I soldi dei precari per finanziare l Expo una norma, ben nascosta nel Decreto casa, che dà il segno dell attenzione

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1 CON LE MONDE DIPLOMATIQUE + EURO 1,50 Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, Aut. GIPA/C/RM/23/2013 ANNO XLIV. N SABATO 17 MAGGIO 2014 OGGI CON ALIAS A EURO 2,50 DECRETO CASA I soldi dei precari per finanziare l Expo C è una norma, ben nascosta nel Decreto casa, che dà il segno dell attenzione del governo Renzi per i precari: all articolo 13, si stabilisce infatti che i fondi per le stabilizzazioni del pubblico impiego rimasti da vecchie finanziarie, verranno girati al Comune di Milano per l Expo Dove peraltro, va ricordato, buona parte del lavoro sarà a termine o con «contrattini» tutt altro che stabili. La denuncia è dei Cinquestelle. Il decreto ieri ha vissuto momenti di passione alla Camera, e passerà martedì con la fiducia. SCIOTTO PAGINA 3 EXPO PAGINA 3 Cantone a testa bassa contro il «ddl Grasso» sulla corruzione. Vuole poteri speciali LUCA FAZIO /FOTO ALEANDRO BIAGIANTI La Posta in palio In affanno per il tonfo della «ripresa», il governo mette all asta un altro pezzo di servizio pubblico. Al via la privatizzazione di Poste e Enav per fare cassa contro il debito. Mentre oggi a Roma scende in piazza da tutta Italia una nuova alleanza in difesa dei beni comuni: casa, ambiente, acqua e cultura PAGINA 2 BIANI La stagione delle tangenti Expò segue la logica dei vasi comunicanti: milioni nelle tasche di corrotti e «volontari» al lavoro gratis con il sì dei sindacati L ARTICOLO Alfonso Gianni pagina 3 PRIVATIZZAZIONI Il nuovo che avanza Marco Bersani I l Consiglio dei Ministri ha dato ieri l ok alla collocazione in Borsa del 40% di Poste Italiane e del 49% di Enav, con l intenzione di incamerare una cifra di circa 6 miliardi di euro. L obiettivo dichiarato è naturalmente la riduzione del debito pubblico, che da questa operazione riceverà, come ognuno può notare, una spinta decisiva : scenderà infatti da a miliardi di euro, senza contare come le entrate annuali dello Stato, stanti gli utili attuali delle due società, passeranno da 1 miliardo a 600 milioni (Poste) e da 50 a 25 milioni (Enav).Un vero e proprio nonsense economico, che svela il meccanismo che sottende a tutte le politiche di austerità : le privatizzazioni non servono ad abbattere il debito pubblico, ma è la trappola costruita artificialmente- del debito pubblico a permettere la prosecuzione delle privatizzazioni. Sbandierate come il nuovo che avanza, le privatizzazioni hanno ormai una lunga e fallimentare storia nel nostro Paese: negli anni 90, furono il cavallo di battaglia del liberismo imperante, al punto che, nonostante la guerra neoliberale alla società porti da sempre con sé il vessillo (meritato) di Margaret Tahtcher, il nostro Paese con i suoi ricavi di 152 miliardi di euro, è riuscito a piazzarsi al secondo posto mondiale, dopo il Giappone, nella classifica dei proventi da privatizzazione. Con i risultati che tutti oggi conosciamo: il totale disimpegno dello Stato dai settori, anche strategici, dell economia, l azzeramento di ogni funzione pubblica in campo economico-finanziario, la costruzione di monopoli privatistici, la drastica riduzione dell occupazione e della qualità dei servizi, l aumento delle tariffe a carico dei cittadini. CONTINUA PAGINA 2 IMMIGRAZIONE PAGINA 5 Esplode il caso dei sikh dopati, 4 interrogazioni Il Pd e Sel chiedono l intervento del governo. Intervista a Jean René Bilongo (Cgil), ex lavoratore nei campi: «Riformare il mercato del lavoro agricolo» VERSO IL 25 MAGGIO PAGINE 6,7 Oggi la giornata contro l omofobia. L Italia maglia nera in Europa ELEZIONI EUROPEE PAGINA 4 Camilleri torna in pista e dice sì a Tsipras TURCHIA PAGINA 9 Nella miniera assente la camera di sicurezza A Soma cortei e cariche Sui No Tav la Cassazione smentisce la Procura di Torino sulle accuse di terrorismo. Ora il processo in Assise potrà essere più garantista L ARTICOLO Livio Pepino pagina 15 VOTO INDIANO La «Modi Wave» ha fatto il pieno Matteo Miavaldi S i era parlato per mesi di «Modi Wave» e alla fine l'ondata è arrivata, implacabile, in quasi tutto il paese. La conta dei voti ha confermato le previsioni più rosee per la coalizione National Democratic Alliance (Nda) guidata dal partito conservatore hindu Bharatiya Janata Party (Bjp): Narendra Modi manca solo la formalità del giuramento, prevista per la prossima settimana è il nuovo primo ministro della Repubblica indiana. L'Indian National Congress della dinastia Nehru-Gandhi ne esce ridimensionato. CONTINUA PAGINA 9

2 pagina 2 il manifesto SABATO 17 MAGGIO 2014 LE POSTE IN PALIO Austerity Acqua pubblica, ambiente, stop biocidio, diritto a istruzione e casa, no grandi navi né grandi opere, per una svolta «dal basso e a sinistra» Svendita /FOTO PAOLO POCE-SINTESI VISIVA prioritaria Il governo approva la collocazione in borsa del 40% di Poste e del 49% di Enav, 5 miliardi da buttare nell oceano del debito. Per convincere l Europa e i mercati che il governo vuole rispettare i «diktat» Roberto Ciccarelli I l governo dà in pasto ai mercati fino al 40% di Poste e fino al 49% di Enav per ottenere in cambio la pace dello spread, la fiducia degli speculatori, l'illusione di ripianare una parte del debito pubblico che nel 2015 arriverà comunque al 135% sul Pil. È il giorno dopo la catastrofe: nel primo trimestre di quest'anno la crescita è negativa, giovedì la borsa ha bruciato 17,6 miliardi di euro, l'economia reale è quanto di più lontano da quella finanziaria e in più la speculazione ha dato il primo e serio altolà a Renzi. Ora il governo deve dare un segnale. In realtà, si tratta di un operazione annunciata da settimane. Il consiglio dei Ministri ieri ha varato due Dpcm che erano già stati esaminati lo scorso 24 gennaio. Sono stati ripescati per dare un segnale di vita. La fretta è stata tanta che restano molti dettagli da chiarire su questa vendita. È comunque certo che, per quanto riguarda Poste, il governo si aspetta un ritorno da 4-5 miliardi di euro. Il 26 marzo scorso la commissione Trasporti della camera aveva invitato il governo a usare questo gruzzoletto per «interventi che possano sostenere efficacemente il rilancio dell'economia»: lo sviluppo della banda larga, investimenti per il trasporto o contro il dissesto idrogeologico. C'è anche la possibilità che Renzi e Padoan lancino questo sassolino nell oceano di un debito che ha superato i 2 mila miliardi di euro. Per dimostrare alla Commissione Ue, il 2 giugno giudicherà il loro Documento di Economia e Finanza insieme al Piano Nazionale delle Riforme, che vogliono ridurlo. Un mazzetto di miliardi su oltre 2 mila. È in questo modo che l'operazione verrà giustificata, a dispetto degli esiti fallimentari della precedente ondata di privatizzazioni. DALLA PRIMA Marco Bersani Il governo Renzi, in particolare riguardo a settori sensibili per i diritti universali dei cittadini- com è il caso di Poste Italiane- propaganda una sorta di azionariato popolare riservato ai dipendenti e ai risparmiatori; come se la storia non dimostrasse, al di là di tutte le favole sulla democrazia economica, quale sia il vero ruolo dei piccoli investitori: mettere i soldi nella società, permettendo così agli azionisti maggiori di poterla controllare senza nemmeno fare lo sforzo di doverla possedere. Ciò che viene propagandato come nuovo è di conseguenza la vecchia ricetta che, con lo shock della crisi, viene riproposta in maniera estensiva: a rischio sono oggi le Secondo lo schema indicato nel decreto l'alienazione delle quote di minoranza a privati e grandi investitori potrà avvenire a scaglioni. Verrà realizzata con un offerta pubblica di vendita rivolta ai risparmiatori italiani, inclusi i dipendenti del gruppo, oltre che a investitori nazionali e internazionali. Per i dipendenti sono state previste forme di facilitazione per l acquisto come le tranche dell offerta riservata e lotti minimi garantiti o sul prezzo, come la «bonus share» maggiorata rispetto al pubblico indistinto. Poste è un azienda in grande salute. Da poco alla presidenza c è l'ex forzista Elisa Todini, nominata dal governo Renzi nell'ambito della spartizione delle nomine delle grandi aziende, attualmente impegnata nella battaglia di mantenere il doppio stipendio da consigliera Rai. Poste è anche conosciuta perché ha investito 75 milioni di euro nel capitale di Alitalia, prospettando una poco credibile integrazione tra aziende che non hanno alcuna convergenza strategica. Questo gigante da 140 mila dipendenti è stato la cavia per diverse sperimentazioni del potere pubblico sin dal primo governo Prodi. Oggi è a buon punto il processo che lo porterà ad essere quotato in borsa. Nel frattempo sono nate nuove prestazioni e servizi, acquisite nuove aziende come quella dei corrieri Bartolini. Nel caso di Enav, si prevede la cessione di una quota che assicuri il mantenimento in capo allo stato di una quota di controllo assoluto (51%). Al ministero dell'economia viene affidata la massima discrezionalità nella cessione. Si prevede un offerta pubblica di vendita, rivolta anche in questo caso agli stessi dipendenti. Il governo vuole passare all'incasso sull onda di un boom dell'azienda che gestisce e controlla il traffico aereo. Per l azienda diretta dall'amministratore unico Massimo Garbini il 2013 aziende partecipate dallo Stato, ma ancor più l insieme delle ricchezze in mano alle comunità locali territorio, patrimonio pubblico, beni comuni- sui quali i grandi capitali accumulati in due decenni di speculazione finanziaria hanno deciso di mettere le mani, favoriti dalle politiche monetariste dell Ue e dalle scelte liberiste del governo Renzi. Per opporsi a tutto questo e per mettere in campo le coordinate di un altro modello sociale e di democrazia, che parta dalla riappropriazione dei beni comuni, dei servizi pubblici e della ricchezza prodotta, dal diritto al reddito, al lavoro e al welfare, oggi una grande, pacifica e colorata manifestazione nazionale attraverserà le strade di Roma. Sarà composta da donne e uomini diversi, ognuno con lo sguardo rivolto all orizzonte. Senza sapere ancora come raggiungerlo, ma per iniziare a camminare. si è chiuso con un utile di 50 milioni di euro. Nel 2006 Enav ha acquisito il 100% di Vitrociset Sistemi, oggi Techno Sky, internalizzando la conduzione e la manutenzione dei sistemi di assistenza al volo e dei relativi software. Nel 2012 ha acquisito il consorzio Sicta (Sistemi Innovativi per il controllo del traffico aereo) che si occupa di attività ingegneristiche di progettazione. È un azienda in salute, ideale da collocare sul mercato, ottenendo più soldi possibile. «Siamo contrari a cedere alla speculazione finanziaria dei grandi gruppi internazionali le nostre migliori realtà specialmente quando, come nel caso di Poste, ci sono in gioco i risparmi di milioni di pensionati, lavoratori e piccoli risparmiatori» ha detto il deputato di Sel Francesco Ferrara. Contro la nuova stagione di privatizzazioni, oggi sfilerà a Roma il corteo per i beni comuni promosso dal Forum Italiano dei movimenti per l'acqua al quale hanno aderito decine di movimenti e associazioni. Beni comuni / OGGI IL CORTEO NAZIONALE A ROMA, DALLE 14 A PIAZZA ESEDRA Movimenti scorrono come l acqua Tanti no che valgono un grande sì Valerio Renzi A d appena una settimana dalla scadenza del voto europeo, a Roma scendono in piazza i movimenti in difesa dei beni comuni. Non a caso la manifestazione si inserisce nel calendario degli European days of action, dieci di giorni di mobilitazioni su scala continentale apertasi lo scorso giovedì a Bruxelles con la contestazione dell European Business Summit. A lanciare l idea di una rinnovata necessità di riempire le strade. il Forum dei movimenti per l acqua bene comune, che ha raccolto poi attorno a sé comitati, collettivi, sindacati, associazioni, tutti assieme per una piazza di opposizione al governo Renzi e all austerity. L idea è quella di lanciare una nuova stagione di conflitto in difesa dei beni comuni minacciati dalle privatizzazioni, che se da una parte vengono imposte dal rigore di bilancio per far quadrare i conti, dall altra sono il nuovo terreno di espansione del capitale finanziario in cerca di terreni vergini. Così nel mirino finiscono le aziende pubbliche, da quello che rimane delle partecipazioni industriali alle aziende locali che si occupano di trasporti, rifiuti, acqua, fino alla sanità e al welfare. Per questo nel mirino dei manifestanti c è proprio la Cassa Depositi e Prestiti che il governo vuole usare proprio per le operazioni di privatizzazioni, mentre i movimenti chiedono che la Cdp serva al suo scopo originario, e quindi possa finanziare gli enti locali, progetti di riconversione ecologica e buona occupazione. La piattaforma della manifestazione non si ferma però alla difesa dei beni comuni e al «no» alle privatizzazioni, ma delinea un vero e proprio programma di opposizione «dal basso e da sinistra» a Renzi e alle larghe intese, in casa e in Europa: no al patto di stabilità e al pareggio di bilancio, stop al TTIP (il trattato di libero commercio che Usa e Ue stanno negoziando), no alla precarietà del jobs act e ai piani per le grandi opere, estensione della democrazia. Ad aprire la manifestazione saranno proprio i comitati per l acqua bene comune che dal giugno 2011, dopo la straordinaria vittoria referendaria, ottenuta nonostante l ostilità o l indifferenza di quasi tutto l arco parlamentare, non hanno mai smesso di battersi per l applicazione di quel risultato referendario tutt ora disatteso. Comune per comune, picchetto antidistacco per picchetto antidistacco, tra raccolte firme e iniziative legislative locali il popolo dell acqua ha continuato, a volte in maniera carsica la sua battaglia. Ci saranno poi i comitati contro il Biocidio, da Napoli e la Terra dei fuochi fino all Abruzzo e il Lazio, che proprio ieri hanno dato vita ad una giornata di mobilitazione nazionale con flash mob e azioni dislocate, che hanno visto in Campania occupazioni, presidi e iniziative in più di trenta comuni. I No Grandi Navi di Venezia arriveranno in tanti per la salvaguardia della Laguna e per lanciare la mobilitazione nel capoluogo veneto per il prossimo 7 e 8 giugno, così come arriveranno i No Muos e i No Expo. I movimenti per il diritto all abitare che continuano a non dare tregua al governo Renzi e al suo piano casa, che di fatto è una dichiarazione di guerra agli occupanti di case a cui non vuole far prendere la residenza e staccare le utenze. Uno spezzone sarà invece caratterizzato dal tema del diritto alla città e della cultura come bene comune, animato dalle rete dei teatri occupati che con il loro manifesto «Il movimento fa bene» hanno annunciato azioni comunicative lungo il corteo. Davanti ai teatri sfileranno i vessilli dell Europa con il jolly roger chiamati a raccolta da un appello firmato dai comunardi del vecchio continente: «L Europa è per noi lo spazio minimo di azione politica dei movimenti nonché il luogo di individuazione, fisica e politica, del nemico da combattere.- scrivono - Non c è lotta che possa vincere rimanendo confinata all interno degli Stati nazione». A sfilare anche il sindacalismo di base, Cobas e Usb, gli studenti di Link e della Rete della Conoscenza, ma anche la Lista Tsipras che sarà in piazza con molti dei suoi candidati e i partiti che la sostengono.

3 SABATO 17 MAGGIO 2014 il manifesto pagina 3 LE POSTE IN PALIO Invisibili La legge targata Lupi colpisce chi occupa gli stabili per necessità. E l Ncd (con il Pd) non ha pietà neanche per le forze dell ordine: tagli ai carabinieri DECRETO CASA Fondi a Milano dalle stabilizzazioni del pubblico impiego Expo coi soldi dei precari MILANO Milioni di tangenti e lavoratori gratis Luca Fazio Milano U no serio. Un magistrato tutto d un pezzo. Con queste credenziali, l uomo che il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha scelto per ripulire l Expo dalla corruzione rimane l unica carta credibile che il governo ha messo sul tavolo per correre ai ripari. Una mossa disperata, visto che quasi tutti gli appalti sono stati assegnati e c è ben poco da controllare considerati i tempi stretti per ultimare la fiera universale più disastrata della storia. Il primo a saperlo è proprio lui, il presidente dell Autorità anticorruzione Raffaele Cantone. Fin troppo serio forse, visto che alla sua prima uscita dopo il terremoto delle indagini il magistrato ha riservato due bordate pesanti indirizzate indirettamente a colui che l aveva portato in palmo di mano in quel di Milano. E al presidente del Senato Pietro Grasso. La prima: «Il ddl anticorruzione in discussione in parlamento è solo una legge spot sull onda dell emergenza». La seconda, sull Expo, è ancora peggio: «Voglio poteri speciali o non vado a Milano in gita». Sono frasi pronunciate ieri parlando a Napoli in occasione della chiusura di un master di criminologia della facoltà di Giurisprudenza della Federico II. In seguito, con una nota, l Autorità anticorruzione ha precisato toni e contesto delle dichiarazioni rilasciate durante un lungo colloquio con gli studenti, ma la sostanza rimane. Tanto è vero che lo stesso presidente del Senato, che «firma» il decreto legge in questione, si è sentito in dovere Antonio Sciotto C è una norma, ben nascosta nel Decreto casa, che dà un po il segno dell attenzione del governo Renzi per i precari: all articolo 13, si stabilisce infatti che i fondi per le stabilizzazioni del pubblico impiego rimasti da vecchie finanziarie (del 2005, 2006 e 2007, ma che ancora potevano essere utili), verranno girati al Comune di Milano per la realizzazione dell Expo Dove peraltro, va ricordato, buona parte del lavoro sarà a termine o con «contrattini» tutt altro che stabili. Il decreto, voluto dal ministro Ncd Maurizio Lupi, e più volte rimaneggiato alle camere, ieri ha alimentato il caos a Montecitorio, visto che per tre volte è mancato il numero legale per una sospensione del dibattito chiesta dal Pd, a causa delle assenze della stessa maggioranza. Il decreto scade il 27 maggio, quindi in serata il governo ha posto la fiducia, che verrà votata lunedì, concludendo martedì. E così Lupi di un partito molto attento alle forze dell ordine quale è l Ncd non farà mancare i soldi solo alle stabilizzazioni degli enti di ricerca, agenzie fiscali e vigili del fuoco, ma perfino ai carabinieri. L elenco delle voci «defraudate» dei 25 milioni di euro a favore dell Expo è lungo, e coinvolge tanti precari che avrebbero potuto avere finalmente un destino di stabilità: tra queste, appunto, la «collocazione in soprannumero del personale stabilizzato dell Arma dei carabinieri» e la «predisposizione da parte delle pubbliche amministrazioni dei piani triennali per la progressiva stabilizzazione del personale precario non dirigenziale». La denuncia viene dal gruppo M5S in Commissione Ambiente della Camera: «Inizialmente spiega Massimo De Rosa, deputato di prendere le distanze da un testo che sarebbe stato modificato in corso d opera. Insomma, la campagna elettorale per il capo del Pd si fa ogni giorno più difficile. Quanto all Expo, se ne vedranno ancora delle belle. Secondo il magistrato della Cassazione, il ddl anticorruzione verrà comunque approvato perché «ormai c è un gruppo politico in grado di stabilire che quella legge dovrà passare, però non avrà alcuna efficacia sul piano concreto, perché se non troviamo i meccanismi per individuare la corruzione possiamo fare delle mere manifestazioni di principio che non avranno effetto». Per Raffaele Cantone, si modifica «per l ennesima volta la norma sulla concussione, si prova a intervenire sulla prescrizione e si pensa a un falso in bilancio che non ha alcuna efficacia né efficienza». Quanto alla prevista norma sull antiriciclaggio, «così come è scritta in Senato è inapplicabile perché prevede che ci sia nocumento all economia, meccanismo assolutamente vago». Poi, un osservazione imbarazzante che suona come un accusa: bisognerebbe «occuparsi di corruzione quotidianamente e non quando si verificano fatti come quelli dell Expo». M5S una parte delle risorse doveva essere prelevata aumentando le accise sul riscaldamento; poi per fortuna questo punto è caduto, ma tutto il prelievo si è concentrato sui fondi per i precari». De Rosa segnala tra l altro che «le schede dei tecnici della Camera allegate al decreto, registrano il fatto che questi 25 milioni non sono in realtà neanche certi, perché potrebbero essere stati già impegnati» (e non è detto che lo siano stati per i precari): quindi in futuro si potrebbero aprire nuovi buchi e conseguenti partite di giro. Ma non basta, perché a parte la norma sull Expo infilata a tradimento in un decreto che parla di emergenza casa, vanno anche ricordate tutte le norme capestro contenute in questa legge, che favoriscono i privati immobiliaristi Governo/ RAFFAELE CANTONE ATTACCA IL DECRETO IN DISCUSSIONE AL SENATO La fiera universale vale uno spot da campagna elettorale Due prese di posizione del Commissario Anticorruzione. La prima contro Renzi, la seconda per chiedere poteri straordinari Il governo, colpito e affondato dopo lo show di Renzi di martedì scorso - «lo Stato è più forte dei ladri» - ha replicato con la voce del mite e disorientato ministro Maurizio Martina (Agricoltura, con delega all Expo): «Penso che nessuno voglia andare a Milano a fare una gita. Sono certo che anche nei prossimi giorni perfezioneremo il bel lavoro fatto con Cantone, con il presidente del Consiglio, con il governo, con le istituzioni locali». Ma i poteri speciali invocati da Cantone non sono materia di sua competenza: «Non tocca me dirlo». Più esplicita la presa di posizione di Pietro Grasso, quasi costretto a dare ragione al magistrato anti corruzione. «Ho presentato il mio Ddl - mette le mani avanti - più di un anno fa nel mio unico giorno da senatore proprio perché, come Raffaele Cantone, ritengo quello della corruzione e dei reati economici un tema urgente e prioritario ogni giorno, non solo dopo le recenti inchieste legate all Expo». Ma quel testo oggi è differente. «La mia proposta sull auto riciclaggio che prevedeva una nuova collocazione sistematica qualificandolo non come reato contro il patrimonio ma inserendolo in una nuova tipologia di delitti contro l ordine economico e finanziario - aggiunge Grasso - è completamente diversa rispetto a quella del testo base». Ma sul testo, in discussione in Senato, ammette Grasso, «visto il mio ruolo di presidente non potrò intervenire in alcun modo». Anche il commissario straordinario per l Expo Giuseppe Sala sta aspettando che «Cantone sia messo nelle condizioni di lavorare». Sono passati cinque giorni dalla comparsata milanese di Matteo Renzi e, dice Sala, «non è ancora successo nulla». Probabilmente nei prossimi giorni verranno definiti i poteri del presidente dell Autorità anti corruzione, ma viste le premesse non è detto che anche lui abbia intenzione di metterci la faccia ad ogni costo con la stessa tracotanza del presidente del Consiglio. I LAVORATORI DEL TURISMO, IERI IN SCIOPERO /FOTO ALEANDRO BIAGIANTI o costruttori a discapito degli inquilini, specie dei più poveri, anziani, disoccupati o precari. Caos alla Camera, poi la fiducia. La denuncia M5S: questa legge toglie diritti agli inquilini, addio edilizia popolare Senza un tetto? Non l avrai mai. Il punto principale di svolta riguarda il trattamento riservato a chi occupa degli stabili: il decreto prevede che questi cittadini non potranno avere più la residenza, gli allacci ad acqua, luce e gas, l accesso ai bandi per l edilizia popolare per 5 anni. «Così si negano dei diritti costituzionali, ricorreremo alla Consulta», dicono i Cinquestelle. «Spesso nelle case occupate, perlopiù di proprietà pubbliche, abitano persone povere, disoccupati o precari: ed escluderli per 5 anni dai bandi è assurdo dice la deputata M5S Federica Daga Inoltre negare la residenza significa trasformarli in cittadini invisibili, senza diritti politici o la possibilità di curarsi nelle strutture pubbliche». Ma non basta, perché se questi cittadini diventeranno «invisibili», altri inquilini sono destinati a diventare «precari»: la legge prevede infatti la possibilità di «mobilitare» (spostare forzosamente) gli inquilini delle case popolari o degli enti che non riescano a riscattare l alloggio, per venderlo a un terzo. Per loro si apre la possibilità (che non è un diritto) di affittare i nuovi alloggi che costruiranno le cooperative o le ditte edili nella modalità dell housing sociale: il privato, con incentivi e sgravi costruisce, ma poi deve dare le case a canone concordato. I Cinquestelle però calcolano che gli affitti potrebbero lievitare di 10 o 20 volte rispetto a quelli attuali: chi oggi in edilizia popolare paga 50 o 100 euro, potrebbe ritrovarsi canoni fino a 1000 euro. Ma c è di più: queste ditte costruttrici o coop potranno accedere anche ai fondi stanziati per sostenere gli affittuari impossibilitati a pagare o morosi incolpevoli (cioè chi ad esempio ha perso il lavoro), sottraendo loro preziose risorse. Infine, si apre la possibilità per nuovi fiumi di cemento: «Una delle norme del decreto conclude Daga permette di cambiare le destinazioni d uso agli stabili già esistenti di edilizia popolare, autorizzando l abbattimento, la ricostruzione "modificando la sagoma", quindi temiamo anche con volumi aumentati, e in altro luogo». Alfonso Gianni C ome hanno già scritto nei giorni scorsi Livio Pepino e Paolo Berdini su questo giornale, non ci si può stupire né scandalizzare più di tanto di fronte alle nuove rivelazioni sulle maxitangenti pagate per l Expò. Ma continuare ad indignarsi sì. Se la stagione di tangentopoli è finita in vacca e gli stessi meccanismi si riproducono al quadrato, è anche perché l opinione pubblica, all inizio scossa e indignata, si è acquietata di fronte al cambio della guardia. Solo che in quella occasione, agli inizi degli anni Novanta, furono perseguiti solo i corrotti, politici o funzionari che fossero, molto meno o niente affatto i corruttori. Così il sistema del malaffare è rimasto in piedi, solo scalfito, ma non compromesso nella sua criminale efficacia. I corruttori hanno scalzato i corrotti nell assunzione delle cariche politiche. Quella borghesia così priva di spirito weberiano ha spazzato via ogni mediazione politica ed ha deciso di rappresentarsi direttamente da sé stessa. Così è cominciato ed è proseguito il lungo ventennio berlusconiano. Così, dopo la parentesi dei Monti e dei Letta, prende il volo il periodo renziano. Era stato calcolato che la corruzione della pubblica amministrazione e del potere politico, da noi malattia antica e finora incurabile, costa al nostro paese più di 60 miliardi all anno. Più dello sciagurato fiscal compact, che qualora non venisse abolito, peserà sul bilancio circa 50 miliardi ogni anno per venti anni a partire dal Un costo spaventoso, ma che ha un altro riflesso devastante: quella di ingenerare una sfiducia cronica dei cittadini nell efficienza del settore pubblico ed è quindi perfettamente funzionale alla propaganda in favore della eliminazione dell intervento pubblico diretto in economia e delle privatizzazioni, cui l attuale governo nuovamente si accinge per tenere fede ai vincoli europei. Ma c è un altro risvolto della faccenda. A fine luglio dello scorso anno venne firmato tra Expò 2015 e i sindacati confederali e di categoria, un accordo che tra le altre cose prevede l uso massiccio di "volontariato" ( unità lavorative) per la durata dell esposizione. Il compito di questi volontari non è certo quello di assistere persone in difficoltà, ma di svolgere le classiche funzioni accoglienza dei visitatori della mostra e degli operatori economici. Un "agire comunicativo relazionale" indispensabile per manifestazioni di questo genere e facente parte a pieno titolo della catena della formazione del valore. Solo che non è pagato. E lavoro servile. Tale accordo è stato presentato come un modello da generalizzare per tutti i grandi eventi. Se così fosse si aggiungerebbe, come ulteriore chance a disposizione dei datori di lavoro, alla distruzione del diritto del lavoro e dei diritti dei lavoratori contenuto nel decreto Poletti appena votato dalle Camere a colpi di fiducia. Impossibile a questo punto non stabilire un rapporto di reciproca causalità tra i due fatti: il lavoro non pagato e le mazzette distribuite. Vi è solo da chiedersi se è a causa del milione e 200mila euro ma è solo uno dei tanti possibili esempi che stando alla cronaca l imprenditore vicentino Enrico Maltauro, e chissà quant altri, ha dovuto versare alla "cupola" dei soliti noti, che poi vengono a mancare soldi per pagare i lavoratori, oppure se è la certezza di potere contare sul lavoro servile che aumenta i margini economici per pagare laute tangenti. Entrambe le cose, verrebbe da dire.

