, le indicazioni geografiche garantiscono ai produttori situati nelle zone rurali una ricompensa per la qualità conseguita (c.d. premium prize), tanto maggiore quanto più i prodotti che se ne fregiano sono riconosciuti e apprezzati dal consumatore; stimolano la diversificazione della produzione e proteggono contro appropriazioni indebite da parte dei terzi 14. In effetti nella percezione del consumatore, il nesso tra la reputazione dei prodotti e la qualità dei prodotti dipende dalla sua convinzione che i prodotti venduti con la denominazione di origine sono autentici Sotto quest ultimo profilo, e benché sul piano internazionale le opinioni non siano concordi, le indicazioni geografiche hanno una base concettuale comune con i diritti di privativa 16. Esse rientrano nel campo dei diritti di proprietà industriale e commerciale. La normativa [che le prevede] tutela i beneficiari contro l uso illegittimo delle dette denominazioni da parte di terzi che intendano profittare della reputazione da esse acquisita 17. Esse contribuiscono a garantire condizioni leali di contion ou d une production agricole caractéristique ; cfr. ad esempio, sulla sfida dei crus du terroir, per ciò che riguarda il Barolo delle Langhe e il Pinot di Borgogna, La Stampa del 22 novembre 2009, p F. Addor, N. Thumm, A. Grazioli, Geographical Indications: Important Issues for Industrialized and Developing Countries, in The IPTS Report, 5/2003, p. 23, 25; cfr. anche le motivazioni iniziali del reg. CE n. 510/2006 del 20 marzo 2006 relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d origine dei prodotti agricoli e alimentari, in Gazzetta ufficiale dell Unione europea (GUUE), L 93 del 31 marzo 2006, p Corte giust., 20 maggio 2003, Consorzio del Prosciutto di Parma, cit., cpv Si tratta di diritti di proprietà (privativa commerciale) alquanto atipici, nella misura in cui non appartengono a un solo titolare: ne possono beneficiare tutti i produttori che operano in un determinato contesto geografico, a condizione che rispettino, nell elaborazione del manufatto, determinate prescrizioni (usi leali e costanti, indicati nel disciplinare ). Inoltre tali prescrizioni, in genere a tutela della qualità, sono elaborate da associazioni private (consorzi o associazioni) e approvate o rese vincolanti da atti della pubblica autorità. 17 Corte giust., 16 maggio 2000, Belgio c. Spagna, cit., cpv. 54; 20 maggio 2003, Consorzio del Prosciutto di Parma, cit., cpv. 48. Produzioni alimentari legate al territorio correnza tra produttori di beni simili nonché a facilitare il conseguimento, da parte [di questi ultimi], di migliori redditi in contropartita di uno sforzo qualitativo reale 18. In tale misura le indicazioni geografiche condividono le finalità generali che caratterizzano il diritto industriale e dei marchi in particolare Strumento di garanzia della qualità dei prodotti legati al territorio, le denominazioni d origine non esauriscono tuttavia la loro funzione nella tutela di interessi economici di carattere privatistico. I titoli di proprietà intellettuale, industriale e commerciale favoriscono lo sforzo creativo, l innovazione e il progresso tecnologico. Le indicazioni geografiche costituiscono, altresì, espressione di identità, valori e significati culturali 20. In tale prospettiva i segni distintivi alimentari appaiono portatori di dati storici e geografici obiettivi. Svolgono un ruolo strumentale alla tutela del patrimonio culturale dei popoli e delle loro conoscenze tradizionali, in quanto manifestazione delle vocazioni e delle tradizioni produttive dunque dell identità di un territorio 21. Il legame tra prodotto e territorio appare, tuttavia, tanto più attenuato quanto 18 Corte giust., 20 maggio 2003, Consorzio del Prosciutto di Parma, cit., cpv. 63, in fine. 19 Corte giust., 17 ottobre 1990, C-10/89, Hag, in Racc., p. I-3711, spec. cpv. 13, che ricorda quasi letteralmente il ragionamento della Corte richiamato nella nota che precede. 20 Cfr. tuttavia D. Gervais, Traditional Knowledge & Intellectual Property: A TRIPS-Compatible Approach, in Michigan State Law Review, 2005, p. 137 ss. 21 V. in generale B. de Witte, Trade in Culture: International Legal Regimes and EU Constitutional Values, in Gráinne de Búrca, J. Scott (eds.), The EU and the WTO Legal and Constitutional Issues, Oxford, Portland Oregon, 2001, p. 237 ss.; G. Coscia, I rapporti fra sistemi internazionali e comunitari sulla protezione delle indicazioni di qualità, in B. Ubertazzi, E. Muňiz Espada (a cura di), Le indicazioni di qualità degli alimenti - Diritto internazionale ed europeo, Giuffrè, 2009, p. 43 ss., in fine. Per un approfondita e critica analisi di tale approccio, cfr. T. Broude, Taking Trade and Culture Seriously: Geographical Indications and Cultural Protection in WTO Law, in com., p. 1-43, che valuta la tutela della cultura attraverso le indicazioni d origine come un ipotesi più prossima al protezionismo culturale che alla protezione della cultura, ibidem, p

35 30 Agreement on Trade-Related Aspects of Intellectual Property Rights (c.d. TRIPs), allegato al Trattato istitutivo dell Organizzazione mondiale del commercio (1994), art : lo si veda al sito ufficiale dell Organizzazione ( comprensivo di una versione integrata con le pronunce dell Organo di soluzione delle controversie. La disciplina dei diritti di privativa nell ambito delle norme sul commercio internazionale sono giustificate, come ricorda il preambolo dell Accordo, dall esigenza di promuovere una protezione effettiva e adeguata di tali diritti, evitando al contempo che l esercipiù indeterminate o delocalizzate sono le caratteristiche che il prodotto deve presentare per il conferimento dell indicazione d origine 22. L estesa e articolata protezione riconosciuta alle indicazioni d origine nell ordinamento comunitario 23 sembra potersi rappresentare come uno strumento di protezione della diversità culturale nazionale e regionale (o territoriale) attraverso la privativa commerciale, in armonia con quanto stabilito dall art. 151 TCE. Il principio di protezione trasversale della cultura che tale norma incorpora 24 risulta internazionalmente rafforzato per effetto della Convenzione sulla protezione e la promozione della diversità delle espressioni culturali, firmata a Parigi il 20 ottobre 2005 ed entrata in vigore, con la partecipazione della Comunità e dei suoi Stati membri, il 18 marzo L art. 20 di tale strumento vincola in effetti i contraenti a tener conto della Convenzione nell interpretazione e nell applicazione degli altri trattati internazionali di cui sono parti La coesistenza e le relazioni tra i vari regimi: normative nazionali e strumenti internazionali. Le indicazioni geografiche fruiscono di forme di protezione differenziate negli ordinamenti nazionali, in funzione delle discipline sostanziali e processuali che le prevedono. Così le indicazioni geografiche possono trovare variabile garanzia nelle norme sulla concorrenza sleale, nelle norme a tutela del consumatore, o in specifiche previsioni di diritto industriale, 22 Cfr. D. Sarti, Segni e garanzie di qualità, in B. Ubertazzi, E. Muňiz Espada (a cura di), Le indicazioni di qualità, p. 112 ss., e infra, n e Cfr. infra, n Cfr. l art. 151, par. 4, TCE: La Comunità tiene conto degli aspetti culturali nell azione che svolge a norma di altre disposizioni del presente trattato, in particolare ai fini di rispettare e promuovere la diversità delle sue culture ; e l analogo disposto dell art. 167 del Trattato sul funzionamento dell Unione, dopo le novelle di Lisbona. 25 La Convenzione è stata adottata sotto gli auspici dell UNESCO: vedila tra gli strumenti giuridici pubblicati nel sito ufficiale dell Organizzazione, org. Sulla bozza di Convenzione, cfr. T. Broude, Taking Trade and Culture Seriously, cit. Produzioni alimentari legate al territorio come avviene nell ordinamento italiano 26, o nel diritto dei marchi, come avviene negli Stati Uniti 27. Possono altresì trovare tutela (indiretta) nelle norme che proibiscono la pubblicità ingannevole L efficacia degli strumenti predisposti dagli ordinamenti nazionali è tuttavia relativa. Tali strumenti hanno un ambito d applicazione limitato dalle frontiere nazionali, secondo il principio di territorialità. I fenomeni di imitazione o appropriazione parassitaria delle indicazioni geografiche da parte dei terzi, al contrario, si verificano prevalentemente al di là delle frontiere del paese di origine del prodotto (interessato alla sua tutela) 29. E alla luce delle considerazioni che precedono l esigenza di garantire un minimo standard di protezione delle indicazioni geografiche attraverso le frontiere nazionali che sono da intendersi le numerose convenzioni internazionali multilaterali (o bilaterali) adottate in materia, nonché le pertinenti disposizioni dell Accordo sugli aspetti della proprietà intellettuale collegati al commercio Cfr. in Italia gli art. 29 e 30 del codice della proprietà industriale (decreto lgs. n. 30 del 2005). 27 Cfr. T. Josling, What s in a Name? The economics, law and politics of Geographical Indications for foods and beverages, IIIS Discussion Paper, 2006, p. 11 s., in 28 Cfr. per esempio gli art. 3 e 4 del decreto lgs. n. 145 del 2007 (attuazione dell art. 14 della direttiva 2005/29/ CE che modifica la direttiva 84/450/CEE sulla pubblicità ingannevole), in GURI n. 207 del 6 settembre Cfr. l Handbook commissionato dalla Commisssione europea allo studio O Connor & Company European Lawyers, Geographical indications and TRIPs: 10 Years Later... A roadmap for EU GI holders to get protection in other WTO Members, p. 1, reperibile in trade.ec.europa.eu/doclib/ html/ htm. 35

36 2.2. Gli strumenti multilaterali non importano in genere armonizzazione né uniformazione delle discipline nazionali in materia di indicazioni geografiche. Più modestamente, essi affermano obblighi, applicabili a tutti gli Stati membri, in materia di trattamento nazionale dei cittadini degli altri Stati contraenti, titolari di diritti di privativa, anche sotto il profilo dell accesso ai procedimenti giurisdizionali 31. Prevedono disposizioni autonome sulla definizione delle indicazioni geografiche e dispongono, soprattutto, che gli Stati medesimi debbano vietare e predisporre rimedi avverso comportamenti privati idonei a pregiudicare l affidabilità delle indicazioni geografiche. Fra questi l impiego di false indicazioni di origine 32, di indicazioni false o ingannevoli 33, ovvero l uso di ogni mezzo nella designazione o presentazione di un bene che indichi o suggerisca un origine geografica diversa da quella effettiva in una maniera idonea a ingannare il pubblico sulla provenienza del bene 34 ; nonché le prassi industriali o commerciali sleali o disoneste, fra le quali l uso di indicazioni idonee a confondere il pubblico circa la natura il processo produttivo o le caratteristiche dei beni 35. Talora una protezione aggiuntiva è prevista rispetto ai titoli di privativa antagonisti, quali i marchi, che consistano di, o rechino, indicazioni idonee a ingannare il pubblico zio dei medesimi costituisca un ostacolo al legittimo commercio. Cfr. A. Lupone, Il dibattito sulle indicazioni geografiche nel sistema multilaterale degli scambi: dal Doha Round dell Organizzazione Mondiale del Commercio alla protezione Trip plus, in B. Ubertazzi, E. Muňiz Espada (a cura di), Le indicazioni di qualità, cit., p. 36, Cfr. per esempio l art. 2 della Convenzione per la protezione della proprietà intellettuale, fatta a Parigi il 20 marzo 1883 e più volte emendata, nonché l art 1, par. 3, del TRIPs. 32 V. art. 10 della Convenzione per la protezione della proprietà intellettuale, cit. 33 V. l art. 1 e l art. 3 bis dell Accordo relativo alla repressione delle indicazioni di provenienza false o fallaci dei prodotti, fatto a Madrid il 14 aprile Art. 22, par. 2, lett. a, e par. 4 del TRIPs. 35 Art. 10bis della Convenzione per la protezione della proprietà intellettuale, richiamato dall art. 22, par. 2, lett. b del TRIPs. Produzioni alimentari legate al territorio circa la vera origine del prodotto 36. Gli Stati parte conservano autonomia circa la scelta dei mezzi per adeguare il proprio ordinamento a tali divieti 37 ; e possono predisporre una tutela maggiore rispetto a quanto previsto dagli strumenti qui sommariamente richiamati, nel rispetto di eventuali clausole di compatibilità Un autonoma menzione merita l Accordo relativo alla protezione delle denominazioni d origine e alla loro registrazione internazionale, fatto a Lisbona il 31 ottobre 1958 e più volte modificato. Esso si distingue dai precedenti in quanto prevede, come recita il titolo, un procedimento di registrazione internazionale delle denominazioni d origine dei vari Stati membri, che può essere attivato a richiesta dagli stessi e a nome delle persone fisiche o giuridiche... titolari del diritto di utilizzo delle denominazioni secondo la loro legislazione nazionale 39. Le denominazioni registrate godono, negli Stati membri, della protezione prevista in modo autonomo dall Accordo 40, che configura uno standard ampio e cumulativo rispetto alle garanzie già previste da altri strumenti internazionali. Ciascuno Stato membro si impegna ad assi- 36 Art. 22, par. 3 del TRIPs. Sulla struttura della disciplina prevista dal TRIPs per le indicazioni geografiche, con particolare riguardo alla tutela accresciuta predisposta a favore delle indicazioni d origine dei vini e dei prodotti alcolici (art. 23) e sulla clausola evolutiva di cui all art. 24, v. G. Contaldi, Il conflitto tra Stati Uniti e Unione europea sulla protezione delle indicazioni geografiche, in B. Ubertazzi, E. Muňiz Espada (a cura di), Le indicazioni di qualità, cit., p. 27, dove ulteriori (spec. p. 53) riferimenti di dottrina e cenni alla prassi recente. 37 Art. 1 del TRIPs. Si vedano anche le numerose disposizioni della Convenzione per la protezione della proprietà intellettuale, che rinviano agli ordinamenti nazionali per le modalità concrete della protezione, talora graduando gli obblighi pattizi secondo alternative che tengano conto dello specifico modo di essere dei primi (ad esempio l art. 9, spec. paragrafo 6). Sulle modalità attraverso le quali l ordinamento della Comunità europea si conforma agli obblighi derivanti dal TRIPs nel settore delle indicazioni geografiche, cfr. G. Coscia, op. cit., p Cfr. l art. 1, par. 1, dell Accordo. 39 Cfr. l art. 5 dell Accordo di Lisbona. 40 Art. 1 dell Accordo di Lisbona. 36

