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1 Tariffa Assoc. Senza Fini di Lucro: Poste Italiane S.P.A - In A.P -D.L. 353/2003 (Conv. in L. 27/02/ 2004 n 46) art. 1, comma 2, DCB/43/ Arezzo - Anno XIV n 2/2010 T ornare Bambini 1

2 3 Primapagina Un amore visibile 4 6 I sì che salvano la vita Nascere ogni giorno 8 10 Il gioco dello stupore Palloncini in volo "Abbandonarsi al sogno di Dio Fuori dal tempo dentro la vita 18 SOMMARIO Una meraviglia possibile L anima del mondo 22 Il soffio della Musica Edizioni Romena 26 Campi di condivisione e lavoro Graffiti 29 trimestrale Anno XIV - Numero 2 - Giugno 2010 REDAZIONE località Romena, Pratovecchio (AR) tel. 0575/ fax 0575/ mail@romena.it DIRETTORE RESPONSABILE: Massimo Orlandi REDAZIONE e GRAFICA: Raffaele Quadri, Massimo Schiavo, Luca Buccheri FOTO: Massimo Schiavo, Piero Checcaglini, Monica Febo, Daniela Guerrieri FOTO DI COPERTINA: Piero Checcaglini HANNO COLLABORATO: Luigi Verdi, Pier Luigi Ricci, Paola Nepi, Maria Teresa Marra Abignente. Filiale E.P.I Arezzo Aut. N. 14 del 8/10/1996

3 Quando è finita la vostra infanzia? Christian Bobin, scrittore, lo ricorda bene: fu il giorno in cui per la prima volta sua madre lo lasciò sulla soglia dell asilo. Aveva tre anni. Lo ricordo anch io. Successe un bel po più in là, per fortuna. Era di pomeriggio e, mentre sonnecchiavo, mi passarono davanti, imprevedibilmente, le immagini in diretta di un intervento chirurgico a cuore aperto. Spensi la tv ma mi sentii invaso da un ansia mai provata prima: no, non ci sarei stato per sempre, non ci sarebbero stati per sempre i miei familiari. Come quel cuore malato anch io ero appeso a un destino sconosciuto, senza poterlo padroneggiare. Sarei voluto scappare, ma per dove? In realtà quel giorno da qualcosa ero uscito: non ero più tutt uno con le sorti del mondo, non toccavo più la vita senza pensarla. Non è un granché conveniente, crescere. E un dilapidare continuo di certezze, un esondare di dubbi, una lotta senza tregua con la ragione che anche quando comprende molto, non comprende mai abbastanza. Eppure è questo il bello del vivere. E sapere che si viene da un Eden, e che a quello si vuol tornare. E vero, conosco il giorno di fine della mia infanzia. Ma so anche di quando è tornata, e so che può tornare, nella vita di ciascuno di noi, tutte le volte in cui sentiamo che nulla può limitare il senso del nostro stupore e le dimensioni della nostra speranza. Tutte le volte in cui amiamo. Bobin lo dice benissimo: Dall età di tre anni a oggi sono rimasto sulla strada, sperando in un ritorno a casa che talora, prodigiosamente, si è verificato. E ciò che io chiamo amore. E il mio modo di riconoscerlo senza sbagliare: l amore è quando qualcuno vi riconduce a casa, quando l anima ritorna al corpo, stremata da anni d assenza. Non credo che per ritrovare la nostra casa delle origini occorra imitare i bambini. Inseguirli a gattoni, essere complici dei loro giochi, magari indossare un naso rosso da clown è piuttosto un buon modo di comunicare con loro e un ottimo esercizio per disintossicarci dai nostri ruoli sociali. Per ritrovare l autenticità della nostra infanzia serve piuttosto far sì che, ogni tanto, la vita ci trovi disarmati: tornare bambini è svuotarsi, liberarsi, alleggerirsi anche per un istante da ciò che ci divide dal mondo e recuperare quel meraviglioso sguardo, indistinto dalle cose che osserva. Non occorre impegnarsi. Basta accorgersi che può accadere, e poi dirselo, e segnarlo come uno dei puntini che, quando uniti, rappresentano il disegno di ciò che tiene insieme la nostra vita. Così, se volete, annoto sul mio diario l istante di ieri a Romena: mi sono perso nella luce del prato, era così intensa che mi ha preso gli occhi. E vi dico anche di poco fa: mi sono incantato a guardare il profilo della mia bimba che dorme, di sua mamma che la protegge. Sì, può succedere, succede. Di sentirsi nel cuore amante del mondo. Bambini. Ancora. Massimo Orlandi PRIMAPAGINA

