Giovanni Maciocco Presentazione di Luigi Snozzi, candidato alla Laurea honoris causa in Architettura presso l'università degli Studi di Sassari
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- Massimo Sacco
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1 Giovanni Maciocco Presentazione di Luigi Snozzi, candidato alla Laurea honoris causa in Architettura presso l'università degli Studi di Sassari Magnifico Rettore, Colleghi, Autorità, Cari Studenti, Signore e Signori, sono particolarmente lieto di presentare, a nome dela Facoltà di Architettura, la proposta di conferimento della Laurea honoris causa in Architettura al Prof. Luigi Snozzi. Luigi Snozzi è un architetto ticinese di riconosciuta fama internazionale, il cui modo di progettare ha una qualità che è inscindibile dalla sua caratura umana, dalla forza del carattere, intesa nel senso che James Hillman attribuisce a questa espressione, come capacità di esprimere il pensiero in forma di immagini, in modo che ascoltando possiamo udire, registrare e vedere le immagini nella nostra mente. Questa forma di pensiero è la matrice del progetto come interazione, in quanto spinge gli abitanti ad arricchire le immagini espresse con immagini proprie, un processo che, secondo l antropologo americano Keith Basso, è paragonato comunemente al processo di aggiungere pietre per completare un muro o di disporre mattoni sopra le fondamenta di una casa. Questa forma di conoscenza, che si costruisce in forma di immagini, mette in comunicazione con il senso comune. Forse per questo, i progetti di Luigi Snozzi assomigliano non a oggetti chiusi, definiti, ma piuttosto a progetti da completare, un invito a esercitare l immaginazione, una spinta a continuare l interazione aperta ai significati del senso comune, fuori delle procedure istituzionalizzate che predeterminano il senso, perdendo la possibilità di rivelare attraverso l'architettura l identità delle cose. Ma Luigi Snozzi era forse predestinato all'architettura. Nasce infatti nel 1932 a Mendrisio, proprio nell attuale sede dell Accademia di Architettura, allora Ospedale della Beata Vergine. Fino alla sua iscrizione al Politecnico di Zurigo, Snozzi vive con la sua famiglia numerosa di ben nove figli, di cui sei sorelle e due fratelli, prima a Mendrisio poi a Locarno, con un breve interruzione a Basilea. Snozzi ricorda con piacere gli anni densissimi della sua adolescenza in questa città, dove frequenta un gruppo di amici fra cui Enrico Filippini, più tardi responsabile della pagina letteraria della Repubblica, il pittore Livio Bernasconi, gli scrittori Rocco Scotellaro e Giovanni Bonalumi, lo storico Virgilio Gilardoni, l architetto Peppo Brivio. Partecipa così alla fondazione del nuovo Partito Socialista Autonomo che nasce dalla divisione del Partito Socialista ufficiale. Per vari anni fa parte della redazione del nuovo giornale come illustratore della prima pagina. In quei tempi entra in contatto con figure come Hans Arp, Marino Marini, Hans Richter, che hanno i propri atelier a Locarno, l editore Feltrinelli e molti altri. Sicuramente la conoscenza di Peppo Brivio e la frequentazione del suo studio a Locarno hanno avuto su di lui una grande influenza. Nel suo ufficio sono frequenti gli incontri con i wrightiani dell epoca, Tita Carloni e Franco Ponti e lo stesso Peppo Brivio. Attraverso la loro conoscenza si indirizza anche lui verso la cosiddetta architettura organica. Frequenta poi, insieme con Livio Vacchini, il Politecnico Federale di Zurigo. Alcuni anni dopo la laurea apre il suo studio a Locarno e qualche anno dopo Livio Vacchini diventa suo associato. Ricordo i bellissimi anni passati insieme racconta Snozzi - per liberarci da quanto avevamo appreso a scuola. Il periodo con Livio Vacchini è entusiasmante. Lui aveva fatto un lungo stage al nord e aveva visto le opere di AlvarAalto, di Asplund, Lewerenz e Jacobsen. Con lui il suo interesse si sposta verso il Movimento Moderno e la grande figura di Le Corbusier. Il suo periodo Wrightiano si estingue. Così scrive Vacchini di quel periodo: ho appreso che la morale non è un insieme di regole da rispettare, né uno stato, ma la relazione che si intrattiene con un problema, una difficoltà. E Luigi cercava gli ostacoli. Noi volevamo che la nostra architettura rompesse le scatole alla gente, sempre,