4 pagina 4 il manifesto SABATO 17 MAGGIO 2014 POLITICA Alessio Caspanello MESSINA L ultimo «re» di Messina varca i cancelli del carcere di Gazzi qualche minuto prima delle dieci di sera di giovedi 15 maggio, circondato dalla folla e illuminato dalla luce dei flash. Perché quando il re cade, tutti cercano di afferrare un pezzetto delle macerie della sua statua equestre ormai distrutta. Per Francantonio Genovese, ex sindaco, due volte deputato, nipote e figlio d arte, politico sin da quando ha iniziato a parlare, è arrivata l ora di fare i conti con la forza di gravità: perché quanto più in alto arrivi, tanto più fragorosa è la caduta. La camera dei deputati ha emesso un verdetto e scritto il suo destino, votando ieri poco dopo le 18 per l arresto, così come disposto dalla Procura messinese come misura cautelare per l inchiesta «Corsi d oro», che ha sollevato il coperchio sulla gestione dei corsi di formazione regionali sui quali, secondo gli inquirenti, Genovese era a capo di un associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio, peculato e truffa. Nonostante il relatore Antonio Leone di Ncd avesse detto no alla carcerazione cautelare, la giunta per le autorizzazioni a procedere prima e la camera dei deputati poi, hanno deciso: 371 voti a favore, 39 contrari, Democratici fermi sulla linea dura, grillini che questo momento l attendevano da mesi, Forza Italia e Ncd a dare esempi di peloso garantismo. Montecitorio ha deciso che, negli atti dell inchiesta, non ci fosse il «fumus» invocato da Genovese, non esistesse alcun complotto come vanno sussurrando i suoi fedelissimi, non ci fosse necessità di una disparità di trattamento rispetto ad un altro cittadino qualsiasi. Il che, a ben vedere, non è nemmeno vero. Che senso ha che, sulla sussistenza di reati di un parlamentare consumati al di fuori dell esercizio delle sue funzioni, sia chiamata ad esprimersi una «giuria» di suoi pari? Una norma di questo tipo è nata dall esigenza dei padri costituenti di evitare inchieste che avrebbero potuto, in tempi più turbolenti, togliere di mezzo per via giudiziaria avversari scomodi. Ma oggi? Oggi è una pratica che è incompatibile coi tempi della giustizia. Perché la richiesta di arresto nei confronti di Francantonio Genovese, come tutte le custodiali, serve ad evitare che si possa reiterare il reato, che ci si possa dare alla fuga o che si possano inquinare le prove. Tutte azioni che Genovese, avesse voluto, avrebbe agevolmente potuto compiere da quando, il 19 marzo, dalla Procura di Messina è partita la richiesta d arresto. Concederne gli arresti oggi, più che esigenze di custodia cautelare, è un atto punitivo. Un atto dimostrativo. E il segno delle manette incorniciato dal sorriso ferino del deputato dei 5 stelle Manlio Di Stefano ne è l emblema. Quello e gli sguardi compiaciuti di chi, a Messina, dopo averlo osannato per anni, giovedi sera, alle dieci, attendeva fuori dal cancello del carcere di Gazzi, compiaciuto, cellulare in mano a riprendere la scena. Genovese si è costituito, ed ha passato la sua prima notte in una cella singola nell infermeria del carcere. Come un re che cade. E come lui, cade e si frantuma il Partito democratico a Messina, diviso tra i renziani della prima ora che da sempre rappresentano la spina nel fianco per l ortodossia genovesiana pur non avendo i voti per contrastarlo, e l ortodossia genovesiana che ha i voti ed i metodi per procurarseli, ma non più il consenso. Quello no, quello si è esaurito un lunedi di metà giugno dell anno scorso, un lunedi in cui una città da sempre intimamente conservatrice, all improvviso si riscopre pacifista, no pontista, anarcoinsurrezionalista e incorona sindaco Renato Accorinti pur di fare uno sgarbo a Francantonio Genovese ed al suo candidato, Felice Calabrò. Suo perché, a Messina, Pd e Francantonio Genovese sono sinonimi; le ventimila preferenze alle parlamentarie parlano chiaro e sono diventate ormai proverbiali. Era necessario curarle letteralmente una per una, per un uomo che, smettesse di lavorare domani, probabilmente potrebbe assicurare una vita dignitosa alle sue generazioni future fino alla quarta? A vivere a Messina, la risposta sarebbe scontata. Sì. Certamente. Un assunzione in una coop, una segnalazione a chi di dovere, uno scavallamento delle graduatorie per una casa popolare, anche solo un cassonetto da collocare sotto casa, giusto per evitare di attraversare la strada col sacchetto in mano, sposta una quantità di voti altrove inimmaginabile. Lo sa bene l esercito di consiglieri che del generale Francantonio Genovese sono i marescialli, i sergenti, i caporali, I ventimila che hanno votato l ex deputato ora fanno finta di niente. E sullo Stretto resta l alieno Accorinti i soldati semplici. Gli alti ufficiali no, quelli sono vittime dell ambizione di Genovese. Un ambizione per la quale l ex sindaco ha trascinato con sé la moglie Chiara Schirò e tutti i suoi più stretti collaboratori: gente che, come parecchi che oggi in città guardano dall altra parte fischiettando e facendo finta di niente, a Francantonio FRANCANTONIO GENOVESE /FOTO EIDON MESSINA Il pd Genovese nel carcere di Gazzi, spettacolo osceno di poteri vecchi e nuovi Il vuoto dopo la caduta del «re» Genovese, al suo «sistema», deve tutto: carriere politiche, posti di sottogoverno, assunzioni in quota, prestigio sociale, conti in banca. Tutto. Perché dallo zio pluriministro democristiano Nino Gullotti, Francantonio Genovese ha imparato l arte di amministrare facendo contenti tutti. Ad attenderlo all arrivo a Messina, giovedi sera, erano in molti, Andrea Colombo S ulla testa di Berlusconi Silvio le tegole preelettorali piovono una dopo l altra. La settimana prossima il suo braccio destro di sempre, Marcello Dell Utri, sarà in Italia. La data precisa del rientro forzato non è ancora stata decisa, ma il ministro della Giustizia libanese al Ayubi, su mandato del governo, ha dato ieri ufficialmente il via libera all estradizione. Probabilmente entro giovedì prossimo l uomo che ha materialmente costruito la prima Forza Italia sarà dunque un detenuto comune, anche se probabilmente gli verrà presto concessa una misura alternativa. Berlusconi non può commentare, stante il divieto di attaccare la magistratura. Infatti si tappa la bocca, fingendo però di tacere solo perché la vicenda è troppo grande: «È una faccenda che non riesco a commentare. Però sono smentiti quelli che dicevano che era andato in Libano per fare il latitante. È intelligente. Avrebbe scelto un paese senza estradizione». La seconda tegola ha il nome di un altro dirigente che gli è stato vicinissimo, Claudio Scajola. Ieri l ex ministro è stato interrogato per ben 6 ore nel carcere romano di Regina Coeli. Stavolta non si è avvalso della facoltà di non rispondere, come aveva fatto su consiglio del suo legale nel primo interrogatorio. Le risposte però sono state secretate dal procuratore nazionale antimafia Francesco Curcio e dal pm di Reggio Calabria Lombardo. La brutta notizia, per Berlusconi, è che la vicenda non sembra affatto avviata verso un rapido chiarimento. Un segnale in questo senso è proprio la decisione di secretare l interrogatorio. Un altro potrebbero essere le voci di un legame tra la raffica di arresti di ieri in Toscana e a Caserta per camorra e il caso Scajola. Tra i 18 arrestati ci sono infatti anche due poliziotti, uno in servizio alla Camera, l altro a palazzo Chigi, finiti ai domiciliari con l accusa di aver passato notizie riservate ai clan campani. Secondo alcune voci, peraltro non verificate, potrebbero esserci collegamenti tra questa inchiesta e quella su Scajola. ululanti, a darsi di gomito, ad accanirsi a cadavere ancora caldo. E almeno una buona metà di loro faceva la fila, anni fa, dietro la sua segreteria elettorale in via Primo Settembre. Almeno metà di loro presidiava la porta del suo ufficio a palazzo Zanca, quell ufficio in cui, da sindaco, metteva piede alle sei e mezza di mattina e ne usciva fuori alle otto di sera, negandosi a nessuno, sempre disponibile, sempre col bilancino in una mano ed il manuale Cencelli nell altra. E fuori il codazzo di questuanti. Molti dei quali, oggi, non attendevano altro che la Bmw X6 color bronzo di Nino Favazzo, legale di Genovese, scendesse dalla passerella di una delle navi traghetto di cui è comproprietario in quanto azionista di Caronte&Tourist, con dentro il deputato caduto in bassa fortuna e destinato al carcere dopo un rapido passaggio nella villa di famiglia per un bacio ai figli e qualcosa da mettere dentro la valigia. Tutti ad osservare la scena, per un pezzetto delle macerie della statua che cade e si frantuma. Cosa resta del potere politico a Messina? Poco, quasi niente. Col Pd che, da domani, senza guida diventerà una guerra tra bande, col centrodestra dimezzato nei numeri e azzerato nelle personalità dopo l uscita di scena di Giuseppe Buzzanca, con la troppo peculare esperienza di Renato Accorinti, di personalità di spicco c è giusto Gianpiero D Alia, ex ministro del governo presieduto da Enrico Letta e presidente dell Udc, il partito che non c è. Se non fosse che, delle sorti messinesi, D Alia non se ne è mai granché interessato. Forse perché, come disse un suo ex collega di partito, «la fatica lo disturba», e fare politica nella città dello Stretto, Genovese insegna, è una faticaccia. Una faticaccia ingrata. Che ogni tanto, incidentalmente, termina a Gazzi. Forza Italia / INTERROGATO SCAJOLA, DELL UTRI TORNERA IN ITALIA I giorni più neri dell ex Cavaliere Ora farà pesare il sì alle riforme Se a questo si somma l inchiesta sull Expo, che lambisce da vicino Arcore, risulta evidente che alla prova elettorale si arriverà sotto una tempesta di notizie giudiziarie che toccano tutte il partito azzurro e che certo non agevolano il già difficilissimo tentativo di rimonta. Attualmente, non c è un solo sondaggio reale che non lo dia sotto il 20%, ma l esito potrebbe rivelarsi ben più disastroso. Il diretto interessato, reduce ieri dalla seconda giornata di affidamento ai servizi sociali a Cesano Boscone («Per me è una parentesi di tranquillità», giura) reagisce come può. Definisce il caso Expo «un esagerazione della stampa». Non forza i toni sulle rivelazioni dell ex segretario al Tesoro Geithner, però insiste sulla richiesta di una commissione d'inchiesta che non ci sarà mai. Gli stessi fratelli separati dell Ncd, per bocca di Cicchitto, hanno comunicato ieri che per loro «non ce n è è motivo». Nonostante l ennesimo schiaffo, Berlusconi assicura che con l ex delfino bisognerà ricongiungersi: i moderati saranno costretti a stare insieme alle prossime elezioni. Se si dividono perdono». L improvvisa strategia del sorriso con gli alfaniani si spiega in parte con la necessità di rassicurare l'elettorato di centrodestra, ma in parte anche maggiore con la vera strategia su cui punta l ex onnipotente per dopo le elezioni: entrare nella maggioranza e al governo, portando in dote la richiesta di una riforma costituzionale centrata sull elezione diretta del premier. Subito, se possibile, oppure dopo elezioni politiche a breve col consultellum, che renderebbero l'intesa tra Renzi e Berlusconi obbligatoria. Berlusconi, figurarsi, conosce benissimo i sondaggi. Sa che registrano un testa a testa tra Renzi e Grillo il cui esito è incerto ma che molto difficilmente finirà con un vantaggio netto del baby. Sa che, per quanto i commentatori minimizzino, la fine della meteorica ripresa è un guaio immenso per il governo, sul piano dell immagine e ancor più su quello dei conti. Sa che senza i suoi voti, al Senato, non passa nessuna riforma. E si prepara a presentare il conto di un appoggio che, dopo il 25 maggio, potrebbe diventare questione di vita o di morte. LISTA TSIPRAS Alexis torna in Italia Lunedì la maratona Il sì di Camilleri Daniela Dalerci ROMA S arà a Milano a mezzogiorno, poi arriverà a Torino e infine approderà a Bologna per il comizio della sera, dalle 21 in piazza Maggiore. Alexis Tsipras, leader della greca Syriza e candidato presidente della Commissione della lista L Altra Europa torna in Italia lunedì 19 per il rush finale della campagna elettorale. Nel capoluogo lombardo sarà all università per un incontro con gli studenti, in quello piemontese nel pomeriggio farà una passeggiata dalla stazione di Porta Nuova fino all appuntamento di un iniziativa pubblica a Palazzo Nuovo. Kermesse di musica con Nicola Piovani, attori e sorprese invece nella serata di Bologna, condotta da Moni Ovadia - che è anche candidato - e la giovane autrice satirica Francesca Fornario (suoi due spassosi spot per la campagna elettorale della lista). A quell ora saranno noti i risultati del primo turno delle amministrative greche, che si svolgono domenica 18. Un risultato cruciale per la corsa verso il voto anticipato ad Atene, ma anche un (auspicabile) trampolino per le europee del 25 maggio. Per l occasione Bologna cambia toponomastica, almeno nelle indicazioni degli organizzatori: «Largo al reddito di cittadinanza» e «Largo all Europa sociale», «Via l Austerity», «Via il Fiscal Compact», così saranno ribattezzate altrettante vie intorno a piazza Maggiore, che ovviamente sarà «Piazza dell Altra Europa». Intanto ieri a Roma è stato presentato l appello di molti autori del mondo della cultura a sostegno della lista per Tsipras. Un iniziativa analoga la scorsa settimana era stata presentata in Grecia. «Siamo convinti che tra le disuguaglianze sociali c è anche l accesso ai saperi e alla conoscenza», scrivono a Tsipras, «È anche in questo senso che alcune forze intellettuali e politiche si battono per un altra Europa», «un Europa legata alle necessità e allo sviluppo dei popoli, che riconosca i diritti dei lavoratori della cultura, che difenda e sostenga i luoghi della produzione e diffusione culturale, che consideri la cultura, la conoscenza e la ricerca come bene pubblico e diritto inalienabile». «Serve che la sinistra metta questi temi al centro della sua interpretazione della realtà», che lavori «per un nuovo umanesimo che si opponga ai processo distruttivi che rischiamo di percorrere» dopo gli anni di Berlusconi che «hanno costruito un senso comune cui nemmeno una parte rilevante della sinistra (o meglio del centro-sinistra) si è sottratta». Promuove l appello il regista Citto Maselli. Tra gli altri aderiscono il pittore Enzo Apicella, il musicista Piero Arcangeli, il professor Mino Argentieri, l urbanista Paolo Berdini, lo storico Piero Bevilacqua, il costituzionalista Gianni Ferrara, l attrice e autrice Sabina Guzzanti, la storica Francesca Koch, lo scrittore Felice Laudadio. E anche Lucio Manisco, Ivano Marescotti, Paolo Pietrangeli, Antonio Veneziano, Edoardo Salzano e lo scrittore Ermanno Rea (che è anche candidato). Ma tra i moltissimi firmatari spicca il nome di Andrea Camilleri, padre del popolare Commissario Montalbano. Lo scrittore era stato fra i primi a promuovere la lista per Tsipras, ma poi non aveva accettato - con qualche polemica - di far parte del comitato dei garanti. Ora torna della partita. A tutti loro Tsipras si rivolgerà lunedì sera dal palco di Bologna.

5 SABATO 17 MAGGIO 2014 il manifesto pagina 5 ITALIA INTERVISTA Jean René Bilongo, dalle campagne di Castelvolturno alla Flai-Cgil: «Ci vuole un collocamento pubblico» «Così si combatte lo sfruttamento» Angelo Mastrandrea J ean René Bilongo viene dal Camerun, Africa nera, e conosce bene lo sfruttamento del lavoro migrante nelle campagne del centro-sud per un banalissimo motivo: ci ha lavorato per alcuni anni, «come bracciante e come mandriano per 700 mila lire al mese», a Castelvolturno, nel casertano. Per questo non fatica a credere all incredibile vicenda - raccontata ieri su queste pagine - dei sikh dell agro pontino dopati con anfetamine e oppio per non sentire la fatica e il dolore. Bilogno ha cominciato il suo impegno politico-sindacale proprio nella «little Africa» della Terra di lavoro, a Villa Literno nell associazione intitolata a Jerry Essan Maslo, l immigrato sudafricano ucciso nel 1989 in un tentativo di rapina finito male. Da allora non si è mai fermato: ha fatto il sindacalista di strada per agganciare gli I sikh al lavoro dopati? Dobbiamo lavorare insieme alle autorità indiane per risolvere il problema INDIANI SIKH AL LAVORO NELLE CAMPAGNE DELL AGRO PONTINO/ FOTO ANDREA SABBADINI SOPRA, IL SINDACALISTA DELLA FLAI-CGIL JEAN RENÉ BILONGO schiavi delle campagne, «poi abbiamo aperto la Casa dei diritti» intitolata ancora una volta a Masslo. Oggi è responsabile immigrazione della Flai-Cgil, «un approdo naturale per chi fa questo tipo di attività in provincia di Caserta». Bilongo, ha letto i racconti dei sikh di Sabaudia? Lo sfruttamento, i ritmi insopportabili, il ricorso alle droghe, fornite da caporali e a volte direttamente dai datori di lavoro. Conosco molto bene la situazione dei lavoratori nelle campagne del basso Lazio. Lì abbiamo organizzato, nel 2010, il primo sciopero dei sikh d Italia. C è bisogno di un percorso da fare insieme alle autorità indiane. Dobbiamo lavorare per questo. Lei, oltre che il lavoratore nei campi, ha fatto anche il sindacalista di strada. Quali sono le storie che si incontrano svolgendo questo tipo di attività? L attività di strada è un opzione strategica per noi della Flai- Cgil. Non avremmo altrimenti altro modo per rintracciare questo tipo di lavoratori. Devi andare nei luoghi in cui essi si riuniscono, dove attendono i caporali, per far sapere loro che possono contare su di te. Come si fa ad avvicinarli? Ci vuole molto tatto. Non bisogna fare nessuna irruzione, si va in punta di piedi e bisogna pian piano conquistare la loro fiducia. In genere, se si riesce a risolvere un problema pratico a qualcuno poi finisce che anche gli altri ti si avvicinano. Noi andiamo oltre la nostra vocazione sindacale: facciamo doposcuola ai bambini, se qualcuno ha bisogno di una visita in ospedale lo accompagniamo e cose del genere. Abbiamo il dovere di tutelare queste persone. Il fatto di avere nelle strutture territoriali molti sindacalisti indiani, rumeni, albanesi, subsahariani ci aiuta, ovviamente, a instaurare un rapporto di fiducia con questi lavoratori. I luoghi dello sfruttamento aumentano sempre più. Da Rosarno alla Capitanata e al casertano. Ora l agro pontino. Nel centro-sud si lavora ormai in condizioni da terzo mondo quasi ovunque, in agricoltura. Non c è solo il sud. Certo, in alcune aree del Paese caporalato e sfruttamento sono plateali, e le maggiori difficoltà le incontriamo in territori problematici. Al nord, però, spesso abbiamo istituzioni e forze politiche che tendono a negare che esista un problema, però si ascoltano le stesse storie e accadono cose analoghe. Lo sfruttamento del lavoro migrante non è una prerogativa meridionale. Esso c è dappertutto, anche se con dimensioni diverse, naturalmente. Avete mai avuto problemi con i datori di lavoro o con la criminalità organizzata? Spesso. Accade che possano accadere degli episodi anche violenti. Io stesso ho vissuto di persona, in Puglia, un aggressione da parte di un imprenditore perché eravamo entrati nelle sue terre. Spesso ci accade di dover affrontare casi di licenziamenti o di mancata erogazione del salario. In questi casi si chiama il datore di lavoro e può succedere che questi arrivi alla Camera del lavoro e cominci a inveire e minacciare. In questi casi è determinante il peso dell organizzazione: quando capiscono di avere a che fare con una struttura forte, alla fine un po tutti si calmano e sono costretti a cedere. Questo accade quando ci si trova di fronte a lavoratori precari ma, almeno formalmente, in regola dal punto di vista contrattuale. Poi c è il sommerso. Ce n è tanto. È una questione storica, in Italia, e riguarda non solo gli immigrati. Unita allo sfruttamento, diventa una miscela esplosiva. È questa condizione che genera la schiavitù. Ormai accade di tutto. Il fenomeno più recente sono gli schiavi importati direttamente dalla Romania. Lavorano in Italia con contratti di lavoro rumeno, grazie a finti distacchi di lavoro. Tanto sono comunitari e possono liberamente circolare in Europa. Insomma, orari e condizioni di lavoro italiani e paghe rumene. Ha un idea di come si potrebbe combattere con efficacia queste forme di sfruttamento? Noi stiamo lavorando su tre fronti. Il primo è una riforma del mercato del lavoro in agricoltura. La questione principale è riuscire a far incontrare legalmente domanda e offerta. Il secondo, legato a quest ultimo obiettivo, è la creazione di un collocamento pubblico, e su questo sono d accordo anche Cisl e Uil. Il terzo è la cooperazione con i paesi d origine degli immigrati. Abbiamo già aperto uno sportello in Tunisia e altri stiamo tentando di crearne in Romania e Bosnia. IL CASO Tre interrogazioni alla Camera e una al Senato, da Pd e Sel «Sikh dopati, il governo intervenga» An. Sci. «I l modello americano non lo vogliamo: ci teniamo al nostro contratto». I lavoratori del turismo e della ristorazione a partire dai più noti, quelli di McDonald s e Autogrill ieri hanno scioperato per l intero turno, per dire no al ricatto posto dalla Fipe, l associazione di Confcommercio che vuole rivoluzionare i rapporti in Italia. Imponendo dei regolamenti aziendali unilaterali al posto del contratto nazionale, già disdettato. C è già il modello Marchionne a fare da apripista, è vero, ma la Fiat ha perlomeno messo in piedi un contratto separato, che una parte del sindacato ha comunque firmato. E i regolamenti, li firmerebbe qualcuno? «Noi sicuramente no dice Christian Sesena, segretario nazionale Filcams Cgil e penso neanche gli altri. Se si volesse mettere davvero in campo questo sistema, avremmo sicuramente modo di reagire, con le vertenze sindacali e in campo giuridico. Tra l altro, se è vero che le grandi catene desiderano questa trasformazione, credo che ai piccoli non farebbe comodo una micro-vertenzialità continua e diffusa. Pesano anche loro dentro la Fipe». L associazione di Confcommercio ha già disdettato il contratto a partire dal primo maggio, ma ultimamente dopo che era stato annunciato lo sciopero era giunta a più miti consigli, rinviando la disapplicazione al prossimo 1 gennaio: senza però rinunciare alla disdetta. Nel contempo, si è detta disponibile ad avviare un confronto. «Noi ci siederemo al tavolo, ovviamente dice Sesena Ma sappiano che non firmiamo accordi a perdere. Ci teniamo al contratto nazionale». ROMA Q uattro interrogazioni parlamentari (tre alla Camera e una al Senato) sono state presentate ieri mattina, immediatamente dopo la lettura del reportage del manifesto e la presentazione (avvenuta nella mattinata) del dossier dell associazione In Migrazione sui sikh dopati nelle campagne dell agro pontino. Alla Camera, la prima interrogazione porta la firma del presidente della Commissione Ambiente Ermete Realacci (Pd), che ha chiesto ai ministri dell Interno Angelino Alfano e del Lavoro Giuliano Poletti «se siano a conoscenza di questa vicenda e se i fatti corrispondano al vero, quali iniziative urgenti di polizia e di controllo delle condizioni di lavoro nella provincia di Latina vogliano mettere in capo per spezzare questa forma criminale di schiavitù, che non onora l Italia, né le numerose produzioni agroalimentari di qualità della provincia pontina». La seconda porta la firma dei deputati, sempre del Pd, Pippo Civati e Davide Mattiello, che hanno chiesto ai ministri Alfano e della Giustizia Andrea Orlando «se risultino inchieste in corso sulle vendite di sostanze stupefacenti in provincia di Latina alla comunità sikh e se nella gestione del lavoro agricolo siano coinvolte organizzazioni di tipo mafioso». Un analoga interrogazione è stata presentata al Senato da Felice Casson, Lucrezia Ricchiuti e Walter Tocci (Pd), per i quali «vicende di questo tipo sono intollerabili sia sul piano umano che economico, giacché la riduzione in schiavitù è un reato che lede la dignità della persona e ha anche gravi ripercussioni sul tessuto civico ed economico di una comunità». La deputata Marisa Nicchi (capogruppo Sel in Commissione Affari Sociali) ha invece presentato un interrogazione al ministro della Salute Beatrice Lorenzin e a quello del Lavoro Poletti per chiedere uno «screening sanitario e verificare le condizioni degli indiani sikh sottoposti alle droghe», nonché a prevedere «eventuali cure mirate a curare gli eventuali effetti sull organismo predisponendo canali dedicati nelle strutture sanitarie». Contestualmente, l interrogazione chiede di istituire «una task force di ispettori in tutto l Agro Pontino per monitorare le reali condizioni lavorative dei braccianti e prevenire situazioni di grave sfruttamento». TURISMO Alberghi e fast food scioperano contro la Fipe: no ai regolamenti aziendali. Il caso Sarni «I Mc-contratti non ci piacciono» SCIOPERO DEI LAVORATORI DEL TURISMO /FOTO BIAGIANTI La Filcams si appella anche al governo: «Ha mediato per la vertenza Electrolux dice il segretario Filcams Perché adesso Renzi non pensa anche a questi lavoratori? Tra alberghi, fast food e tour operator si tratta di um milione di persone: spesso giovani e precari, mamme con situazioni difficili. Si parla pochissimo di noi, ma finalmente con lo sciopero abbiamo bucato il silenzio mediatico». La «fortuna» (se così si può dire) di questo sciopero del turismo, è stato il fatto che la mobilitazione non era limitata solo all Italia: era anzi stata indetta dagli Usa, e ha coinvolto ABU OMAR «Nero sipario» salva Sismi, per la Cassazione S ul segreto di stato, il «nero sipario» fatto calare sugli atti illegali compiuti dal Sismi per aiutare gli uomini della Cia a rapire Abu Omar, riesplode il conflitto tra la Cassazione e la Corte Costituzionale. La Consulta - accusa la Suprema Corte - ha «abbattuto in radice» con la sentenza n.14 del 2014, l'ultima e definitiva ciambella di salvataggio lanciata ai servizi e a Palazzo Chigi, «ogni possibile controllo della magistratura sul potere di segretazione consegnandolo alla discrezionalità della politica». Solo per «neutrale lealtà istituzionale», la Cassazione ha preso atto della «dirompente» e «dilacerante» decisione della Consulta che ha cancellato le pesanti condanne inflitte nell'appello bis, il 12 febbraio 2013, agli ex vertici del Sismi, Nicolò Pollari e Marco Mancini. «Inaspettatamente» la Consulta ha tracciato «quell'ampio perimetro» di immunità. Sul banco degli imputati ci sono i giudici costituzionali colpevoli di aver minato «alla radice la possibilità stessa di una verifica di legittimità, continenza e ragionevolezza dell'esercizio del potere di segretazione in capo alla competente autorità amministrativa, con compressione del dovere di accertamento dei reati da parte dell'autorità giudiziaria che inevitabilmente finisce per essere rimessa alla discrezionalità della politica». E tutto ciò, prosegue la Suprema Corte, «non può non indurre ampie e profonde riflessioni che vanno al di là del caso singolo» e attingono i «capisaldi dell'assetto democratico del Paese». (con diverse iniziative il 15 maggio) ben 33 paesi: in particolare, però, la protesta mondiale riguardava i fast food: #FastFoodGlobal lo slogan sui social. Presidi un po ovunque, soprattutto nelle grandi città, ma si sono mobilitati anche marchi meno noti al grande pubblico. Ad esempio Sarni, una catena di ristorazione autostradale che ha rilevato i punti della Fini. Un lavoratore iscritto alla Filcams Cgil manteniamo l anonimato per tutelarlo ci spiega che come in McDonald s e Autogrill spesso il lavoro è precario ed esposto a rischi. «Abbiamo part time, spesso di 20 o 24 ore, con cui fai massimo 750 euro al mese spiega il lavoratore Sarni Inoltre l azienda ha disdettato il contratto della Fipe, e ne applica uno peggiore, quello siglato dalla Cisal nei locali meridionali. Lo stesso è avvenuto con l integrativo». Si peggiora di continuo, quindi, su orari, maggiorazioni, relazioni sindacali. Aumentano gli stagionali e le assunzioni a tempo indeterminato sono una chimera. Senza contare i rischi per la sicurezza: «Un capitolo che non è certo la priorità per la nostra azienda dice il lavoratore E come in Aurogrill c è il problema di personale insufficiente, e delle notti che spesso deve fare una lavoratrice da sola».