4 Un amore visibile di Luigi Verdi Ti guardo, bambino. La tua fronte forma una volta, arcobaleno di una stagione che cambia, di un nuovo germoglio che muove il tempo. Occhi, naso e bocca sono come l'impronta di un timbro che si intravede confuso, nella cera ancora molle. Il tuo volto ora calmo sa trasformarsi in un istante, riconoscendo d improvviso la fame e il piacere, il pianto e il sorriso. Mi attendi, tocchi con gli occhi ciò che ci circonda, ai miei, di occhi, regali lo stupore del tuo crescere, una meraviglia semplice. Tu sei il domani, il mondo che sarà, il futuro che ci attende, ma non sei attesa di compiersi: il tuo presente è vivo, reale, in fondo è solo quello che conta, per te. "Non si cammina solo per arrivare ma anche per vivere, mentre si cammina" ha scritto Goethe. Sono parole vere, che tu non hai bisogno di dire. Spesso, noi adulti, vediamo voi bambini solo nella prospettiva di diventare grandi, godiamo di ogni anticipo di tempo, di ogni precocità che appaga la nostra impazienza. Invece la maturità è tempo accumulato, adoperato istante dopo istante. La tua infanzia per compiersi deve consumarsi: diventerai adulto solo se sarai stato, fino in fondo, bambino. Ora giochi. Giochi e mi inviti a farlo con te. Il gioco è per te il racconto di come si vive: dentro quello spazio, in quel tempo, è allenamento di felicità, di coraggio e di costanza. Il gioco è fare, il gioco è esserci. Nel gioco detti le tue priorità: per te in quel momento conta ciò che faccio e come lo faccio, e solo 4 "Non si cammina solo per arrivare ma anche per vivere, mentre si cammina" per ultimo ciò che dico. Le parole che servono sono solo quelle che si possono toccare. Mi prendi la mano. Ma non perché ti porti da qualche parte. Sono io che seguo te, sono io che imparo da te. Come te vorrei tornare a guardare, semplicemente guardare, senza subito elaborare pensieri, giudizi e conclusioni, come te a guardare come sono liberi gli uccelli del cielo, come crescono i fiori del campo. Come te vorrei tornare a sentire, a toccare le cose. I sensi sono per te la via più naturale di accesso alla realtà. Ma i sensi sono anche per me il modo migliore per tornare a liberare la mente: J. W. Goethe le più grandi intuizioni le ho avute quando avevo i sensi occupati e il pensiero distratto. Ti accarezzo. Mi stupisce il fatto che ieri non c eri e ora ci sei. E in questo passaggio ancora incompleto fra dentro e fuori so che dipenderà il tuo modo di essere realtà. Bruno Bettelheim, celebre psicanalista dell'infanzia, diceva che ciò che conta sono i primi sette anni nella vita di una persona. Ne sono convinto: se questo tuo graduale risveglio alla vita sarà accompagnato da accoglienza, tenerezza e amore, più facile per te sarà dare tenerezza, dare accoglienza, dare amore. Bambino, riempio i miei occhi di te. Voglio raccogliere la tua freschezza di sorgente, i colori della tua alba, la scintilla del tuo fuoco, l energia del tuo essere qui, ora. Ha scritto Novalis: Un bambino è un amore diventato visibile. Tu sei un amore visibile. Ecco il modo migliore per salutarti.

5 Conviene vedere una cosa sempre per la prima volta piuttosto che conoscerla. I bambini ci fanno vedere l eterna novità del mondo. F. Pessoa Foto di Massimo Schiavo