2 come se ciò fosse la garanzia del suo valore. Volevamo mettere a disagio la gente, ma con rigore l architettura diventò la nostra vita, e costruendo degli oggetti architettonici costruivamo noi stessi. Per l'impegno politico in quegli anni, Snozzi viene praticamente escluso dai lavori pubblici, trascinando in questa difficoltà anche Vacchini. Questo fatto porta alla fine alla separazione con Vacchini. Dopo questo primo periodo di sperimentazione, in cui la ricerca è portata verso l industrializzazione della costruzione, verso la ricerca della massima flessibilità, l interesse si sposta verso il rapporto con la città e il paesaggio. In quegli anni collabora con vari architetti della cosidetta scuola ticinese, come Mario Botta, Aurelio Galfetti, Tita Carloni, Ivano Gianola. Comune a tutti ricorda Snozzi - era la lotta contro i regolamenti edilizi e soprattutto contro le varie commissioni di protezione del paesaggio e dei monumenti, che si basavano e purtroppo si basano ancora su una visione romantica del paesaggio, come se questo fosse definito una volta per tutte e ogni proposta di modificazione fosse ritenuta un male da evitare. Situazione questa estremamente diffusa anche ed soprattutto qui in Italia. Il progetto più emblematico di questo momento fu sicuramente il progetto del concorso del Campus del Politecnico Federale di Losanna. A questo progetto presero parte, oltre a Snozzi, Tita Carloni, Mario Botta, Aurelio Galfetti e Flora Ruchat. Il carattere fondamentale dell'architettura ticinese è il suo porsi come momento di recupero della modernità, dei valori dell'esperienza del moderno dopo la crisi della seconda guerra mondiale. In fondo anche la bellissima stagione italiana degli anni Cinquanta, è la stagione di eccezionali individualità: Albini, Scarpa, Gardella, Michelucci, Moretti, Mollino, Ridolfi raccontano le trame delle loro singolari esperienze, in raffinate sensibilità e straordinarie abilità, alla ricerca di nuovi valori che restituiscano nuove ragioni al progetto. Il ritorno alla storia approderà poi nel terreno, già dissodato da Muratori, degli studi urbani: una rinnovata attenzione alla città come soggetto primo del fare Architettura. I ticinesi raccolgono comunque questa lezione, loro che guardano alle scuole di Milano e di Venezia con gli occhi degli allievi, e contemporaneamente riprendono, con grande determinazione, il ragionamento interrotto dell'architettura moderna. L'Italia, maestra del dire, sembra incapace al fare e la stagione dei grandi studi non produce poi grandi architetture. In altre situazioni, pur periferiche, il fare diventa la regola per dire. Un fare che, oltre ai ticinesi, vedrà protagonisti catalani, portoghesi, svizzero-tedeschi, e altri. Il metodo con cui i ticinesi affrontano il problema della modernità è assolutamente pragmatico, essi partono dai problemi reali e non da artificiali querelles accademiche. Questa ricerca del nuovo nel progetto non avviene all'interno del mondo universitario, avviene invece all'intermo delle esperienze professionali di ciascuno dei protagonisti. Le occasioni sono, il più delle volte, piccole commesse private, oppure concorsi di progettazione in cui si sono spesso ritrovati insieme i vari Galfetti, Botta, Vacchini, e lo stesso Snozzi. Una vera e propria officina del progetto, il cui argomento è il tema del concorso, i cui strumenti sono gli elementi del linguaggio della modernità, il cui gruppo è costituito dalla generazione successiva a Tita Carloni e Aurelio Galfetti. Avviene qui una metabolizzazione, e questa metabolizzazione non accademica è stata la vera fortuna del Ticino, perchè è l'unico caso nel quale dei professionisti arrivano, alla fine di questa loro avventura, addirittura a fondare una scuola di architettura, prima come riconosciuto gruppo di tendenza, poi come vera e propria Facoltà. Parlando dei suoi punti teorici di riferimento, oltre ai grandi del XX secolo, come Mies van der Rohe, Le Corbusier, Louis Kahn, Alvar Aalto e molti altri, come Paolo Mendes da Rocha e il suo amico purtroppo ultimamente deceduto Livio Vacchini, Snozzi ricorda tre amici, ma si tratta di un'amicizia sui generis. Nella mia vita racconta Snozzi ho avuto un rapporto singolare con i miei più grandi amici, un rapporto certamente singolare in quanto caratterizzato dall assenza di contatti personali.