6 pagina 6 il manifesto SABATO 17 MAGGIO 2014 DIRITTI AL VOTO Italia Napolitano: «Vicinanza alle vittime di aggressione e di discriminazione basate sull orientamento sessuale o sull identità di genere. Promuoviamo l inclusione» Omofobia Italian pride E. Ma. ROMA L Europa a due velocità, sul tema dei diritti delle persone omosessuali, transessuali e intersessuali. «Una dicotomia che vede i Paesi dell Ue, come nel mondo, muoversi in due direzioni opposte: da una parte certi Stati dell ex Unione sovietica, africani o mediorientali e dall altra il Nord Europa ma anche la Spagna, il Brasile o Malta», afferma Jan Jarab, rappresentante regionale per l'europa dell'alto commissariato Onu per i diritti umani. E l Italia ovviamente fa compagnia ai primi, invece che ai secondi. «Devo dire che il vostro Paese ricopre la posizione più bassa nell Europa a quindici», spiega poco dopo Dennis Van der Veur (European union agency for Fundamental right). Arrivano a Roma, in occasione della giornata internazionale contro l omofobia, per partecipare a un convegno organizzato alla Farnesina dal ministero degli Affari esteri su «le persone Lgbti nella realtà odierna», e non possono fare a meno di spiegare ai delegati presenti, provenienti da tutti i Paesi dell Ue, che l Italia è in compagnia della Luca Kocci D a Lisbona ad Amsterdam, da Madrid a Liverpool, poi Siviglia, Porto e Barcellona. In molte città europee questa sera e domani si svolgeranno veglie contro l omofobia e la transfobia organizzate dai gruppi degli omosessuali credenti. Appuntamenti quasi sempre di carattere ecumenico ospitati nelle chiese cattoliche, valdesi, metodiste, luterane e anglicane. Un tema tabù nella Chiesa dei «principi non negoziabili» quello dell omosessualità, parzialmente riaperto dopo le parole di Papa Francesco, l estate scorsa, sul viaggio di ritorno dalla Giornata mondiale della gioventù di Rio: «Chi sono io per giudicare un gay?». Affermazioni che mostrano un approccio pastorale più aperto ma che non modificano di una virgola la dottrina cattolica, nella quale gli atti omosessuali sono considerati «gravi depravazioni», «intrinsecamente disordinati» e «contrari alla legge naturale». E che soprattutto non piegano la rigidità della maggior parte degli episcopati europei. Durissima è stata in Francia l opposizione dei vescovi contro la legge, approvata dal Parlamento, del "matrimonio per tutti". In Portogallo dove pure il matrimonio fra omosessuali è ammesso la Conferenza episcopale ha da poco pubblicato una lettera pastorale «A proposito dell ideologia di genere»: il matrimonio fra persone dello stesso sesso «contrasta con la Bibbia e con la verità della persona», hanno scritto i vescovi lusitani. E pochi giorni fa in Spagna Il Belpaese all ultimo posto in Europa per i diritti delle persone Lgbti. Insieme a Croazia, Cipro, Grecia, Irlanda e Russia Croazia, di Cipro, della Grecia o dell Irlanda, cioè all ultimo posto nella triste classifica della mancanza di tutele giuridiche per questo tipo di minoranze (e non solo), per le discriminazioni e gli episodi di violenza omofobica e transfobica. Arrivano in questo contesto, le parole scritte dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano al sottosegretario ai Rapporti con il Parlamento Ivan Scalfarotto, presente al convegno: «S'impone e va decisamente promossa una cultura dell'inclusione e del rispetto di ogni differenza con iniziative adeguate ed idonee nella famiglia, nella scuola, nelle varie realtà sociali ed in ogni forma di comunicazione». Il capo dello Stato esprime, «in occasione dell'ottava giornata internazionale contro l'omofobia e la transfobia», la sua «vicinanza a quanti sono vittime di aggressioni e di atti di discriminazione, più o meno latente, basata sull'orientamento sessuale o sull'identità di genere delle persone. Ne sono stati testimonianza tragici episodi di rinuncia alla vita da parte di giovani umiliati e offesi». Parole che fanno un certo effetto, mentre scorrono sullo schermo le slide di presentazione di un sondaggio condotto dall Agenzia per i diritti fondamentali dell Ue nei 28 Stati membri a cui hanno risposto 93 mila persone Lgbti (13 mila solo in Italia, il miglior riscontro dopo la Germania), con i dati che descrivono il Belpaese sulla strada più dell Uganda o della Russia che della Gran Bretagna o perfino della Polonia, «Paese dove spiega ancora Jarab fino a poco tempo fa si volevano introdurre misure omofobiche e oggi invece si colloca decisamente dall altro lato del fiume». Se TABÙ La mobilitazione dei credenti, questa sera in molte città europee Veglie cattoliche contro l intolleranza dove la Conferenza episcopale è più volte intervenuta sul tema il vescovo di Malaga Catalá Ibáñez, durante un incontro con gli studenti delle scuole cattoliche, ha detto che «quella del matrimonio omosessuale è una legge inventata dagli uomini. A questo punto si potrebbe parlare anche del matrimonio tra una neonata di tre giorni e un uomo di settanta anni o di quello tra un uomo e un cane». La contraddizione resta, perché quelle dottrinali sono questioni non aggirabili se la Chiesa intende modificare realmente ed efficacemente la pastorale. Anche per tentare di ricomporre la frattura che sembra farsi sempre più netta con Ma le aperture di monsignor Galantino, in linea con Bergoglio, rimangono minoritarie tra i vescovi italiani buona parte dei fedeli, come dimostrano per esempio le risposte date dai cattolici di alcuni Paesi alle domande del questionario predisposto dalla Santa sede in vista del Sinodo sulla famiglia del prossimo ottobre. I cattolici tedeschi, pur respingendo l ipotesi del matrimonio, sono favorevoli ad una «benedizione comunitaria» delle coppie omosessuali e segnalano come la Chiesa abbia «una morale sessuale lontana dalla vita reale». Il 60% dei cattolici svizzeri sostiene il riconoscimento e la benedizione da parte della Chiesa delle coppie omosessuali. E anche dal Belgio arriva un indicazione analoga. Più sfumato, ma ugualmente aperturista, il giudizio dei cattolici francesi, i quali vorrebbero dalla Chiesa un atteggiamento «accogliente, senza giudizio né rifiuto» nei confronti delle coppie omosessuali. In Italia la situazione appare più ingessata, anche perché la Conferenza episcopale, a differenza di quelle di altri Paesi, non ha diffuso i dati del questionario, limitandosi a dire che le risposte sono in linea con le posizioni ufficiali del magistero. Hanno destato scalpore le parole del segretario generale della Cei, mons. Galantino, minoritarie fra i vescovi ma in linea con quelle di papa Francesco (che lo ha voluto ai vertici della Cei). Di fronte ad una coppia di credenti omosessuali «mi metterei in ascolto della loro storia», ha detto Galantino qualche giorno fa in un intervista al QN. E ha poi ribadito sul suo profilo Facebook che «non vi sono argomenti dei quali un credente non possa o debba discutere, quasi ci si trovasse di fronte a dei tabù», invece «spesso purtroppo è più comodo fare e proporre crociate». Anche in Italia oggi e domani, in oltre 25 città, si svolgeranno veglie antiomofobia che stanno gradualmente uscendo dalla clandestinità dei primi tempi (otto anni fa), tanto che molte verranno ospitate dai parroci nelle loro chiese. Resta l opposizione dei gruppi integralisti: sui muri delle Chiese valdesi di Bergamo e Roma che ospitano alcune iniziative la scorsa notte sono apparse scritte omofobe («No froci») con svastiche e croci celtiche. Una violenza difficile da estirpare. la media europea delle persone Lgbti che si sono sentite vittime di discriminazione o violenza dal 2008 ad oggi è del 50%, da noi arriva al 54%, secondo il sondaggio. È in particolare sul posto di lavoro o durante la ricerca di un occupazione, che la discriminazione sessuale si fa più pesante in Italia, rivela ancora Van der Veur. Al contrario, invece, nelle scuole italiane i ragazzi sotto i 18 anni appartenenti alla comunità Lgbti non sono particolarmente oggetto di bullismo: in Grecia, Olanda o Danimarca ne hanno riportato testimonianza l 80% degli intervistati (67% è la media europea). Vere e proprie molestie sessuali o crimini di odio sono stati agiti contro il 26% degli intervistati europei, ma solo il 22% di loro ha sporto denuncia. Infine una domanda semplice ma simbolica sulla paura di tenersi mano nella mano per strada. «Il 66% ha risposto sì in tutti gli Stati membri, in Italia il 61%», conclude Van der Veur. Eppure anche da noi comincia a intravvedersi una piccola luce in fondo al tunnel: qualche giorno fa il sottosegretario Scalfarotto ha sottoscritto a Malta insieme ad altri 16 governi europei una dichiarazione d intenti per la tutela dei diritti Lgbti. Piccole cose, come il riconoscimento dei pari diritti ai dipendenti omosessuali del corpo diplomatico della stessa Farnesina. O la scelta di ospitare a Roma la prossima riunione della rete governativa europea dei Focal points Lgbti. Manca solo tutto il resto: prima di tutto una legge che punisca l omofobia come il razzismo. Almeno quella. Intervista/IL SOTTOSEGRETARIO BENEDETTO DELLA VEDOVA «Il matrimonio gay come il divorzio Il paese è pronto, la politica acceleri» Eleonora Martini ROMA «I n Italia c'è un ritardo incomprensibile, o troppo comprensibile, sul riconoscimento giuridico delle coppie di fatto, e in particolare omosessuali, che pone l'italia a distanza dai principali Paesi europei». Non può non notarlo, il sottosegretario agli Esteri Benedetto della Vedova (Sc), aprendo i lavori del convegno alla Farnesina sulle persone Lgbti. «Personalmente penso che quando si arriverà ad un pieno riconoscimento del matrimonio paritario o di un'altra forma robusta sarà sempre troppo tardi». Vede tracce dei diritti delle persone omosessuali e transessuali nella campagna elettorale per il prossimo voto europeo? Sarebbe bello se nella prossima settimana si parlasse anche di diritti civili in Europa e si mettesse in risalto il ritardo italiano sulla questione Lgbti rispetto a quasi tutti i Paesi europei. E magari si discutesse anche di uno standard europeo dei diritti. Bisogna cambiare l'europa per cambiare l'italia, e viceversa. Penso che un accelerazione su questi temi sarebbe accolta molto positivamente anche da noi. Non sto seguendo molto le campagne elettorali degli altri Paesi, ma se pensiamo ai principali, la questione in parte è già stata affrontata e risolta, oppure si discute di fare ulteriori passi in avanti, come in Gran Bretagna. In Italia però la politica è su posizioni meno avanzate della società, che non è diversa dal resto dell Europa. E la questione Lgbti scompare dal dibattito elettorale perché c è una sorta di don t tell don t ask. Si ritiene, a torto, che i cittadini non siano interessati. Invece, a 40 anni dalla battaglia sul divorzio, dovremmo ricordare che anche allora sembrava che il Paese non fosse pronto. Non era così, e secondo me il tema si ripropone ora un po allo stesso modo. Lei auspica uno standard europeo dei diritti. L occasione può essere il semestre di presidenza italiana del Consiglio europeo? Fermo restando i principi generali, sono i singoli Paesi che devono muoversi. Ma noi abbiamo una sentenza della Consulta che è chiarissima rispetto al fatto che il pieno rispetto dell articolo 2 della Costituzione sulle formazioni sociali coinvolge anche le coppie omoaffettive. Dovrebbe bastare quello per muovere il parlamento a recuperare velocemente l ingiustificabile ritardo accumulato che pesa sulla vita di centinaia di migliaia di persone. Parlo di standard europeo, ma non perché debba servire a imporre qualcosa all Italia. Non dovrebbe essere necessaria nemmeno la Corte costituzionale, ma c è già quella sentenza a stimola la maggioranza politica verso un accelerazione. Che io auspico. Ha detto che c è un «un ritardo incomprensibile sul riconoscimento giuridico delle coppie omosessuali». Ma non dovrebbe accusare soprattutto la sua parte politica: il centrodestra? No, non Scelta civica. È anche questa una delle ragioni per cui ho lasciato il Pdl. E ora non mi collocherei più nell area del centrodestra. Comunque oggi vedo che anche dentro Forza Italia si cominciano a vedere posizioni diverse: penso a Galan, Prestigiacomo e altri. Sono convinto che, se si parte, i numeri in parlamento ci sono per un riconoscimento giuridico pieno delle coppie omosessuali. Temi riguardo ai quali siamo un po tutti vittime di paure che non hanno ragione di esistere. Perché, sia sul fronte della società che del diritto - richiamo di nuovo la Consulta, ci muoviamo su un terreno molto preparato. C è solo una minoranza che è contraria, molto attiva ma pur sempre una minoranza. Eppure il testo di legge contro l odio omofobico e transfobico, che avrebbe dovuto essere molto più facile da digerire rispetto al matrimonio gay, è stato approvato con troppa difficoltà alla Camera e ora è bloccato al Senato. Sì, alla Camera è passato un testo su cui si può discutere, e ora al Senato bisognerà riprenderlo. Sicuramente c è una minoranza contraria pugnace. Ma il motivo sta anche in tutta una serie di priorità istituzionali ed economiche che hanno assorbito le attività del Senato. Per quel che mi riguarda però penso che non può passare un altra legislatura in cui il Parlamento si dimostri impotente sulla questione omofobia e sui diritti delle coppie omosessuali.

7 SABATO 17 MAGGIO 2014 il manifesto pagina 7 DIRITTI AL VOTO Europa Famiglie Arcobaleno, la denuncia di Camilla Seibezzi: «Ci sono minori che in uno stato hanno due genitori e se passano il confine ne hanno uno solo» Agenda in dieci punti promossa da Arcigay e Anddos: per una definizione inclusiva di «famiglia» Il partito democratico terzo in classifica A SINISTRA, IN PIAZZA CONTRO L OMOFOBIA/FOTO ATTILIO CRISTINI. A DESTRA, IN PIAZZA PER I DIRITTI LGBT IN FRANCIA/FOTO REUTERS LA CAMPAGNA Le pagelle delle associazioni: Lista Tsipras meglio di 5 Stelle «Comincia tu, vota friendly» Mauro Caterina VARSAVIA C è un istallazione artistica a Varsavia, nella centralissima Plac Zbawicielna, che si chiama Tecza (arcobaleno). Una grande arco di ferro nel bel mezzo della piazza, di fronte alla chiesa del Santo redentore, ricoperto di fiori artificiali che riproducono i sette colori dell iride. Un opera concepita e realizzata da Julita Wojcik, la terza di una serie di istallazioni simili, eretta a Varsavia nel giugno del L intenzione dell artista polacca era quella di evocare i sentimenti positivi che scaturiscono dalla visione di un arcobaleno come l amore, la pace, la speranza: un simbolo universale e apolitico. Nel giro di poco tempo, però, l istallazione è diventata «simbolo e riscatto» del movimento Lgbt polacco, che mai come in questi ultimi anni sta cercando di emergere dall oblio in cui sembrava essere stato relegato e schiacciato dalla storia, dal conservatorismo politico e dal radicalismo cattolico. Ed è per questo motivo che "l arcobaleno di Varsavia" è stato oggetto di vandalismo per ben quattro volte. L ultima (la più eclatante) l 11 novembre 2013, quando durante la marcia per la festa nazionale dell indipendenza, un nutrito gruppo di "fascisti" è uscito dal corteo per dare alle fiamme il monumento e poi dirigersi verso l ambasciata russa e prenderla d assalto. La maggior parte di loro faceva parte di Ruch narodowy, uno dei movimenti più oltranzisti dell estrema destra polacca che, per la cronaca, alle europee del 25 maggio si presenterà dentro una listone insieme ai neonazisti ungheresi di Jobbik (oltre il 20% alle politiche di aprile in Ungheria). L arcobaleno di Varsavia è stato ricostruito e il sindaco della capitale ha dichiarato che sarà per l ultima volta. Se la destra extraparlamentare usa il "fuoco" per esprimere la proprie opinioni sul movimento Lgbt, la destra nazionalista istituzionale si accontenta delle "parole di fuoco", come quelle enunciate dal deputato di Prawo i sprawiedliwosc (Legge e giustizia, Pis) che ha definito l istallazione «un arcobaleno culattone», o come quelle di Stanislaw Pieta, anche lui di Pis, che si è lamentato dell arcobaleno perché «urta la sensibilità dei fedeli», essendo posizionato di fronte a una chiesa. A proposito. Ovviamente non poteva mancare l anatema clericale, impersonato da padre Tadeusz Rydzyk, direttore e fondatore di Radio Maryja, voce del fondamentalismo cattolico in salsa polacca che sul monumento si è espresso con queste parole: «E un simbolo di devianza». Il padre redentorista è a capo di un impero mediatico (radio, tv, giornale, università di giornalismo) ed è molto influente all interno della sfera pubblica del Paese. Il suo quartier generale è a Torun, la città di Copernico. Eravamo stati lì nel 2007, per un reportage su Radio Maryja e in quell occasione ci eravamo avvicinati ad un gruppetto di ragazzi e ragazze imbavagliati che distribuivano volantini ai passanti in pieno centro, davanti Polonia/ L ANATEMA CLERICALE DI PADRE RYDZYK, ZAR DI UN IMPERO MEDIATICO L odio fondamentalista all ombra dell arcobaleno di Varsavia alla statua di Copernico, in cui si spiegava il motivo della protesta: «I media ci oscurano, gay e lesbiche in Polonia sono discriminati e nessuno ascolta le nostre ragioni». Da allora la situazione non è migliorata di molto. La Polonia resta uno dei paesi europei meno tolleranti, anche se sono stati fatti dei grandi passi avanti. Per esempio, in parlamento oggi siede Anna Grodzka, il primo deputato transessuale della storia polacca, eletto tra le fila di Ruch Palikota, il movimento politico libertario e anticlericale fondato da Janusz Palikot che ha fatto dei diritti civili il suo cavallo di battaglia, guadagnandosi il supporto delle associazioni Lgbt e diventando la terza forza politica del Paese col 10% dei voti alle ultime politiche. Cosa non da poco, visto che i media hanno iniziato a dare spazio alle istanze del movimento Lgbt polacco, scatenando un dibattito dentro l opinione pubblica sul tema che fino a pochi anni fa era inimmaginabile. Alcuni giorni addietro, in uno dei programmi d approfondimento più seguiti della tv di stato, una coppia lesbica ha raccontato la propria storia: dal "coming out" alla nascita del loro primo figlio. Ebbene, hanno deciso di trasferirsi in Gran Bretagna. «La Polonia non è tollerante hanno detto - non tanto la comunità in cui viviamo, che anzi si è dimostrata affettuosa e comprensiva nei nostri confronti, ma paradossalmente sono state le istituzioni a mostrare intolleranza e sarcasmo: scuole, uffici, ospedali». Forse le nuove generazioni sapranno ribaltare lo status quo, nonostante molti giovani rimangano scettici sulla prospettiva. Una di loro è Paulina Ferenc, 26 anni, laurea in economia che con un italiano fluente (Erasmus a Bari) ci confida le sue perplessità. «Sono indignata per come i politici del mio Paese hanno commentato la vittoria di Conchita Wurst. In Polonia si sono raggiunti livelli di volgarità impressionanti. Ma quello che più mi ha fatto riflettere, è stato leggere su facebook i commenti beceri di molti "amici", ragazzi della mia età. Tutto ciò è veramente triste». Jacopo Rosatelli L Unione europea ha fatto molto per i diritti di gay, lesbiche e transessuali, ma potrebbe fare ancora di più. Ne è convinta Ilga-Europe, la rete di associazioni «arcobaleno» di tutto il Vecchio continente, che in vista delle elezioni del 25 maggio ha promosso la campagna Come out. Obiettivo: chiedere ai candidati di ogni schieramento e di tutti i 28 Paesi membri della Ue di esprimersi su una precisa piattaforma di rivendicazioni. Tra i dieci punti che la compongono: l adozione di una road map per il riconoscimento di uguali diritti, il completamento della legislazione contro le discriminazioni e un impegno normativo contro la violenza omotransfobica e a tutela delle vittime, la promozione di una definizione inclusiva di famiglia (che comprenda cioè anche i nuclei monogenitoriali e omogenitoriali), e la tutela dei diritti delle persone trans, anche attraverso la revisione dei requisiti per il riconoscimento giuridico di genere. Un tema, quest ultimo, che interessa in particolare l Italia, dove quel riconoscimento è vincolato al completamento di un iter chirurgico. La piattaforma contiene anche azioni contro il bullismo scolastico, contro la discriminazione e le disuguaglianze nelle politiche per la salute, e garanzie sulla piena attuazione della legislazione Ue in materia di richiedenti asilo gay, lesbiche, transessuali e intersex. In Italia la piattaforma Come out è alla base della campagna «A far l Europa comincia tu», ideata da Arcigay e Anddos(Associazione nazionale contro le discriminazioni da orientamento sessuale), che si pone lo stesso scopo dell iniziativa continentale: fare uscire allo scoperto gli aspiranti eurodeputati chiedendo la loro opinione sulle rivendicazioni del movimento omosessuale. I risultati sono a disposizione di tutti sul sito che offre una vera e propria guida ragionata ai candidati gayfriendly e a quelli in odore di omofobia. La lista che è risultata più sensibile è L Altra Europa con Tsipras (dato aggiornato a ieri: 44 adesioni), seguita dal Movimento 5Stelle (34 firme). Terzo, il Partito democratico (29), che annovera nelle proprie file un noto esponente del movimento gay come il combattivo piemontese Daniele Viotti (area Civati), ma anche altrettanto note onorevoli assai poco sensibili a questo genere di rivendicazioni, come le cattoliche Silvia Costa e Patrizia Toia. Su questa ambiguità pone l accento Camilla Seibezzi, candidata per la Lista Tsipras nella circoscrizione Nordest: «A furia di moderare le proprie posizioni, il Pd ha perso l anima: non si capisce mai che intenzioni abbia sul tema dei diritti, a partire dal matrimonio egualitario. Anche il Movimento di Grillo - ragiona Seibezzi - soffre dello stesso problema, perché contiene al proprio interno gruppi che la pensano in modo molto diverso: non ha una linea, e questo lo differenzia dalla nostra lista, che ha invece un programma univoco a favore dei diritti della comunità glbti, dentro un perimetro di valori molto chiaro». Nel ruolo di delegata del sindaco di Venezia a diritti civili e politiche contro le discriminazioni, Seibezzi è diventata la nemica numero uno degli omofobi italiani per la sue proposte di inserire la dicitura genitore (al posto di madre e padre) nei moduli per l iscrizione agli asili nido, e di aprire alle coppie omosessuali l assegnazione delle case popolari. Al di là delle polemiche, lei va fiera delle buone pratiche che nel suo comune è riuscita a mettere in atto: «I municipi generalmente sono più vicini all Europa di quanto non sia il governo nazionale». Se verrà eletta a Strasburgo, la consigliera veneziana promette che si batterà per far affermare «il principio dei diritti unici: non si contrappongono quelli sociali a quelli civili, come fanno i conservatori. Attribuire nuovi diritti non significa toglierli a quelli di qualcun altro: le nuove forme familiari - argomenta - non sono in contrapposizione a quelle tradizionali, come invece vogliono fare credere i gruppi di destra». Per Seibezzi il matrimonio egualitario (compresa l adozione) va introdotto in tutta Europa. E vanno sanate con urgenza vere e proprie ferite ai diritti, ma anche al buonsenso: «All interno della Ue ci sono famiglie che in uno stato esistono, ma appena valicano una frontiera non esistono più. L Italia - afferma la candidata della Lista Tsipras - si riempie la bocca con i diritti dell infanzia, ma non riconoscendo le famiglie omogenitoriali lascia milioni di bambini senza alcuna tutela legale. Ci rendiamo conto che ci sono minori che in uno stato hanno due genitori e se attraversano un confine ne hanno uno solo?». Se la Rai tifa per l astensionismo Siamo a 10 giorni dal voto per il rinnovo del Parlamento europeo. Fatto assolutamente inedito nella storia dell'unione gli elettori potranno indicare il Presidente della Commissione europea, l'esecutivo della Ue. Per la prima volta i candidati espressi dalle formazioni politiche del vecchio continente si confrontano in eurovisione rispondendo alle domande di una giornalista. E che cosa fa la Rai, solita esibire i galloni del «servizio pubblico»? Trasmette il dibattito su Rainews24. Risultato: spettatori, share 0,47. Ma come? Non era l'astensionismo il più temuto nemico da contrastare? Non si lamenta quotidianamente l'indifferenza dei cittadini per l'europa? Non si spendono forse fior di quattrini in spot che dovrebbero spingere gli italiani alle urne? Certo, la giornalista che rivolgeva le domande ai candidati era la direttrice di Rainews Monica Maggioni. Certo, nessuno dei baroni Rai rinuncia mai a giocare alla borsa di Auditel al servizio della propria carriera. Le ragioni meschine non mancano mai, neanche per le scelte più sconsiderate. Ma il problema è un altro. Quel dibattito, nel quale Alexis Tsipras e la verde Keller spiccavano decisamente come i più brillanti, non offriva né spunti né occasioni alle forze politiche italiane per incrociare le spade e gonfiare il petto in vista di quei rapporti di forze interni che rappresentano il loro unico interesse. Dunque, tanto valeva nasconderlo. La massima indifferenza per l'europa risiede proprio nel Palazzo. Stiamo ancora al confino. Seppure in uno spazio un po' più largo di quello di Ventotene. Marco Bascetta