6 6 i sì che salvano la vita di Pier Luigi Ricci L atteggiamento educativo verso i bambini non è diverso da quello che dovremmo avere costantemente verso noi stessi: e, contrariamente a quanto si crede, non sono soltanto i no che ci aiutano a crescere. Il vero cambiamento in ogni essere umano non consiste nel diventare un'altra persona, ma piuttosto nel tornare ad essere. Tornare ad essere come eravamo prima di quell esperienza che ci ha buttati a terra, prima di quell errore che ci ha così tanto impauriti, da spingerci ad alzare le nostre difese, a diventare più rigidi e sospettosi. Tornare ad essere liberi e spontanei, semplici e puliti, un po più bambini come eravamo prima: potrebbe diventare questa la direzione del nostro cammino. Bisogna un po ritornare sui nostri passi, rifarsi da capo, riprendersi quel bambino che abbiamo abbandonato. Ma come si fa? I bambini hanno bisogno di istruzioni, di cose pratiche, non puoi risvegliarli con le teorie e con tanti buoni pensieri. Nei corsi che si fanno ai genitori tante volte ci hanno spiegato di dar loro contenimento, di insegnar loro i valori della vita, di avere il coraggio di dire no quando serve. L ho insegnato anch io e non credo di aver sbagliato. Ma non è l unica strada e forse nemmeno quella che nel tempo fa più bene. I bambini hanno bisogno di possibilità da sfruttare, di spazi da esplorare, di permessi da guadagnare, per mettersi alla prova, per respirare, per crescere. Hanno bisogno di tanti sì. I sì fanno venire più ansia dei no ai genitori, non ai bambini. A loro mettono le ali. I sì producono coraggio ed aumentano la stima. Spingono verso i traguardi e permettono di sognare. Ed è dai successi che si impara nella vita, molto di più che dagli insuccessi. Dare a se stessi dei sì sembra la cosa più facile del mondo, ma non è così. In genere gli adulti lo dicono, ma non lo fanno. Genitori severi di se stessi, sognano, ma non osano. Quante volte sospirano, dicendo : se dipendesse da me andrei, farei, mi godrei.. E se domandi loro da chi dipenda, ti regalano un intera enciclopedia di alibi. Bisogna proprio togliere dalla nostra strada un bel po di cartelli di divieto, se vogliamo tornare ad essere. Magari sostituendoli con altrettanti cartelli di permesso: posso sbagliare, posso fare qualche figuraccia, posso regalarmi qualche giocattolo, posso avere qualche carezza, posso osare un pò di più, posso qualche volta non piacere a qualcuno senza farmene un problema. La bottega dei permessi è ricca, ti fa bene andarci molto spesso e si apre con una chiave semplice, ma non improvvisata: si chiama dirsi di sì. Ma c è una cosa che devi sapere. I bambini vi accedono volentieri, ma non ne possiedono la chiave, devono riceverla dagli adulti. Così funziona la vita e la crescita. E gli adulti gliela devono dare, anche quando appare rischioso, anche se i genitori un tempo con loro di quei sì sono stati un po più avari. Per gli adulti invece è diverso: tornare bambini, non vuol dire fare gli eterni bambini. Quella chiave se la devono prendere da soli. I permessi non ce li possono dare gli altri. È diverso un sì che ti puoi dare da solo, da quello che riesci a strappare a chi ti sta vicino. Si chiama dipendenza. Chi ti dà il permesso di essere libero, ti possiede. Ti toglie l ansia, sembra che ti faccia un piacere, ma non è così. Tornare ad essere quello che si desidera, tornare a fare ciò che ci fa bene, a puntare i piedi per tutto ciò che ci fa battere il cuore non è forse ciò che ci salva la vita? Nel cassetto delle chiavi ce n è una sola che funziona. Le altre puoi anche buttarle. Ma quella non lasciarla lì in mezzo, mettila via e appendila dove ogni giorno puoi vederla, in modo da ricordarti che puoi

7 Foto Archivio I nostri atteggiamenti sono radicati nella nostra inestirpabile infanzia, attendiamo un amore eterno, come un bambino aspetta la neve che non arriva, che può arrivare. Christian Bobin.

8 Nascere ogni giorno di Giovanni Vannucci* 8 Perché dobbiamo farci piccoli? Perché la vita ci chiede di nascere ogni giorno, di essere freschi e pronti a ogni cambiamento. Perché Dio è sempre nuovo, come un bambino che nasce. «In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Perciò chiunque diventerà piccolo come questo bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli. E chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me». Leggendo queste parole di Cristo, la prima domanda che dobbiamo farci è la seguente: siamo noi quei piccoli ai quali viene rivelato il mistero del Padre e del Figlio? Cosa significa essere piccoli? La giovanissima età alla quale Cristo allude con la parola piccoli è una freschezza di anima che dobbiamo, con grande attenzione e pazienza, cercare di raggiungere personalmente. Come facciamo? Il cristiano, come l uomo religioso, deve riuscire a essere nuovo ad ogni alba che giunga sulla terra e di cui lui è partecipe. Essere nuovi significa aver dimenticato e superato tutto il passato e ripartire ad ogni alba da un terreno totalmente vergine, incontaminato, come era la terra il primo giorno della creazione. Se noi siamo queste creature dall anima totalmente nuova, comprenderemo il mistero del Padre e del Figlio e le continue rivelazioni che il Padre, attraverso il Figlio, attraverso il suo Spirito, comunica a noi, figli dell uomo e figli della terra. Non è facile essere fanciulli nel senso evangelico, essere piccoli secondo il pensiero e la volontà di Cristo, perché raggiungere la novità ogni giorno significa riuscire a morire ogni giorno. Dietro a noi ci sono gli anni della nostra esistenza, ci sono tutte le nostre esperienze, il patrimonio di conoscenze che abbiamo raggiunto attraverso la nostra partecipazione attenta alla vita. Tutto questo deve essere deposto ogni giorno, perché nella nostra terra fiorisca continuamente la nuova rivelazione di Dio. Il tempo non conta nel cammino religioso, l età non ha nessun significato se non per il nostro fisico, per il nostro corpo, ma la nostra anima deve essere continuamente giovane, sempre fresca, pronta ad andare avanti, a scuotersi di dosso tutti i bagagli del passato, per ricominciare con forze nuove il suo cammino di fedeltà e di dedizione al mistero di Dio. Avete mai pensato che Dio è sempre nuovo? Noi ce lo immaginiamo, con delle figure bibliche, come l eterno dei giorni, come l anziano del tempo, ma Dio è sempre nuovo, è sempre un fanciullo che nasce. Per poter accogliere questa novità di Dio bisogna che il nostro spirito sia continuamente nuovo e fresco. Le costruzioni che noi, pazientemente, ogni giorno innalziamo, sono castelli di carta che devono essere presi e buttati via ad ogni sorgere di sole: ricominciamo il nostro gioco di fanciulli, continuando il gioco del fanciullo Dio nella vita. Questa capacità di rinfrescare la nostra anima quotidianamente ci rende capaci di ricevere la rivelazione di Dio. Niente è permanente nell esistenza, ed è piccolo, cioè fresco, duttile, mobile, della mobilità di Dio e della mobilità della vita, colui che riesce a morire continuamente al suo passato e ad affrontare la vita ogni giorno con mente nuova, con sentimenti e con cuore rinnovati, con un fisico sempre più fresco e ardente, per proiettarsi e incamminarsi sul cammino di novità che è Dio. Questo è il piccolo. Cerchiamo anche noi di avere questa statura, che è la statura della vita, cerchiamo di rinnovarci continuamente per poter percepire ciò che Dio attualmente ci dice, ciò che costituisce la rivelazione di Dio in questo giorno, in questo momento. Allora su di noi Cristo dirà le stesse parole che ha detto agli apostoli: beati voi perché vedete cose che altri hanno desiderato vedere, ma non sono riusciti a vedere, perché rimasti chiusi nei loro sistemi, nelle loro interpretazioni della realtà religiosa e della realtà di Dio. Che la nostra vita sia così, continuamente nuova come è nuova la creazione, come è nuovo ogni giorno il volto di Dio che si manifesta a noi. *Questo intervento è parte di un omelia che padre Giovanni Vannucci, monaco servita, tenne all eremo delle Stinche nei primi anni Settanta. Potete ritrovarla nel libro Nel cuore dell essere, Edizioni Romena, 2004.