37 curare, alle denominazioni d origine protette dagli altri Stati membri e registrate, tutela contro ogni usurpazione o imitazione, anche se la vera origine del prodotto è indicata o se la denominazione è impiegata in traduzione o s accompagna a espressioni come genere, tipo, maniera, imitazione, et similia A parte l Accordo sugli aspetti della proprietà intellettuale legati al commercio, di cui la Comunità è parte a fianco dei suoi Stati membri 42, tutti gli altri accordi annoverano la partecipazione (limitata) dei soli Stati membri 43. Per ciò che concerne il TRIPs, che annovera, rispetto agli accordi citati, un ampia partecipazione 44, esso condiziona il modo di essere del diritto dell Unione europea solo attraverso l attività normativa delle istituzioni; la sua autonoma rilevanza in sede giurisdizionale è invece, come noto, del tutto recessiva 45. E dunque per il tramite del diritto derivato che gli obblighi internazionali della Comunità, e degli Stati membri assieme, trovano espressione nel mercato unico europeo. L elevato grado di protezione che tale diritto predispone contribuisce, peraltro, ad evitare la frammentazione soggettiva del regime comune che conseguirebbe all applicazione della deroga prevista dall art. 307 TCE a favore degli obblighi internazionali previgenti degli Stati membri Un progresso ulteriore nella disciplina internazionale delle indicazioni geografiche è stato realizzato sovente su base bilaterale, 41 Art. 3 e 4 dell Accordo di Lisbona. 42 La Comunità è membro del WTO e dei suoi accordi plurilaterali a partire dal 1 gennaio La partecipazione della Comunità o dei suoi Stati membri si articola in base a criterio della competenza nelle materie oggetto dell accordo. 43 Così 26 Stati membri partecipano alla Convenzione di Parigi (che annovera 173 Parti contraenti); 14 all Accordo di Madrid (35 Parti contraenti); 10 all Accordo di Lisbona (26 Parti contraenti). 44 L Organizzazione mondiale del Commercio annovera 153 Parti contraenti. 45 Cfr. Corte giust., 9 settembre 2008, C-120/06 e C-121/06, FIAMM c. Consiglio e Commissione, in Racc., p. I-6513; sul problema D. Boni, Accordi OMC norme comunitarie e tutela giurisdizionale, Milano, 2008, spec. p. 262 ss., 330 ss., 372 ss. Produzioni alimentari legate al territorio grazie a una rete di accordi attraverso i quali gli Stati europei maggiormente coinvolti in particolare del centro e sud Europa hanno tentato, sin dai primi decenni del secolo scorso, di esportare, su base di reciprocità, le indicazioni geografiche, e il livello di protezione previsto nel proprio ordinamento, nello Stato di importazione (o di smercio) del medesimo. Tale risultato è conseguito attraverso l applicazione del principio del paese di origine dell indicazione geografica, in sostituzione del principio del paese di importazione cui generalmente si ispirano le convenzioni multilaterali citate. Il riferimento alla disciplina del paese di origine consente di conciliare tollerabili difformità nelle normative nazionali con lo standard di tutela verosimilmente elevato previsto dallo Stato che ha il maggiore interesse nella tutela dell indicazione geografica; e permette di evitare le flessioni nella protezione derivanti, sotto il profilo fattuale, dalla diversa valutazione che i consumatori esteri possono avere dell identità e della reputazione del prodotto 46. La giurisprudenza comunitaria offre vari esempi di tali convenzioni, che a fronte del livello elevato di protezione, e dei conseguenti ostacoli alla circolazione delle merci che comportano, nei rapporti fra Stati membri possono essere applicate solo in quanto compatibili con i principi del mercato interno e con la normativa derivata. Le convenzioni bilaterali degli Stati membri possono interferire con le regole del mercato interno in vario modo: in passato, potevano precostituire il titolo in base al quale un indicazione geografica, originaria di uno Stato membro, viene tutelata in un altro Stato membro 47 ; attualmente possono determinare il contesto giuridico e fattuale nell ambito del quale si inserisce il diritto comunitario, e l applicabilità 46 Corte giust., 10 novembre 1992, C-3/91, Exportur, in Racc., p. I-5529, cpv. 12. Per un esempio di protezione delle indicazioni secondo il principio del paese di origine, v. la Convenzione italo-francese firmata a Roma il 28 aprile 1964 ed evocata nella sentenza Corte giust., 20 maggio 2003, C-469/00, Ravil, in Racc., p. I-5053, cpv. 3 ss. 47 Corte giust., 10 novembre 1992, Exportur, cit.; 37

38 degli istituti da questo previsti è valutata 48. In tempi recenti la rilevanza di tali convenzioni è stata esaminata con riguardo al problema del se la regolamentazione comunitaria che disciplina le indicazioni geografiche abbia, o meno, carattere esaustivo Le indicazioni geografiche nel diritto comunitario. La tutela delle indicazioni geografiche dei prodotti alimentari coinvolge vari settori del diritto dell Unione europea. In primo luogo tale protezione è l oggetto di un ampio corpus normativo adottato nell ambito della politica agricola comune, in origine con riferimento alle denominazioni dei vini, e a partire dagli anni novanta con riferimento altresì alle produzioni alimentari. Tale regolamentazione s ispira agli accordi multilaterali di cui gli Stati membri o la Comunità sono parte, e per vari profili è migliorativa di tali discipline. In secondo luogo le indicazioni geografiche sono oggetto di norme nazionali, autonome o adottate in esecuzione di obblighi pattizi o comunitari; esse sono applicabili, come è noto, nella misura in cui non contrastino con le regole del Trattato sulla libera circolazione delle merci. In tal caso il diritto comunitario s occupa della protezione ma indirettamente, in senso permissivo. La giurisprudenza esamina dunque se la portata del privilegio territoriale di cui godono le indicazioni geografiche sia coperta dalla deroga concernente la tutela della proprietà industriale o commerciale e, in caso positivo, se le modalità della protezione esprimano un adeguato bilanciamento con il principio della libera circolazione delle merci 50. Infine la tutela delle indicazioni geografiche trova spazio e regolamentazione nell ambito dei rapporti commerciali internazionali dell Unione. Per un verso attraverso l attività delle Commissione nell ambito dell Organiz- 48 Per esempio Corte giust., 4 marzo 1999, C-87/97, Consorzio per la tutela del formaggio Gorgonzola, in Racc., p. I-1301, spec. cpv Infra, n V. infra, n. 6. Produzioni alimentari legate al territorio zazione mondiale del Commercio, intesa in essenza a tradurre nella disciplina del TRIPs il sistema di registrazione internazionale, e relative garanzie, vigente nell ordinamento comunitario. Per altro verso, a livello di rapporti bilaterali, l azione dell Unione si esprime nella stipula di accordi sul mutuo riconoscimento delle indicazioni d origine (ma non degli standard di protezione) delle Parti contraenti 51, in applicazione dunque del principio dello Stato di origine; ovvero nella stipulazione di accordi commerciali complessi che dettano, in aggiunta, norme specifiche per il coordinamento della protezione garantita da ciascuna Parte 52. Numerosi accordi comportano una disciplina delle indicazioni geografiche più efficace di quella predisposta, a livello multilaterale, nell ambito dell Organizzazione mondiale del Commercio. 4. I presupposti della tutela. La protezione giuridica prevista dal diritto dell Unione si fonda attualmente su due regolamenti della Comunità relativi, rispettivamente, alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d origine dei 51 Si vedano l Accordo tra la Comunità europa e l Australia sul commercio dei vini, firmato a Bruxelles e a Camberra il 25 e il 31 gennaio 1994, art. 6 (le modalità della protezione delle indicazioni geografiche ricadono nella competenza dello Stato o della Parte di importazione del prodotto, v. art. 3, 6 e 13); l Accordo tra il Canada e la Comunità europea sul commercio dei vini firmato a Niagara-On-The-Lake il 16 settembre 2003; e l Accordo tra la Comunità europea e la Repubblica del Sud Africa sul commercio dei vini, firmato a Paarl SA il 28 gennaio 2002 (ispirato alla medesima disciplina dell Accordo tra la Comunità europea e l Australia). 52 Accordo tra la Comunità europea e gli Stati Uniti sul commercio del vino, firmato a Londra il 10 marzo 2006: oltre al mutuo riconoscimento delle pratiche enologiche rispettive, l accordo prevede che gli Stati Uniti riservino talune denominazioni semi-generiche (quali Champagne, Chianti, Sauterne, Madeira, Marsala, Retsina, Sherry, Tokai, ecc.) ai vini originari della Comunità europea sul mercato statunitense, e che la Comunità europea consenta l impiego, da parte dei vini originari degli Stati Uniti, di talune espressioni precedentemente proibite quali chateau, clos, fine, vintage, ecc.; inoltre le Parti contraenti si impegnano a riconoscere nel rispettivo mercato interno talune denominazioni d origine della controparte. 38

39 prodotti agricoli e alimentari 53, nonché alle specialità tradizionali garantite dei prodotti agricoli e alimentari 54. Una disciplina analoga nei contenuti e nella struttura è oggi prevista nel regolamento relativo all organizzazione comune del mercato vitivinicolo, per quanto riguarda, appunto, i vini 55. Il regolamento n. 510 del 2006, al quale si limita il presente esame, comprende una normativa articolata su vari profili, relativi alla definizione e ai presupposti positivi e negativi delle denominazioni protette; al procedimento comunitario di registrazione delle medesime e alle autorità competenti per i controlli; ai contenuti della protezione a queste conferita, anche in rapporto con altri titoli di privativa Per quanto concerne l identificazione delle indicazioni geografiche, il reg. 510 del 2006 si pone ampiamente in linea di continuità con la disciplina precedente 56. Questa 53 Reg. (CE) n. 510/2006, cit. 54 Reg. (CE) n. 509/2006 del Consiglio del 20 marzo 2006 relativo alle specialità tradizionali garantite dei prodotti agricoli e alimentari, in GUUE L 93 del 31 marzo 2006, p. 1. Le cosiddette STG riguardano un prodotto che si distingue nettamente, in ragione delle sue caratteristiche, da altri prodotti analoghi appartenenti alla stessa categoria, in uso nel mercato comunitario da almeno 25 anni (art. 2). La disciplina del regolamento è sostanzialmente ispirata a quella del reg. 510/2006, salvo per ciò che concerne i contenuti della protezione delle STG, che appaiono notevolmente attenuati e vengono affidati alla normativa adottata dagli Stati membri (art. 17). 55 Cfr. reg. (CE) n. 479/2008 del 29 aprile 2008 relativo all organizzazione comune del mercato vitivinicolo, in GUUE L 148 del 6 giugno 2008, p. 1, art. 34 ss. (per le denominazioni di origine e le indicazioni geografiche) e 54 ss. (per le menzioni tradizionali). Il considerando n. 27 ricorda espressamente che la disciplina della qualità nel settore dei vini è in linea con l impostazione seguita nell ambito della normativa trasversale della qualità applicata [...] ai prodotti alimentari diversi dal vino e dalle bevande spiritose dal reg. (CE) n. 510 del Cfr. C. Dordi, La regolamentazione internazionale del vino: profili rilevanti degli accordi dell Organizzazione mondiale del Commercio, in F. Albisinni (a cura di), Le regole del vino. Disciplina internazionale, comunitaria, nazionale, Milano, 2008, p. 137; R. Mildon, The Reform of the Common Market Organisation for Wine, ibidem, p L. Gonzales Vaqué, L. Gonzales Vaqué, Indications géographiques et appellations d origine: interprétation et mise en œuvre du nouveau règlement n. 510/2006, in Revue droit de l Union eur., 2006, Produzioni alimentari legate al territorio era stata adottata all inizio degli anni 90 57, in coincidenza con due sentenze (i casi Delhaize 58 e Exportur 59 ) in cui la Corte di giustizia, alla luce di un esame comparato degli ordinamenti nazionali, aveva introdotto una prima distinzione fra denominazioni e indicazioni di origine. Mentre le denominazioni di origine intendono garantire che il prodotto provenga da una zona geografica determinata e possieda alcune caratteristiche particolari, derivanti dal territorio di cui è originario e stabilite con atto della pubblica autorità 60, le indicazioni di origine (o di provenienza) hanno, più modestamente, la funzione di attestare l origine geografica del prodotto, senza stabilire un legame necessario (bensì solo eventuale) tra le sue caratteristiche qualitative e l origine territoriale. La regolamentazione attuale preserva e precisa la sostanza di tali aspetti definitori. Agli articoli 2 e 3 il reg. n. 510 delinea i presupposti costitutivi delle denominazioni e delle indicazioni che devono essere soddisfatti ai fini della registrazione. Le denominazioni d origine consistono dunque nel nome di una regione, di un luogo determinato o, in casi eccezionali, di un paese attribuito a un prodotto che, cumulativamente, è originario di tale territorio, le cui qualità o caratteristiche sono dovute essenzialmente o esclusivamente a un particolare ambiente geografico, inclusi i fattori naturali e umani e la cui produzione, trasforp. 795 ss. Il motivo del rinnovamento normativo intervenuto nel 2006 deve individuarsi nell esigenza di sanare taluni profili di contrasto emersi, ed accertati da un panel il 15 marzo 2005, tra la disciplina comunitaria previgente e le norme, su ricordate, dell OMC, in particolare per ciò che concerne pretese discriminazioni (sul piano sostanziale e procedimentale) a carico dei cittadini originari di Stati membri dell OMC: v. G. Contaldi, Il conflitto fra Stati Uniti e Unione europea, cit.; e ampiamente J. Hughes, Champagne, Feta, and Bourbon: The Spirited Debate About Geographical Indications, in Hastings Law Journal, 2006, p. 299, 323 ss. 57 Regolamento (CEE) del Consiglio del 14 luglio 1992, n. 2081, relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d origine dei prodotti agricoli e alimentari, in GUCE L 208, p Corte giust., 9 giugno 1992, C-47/90, Delhaize, in Racc., p. I Corte giust., 10 novembre 1992, Exportur, cit. 60 Corte giust., 9 giugno 1992, Delhaize, cit., cpv