8 pagina 8 il manifesto SABATO 17 MAGGIO 2014 REPORTAGE IRAN A tenere vivo lo spirito rivoluzionario del paese sono i grandi centri dell islam sciita Tra Qom e Mashad ripensando Khomeini INTERVISTA ALLO STORICO SAMI ZUBAIDA La crisi ucraina ferma l accordo sul nucleare I l quinto round negoziale di Vienna, tra i cinque paesi del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite con la Germania e le autorità iraniane, è fermo. A pesare sui colloqui per la stesura dell'intesa definitiva, prevista entro il 20 luglio, secondo l'accordo sottoscritto a Ginevra il 24 novembre scorso, sono gli effetti della crisi in Ucraina. Se l'ue parla di confronto «molto difficile», il presidente iraniano Rohani ha assicurato che Tehran «non ha niente da offrire ad eccezione della trasparenza». E così il riavvicinamento tra Usa e Iran è sempre più incerto. Chiediamo al professor Sami Zubaida, storico dell Università di Londra (Birkbeck), quali conseguenze il disgelo tra i due paesi potrebbe avere sullo scontro tra sciiti e sunniti. «Il riavvicinamento Usa-Iran è positivo ma non ha portato ancora a molto. Lo scontro settario tra sciiti e sunniti è imposto dall alto nella regione. Il regime saudita contrasta ogni opposizione (iraniana e sciita) come tentativo strategico di contenere qualsiasi sfida a Ryad e alla sua legittimità politica», inizia l autore di Islam, il popolo e lo stato (1993). «Il riavvicinamento con Tehran corrisponde alla strategia Usa di disinnescare le tensioni «La Fratellanza mette a repentaglio la legittimità dell assolutismo islamico» nella regione e impedire al l Iran di dotarsi di un arma nucleare. Per Israele e Arabia saudita l Iran resta un nemico comune e ogni riavvicinamento con Tehran è una minaccia per i loro interessi. E così, le lobby israeliane nel Congresso Usa lavorano con l obiettivo di sabotare le politiche di Barack Obama in Medio oriente». Anche i tecnocrati di Rohani stanno tentando di riavvicinarsi all Arabia saudita come i riformisti di Mohammed Khatami. «I moderati iraniani tentano di disinnescare le tensioni nella regione ma si concentrano più su riforme economiche e fronteggiano la durissima opposizione dei radicali, vicini a pasdaran e all ex presidente Ahmadinejad. Eppure non ci sono cambiamenti significativi nelle relazioni tra i due paesi. La svolta sciita di Bagdad esacerba le preoccupazioni saudite. Iran e Iraq sono ancora percepiti come una minaccia da sauditi e paesi del Golfo», aggiunge Zubaida. L altra minaccia per i sauditi sono i Fratelli musulmani, messi al bando a Ryad. «La Fratellanza, e il suo islamismo repubblicano, mette a repentaglio la legittimità dell assolutismo islamico o l autorità reale islamica della monarchia saudita». La svolta moderata di Tehran potrebbe ridimensionare l accordo tra Iran e movimento sciita libanese Hezbollah. «I tecnocrati non controllano le politiche iraniane nei confronti di Hezbollah, che restano nelle mani dei conservatori e della guida suprema, Ali Khamenei. D altra parte, il movimento non è uno strumento nelle mani di Tehran ma persegue i suoi interessi nella politica libanese. Ovviamente Siria e Hezbollah sono i soli alleati di Tehran nella regione e nessun avvicendamento al governo potrà incidere su questo», conclude Zubaida. (giu. acc.) Giuseppe Acconcia O gni rivoluzione ha i suoi simboli. La rivoluzione iraniana del 1979 non è un eccezione. E ha inciso sui costumi di un paese con una lunga tradizione laica e di stretti rapporti con il mondo. Le tenute verdi dei sepah e-pasdaran ricordano il controllo del clero sciita sulla società iraniana. Anche il velo, obbligatorio per le donne, nonostante nelle grandi città si sia ridotto a un semplice foulard, è spesso un simbolo rivoluzionario più che un richiamo alla religione. Per le strade iraniane non mancano mai le cassette blu e gialle delle elemosine che vengono distribuite alle opere caritatevoli come sinonimo dell assistenzialismo del regime degli ayatollah. E poi non c è strada che non sia circondata di foto di giovani, sorridenti, barbuti o religiosi: le migliaia di martiri, vittime della guerra Iran-Iraq ( ). Così come, secondo il regime, martiri contemporanei sono gli ingegneri, impegnati nel programma nucleare, vittime di attacchi mirati negli ultimi anni e branditi come simboli del riscatto iraniano dal nuovo presidente moderato Hassan Rohani, dopo l accordo di Ginevra del novembre scorso. La rivoluzione iraniana è alla ricerca di nuovi simboli. Ma le aperture di Tehran sono lontane tra gli irriducibili sostenitori dell ex presidente Ahmadinejad che criticano il riavvicinamento con Washington, guardando a Damasco e Hezbollah Tra le moschee di Qom La guerra contro Saddam Hussein prima e il programma nucleare poi hanno tenuto unito il popolo iraniano per trent anni e permesso al regime ogni forma di repressione. Ma ora che il contenzioso sul programma nucleare è vicino a una soluzione, cosa cementerà l unità nazionale nel paese degli ayatollah? Restano le immagini dei volti delle guide supreme Ruhollah Khomeini e Ali Khamenei, che hanno detenuto il potere sostanziale dopo la rivoluzione. Eppure l Iran sembra pronto ad una stagione di «perestroika» per voltare pagina con il passato, come lo stesso Hassan Rohani ha detto in un discorso all Università di Tehran. Una sorta di revisionismo del pensiero khomeinista che potrebbe mantenere intatti i simboli rivoluzionari per creare nuova crescita economica, testimoniata dagli immensi aeroporti, dalle linee della metropolitana di Tehran e Mashad, insomma dalle opere pubbliche gestite dai tecnocrati. Eppure a tenere vivo lo spirito rivoluzionario sono sempre i grandi centri dell islam sciita: le moschee di Imam Reza nella città santa di Mashad, il mausoleo dell Imam Khomeini nella periferia di Tehran, il culto per l Imam Hussein. Luoghi e figure che incidono nella formazione continua dell identità rivoluzionaria, soprattutto per conservatori e radicali, a detrimento dell identità persiana del paese. Nei vicoli della città santa di Qom le donne indossano lunghi chador neri. Tra l imponente moschea Hazrat-e Masumeh, uno dei principali luoghi di culto per gli sciiti, e la grande scuola coranica di Fizieh, incontriamo un giovane mullah. Qui il nuovo corso che si respira a Tehran dopo la vittoria elettorale dei tecnocrati sembra molto lontano. «Continuo a sostenere Mahmoud Ahmadinejad (ex presidente radicale, ndr) perché ha sempre avuto a cuore le classi più disagiate. I tecnocrati di Rohani sono pronti a fare affari con il nemico. Ma avvicinarsi ad americani e inglesi è un errore, ci hanno sempre manipolati», ammette Majtaba. Eppure Qom ha ospitato per trent anni il più duro oppositore politico dell ayatollah Ruhollah Khomeini, Ali Montazeri, rimasto agli arresti domiciliari fino al giorno della sua scomparsa. Tra i seguaci dell Imam Reza A Mashad, la piazza antistante l immensa moschea dedicata all Imam Reza è decorata con simboli bianchi stilizzati che riproducono un fiore, un orologio e un pavone. Gruppi di ragazzi seguono il loro imam di riferimento. La piazza è circondata da negozi di vestiti, botteghe che distribuiscono latte caldo con miele per il clima rigido e la neve che ricopre queste strade. Qui arrivano pellegrini sciiti da tutto il Medio oriente. Si sente parlare arabo, e in particolare i dialetti siriano e iraqeno: sono centinaia di migliaia i visitatori del luogo di culto più importante per i musulmani sciiti, ben più esteso e frequentato delle moschee di Sayeda Zeinab a Damasco e delle città sante sciite di Najaf e Kerbala in Iraq. Mohammed Jafar, 31 anni, avvolto nella sua kefiah, non nasconde simpatie per il movimento sciita libanese Hezbollah. Porta ogni mese centinaia di sciiti al mausoleo Imam Reza. Ci invita a raccogliere libri religiosi gratuiti in inglese al tavolo del sedicesimo guardaroba per la consegna delle scarpe. Per entrare nel mausoleo, è necessario passare attraverso porte chiuse da tappeti, sistemati lì per impedire che il freddo gelido entri nella stanza, dove ogni pellegrino viene perquisito meticolosamente per questioni di sicurezza. Si arriva così nell immenso cortile, popolato 24 ore su 24. Le sale dell interno, decorate con i tenui colori e gli specchi della tradizione sciita, di notte si trasformano in una sorta di parco giochi per bambini; amici passeggiano chiacchierando; coppie si attardano sedute sui magnifici tappeti. Uomini dirigono la folla brandendo lunghi piumini, un profumo intenso pervade le sale. La tomba dell Imam Reza è circondata dai fedeli, ragazzi con la kefiah al collo piangono, porgono le mani alla teca, ricolma di banconote e monete per le offerte. Si sentono urla che invocano il Mehdi: il dodicesimo imam che secondo la tradizione sciita è in occultazione e arriverà prima o poi sulla terra. Nessuno uscendo rivolge le spalle al mausoleo. Da qui si apre un labirinto luccicante e infinito di cortili, stanze e scale mobili dove donne e uomini pregano e sostano. Un mullah tiene una lezione su darwinismo e rivoluzione rispondendo alle domande di giovani attentissimi. Abbas, ingegnere, 22 anni è arrivato a Mashad in pellegrinaggio per tre giorni dall antica città iraniana di Esfahan. Inizia subito lodando l ex presidente Mahmoud Ahmadinejad. «Non è un imbroglione come tutti vogliono farci credere, è l unico politico onesto che conosca. Hashemi Rafsanjani e Hassan Rohani fanno invece parte di una cricca di corrotti. Mentre l ex presidente Mohammed Khatami politicamente non esiste», inizia il giovane. Ma Abbas, come centinaia di altri ragazzi in questa moschea, ha le idee molte chiare e non nasconde il suo odio per gli Stati uniti. L attuale riavvicinamento tra Tehran e Washington qui sembra impossibile. «Obama e gli Stati uniti sono dei nemici. Per questo, Rohani non ha mai stretto la mano ad Obama», prosegue Abbas. Mentre sul presidente siriano Bashar al Assad, ufficialmente appoggiato dai conservatori iraniani, il pellegrino non ha le idee molte chiare. «Quello che mi preoccupa è UN GRUPPO DI DONNE E UNA MADRE CON IL SUO BAMBINO NEL CORTILE DELLA MOSCHEA HAZRAT-E MASUMEH NELLA ROCCAFORTE CONSERVATRICE DI QOM A SUD DI TEHRAN la grave crisi economica che a Esfahan rende la vita impossibile», conclude. Tuttavia, non tutti sono così vicini al dibattito politico come Abbas. Turkman, venuto in pellegrinaggio da Tehran, non crede nel sistema costruito dopo la Rivoluzione del «Ruhollah Khomeini ha pervertito l'islam sciita», considera il giovane che ha boicottato le recenti elezioni presidenziali del giugno Il volto laico di Mashad Eppure nel moderno bazar al Mas al Sharq della seconda città iraniana dopo Tehran non si avverte la crisi economica. Mohammed Abdallah gestisce un negozio che vende gioielli e oggetti preziosi. «Gli affari vanno bene, Mashad ha risentito della crisi meno di Tehran», spiega. Concordano anche tre ragazzi che fumano un ghalioun (narghilè) in un antico caffé tradizionale. «È abbastanza semplice trovare lavoro anche se spesso è mal pagato», assicura Massoud. A Mashad non sono mancati gli investimenti negli ultimi anni, grazie all attivismo del sindaco tecnocrate Mohammed Pejman. Eppure resta una città profondamente conservatrice. Questo è stato confermato dalla vittoria locale alle presidenziali del candidato dei pasdaran, Sayyd Jalili. Ma all Università Ferdosi, come in altri atenei del paese, il clima è contro corrente. Mohsen, 29 anni, lavora in una piattaforma petrolifera per due settimane ed è ricercatore nella facoltà di ingegneria. Il suo punto di riferimento politico è il riformista Mohammed Khatami. «Dalla piattaforma dove lavoro ho votato per Hassan Rohani perché spero nel cambiamento. Ho partecipato alle manifestazioni antiregime contro la rielezione di Ahmadinejad alle porte dell Università di Mashad nel 2009», racconta Mohsen. Tutti i suoi amici più cari hanno lasciato il paese o sono stati arrestati negli ultimi anni. Sembra un paradosso, ma proprio la città più conservatrice in Iran ospita, a pochi chilometri dal centro, a Nishapur, la tomba del più grande poeta iraniano di tutti i tempi, Omar Khayyam. Maioliche azzurre chiudono la costruzione che ricorda le sue quartine, ma qui il «vino» tanto decantato dal poeta, viene tradotto come il soffio di uno spirito divino.

9 SABATO 17 MAGGIO 2014 il manifesto pagina 9 INTERNAZIONALE Dopo la strage nella miniera, 283 morti, i dirigenti dell azienda ammettono: «Non c era una camera di sicurezza». A Istanbul occupata e sgomberata l Università tecnica Alberto Tetta ISTANBUL L a polizia aveva già caricato le manifestazioni di protesta organizzate da sindacati e partiti della sinistra dopo la strage di martedì notte, a Istanbul, Ankara, Izmir e molte altre città della Turchia e ieri sera è stata la volta di Soma, la cittadina nell ovest del paese dove si trova la miniera, già duramente colpita dalla strage che ha ucciso 283 minatori. Poco prima della conferenza stampa del ministro dell Energia Yildiz e quello dei Lavoro Celik, gli agenti hanno caricato il corteo di 5000 cittadini diretti verso la prefettura del paese dietro a uno cartello con scritto: «Nessun carbone potrà riscaldare il cuore dei padri dei ragazzi morti nella miniera», facendo uso di gas lacrimogeni, proiettili di gomma e getti d acqua urticante sparati dai blindati. Molti gli arresti, due i manifestanti e un giornalista feriti il bilancio degli scontri. La polizia è intervenuta anche a Izmir, la terza città del paese e a Istanbul per sgomberare gli studenti che avevano occupato la facoltà dell Università tecnica (Itu). Una tragedia annunciata come denunciano sindacati e esperti turchi la cui dinamica rimane ancora oscura. Ieri è partita l inchiesta sul massacro con le prime deposizioni di sopravvissuti e testimoni e in serata due pm accompagnati da un Michele Giorgio GERUSALEMME «N on dobbiamo permettere che gli ayatollah vincano», esortava ieri Benyamin Netanyahu Netanyahu dopo aver incontrato a Gerusalemme il Segretario alla difesa Usa Chuck Hagel. Il ministro americano si è affannato a rassicurare il premier israeliano ribadendo che l impegno Usa per la sicurezza dello Stato di Israele «è risoluto». Non sappiamo se gli «ayatollah» vinceranno ma osserviamo che ogni giorno viene adorato il «totem» della colonizzazione israeliana dei Territori occupati nel 1967, negando ogni possibilità alla nascita uno Stato palestinese sovrano e con un territorio omogeneo. Tra qualche giorno ascolteremo fino allo sfinimento la parola «pace» durante la visita di papa Francesco in Terra Santa, mentre sul terreno i bulldozer israeliani proseguiranno a spianare terre palestinesi per espandere le colonie. Visitando due giorni fa dei cantieri edili, Uri Ariel (Casa Ebraica), ministro dell Edilizia israeliano e sostenitore sfrenato della colonizzazione, ha previsto - di fatto ha annunciato - che nei prossimi cinque anni il numero complessivo dei coloni ebrei in Cisgiordania crescerà del 50%, passando da 400 a mila. Nello stesso periodo a Gerusalemme Est, la zona palestinese sotto occupazione, il ritmo di crescita dei coloni sarà simile, raggiungendo la cifra complessiva di mila israeliani. Crescita evidentemente favorita dalla costruzione di nuove case. Uri Ariel non si smentisce, procede come una ruspa, incurante dei giudizi anche della collega di governo, Tzipi Livni, che a fine aprile lo aveva accusato di avere silurato le trattative con i palestinesi con i continui annunci di nuovi progetti MINATORI A SOMA IMPEGNATI NELLE COMPLICATE OPERAZIONI DI SOCCORSO DOPO IL MASSACRO DEI GIORNI SCORSI. A SINISTRA ERDOGAN, SOTTO MODI /REUTERS gruppo di esperti sono riusciti a entrare nella miniera per i primi rilevamenti. Spetterà ai 29 magistrati incaricati oggi dall Alto consiglio dei giudici e i pubblici ministero (Hysk), il Csm turco, accertare le cause dell incendio e individuare Israele/ TEL AVIV AFFOSSA IL DIALOGO Coloni in Cisgiordania «Nel % in più» TURCHIA Nella città della strage della miniera la polizia attacca il corteo di 5mila persone Lacrimogeni e cariche a Soma di espansione degli insediamenti ebraici. Ariel può permetterselo: è fin troppo evidente che dalla sua parte c è lo stesso Netanyahu. Il premier appoggia apertamente e senza limiti la crescita delle colonie. Così i «settler» vivono loro migliore stagione da molti anni a questa parte. E fanno progetti. Ad esempio, il Consiglio Regionale della Valle del Giordano - i coloni dei 21 insediamenti che occupano quella parte di Cisgiordania - ha fatto sapere qualche giorno fa di avere un piano per triplicare la popolazione ebraica in quella zona, per impedire che le terre siano restituite ai palestinesi. Una rappresentante dei coloni, Orit Artsiely, ha previsto che la popolazione ebraica nella Valle crescerà dagli attuali coloni fino a in 10 anni, grazie anche alla costruzione di 825 nuove case. Fa progetti anche il ministro Naftali Bennett, il leader di Casa Ebraica, che sta preparando il testo di una legge volta ad annettere a Israele la zona C dei Territori, circa il 60% della Cisgiordania rimasta dopo gli Accordi di Oslo (1993) sotto il pieno controllo dell esercito occupante. La notizia dei nuovi progetti israeliani ha avuto l effetto di una bomba mentre migliaia di palestinesi, in particolare a Bir Zeit (Ramallah) e sulla spianata delle Moschee di Gerusalemme, protestavano contro l uccisione due giorni fa a Ofer di due ragazzi di 15 e 17 anni, Nadim Nuwara e Muhammah Abu al-thahir, durante le commemorazioni per il 66esimo anniversario della Nakba. Migliaia di persone hanno preso parte ai funerali dei due giovani, nei villaggi di Abu Shukheidim e al-mazraa al-qibliya. Da luglio, quando sono ripartite le trattative bilaterali Israele-Olp, al mese scorso quando si sono interrotte, l esercito israeliano ha ucciso decine di palestinesi in Cisgiordania. eventuali negligenze nell applicazione delle norme sulla sicurezza da parte dell azienda. Ieri mattina, a tre giorni dalla tragedia, per la prima volta i vertici della Soma Holding, l azienda che gestisce gli scavi, sono apparsi davanti alle telecamere per dare la loro versione dell accaduto. «Non c è stata nessuna negligenza da parte nostra. Ho lavorato nelle miniere per 20 anni e non ho mai visto un incidendete simile», ha dichiarato il responsabile organizzazione dell azienda Akin Celik. Nel corso dell animata conferenza stampa, a cui ha partecipato anche un gruppo di minatori con indosso l elmetto, il padrone della miniera Alp Gurkan che ha escluso che l incendio sia stato causato da un cortocircuito del sistema elettrico, non è però stato in grado di fornire informazioni chiare sulle vere cause dell esplosione. Gurkan si è detto, inoltre, intenzionato a riprendere la produzione dopo i controlli del caso. La tensione è salita alle stelle dopo che più volte dirigenti dell azienda hanno dato risposte elusive ai giornalisti che li interrogavano sulla presenza o meno di camere di sicurezza, aree con bombole d ossigeno e riserve di cibo dove i minatori possono rifugiarsi sopravvivendo per giorni obligatorie in molti paesi. «Non era presente una camera di sicurezza nella miniera», ha ammesso alla fine il direttore del settore minerario Ramazan Dogru che ha spiegato che, tuttavia, come fosse in corso la costruzione di una struttura di questo tipo: «Se questo incidente fosse avvenuto tra tre o quattro mesi, queste persone si sarebbero salvate per la presenza di una camera di sicurezza» ha dichiarato Gurkan che dovrà rendere conto dell accaduto davanti al collegio di disciplina dell Ordine degli ingegneri minerari turchi come reso noto della stessa organizzazione in un comunicato diffuso ieri pomeriggio. Sul fronte politico ieri mattina, il portavoce dell Akp Huseyin Celik, nel corso di una conferenza stampa ad Ankara ha difeso il consigliere del premier Yusuf Erel immortalato mentre durante la visita di Erdogan mercoledì a Soma prendeva a calci un contestatore mentre due agenti lo tenevano fermo. La foto dell aggressione è finita sulle pagine dei giornali di tutto il mondo e condivisa da centinaia di migliaia di persone sui social network tuttavia secondo Celik: «Non è possibile capire come sono andate veramente le cose da una fotografia Erel ha detto che la persona che ha preso a calci l aveva attaccato, insultandolo». Celik inoltre ha criticato duramente opposizione e sindacati che sono scesi in piazza in questi giorni colpevoli «di strumentalizzare una disgrazia nazionale a fini politici». INDIA Disfatta elettorale e fine di un epoca per la dinastia Nehru-Gandhi, con soli 45 seggi Modi e la destra, la più grande vittoria di sempre DALLA PRIMA Matteo Miavaldi Una sconfitta su tutta la linea che brucerà a lungo e dovrebbe imporre un profondo ricambio nei quadri del partito a partire da Rahul Gandhi, portabandiera del Congress in questa disastrosa campagna elettorale.la Nda si aggiudica un risultato inedito nella storia indiana: oltre 340 seggi in parlamento, 283 contando solamente quelli del Bjp, la più grande vittoria di sempre per la destra indiana. Significa avere una maggioranza granitica (la soglia è 273), scongiurando la minaccia di governare sotto ricatto di partiti regionali come l'aiadmk di Jayalalithaa, che nel solo Tamil Nadu ha vinto 37 seggi, o il Trinamool di Mamata Banerjee, 34 seggi in Bengala Occidentale. La sconfitta subita dall'inc di Rahul Gandhi è andata oltre ogni aspettativa: il partito dell'indipendenza, al governo per due mandati consecutivi, è stato strapazzato da NaMo, assicurandosi solamente 45 seggi a livello nazionale, minimo storico dalla fondazione del partito. Non sono nemmeno abbastanza per candidarsi alla guida dell'opposizione. Si tratta di una bocciatura su tutta la linea che ha fatto emergere, da un lato, la voglia di cambiamento del paese; dall'altro, il totale fallimento della campagna elettorale dell'inc. In una conferenza Voglia di cambiamento e il totale fallimento della campagna elettorale dell Inc, alla base del successo stampa striminzita, Rahul e la madre Sonia presidentessa dell'inc hanno augurato buon lavoro al nuovo governo, assumendosi la responsabilità personale del disastro. Non hanno accettato nessuna domanda dai giornalisti. Tutt'altro il clima davanti alla sede nazionale del Bjp a New Delhi: una discreta folla un migliaio di persone, era giorno lavorativo si è radunata a festeggiare in un tripudio di fiori di zafferano (colore simbolo del Bjp), tamburi, danze e slogan. Nel primo pomeriggio di ieri sono passati a galvanizzare i sostenitori, tra gli altri, il lugubre Amit Shah, braccio destro di Modi in Gujarat, e Rajnath Singh, presidente del Bjp. L'uomo che ha rivoltato il paese, invece, ha preferito tenere il suo discorso da vincitore davanti a una marea adorante a Vadodara, nel «suo» Gujarat, dove il Bjp ha conquistato tutti i seggi disponibili (26). Modi, dopo aver visitato la madre ricevendo la sua benedizione, si è complimentato col popolo gujarati per aver guidato la risalita del Bjp, annunciando che in futuro BAHREIN Il Re visita Londra attivisti in protesta Ieri a Londra ad accogliere il sovrano del Bahrein, Hamad bin Isa al-khalifa, non c'era solo la regina Elisabetta. Al Queen Elizabeth Conference Center manifestanti bahreiniti hanno protestato contro l'esposizione della Bahrein Federation of Expatriate Associations, organizzazione proregime, per far conoscere «la vera faccia del Bahrein, tollerante e democratico». La protesta si è allargata ai legami economici che da due secoli il Regno Unito intreccia con la petromonarchia, accusata di gravi violazioni dei diritti umani. Tra i target dei manifestanti il principe Nasser, accusato di torture durante le proteste anti-regime del Ad una corte di Londra spetterà decidere se cancellarne l'immunità diplomatica. KENYA Bombe di Al Qaeda colpiscono Nairobi Almeno dieci morti e 70 feritiil bilancio del duplice attentato che ha colpito ieri la capitale del Kenya. Due esplosioni hanno fatto saltare in aria un minibus e un mercato, ultimi target dell escalation di violenze che sta attraversando il Paese. Nessuna rivendicazione dell attacco, ma secondo fonti della sicurezza è da attribuire al gruppo islamista Al-Shabab, legato ad Al Qaeda e attivo già nella vicina Somalia da pochi anni. Negli ultimi 18 mesi sarebbero oltre cento i kenyoti morti in attentati terroristici: l evento più tragico risale al settembre scorso, quando uomini armati assaltarono un centro commerciale a Nairobi. Al-Shabab rivendicò l azione in cui persero la vita 67 persone. L attacco di ieri è giunto a pochi giorni dall allerta lanciata da Gran Bretagna e Stati Uniti che consigliavano ai propri connazionali di evitare Nairobi. «verranno giorni felici». L'India, salvo gli stati meridionali di Tamil Nadu e Kerala, è oggi quasi interamente color zafferano: il Bjp ha travolto sia l'inc sia i partiti regionali in Uttar Pradesh (71 seggi su 80), a New Delhi (sette seggi su sette), e nel resto degli stati che contano. Secondo le statistiche dell'election Commission indiana, un indiano su tre in queste elezioni del 2014 ha votato per il Bjp, e ora ci saranno molte valutazioni da fare circa l'appeal che la personalizzazione dello scontro voluta da Narendra Modi ha generato nell'elettorato storicamente avverso al partito di destra: dati alla mano, il fiore di loto (simbolo del Bjp) non è più il partito delle élite e dell'estremismo hindu, ma grazie ad un lavoro maniacale portato avanti sui mass media e sul campo sin dal dicembre 2013, ha saputo vincere il favore dell'india rurale, delle caste basse, delle minoranze etniche e religiose, un tempo roccaforti del partito secolare per eccellenza, l'inc. La rivoluzione della società civile minacciata dall'aam Aadmi Party (Aap) di Arvind Kejriwal, reduce da un inaspettato successo alle locali di New Delhi lo scorso anno, si è rivelata un clamoroso buco nell'acqua: quattro seggi a livello nazionale, spariti dai media e dall'immaginario collettivo. Se Modi sarà davvero «il primo ministro di tutti» lo scopriremo presto. Intanto, nella democrazia più vasta del mondo, si apre una nuova era.