9 Foto di Piero Checcaglini Il bambino è padre dell'uomo perché gli insegna mille cose, gli dà il senso della vita, lo protegge dalla pazzia. William Wordsworth 9

10 Il gioco dello stupore a cura di Luca Buccheri Tornare bambini? Lei può. Tutte le volte che vuole. Bambina tra i bambini, bambina più degli altri, con quel buffo vestito da clown e quella strana valigia dalla quale fa entrare e sparire quello che vuole. È una francescana, suor Linda, ma sfido chiunque a riconoscerla, quando, d improvviso, si trasforma nello specchio dei suoi sogni bambini: allora, per tutti, è maga Maghella Ciao Suor Linda, anche se tanti di noi, qui a Romena, si ricordano di te, ti andrebbe di presentarti? Sono una suora Francescana Ancella di Maria, vivo a Firenze, lavoro come insegnante di religione e mi dedico anche a questa attività di evangelizzazione attraverso il gioco di prestigio. Dunque sei la famosa suora Maga che fa sorridere grandi e piccini con le sue magie? Si, ma preferisco parlare di giochi di prestigio, più che di magia, anche se mi chiamano Maga Maghella. Il mio scopo è quello di mettermi in relazione, rivolgendomi ai bambini, ma anche agli adulti attraverso di loro. Gli ambienti in cui opero sono le scuole, le parrocchie, i centri anziani, i centri per disabili, gli asili. Cosa ti spinge a esprimere in questo modo la tua voglia di comunicare? Il desiderio di trasmettere il Vangelo e i suoi significati attraverso un linguaggio creativo, che ho trovato nel gioco di prestigio. Ad esempio, ho cercato di narrare una quindicina di parabole mediante questo linguaggio. Sono curioso ci puoi fare un esempio concreto? raccontaci una parabola e noi proveremo a immaginarci la scena. La parabola del padre buono (cioè quella del figliol prodigo ) inizia mostrando un libro dalle pagine tutte bianche che, ad un soffio dei bimbi, si riempie misteriosamente di 10 banconote verdi (è il momento del racconto in cui il figlio chiede al padre l eredità). Ma nel momento in cui il denaro viene sperperato, un soffio e il libro torna nuovamente bianco. Poi avviene il ripensamento, il ritorno a casa del figlio e l abbraccio del padre e come per incanto il libro si riempie di cuori rossi. Così tutti comprendono l amore di Dio per i suoi figli, anche i più persi. Un modo simpatico di comunicare e allo stesso tempo di far riflettere Si è un linguaggio simpatico, a volte serve anche per sorridere. Si instaura un linguaggio di relazione. Durante lo spettacolo sono vestita da clown, solo alla fine dico di essere una suora. Rimangono stupiti i bambini, ma anche gli adulti. Ritornare come bambini : che effetto ha su di te questa parola del Vangelo? Gioire. Io mi sento una bambina, ho vissuto una vita molto semplice, in campagna coi nonni. Questo invito del Vangelo mi richiama l infanzia. Alla fine degli spettacoli dico spesso: Spero che vi siate divertiti, perché anch io mi sono divertita, sono tornata bambina. La cosa più bella è vedere il volto dei bambini stupiti, pieni di meraviglia; sono loro da fotografare, non io! E adesso Maga Maghella svelaci un tuo trucco! Ok. Allora dimmi: Sai tenere un segreto? Certo! Anch io