40 mazione e elaborazione avvengono nella zona geografica delimitata. Le indicazioni geografiche si differenziano dalle prime in quanto, salva l attestazione dell origine cui il nome geografico si riferisce, le qualità, reputazione o altre caratteristiche del prodotto possono essere attribuite a tale origine geografica mentre, alternativamente o cumulativamente, la produzione, la trasformazione o l elaborazione del medesimo avvengono nella zona geografica delimitata. Gli elementi indicati devono essere comprovati da un disciplinare, ossia un protocollo contenente gli elementi descrittivi del prodotto, della sua origine e del legame fra le sue caratteristiche qualitative e il territorio 61. A fianco di tali presupposti il regolamento delinea varie condizioni negative od ostative alla registrazione, fra le quali il carattere generico acquisito dalla denominazione; i casi del conflitto e dell omonimia, anche parziale, con una precedente denominazione registrata, ovvero con un marchio già utilizzato rispetto al quale la denominazione possa indurre in errore il consumatore Per avere valore giuridico in tutto il territorio dell Unione la denominazione dev essere registrata. Il procedimento, sebbene unitario, consta di due fasi e autonome, a livello nazionale e comunitario. i) La prima fase si esaurisce nell ordinamento dello Stato membro ove è localizzata la zona 61 Art. 4 del reg. n. 510 del Art. 3 del reg. n. 510 del Per ciò che concerne la volgarizzazione delle denominazioni, l art. 3, par. 1, dispone che le denominazioni divenute generiche non possono essere registrate, precisando che tale situazione ricorre quando il nome di un prodotto, pur collegato al territorio in cui è stato inizialmente prodotto o posto commercializzato, è divenuto il nome comune di un prodotto agricolo o alimentare nella Comunità. La norma va posta sistematicamente in rapporto con l art. 13, par. 2, secondo cui per converso le denominazioni protette non possono diventare generiche. Cfr. in argomento...(azione internazionale per bloccare la volgarizzazione di indicazioni geografiche europee). Per i rapporti tra marchi e denominazioni geografiche, regolate dal principio del preuso, cfr. oltre all art. 3, par. 4 (a tutela del marchio preesistente), l art. 14, par. 1 (a tutela della denominazione preesistente). Produzioni alimentari legate al territorio d origine cui si riferisce la denominazione. Il procedimento prende avvio con la domanda dell associazione o (per le denominazioni relative a zone transfrontaliere) alle associazioni interessate. Lo Stato membro verifica se le condizioni stabilite dal regolamento sono soddisfatte 63. Qualora la valutazione sia positiva, e non vi siano opposizioni ricevibili (che dimostrano, cioè, la sussistenza di una condizione ostativa), lo Stato membro adotta una decisione favorevole. Possono introdurre una domanda, o presentare opposizione solo i soggetti che risiedano o siano stabiliti nello Stato membro 64 (con modulazione di tale regola nel caso di denominazioni relative a zone d origine situate a cavallo di due o più Stati membri o Stati terzi 65 ). La decisione nazionale favorevole, una volta trasmessa alla Commissione, abilita lo Stato interessato ad accordare alla denominazione una protezione transitoria, entro i confini nazionali e sotto la responsabilità esclusiva del medesimo qualora l esito del procedimento comunitario sia negativo. ii) Con la trasmissione della decisione favorevole alla Commissione a cura dello Stato membro prende avvio la seconda fase. Nel caso in cui la domanda di registrazione riguardi una zona di origine situata in un paese terzo, gli interessati possono trasmetterla alla Commissione direttamente ovvero (come nella disciplina previgente) attraverso le autorità del paese terzo riguardato. Il procedimento di valutazione della Commissione presenta una dimensione comunitaria e talune specificità rispetto a quello che si svolge a livello nazionale. Possono infatti presentare opposizione gli (altri) Stati membri o i 63 Cfr. art. 7, par. 3, del reg. n. 510 del 2006, che alle condizioni già previste dagli art. 2 e 3 del reg., aggiunge l ipotesi del pregiudizio all esistenza di prodotti che si trovano già legalmente sul mercato in uno Stato membro diverso dallo Stato di origine della denominazione (lett. c). 64 Art. 5 del reg. n. 510 del V. art. 16, lett.. d, del reg. n. 510 del 2006 e art. 12 del reg. (CE) n. 1898/2006 della Commissione, del 14 dicembre 2006, recante modalità di applicazione del reg. (CE) n. 510/2006, in GUUE L 369 del 23 dicembre 2006, p

41 paesi terzi ovvero ogni persona interessata che sia stabilita o risieda in uno Stato membro o in un paese terzo 66. Se l opposizione è ricevibile, la Commissione invita le parti che si contrappongono ad avviare consultazioni allo scopo di pervenire a un accordo; e in caso negativo adotta una decisione secondo una procedura aggravata 67. Qualora l esame della domanda dia risultato favorevole e non vi siano opposizioni ricevibili, la Commissione registra la denominazione; questa è conservata a cura della Commissione in un registro aggiornato delle denominazioni di origine protette e delle indicazioni geografiche protette 68. iii) La giurisprudenza ha precisato il contenuto di ciascuna fase del procedimento in una spirito di sussidiarietà. E stato così riconosciuto che gli accertamenti di fatto e le qualificazioni giuridiche necessarie ai fini della registrazione devono essere svolte dallo Stato membro territoriale, cui spetta altresì promuovere la fase comunitaria del procedimento: tale sistema di ripartizione delle competenze si spiega in particolare con la circostanza che la registrazione presuppone la verifica che un certo numero di requisiti sono soddisfatti, il che richiede, in larga parte, conoscenze approfondite di elementi particolari dello Stato membro interessato, elementi che possono essere meglio verificati dalle autorità competenti di tale Stato 69. Per converso alla 66 Art. 7, par. 1 e 2 del reg. n. 510 del Cfr. per esempi di opposizioni sollevate dagli Stati membri nel procedimento di registrazione della denominazione di origine greca Feta, in considerazione del preteso carattere generico acquisito dal termine in taluni Stati membri, v. Corte giust., 16 marzo 1999, C-289/96, C-293/96 e C-299/96, Danimarca e altri c. Commissione, in Racc., p. I-1541; 25 ottobre 2005, C-465/02 e C-466/02, Germania e Danimarca c. Commissione, in Racc., p. I-9115; o con riferimento al procedimento di registrazione dell indicazione geografica Bayerisches Bier (birra bavarese), in considerazione dell esistenza di marchi contenenti il termine Bayerisches, che avrebbe peraltro asssunto un carattere generico, Corte giust., 2 luglio 2009, C-343/07, Bavaria, non ancora pubblicata in Racc. 67 Art. 15, par. 2, del reg. n. 510 del 2006, che prevede l intervento di un procedimento intergovernativo. 68 Art. 7, par. 6, del reg. n. 510 del Corte giust., 6 dicembre 2001, C-269/99, Kühne, in Produzioni alimentari legate al territorio Commissione compete soltanto un semplice esame formale per verificare se i requisiti posti dal regolamento sono soddisfatti 70. La natura comunitaria del procedimento, nel quale è integrata la fase nazionale 71, implica peraltro che in ossequio al principio della tutela giurisdizionale effettiva gli interessati debbano poter disporre, dinanzi ai giudici nazionali, di adeguati mezzi di ricorso avverso gli atti dell autorità nazionale che possano incidere sui diritti che derivano ai terzi dal diritto comunitario. A fronte del margine di valutazione limitato o inesistente di cui dispongono le istituzioni comunitarie, e dell ampia competenza di cui dispongono, per contro, le autorità dello Stato membro negli accertamenti relativi alla domanda di registrazione, l onere del controllo giurisdizionale è dislocato essenzialmente nelle mani delle giurisdizioni nazionali. Pertanto è compito dei giudici nazionali statuire sulla legittimità di una domanda di registrazione di una denominazione [...], conformemente alle modalità di controllo giurisdizionale applicabili a qualsiasi atto definitivo [...] e di conseguenza considerare ricevibile il ricorso proposto a questo scopo, anche se le norme procedurali nazionali non lo prevedono in un caso del genere 72. iv) La primazia dello Stato di origine del nome geografico riverbera peraltro, al di là dei Racc., p. I-9517, cpv. 53, con riferimento ad una domanda pregiudiziale relativa alla validità del regolamento mediante il quale la Commissione aveva registrato come indicazione geografica protetta ( Spreewälder Gurken ) le conserve di cetriolini coltivati nel terreno alluvionale della valle dello Sprea, regione situata a sud di Berlino. Tale questione era stata sollevata dal giudice di Amburgo, su richiesta della società Jütro, sita all esterno dell area geografica dell IGP e convenuta in un procedimento inibitorio promosso dalla Kühne avverso l impiego, da parte della prima, dell indicazione «Spreewälder Art» (cetrioli alla maniera dello Spreewald). 70 Corte giust., 6 dicembre 2001, Kühne, cit., cpv Corte giust., 8 settembre 2009, C-478/07, Budĕjovický Budvar, non ancora pubblicata in Racc., cpv. 117: Le procedure nazionali di registrazione sono [...] integrate nella procedura nazionale comunitaria. 72 Corte giust., 6 dicembre 2001, Kühne, cit., cpv. 57 e 58; 2 luglio 2009, C-343/07, Bavaria, non ancora pubblicata in Racc., cpv. 56 e