10 pagina 10 il manifesto SABATO 17 MAGGIO 2014 CULTURE TEMPI PRESENTI Benedetto Vecchi L a provocazione arriva a freddo e prende di mira il simbolo dell innovazione tecnologica, la Apple. L ipod, l iphone e l ipad non sarebbero mai stati prodotti senza i soldi che lo stato americano ha investito nei progetti di Ricerca e Sviluppo dagli anni Cinquanta fino a ieri, quando l applicazione basata sull intelligenza artificiale Siri è uscita dai laboratori ed è diventata una società e un prodotto che Steve Jobs ha comprato per una cifra irrisoria rispetto agli investimenti statali destinati al suo sviluppo. Poche pagine dopo, un altro colosso della Rete, Google, è preso di mira. L algoritmo Page Rank, sviluppato alla Stanford University e diventato lo strumento per far diventare Google la potenza imprenditoriale nota a tutti, è stato finanziato dal Pentagono. Stesso discorso per le nanotecnologie, disciplina di ricerca che da sempre ha usufruito di generosi finanziamenti statali. Se il campo di osservazione cambia e dalla computer science si passa alle biotecnologie non ci sono molte variazioni nel mood analitico. La mappatura del Genoma umano non sarebbe infatti stata immaginabile, negli Stati Uniti, senza l intervento del National Institute of Health (Nih), che oltre a finanziare il progetto di ricerca di base continua a investire centinaia di miliardi di dollari per la ricerca applicata allo sviluppo dei cosiddetti «farmaci orfani», destinati alla cura di malattie rare, che coinvolgono risibili minoranze della popolazione, ma che sono venduti dalle multinazionali farmaceutiche a prezzi stratosferici. Allo stesso tempo è proprio il Nih che ormai «innova» farmaci consolidati, basandosi però sulle conoscenze che vengono dalla genomica. Infine, un altro settore ritenuto «strategico» nello sviluppo economico, le energie rinnovabili, non riuscirà a decollare se lo Stato non continuerà ad investire nella ricerca, come testimoniano i progetti pubblici di sviluppo in Cina e in Brasile. Produttore di futuro È questo il punto di partenza di un volume intelligentemente provocatorio e meritoriamente tradotto da Fabio Galimberti per la casa editrice Laterza. A scriverlo è Mariana Mazzucato, economista italiana, naturalizzata americana (i suoi genitori erano «cervelli in fuga» negli anni Cinquanta) e attualmente docente, in Inghilterra, presso l University of Sussex. Lo stato innovatore (pp. 378, euro 18), questo il titolo, presenta una tesi controcorrente rispetto l ideologia dominante neoliberista. Per l autrice, lo Stato è un soggetto politico fondamentale nel favorire lo sviluppo economico, perché è il luogo dove vengono definite le norme che non solo regolano, ma producono il mercato. Svolge cioè un ruolo performativo dei comportamentii funzionali allo sviluppo capitalistico. È questo il contesto dove, teoricamente, Karl Polany incontra Lord Keynes, Joseph Shumpeter e, ma l autrice non ne fa mai menzione, anche il Michel Foucault storico dell ordoliberismo austriaco e della biopolitica. Marina Mazzucato non è però interessata alle genealogie teoriche delle sue tesi. Il suo obiettivo è far emergere ciò che rimane in ombra nella discussione pubblica segnata dall egemonia liberista, cioè che gran parte delle tecnologie sviluppate al processo economico sono «effetti» degli investimenti dello Stato, in epoca moderna, nel campo della formazione e della ricerca scientifica. Investimenti che non sempre prefigurano immediate ricadute produttive e economiche. Quel che si deve infatti chiedere allo Stato è una vision del presente e del futuro senza asficciti e algidi vincoli di bilancio. Si investe in ricerca e formazione perché, nei tempi lunghi, l intero «ecosistema» se ne avvantaggerà, grazie alla presenza di un elevato numero di ricercatori, di forza-lavoro qualificata e dalla traduzione I successi di Apple, Google e Big Pharma non sarebbero stati possibili senza i finanziamenti di Washington elargiti a università e imprese. Un sentiero di lettura a partire dal saggio dell economista Mariana Mazzucato per Laterza editore FOTO REUTERS SOPRA, IL RITRATTO FOTOGRAFICO DI MARIANA MAZZUCATO L enclosures dell innovazione operativa (la ricerca applicata) di conoscenze sviluppate in anni e anni di lavoro in qualche laboratorio senza l ansia e l incubo di doversi spostare da un mecenate all altro nella speranza di raccogliere i fondi necessari per andare avanti nelle ricerche. In nome dello statalismo Nell esporre la sua tesi Mariana Mazzucato non nasconde dunque la sua propensione «statalista» per quanto riguarda il necessario interventismo pubblico nella formazione e nella ricerca scientifica. Non è quindi un caso che si applica con convincente convinzione alla demolizione di un altro mito che ha accompagnato lo sviluppo della computer science e della new economy. Imprese come Google, Facebook, Intel, Apple non sono diventate quel che sono cioè imprese globali fondamentali nello sviluppo capitalistico grazie a intraprendenti e spericolati venture capitalist: il capitale di rischio, scrive l autrice, più che favorire l innovazione, la rallentano, anzi la mettono in pericolo. Chi investe in una start-up, infatti, non è interessato a finanziare l innovazione tecnologica, bensì a far crescere quel poco un impresa per poi collocarla in borsa o venderla a un altra società per ripagare l investimento iniziale con l aggiunta di una percentuale (generalmente molto alta) di profitti. Lo Stato innovatore è una miniera di informazioni per quanto riguarda la ricostruzione delle fortune di Apple, di Google e delle altre imprese simbolo della new economy. L esisto è una controstoria dello sviluppo tecnologico e economico degli ultimi cinquant'anni. Da questo punto di vista, Mariana Mazzucato fa sue molte delle analisi che hanno individuato nel Pentagono la fonte economica e finanziaria dell innovazione tecnologica. Non solo i progetti per la costruzione di una rete di comunicazione che potesse «sopravvivere» a un attacco nucleare è stata finanziata dai militari attraverso il Darpa (Defense Advanced Research Projects Agency ), ma è stato sempre il Pentagono, assieme al Ministero del commercio, che ha definito le regole affinché i risultati delle ricerche potessero essere diffuse sull insieme delle attività produttive statunitensi. Internet è nata così. Ma questa è storia nota. Il pregio del volume sta semmai nel ripercorrere tutti i passaggi che hanno portato ai successivi programmi di ricerca degli anni Settanta e Ottanta (il Gps, le nanotencologie, gli schermi lcd, il finger work, cioè gli schermi tattili) senza i quali non ci sarebbero stati l ipod, l iphone e l ipad. Il sole che ride Il famoso motto di Steve Jobs (stay hungry, stay foolish) usato per indicare la condizione necessaria per il successo imprenditoriale nasconde l ipocrisia di chi è stato sfamato grazie al fatto che ha sfruttato, certo creativamente, la creatività manifestatasi nei laboratori di ricerca e nelle università lautamente finanziati dallo Stato attraverso il Pentagono o il programma Atp dell Istituto nazionale per le norme e la tecnologia o dai progetti relativi all innovazione per quanto riguarda le piccole e medie imprese. Eguale rilevanza informativa è data allo sviluppo delle energie rinnovabili. In questo caso, gli Stati Uniti hanno scelto di costituire una agenzia federale apposita (l Arpa-e) che dovrebbe svolgere nelle energie rinnovabili lo stesso ruolo svolto dal Darpa nella computer science e dal Nih nelle biotecnologie. Tuttavia, la strada migliore è quella tratteggiata da Cina e Brasile. In Cina lo stato ha investito e sta investendo centinaia di miliardi di dollari per favorire la ricerca e lo sviluppo di energia rinnovabile attraverso l eolico, il fotovoltaico e il solare. In Brasile, invece, le banche per lo sviluppo definiscono e finanziano programmi che consentano al paese latinoamericano non solo di essere, nel futuro, indipendente dal punto di vista energetico, ma di vendere l energia pulita prodotta. Cina e il Brasile sono diventati paesi all avanguardia della green-economy, come la Germania, mentre gli Stati Uniti hanno perso terreno prezioso. Nel Novecento la Ricerca scientifica statunitense è stata prevalentemente finanziata dallo Stato, anche se l autrice non nasconde che gran parte dei risultati conseguiti sono stati poi acquisiti dalle imprese private e usati per innovare i prodotti e i processi lavorativi. Inoltre, negli Usa, lo Stato ha definito norme, definito i processi e le procedure affinché le conoscenze tecniche scientifiche potessero essere socializzate, favorendo così la crescita di nuovi mercati, facendo leva, ad esempio, sulle norme della proprietà intellettuale. Da qui il pendolo statunitense che oscilla dalla scelta a favore del public domain alla possibilità concessa alle università di poter brevettare le scoperte scientifiche avvenute all interno di progetti di ricerca finanziati dallo Stato. Governance di sistema Mariana Mazzucato non è una economista radicale anticapitalista. La tensione polemica presente nel volume è semmai rivolta contro l ideologia neoliberista, che vede nel mercato il deus ex machina dell innovazione. Il capitale di rischio non rischia, afferma l autrice, vuole vincere in partite facili, dove certo c è incertezza, ma il rischio è minimo. Un atteggiamento parassitario che lo Stato ha per troppo tempo favorito e incentivato. Per l autrice, l intervento statale va salvaguardato perché è il solo soggetto politico che può creare un «ecosistema simbiotico» tra pubblico e privato. Lo stato tuttavia deve creare le condizioni affinché si manifesti al meglio l indispensabile serendipity che favorisce l innovazione e la ricerca scientifica. Per fare questo, vanno messe in campo misure che, ad esempio, recuperino parte dei finanziamenti statali attraverso un articolato sistema di governance della conoscenza. Può dunque essere istituita una golden share sui diritti di proprietà intellettuale, in maniera tale che una parte delle royalties vadano a finire nelle casse dello Stato; oppure va attuata una riforma fiscale che scoraggi l elusione nel pagamento delle tasse da parte di imprese che si sono avvantaggiate dalla ricerche scientifiche finanziate dallo Stato, come invece accade adesso per gran parte dei colossi della new-economy e delle biotecnologie, che stabiliscono le loro sedi nei paradisi fiscali o in regioni tax free. Tutto ciò per continuare, anzi aumentare gli investimenti in ricerca e sviluppo Il capitalismo può dunque essere salvato con un rinnovato protagonismo dello Stato, senza il quale è destinato a implodere nelle sue contraddizioni. Perché una delle regole auree del neolibierismo («socializzazione dei costi e privatizzazione dei profitti») ha portato il capitalismo sul ciclo del burrone. Solo con lo presenza di uno Stato che investe molto e che crei le condizioni per un ecosistema simbiotico tra pubblico e privato, chiosa alla fine l autrice, è possibile pensare non solo alla sua sopravvivenza, ma a un suo duraturo sviluppo. Conclusioni modeste, si può dire, per un libro che invece ha una sua potenza analitica che funziona come un salutare antidoto a quel neoliberismo che con la sua crisi sta impoverendo la maggioranza della popolazione.

11 SABATO 17 MAGGIO 2014 il manifesto pagina 11 CULTURE oltre tutto PRATO, LA CITTÀ MEDIEVALE RIAFFIORA Riemerge un pezzo della Prato medievale grazie agli scavi condotti dai ricercatori dell'università di Firenze. In piazza Santa Maria delle Carceri sono tornati alla luce due tratti di lastricato stradale, un edificio e un'area del cantiere per l edificazione della Chiesa quattrocentesca, cui la piazza è intitolata. Gli scavi, iniziati nel 2012, hanno fatto emergere una parte del sistema urbanistico e viario e molte testimonianze della vita quotidiana fino al XIV secolo. L obiettivo delle indagini, dirette dall archeologa Chiara Marcotulli, è il crocevia fra due degli insediamenti altomedievali dalla cui fusione ebbe origine Prato: la curtis e il palatium dei conti Alberti (che dominarono fino al XII sec.), il castellum dell'imperatore Federico II di Svevia e la seconda cinta muraria. SAGGI «I filosofi di Hitler» di Yvonne Sherratt, per Bollati Boringhieri Il sistema diabolico del totalitarismo Marco Pacioni «È giusto insegnare nozioni di fisiologia in grado di salvare vite umane, ma basate sulle conoscenze acquisite mediante gli esperimenti condotti sugli ebrei durante il Terzo Reich?». Questo il punto da cui parte il libro di Yvonne Sherratt, I filosofi di Hitler (trad. it. di Francesca Pe, Bollati Boringhieri, pp. 336, euro 19.00). La studiosa si chiede se sia legittimo fare la stessa cosa con le idee di filosofi come Heidegger, Schmitt, Frege che hanno aderito al nazismo o espresso condivisione per certi aspetti della politica di Hitler. Per rispondere a questa domanda, prende in considerazione le loro biografie. Quasi nulla invece si dice su ciò che questi filosofi hanno scritto. Poco o niente sul rischioso e più difficile esercizio di reperire nella loro opera concetti che misurino i legami con il nazismo. Alle vite dei filosofi hitleriani, gruppo assai eterogeneo e spesso in conflitto(oltre a Heidegger, Schmitt, Frege e lo stesso Hitler, anche Rosemberg, Bäumler, Krieck, Grunsky, Grau, Wundt, Erich Rothacker, Faust, Schulze-Sölde, Georg Stieler, Heyse), Sherratt contrappone quelle dei filosofi ebrei perseguitati dal nazismo. Benjamin, Adorno, Horkeimer, Marcuse che, oltre ad essere stati perseguitati, non avrebbero neanche goduto di una considerazione comparabile a quella dei loro avversari dopo la fine di Hitler. E in particolare, una vera e propria damnatio memoriae, secondo la studiosa, sarebbe quella toccata a Kurt Huber. Il libro di Sherratt si sofferma su una serie di atti, adesioni, avalli al regime di Hitler. Ripete cose note per suscitare esecrazione con epiteti a volte paradossalmente simili a quelli della propaganda. Come se tutte le riflessioni dei filosofi che sono stati in qualche modo amici del nazismo fossero già iscritte in un destino di deliberata scelta diabolica, ragione per cui tutte le loro idee possono essere collocate soltanto in un ambito non umano, come similmente alla non umanità si fa riferimento quando si utilizza l Olocausto per sottolineare la mostruosità di qualcosa o qualcuno. Nel libro, i filosofi di Hitler diventano i personaggi di un esercizio di scrittura del vituperio. Ma esecrare è, come mostra la parola stessa, un po anche sacralizzare. Di Schmitt e Heidegger, oltre agli episodi che hanno determinato la loro scelta politica nazista, si citano quasi esclusivamente lettere private e scritti legati alla propaganda politica e si liquida il resto delle loro opere, anche quelle scritte prima che del nazionalsocialismo si cominciasse persino a parlare. Con ciò non solo non si fa un operazione critica, ma paradossalmente si offre il fianco a chi nega a priori che ci possa essere un qualsiasi rapporto di pensiero tra le teorie di questi filosofi e il fatto politico del nazismo al potere. L adesione al nazismo per Sherratt mostra tutto quello che c è da vedere in questi filosofi. Ma per la stessa ragione, in un certo senso, quella adesione può essere usata per coprire e negare tutto. È un po come è avvenuto per Adolf Eichmann e altri nazisti che hanno negato di essere responsabili per aver agito in osservanza della legge, MONUMENTA Al Grand Palais di Parigi, la «Strana città» di Ilya e Emilia Kabakov Alla ricerca dell utopia perduta CARL SCHMITT Anna Maria Merlo L utopia è ancora possibile nel XXI secolo? A prima vista, Ilya e Emilia Kabakov, invitati per la sesta edizione di Monumenta sotto la grande cupola del Grand Palais (fino al 22 giugno), rispondono di no. C è un muro bianco in rovina, prima di entrare nella Strana città, la grande installazione creata dai due artisti di origine russa, entrambi nati a Dnipropetrovsk, nel sud dell Ucraina e che ora vivono negli Usa, dopo aver iniziato, per quanto riguarda Ilya (80 anni), la carriera artistica a Mosca ai tempi dell Urss. La Strana città è circondata da un doppio muro di cinta circolare. All interno, una geometria regolare, dei muri bianchi e cinque costruzioni, che evocano mondi misteriosi, connessi in un labirinto. Manas (nome tibetano, che evoca una città meravigliosa divisa tra quella «celeste» in alto e «terrestre» in basso), Il Centro dell energia cosmica (un riferimento alla centralità della scienza ai tempi sovietici), I Portoni (dodici quadri che simbolizzano il passaggio all aldilà), Il Museo vuoto (ricostruzione di un museo classico, ma con la musica di Bach al posto dei quadri), Come incontrare un angelo? (una proposta per come incontrarne uno). Un po più lontano, due cappelle, la «bianca» e la «scura», dei frammenti di pittura in un grande spazio bianco la prima, con l impressione che tutto si dissolve nella luce, sei grandi quadri con illuminazione solo dall alto per la seconda. All entrata della Strana città, passaggio obbligato per l accesso del pubblico, un enorme cupola di acciaio di 24 tonnellate, che fa eco alla grande vetrata che ricopre il Grand Palais, posata con un inclinazione a 60 gradi (posizione che evoca quella delle piramidi d Egitto), da cui emanano fasci di luce cangiante. Un oggetto che può anche essere letto come un riferimento alla conquista dello spazio, a Baikonur e La studiosa «dice» solo l adesione al nazismo di pensatori come Heidegger o Schmitt, niente sulle loro idee aver di fatto accettato la situazione che c era, aver obbedito agli ordini. Appellarsi a un giudizio meramente legalistico come fa Sherratt, specialmente in ambito filosofico, può paradossalmente diventare un boomerang. In questi casi, se l obiettivo è anche giudicare il pensiero oltre le persone che di questo sono responsabili, allora occorre prendere in esame anche le loro idee e le loro opere. Il giudizio non può restringersi soltanto alla pur importante adesione o non adesione al nazismo. Quello che Sherratt chiama «tono narrativo» del suo stile si risolve di frequente in inserzioni evocatrici di scandalo, mistero, ambiguità, come il passo seguente con il quale si vuole spiegare il rapporto fra Heidegger e i suoi allievi ebrei e in particolare Hannah Arendt: «Heidegger esercitava un fascino ipnotico sulle donne. Aveva il viso che piaceva in quegli anni, una sorta di misto fra Leslie Howard e James Mason. In parte si trattava di un attrazione sinistra, come il magnetismo erotico di un tiranno». Forse il capitolo più emblematico del libro di Sherratt è proprio quello su Hannah Arendt. Definita sin dall introduzione «ambigua» perché allieva e amante di Heidegger, Sherratt dimentica completamente che proprio Arendt, e anche a causa della vicinanza filosofica a certi elementi del pensiero di Heidegger, è una delle prime filosofe a riflettere e fornire i mezzi per comprendere il nazionalsocialismo, la Shoah, il totalitarismo. Oltre a Arendt, si potrebbe fare, ad esempio, anche il nome di Lévinas. Quanto di ciò che quest ultimo utilizza per capire il nazismo e come critica filosofica a Heidegger è preso e svolto a partire da quest ultimo? La stessa cosa si potrebbe dire di Benjamin riguardo a Schmitt. Sherratt non contempla mai l idea che il pensiero di un filosofo possa essere anche rivolto contro chi lo ha concepito; o che lo stesso filosofo che lo ha generato lo sviluppi tradendolo per motivi filosofici o di altra natura. Così Sherratt non solo non chiarisce in che rapporto stiano l opera, la biografia e il nazismo, ma rischia di non fare luce nemmeno su quanto di sperimentato o argomentato nel nazionalsocialismo sotto mentite spoglie ci sia o ci possa essere ancora nelle nostre democrazie. Come se, passata la stagione diabolica del nazismo, alcuni per non aver aderito hanno dato prova di essere pensatori martiri; e altri, che invece hanno aderito, di essere mostri. Ed entrambi sono martiri e mostri a prescindere da ciò che hanno scritto. Come se nelle democrazie moderne si fosse al riparo da quella stagione maledetta e l unica preoccupazione fosse quella di tenere sotto teca, se non di distruggere, quelli che, con una terminologia che ricorda quella biopolitica, Sherratt definisce «germi della filosofia di Hitler» e per impedire che questi «attecchiscano tra le nuove generazioni». UN PARTICOLARE DELL INSTALLAZIONE DEI KABAKOV PER «MONUMENTA» al mito degli ingegneri onnipotenti. La città sembra essere stata abbandonata dai suoi ultimi cittadini, che hanno lasciato tutto per fuggire. Verso dove? Kabakov, conosciuto per aver rappresentato il crollo dell Urss attraverso la rappresentazione degli appartamenti comunitari e della loro ineluttabile decadenza, ci parla qui di rovine: dell Urss e del suo mito della scienza e della conquista della spazio, certamente, ma anche di altri sogni, una sorta di catalogo degli ideali generalmente umani, che hanno portato al disastro. Come il personaggio che sale su un impossibile intreccio di scale nel vuoto, sperando di poter raggiungere un angelo. «Tutti speriamo di incontrare un angelo» dice Emilia Kabakov, è come un desiderio inconscio. Nei lavori presentati, si sovrappongono riferimenti al costruttivismo russo, al barocco, ai quadri metafisici di De Chirico, all utopia dell architettura perfetta di Boullé, in una sequenza che solleva la questione dell inutilità. Ilya Kabakov non ha mai smesso di dipingere e oggi la pittura torna Un Pollicino alla giapponese Arianna Di Genova C on una ciotola di riso che fa da nascondiglio o da conca per navigare e un ago come spada per affrontare il mondo dei «grandi» il minuscolo Issun Boshi (il suo nome significa «alto tre centimetri») se ne va per il mondo, a tentare di crescere nonostante la statura lillipuziana che lo caratterizza. Questo pollicino giapponese, che condivide anche con il Kiriku africano che ci ha fatto conoscere Ocelot nel suo film di animazione, un intelligenza eccezionale e la capacità di risolvere situazioni che un adulto, con la sua goffaggine e rigidità mentale, non riuscirebbe mai a districare, è un bambino destinato a un futuro radioso. Ma, un po come era accaduto anche al suo fratellino europeo che viene abbandonato nel bosco dai genitori indigenti, il mini-ragazzino dovrà cavarsela da solo. Potentissima metafora della crescita e dell indipendenza, del passaggio dall invisibilità (fisica) alla prestanza (anche psicologica), Issun Boshi va alla conquista del suo posto nel mondo. E questa volta lo fa guidato dai meravigliosi disegni di Icinori tandem di illustratori, stampatori, editori, lui francese, Raphael Urwiller, lei giapponese, Mayumi Otero e sbarca sulle coste italiane attraversando le pagine di un albo pieno di grazia, edito da Orecchio Acerbo (pp. 32, euro 16,50, traduzione di Paolo Cesari). La casa editrice, infatti, con una scelta felice, ha deciso di festeggiare la sua centocinquantesima pubblicazione viaggiando intorno al Sol Levante con l ausilio di un classico evergreen che ha incantato piccoli e grandi di più generazioni. Issun Boshi, infatti, appartiene al genere popolare dei «racconti per diletto» (otoginabashi), tramandati soprattutto per tradizione orale, poi immortalati fin dal Settecento nelle stampe degli artisti. Racconta la leggerezza dell ambizione e sfodera l energia inesauribile dell infanzia come unica arma per combattere e vincere sull «orchitudine». Per il Pollicino dagli occhi a mandorla, la cattiveria personificata nella creatura spregevole e bugiarda farà capolino in un rigoglioso bosco; per altri suoi coetanei, si trova proprio dietro l angolo di casa. La storia comincia con un desiderio: quello di una coppia un po in là negli anni che vuole un figlio, anche piccolissimo, purché nasca in fretta. Ed eccoli accontentati i due sposi, con quel «soldo di cacio» che presto imparerà a cantare e a danzare, deliziando passanti e ricchi signori, fino a conquistare l amicizia di una attraente principessa, contentissima di avere come compagnia «una bambola che sa leggere e pensare». C è un problema, però: il romanzo di formazione necessita di un ostacolo, una prova da superare. Qui ne troviamo due: una è palese - l orco che rapisce la fanciulla e va sconfitto con l astuzia - l altra è più interiore: come fa un esserino che non cresce a piacere a una donna fatta? Non temete, Issun Boshi ha le sue risorse. E sa come farsi guardare con occhi scintillanti dalla sua amata. in primo piano, lasciando i giochi concettuali sullo sfondo. «Non siamo artisti politici» mette le mani avanti Emilia Kabakov, «lavoriamo con la storia dell arte, con i sentimenti umani». Anche se non evita di evocare la «tragedia» che sta vivendo ora l Ucraina divisa. «Alcuni anni fa spiega qualcuno ci ha chiesto se l arte poteva influenzare la politica. Abbiamo risposto di no, non lo credevamo. Abbiamo sempre la stessa opinione, ma durante tutto questo tempo abbiamo lavorato con delle idee, attorno all immaginario e all utopia. E crediamo veramente che l arte, che ha un posto importante nella nostra cultura, possa cambiare il modo di pensare, sognare, agire, riflettere. Può trasformare il nostro modo di vivere. Questa volta abbiamo cercato di costruire qualcosa di più che un installazione, abbiamo voluto realizzare qualcosa di diverso: erigere la Strana città significa insistere sull esperienza piuttosto che sulla forma del progetto, e vi chiediamo di rallentare il ritmo delle vostra vita e di fare appello alle emozioni, ai sensi, ai ricordi. Vi invitiamo a venire al Grand Palais per entrare nella Strana città, uno spazio onirico nato dall immaginario collettivo, a pensare e a riflettere sull arte, la cultura, la vita quotidiana, il nostro presente e il nostro futuro». Il curatore della mostra, Jean-Hubert Martin (che è stato l organizzatore nell 89 di una rassegna ormai diventata storica, Les magiciens de la terre) descrive la Strana città come «una grande narrazione umanista vicina all epopea, la città utopica in cui siamo invitati ad entrare parla delle aspirazioni dell uomo, della sua ricerca dell aldilà, di una metafisica».