3 Fra questi l architetto e scrittore Max Frisch, che con i suoi scritti mi ha accompagnato e mi accompagna ancora oggi e che malgrado vivesse in parte nel Canton Ticino, non ho mai osato per pudore andare a trovare. Solo dopo la sua morte, ho saputo che egli stesso aveva lo stesso mio sentimento e all occasione del suo compleanno aveva regalato ai suoi amici una rivista d arte Du dedicata a me con il titolo Luigi Snozzi: das Politische in der Architektur. L altro amico è Igor Strawinski, che non ho mai avuto l occasione di incontrare personalmente, ma il cui libro sulla poetica musicale esprimeva esattamente i concetti che avevo maturato durante la mia vita, quindi un libro che considero mio. Con i suoi colleghi Botta, Galfetti e Vacchini, Snozzi incontra a Venezia in occasione della sua presentazione dell ospedale di Venezia, quello che egli definisce il suo terzo amico: Le Corbusier. In quell occasione, in mezzo ad una calca di studenti, che si era formata lungo il suo percorso, riuscono a farsi avanti e toccare con due dita la sua giacca. Per giorni ricorda Snozzi - le loro due dita, pollice ed indice rimasero chiusi, per proteggere questa straordinaria reliquia. Come insegnante ho capito allora che la vera comunicazione può avvenire in totale silenzio attraverso un semplice contatto fisico. Delle opere di Le Corbusier, quella che gli rimane più impressa è la casa per il dr. Kurutschev, alla Plata, in Argentina. Appena la vede, e già ad una certa distanza, si trova davanti ad una casa pensata e realizzata da lui e più si avvicina, più gli sembra un suo progetto. E' stata nota Snozzi - una sensazione straordinaria, cioè quella di vedere una propria realizzazione, fatta da un altro, quindi senza alcuna fatica, ma in questo caso fatta in modo esemplare, molto meglio di quello che sarei stato capace io stesso. Dopo la partenza di Vacchini, fa parte per 12 anni della Commissione delle Bellezze Naturali del Canton Ticino, il cui compito è quello di esaminare tutti i progetti sul territorio cantonale dal punto di vista estetico. Sono stati anni di grande sofferenza. I criteri di giudizio utilizzati sono per Snozzi aberranti, mentre vede di giorno in giorno il degrado del territorio ticinese. Da inizio in quel periodo ai progetti alternativi, che Kenneth Frampton ha denominato progetti guerriglia. Visto che le parole sono insufficienti per convincere i commissari, utilizza questo sistema, gratuitamente, senza però grandi risultati. Il primo progetto di questa serie è stato quello del villaggio di Brissago con residenze a lago. Per realizzare questo progetto è partito dalle regole della comissione e le ha tutte capovolte. Ne è nata una soluzione estremamente precisa ed entusiasmante. Durante tutta la sua vita, fino ad oggi, ha sempre lavorato su due fronti: nel suo studio privato di Locarno e nell insegnamento. Infatti il suo inizio didattico è nel l973 al Politecnico di Zurigo, dopo due anni insegna alla scuola d architettura di Ginevra, poi al Politecnico di Losanna dove viene assunto come ordinario grazie a Snozzidarnosch, un movimento di studenti, che con tanto di bandiere e cortei hanno reclamato con successo la sua nomina alla Direzione della Scuola. Da lì si sposta in Italia, la sua vera patria culturale, a Trieste per due anni. Purtroppo una esperienza che Luigi definisce da dimenticare. Lo richiamano poi a Zurigo, città con cui ha sempre avuto rapporti difficili, per la sua esclusione nel concorso per l ordinariato al Politecnico, malgrado fosse arrivato come primo dei numerosi concorrenti, per la scorrettezza avuta nei suoi riguardi (con Mario Botta), nel caso del grande concorso per l ampliamento della stazione di Zurigo, che termina con una serata memorabile al Kunsthaus, dove in assenza di quasi tutti gli invitati ( rappresentanti delle ferrovie, delle poste, della Confederazione, della città di Zurigo e dell autore del primo premio) per un dibattito pubblico sull esito del concorso, Snozzi è l unico presente. Il suo polemico discorso viene poi pubblicato a Zurigo con il titolo Das Monster über die Geleisen. A Zurigo rimane un solo anno e da lì si sposta su mio invito ad Alghero, per dare avvio alla nuova facoltà di architettura, dove insegna da cinque anni con la grande stima e l'affetto degli studenti e dei docenti, e aiutato dal suo formidabile assistente Claudio Buetti. Da oltre tredici anni dirige a Montecarasso, un piccolo villaggio vicino a Bellinzona, un seminario internazionale di progettazione, al quale hanno partecipato con conferenze pubbliche e critiche ai lavori svolti, architetti di fama.