11 Foto di Piero Checcaglini Ci vuole una vita intera per tornare bambini e avere il coraggio di pensare di nuovo pensieri da bambini. Göran Tunström 11

12 Palloncini in volo di Maria Teresa Marra Abignente I bambini non hanno un senso speciale, ma più semplicemente hanno l uso dei sensi: li usano per toccare, sentire, odorare, vedere la vita. E mentre noi ci affanniamo, razionalmente, a cercare il filo che ci conduce all infinito, loro quel filo lo tengono in mano, come se stringessero un palloncino colorato. Un antico proverbio persiano dice che i bambini sono le passerelle viventi tra gli dèi e gli uomini, un raccordo di carne tra il mondo visibile e quello invisibile. Così immagino i bambini tenere in mano dei fili a noi impercettibili che collegano la nostra realtà a qualcosa che noi adulti non siamo più capaci di vedere o di avvertire. Come se all altro capo del filo ci fosse una diversa realtà, altrettanto vera, altrettanto evidente: un palloncino colorato che solo loro riescono a scorgere e con cui si divertono a giocare. Troppo spesso abbiamo la sensazione che la nostra vita sia insignificante: siamo convinti infatti che all altro capo di quel filo non ci sia nulla, anzi, che non esistano affatto fili e quest unica realtà, così scontata e monotona e che ci sembra di conoscere fin troppo bene, ci appare vuota di senso. Già, il senso sarà forse un caso che in italiano il senso sia non solo il verso, la direzione, ma anche lo strumento che ci collega alla vita, quel vedere, sentire, toccare, gustare, annusare attraverso il quale la realtà penetra in noi? Quasi come se ci venisse detto che troveremo le indicazioni, le insegne stradali, insomma il senso della nostra vita, solo a patto di accorgerci e di seguire i segnali che essa ci lancia. E a proposito, avete mai visto un bambino guardare qualcosa? sembra quasi che i suoi occhi si aprano per far passare quel che vedono. E lo avete mai visto afferrare e toccare un sassolino o un gioiello? è come se tutto fosse ugualmente prezioso e incantevole. Per loro è facile, non hanno i sensi anestetizzati come i nostri: sono ancora tutti svegli e reattivi, ancora tutti tesi a percepire l acuta presenza di ciò che li circonda e che non smette mai di sorprenderli. Ogni cosa per loro può essere collegata al lato nascosto della vita, quello che mette addosso i brividi, quel mondo invisibile che si nasconde dietro il visibile: sembrano gattini appostati a spiare il più piccolo segnale, protesi in avanti o, più probabilmente, oltre. Così incontrano la vita, i bambini, ogni attimo; così lasciano che la vita venga loro incontro e li sorprenda, immersi nell appuntamento con ciò che li circonda. E noi, che invece viviamo in una specie di letargo o di dormiveglia dei nostri sensi, li guardiamo ammirati e divertiti e con una punta di nostalgia, perché sentiamo che il loro stupore ci appartiene, che potremmo ancora vivere questa stessa intensità, che si risveglia magicamente in un altro solo momento incantato della nostra vita: quando siamo innamorati. Allora sì che i nostri sensi si rianimano: i profumi ci inebriano, la pelle freme al minimo contatto, lo sguardo si illumina e riesce a vedere cose che sembravano velate. Ci sentiamo catapultati nella dimensione originaria di pellegrini di due mondi, di danzatori tra i due versanti della realtà: l invisibile si svela, l impercettibile si fa ascoltare, l intangibile si lascia accarezzare E tutta la nostra vita ci sembra allora densa di significato, intensa, vibrante come quella di un bambino: palloncini in volo che si stupiscono e ringraziano della bellezza che finalmente ritrovano. Perché l anestesia dei sensi ci priva della bellezza del mondo, ci appiattisce in una dimensione di insignificanza, ci rende ottusi davanti alla meraviglia dell essere che si lascia invece vedere, toccare, gustare, odorare, ascoltare. Sono i nostri sensi che ci restituiscono il significato della vita, che permettono di far risuonare in noi lo splendore del creato e del suo Creatore, che ci collegano, molto meglio dell intelletto e della ragione, al divino che abita la realtà e che ci regalano la possibilità di esserne grati, la facoltà della lode. Questo, solo questo fa un bambino: la sua è la luminosa celebrazione della sacralità della vita. 12

13 Bambino, se trovi l'aquilone della tua fantasia legalo con l'intelligenza del cuore. Vedrai sorgere giardini incantati e tua madre diventerà una pianta che ti coprirà con le sue foglie. Fa delle tue mani due bianche colombe che portino la pace ovunque e l'ordine delle cose. Ma prima di imparare a scrivere guardati nell'acqua del sentimento. Alda Merini Foto di Piero Checcaglini 13