42 profili procedurali legati alla registrazione, sul piano del riparto delle competenze orizzontali fra Stati membri per ciò che concerne la tutela dell indicazione geografica. Secondo la Corte che rigetta sul punto un ricorso per inadempimento portato dalla Commissione contro la Germania anche la responsabilità dei controlli pubblicistici, o di polizia amministrativa, relativi alla protezione giuridica dell indicazione compete, in via di principio, allo Stato di origine di questa. Non invece allo Stato di importazione e di smercio, come sostenuto dalla Commissione, il quale deve però approntare nel proprio ordinamento strumenti di tutela effettiva dei diritti che i singoli traggono dal regolamento comunitario 73. La Corte ha fondato tale conclusione, conforme ai principi generali del mercato interno, sull interpretazione letterale e sistematica del regolamento previgente e sulla constatazione che la Commissione non aveva dimostrato che gli strumenti di garanzia predisposti dalla Germania norme sulla concorrenza sleale, norme sulla tutela dei marchi e altri segni distintivi, con riconoscimento di un ampia legittimazione ad agire dei singoli interessati, produttori, concorrenti, associazioni dei consumatori non siano idonee a tutelare la denominazione di un altro Stato membro Contenuto e limiti della tutela. Per effetto della registrazione solo gli operatori che commercializzano prodotti conformi al disciplinare possono utilizzare la denominazione corrispondente 75. Il regolamento assicura alla denominazione registrata una tutela intensa e quasi assoluta nell intero territorio dell Unione, per taluni aspetti esaurendo l ambito di discrezionalità del legislatore tracciato dalla Corte nella sua 73 Corte giust., 26 febbraio 2008, C-132/05, Commissione c. Germania, in Racc., p. I-957, cpv. 73 ss. 74 Corte giust., 26 febbraio 2008, Commissione c. Germania, cit., cpv. 80. Sulla scelta della Corte, cfr. M. Cian, Le indicazioni di qualità, cit., p. 199 s., anche per analogie con la situazione italiana. 75 Art. 8 del reg. n. 510 del Produzioni alimentari legate al territorio giurisprudenza fondativa 76. I titolari possono infatti impedire ai terzi impieghi commerciali che abbiano lo scopo di sfruttare indebitamente o usurpare la reputazione del prodotto, o che si avvalgano di indicazioni false o ingannevoli, o che abbiano comunque l effetto di indurre in errore il consumatore 77. Gli strumenti di tutela concretamente utilizzabili (azione inibitoria, azione di nullità, azione di risarcimento, ad esempio) devono essere rintracciati nell ordinamento nazionale, salvi i principi del diritto comunitario. La giurisprudenza conferma, in sede applicativa, il carattere ampio della tutela, che risponde sul piano interpretativo al principio di effettività. La Corte ha ritenuto, in una controversia sorta in Austria concernente l uso del marchio Cambozola, riferito a un formaggio a pasta molle di origine tedesca, che 76 Corte giust., 10 novembre 1992, Exportur, cit., cpv. 14, in cui la Corte si pronuncia peraltro con riferimento alla disciplina (assai) protettiva di indicazioni geografiche posta da una convezione bilaterale franco-spagnola, ritenuta compatibile con il sistema del Trattato. 77 L art. 13 par. 1 tutela le denominazioni registrate contro a) qualsiasi impiego commerciale diretto o indiretto di una denominazione registrata per prodotti che non sono oggetto di registrazione, in quanto comparabili ai prodotti registrati ovvero in quanto sfruttino la reputazione della denominazione registrata; b) qualsiasi usurpazione imitazione o evocazione, anche se l origine vera del prodotto è indicata, o se la denominazione protetta è una traduzione o è accompagnata da espressioni quali genere, tipo, metodo, alla maniera e simili; c) qualsiasi altra indicazione falsa o ingannevole relativa alla provenienza all origine ecc. usata nella confezione, nell imballaggio, nel condizionamento o nella pubblicità; d) qualsiasi altra prassi che possa indurre in errore il consumatore. Sulle implicazioni internazionali di tale rigorosa disciplina, cfr. Irene Calboli, Expanding the Protection of Geographical Indications of Origin Under TRIPS: Old Debate or New Opportunity?, in Marquette University Law School Legal Studies, Research Paper Series, Research Paper No , 2006, p , p. 200 ss. Per evitare che la registrazione di una denominazione finisca per ingessare le attività produttive e per impedire lo sviluppo di altre iniziative economiche, M. Cian (Le indicazioni di qualità dei cibi nella UE: il contenuto della tutela, in B. Ubertazzi, E. Muňiz Espada (a cura di), Le indicazioni di qualità, cit., p. 191, 197 s.) ha proposto una lettura non estensiva della norma, e della nozione di sfruttamento della reputazione, in quanto riferita a prodotti non comparabili originari della zona di produzione. 42

43 potesse sussistere il rischio di evocazione della denominazione di origine italiana Gorgonzola registrata ai sensi del regolamento, pur in mancanza di qualsiasi rischio di confusione e sebbene nessuna tutela comunitaria si applichi ai singoli elementi della denominazione di riferimento 78. Tale approccio è stato ribadito, e ulteriormente rafforzato, in una controversia che opponeva la denominazione parmesan alla denominazione di origine protetta Parmigiano Reggiano. La Corte, pur senza affermare esplicitamente che la tutela della denominazione registrata si estende in quanto tale ai singoli elementi di cui si compone, e senza chiarire se la tutela riguardi altresì la traduzione del termine contenuto nella denominazione, ha ammesso che l uso dell espressione (tedesca) parmesan costituisse un evocazione (vietata) della denominazione Parmigiano Reggiano. Tale conclusione è stata raggiunta, ancora una volta, con riguardo alle circostanze fattuali in cui si era posta la questione, ossia alla sussistenza di una similarità nell aspetto esterno dei prodotti, associata ad analogie fonetiche e ottiche fra le due denominazioni, e ad una somiglianza concettuale tra i due termini, pur di due lingue diverse. Invero tale somiglianza, come già le somiglianze fonetiche e ottiche, è idonea a indurre il consumatore a prendere come immagine di riferimento il formaggio recante la DOP Parmigiano Reggiano quando si trova dinanzi ad un formaggio a pasta duro, grattuggiato o da grattuggiare, recante la denominazione parmesan Corte giust., 4 marzo 1999, Consorzio per la tutela del formaggio Gorgonzola, cit., cpv. 26. Secondo la Corte trattandosi di un formaggio a pasta molle erborinato il cui aspetto esterno presenta analogie con quelle del formaggio Gorgonzola, sembra legittimo ritenere che vi sia evocazione di una denominazione protetta qualora la parola utilizzata per designarlo termini con le due medesime sillabe della detta denominazione e ne comporti il medesimo numero di sillabe, risultandone una similarità fonetica ed ottica manifesta tra i due termini. La Corte ha dato anche risalto al fatto che, a partire da un documento pubblicitario dell impresa titolare del marchio, l analogia fonetica fra le due denominazioni non [pareva] frutto di circostanze fortuite (cpv. 27 e 28). 79 Corte giust., 26 febbraio 2008, Commissione c. Germania, cit., cpv Produzioni alimentari legate al territorio 5.1. Per effetto della registrazione la denominazione è posta al riparo da eventuali fenomeni di volgarizzazione 80. Inoltre la denominazione registrata preclude la successiva domanda di registrazione di un marchio, concernente lo stesso tipo di prodotto, che possa ledere le garanzie di cui è circondata la stessa, e determina la nullità dei marchi registrati nonostante tale preclusione 81. Tale disposizione equipara la natura della protezione assicurata alle denominazioni o indicazioni geografiche a quella dei marchi; e sembra giustificare l opinione di quanti valutano la tutela delle indicazioni geografiche addirittura superiore a quella dei marchi, tenuto conto dei presupposti che si accompagnano alla titolarità di tale ultimo tipo di diritti di privativa 82. Peraltro, e a temperamento del carattere assoluto della protezione delle denominazioni, talune tutele sono assicurate ai diritti dei terzi in buona fede, tutele che implicano delicati bilanciamenti di natura fattuale e giuridica. In primo luogo i terzi possono utilizzare il nome contenuto in una denominazione registrata se questo è considerato generico, nonostante la corrispondenza dei prodotti agricoli o alimentari riguardati, senza che i titolari della denominazione registrata possano invocare le prerogative conferite dal regolamento 83. Da questa disposizione la Commissione desume, a contrario, che la protezione si estende anche ai singoli termini che compongono la denominazione salvo che, appunto, siano 80 Secondo l art. 13, par. 2, Le denominazioni protette non possono diventare generiche. 81 Art. 14, par. 1, del reg. n. 510 del Cfr. nella dottrina italiana, M. Cian, Le indicazioni di qualità, cit., p. 195; D. Sarti, Segni e garanzie di qualità, cit., p. 124; nella dottrina straniera, D. Gangjee, Quibbling Siblings: Conflicts between Trademarks and Geographical Indications, in Chicago-Kent Law Review, 2007, passim e in id= , secondo cui Despite their apparent functional similarity to trademarks, Gis are ontologically distinct beasts (...). These considerations results in a sui generis GI protection framework which has relatively stronger levels of producer protection when compared to trademark law. 83 Art. 13, par. 1, co. 2 del reg. n. 510 del

44 divenuti generici 84. In secondo luogo le denominazioni non registrate e preesistenti, che siano fondate su usi leali, costanti e soddisfino talune condizioni cumulative, possono essere autorizzate dalla Commissione su domanda e con procedura aggravata, per un periodo di quindici anni, anche se siano identiche alla denominazione registrata 85. Infine, e ancora in conformità con il principio del preuso (first in time, first in right), l utilizzo di un marchio depositato, registrato o acquisito con l uso in buona fede sul territorio comunitario può proseguire, anche dopo la registrazione della denominazione o dell indicazione geografica, a condizione che il marchio esista anteriormente alla data di protezione della denominazione o dell indicazione geografica nel paese di origine, e che il marchio stesso non incorra in nullità o decadenza per i motivi previsti dagli strumenti comunitari pertinenti Nel contenzioso comunitario il problema del carattere generico della denominazioni d origine o dell indicazione geografica è immancabilmente invocato, come mezzo difensivo o offensivo, avverso il privilegio che alle prime si accompagna. Tale carattere è conseguenza del successo e della diffusione di un segno indicativo dell origine del prodotto 87 : attraverso l impiego diffuso, esso perde il suo significato geografico e acquisisce un diverso significato, basato sulle qualità non geografiche del prodotto, come accade quando i parigini vanno al ristorante cinese negli Champs-Elysées, o a distanza di nove fusi orari, quando i californiani ordinano le French fries con un hamburger 88. Come si è vi- 84 Cfr. Corte giust., 26 febbraio 2008, Commissione c. Germania, cit., cpv Art. 13, par. 4 del reg. n. 510 del Art. 14, par. 2 del reg. n. 510 del Sull attuale approccio dell Unione europea rivolto al recupero di denominazioni considerate generiche negli Stati Uniti, cfr. da ultimo D. Snyder, Enhanced Protections for Geographical Indications Under TRIPs: Potential Conflict Under the U.S. Constitutional and Statutory Regimes, in Fordham Intell. Prop. Media & Ent. L.J., 2008, p ss. (e in 88 J. Hughes, J. Hughes, Champagne, Feta, and Bourbon, cit., p Secondo la Corte per quanto concerne un IGP, una de- Produzioni alimentari legate al territorio sto il carattere generico di una denominazione ne preclude la registrazione, mentre la volgarizzazione di un termine fra quelli registrati che compongono la denominazione comporta la facoltà di impiego del termine stesso per prodotti agricoli o alimentari corrispondenti. Come si ricorderà, già nel seminale caso Exportur la Corte aveva ammesso che una convenzione franco-spagnola potesse estendere, su base bilaterale, la tutela delle indicazioni geografiche prevista da una Parte contraente all altra Parte, purché tali indicazioni non [avessero] acquistato, al momento dell entrata in vigore della convenzione o in un momento successivo, natura generica nello Stato d origine, e che tale estensione condizionata era giustificabile alla luce del principio della libera circolazione delle merci 89. Il regolamento n. 510 precisa che si ha volgarizzazione quando una denominazione, già collegata col nome del territorio di cui il prodotto è originario, è divenuta successivamente il nome comune di un prodotto agricolo o alimentare nella Comunità. Profilo cruciale nell accertamento del carattere generico di una denominazione è l individuazione dei mezzi di prova a tal scopo utilizzabili; l art. 3, par. 1, del regolamento fornisce al riguardo sommarie indicazioni, prescrivendo che nello svolgimento dell esame si tiene conto di tutti i fattori, in particolare [..] della situazione esistente negli Stati membri e nelle zone di consumo [e] delle pertinenti legislazioni nazionali o comunitarie La giurisprudenza valuta conseguentemente in maniera estensiva le categorie di dati rilevanti per accertare la genericità di una denominazione 90, e ha talora annullato le reginominazione diventa generica solo se il nesso diretto tra, da un lato, l origine geografica del prodotto e, dall altro, una qualità determinata dello stesso, la sua reputazione o un altra caratteristica del medesimo, attribuibile a detta origine, sia scomparsa e la sua denominazione descriva ormai soltanto un genere o un tipo di prodotti : sentenza 2 luglio 2009, Bavaria, cit., cpv Corte giust., 10 novembre 1992, Exportur, cit., cpv Trib. primo grado, 12 settembre 2007, T-291/03, Consorzio per la tutela del formaggio Grana Padano c. Ufficio 44