4 In questo villaggio lavora da quasi trent anni con un sindaco straordinario e qui ha realizzato un nuovo piano, con numerosi interventi, come l inserimento della nuova scuola elementare nell ex convento rinascimentale delle suore, la palestra, l ampliamento e la completazione del cimitero, la realizzazione di diverse case unifamiliari e edifici residenziali tutti interventi che hanno servito a definire un nuovo centro urbano prima inesistente. Ha allestito un nuovo regolamento edilizio, che è basato su nuovi principi, dei quali la struttura del luogo è l elemento primo di riferimento per qualsiasi nuovo intervento, e che è inusuale per la totale assenza di regole per il controllo estetico degli edifici. Un altra sua particolarità consiste nella riduzione degli oltre duecento articoli del vecchio regolamento a solo sette. Questo lavoro insieme con quello di Fumihiko Maki per Tokio è stato insignito nel 1993 del premio Principe di Galles per il disegno urbano dall'università di Harvard. Tra gli altri premi, vince il premio Beton nel 1993, e il premio Wakker nel 1993 e nel Durante la sua vita ha partecipato ad un centinaio di concorsi, di cui trenta vinti e dei quali solo tre hanno avuto la fortuna di essere realizzati, malgrado il loro realismo. Credo che questo fatto sostiene Snozzi sia da ricondurre al mio modo di progettare, che varie volte ha rimesso in discussione il bando stesso del concorso, ma soprattutto per il fatto che quasi tutti i miei progetti richiedono oltre al manufatto richiesto, la messa a punto del contesto circostante, ciò che più volte, soprattutto per ragioni politiche e finanziarie ha portato al suo annullamento. Il suo insegnamento è basato soprattutto sui suoi aforismi, redatti per gli studenti di Zurigo, alle sue prime esperienze didattiche. Snozzi ha una forte attenzione per il sapere disciplinare, che lo porta ad assumere il progetto come strumento specifico della nostra disciplina, strumento per la conoscenza del luogo prima che per la sua trasformazione. L analisi fa dunque parte integrante del progetto stesso. L insofferenza di Snozzi rispetto alle forme preliminari di conoscenza analitica e la predilezione per le modalità di percezione strutturale del luogo attraverso il progetto caratterizzano seppure in modo molto differente le vicende di Monte Carasso e Delta Metro Polis, la Metropoli d'olanda, che potete vedere raffigurata nell'invito e nella locandina. Possiamo vedere se prendiamo in prestito alcune figure della linguistica - come la posizione di Snozzi sia da sempre attenta molto più agli apparati denotativi, che a quelli connotativi, alle strutture profonde della città, più che agli apparati rappresentativi. Ne sono testimonianza le immagini con le quali Gabriele Basilico descrive l esperienza di Monte Carasso, dove gli interventi di Snozzi sembrano non distinguersi nell abitato in quanto connaturati alla struttura del piccolo centro. La pesca, che è la grande passione di Snozzi, non è per lui un hobby, è un altro mestiere, che necessita come l architettura di una conoscenza dei luoghi, della fauna ittica e delle sue consuetudini, delle tecniche e di un grande ordine. Lo affascina il rapporto con il paesaggio e la situazione di grande silenzio in cui obbliga a immergersi. Ma oltre a questo e soprattutto nella pesca nel lago, quando esso è liscio come uno specchio, dalla semplice osservazione del filo che entra nell acqua e dei movimenti della canna, si puo leggere il mondo sommerso sottostante: l'altezza dell acqua, la consistenza e il tipo del fondo, il tipo di pesce che abbocca all esca. La canna e il filo sono per Snozzi una specie di prolungamento dei nostri sensi, che ci permette di leggere un mondo praticamente invisibile. È la stessa sensazione che l'architetto ticinese ha provato con un ingegnere, il quale dovendo dargli indicazioni per le fondazioni di una casa su una collina molto scoscesa, su sua richiesta si era rifiutato di fare dei sondaggi. Egli osservò con grande attenzione il terreno, con la diversa vegetazione, con i diversi alberi e da questa lettura seppe disegnare in modo precisissimo il terreno sottostante. Snozzi ebbe allora la stessa sensazione, che prova sempre durante la sua pesca. In tutta la sua vita è sempre in ricerca del silenzio. In un mondo di grande fracasso, come nell architettura oggi, è la pesca che glielo dona. Ed è la pesca il filo comune che lo lega all'amico di sempre, Livio Vacchini, mancato recentemente. Il fatto che maggiormente mi ha colpito in questi ultimi tempi racconta Snozzi - è stato la perdita del mio grande amico e interlocutore Livio Vacchini, che ritengo come uno dei più interessanti architetti europei di questo periodo. Mi mancano gli intensi colloqui che ci avvicinavano sempre di più,