14 Abbandonarsi al sogno di Dio di Arturo Paoli* È necessario diventare bambini ci chiede il Vangelo. Ma se il bambino è un soggetto di bisogno, come può esercitare la carità cristiana? E se la santità è dovuta all esercizio delle virtù, di quali virtù può farsi portatore un essere fragile come un bambino? Nel cercare una risposta a queste domande Arturo Paoli* ci mette in ascolto di una delle grandi voci della cristianità, quella di Dietrich Bonhoeffer** Chi è il bambino? È un soggetto di bisogno, credo che non si possa definire con maggiore esattezza di così. Penso che se tutti gli uomini si trasformassero per un evento inimmaginabile in esseri di bisogno, si arresterebbe improvvisamente ogni forma di progresso. E questo risultato sembrerebbe in contrasto col senso dell esistenza cristiana che è riposto nella carità. La carità è una relazione fra il bisognoso e chi si prende cura di lui. E in questa relazione appare più importante il soccorritore di colui che riceve questo soccorso. Nella parabola del buon samaritano, la persona additata come modello è senza dubbio il soccorritore, ricco di iniziative, che non trascura nessun dettaglio, perché il malcapitato ridotto all estrema impotenza in attesa della morte, possa tornare in vita. Quale modello di essere uomo pensava Gesù quando ha affermato come esigenza per entrare nel regno dei cieli il ritorno all infanzia? Il bambino e l'anziano Avvicinandomi quasi al secolo di vita mi pare che questo stato di bisogno possa essere raggiunto molto spontaneamente nella condizione senile o in quelle malattie che privano la persona di ogni autonomia. Queste situazioni parrebbero rendere facile l accettazione lieta e spontanea del bisogno dell altro proprio dell infanzia. Per esperienza personale affermo che l accettazione di questa impotenza non è così facile e spontanea. È chiaro che offre l occasione per una manifestazione di tenerezza e un intervento di carità che dimostrerebbe raggiunta quella condizione di cui parla Gesù in forma addirittura splendida. Occorre un atteggiamento di gratuità nel soccorritore e una accettazione senza limite del soccorso per cogliere in questo episodio un segno di vera maturità spirituale. Ed è solo questa la condizione per ritornare a quell infanzia di cui parla il vangelo come qualità necessaria del discepolo. Non è certo lo stato di tristezza, di cupa malinconia, di nostalgia di tempi che non ritornano più, quello che costituisce un ritorno alla gioia spensierata del bambino fra le braccia di Gesù. Le vie della virtù Per il processo dei santi esiste una specie di codice scritto cui si deve confrontare il comportamento del credente in esame. Anche il nome, causa di santificazione, ci richiama a un tribunale da cui si attende una sentenza su questa persona che deve avere esercitato tutte le virtù nel suo tempo. Non c è nulla di più ambiguo della cosiddetta virtù. La stessa parola virtù indica una qualità virile, una dimostrazione di forza e di resistenza alle avversità, mentre il bambino è un soggetto di bisogno, di povertà, di impotenza. E questo appare nella vita della piccola Teresa di Lisieux. Ma pensando a Francesco d Assisi o a Teresa d Avila ci appaiono persone di una grandezza che quasi sgomenta chi vorrebbe entrare nel cammino del discepolo. È possibile trovare questo spirito d infanzia in quei soggetti che fanno pensare più a condottieri coraggiosi, che agli umili portati al macello come docili agnelli? La prova di Bonhoeffer Dietrich Bonhoeffer ha colto stupendamente questa contraddizione del cristianesimo e l ha chiarita con le parole e con la vita. Intanto va chiarito che una persona che si definisce discepolo di Cristo e si prefigge di esercitare le virtù, considerandole come una pratica di yoga o come un allenamento per il campionato di calcio, non sarà mai un santo. Un imitatore di 14

15 Cristo non può non scendere come lui a quella spogliazione totale di sé, nella rinunzia ad ogni tipo di grandezza umana come appare nell uomo alzato sulla croce. Una frase di Bonhoeffer mi sembra possa aiutarci in questa ricerca del senso vero dell'affermazione evangelica: se non diventerete come bambini Essere cristiano non significa essere religioso in un determinato modo, qualcosa di se stessi, un peccatore, un penitente, o un santo in base a una certa metodica, ma significa essere uomini. Cristo non crea in noi un tipo di uomo, ma un uomo. Non è l atto religioso a fare il cristiano, ma il prendere parte alla sofferenza di Dio nella vita del mondo. Diventare piccoli Al culmine della maturità, in queste parole di un cristiano pronunciate alla vigilia della morte per impiccagione, si può cogliere quasi per assurdo il senso di diventare piccoli come bambini. Un adulto che, attraverso la comunicazione permanente con lo Spirito di Dio, arriva a cancellare quasi totalmente il progetto della propria esistenza e quindi a non fissarsi sui successi o sugli insuccessi, sulle proprie sofferenze, sui problemi della morte. Un adulto che si concentra totalmente sulle sofferenze di Dio che sono i massacri dei bambini, lo scempio della creazione, i fratricidi e tutti gli oltraggi alla vita, riscopre la liberazione dal suo Io e la rassomiglianza a un bambino che non può disporre di se stesso e decidere della propria esistenza. Avendo raggiunto la piena maturità di uomo attento a svolgere i temi che presenta la vita, si trova improvvisamente dentro un progetto troppo grande per le proprie risorse personali e che allo stesso tempo ha bisogno dell offerta di queste stesse risorse. L uomo maturo che non ha bisogno di aiuto per la sua piena realizzazione entra spontaneamente nella sofferenza e nell attesa della pace e della giustizia. Il divenire come bambini non è una simulazione molto vicina al rimbambimento, come ho potuto osservare in qualcuno che si propone la virtù dell essere bambino, ma il segno di quell abbandono alle cose di Dio, al sogno del suo Progetto che tutti siano uno come io e te, Padre, siamo uno. Quest uomo presenta ai suoi compagni di prigionia la dimensione del bambino: tutto umiltà e dolcezza sembrava irradiare sempre un atmosfera di felicità e di gioia a proposito dei più piccoli avvenimenti della vita, come pure di profonda gratitudine per il semplice fatto di essere vivo. Così dichiara il medico del carcere. A un compagno di prigionia prima di morire confida: È la fine, per me l inizio della vita. * Questa riflessione di Arturo, 97 anni, una vita da missionario, è un'ampia sintesi di un articolo pubblicato sulla rivista Ore undici. ** Teologo protestante, fu vittima del nazismo. Le citazioni di Arturo nell articolo sono tratte da Un cristianesimo non religioso edizioni Il messaggero di Padova