12 pagina 12 il manifesto SABATO 17 MAGGIO 2014 VISIONI Cannes 67 Giornata della perdizione in Croisette. «La chambre bleue» di George Simenon sbarca al festival con la regia di Mathieu Amalric. Un film segnato dalla carica eversiva dei corpi degli amanti, in bilico fra vita e morte. Sullo schermo, anche la passione di von Kleist e Henriette Vogel Prigionieri nelle viscere del puro desiderio Un Certain Regard indaga sui misteriosi meccanismi della mente. Attraverso la finzione giudiziaria, va in scena un processo di autoanalisi «LA CHAMBRE BLEUE» DI E CON MATHIEU AMALRIC SOTTO, «AMOUR FOU» DELLA REGISTA JESSICA HAUSNER (NELLA FOTO REUTERS CON B. SCHNOEINK E C. FRIEDEL Eugenio Renzi CANNES N el primo paragrafo della Chambre bleue, c è una frase che, dal 1963 in poi, colpisce sempre il lettore; ed appare chiaro che George Simenon l ha messa lì à dessein, con l obbiettivo di scioccare. Eccola: «Non solo tutto era vero, ma tutto era reale: lui, la camera, Andrée che restava distesa sul letto devastato, nuda, a gambe aperte, con la macchia scura del suo sesso da cui affiorava un filo di sperma». L occhio si ferma sulla parola sperma. Non che l autore abbia mai avuto paura di essere diretto, ma questo tipo di linguaggio, nei suoi quattrocento romanzi, è veramente raro. Eppure la parola importante è un altra. E, forse, anche il disegno è un altro: non tanto sconcertare il lettore, quanto distoglierne l attenzione dal dettaglio fondamentale che, in ogni un buon giallo, deve essere al tempo stesso esposto e nascosto. La parola chiave è affiorare, sourdre. Se l autore avesse voluto accordarne il registro a quello della parola sperma avrebbe potuto utilizzare il più volgare suinter, Simenon sceglie invece sourdre, che, dal latino surgere, elevarsi, per solito, viene associato all acqua che sgorga da una sorgente. Il lettore perdonerà se, invece di parlare del film di Mathieu Amalric, che oggi, ieri per chi legge, veniva presentato a Un Certain Regard, ci dilunghiamo sul libro da cui è tratto. Georges Simenon è stato molto adattato, sia in Francia che all estero. Soprattutto, è stata adattata la serie di inchieste del commissario Maigret. Meno i suoi romanzi e mai La Chambre bleue che, pure, secondo Mathieu Amalric che ne ha parlato con John Simenon, figlio di Georges, aveva interessato molti cineasti. Jacques Fieschi avrebbe scritto una sceneggiatura per Maurice Pialat; André Téchiné aveva in mente Catherine Deneuve nel ruolo di Andrée, Claude Chabrol pensava invece a Gerard Depardieu per il suo amante, Julien, con il quale poi ha girato Bellamy, il suo ultimo film, anch esso ispirato da Simenon. Sembra che anche i fratelli Dardenne abbiano accarezzato l idea. Il motivo per cui nessuno di questi progetti sia diventato un film è ignoto. Certo, la difficoltà dell adattamento non riguarda l intreccio del romanzo, due amanti accusati di aver assassinato i rispettivi coniugi, ma la trasposizione di quel verbo: sourdre, senza il quale la voce del romanzo si ammutolisce. Che cos è che deve affiorare? La materia ovviamente, vale a dire quello che Simenon chiama il reale. Ma l intreccio dei corpi, la camera blu dell hotel nel quale i due amanti si ritrovano, le strade del piccolo paese agricolo dove gli Certain regard / «L AMOUR FOU» DELL AUSTRIACA JESSICA HAUSNER La follia corre in riva al lago nel gesto estremo del poeta Cristina Piccino CANNES L e cronache della Storia sulla relazione tra il poeta malato di angoscia del vivere, Henrich von Kleist, e Henriette Vogel a cui i medici avevano diagnosticato un cancro, molto hanno detto, e la loro morte, un doppio suicidio sulle rive del berlinese lago di Wannsee ha attraversato i secoli nutrendo il mito romantico. Di certo c è il duplice colpo di pistola tirato una gelida mattina di novembre del 1811 da von Kleist alla donna e poi a se stesso. Quale sentimento li aveva uniti nell ossessione di questa morte, che era ormai il solo pensiero del poeta, sfinito dai debiti, dalle incomprensioni verso la sua arte, dalle violente critiche, e da quella nausea esistenziale che non gli permette di appartenere al mondo. La stessa distanza che sente la donna per quella sua malattia che la esclude dal futuro non lasciandole scampo. Un amicizia, dunque, o un Amour fou? Nonostante il titolo scelto per il suo nuovo film - al Certain regard - Amour fou, appunto, Jessica Hausner spoglia di qualsiasi sfumatura romantica l incontro tra Henriette e von Kleist, prediligendo la follia (lucida) di questa relazione messa a nudo nel suo paradosso più che nell aura del gesto sublime. Ma la regista austriaca molto amata dal Festival - era qui anche con l appasionante Lourdes - predilige la cifra del disvelamento ironico, dell analisi (freudiana) delle mitologie, e della rappresentazione sentimentale, per mostrarne il lato crudele, e forse comico. La chiave che sceglie per entrare nell'universo di von Kleist è quella della sua stessa opera letteraria, e in particolare la sua Marchesa Von O. Come il conte che «penetra» di nascosto la marchesa così von Kleist si insinua nel cuore di Henriette, intuendo prima ancora della malattia fisica - nella versione di Hausner, un clamoroso errore medico - quella della sua anima. Che, addirittura, lui provoca instillandole lo stesso disgusto che prova nei confronti dell immagine della sua vita, di quelle serate in società, con lei che canta e la figlioletta che suona, e gli altri applaudono con affettata cortesia. «Se vuoi andare via con il poeta dimmelo, non ti ostacolerò», dice a Henrietta il marito che la malattia mortale ha reso particolarmente aperto verso la moglie, tanto da non cogliere neppure l esitazione disperata del suo ultimo saluto, per l escursione salubre con von Kleist verso la morte. Lei risponde che no, che non potrebbe mai vivere insieme a qualcuno che pensa solo a se stesso. Vampirismo dell artista, o vampirismo dell uomo, di un ragazzo la cui tristezza ne ha segnato il volto prima del tempo, e che nell iconografia di Hausner appare sempre ai margini di quel mondo aristocratico dove si muove tollerato ma non capito nè apprezzato. Il suo grande amore è la cugina che lo respinge, o meglio respinge con angoscia l idea di morire insieme, perchè ha paura di morire da solo. Questo gesto è per lui un elevazione, una specie di passaggio privilegiato all eternità. La cugina lo congeda, lei vuole sposarsi, Henrietta lo accoglie alla diagnosi del medico, e quando il corpo lascia emergere la sua disperata, e sconosciuta fragilità. Hausner conferma il talento che la fa essere oggi una delle cineaste di punta in una ricerca che mette costantemente alla prova i bordi dell immaginario (ci si chiede perché non sia in concorso), Svuotare del romanticismo l'amour fou, le permette di rendere la malattia del personaggio che rende protagonista, Henrietta, assolutamente contemporanea nei movimenti interiori, in quell incertezza quasi dissonante che corriponde al movimento narrativo del film. E così la rappresentazione dei tempi, nelle inquadrature di raffinata precisione ( quasi di lezione straubiana) ispirate alla pittura dell'epoca, in cui le conversazioni di società assumono la forma di un rituale universale. E insieme ci raccontano l'epoca, le trasformazioni della Prussia dopo la Rivoluzione francese, con l'aristocrazia che lamenta la fine dei privilegi e il fatto di dover pagare le tasse. Motivo che ha spinto a concedere la libertà ai contadini, costretti così anche loro a pagare, ai loro occhi innaturale: non siamo tutti uguali, c è chi non sa essere libero come il popolo chiosa uno dei nobili. Von Kleist col suo disprezzo in fondo è un uomo come tutti, prevaricatore e innamorato della propria idea di amore che nemmeno gli fa scorgere l'altro. Alla povera Henrietta prima del colpo non lascia nemmeno il diritto di parola che non si nega a nessun condannato. E l amour fou resta un mistero. amanti hanno ognuno un lavoro e una famiglia non sono tutto il reale. Sono solo una superficie. Il vero reale è il loro desiderio, i loro pensieri profondi, in una parola: l uomo. Julien amava veramente Andrée? Voleva passare con lei ogni momento della vita, al punto di uccidere? Oppure era solo una passione? È quello che cerca di capire, con pazienza e metodo, il giudice istruttore, durante i lunghi interrogatori che precedono il processo. Ma come trovare la verità, se nemmeno Julien è capace di dire con certezza quali fossero i propri pensieri in proposito? Il tema che il film affronta, confrontandosi con il romanzo di Simenon, è nientemeno che quello della mente. Come interpretarne i segni esteriori? Un morso su un labbro, dato durante l amore è diverso da un morso dato dopo l amplesso? Entrambi producono lo stesso risultato: qualche perla di sangue affiora sulla pelle. Quale intenzione, queste gocce manifestano? Quella, innocente, del piacere, oppure quella, maliziosa, di lasciare un marchio? Sulla carta, il film di Amalric può apparire un classico film d autore. Invece Anche Claude Chabrol e Téchiné volevano cimentarsi con questo romanzo, ma i progetti sono stati abbandonati si tratta di un cinema coraggioso perché diverso dall ordinario. Oggi più che mai, il cinema francese di finzione è malato di sceneggiature scritte con metodo ma senz anima. È un effetto collaterale del sistema produttivo, il quale riposa sulle commissioni del Centro nazionale della cinematografia. E del fatto che, nelle commissioni, la critica numero uno è sempre formulata sulla base del principio di coerenza. Il risultato è che i film sottomettono la psicologia dei personaggi alla logica della sceneggiatura. Ecco che ogni gesto, riflessione, azione dei protagonisti, più che riflettere la complessità irriducibile di un tipo umano risponde alle esigenze logiche del movimento della sceneggiatura. La Chambre bleue è un tentativo molto riuscito di ribaltare questo schema. Il film stesso mette in scena, attraverso la finzione dell inchiesta giudiziaria, un processo di autoanalisi durante il quale tutti i segni che affiorano all immagine vengono interrogati, non per risolvere l intrigo ma al contrario per accumulare incertezze, indicare nuove piste, suggerire interpretazioni molteplici e rivelare così l abisso che si apre quando si osa sporgersi a guardare dal bordo dello spirito umano.

13 SABATO 17 MAGGIO 2014 il manifesto pagina 13 VISIONI FINAL CUT È stata lanciata a Cannes, in occasione del Festival, la seconda edizione di «Final Cut», l iniziativa di aiuto alle cinematografie emergenti del Mediterraneo. «Sono molto felice di essere parte di questo progetto», ha detto il direttore della Mostra del Cinema Alberto Barbera, ieri sulla Croisette con i coordinatori dell'iniziativa, Alessandra Speciale e Thierry Lenouvel. «Final Cut» si svolgerà durante il Mercato di Venezia (31 agosto - 1 settembre prossimi) e consisterà in due giorni di workshop per aiutare sei film a completare il processo di postproduzione attraverso finanziamenti e incentivi alla realizzazione. «La novità è che si sta allargardo ai paesi arabi del Mediterraneo. Inoltre alcune società italiane si sono aggiunte agli altri partner internazionali», ha aggiunto Barbera. Come la Cnc di Parigi o gli effetti speciali offerti dalla Knigtworks, e la Rai che preacquista per due anni la messa in onda di una delle opere selezionate. La deadline per presentare i film in dvd o blu-ray è il 20 giugno. FUORI GARA «The Salvation» del danese Kristian Levring Alle fonti del western Giona A. Nazzaro CANNES I n «THE SALVATION» DI KRISTIAN LEVRING; ACCANTO, RYAN REYNOLDS IN «THE CAPTIVE» DI ATOM EGOYAN; SOTTO, KEVIN DURAND Nel film si rovescia lo stereotipo dello straniero laconico del quale s ignora tutto, tranne l abilità con le colt attesa di The Homesman di Tommy Lee Jones, tocca a The Salvation del danese Kristian Levring reinventare la conquista del West. Messo in scena attraverso un ottica che omaggia la grande stagione modernista dei Peckinpah, Penn, Peter Fonda e così via, il film è un progetto coltivato con evidente devozione e scrupolo filologico, attento ai dettagli ambientali e a un iperrealismo cromatico (ottenuto digitalmente) che si tiene saldamente in piedi come la più classica delle parabole di vendetta. Rispetto ai racconti dello straniero senza nome che si presenta dal nulla per raddrizzare i torti di una comunità che fatica a nascere, The Salvation vanta un eroe che provenendo dall Europa carico di storia, dopo aver combattuto guerre non sue, tenta di rifarsi una nuova vita in un mondo nuovo. Jon (Mads Mikkelsen, ormai habituè della Croisette) si presenta nel Far West carico di storia, di quella maiuscola, ed è questo contrasto a rovesciare lo stereotipo dello straniero laconico del quale s ignora tutto se non la sua abilità con le colt. Il percorso di formazione che Kristian Levring riserva al suo protagonista procede al contrario. Soldato con una preparazione militare che fa di lui un tiratore micidiale, si ritrova progressivamente spogliato della sua identità in un calvario di violenze e soprusi che lo riducono a una macchina di morte offerta come la più arcaica delle giustizie. Dovendo vendicare il massacro della moglie e del figlio in una landa arida nelle cui viscere pulsa l oro nero, Jon tocca con mano l intreccio fondativo fra espropriazione del territorio e il sogno mancato della nascita di una nazione. In un paesino dove il sindaco è anche il becchino (Jonathan Pryce) e lo sceriffo è anche il prete (Douglas Henshall), il braccio violento di Delarue (Jeffrey Dean Morgan), amministra una parodia di legge al servizio delle corporazioni che predano la terra e il petrolio scacciando i coloni. Kristian Levring offre una versione nerissima del west. Fango sudore e polvere da sparo, insomma, nonostante l ocra dell operatore Jens Schlosser domini i campi lunghi quando non piove. Composto alternando con sapienza le differenti profondità di campo, eliminando quasi del tutto i primissimi piani, The Salvation è una sorta di teorema narrativo che riesce a bypassare l aspetto promozionale dell impresa («un western danese») per offrirsi come commosso omaggio a un genere e alla sua anti-mitologia. Evitando di eccedere in citazioni di feticismo cinefilo (riservato al tintinnare degli speroni di Delarue, unica concessione leoniana del regista), Levring offre del west, curiosamente, una visione molto prossima al Walhalla del connazionale Winding-Refn. Territorio spopolato e inospitale, percorso da branchi di tagliagole, nel cui fuoricampo pulsa il genocidio dei nativi americani, l alba degli Stati Uniti secondo C on Kristian Levring sembra il suo crepuscolo post-atomico (i resti del villaggio carbonizzato ). Mettendo in campo una competenza filologica che dalle soglie fordiane dell incipit passa per visioni eastwoodiane, senza dimenticare accenni grotteschi dal sapore altmaniano, The Salvation si presenta come un operazione non banale, nonostante alcune insistenze sul digitale inficino alcuni passaggi narrativi. Efficace, invece, il lavoro sonoro compiuto sugli spari. Secchi, brutali ma metallicamente pieni. Pur aderendo dunque al canone del western classico riletto in chiave modernista, Levring si riserva un paio di tocchi che avrebbero potuto stare in Pronti a morire di Sam Raimi o nella trilogia messicana di Robert Rodriguez. Eric Cantona che si complimenta con Jon perché ha combattuto i tedeschi prima di stenderlo con un gancio allo stomaco è irresistibile, mentre Eva Green muta e dalle labbra sfregiate contribuisce al plusvalore fetish del film. MERCATO «Le meraviglie» in Francia e America Latina «Le meraviglie», il secondo film di Alice Rohrwacher (previsto in concorso il 18 prossimo e il 22 in uscita nelle sale italiane) è ancora un oggetto misterioso e già scatena l attenzione dei compratori. I produttori di Tempesta Film (che portano il film a Cannes insieme alla Rai e ai coproduttori svizzeri e tedeschi) hanno annunciano, infatti, la firma del contratto di distribuzione per la Francia (con AD Vitam) e l America latina (con i brasiliani di Alfa Filmes che hanno comprato il film per tutto il continente). «Le meraviglie» (dopo l opera prima «Corpo celeste»), in concorso al Festival di Cannes numero 67, vede nel cast Alba Rohrwacher, sorella della regista e anche la partecipazione di Monica Bellucci. Il film narra un estate di quattro sorelle, vissuta come un rito di passaggio. WILD PALMS C.Pi. CANNES R acconta Una bambina che un giorno scompare, un indomito pedofilo sempre in agguato, un padre ambiguo Atom Egoyan che l ispirazione per questo suo nuovo film (Captive, in gara) gli è venuta osservando il crescente numero di ragazzi scomparsi in Canada, una galleria di volti sui manifesti appesi ovunque, che i genitori continuano a cercare disperatamente. La cronaca in sé, nel cinema del regista canadese di origini armene - del quale è ancora nelle nostre sale il precedente Devil s Knot - non è una componente fondamentale. L idea dei ragazzini che scompaiono è già nel suo (molto bello) Il dolce domani, e lo stesso l ostinata ricerca di un padre della figlia, un ossessione fantasmatica percorsa dai sensi di colpa, proprio come accade qui. Ma, stavolta, il tema è di quelli «importanti», che servono alle cronache mediatiche, per dire qualcosa oltre e al di là del film (fischiatissimo alla proiezione stampa). Si parla infatti di pedofilia: la ragazzina che scompare all inizio della storia, narrata in modo non lineare, con continui détour tra passato e presente, viene rapita in un momento di distrazione del padre - la lascia in automobile per comprare una torta - da un pericolosissimo pedofilo. Che è, a sua volta, il tassello di una rete dietro alla quale si celano nomi potenti, persone che contano e che, in virtù di questa loro influenza, riescono a sfuggire alla polizia e a muovere le pedine utili ai loro scopi. Sembra non esserci scampo in quel paesaggio gelato di neve, nel quale ogni stanza nasconde una telecamera di controllo e, dal suo «buco», la ragazzina col nome quasi da predestinata, Cassandra, ormai cresciuta vede sua madre distrutta dal dolore odiare suo padre (Ryan Reynolds), sospettato dalla prima ora di essere almeno complice della sua sparizione, che invece con ostinazione vaga nel bianco sperando di trovarla. Nella camionetta tutto è come quel giorno, quasi un sortilegio in attesa della catarsi. Poi c è l'ispettrice, specializzata in caccia ai pedofili (Rosario Dawson), il feroce maniaco che ha rapito Cassandra la teme, e la tiene anche lei sotto controllo. L uomo (Kevin Durand) lavora nell azienda più influente della zona, e forse anche il suo boss ha qualche tentazione per i bambini. Usano internet, tecnologie avanzate di protezione, Cassandra adesca i più piccini dal portale. Intanto, il ragazzino che pattinava con lei continua a aspettarla. È un trucco? O un artificio che non serve, chiedeva al padre prima di essere portata via... E l artificio - ma forse sarebbe meglio dire il trucco - domina nella messinscena di Egoyan fatta di schermi in cui esplode in infiniti frammenti la realtà, oggi ancora più inafferabile nell orizzonte immateriale della rete. Cassandra, ex principessina di un regno delle tenebre, dice con la vocina infantile al suo aguzzino: «oggi non ti servo più, sono grande ormai». E gli chiede emozioni per inventare le sue storie con cui sedurre altri bimbi. Guardare sua madre da lontano per farla piangere, incontrare per un attimo il padre, e rassicurarlo: ci seguivano mi avrebbero presa lo stesso. Anche lui è stato «adottato» dal padrone dell azienda, intuiamo un passato doloroso come quello dell'ispettrice, salvata dalla famiglia adottiva. Avrei voluto incontrarti da piccola, le sussurra una della banda, rapita e abusata anche lei da piccolina, ora complice del pedofilo. Ma in questo gioco di specchi, ogni personaggio richiama l altro, cela nel suo passato qualcosa che lo spinge e al tempo stesso lo mette all opposto dell altro, l ispettrice e il maniaco che canta arie di Mozart osservando il dolore del mondo. Sindrome di Stocccolma o plagio? Le relazioni tra «vittima» e «carnefice» sono potenzialmente il lato più interessante del film, Egoyan non si avventura però mai nella zona oscura delle relazioni tra i suoi personaggi, rimanendo sui margini di un ambiguità noir che è solo di superficie. Io lo conoscevo bene Kevin Durand G. A. N. quella faccia un po così, Kevin Durand è uno di quegli attori che ti ritrovi in tantissimi film ma cui non presti mai molta attenzione. Anche se una faccia come la sua è davvero difficile non ricordarsela. In un film inutile come The Captive di Atom Egoyan, Durand è, forse, l unico motivo d interesse. Qualcuno magari se lo ricorda in Cosmopolis di David Cronenberg e altri invece in Real Steel, con tanto di stetson. E poi, certo, c è Lost dove era Martin Keamy. E non dimentichiamo Wolverine Le origini e Prossima fermata Fruitvale Station. Con una filmografia che fra sequel di Resident Evil e blockbuster come Noah dà la misura di un attività frenetica, nonostante il suo nome sia ignoto alla maggior parte di quanti ancora vanno al cinema. Non si tratta però di titoli, quanto della faccia. Una faccia di quelle che non ne girano tante. Che non si sa mai bene se ti guarda fendendo una spessa coltra di stupore chimico o semplicemente perché i suoi neuroni lavorano a scartamento ridotto. Alto, inconfondibile, nei panni del machiavellico gestore del racket di pedofili del film di Egoyan, con quel baffo che sembra essere un insulto a tutto quanto speriamo possa diventare un domani migliore, Durand si produce in una notevolissima performance, DREAMWORKS «Dragon Trainer 2», ragazzini volteggiano nei cieli, cavalcando il Bene e il Male Un romanzo di formazione e un epica battaglia tra bene e male. Sei anni dopo che uomini e draghi hanno deciso di andare d accordo, «Dragon Trainer 2» (l unico film veramente hollywoodiano qui al festival, dov è presentato fuori concorso) espande di molto il raggio e le ambizioni della saga vichinga che rimane la migliore creazione della Dreamworks Animation. Più personaggi, più storia, più trama, più tonalità emozionali e, ovviamente più draghi, «Dragon 2», diretto nuovamente da Dean De- Blois (il canadese che aveva esordito alla Disney con «Lilo e Stich») apre con un torneo volante simile a quelli di «Harry Potter». Solo che qui i ragazzini, invece di cavalcare delle scope, saettano in groppa a draghi multicolori da cui si contendono - a mo di palla - alcune sprovvedute pecore grasse. Hiccup Horrendous sta per ereditare le redini di Berk da suo padre Stoick. Astrid è la sua fidanzata ufficiale. E il suo nero drago Sdentato più fedele che mai. Tutto sembra avviato per il meglio quando, durante una delle sue escursioni fuori porta, Hiccup scopre un paradiso alla Avatar dove, protetti da una figura nascosta dietro a un elmo macabro, migliaia di draghi vivono in libertà. E poi fa la conoscenza con il loro peggior nemico: Drago un vichingo sfregiato con il potere di ipnotizzare i draghi e renderli cattivissimi. È la luce contro la tenebra, come ne «Il signore degli anelli». DeBlois ha un bel senso dell avventura e dei personaggi e nei suoi lavori evita il tono ammiccante, autoironico, di altri prodotti animati Dreamworks. Il film non resiste completamente alla tentazione del troppo in cui s inceppa oggi tanto cinema made in Hollywood, ma la storia e alcune trovate visive molto belle, ancorano il ritmo frenetico dell azione. In un momento che fa molto «Bambi» o «Finding Nemo», Hiccup perde molto di più del piede che le sue prodezze aeree gli erano costate nel primo film. Bello il 3D, non troppo spinto. giulia d agnolo vallan COMPETIZIONE: «THE CAPTIVE» DI ATOM EGOYAN Oltre le relazioni oscure tra vittima e carnefice tesa fra un trattenuto overacting e costanti implosioni in sottrazione. Villain per eccellenza, riesce nell impresa di dare corpo e vita a un incubo terrificante e, allo stesso tempo, di renderlo quasi simpatico nel suo abissale orrore. In questo senso, sì, occorrerebbe mettere mano a una politica degli attori, in grado di conservare nella memoria i nomi e, negli occhi, le facce di interpreti che, nonostante il monito di Hitchcock contenuto in Grace di Monaco, si muovono troppo spesso ai margini estremi dell inquadra- tura. Nonostante The Captive possa non essere il veicolo migliore per Kevin Durand per disimpegnarsi dalla categoria dei caratteristi e ascendere al ruolo dei protagonisti, resta il fatto che è la sua presenza e la sua performance a rendere il film di Egoyan se non altro «quasi» guardabile. Le modalità attraverso le quali ispeziona e controlla il suo regno, premurandosi del benessere della sua prigioniera, appartengono al novero delle imprese impossibili. Roba che solo a gente come Dylan Baker è riuscita. E se è vero che non ci vuole poi tanto a rubare la scena a Ryan «Lanterna verde» Reynolds, è altresì vero che ci vuole un attore autentico per farti attraversare indenne un film nel quale Reynolds tenta di spacciarsi per un attore vero.