45 strazioni conseguite senza che l autorità competenza avesse tenuto conto dei fattori essenziali indicati dal regolamento 91 eventualmente integrati in via interpretativa 92. Benché il divieto di registrare denominazioni generiche o divenute tali [sia] generale e incondizionato 93, la prassi rivela come la dimostrazione del carattere generico della denominazione, proprio in considerazione della quantità e della complessità degli elementi di fatto rilevanti, costituisce uno scoglio probatorio notevole, quando non insormontabile, per gli Stati membri e i terzi interessati 94. Ad esempio nel caso Germania e Danimarca c. Commissione, che conclude la più complessa controversia sul preteso carattere generico di una denominazione, la Corte ha escluso che il nome Feta, registrato a livello comunitario per l armonizzazione nel mercato interno (UAMI), in Racc., p. II-3081, cpv , che fornisce una sintesi dei dati ritenuti pertinenti nella prassi giurisprudenziale; ciò in occasione di un ricorso, promosso dal Consorzio nominato, contro la sentenza che, nell ambito del contenzioso sulla validità del marchio Grana Biraghi per contrasto con le denominazioni d origine e i marchi precedenti Grana e Grana Padano, aveva ritenuto che il termine grana era generico, nonché descrittivo di una qualità dei formaggi in oggetto. Nella sentenza del 26 febbraio 2008, Commissione c. Germania, cit., la Corte ha ricordato, più concisamente, che nel valutare la genericità di una denominazione occorre prendere in considerazione [...] i luoghi di produzione del prodotto considerato sia all interno sia al di fuori dello Stato membro che ha ottenuto la registrazione della denominazione in oggetto, il consumo di tale prodotto e il modo in cui viene percepita dai consumatori la sua denominazione all interno e al di fuori del detto Stato membro, l esistenza di una normativa nazionale specifica relativa al detto prodotto, nonché il modo in cui la detta denominazione è stata utilizzata nella legislazione comunitaria (cpv. 53). 91 Corte giust., 16 marzo 1999, C-289/96, C-293/96, C-299/96, Danimarca e Germania c. Commissione, in Racc., p. I Trib. primo grado, 12 settembre 2007, Consorzio per la tutela del formaggio Grana Padano c. Ufficio per l armonizzazione nel mercato interno (UAMI), cit., il quale annulla la sentenza della commissione di ricorso in materia di marchi per non aver l organo giurisdizionale preso in considerazione i criteri espressi dalla giurisprudenza comunitaria (cpv. 69). 93 Corte giust., 16 marzo 1999, Danimarca e Germania c. Commissione, cit., cpv Corte giust., 28 febbraio 2008, Commissione c. Germania, cit., cpv. 57; Produzioni alimentari legate al territorio come denominazione di origine di una parte del territorio greco, avesse carattere generico, sebbene il nome del formaggio in questione derivasse dall italiano fetta, il formaggio stesso presentasse un ampia e precedente diffusione nei Balcani sotto altra denominazione e fosse da molto tempo regolarmente prodotto e commercializzato in vari Stati membri (Germania, Francia e Danimarca) con la stessa denominazione 95. Per raggiungere tale soluzione essa si è basata su vari elementi, quali la preponderanza del consumo comunitario di tale formaggio in territorio greco, la percezione dei consumatori greci secondo cui il nome feta avrebbe connotazione geografica e non generica, il fatto che negli altri Stati membri il feta sarebbe commercializzato con etichette che richiamano le tradizioni culturali e la civiltà greche, e infine, sotto il profilo normativo, il fatto che in Danimarca la produzione e il commercio di feta danese suggerissero che la denominazione feta senza ulteriore qualificazione ha mantenuto la sua connotazione greca La protezione delle indicazioni geografiche in deroga alla libera circolazione delle merci. La protezione dei segni geografici da parte del diritto nazionale può pacificamente comportare un pregiudizio alla libera circolazione delle merci nel mercato unico europeo, ai sensi degli articoli 28 e 29 del Trattato 97, nella misura in cui ostacola il commercio dei prodotti non riconducibili all area di origine della denominazione (anche a prescindere, come detto, da un rischio di confusione del consumatore). La struttura del sistema di protezione su base territoriale può determinare altresì effetti discriminatori. Tale trattamento deteriore concerne (normalmente) i prodotti degli altri Stati membri, nella misura in cui solo i prodotti nazionali originari della zona delimitata posso- 95 Corte giust., 25 ottobre 2005, C-465/02 e C-466/02, Germania e Danimarca c. Commissione, in Racc., p. I Corte giust., 25 ottobre 2005, Germania e Danimarca c. Commissione, cit., cpv Cfr. L. Daniele, Diritto del mercato unico europeo, Milano, 2006, p. 59 ss. spec

46 no beneficiare del segno distintivo 98. Ma può concernere anche i prodotti nazionali, configurando un ostacolo all esportazione di questi, quando implichi un regime asimmetrico di circolazione interna ovvero internazionale in relazione ai medesimi prodotti 99. In ragione dei descritti effetti restrittivi sulla libera circolazione delle merci, la tutela delle indicazioni geografiche può essere ammessa solo se giustificata da motivi di tutela della proprietà industriale o commerciale (art. 30 del Trattato). E richiesto allora che la tutela sia idonea alla salvaguardia dei diritti che costituiscono l oggetto specifico di detta proprietà 100, ossia, nel linguaggio della Corte, tenuto conto della peculiarità dei segni geografici in esame, sia necessaria (e proporzionata) rispetto allo scopo di garanzia dell origine e della qualità del prodotto Una prima linea giurisprudenziale si è occupata della protezione accordata dagli Stati membri ai segni distintivi che non comportano uno specifico riferimento all origine del prodotto, bensì un generico riferimento geografico. Secondo la Corte tali segni (c.d. segni di qualità) non rientrano nella deroga relativa alla proprietà industriale e commerciale, poiché mirano semplicemente a garantire la qualità dei prodotti agli occhi del consumatore, o a promuovere il consumo di specialità tradizionali. Si è così ritenuto, ad esempio, che la disciplina francese che subordina il commercio dei prodotti francesi provenienti da zone montane al conferimento amministrativo dell appellativo montagna, senza esigere che tali prodotti siano riconducibili a zone montane determinate, contrasta con l art. 28 del Trattato e non è coperto dalla deroga di cui all art. 30 in quan- 98 V. per un illustrazione più articolata, Corte giust., 10 novembre 1992, Exportur, cit., cpv Corte giust., 9 giugno 1992, Delhaize, cit., cpv ; 16 maggio 2000, Belgio c. Spagna, cit., cpv , in relazione all obbligo, posta dall ordinamento spagnolo, dell imbottigliamento all interno della zona di produzione Rioja del vino che voglia fregiarsi dell appellativo denominación de origen calificada Rioja, ma con possibilità di circolazione del vino sfuso solo all interno della zona delimitata dell origine. 100 Corte giust., 10 novembre 1992, Exportur, cpv Produzioni alimentari legate al territorio to tale segno non può essere qualificat[o] alla stregua di un indicazione di provenienza 101. Ne risulta che affinché le indicazioni geografiche possano avvalersi della deroga ex art. 30 è imprescindibile il collegamento del segno con una specifica realtà territoriale Tanto severa è la Corte nei confronti delle normative nazionali che non esprimono segni legati al territorio, quanto permissiva nei confronti degli ostacoli alla circolazione dei prodotti posti in essere dalla disciplina nazionale che tutela sotto la copertura del diritto derivato denominazioni di origine o indicazioni di provenienza in senso proprio. Il problema che si è posto recentemente alla giurisprudenza è relativo a quali operazioni, inerenti ai prodotti tutelati, possano essere riservate alle imprese stabilite nella zona di origine del prodotto, e quali invece debbano essere consentite ai terzi che esportano e commercializzano il prodotto originale. Il problema, insomma, di individuare un adeguato punto di equilibrio fra la tutela della privativa e le esigenze della libera circolazione delle merci. In tale settore la Corte non sembra dare rilievo a distinzioni relative alla categoria (produzione, condizionamento, modalità di vendita o di impiego del prodotto) in cui l operazione si colloca 102, come invece nell ambito applicativo 101 Corte giust., 7 maggio 1997, C-321/94, C-322/94, C-323/94, C-324/94, Pistre, in Racc., p. I-2343, cpv. 53; 5 dicembre 2000, C-448/98, Guimont, in Racc., p. I (divieto francese di produzione e messa in commercio di un formaggio privo di crosta con la denominazione Emmenthal); 5 novembre 2002, C-325/00, Commissione c. Germania, in Racc., p. I-9977 (il marchio di qualità - Markenqualitat aus deutschen Landen - conferito ai prodotti tedeschi che presentino determinati requisiti qualitativi, siano prodotti in Germania con materie prime sia tedesche che importate, non può in alcun caso essere considerat[o] come un indicazione geografica che possa essere giustificata in base all art. [30] del Trattato, cpv. 27). 102 Corte giust., 16 maggio 2000, Belgio c. Spagna, cit., cpv. 49: Ai fini della soluzione della presente controversia occorre non tanto stabilire se si debba considerare come una fase del procedimento d elaborazione di un vino che può fruire di una «denominación de origen calificada» il suo imbottigliamento nella regione di produzione, quanto piuttosto valutare i motivi per cui, 46

47 generale dell art. 28 del Trattato 103 e del diritto derivato 104. Coerentemente con la teoria dell oggetto specifico della privativa, la Corte utilizza piuttosto un criterio di tipo finalistico. Possono restare nella potestà esclusiva delle imprese titolari della denominazione (o indicazione) d origine, senza dar adito a dubbi di protezionismo alimentare, tutte le operazioni che sono suscettibili di incidere in modo peggiorativo sulla qualità, e dunque sulla reputazione, del prodotto qualora lasciate all intervento dei terzi. In punto di proporzionalità, peraltro, la Corte non s accontenta di valutare se esistano strumenti alternativi ed efficaci di tutela, però meno ostativi alla circolazione delle merci. Richiede, invece, che i mezzi alternativi siano idonei a garantire o a preservare la migliore qualità del prodotto, enfatizzando in tale prospettiva le indicazioni legislative risultanti dai regolamenti comunitari 105. È soprattutto in punto di qualificazione degli elementi fattuali che la giurisprudenza esprime un atteggiamento permissivo 106, ispirato a una particolare sensecondo il governo spagnolo, tale operazione dev essere effettuata nella regione di produzione. Infatti, la condizione controversa può essere considerata conforme al Trattato malgrado i suoi effetti restrittivi sulla libera circolazione delle merci solo ove detti motivi siano di per sé idonei a giustificarla. 103 Cfr. L.W. Gormley, The Definition of Measures Having Equivalent Effect, in A. Arnull, P. Eeckhout & T. Tridimas (eds.), Continuity and Change in EU Law, Essays in Honour of Sir Francis Jacobs, Oxford, 2008, p. 189 ss. 104 Cfr. reg. n del 2006, cit., art. 8, che prescrive un obbligo di specifica motivazione della restrizione alla libera circolazione delle merci e dei servizi qualora l associazione richiedente stabilisca nel disciplinare che il condizionamento del prodotto agricolo o alimentare debba avvenire nella zona geografica delimitata. 105 Corte giust., 16 maggio 2000, Belgio c. Spagna, cit., cpv V., con riguardo al se l obbligo di imbottigliamento del vino nella regione di produzione costituisca un requisito indispensabile a garantire la qualità del prodotto tutelato, Corte giust., 9 giugno 1992, Delhaize, cit. (che conclude in senso negativo, poiché non era stato provato che l ubicazione delle attività di imbottigliamento sia di per sé atta a incidere sulla qualità del vino, cpv. 23); 16 maggio 2000, Belgio c. Spagna, cit. (che conclude in senso positivo, dopo una dettagliata analisi delle caratteristiche della disciplina del vino di qualità in esame: Pertanto, occorre riconoscere che la condizione Produzioni alimentari legate al territorio sibilità per le esigenze di qualità dei prodotti, a dispetto della torsione che tale approccio arreca a uno dei fondamenti del mercato comune. In concreto i requisiti che devono cumulativamente sussistere affinché le operazioni di intervento sul prodotto possano restare in via esclusiva nella responsabilità delle imprese della zona d origine, ad esclusione di tutte le altre imprese europee, e possano essere opposte a queste ultime, sono molteplici. In punto di forma, le operazioni di cui si tratta devono essere previste dal disciplinare, e questo deve risultare adeguatamente accessibile alle imprese degli altri Stati membri 107 ; in punto di sostanza, le operazioni devono contribuire sensibilmente a preservare, attraverso la specificità tecnica dei controlli cui il prodotto è assoggettato, la qualità del medesimo. Per converso la Corte ha dato sinora rilevanza non decisiva alla possibilità di decentrare, in modo altrettanto efficace, i controlli specialistici al di fuori della zona di produzione (considerando tale delocalizzaziocontroversa, la quale è diretta a preservare la notevole reputazione del vino Rioja potenziando il controllo delle sue caratteristiche particolari e della sua qualità, è giustificata come misura di tutela della «denominación de origen calificada» di cui gode la collettività dei produttori interessati e che per essi riveste un importanza decisiva, cpv. 75); con riguardo al se l obbligo di effettuare la grattuggiatura e il confezionamento del formaggio Grana Padano nella zona di produzione contribuisca in modo decisivo a preservare la qualità del medesimo, Corte giust., 20 maggio 2003, Ravil, cit. (che conclude in modo positivo, cpv. 48 ss., spec. 52 ss.); con riguardo al se l obbligo di affettamento e confezionamento del Prosciutto di Parma nella zona di produzione sia giustificata a preservazione della qualità e della reputazione del prodotto, Corte giust., 20 maggio 2003, Consorzio del Prosciutto di Parma, cit. (che conclude in senso positivo: cpv. 65 ss., spec. 78: Pertanto, la condizione di affettamento e di confezionamento nella zona di produzione, la quale è diretta a preservare la reputazione del prosciutto di Parma potenziando il controllo delle sue caratteristiche particolari e della sua qualità, può essere considerata giustificata come misura di tutela della DOP di cui beneficia la collettività degli operatori interessati e che riveste per questi ultimi un importanza decisiva ). 107 Corte giust., 20 maggio 2003, Ravil, cit., cpv ; Corte giust., 20 maggio 2003, Consorzio del Prosciutto di Parma, cit., cpv