16 Foto di Monica Febo 16

17 Accetto il tragico conflitto tra la vita che cambia continuamente e la forma che la fissa immutabile. Tina Modotti 17

18 Fuori dal tempo, dentro la vita di Elisa Bronchi Tra le tante lettere che ci avete inviato, ne scegliamo una, la lettera di una mamma che ci racconta come, insegnando ai suoi figli a crescere, si impara a tornare piccoli Quando mia figlia Sole era piccola ricordo di aver trascorso con lei un tempo fuori dal tempo, ma così dentro la Vita! Incantate a seguire il tragitto di una coccinella su un filo d erba, ora sdraiate a trasformare le nuvole in buffi animali, ora a camminare con i piedi nudi in mezzo all erba alta ondeggiante, ora arrampicate su un albero a prendere il tè in tazze invisibili. Si, è stata la mia migliore compagna di viaggio quella bimba e mentre lo scrivo penso: Quale bimba, Sole o la bambina che viveva in me? Entrambe, certo. Avevo ai tempi poco più di 20 anni, vissuto intenso ed inquieto, ma pur sempre 20 anni. Tutto era possibile e la vita con le sue tante porte da aprire esercitava su me un fascino irresistibile; la paura di sbagliare era sotto le scarpe, meno che polvere. Troppo il desiderio di sperimentare, di sentire, toccare, gustare proprio come un bambino. Ora il mio presente è diverso. Dopo 13 anni ho avuto un altro figlio e vivo questa seconda esperienza in modo completamente diverso. Ho 35 anni, è forse il momento in cui ci si chiede se siamo stati capaci di realizzare qualcosa di ciò che sognavamo se saremo in grado di trovare un piccolo pezzo di terra fertile dove cominciare a coltivare una rosa da amare, come il piccolo principe. Adesso sì che c è paura di sbagliare; si è sentito il dolore forte di veder tradita e calpestata la fiducia riposta nell amico, si è provata l arsura della strada arida che non porta a nulla. Certo è più difficile ora tornare bambina Eppure sta scritto a chi è come loro appartiene il regno di Dio. Chi non accoglie il regno di Dio come un bambino, non entrerà in esso (Mc 10,15). Coraggio, mi dico. Ancora una volta il mio maestro è un bimbo, mio figlio Eliel. È bello questo istruirsi a vicenda: lui impara qualcosa da me per crescere e io da lui per tornare piccola! La lezione che mi trovo a imparare ogni giorno è quella della presenza al presente, dell esserci ora perché non c è altro momento se non questo. Per i bambini è così, non puoi dirgli domani ti ascolterò e tanto meno ieri ho già giocato con te non conoscono nulla di tutto questo (almeno fino a che non glielo introduciamo noi grandi ) e sanno solo vivere l ora, l adesso. Così o ci sei o non ci sei, non si scappa né avanti, né indietro. Gesù vuole chiederci anche questo dicendo di essere come i bambini. Con Eliel mi trovo a salutare i cespuglietti di timo che troviamo sul cammino e sentirne il profumo, contenti; a camminare sul sentiero di fango che porta al ruscello e l orecchio pronto a cogliere il canto del cu-cu o il toc toc del picchio e poi il ridere di nulla, di una parola buffa o di uno sguardo rubato tra i pali della staccionata e ridere davvero, di gioia! Ecco, il regno di Dio è prossimo al mondo dei bambini. Quando ho vissuto in questa dimensione di leggerezza fatta di sguardi nudi, di gesti abitati, da silenzi riposanti o del ridere dal cuore anche con i grandi, questi si, sono stati momenti toccati dal miracolo! Ricordo una sera di Pasqua a Romena qualche anno fa, dove mi son trovata a ballare insieme ad un gruppo costituito lì per lì tra bambini, ragazzi e anziani; la musica aveva rapito tutti e la gioia del lasciarsi andare aveva preso piede, dando il via ad un improvvisazione bellissima. Ho ancora negli occhi il volto trasfigurato di una signora dai capelli di neve che mi teneva per mano in un ballo a cerchio (ormai veramente era un vortice!) mi guardava ridendomi in faccia e rideva tutto il suo essere e pareva volasse ecco, il suo era un volto di bimba e anch io con il cuore straripante di gioia guardavo l icona di Gesù e dicevo dentro: Eccoci anche noi rinati, noi piccoli figli del tuo Amore. 18