14 pagina 14 il manifesto SABATO 17 MAGGIO 2014 NUOVA FINANZA PUBBLICA Apple e le tasse Marco Bertorello I n questi anni i tecno-entusiasti non solo hanno sottolineato l indiscutibile cambiamento connesso alle nuove tecnologie della comunicazione, a partire dalla vita quotidiana di ognuno, ma hanno richiamato il potere di trasformazione socio-economica implicito in tali tecnologie, caricandole di un ruolo che sembra sovrastimato. L esperto di economia del web Yochai Benkler, che Carlo Formenti definisce «anarco-liberista», ha teorizzato per i nuovi media la produzione orizzontale, in cui tendenzialmente i singoli individui possono competere con le big company del settore dentro un inedito contesto tra pari. La relazione tra tecnica e cambiamento indubbiamente è complesso, ma è andato sviluppandosi un pensiero che individua nelle nuove tecnologie dell informazione un mezzo attraverso il quale poter cambiare i connotati al sistema. Dalla prefigurazione di una riforma piena in senso liberista (la competizione davvero tra uguali) fino a un sistema di condivisione e socializzazione, passando per la democrazia partecipata o diretta. Ma su tali temi la questione non è mai tecnica, esistono problemi di ordine socio-economico e politico. È più probabile che gli assetti dell attuale economia di mercato assorbano le innovazioni piuttosto che farsi cambiare i connotati. Abbiamo diversi segnali in questa direzione. Non tanto per come agli inizi del secolo sia esplosa in maniera piuttosto tradizionale la bolla delle dot-com, quanto per come i principali attori delle nuove tecnologie stiano ibridandosi, nel loro crescere di status, coi consueti meccanismi di mercato. Il rapporto con le Borse dei colossi del web è congenito: dopo la crisi degli anni 90 è ripartita una seconda ondata in borsa con recenti protagonisti come facebook e twitter. Ma la compenetrazione tra sistema finanziario e start up non si esaurisce qui. Il Financial Times ha rivelato che Facebook potrebbe ricevere l autorizzazione dalla Banca centrale irlandese per «farsi» banca, offrendo servizi finanziari e pagamenti elettronici e dunque aprendo nuovi scenari. Come sostiene Luca De Biase, giornalista che segue il mondo digitale, «il denaro è informazione»: chi meglio di coloro che si occupano di informazione potrebbe gestire il denaro? Per soggetti che da tempo studiano gusti, preferenze e orientamenti dell utenza il vantaggio di occuparsi di servizi finanziari è notevole. Tali compagnie, inoltre, possono contare sulla localizzazione più favorevole in termini di regole fiscali, alterando ulteriormente la gestione di depositi e scambi internazionali. Basti pensare al contenzioso aperto dalla magistratura di Milano con Apple, che per il 2013 ha pagato tasse in Italia per una cifra pari a 8 milioni di euro, mentre solo la dozzina dei suoi Apple store hanno fatturato quasi 300 milioni. Il sospetto è che l azienda di Cupertino abbia eluso per il oltre 1 miliardo di imponibile. L escamotage con cui si pagano meno tasse del dovuto appare quasi legale, in quanto la maggioranza dei costi vengono pagati in Irlanda, secondo una competizione al ribasso sulla tassazione. Come ogni innovazione tecnica anche i nuovi media rappresentano un fattore ambiguo, da un lato potenzialità liberatorie e di partecipazione, dall altro la tendenza a farsi fagocitare dagli assetti socio-economici dominanti. Le tante analogie con il sistema vigente fanno propendere per tale torsione. Non è forse un caso che il 16 e 17 maggio in varie città d Europa, a Roma, Milano, Bologna, per la prima volta si manifesta davanti agli Apple store. Un ritorno al futuro? CAMPANIA Sabato 17 maggio, ore MAGGIO ANCORA Il terzo appuntamento di «Maggio, Ancora» festival di arte, musica e cultura, ospiterà Peppe Lanzetta. Via L. Murialdo (Parco Ambrosio) n. 7, San Giuseppe Vesuviano (Na) EMILIA ROMAGNA Sabato 17 maggio, ore 10 DROGHE Si intitola «Droghe. Oltre il proibizionismo» l Assemblea Nazionale di Antigone che si terrà sabato. Tra gli altri parteciperanno Enzo Ciconte, esperto di criminalità organizzata, Franco Maisto, presidente del tribunale di sorveglianza di Bologna e, Persio Tincani, filosofo. Università di Bologna, aula magna della Scuola di Psicologia e Scienze della Formazione, via Filippo Re 6, Bologna LOMBARDIA Sabato 17 maggio, ore NO OMOFOBIA Nell ambito della Giornata internazionale contro l omofobia, la bifobia e la transfobia, va in scena la prima assoluta di «La vie de Carmèn - Fosse solo una questione d amore», spettacolo teatrale di e con Carmen Pellegrinelli, autrice, attrice e regista bergamasca. Un attrice che non si presenta sulla scena e nell attesa che arrivi, vari personaggi che incarnano ipocrisie e paradossi della percezione e dell autopercezione dell omosessualità si susseguono a ritmo serrato sul palcoscenico ed intrattengono il pubblico, fino a quando la metafora scenica verrà interrotta da un accadimento: Carmen riuscirà a fare coming out? Auditorium di piazza della Libertà, Bergamo EMILIA ROMAGNA Sabato 17 maggio, ore 9.30 MAURO ROSTAGNO Incontro dibattito sul tema «Mauro Rostagno: una persona libera». Partecipano: Rino Giacalone: giornalista, Calogero Germanà: Questore di Piacenza, Davide Mattiello: Deputato Commissione Parlamenatre Antimafia. Auditorium Bodoni, Parma Domenica 18 maggio, ore LUOGHI Incontro con Elisabetta Ruffini, curatrice della mostra «Luoghi, quattro campi, la loro storia, la nostra memoria». Fotografie di Isabella Balena. Dopo l incontro avrà luogo la visita guidata dell esposizione. Ex Sinagoga di via G. Rovighi, 57 Fossoli- baracca recuperata del Campo di Fossoli (Carpi) LAZIO Sabato 17 maggio, ore 18 ANNECCHINO/CAPELLINI Arturo Annecchino, in collaborazione con Silvia Cappellini Sinopoli, proporrà «AND», un concerto in due tempi e due pianisti per raccontare le due facce di uno stesso artista. Ospiti della serata Susanna Ohtonen soprano e Francesco Renzi tenore. Stasera appuntamento a Amelia, Sala dello Zodiaco di Palazzo Petrignani, ore 18 ) e il 19 maggio (Roma, Chiesa Evangelica Battista, via del Teatro Valle 27) Vari luoghi TOSCANA Mercoledì 21 maggio, ore PRENDITI CURA Con Letizia Paolozzi parliamo del suo libro «Prenditi Cura», il racconto di quasi due anni di incontri in giro per l Italia. Da Torino a Livorno, passando per Reggio Emilia, Milano e Roma per discutere di lavoro e ambiente. Centro Donna Liliana Paoletti Buti, largo Strozzi, 3, Livorno Tutti gli appuntamenti: eventiweb@ilmanifesto.it COMMUNITY le lettere Le bottiglie del manifesto Amici de "il manifesto", vi scrivo, da abbonato, per rispondere ai due Giuseppe che oggi proponevano risposte al "che fare?" rispetto a bottiglie vinte e destino del giornale. In verità gli interventi, essendo distinti, non legavano le due cose, cosa che invece vorrei fare io. In primis: vendere le bottiglie non è da "bottegai". È una possibilità di finanziamento. Perché far subire a tutte le bottiglie la stessa sorte? Alcune (poniamo 1/3) si potrebbero vendere a prezzo rialzato per finanziare il riacquisto della testata (1000? Perché no?). Un altro terzo potrebbe essere allegato a nuovi abbonamenti sostenitori. Il rimanente terzo a offerta libera dai lettori. E siccome, se non ricordo male, le bottiglie sono un multiplo di 10 (100? 1000?), quanto resta vada alla redazione per il lavoro che quotidianamente svolge. Sui destinatari del quotidiano: credo che esso si rivolga a tutti. Riscontro anche io, talora, difficoltà nella lettura della pagina culturale. E per fortuna! È una delle scelte per cui vi acquisto. Se, infatti, come Karl Marx scrive ne "L ideologia tedesca", il comunismo è "movimento reale di abolizione dello stato di cose presente" (cito a memoria), non si tratta di adattare il giornale ai lettori, ma di adattare i lettori al giornale, accrescerli. Se non avessi riscontrato difficoltà nella lettura, non sarei Posta e risposta Lasciamo in pace l autismo cresciuto, non mi sarei documentato. Conservo spesso gli articoli che mi creano difficoltà, magari prendo il libro recensito in biblioteca e, lettolo, rileggo la recensione. E molto spesso resto sorpreso dalla accuratezza della recensione. Non cominciamo a fare cultura popolare, che è, come ci dice Adorno, una farsa (vd. Teoria della Halbbildung). Continuiamo così. Muoviamoci continuamente per abolire lo stato di cose presente. Un saluto. Giovanni Baccaro Addio, comunista atipico Avellino ha salutato commossa Federico Biondi, uno dei suoi figli più nobili, scomparso all'età di 89 anni. Antifascista, di formazione dorsiana ed azionista. Sotto il governo Badoglio, per aver partecipato ad alcune azioni di propaganda contro il prosieguo della guerra, nell'agosto del 1943, fu incarcerato nelle celle del Carcere Borbonico di Avellino e deferito al Tribunale speciale assieme ad Antonio ed al padre Alfredo Maccanico. Si iscrisse al Pci e vi militò fino alla sua mutazione in Pds. Il suo percorso politico ed esistenziale attraverso il '900 è raccontato nei due volumi di «Andata e Ritorno. Viaggio nel Pci di un militante di provincia». In queste ore è ricordato come colui che nel 1970, con Antonio Aurigemma sindaco e Ciriaco De Mita capogruppo nei banchi del consiglio comunale, riuscì a tessere l'intesa tra la Dc ed il Pci, sul governo della città di Avellino. Non durò. Ma per coloro che giustificano la storia con lo sguardo del poi, si trattò di una anticipazione di quella che sarà la stagione del Sul manifesto di sabato 10 maggio Sarantis Thanapulos riprende una ricerca sui bambini autistici che afferma che anche in questo campo non tutto è dovuto alla genetica. Gli autori inseriscono tra le altre possibili cause i fattori ambientali (non quelli psicorelazionali). Questo studio spinge Thanapulos ad affermare che il mondo della scienza è accecato dalla sua visione materialistica «...la verità della casa in cui alloggiamo diventa la solidità della sua struttura, delle sue tubature, della sua rete elettrica.. e non il modo di abitarla, di usarla, di viverla..». Non discuto le conclusioni a cui arriva l autore dell articolo ma trovo sbagliate le premesse. Nella grande maggioranza dei bambini affetti da autismo è presente ritardo mentale, disturbi neurologici e alterazioni del linguaggio (il linguaggio è conservato nella sola Sindrome di Asperger, la forma di autismo che i lettori conoscono attraverso la rappresentazione filmica, con soggetti capaci di memorizzare un elenco telefonico). Solo una piccola parte dei bambini autistici diventati adulti arriverà all autosufficienza. Pertanto: 1) difficile pensare che non vi siano danni organici nel cervello (anche se non visibili con gli attuali strumenti diagnostici). 2) poco credibile l ipotesi psicorelazionale, occorrerebbe ipotizzare che in pochi mesi di vita un alterata relazione con i genitori sia in grado di causare tali disturbi. 3) il danno al cervello non è come un danno ad un altro organo del corpo, è evidente che l alterazione del sistema nervoso possa avere ricadute sulla vita di relazione. 4) la psicoanalisi in questo campo è stata più «deterministica» di altri settori della medicina quando ha ipotizzato che l autismo fosse favorito da genitori «incapaci di amare», colpevolizzando intere generazioni di padri e madri con figli autistici. In sintesi: questa ricerca sull autismo non può essere collegata a valutazioni per cui «oggi conta più la quantità che la qualità nella nostra vita»; può essere vero, ma è meglio lasciare in pace l autismo. Roberto Stura medico, Casale Monferrato compromesso storico. Per Biondi, invece, più probabilmente, l'esito, l'evoluzione naturale, della sua formazione antifascista e liberale innestata in quel grande partito popolare che fu il Pci. Scomodo, «amendoliano» atipico e comunista eterodosso. Nel 1969, insieme ad un giovanissimo Gino Anzalone, difese, come straordinaria e coraggiosa battaglia di libertà dalle pagine di «Progresso Irpino» - il giornale del Pci, fondato da Ruggero Gallico, che, alla sua nascita, era riuscito a collegare le lotte contadine e bracciantili al meglio della cultura e della società meridionale - il diritto al dissenso di Luigi Pintor, Rossana Rossanda, Aldo Natoli e del gruppo del Manifesto. Fu, nel Pci del tempo, sollevato da ogni incarico di direzione politica. Caro Federico, per salutarti, scrivo al Manifesto, perché, in fondo, questo giornale è anche un poco tuo. Maestro di Libertà, mancherà la tua signorilità, la tua tenacia ed il tuo sorriso mite. Generoso. Bruno Avellino Un giovane cantante austriaco ha deciso di proporsi come «drag queen», nome con cui si definiscono gli uomini dello spettacolo che si esibiscono vestiti in modo femminile. Voleva dimostrare che «ognuno può essere quello che vuole». Con il nome artistico di Conchita Wurst e in vestito lungo, cappelli lunghi, baffi e barba curata ha stravinto pochi giorni fa competizione canora Eurovision. La sua canzone, che ha come tema il risorgere della fenice dalle sue ceneri, è piuttosto mediocre ma ha un impostazione accattivante. La presenza di una «drag queen» nella competizione ha scatenato reazioni scomposte soprattutto in Russia (ma anche in altri paesi, Austria inclusa) mentre il successo finale ha fatto gridare alla vittoria della tolleranza. Non si ha l impressione, in verità, di vivere in un mondo molto tollerante e, inoltre, l elogio della tolleranza come valore in sé ha risvolti che meriterebbero più attenzione. Tollerare potrebbe essere una cosa buona come potrebbe non esserlo e non tanto in funzione del suo oggetto (tollerare la differenza di costumi ha un valore opposto al tollerare la fame nel mondo) quanto piuttosto per fatto che la tolleranza può aver senso solo come premessa necessaria di una capacità di INVIATE I VOSTRI COMMENTI SU: lettere@ilmanifesto.it VERITÀ NASCOSTE L effetto piatto di Conchita Wurst Sarantis Thanopulos comprensione. È importante saper tollerare il dubbio, l incertezza, la delusione che le esperienze inconsuete possono generare per poter comprendere e gestire meglio la relazione in cui si è impegnati e aprirla al cambiamento (scongiurando il pericolo di azioni reattive, impulsive). Bisogna ammettere, tuttavia, che il più delle volte la tolleranza è interpretata come un «vivere e lasciar vivere» che disimpegna dalla la relazione con l altro e consente di evitare a priori le frustrazioni. Essere quello che si vuole essere, la Caro Renato, la ricerca sull autismo non può ignorare gli affetti e l espressione del desiderio: comunque spieghiamo la loro condizione i bambini autistici sono soggetti desideranti inespressi. Un approccio equilibrato al loro problema dovrebbe tenere conto delle dinamiche emotive della relazione con il loro ambiente e in particolare con i genitori. Sostieni che nell autismo l alta frequenza di ritardo mentale, di alterazioni del linguaggio e di disturbi neurologici non può non far pensare a danni cerebrali. È un affermazione molto discutibile. Queste correlazioni indirette restano ipotetiche fino a prove dirette che, come tu stesso ammetti, non esistono (né sembrano in arrivo) e non spiegano i tanti casi dell autismo in cui sono assenti i disturbi neurologici. Inoltre, un bambino in isolamento affettivo dal mondo può avere problemi di appropriazione del linguaggio e di sviluppo mentale indipendentemente dall esistenza di una lesione organica. O pensi che sia possibile separare lo sviluppo cognitivo da quello emotivo? Dici che la psicoanalisi è deterministica nel campo dell autismo mentre sostieni il determinismo più assoluto: il slogan di cui Conchita si è fatta portavoce, è una rivendicazione che soffre della stessa ambiguità della professione di tolleranza: cambia completamente il suo senso a seconda che l altro sia incluso nel suo orizzonte o escluso. La definizione del nostro modo di essere indipendentemente dalla nostra relazione con l altro è ciò che i greci chiamavano ubris: assenza del senso dei limiti, arroganza. L impostazione androgina della propria identità tende ad annullare l interdipendenza erotica tra i sessi e insegue il fantasma di danno al cervello. Che pochi mesi all inizio della vita bastino a creare disastri, è un evidenza che fa parte della clinica psicoanalitica ma anche del nostro patrimonio culturale: più un danno è precoce più è devastante e non solo tra gli esseri umani. La psicoanalisi non fa derivare l autismo dall incapacità di amare dei genitori. Le relazioni tra genitori e figli sono complesse, non si riducono alla capacità di amare o di odiare e le complicazioni maggiori sono il prodotto di errori preterintenzionali. Per questo le famiglie sono luoghi di affetto ma anche di disastri relazionali e sarebbe insensato negarlo. Che intere generazioni di genitori siano stati colpevolizzati dagli psicoanalisti mi fa pensare alla leggenda dei comunisti che mangiavano i bambini. La psicoanalisi si astiene dal giudizio e dalle condanne morali e sostiene il senso di responsabilità. Chi assume la responsabilità di rimettere in movimento il desiderio e l affetto in situazioni di dolore che nessuno ha consapevolmente determinato e nessun avrebbe potuto determinare da solo? Sarantis Thanopulos un autarchia sessuale che consentirebbe alla donna di godere come l uomo e all uomo come la donna. Va in scena l autoerotismo (di cui l araba fenice è una nota rappresentazione) che se da un lato esercita una fascinazione inconscia sulla parte onnipotente, autoreferenziale del desiderio dall altro minaccia la parte che ama la diversità (e la libertà) dell oggetto desiderato perché l androgino crea una confusione di identità in cui la differenza dell altro può cancellare la propria. L effetto globale è perturbante: un misto di attrazione e di repulsione. Ciò che si rigetta nella «donna barbuta» non è l aspetto «mostruoso» sul piano estetico (che serve da copertura del motivo reale del rigetto) ma la confusione tra desiderio rivolto a se stessi e desiderio rivolto all altro. La tolleranza di cui andiamo fieri spesso non è altro che è il risultato di un maquillage che opera in superficie e riduce l effetto perturbante a un immagine piatta, addomesticata, quasi pubblicitaria. Tollerare veramente significa patire intensamente la problematicità della nostra dipendenza dall altro, sentire fin in fondo lo sgomento (e il terrore) di fronte a un desiderio di libertà «dal» legame, restare dentro la tensione che forgia questo desiderio secondo la sua unica possibilità: libertà «nel» legame.