48 ne difficilmente concepibile 108 ); né ha ritenuto dirimente, a dimostrazione del carattere non necessario della restrizione, il fatto che almeno in talune ipotesi il trattamento del prodotto non viene necessariamente effettuato (come nel caso del consumo al dettaglio o nei luoghi di ristorazione) nella zona di produzione. In modo alquanto contraddittorio la Corte ha ritenuto che, in tali ipotesi, l accertamento dell origine del prodotto permanga nel controllo (eventuale) del consumatore 109. Infine, distanziandosi dall approccio adottato con riguardo alle generiche produzioni tradizionali (quali la birra tedesca ) non coperte da garanzie comunitarie, la Corte ha ritenuto che un mezzo altrettanto efficiente (e meno restrittivo) non potesse essere ravvisato in un obbligo di adeguata etichettatura che permetta al consumatore di essere informato del fatto che il trattamento o alcune fasi del trattamento del prodotto sono svolti fuori dalla zona di produzione Il carattere esauriente della disciplina comune e la possibile protezione complementare prevista dal diritto nazionale. Un ultimo e cruciale problema di cui si è occupata la giurisprudenza, con esiti non lineari e ancora in evoluzione, è relativo al se la disciplina delle denominazioni che discende dal regolamento abbia carattere esaustivo, ovvero lasci spazio alla protezione nazionale (o nazionale e convenzionale assieme) di segni indicativi in cui il legame fra segno e territorio appare attenuato o meno caratterizzato rispetto a quanto previsto dalla disciplina comune. Nel vigore del precedente regolamento la Corte aveva più volte affermato che la disciplina delle indicazioni geografiche da questo po- 108 Ad esempio, Corte giust., 20 maggio 2003, Consorzio del Prosciutto di Parma, cit., cpv Così, ancora, Corte giust., 20 maggio 2003, Consorzio del Prosciutto di Parma, cit., cpv. 77. Cfr. in argomento le insuperate critiche dell Avvocato generale S. Alber nelle conclusioni in causa C-108/01, spec. cpv Corte giust., 20 maggio 2003, Consorzio del Prosciutto di Parma, cit., cpv. 80. Produzioni alimentari legate al territorio sta non impedisse salve le regole sulla libera circolazione delle merci agli ordinamenti nazionali di predisporre ulteriori ipotesi o forme di tutela, per esempio in relazione alle cosiddette indicazioni di origine geografica semplici, intendendosi con tale espressione i segni geografici che non implicano nessun rapporto fra le caratteristiche del prodotto e la sua origine geografica 111, in particolare, nessun rapporto di tipo qualitativo 112. Da ultimo nella sentenza Budejovický Budvar la Corte ha confermato che la normativa comunitaria non si oppone al riconoscimento da parte di uno Stato membro (l Austria), per effetto di una convenzione bilaterale, di una indicazione di origine geografica (della Repubblica ceca) che non fa parte delle designazioni che rientrano nella sfera d applicazione del regolamento n. 2081/92, il quale limita la sua disciplina alle designazioni relative ad un prodotto per il quale esiste un nesso particolare tra le sue caratteristiche e la sua origine geografica 113. Secondo la Corte la denominazione in esame, qualificabile come indicazione di origine semplice e indiretta, non è di per sé una denominazione geografica, ma almeno è idonea ad informare il consumatore del fatto che il prodotto che la reca proviene da un luogo, da un regione o da un paese determinati. Rimane oscuro, nel ragionamento della Corte, 111 Corte giust., 7 novembre 2000, C-312/98, Warsteiner, in Racc., p. I-9187, cpv. 47. Confronta, a contrario, per l ipotesi in cui la disciplina nazionale interferisca con la normativa comunitaria, Corte giust., 6 marzo 2003, C-6/02, Commissione c. Francia (marchi regionali), in Racc., p. I-2389, cpv. 13 (per la tesi della Commissione, apparentemente accolta dalla Corte). 112 Cfr. D. Sarti, La tutela delle indicazioni geografiche nel sistema comunitario, in B. Ubertazzi, E. Muňiz Espada (a cura di), Le indicazioni di qualità degli alimenti, cit., p. 324 ss., spec. 345 ss., per un interpretazione ampia di tale nozione, che potrebbe estendersi, ad esempio, alle indicazioni in cui il nesso fra provenienza territoriale e caratteristiche del prodotto non è stato accertato nell ambito di un procedimento comunitario [...] ancorché possa eventualmente sussistere ; così come alle denominazioni che in alcuni paesi conservano carattere distintivo di una tradizione produttiva locale, ma che nella maggior parte del territorio comunitario sono considerate generiche. 113 Corte giust., 18 novembre 2003, C-216/01, Budejovický Budvar, in Racc., p. I-13617, cpv

49 quale possa essere la tutela conferita a tali indicazioni semplici. Deve ritenersi che essa si collochi all estremo esterno della protezione consentita dall art. 30; in conseguenza gli strumenti nazionali di garanzia dovrebbero risultare proporzionati al limitato significato che tali indicazioni rivestono tra i segni geografici. In tale ordine di idee, nella sentenza in esame, la Corte ha escluso che la disciplina controversa potesse essere giustificata in forza della tutela della proprietà industriale e intellettuale 114, a causa precisamente della protezione assoluta che prescinde da qualsiasi rischio di inganno del consumatore prevista dal diritto nazionale. Tale approccio parrebbe destinato a sopravvivere anche nel vigore del reg. n. 510 del Nella sentenza Budejovický Budvar (II), in effetti, la Corte ha bensì riconosciuto che il regolamento mira a prevedere un sistema di tutela uniforme ed esauriente, tanto sotto il profilo sostanziale che sotto il profilo procedurale, delle indicazioni geografiche qualificate 115 ; ma ha preso le mosse dal presupposto, evidenziato dal giudice del rinvio, che la denominazione in oggetto fosse tutelata dall ordinamento ceco (e austriaco) in quanto denominazione d origine e non come indicazione di provenienza geografica semplice 116. In altri termini, il regolamento comunitario osterebbe alla disciplina nazionale delle indicazioni geografiche solo in caso di coincidenza negli istituti (nelle figure ) tutelati da parte del diritto interno e del diritto comunitario, anche nel caso in cui questi rivelino non incompatibilità, ma semplice differenziazione. Stefano Amadeo, professore associato di Diritto internazionale e di Diritto dell Unione europea nell Università di Trieste, Facoltà di Giurisprudenza. 114 Corte giust., 18 novembre 2003, Budejovický Budvar, cit., cpv. 54, Corte giust., 8 settembre 2009, Budejovický Budvar, cit., cpv. 114 e Corte giust., 8 settembre 2009, Budejovický Budvar, cit., cpv. 96. Produzioni alimentari legate al territorio 49

50 Conoscere e ospitare... con più gusto. Viaggio nel turismo enogastronomico Moreno Zago Abstract L approccio al viaggio del what to do today fa sì che gli interessi turistici si focalizzino sempre più su vacanze brevi ma che privilegiano interessi particolari. Il turismo enogastronomico è espressione di questa modalità di scoperta e di conoscenza dei territori, alla ricerca di sapori e di tradizioni autentiche. Parole chiave Cibo e identità; Turismo del gusto; Specialità tradizionali; Sviluppo locale; Ospitalità. 1. Autenticità vs. creolizzazione del prodotto locale Sociologi e antropologi 1 hanno ampiamente evidenziato come l atto del mangiare sia uno degli ambiti privilegiati di espressione dell identità sia a livello individuale che in ambito sociale. Il cibo, quale frontiera culturale simbolica, è il medium attraverso il quale l individuo esprime se stesso e, allo stesso tempo, si differenzia dagli altri. Da un lato, quindi, il cibo crea appartenenza ad una comunità, membri di un unica cultura e, dall altro lato, sottolinea una differenza con chi non condivide le medesime abitudini alimentari, rimarcando un noi da un loro. In particolare, gli studi sulla nostalgia come costruzione simbolica collettiva hanno dimostrato come, sia nella migrazione interna italiana dei meridionali al Nord del Novecento, 1 Cfr. R. Sassatelli, L alimentazione: gusti, pratiche e politiche, in Rassegna Italiana di Sociologia, (2004), n. 4, pp. 1-18; A. Guigoni, Antropologia del mangiare e del bere, Lungavilla, 2009; E. Battaglini (a cura di), Il gusto riflessivo. Verso una sociologia della produzione e del consumo alimentare, Roma, Conoscere e ospitare... con più gusto sia in quella oltreoceano così come in quella straniera odierna in Italia, la cucina costituisca il nucleo attorno cui costruire la resistenza individuale e familiare ad un ambiente visto come estraneo e ostile. Attraverso il cibo si attua un operazione di resistenza all assimilazione in grado di rimuovere le frustrazioni causate dallo status di minoranza 2. Inoltre, l adesione ad una cultura culinaria delle proprie radici rappresenta una forma di resistenza alla globalizzazione del gusto, la c.d. McDonaldizzazione, e all inserimento nelle tradizioni culinarie locali di ingredienti gastronomici provenienti da altre culture. È la riscoperta di una storia e di una tradizione locale che ha indotto alcuni sindaci ad imporre veti alla presenza di ristoranti etnici all interno dei centri storici, visti come elementi estranei al tessuto culturale urbano. Parlando di cibo, quindi, si gioca con le nozioni di inclusione/esclusione ed il disprezzo delle abitudini alimentari altrui 2 D.R. Gabaccia, We are what we eat: ethnic food and the making of Americans, Cambridge,

51 così come l accento sui tratti diversificanti dei saperi culinari sono spesso presenti nei discorsi d intolleranza culturale e di xenofobia 3. Contro questa politica eccessivamente localista si è costituita l associazione Cous Cous Clan la cui food-losophy dei suoi membri si fonda sulla convinzione che: a) ogni cultura gastronomica è frutto di incontri e scambi avvenuti con le altre culture gastronomiche (art. 1 dello statuto) e che, pertanto, è destinata a cambiare e ad evolversi nel corso del tempo (art. 2); b) che gli xenofobi che urlano nei loro comizi Polenta Si - Couscous No dimenticano che il mais non è un prodotto tipico della Padania, ma del centro America (art. 8); c) che l amore per le cucine, i prodotti ed i cibi esotici, può tranquillamente convivere con l amore per i piatti, i prodotti ed i cibi della terra nativa (art. 7); d) che il protezionismo economico, il fanatismo, l orgoglio nazionalista e i precetti alimentari delle religioni, sviluppano solo ideologie, barriere culturali e pregiudizio (art. 4). Il movimento mette in risalto un aspetto importante: gli alimenti che definiscono il senso di identità di una nazione hanno spesso storie complesse, fatte di scambi commerciali e culturali cosicché le cucine nazionali sono sempre sottoposte ad un processo di creolizzazione attraverso cui il passato si sedimenta nel presente. Anderson 4 sostiene che, così come la nazione e la lingua nazionale, anche la dieta nazionale altro non sia che una rassegna di piatti e tradizioni immaginate. A titolo di esempio, Hall 5 ricorda che, nonostante non vi sia una singola piantagione di tè in tutto il Regno Unito, questo sia diventato la simbolizzazione dell identità inglese, così come è trascurabile per l identità italiana ricordare che la pasta sia stata portata dalla Cina da Marco Polo 6. I popoli, come ha presente Douglas 7, neces- 3 C. Fischler, L onnivoro. Il piacere di mangiare nella storia e nella scienza, Milano, B. Anderson, Comunità immaginate, Origine e diffusione dei nazionalismi, Roma, S. Hall, Old and new identities, old and new ethnicities, in M. Featherstone, Global Culture, cit., p F. La Cecla, La pasta e la pizza, Bologna, M. Douglas, Antropologia e simbolismo. Religione, cibo e denaro nella vita sociale, Bologna, 1985, pp Conoscere e ospitare... con più gusto sitano di una cucina tipica come strumento di affermazione della propria identità e, nel mosaico incongruente dei consumi postmoderni, è in costante crescita la richiesta di autenticità da parte delle persone e dei turisti, in particolare. Il turismo enogastronomico è espressione di questa ricerca della tipicità locale che lega il cibo all identità del territorio. 2. Dimensione e localizzazione del fenomeno L Italia è un paese ricco di tradizioni gastronomiche e di prodotti tipici che gli italiani hanno saputo mantenere vive. Il nostro paese è il primo produttore mondiale di vino con 316 vini a Denominazione di origine controllata, 41 a Denominazione di origine controllata e garantita e 120 a Indicazione geografica tipica. A ciò si devono aggiungere l individuazione e la valorizzazione di ben 118 prodotti a Denominazione di origine protetta e a Indicazione geografica protetta, specialità tradizionali regionali, 18mila agriturismi, 4mila ristoranti, 61mila tra frantoi, cantine, malghe e cascine 8. Il turismo enogastronomico contribuisce a valorizzare questo patrimonio, da un lato, richiamando un numero sempre crescente di appassionati alla ricerca di sapori e tradizioni autentiche e, dall altro lato, facendo del cibo un vettore di culture e valori saldamente legati al territorio e alle proprie radici 9. Secondo i risultati di una ricerca del BitLab, l Osservatorio sull Immagine del Turismo Italiano all estero 10, su questa tipologia di viaggi, l Italia è il paese più citato nelle riviste internazionali. Lo studio che ha preso in esame articoli di circa 100 testate giornalistiche con sede in 20 differenti nazioni, ha anche evidenziato le mete valutate come interessanti dai turisti del gusto: i parchi dell Aspromonte in 8 BITEG, Enogastronomia, motore per il turismo in Italia e in Piemonte, Enogastronomia%20motore%20del%20Turismo.pdf; Sito consultato il 13/09/ A. Antonioli Corigliano, G. Viganò, Turisti per gusto: Enogastronomia, territorio, sostenibilità, Novara, BitLab, Bit/4, Italia meta preferita per l enogastronomia, Sito consultato il 13/09/