5 malgrado le impostazioni abbastanza diverse, fino al punto di desiderare di ritornare ambedue al tavolo di lavoro per un progetto in comune. Ma ciò purtroppo non si è più potuto avverare che soltanto in un caso, per un idea di grande massima per la nuova sede del Festival di Locarno sul Lago Maggiore, la nostra radice comune come la pesca. Nei suoi ultimi lavori a livello territoriale ha sviluppato un modo d intervento per la città, che egli ritiene estremamente importante, in quanto i molteplici seminari ad essa dedicati non riescono a dare un vero contributo. Ma possiamo dire che Snozzi ha da sempre avuto ha l'ambizione di rifondare la città contemporanea per cercare nuove regole che possano ridefinire in forma compiuta e in maniera significativa un contesto. Contesto in cui le opere collettive e gli edifici pubblici siano nuovamente, come nella città della storia, un momento di ordinamento e di organizzazione del territorio. "Non esistono luoghi senza carattere sostiene Snozzi - : è dovere del progetto renderlo manifesto". Questa mancanza di attenzione alle strutture profonde della città è per Snozzi una patologia contemporanea. Nota l'architetto ticinese che la maggior parte degli architetti attuali, fatte le dovute eccezioni, si ritirano nel loro orticello, e tramite l originalità e l invenzione a tutti i costi, tentano di supplire a questo fondamentale problema della città democratica, attraverso nuovi monumenti, che però, in assenza di un contesto significativo, non fanno altro che aumentare la monotonia delle nostre città. Alcune sue opere giovanili definiscono bene questa sua concezione strutturale del contesto della città che ha informato il suo modo di fare architettura fin dalle sue opere giovanili. Come la Casa Snider a Verscio, in cui vi è la riproposizione della tipologia dei luoghi e delle sue strutture spaziali senza ricorrere a imitazioni superficiali di materiali e forme della tradizione O la Casa Kalman a Brione - che gli ha dato notorietà internazionale - con la ricerca degli antichi segni del territorio, dimenticati e cancellati da una edificazione bislacca e ignorante; esaltazione dei valori geografici del sito, edifici che diventano attori e spettatori dei luoghi. Come la Casa Bianchetti a Locarno Monti, dove Snozzi cerca un punto chiave del terreno, un momento di cambiamento della struttura della sua forma. Così come la Casa Cavalli a Verscio, in cui il tema centrale consiste nel legare gli edifici agli antichi nuclei urbani con elementi di architettura che facciano intuire una sottesa trama sapientemente disegnata: la città che, finalmente, ricomincia a crescere con le sue regole... In alternativa all attuale metodologia progettuale urbana, che si basa su una programmazione dello sviluppo, ma che purtroppo si avvera raramente, e che per supplire ad essa si ricorre al cosiddetto piano aperto, cioè un piano che permette alla città di espandersi al di fuori delle previsioni, propongo dice l'architetto ticinese - di rispondere ai tempi lunghi dello sviluppo urbano con i tempi corti del progetto architettonico: un progetto quindi concluso, che non abbisogna dei lunghi tempi per verificarne la sua efficacia. Come è il caso del progetto allestito per la Metropoli di Olanda, che gli ha permesso di meglio capire il compito primo dell architetto. Infatti racconta Snozzi - alla presentazione ufficiale dei quattro progetti ci hanno dato una lista di oltre cento problemi ed hanno richiesto ad ogni progettista, quali di questi era riuscito a risolvere. Devo confessare che di questi propblemi non ne avevo considerato alcuno. Il solo problema che mi ero posto era il seguente: è possibile progettare una metropoli dove l uomo è in grado di orientarsi spazialmente come lo fu sempre nella città storica? Ai problemi citati i tre altri progettisti hanno risposto che avevano risolto chi 60, chi 45, chi 70. Io, a questa domanda, risposi: tutti. Il problema quindi per l architetto sta nel porsi la giusta domanda, se questa è ben posta contiene la soluzione di tutte le altre esigenze. Nel caso contrario se dall inizio mi avessi posto tutti i problemi sopra citati, sono sicuro che mai sarei potuto arrivare ad una soluzione. Come seconda opzione affermo, che tutte le città europee necessitano di nuovi limiti di crescita, spazialmente riconoscibili.in questo modo ritengo si potrebbe dare una svolta importante al problema dell evoluzione urbana delle città europee.