19 Foto di Massimo Schiavo Per dare speranza ai giovani, aspettare domani è troppo tardi. Oggi siamo appena in tempo. Anonimo 19

20 Una meraviglia possibile di Paola Nepi* Paola si aggira tra i pesi deprimenti che la cultura consumista del troppo appoggia sui bambini di oggi, e tra le inutili ricette di chi vede nel ritorno al passato una possibile cura per offrirci la vera domanda che conta: dov è quello stupore primario che accende gli occhi di un bambino? Lasciate che i fanciulli vengano a me si legge nel vangelo, ed il poeta ci dice tutto è nell infanzia. Ma a quale ritorno dovremmo tendere? Ed a quale infanzia bisognerebbe tornare senza cadere nella retorica del fanciullino? L infanzia idealizzata che il mondo d oggi non possiede più? Non vorrei apparire la solita vecchia moralista e bacchettona che vede sempre il presente al negativo perché più non le appartiene e sa di avere ben poco futuro. Guardiamoci però intorno, stiamo al reale. Come sono, come si muovono i bambini oggi? Com è, cosa esprime l esser fanciullo oggi? A mio parere, nel nostro paese soprattutto, sono troppo pochi in una società, in un mondo di adulti e di vecchi, per esprimere a pieno un loro esistere. Vi propongo una banale osservazione. In questi giorni passa sulle onde di radio e TV una singolare pubblicità nella quale, ancora una volta, il protagonista è un bambino. La mamma: Matteo racconta cosa hai fatto nelle vacanze questa estate. Di rimando il fanciullino con tono esaltato: Ho fatto tanti giochi, ho mangiato il gelato, ho visto la balena.. Un attimo di suspence poi la voce della creatura abbassa il tono e i decibel e sconsolato termina: poi siamo scesi dalla nave mentre l imbonitore urla montagne di divertimenti!! E non c è bisogno di spiegare, è facile immaginare dove la famigliola felice ha trascorso le vacanze. È questa l infanzia alla quale vogliamo tornare? O alla fanciullezza di qualche tempo fa quando bastava un cerchio, un bastoncino e una bambola di pezza per sentirsi felici, scoprire il mondo, la vita? A mio parere, deprimente è il quadro che si esprime nella rappresentazione attuale di eterno svago; anacronistica l immagine del bel tempo che fu. È certo che i bambini di oggi iperprotetti, impomatati, griffati, ipernutriti, spesso obesi, segregati in mille giochi e spazi di consumo, ma anche violati nei loro diritti, sono i nostri figli ed esprimono il concetto di infanzia che noi adulti abbiamo; noi li abbiamo forgiati a nostra immagine e somiglianza. È tutto irrimediabilmente così? No, la vita premia la vita. Ed ogni giorno in mezzo a tante ombre si aprono spazi di luce abbagliante. Non conosco soluzioni magiche. Forse tecnologia, consumo e velocità hanno stordito l anima e cancellato la memoria, forse i nostri occhi guardano, ma non vedono e non sanno leggere veramente dentro gli occhi di un bambino per rivedere i propri occhi e quell infanzia che è stata di tutti noi e che, in fondo, non si spegne mai. Bisognerebbe allora aprire gli occhi e lasciarsi invadere da quello stupore primario di quando un genitore ha incontrato per la prima volta gli occhi del figlio e insieme hanno cominciato a costruire il tempo, i giorni. Sentire ancora dentro sé quella leggerezza infantile che abbatte ogni barriera perché tutto è meraviglia possibile. Bisognerebbe però farsi davvero fragili come fanciulli per trovare la forza di rinascere ad una infanzia del mondo, ad una nuova dimensione dell essere e del porsi. Bisognerebbe uscire da se stessi, uscire allo scoperto, intrattenersi col cielo e solo allora la nostra anima troverebbe la quiete, la giusta via. Ma la strada è lunga, mettiamoci in cammino. *Paola Nepi ci offre le sue stimolanti considerazioni dal letto in cui da tempo l ha bloccata una grave malattia che, se le ha bloccato i movimenti non ha frenato la libertà e la forza del suo pensiero e delle sue idee. Per le edizioni Romena ha pubblicato la raccolta di poesie La ragione del dolore. 20

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