15 SABATO 17 MAGGIO 2014 il manifesto pagina 15 COMMUNITY FUORI ONDA Giornalismo e gossip: «Un infortunio sì, ma io omofobo no». Giorgio Airaudo Q uesta volta approfitto dell ospitalità de il manifesto per affrontare quello che è sicuramente diventato un "infortunio", che richiede da parte mia una presa di posizione netta e inequivocabile su un punto, a tutela della mia storia e delle mie opinioni. E non mi riferisco al fatto che diventino un presunto "fuori onda" delle dichiarazioni carpite in un colloquio personale tra me e una mia antica conoscenza giornalistica sulla politica nazionale, alla fine di una intervista fuori da un finto taxi (a proposito di deontologia e diritto d informazione). Né mi riferisco al mio rapporto con Nichi Vendola, che conosco da quando poco più che ventenni militavamo insieme ad altri giovani uomini e giovani donne in una federazione giovanile comunista che tentava di rifondarsi in contaminazione con i movimenti e non contro o fuori da essi, scuotendo non poco la cultura di quel partito comunista, dal pacifismo al referendum sul nucleare, dall ambientalismo ai diritti per tutte e tutti. E Nichi di quel cambiamento fu fonte culturale e testimonianza portando tra noi e in quel mondo i temi dell omosessualità e dei movimenti per i diritti delle persone omosessuali. Rompendo muri di pregiudizi e di omofobia e diventando di quella Fgci uno dei più autorevoli dirigenti. Io di quell esperienza mi sento ancora parte e figlio come molti altri che ho reincontrato in questi anni in movimenti, sindacati, associazioni e ora anche in Parlamento, anche su posizioni diverse dalla mia. Il punto che intendo affrontare è proprio il tentativo di sollevare un sospetto di omofobia nella sintesi che di mie parole private sulla vicenda Ilva hanno fatto da alcuni quotidiani e siti. Non lo consento e non lo permetto perché la battaglia contro l omofobia e l affermazione dei diritti delle persone omosessuali, delle loro famiglie e dei loro figli è parte importante della mia storia personale e politica, così come lo è la lotta per i diritti dei lavoratori. Lo rivendico come uomo di sinistra e dei movimenti, temporaneamente in Parlamento con Sel, e voglio testimoniarlo particolarmente oggi che si celebra la giornata internazionale contro l omofobia. Se è sull Ilva che si cercava "l incidente" si sappia che io penso che in quella vicenda non è mancata la trasparenza del governatore della Puglia. Anche perché i governatori precedenti a Vendola, fino a Fitto, avevano inanellato con i Riva una sequenza di "non vedo, non sento, non parlo". Vendola se ha una responsabilità politica, ed è un merito, è quella di essere intervenuto dentro un rapporto di forza che vedeva il sindacato indebolito e diviso dal "ricatto" dell occupazione e i lavoratori spesso utilizzati come ostaggi. Nichi ha agito senza il sostegno dei governi, dal governo Monti fino al governo Renzi, refrattari a un vero commissariamento pubblico, necessario per dare credibilità alla soluzione della questione Ilva. Perché bisogna che Taranto diventi la città della lotta per il diritto al lavoro, alla piena occupazione e per l investimento su un nuovo modello produttivo che valorizzi l ambiente e non lo distrugga. No Tav, la Cassazione smentisce la Procura L a Cassazione si è, dunque, pronunciata sulla misura cautelare emessa il 5 dicembre 2013 nei confronti di quattro attivisti No Tav per i delitti di «attentato per finalità di terrorismo» e «atti di terrorismo» ai sensi degli articoli 280 e 280 bis codice penale. E ha annullato l ordinanza, smentendo in modo univoco l impostazione della procura della Repubblica di Torino e dei giudici della cautela. Per una valutazione più compiuta è necessario attendere il deposito della motivazione, che dovrà intervenire entro trenta giorni. Ma una cosa è chiara da subito. Secondo la Cassazione la struttura e/o la motivazione della misura cautelare erano inadeguate, cioè tecnicamente "ingiuste". C è, nelle prime dichiarazioni degli ambienti giudiziari e nei commenti dei media mainstream (da sempre uffici stampa degli inquirenti), il tentativo di minimizzare, adombrando che l annullamento sia conseguenza di semplici errori formali. Non è così. La natura del provvedimento impugnato e i motivi del ricorso non lasciano dubbi sulle ragioni dell annullamento. Due su tutte, concorrenti o singolarmente considerate: «l inosservanza o l erronea applicazione della legge penale» e/o «la mancanza, la contraddittorietà o la manifesta illogicità della motivazione», per usare i termini dell articolo 606 del codice di procedura penale. In altri termini: o le norme che prevedono l attentato per finalità di terrorismo e gli atti di terrorismo sono state erroneamente interpretate e mal applicate o i pubblici ministeri e i giudici hanno motivato in modo contraddittorio e/o illogico la riconducibilità a tali norme delle condotte degli imputati. Non ingannino la mancata scarcerazione degli imputati e il rinvio degli atti al Tribunale del Riesame per un nuovo esame, trattandosi di conseguenza obbligata in presenza tra l altro di ulteriori contestazioni (detenzione e porto di bottiglie molotov e bombe carta e violenza a pubblico ufficiale). Dunque, l evocazione del terrorismo e la sua configurabilità con riferimento all assalto al cantiere della Maddalena del 14 maggio 2013 (ad opera di una ventina di persone, con incendio di un compressore e lancio di sassi e di «artifici esplosivi e incendiari», senza danni a operai e agenti di polizia) escono profondamente intaccate dal vaglio della Cassazione. È un buon viatico perché il processo che si aprirà davanti alla Corte di assise di Torino il prossimo 22 maggio sia un giudizio sereno e rispettoso delle garanzie di tutti e non uno scontro di tipo militare tra i "paladini della democrazia" e i suoi "nemici", come si è tentato di accreditare in questi mesi. A ciò potrà concorrere un attenzione critica dell opinione pubblica e dei giuristi che pure, in questi mesi, hanno brillato, salvo pochissime eccezioni, per un fragoroso silenzio. Nella speranza che la decisione della Cassazione contribuisca a risvegliare in loro la consapevolezza del proprio ruolo, se non anche una qualche passione civile. Per una singolare coincidenza, nello stesso giorno della decisione della Cassazione, è emerso un altro fatto che ha a che vedere con il movimento No Tav e la sua impropria "criminalizzazione". È su VERSO L EUTANASIA LEGALE Livio Pepino L indifferenza del legislatore Matteo Mainardi Scelte di fine vita: si torna a parlarne e non è la prima volta. La legge sulle Disposizioni anticipate di trattamento (Dat) ha impegnato il legislatore per ben 4 anni, senza alcun risultato. Se ancora serve una discussione sul tema per «non eludere un sereno e approfondito confronto di idee sulle condizioni estreme di migliaia di malati terminali», come detto da Napolitano, bisogna aiutarsi chiarendo quali siano gli obiettivi e cosa sia urgente fare. L obiettivo dei Radicali è da anni al centro di campagne politiche portate all attenzione dell opinione pubblica grazie all iniziale impegno di Luca Coscioni. Con la proposta di legge popolare «Rifiuto di trattamenti sanitari e liceità dell eutanasia» si è cercato di dare risposta a quei malati terminali che vogliono poter disporre del proprio corpo fino alla fine. Per regolare un fenomeno presente seppur clandestinizzato, nella proposta si prevede che ogni cittadino «può rifiutare l inizio o la prosecuzione di trattamenti sanitari, nonché ogni tipo di trattamento di sostegno vitale Le norme che prevedono l attentato per finalità di terrorismo sono state erroneamente interpretate e mal applicate. Ora il processo in Assise potrà essere più sereno e/o terapia nutrizionale» riprendendo e riconoscendo quindi l art. 32 della Costituzione. Il personale medico e sanitario è tenuto a rispettare la volontà del paziente anche quando questo chiede il trattamento eutanasico, purché tale richiesta provenga da una persona maggiorenne, capace di intendere e volere, i cui parenti entro il secondo grado e il coniuge siano stati informati della richiesta e abbiano avuto modo di colloquiare con la persona. Il paziente, che deve essere stato «congruamente ed adeguatamente informato delle sue condizioni e di tutte le possibili alternative terapeutiche e prevedibili sviluppi clinici», deve comunque essere «affetto da una malattia produttiva di gravi sofferenze, inguaribile o con prognosi infausta inferiore a diciotto mesi». Dello stesso parere una trasversale pattuglia di parlamentari sottoscrittori della proposta già depositata alla Camera. Di fronte alla pressione di decine di milioni di cittadini favorevoli a tali provvedimenti (il Rapporto Eurispes Italia 2014 conferma che il 71,7% degli italiani è favorevole alla regolamentazione dei testamenti biologici e il 58,9% alla legalizzazione dell eutanasia) e di fronte alla richiesta di oltre 190mila firmatari attraverso i siti della campagna EutanasiaLegale e Change.org, il Parlamento elude il confronto ormai da 246 giorni. Intanto, davanti alla negligenza del legislatore, assistiamo al fenomeno di coloro che si recano in esilio per morire. tutti i giornali seppur tra le righe delle pagine interne la notizia che la procura della Repubblica di Torino ha aperto un procedimento per simulazione di reato nei confronti dell autista di uno dei pubblici ministeri anti Tav, che l 11 aprile scorso aveva denunciato di aver subìto una aggressione da parte di persone travisate che lo avevano apostrofato con l espressione «servo dei servi, presto farete tutti la stessa fine». Allora politici, giornalisti e magistrati avevano immediatamente attribuito la responsabilità dell aggressione al movimento No Tav e c era stato chi, per segnalarne il salto di qualità, si era spinto a dire che «c è sempre un ora zero, un momento in cui accade qualcosa di diverso che cambia il corso della storia». Oggi, invece, è una corsa a cercare giustificazioni per la falsa denuncia, attribuita dai più all immancabile stress. Nessun cenno, naturalmente, a una riflessione su quanto successo in questi anni e mesi in Val Susa e dintorni. Proviamo allora a ricordare una riflessione svolta proprio su queste pagine nel settembre scorso: a futura memoria, sapendo che resterà senza esito. «In forza di quali elementi gli attentati vengono attribuiti, con granitica certezza, ai No Tav? I principali siti del Movimento (i quali pure hanno sempre rivendicato le azioni dimostrative al cantiere e gli scontri che le hanno accompagnate) hanno respinto con fermezza tale attribuzione. Le presenze e gli avvertimenti mafiosi sono in valle soprattutto nell edilizia una realtà risalente e conclamata. [ ]La storia del Paese ci ha abituati a una moltitudine di attentati simulati o farlocchi (ricordate gli spari al direttore di Libero Belpietro?) [ ]. Non sarebbe, dunque, prudente e razionale denunciare la gravità dei fatti ma sospendere il giudizio sulla paternità degli stessi in attesa (quantomeno) dei primi accertamenti?». il manifesto DIR. RESPONSABILE Norma Rangeri CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE Benedetto Vecchi (presidente), Matteo Bartocci, Norma Rangeri, Silvana Silvestri il nuovo manifesto società coop editrice REDAZIONE, AMMINISTRAZIONE, Roma via A. Bargoni 8 FAX , TEL REDAZIONE redazione@ilmanifesto.it AMMINISTRAZIONE amministrazione@ilmanifesto.it SITO WEB: TELEFONI INTERNI SEGRETERIA 576, ECONOMIA 580 AMMINISTRAZIONE ARCHIVIO POLITICA MONDO CULTURE 540 TALPALIBRI VISIONI SOCIETÀ 590 LE MONDE DIPLOM LETTERE 578 iscritto al n del registro stampa del tribunale di Roma autorizzazione a giornale murale registro tribunale di Roma n ilmanifesto fruisce dei contributi statali diretti di cui alla legge n.250 ABBONAMENTI POSTALI PER L ITALIA annuo 320 semestrale 180 versamento con bonifico bancario presso Banca Etica intestato a il nuovo manifesto società coop editrice via A. Bargoni 8, Roma GIANFRANCO BETTIN Minacce e vandalismi per l impegno a favore del parco della Laguna Giulio Marcon Q ualche settimana fa, accompagnate da atti vandalici, sono ricomparse sul muro prospiciente il canale tra Murano e Burano, sull isola di San Giacomo in Paludo a Venezia, scritte di insulti contro Gianfranco Bettin, assessore comunale a Venezia, leader ambientalista e collaboratore da sempre de il manifesto. Non è la prima volta che Bettin -schierato contro gli interessi illegali e criminali della città- subisce aggressioni ed intimidazioni, alcune anche molto gravi. Questa volta l attacco a Bettin ha a che vedere con il nascente -ed evidentemente non gradito- Parco della Laguna Nord. Si tratta di un oasi voluta dal Comune di Venezia, la cui nascita è oggetto di discussioni e di attese da circa venti anni e la cui definitiva approvazione è prevista per fine aprile-primi di maggio, con il voto conclusivo del consiglio comunale. Evidentemente questa scelta colpisce le speranze di chi voleva speculare in quell area o aveva altre mire incompatibili con la sua destinazione pubblica. Le scritte contro Bettin già erano comparse -poi cancellate- qualche settimana fa. Tra l altro è significativo il fatto che, oltre al danneggiamento materiale del muro sul quale sono comparse le scritte, i vandali abbiano divelto la targa dei Vas-Verdi Ambiente Società, associazione ambientalista che si occupa della tutela dell isola, e distrutto un capanno. Nei giorni scorsi Bettin aveva ricevuto, direttamente a casa, intimazioni a non procedere con l istituzione del Parco insieme a pesanti minacce di morte, anche contro sua madre alla quale i persecutori hanno dichiarato "aperta la caccia". L episodio gravissimo, denunciato alla polizia, è oggetto di un interrogazione parlamentare (il governo non ha ancora risposto) di alcuni deputati di Sel. E preoccupante che le forze dell ordine non siano in grado di prevenire e colpire gli autori di questi atti. Gianfranco Bettin si è sempre battuto con coraggio contro gruppi illegali e delinquenziali legati ad interessi molto pesanti -lo spaccio di droga, la criminalità ambientale, la speculazione edilizia- e per questo ha subito sempre conseguenze gravi: è stato sequestrato e minacciato di morte, ha vissuto per anni con la scorta, ha avuto agguati sotto casa. Gianfranco è uno di noi: scrive su questo giornale, è sempre stato protagoniste delle mobilitazioni pacifiste e ambientaliste, è sempre stato attivo nel lavoro culturale e sociale, è impegnato a risolvere il problema della navigazione delle grandi navi a Venezia. Tenere acceso sempre il riflettore su questi episodi e -soprattutto- sull importante lavoro che si sta facendo a Venezia per l ambiente e i beni comuni è il modo migliore non solo di esprimere la necessaria solidarietà a chi -un compagno, un amico- si espone ed è sempre in prima fila, ma a difendere la prospettiva di cambiamento per questo paese e per tutti noi. IBAN: IT 30 P COPIE ARRETRATE 06/ arretrati@redscoop.it STAMPA litosud Srl via Carlo Pesenti 130, Roma - litosud Srl via Aldo Moro 4, Pessano con Bornago (MI) CONCESSIONARIA ESCLUSIVA PUBBLICITÀ poster pubblicità srl poster@poster-pr.it SEDE LEGALE, DIR. GEN. via A. Bargoni 8, Roma tel , fax TARIFFE DELLE INSERZIONI pubblicità commerciale: 368 a modulo (mm44x20) pubblicità finanziaria/legale: 450 a modulo finestra di prima pagina: formato mm 65 x 88, colore 4.550, b/n posizione di rigore più 15% pagina intera: mm 320 x 455 doppia pagina: mm 660 x 455 DIFFUSIONE, CONTABILITÀ. 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16 pagina 16 il manifesto SABATO 17 MAGGIO 2014 L ULTIMA Con l attacco dei paramilitari a La Realidad in cui è stato ucciso un maestro dell Escuelita Zapatista, torna a salire la tensione in Chiapas. Duro Marcos: «Aggressione premeditata, tutti i partiti sono complici» UNA DONNA ZAPATISTA NEL CARACOL DI MORELIA /FOTO CRISTINA MASTRANDREA messico Cristina Mastrandrea «F urono il dolore e la rabbia che ci spinsero a sfidare tutto e tutti 20 anni fa. E sono il dolore e la rabbia che ora ci fanno indossare di nuovo gli stivali, mettere l uniforme, infilare la pistola e coprirci il volto. E rimettermi il vecchio e logoro berretto con le 3 stelle rosse a cinque punte». Dalle montagne del Sudest del Messico parla il subcomandante insurgente Marcos, pochi giorni dopo l aggressione armata dei paramilitari allo storico Caracol zapatista de la Realidad da parte del Cioac-H (Central independiente de obreros agrícolas y campesinos independiente histórica), un gruppo paramilitare della zona della Selva Lacandona. Lo scorso marzo i paramilitari avevano sequestrato un camion della Giunta del Buon Governo a la Realidad. La sera del 2 maggio, mentre si svolgeva una riunione alla quale era presente anche il Centro per Diritti Umani Fray Bartolomè de las Casas per risolvere pacificamente il problema della camionetta, un centinaio di componenti del Cioac-H hanno attaccato il Caracol la Realidad. Un attacco con pietre, armi da fuoco e machete alla clinica pubblica e alla scuola, più il sabotaggio della rete idrica. «Si è trattato di un aggressione premeditata, organizzata militarmente - dice il subcomandante Marcos nel suo comunicato sono implicati anche il Partito verde ecologista (nome in pratica con il quale il Pri governa in Chiapas), il Partito di azione nazionale e il Partito rivoluzionario istituzionale, ma anche il governo dello Stato del Chiapas e in una qualche maniera anche quello federale». I paramilitari hanno poi teso un imboscata anche a un gruppo di convogli di zapatisti che stavano recandosi a La Realidad. Dal Caracol alcuni zapatisti hanno cercato di raggiungere e soccorrere i loro compagni feriti ma sono stati attaccati nuovamente. E qui è stato ucciso il «compagno Galeano», Josè Luis Solis Lopez: con una pallottola al torace e una alla testa, dopo essere stato colpito con diversi colpi di bastone alla schiena, in testa e con un colpo di machete alla bocca - come si legge nel comunicato del Frayba (Centro per la difesa dei diritti umani Fray Bartolomè de Las Casas, che era presente in loco). «Il compagno Galeano è stato lasciato lì solo scrive il subcomandante Marcos nel comunicato -. Il suo corpo in mezzo a quello che una volta era territorio degli "accampamentisti", uomini e donne da tutto il mondo venuti a costruire "l accampamento della pace" della Realidad. E sono state le compagne, le donne zapatiste della Realidad a sfidare la paura ed andare a recuperare il corpo». Nell aggressione sono anche rimaste gravemente ferite circa 15 persone. Cuore del popolo Galeano era conosciuto da molti anche perché era stato maestro durante la Escuelita Zapatista dell agosto 2013 e dicembre 2014, Un votan, come viene chiamato dai «compagni zapatisti», termine che indica un «guardiano e cuore del popolo», un riferimento, una guida all interno della scuola per tutti, indipendentemente dall età, genere, razza dell alunno. A 20 anni dalla rivoluzione, la Escuelita, «la scuola della libertà», ha rappresentato il simbolo dell apertura delle comunità zapatiste verso la solidarietà internazionale, al quale hanno partecipato attivisti da tutto il mondo. A seguito di queste violenze, la Giunta del Buon Governo ha chiesto OMAGGIO AL «COMPA GALEANO» APERTO A TUTTI nel Caracol Incontri/ ANNAMARIA PONTOGLIO (COMITATO MARIBEL) espressamente all Esercito zapatista di liberazione nazionale (Eznl) di investigare e fare giustizia e ha annullato gli incontri internazionali di maggio e giugno previsti a Oventik. ll Congresso nazionale indigeno (Cni), che si sarebbe dovuto riunire a fine maggio in territorio zapatista, chiede la fine immediata della guerra contro le sorelle e i fratelli zapatisti e la punizione dei responsabili dell agguato del maggio. All incontro, organizzato per fine maggio, avrebbe dovuto partecipare anche l Eznl, con la probabile presenza anche del subcomandante Marcos. A seguito dei fatti gravissimi accaduti a La Realidad, è stata annullata la partecipazione alla sessione pubblica, così come all omaggio al filosofo Luis Villoro e al Seminario Etica contro il Sopruso, a San Cristóbal de las Casas, in programma la prima settimana di giugno. Moltissimi gli intellettuali che in questi giorni hanno espresso solidarietà e appoggio al popolo zapatista, un comunicato diffuso su internet porta la firma di personaggi come Noam Chomsky, Arundathi Roy, Naomi È in programma a la Realidad nei giorni 23, 24 e 25 maggio un omaggio al «compa Galeano», il maestro ucciso nell attacco del 2 maggio, aperto alla partecipazione di tutti. Ma i visitatori dovranno portarsi cibo e organizzarsi per dormire: la comunità vista la situazione non ha la possibilità di organizzare l ospitalità nelle famiglie, come avviene di solito. È stata anche annunciata, ma non ancora confermata, una conferenza stampa della Comandancia Generale dell Ezln con i media «liberi». DOLORE E RABBIA GLI ACCORDI DI SAN ANDRÉS RESTANO LETTERA MORTA Klein, Immanuel Wallerstein, Ivon Le- Bot, Kristinn Hrafnsson (di WikiLeaks), Manuel Castells, Michael Hardt, Gustavo Esteva, Pierre Beaucage, di persone comuni e organizzazioni messicane ed europee. Stato di allerta continuo Le comunità zapatiste sono abituate a vivere in uno stato di continua allerta e in un clima di guerra. Nonostante le violenze, la militarizzazione del territorio e le continue aggressioni da parte dei paramilitari, le comunità cercano di preservare la loro autonomia. Sono organizzate in Municipi Autonomi che si autogovernano attraverso le «Giunte di Buon Governo» basate sulla rotazione degli incarichi e sulla democrazia diretta e assembleare. In questi 20 anni sono riusciti a realizzare scuole, cliniche e case di salute, piccole cooperative di produzione e commercializzazione, e continuano a chiedere l applicazione degli Accordi di San Andrés del 1996, mai applicati, dove il governo si impegnava a riconoscere costituzionalmente l autonomia dei popoli indigeni e garantiva il riconoscimento dei diritti politici, giurisdizionali e culturali di questi. La strategia adottata dal governo contro il popolo zapatista è stata principalmente quella di indebolire il processo di autonomia delle comunità. In primo luogo attraverso la così detta «guerra a bassa intensità», che in Chiapas ha avuto inizio dal 1994, basata sulla ricostruzione di gruppi paramilitari locali, finanziati e armati da partiti filogovernativi e addestrati per minacciare e cacciare le comunità zapatiste dalle terre riconquistate nel 94, facendo apparire il loro sgombero come un conflitto tra indigeni. In secondo luogo, adottando una strategia meno visibile, indebolendo il movimento dall interno, creando divisioni nella comunità. Molti zapatisti lasciano le fila del movimento perché sempre più incentivati da fondi governativi allo sviluppo e per la realizzazione di progetti per lo più turistici. Quella sporca guerra «a bassa intensità» contro gli indigeni C. Mas. A bbiamo chiesto ad Annamaria, del Comitato Chiapas Maribel di Bergamo (il nome in onore della Maggiore Maribel dell Ezln, simbolo della condizione femminile e della sua partecipazione attiva alla lotta, alla vita politica e sociale) - formato da un gruppo di persone che dal 1996 hanno deciso di occuparsi del Chiapas dall Italia il suo parere su quanto sta accadendo ormai da anni in Chiapas e sul futuro del movimento zapatista e del suo popolo. Cosa significano oggi per il Messico l Ezln e le comunità zapatiste? L Ezln e le comunità zapatiste sono uno schiaffo morale per il potere politico in Chiapas e in Messico. Dopo 20 anni, cinque presidenti della Repubblica e otto governatori non hanno minimamente scalfito la resistenza e l autorevolezza dell Ezln e delle sue comunità che, malgrado siano trattati come «oggetti destinatari di interesse pubblico» (come sancisce la legge truffa del 2001), nonostante la violenza estrema, la militarizzazione dei territori di loro influenza, le aggressioni dei paramilitari con impunità garantita e una sostenuta guerra di bassa intensità e logoramento, oggi continuano a mantenere la loro autonomia con i Municipi Autonomi e si autogovernano attraverso le Giunte di Buon Governo, in contrapposizione al malgoverno ufficiale. Cos è e cosa significa «la guerra a bassa intensità»? È una vera e propria guerra che in maniera occulta, subdola, silenziosa, provoca morte e distruzione come una guerra convenzionale senza però il clamore delle bombe e degli spari a cielo aperto. Il Chiapas continua ad essere un territorio fortemente militarizzato con la presenza di oltre soldati dell Esercito federale installati con i loro accampamenti militari «Ezln e Giunte del Buon Governo uno schiaffo morale, per questo il potere vuole stroncare la lotta con il terrore» nelle zone indigene. Si susseguono violenze e sgomberi forzati di intere comunità, uomini, donne e bambini che si aggiungono alle decine di migliaia di «profughi interni». È una guerra sporca per stroncare con il terrore, gli omicidi e la fame, la resistenza delle comunità indigene e dell Ezln) che dal 1994 rispetta il cessate il fuoco e non ha più fatto uso delle armi. Chi sono i paramilitari e da chi sono finanziati? I paramilitari sono il braccio armato dei grandi proprietari terrieri locali e delle lobby politiche e finanziarie. Fanno il lavoro sporco che i malgoverni locali non possono compiere. È alla luce del sole il loro legame con i partiti politici locali, di tutti gli schieramenti. Negli ultimi due anni si sono prepotentemente riattivati in Chiapas dopo la scarcerazione dei colpevoli materiali del massacro di Acteal (il 22 dicembre 1997 a Acteal furono massacrati 45 indigeni: 16 tra bambini e adolescenti, 20 donne, alcune incinta, e 9 uomini, ndr) e quasi ogni giorno ormai si ha notizia di aggressioni e vessazioni da parte di elementi paramilitari contro le comunità zapatiste che vivono sulle terre recuperate ai latifondisti nel Quanto è successo il 2 maggio credi sia un segnale che porterà ad un escalation di violenza e di repressione? Le modalità dell agguato, le prove della premeditazione, la brutalità dell assassinio del maestro zapatista José Luis Solís López sono la dimostrazione di questa escalation di violenza che getta le basi per situazioni simili a Acteal. Gli zapatisti anche in questo doloroso frangente stanno dimostrando, come sempre, la loro indiscussa coerenza, lucidità e correttezza. Da parte dei gruppi di potere locale e dai partiti politici ci si può aspettare di tutto. In questi 20 anni non hanno fatto altro che dimostrare in ogni occasione la loro malafede e pericolosità.

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