52 Calabria, le colline dell Umbria, le campagne del Lazio, i boschi e i vigneti del Piemonte. Il turismo enogastronomico in Italia produce un volume d affari annuo di 2,5miliardi di euro e conta circa 5milioni di appassionati, pari al 60% di visitatori provenienti dall Europa e al 32% dell Italia che, abbandonando le motivazioni di viaggio più classiche, come il mare e le città d arte, organizzano vacanze brevi all insegna del wine&food 11. L importanza assunta dal settore è testimoniata dal BITEG - la Borsa Internazionale del Turismo Enogastronomico -, l unico evento italiano per l incontro tra domanda e offerta, tra i più qualificati a livello internazionale e dall istituzione, presso il Ministero del Turismo, della Commissione per la promozione ed il sostegno del turismo enogastronomico le cui finalità sono da rintracciarsi a) nella presa di coscienza collettiva della quantità e della qualità del nostro tesoro agroalimentare, unico al mondo anche per la sua varietà in rapporto all estensione territoriale e b) nel coordinamento a tutti i livelli, indispensabile per razionalizzare la varietà dell offerta e consentire la creazione di iniziative e network enogastronomici capaci di attirare turismo anche destagionalizzato. Quest ultimo punto è rilevante perché la ricchezza legata alla cultura della buona tavola ha la potenzialità di attrarre turisti anche nei periodi di bassa stagione, coniugando con naturalezza il consumo di specialità locali con gli altri segmenti turistici quali: terme, attività sportive, escursionismo, visite alle città, shopping, ecc. In quest ottica, attraverso il turismo enogastronomico, passa anche il rilancio del brand Italia e del Made in Italy. Secondo un sondaggio della Coldiretti 12, il cibo e la buona cucina sono, per quasi due italiani su tre - e uno straniero su due - il simbolo proprio del Made in Italy superando la cultura e l arte ferme al 24%, la moda all 8%, la tecnologia al 3% e lo sport al 2%. A conferma dell importanza assunta dalle specialità locali, uno 11 Eurispes, XXI Rapporto Italia, Roma, Coldiretti, In vacanza spopola il souvenir enogastronomico, Sito consultato il 13/09/2009. Conoscere e ospitare... con più gusto studio dell Istituto Piepoli-Leonardo-Ice ha evidenziato come i turisti italiani e stranieri che trascorrono le ferie estive in Italia preferiscano come souvenir il prodotto enogastronomico tipico del luogo di vacanza. Per sei turisti su dieci, il prodotto alimentare caratteristico del territorio, come vino, formaggio, olio di oliva, salumi o conserve, è stato il souvenir più apprezzato rispetto ai prodotti artigianali locali (25%) e ai ricordi più commerciali come cartoline, gadget e magliette (5%) 13. Specificatamente per i turisti stranieri, particolarmente attratti dalle specialità italiane sono gli svedesi (70%) e gli americani (58%), mentre il gradimento più basso lo registrano i cinesi (31%) e i russi (28%) che preferiscono i prodotti della moda. L acquisto di questi ricordi appetitosi rappresenta un modo per rendere meno traumatico il rientro a casa e nella routine della quotidianità e per prolungare quello stato di grazia che attenua manifestazioni di cattivo umore, insonnia e mal di testa. Lo sviluppo del turismo enogastronomico è andato di pari passo con la crescente diffusione di una cultura dell alimentazione di qualità e la riscoperta del terroir. Movimenti culturali come Slow food e il Gambero rosso hanno contribuito, a partire dagli anni ottanta, a diffondere un approccio conoscitivo del cibo più attento attraverso pubblicazioni di critica gastronomica, corsi di degustazione ed eventi di grande impatto mediatico e le aziende hanno compreso l importanza di aprire le loro porte ad un pubblico desideroso di entrare nel vivo del processo produttivo. In questi ultimi anni, inoltre, si è visto in molte città e località turistiche l apertura dei mercati degli agricoltori organizzati dalla Coldiretti dove è possibile acquistare prodotti genuini direttamente dal campo. Una menzione speciale va sicuramente al Movimento del turismo del vino che, nel 1993, convince alcune decine di aziende vitivinicole dapprima solo toscane e poi, nel corso degli anni, centinaia di imprese di tutta la penisola, a restare aperte al pubblico l ultima domenica di maggio. Quale grande produttore di vino, l Ita- 13 Coldiretti, Vacanze: coldiretti, 6 su 10 rientrano con cibo e vini come souvenir, informazioni/643_09.htm; Sito consultato il 13/09/

53 14 Osservatorio sul Turismo del Vino delle Città del Vino, Rapporto annuale, n. 7, Castelnuovo Berardenga, lia ha saputo valorizzare le località e i prodotti vinicoli delle principali regioni produttrici con itinerari e percorsi segnalati da cartelli informativi che indirizzano nelle principali cantine e aziende vitivinicole del territorio. Oggi, sono circa 140 le Strade del Vino e dei Sapori e sono i comuni attraversati da questa rete capillare che comprende quasi 400 denominazioni territoriali di vini, oltre 4mila ristoranti, quasi 33mila prodotti vitivinicoli e più di 3,3mila cantine che spesso accolgono turisti e curiosi per una degustazione dei loro vini. Il 62% dei produttori delle aziende oggetto del sondaggio dell Osservatorio delle Città del Vino-Censis 14 ha visto aumentare mediamente del 19% il numero di visitatori nel 2008, sempre più attratti dalle degustazioni (94%), dalle visite delle cantine (86%) e dalla vendita diretta dei vini (57%). La crescita del numero di turisti appassionati di vino è in linea con la tendenza vacanziera affidata ad una cultura del what to do today, basata su vacanze brevi, più frequenti e meglio organizzate. Un ulteriore elemento che ha contribuito allo sviluppo del turismo enogastronomico è stata la crescita delle vacanze nel verde e degli agriturismi. L Italia può contare su 772 parchi e aree protette (il 10% del territorio nazionale) e sulla leadership europea nella produzione biologica che contribuiscono al successo dei week end nel verde. La vacanza a contatto con la natura in campagna, nei parchi o nelle oasi naturalistiche ha fatto registrare nell estate del 2009 un aumento di quasi l 80% rispetto all anno precedente, coinvolgendo circa 5milioni di turisti 15. Nella sola Regione del Friuli Venezia Giulia, in dieci anni, le aziende agrituristiche sono pressoché raddoppiate, passando dalle 233 del 1998 alle 453 del 2007 per un totale di arrivi pari a 34mila e di presenze pari a 105mila. Rispetto all anno precedente, l incremento delle presenze è stato di ben 27 punti percen- 15 Coldiretti, Questa estate è boom per le vacanze verdi, S i t o consultato il 13/09/2009. Conoscere e ospitare... con più gusto tuali 16. A spingere i turisti nel verde c è, da un lato, la volontà di trascorrere il tempo libero all aria aperta, lontano dal caos delle città e, dall altro lato, la voglia di riscoprire le tradizioni alimentari realizzate con ricette uniche ed ingredienti sani. Infine, ad attirare turisti in queste strutture è l offerta di programmi ricreativi come l osservazione naturalistica, l equitazione, il trekking, il wellness, le visite guidate ai luoghi archeologici o ai borghi d arte, ecc. Ma qual è l identikit del turista enogastronomico? Rispetto al passato, il turista in veste di consumatore è sicuramente più preparato, esigente e selettivo. Ha imparato a riconoscere la qualità dei prodotti agroalimentari, anche attraverso la lettura delle etichette. Inoltre, i suoi comportamenti sono orientati all individualismo e al contingente; non è un caso che Bauman 17 utilizzi il turista come metafora della vita postmoderna basata sulla ricerca di diversità, di nuove esperienze e sul rifiuto a legarsi ad identità stabili. Pertanto, non è possibile delineare con precisione il profilo del turista enogastronomico e il mercato si articola in un infinità di possibili consumatori ciascuno dei quali è portare di una specifica e personale identità, cultura e aspettativa. Una nota classificazione suddivide i turisti del sapore in due categorie: i gastronauti e i foodtrotter 18. I primi vedono nel giacimento enogastronomico l esclusivo motivo del viaggio e riservano al territorio circostante un ruolo secondario. I secondi, viceversa, pur permanendo la centralità della risorsa enogastronomica, sono interessati anche alle altre risorse del territorio. La lunghezza del viaggio (vacanze brevi o week end per i primi e vacanze più lunghe per i secondi) e il grado di cultura alimentare del fruitore (già esperti i primi, assetati di conoscenze i secondi) costituiscono ulteriori elementi discriminanti sul modo di accostarsi alla visita del territorio, all azienda di pro- 16 G. Dominutti, I. Plet, L agriturismo in Friuli Venezia Giulia al , Servizio statistica-regione Fvg, Trieste, Z. Bauman, Modernity and ambivalence, Cambridge, D. Paolini, I luoghi del gusto. Cibo e territorio come risorsa di marketing, Milano,

54 duzione e alla degustazione. Le due tipologie rappresentano gli estremi di un continuum all interno del quale si collocano diverse figure di fruitori dei sapori occasionali quali i gitanti della domenica, i visitatori delle fattorie didattiche, i consumatori attenti, i vip, ecc. Croce e Perri 19 ben sintetizzano questo turista come un soggetto con un livello culturale elevato, abituato ad organizzare autonomamente le proprie vacanze perché scettico sulle competenze specifiche dei tour operator, esigente nei confronti dei territori visitati in cui cerca bellezza, qualità, professionalità, accoglienza e un flavour caratteristico e inequivocabile, desideroso di trascorrere momenti di esperienza educativa, curioso di entrare in contatto diretto con la filiera produttiva del cibo gustato a tavola e predisposto a considerare questo come un mezzo per comprendere un identità culturale, al pari di un opera d arte. 3. La cultura dell ospitalità Il turismo enogastronomico quando è ben progettato rappresenta un importante risorsa per la valorizzazione ambientale, economica, sociale delle zone interessate dai flussi turistici. E una buona progettazione implica necessariamente un adeguata comunicazione del territorio e dei prodotti, un accoglienza di qualità, un attenzione alle modalità di mobilità, il confezionamento di un prodotto turistico tematico inconfondibile. La Regione Friuli Venezia Giulia ha puntato molto sulla valorizzazione del patrimonio enogastronomico. Friuli Doc, Cantine aperte, Bio- Fattorie aperte, Aria di festa a San Daniele sono solo alcuni dei grandi eventi in grado di far conoscere i prodotti locali e capaci di attrarre decine di migliaia di visitatori. All interno del Parco agro-alimentare di San Daniele, le aziende aderenti al Consorzio di tutela del prosciutto di San Daniele marchiano oltre 2,6milioni di cosce l anno. Nel 2008 è nata la card Via dei Sapori grazie alla quale si può disporre dell esperienza e dell alta professionalità dei 19 E. Croce, G. Perri, Il turismo enogastronomico, Progettare, gestire, vivere l integrazione tra cibo, viaggio, territorio, Milano, 2008, p. 54. Conoscere e ospitare... con più gusto ristoranti top della regione che propongono quanto di meglio offre questa terra. Inoltre, la Regione, attraverso l Agenzia TurismoFvg, ha basato la propria strategia promozionale sullo slogan: Ospiti di gente unica affiancato, per quanto riguarda il prodotto enogastronomico, dai claim Gusti e profumi autentici e Sapori di gente unica. Oggi, con lo slogan Ospiti di gente unica, l esperienza turistica vuole essere diversa non per i luoghi ma grazie alle persone e al contesto culturale e sociale in cui si approfondisce l esperienza turistica. Il fattore umano è l elemento su cui si è voluta differenziare la regione: un diverso modo di ospitare il turista, fondato sull autenticità e sulla qualità che sono alla base della costruzione di un rapporto di fedeltà con il cliente 20. Nella primavera del 2007, lo scrivente ha condotto una ricerca su Le competenze emergenti nel sistema dell offerta turistica del Friuli Venezia Giulia 21. Ad un campione regionale stratificato di 400 residenti è stato chiesto di valutare complessivamente l operato di quanti lavorano nel turismo in regione e di esprimere un opinione sul claim Ospiti di gente unica e, in particolare, in cosa la gente di questa regione fosse unica. Nell insieme, gli operatori sono stati valutati positivamente. Emerge lo stereotipo della laboriosità del popolo friulano ma anche l affidabilità, l ospitalità e l onestà. In misura minore, gli operatori sono considerati socievoli, dinamici e cooperativi. Alla domanda successiva sul significato di gente unica, ha risposto il 74% degli intervistati. I 294 significati attribuiti all aggettivo unica sono stati raggruppati in sei categorie. Il 21,4% degli intervistati pensa che la gente della regione sia troppo legata alla propria terra, alle tradizioni locali e alla lingua. Un eccessiva attenzione alle tradizioni, agli usi e ai costumi locali, inclusa la lingua friulana, rischia di far rimanere indietro rispetto ad una realtà, come quella turistica, sempre più a valenza 20 J. Ejarque et al., Piano di sviluppo turistico del Friuli Venezia Giulia, Torino, M. Zago, L offerta turistica di una regione di frontiera: movimenti, strategie, professionalità, Dipartimento di Scienze dell Uomo, Trieste (in preparazione),