6 Questa attenzione alla riconoscibilità dei limiti della città europea è presente anche nella proposta olandese, nella quale Snozzi ricomprende e attualizza le tre fasi dello sviluppo metropolitano della città europea. Dove la prima fase è caratterizzata da strutture generative legate a una geometria spaziale. Il cerchio perfetto di Delta Metrò Polis è in un certo senso associabile alle figure spaziali inaugurali delle città capitali della prima rivoluzione industriale, come la doppia griglia cerdiana di Barcellona e lo schema radiocentrico di Vienna. La seconda fase è caratterizzata dall irruzione della dimensione ambientale nel progetto della città. Le strutture generative si estendono al sistema delle dominanti ambientali, le geometrie spaziali sono integrate da luoghi e concetti spaziali propri del sistema ambientale. In un passaggio della descrizione di Delta Metro Polis, l architetto ticinese affronta il tema del rapporto tra città e campagna, con la piena restituzione della pianura alla campagna. Richiamando Lewis Mumford, possiamo dire che la campagna appartiene alla città per i processi di organizzazione dello spazio urbano e regionale, ma la città appartiene alla campagna perché questa ne rappresenta la irrinunciabile piattaforma ambientale. Snozzi assume questa reciproca appartenenza forzando la distinzione chiara tra le due entità, ma anche l inscindibile relazione di complementarietà su cui si basa la costruzione della regione urbana: lo spazio della metropoli postindustriale e il cuore verde della grande pianura olandese, che riveste il ruolo di generatore urbano come controspazio della figura metropolitana anulare. La terza fase, definita - forse audacemente come la svolta urbana, assume uno sfondo concettuale che lega la formazione della metropoli contemporanea alla sua costituzione come rete di nodi densi strategici. È una delle nuove forme della centralità che modificano radicalmente le centralità storiche. Nel progetto olandese le intersezioni urbane dell infrastruttura metropolitana formano nodi densi che ospiteranno i nuovi abitanti immigrati per comprendere la forte complessità sociale legata alle migrazioni interregionali. Nodi con un ruolo identitario, fondato sulla riconoscibilità, ma schivo di retoriche simboliche velleitarie. La concezione del progetto olandese di Snozzi rappresenta la sua anima anarchica, la sua insofferenza alle procedure, la sua innata predilezione per le pratiche. A dispetto della definizione precisa dei contorni spaziali, il suo approccio progettuale è aperto alle pratiche non istituzionalizzate. Nell utopia concreta della città regionale olandese c è uno sfondo geddesiano che si ritrova sulla strategia dello sguardo: lo sguardo dall alto da un piccolo aeroplano e lo sguardo itinerante in automobile sul territorio olandese. È in un certo senso la metafora di una relazione circolare tra il progettista e il cittadino. Mentre la scrittura del progettista è racconto e descrizione, la lettura da parte del cittadino invita il cittadino stesso a camminare osservando sulle tracce del progettista. Come a Monte Carasso, i progetti di Snozzi si aprono con il guardare interpretativo del progettista e si concludono con il guardare attivo del cittadino. Per quanto fin qui illustrato, in considerazione della produzione architettonica in qualità di progettista di chiara fama internazionale, del contributo didattico e scientifico offerto alla comunità, spaziando in competenze proprie delle discipline della Facoltà di Architettura che interessano il progetto a tutte le scale, questa Facoltà di Architettura dell'università di Sassari, che ha sede ad Alghero, con delibera del Consiglio di Facoltà del 18 ottobre 2006 approvata dal S.A. Del 15 novembre 2006 e dal Ministero dell'università e della Ricerca il 16 aprile , ha proposto la candidatura del Prof. Luigi Snozzi per il conferimento della Laurea Magistrale Honoris Causa in Architettura.
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