55 internazionale. Gli intervistati, inoltre, sottolineano il carattere introverso e riservato del friulano e lo descrivono come una persona isolata, rigida, a tratti scontrosa, incapace di dare confidenza e poco propensa al sorriso. Il 19% del campione fa emergere la qualità delle risorse naturali e culturali della regione. La posizione geografica di frontiera che ne ha fatto una terra di transito e la varietà morfologica evidenziano i punti di forza del patrimonio ambientale a cui si devono collegare gli aspetti specificatamente storici che emergono con forza da ogni angolo umanizzato e quelli gastronomici. Non secondari sono gli elementi della multiculturalità che arricchiscono il Friuli Venezia Giulia. Il 17,3% evidenzia l operosità e lo spirito imprenditoriale della gente. I numerosi eventi organizzati in regione - dalle sagre alle mostre internazionali - confermano di essere in presenza di persone dinamiche e lavoratrici. Il 17% delle risposte attiene ad aspetti caratteriali positivi di questa gente unica. Le persone vengono identificate come semplici, genuine e schiette. Persone su cui poter contare per la loro onestà, serietà e coerenza. Sanno essere socievoli, di compagnia e capaci di godersi la vita. Il 17% degli intervistati evidenzia l aspetto strettamente utilitaristico dello slogan il cui scopo è esclusivamente di incuriosire e attrarre i turisti. L aspetto ingannevole viene riscontrato anche nella gestione troppo individualistica e competitiva dei servizi turistici e con una visione eccessivamente localista. L 8,2%, infine, non vede aspetti di esclusività né positiva né negativa, ritenendo la gente della regione unica tanto quanto quella di altre regioni italiane. I promotori istituzionali considerano il claim efficace. Esso evidenzia una caratteristica importante di questa terra: la capacità di ospitare il cliente. In questo senso, il claim ha la duplice valenza di trasmettere un immagine positiva al di fuori della regione, nei confronti del mercato turistico internazionale, e di rafforzare un tratto dell identità. Inoltre, lo slogan è forte dal punto di vista comunicativo perché s imprime facilmente nella memoria. È evidente che lo stesso crei nel turista delle Conoscere e ospitare... con più gusto aspettative che devono trovare adeguate risposte. Attorno a questo slogan si deve così costruire un prodotto migliore e diffondere la cultura dell ospitalità attraverso un attività di formazione che coinvolga, non solo gli operatori, ma soprattutto la popolazione. Chi è formato nel settore del turismo comprende chiaramente l importanza della cortesia e di un sorriso, ma il turista si muove in uno spazio in cui vivono persone che non necessariamente lavorano nel settore. La qualità dell ospitalità è fatta anche dal residente che deve percepire il turista come una risorsa. Anche se non c è una partecipazione diretta nel settore turistico, diverse possono essere le attività (uffici pubblici, banche, ecc.) e le professionalità (tassisti, benzinai, negozianti, ecc.) che ne beneficiano. Inoltre, la creazione dell ambiente di accoglienza è realizzata dal residente attraverso la cura e l attenzione che egli manifesta per gli spazi (pulizia dei cortili e delle piazze, potatura delle piante, abbellimenti delle abitazioni, ecc.). In conclusione, come scrive Savelli 22, l unicità di un luogo - e, aggiungerei, della gente - dipende «dalle strategie innovative poste in essere contemporaneamente da residenti, operatori locali, operatori esterni e consumatori elaborate sulla base di un sistema efficiente e il più possibile aperto (non esclusivo) di informazione e di comunicazione tra le diverse tipologie di soggetti». In questo senso, l unicità diventa qualcosa di costruito assieme e non qualcosa che viene sbandierata come una caratteristica intima e peculiare della popolazione regionale che rischia di non trovare effettivo riscontro nella realtà e di mandare in frantumi un sogno, quello del viaggio. Moreno Zago è ricercatore presso la Facoltà di Scienze Politiche dell Università di Trieste dov è titolare dei corsi di Sociologia del Turismo e di Sociologia del Confine zagom@sp.units.it 22 A. Savelli, Mutamenti di significato dei luoghi e degli sguardi turistici, in R. Bonadei, U. Volli (a cura di), Lo sguardo del turista e il racconto dei luoghi, Milano, 2003, p

56 Emergenza comunicazione per gli italiani nel mondo Laura Capuzzo Abstract Sono varie centinaia le testate italiane all estero. Sparse in tutti i continenti. Perlopiù si tratta di giornali, sorti per rispondere al bisogno degli emigranti di mantener vivo un legame con il Paese d origine. Ma non mancano le radio, le tv e, più recentemente, forme nuove di comunicazione realizzate attraverso Internet. I cambiamenti sociali ed economici intervenuti negli ultimi decenni e l affermarsi, per quanto lento, di una nuova visione della presenza italiana nel mondo, considerata non più come un problema, ma come una risorsa per il sistema Italia, impongono nuovi compiti ai media italiani all estero. In particolare, se vogliono sperimentare il futuro, essi devono riuscire a farsi interpreti di un alternativa culturale e porsi come strumento di rilancio economico. Ne deriva, in questo momento, un emergenza comunicazione per gli italiani nel mondo, che implica da un lato una rivisitazione della stampa di settore e un potenziamento delle radio e tv etniche e, dall altro, una loro collaborazione per favorire la conoscenza, in Italia, dell attività dei connazionali nel mondo.. A supporto di questa nuova strategia della comunicazione, servono interventi mirati, che puntino, ad esempio, ad un forte impiego della tecnologia, all avvio di flussi informativi di ritorno, in particolare a livello regionale, allo sviluppo dell informazione di carattere economico e soprattutto al coinvolgimento delle nuove generazioni. Occorre formare i giovani operatori della comunicazione nell ottica di un nuovo rapporto dell Italia con i suoi connazionali all estero e, per fare questo, grande responsabilità spetta alle Università e alle Scuole di giornalismo. Parole chiave comunicazione; informazione; emigrazione; italiani all estero; giornalisti; università; editoria; media; giovani. Stampa, radio, tv e testate on-line Comunicare. Informarsi. Tra gli italiani che a partire dalla seconda metà dell 800 lasciarono l Italia per cercar fortuna altrove 1, il bisogno di mantenere vivo un legame con il Paese d origine si fece sentire presto e fu motivo della nascita di una miriade di fogli, disseminati nei cinque continenti. 1 A partire dall unificazione del 1861, l Italia ha conosciuto un espatrio di poco meno di 30 milioni di persone e conta attualmente, sparsi nei cinque continenti, più di tre milioni di cittadini e più di 60 milioni di oriundi, a tener conto delle stime che circolano. Cfr. F. Pittau (a cura di), I flussi migratori degli italiani con l estero, in Fondazione Migrantes, Rapporto italiani nel mondo 2006, Idos Centro studi e ricerche, Roma, 2006, p. 16. Grandi e piccole, finora trascurate dalla ricerca accademica, se non per l aspetto storiografico 2, le testate italiane che ancora oggi escono in giro per il mondo, sono tante. Sup- 2 Una sintesi degli sviluppi, dalle origini alla crisi del secondo dopoguerra, della stampa italiana all estero è quella di B. Deschamps, Echi d Italia. La stampa dell emigrazione, in P. Bevilacqua, A. De Clementi, E. Franzina (a cura di), Storia dell emigrazione italiana, II, Arrivi, Roma, 2002, pp , cui ha fatto seguito più di recente E. Franzina (a cura di), La stampa italiana nel secondo dopoguerra, Archivio storico dell emigrazione italiana 001, Sette Città, 2005, php?option=com_content&task=view&id=72&item id=262; sito consultato il 6/9/2009. In precedenza, un punto di riferimento per questi studi è stato V. Briani, La stampa italiana all estero dalle origini ai nostri giorni, Poligrafico dello Stato, Roma, Emergenza comunicazione per gli italiani nel mondo 56

57 portate (di rado) da una struttura redazionale oppure (la maggior parte) affidate allo spirito di intraprendenza del singolo, che è insieme editore, direttore, redattore e responsabile amministrativo, hanno soddisfatto, durante il periodo di inserimento delle collettività italiane nelle società di accoglienza, la loro esigenza di partecipazione alle vicende italiane e vivono oggi una delicata fase di trasformazione, determinata sia dai cambiamenti sociali ed economici intervenuti negli ultimi decenni, sia dall avvento delle nuove generazioni 3. Sul loro numero, i dati a disposizione non sono precisi. In un indagine realizzata nei primi anni Novanta del secolo scorso da Assocamerestero per conto del Dipartimento per l informazione e l editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri 4, si parla di 392 testate, con prevalenza della carta stampata (213 giornali e riviste a periodicità variabile, che tirano ogni anno più di 100 milioni di copie, 150 radio e 29 programmi tv), e di dipendenti, di cui a tempo pieno. Una decina d anni più tardi, nel 2004, la Federazione unitaria della stampa italiana all estero (FUSIE), in un altro studio condotto per conto del Consiglio nazionale dell economia e del lavoro, riporta a sua volta il dato di quasi 400 testate della stampa italiana edite all estero, ma precisa che altrettanto numerose sono le radio e le televisioni in lingua italiana che operano nei Paesi di emigrazione. Circa 50 - aggiunge - sono i giornali per l emigrazione editi in Italia 5 3 Per la stesura di queste pagine ampi stralci e spunti ho tratto da un ottima tesi di laurea di cui sono stata correlatrice (L. Cechet, L informazione italiana nel mondo tra stereotipi e innovazione. Analisi di due casi vicini al confine, Istria e Svizzera, tesi di laurea inedita, Università di Trieste, a.a , relatore Gianfranco Battisti, correlatrice Laura Capuzzo) e dai materiali (documenti, articoli, relazioni, interventi perlopiù inediti a convegni di settore ecc.) che in quella circostanza avevo messo a disposizione della laureanda. 4 Presidenza del Consiglio dei Ministri-Dipartimento per l Informazione e l Editoria, I media della diaspora. Giornali, radio e televisioni dell Italia fuori d Italia, fuori commercio, [1994?]. 5 Consiglio nazionale dell economia e del lavoro, La comunicazione interculturale. Indagine e riflessioni sulla stampa di immigrazione in Italia e sulla stampa italiana all estero, da enti, associazioni, sindacati, patronati. Nello stesso anno escono i risultati di un censimento curato da Mediapress srl sui mass media ed i comunicatori italici 6 nel mondo. I dati rilevati sono stati inseriti in due Annuari 7 : - l Annuario dei mass media italici nel mondo è una mappatura del sistema di comunicazione italico; in esso sono infatti contenute tanto le testate in lingua italiana o bilingue all estero rivolte al pubblico italico, quanto le pubblicazioni edite in Italia ma rivolte comunque alle comunità italiane che si trovano fuori dei confini nazionali. In 61 nazioni sono stati individuati circa 700 mass media, tra pubblicazioni cartacee (369), testate on-line (28), newsletter (70), emittenti radiofoniche (186), stazioni televisive (24). Di essi 128 sono nel Nord America, 214 nell America Latina, 267 in Europa, 34 in Oceania, 20 in Asia, 16 in Africa; - l Annuario dei comunicatori italici nel mondo, nato come pubblicazione complementare all Annuario dei mass media italici nel mondo, riguarda giornalisti, editori, comunicatori pubblici e pubblicitari di origine italiana che vivono e lavorano all estero. La directory dalla quale origina l Annuario, riunisce i nominativi di circa comunicatori provenienti da 50 diversi Paesi. I due Annuari hanno fornito il materiale di base di due banche dati presenti dal 2007 nel sito del Ministero degli Affari esteri 8, in base ad un protocollo d intesa stipulato con l Ordine nazionale dei giornalisti: Roma 25 marzo 2004, fuori commercio, parte seconda, p. 5. In Italia ha sede anche quella manciata di agenzie di stampa (una decina, più o meno) specializzate nel campo dell emigrazione, che garantiscono con regolarità a giornali, radio e tv i materiali informativi di base. 6 Il termine italico fa riferimento alla definizione introdotta da Piero Bassetti, presidente dell Associazione Globus et Locus, per indicare non solo la comunità di italiani d origine e di oriundi, ma anche gli italofoni, gli italofili e tutti coloro che, anche senza sangue italiano nelle vene, hanno abbracciato valori, stili di vita e modelli dell Italian way of life. V. ; sito consultato il 20/9/ Esiste una versione cartacea degli Annuari, uscita nel 2004, ed una versione on-line diffusa attraverso il portale Media & Comunicatori Italici ( ). 8 Pubblicazioni/ ; sito consultato l 11/9/2009. Emergenza comunicazione per gli italiani nel mondo 57

58 - nel link L Italia dell informazione nel mondo sono presenti oggi 814 media in lingua italiana diffusi nel mondo (stampa 494, radio 274, tv 46); - nel link Comunicatori italiani nel mondo quasi mille operatori della comunicazione italiani e di origine italiana operanti all estero. Ridotto è il numero dei quotidiani. America Oggi, il tabloid fondato da Andrea Mantineo per gli italiani della East Coast statunitense, esce a New York. Ad esso si aggiungono La Voce del Popolo a Fiume, il Corriere canadese a Toronto, Il Globo a Melbourne e La Fiamma a Sydney. E diventata quotidiano dal 2002 anche La Voce d Italia di Caracas, fondata come settimanale da Gaetano Bafile. Nel 1999 è nato Gente d Italia diretto da Mimmo Porpiglia, che dopo un iniziale diffusione a New York e Miami, è sbarcato anche a Montevideo. Più dell 80% dei giornali italiani all estero appartiene a proprietari-editori privati. Poi ci sono i giornali cattolici, soprattutto quelli sca- (Fonte: MediaPress srl; questo grafico non tiene conto dell editoria per gli italici prodotta in Italia e in San Marino e distribuita nel mondo) (Fonte: MediaPress srl) Emergenza comunicazione per gli italiani nel mondo 58

59 (Fonte: MediaPress srl) (Fonte: MediaPress srl) Emergenza comunicazione per gli italiani nel mondo 59

60 (Fonte: MediaPress srl) (Fonte: MediaPress srl) Emergenza comunicazione per gli italiani nel mondo 60

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