PROPOSTE PER UNA VERTENZA NAZIONALE

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1 29 OTTOBRE BOZZA NON CORRETTA PROPOSTE PER UNA VERTENZA NAZIONALE

2 INDICE PROPOSTE PER UNA VERTENZA NAZIONALE pag 3 (SCHEDA 1) 9 interessanti proposte di sistema da Quale politica industriale per l auto E. Ceccotti 2011 pag 7 (SCHEDA 2) Un breve sguardo sul Mondo Pag 8 (SCHEDA 3) Dove sta andando l Italia e soprattutto la Fiat? Pag.10 (SCHEDA 4) Uno sguardo sull industria italiana della componentistica (e sul dualismo Nord-Sud) Pag.12 (SCHEDA 5) Le esperienze locali in campo: poco coordinamento e sinergia. Ma ci sono esperienze interessanti da esportare (da D. Bubbico, Relazione alla XXXIII Conferenza Italia di Scienze Regionali) Pag. 14 (SCHEDA 6) Basta con le bugie sull intervento pubblico come rottame del passato. A partire dalla ricerca e sviluppo il ruolo del pubblico è ancora più strategico Pag. 16 (SCHEDA 7) Ripartiamo dallo spirito e della filosofia di INDUSTRIA 2015 Pag. 19 (SCHEDA 8) Dal primo documento della CGIL e FIOM-CGIL della Basilicata, maggio 2012 pag. 22 (SCHEDA 9): Gli addetti nel sito SATA e nell indotto di primo livello e i rischi per l occupazione pag. 26 2

3 Bozza non corretta. Contributo della CGIL Basilicata per iniziativa del 29 Ottobre 2012 Automotive e Mezzogiorno: proposte per una vertenza nazionale Come CGIL Basilicata giungiamo all appuntamento del 29 Ottobre con la volontà di offrire un contributo (sicuramente parziale) per una possibile Piattaforma delle CGIL meridionali e della CGIL Nazionale per tutelare l occupazione nel settore dell automotive. Ci arriviamo dopo un percorso di studi, analisi e proposte maturate nel tempo e che hanno avuto nel seminario tenutosi a Potenza il 20 Marzo scorso, in collaborazione con i dipartimenti della CGIL Nazionale settori produttivi e mezzogiorno e politiche di coesione, una prima sistematizzazione. Quindi il lavoro è proseguito per giungere ad un documento nel luglio 2012 (a cura dell Osservatorio Industria della CGIL Basilicata e della Fiom Cgil Basilicata) specificatamente dedicato all automotive nel melfese, offerto come una base comune di analisi e proposte della Confederazione e delle principali categorie coinvolte (Fiom, Filcams, Filctem, Filt) ai nostri interlocutori locali (Regione Basilicata, imprese locali dell indotto). In particolare nel seminario di marzo si ribadì che non si può uscire dalla crisi del paese senza destinare al rilancio dell economia meridionale risorse e politiche adeguate, rappresentando il Mezzogiorno per potenziale produttivo (e anche di consumo, in particolare delle imprese settentrionali) a disposizione, per eccellenze manifatturiere che vi insistono, per capitale sociale, una risorsa strategica per tutti. Un rilancio che deve passare, oltre che per interventi sulle infrastrutture fondamentali (vie di comunicazione, energia, banda ultra larga) per: - una riqualificazione del modello di specializzazione produttiva (concentrando politiche e risorse su 5-6 settori strategici su cui il Sud ha o può avere evidenti vantaggi comparati); - la crescita dimensionale e l internazionalizzazione delle imprese meridionali, a partire da quelle dell indotto che ruotano intorno a grandi stabilimenti, ad oggi, di mero 3

4 assemblaggio ; - la diversificazione nella componente più innovativa e tecnologica delle imprese locali guardando ai nuovi scenari di competizione internazionale (in particolare Mediterraneo ed Est Europeo) e a nuove domande (in particolare quelle connesse con la riduzione degli impatti ambientali e di consumo energetico). Tra i 5-6 settori strategici per il Mezzogiorno ed il Paese vi rientra per noi, a pieno titolo, l automotive, per cui non basta consolidare e rafforzare l esistente, ma occorre procedere ad una sostanziale modifica del modello e delle relazioni di dipendenza e distribuzione diseguale di valore. Partendo da alcune semplici costatazioni: - il settore dell automotive è strategico per valore, occupati, capacità innovativa, pervasività delle tecnologie di prodotto, processo e organizzative. Un Paese industriale non può farne a meno; - la produzione di automotive si è profondamente meridionalizzata, con forti differenziazioni, però, nella qualità produttiva delle imprese dell indotto, nella loro dipendenza (più o meno accentuata) rispetto ad un unico produttore (Fiat), a differenza delle imprese settentrionali dell indotto che, meglio, hanno saputo aprirsi ad altri mercati e altri player. Processo di meridionalizzazione cominciato negli anni 70 ma che non ha significato in egual modo un trasferimento significativo di occupati o la crescita di un indotto industriale per valore e importanza pari al volume delle produzioni nei diversi stabilimenti (inseriamo in questo ragionamento anche Cassino essendo in un area a confine con la Campania, che non a caso ospita parte dell indotto di questo stabilimento. Lo stabilimento di Cassino completa, inoltre, un area baricentrica della produzione automotive con la presenza a pochi chilometri degli stabilimenti in Campania, Basilicata, Puglia, Molise e Abruzzo); - l inesistenza di Fabbrica Italia che si è concretizzata, oltre che per una visione dei rapporti sociali e sindacali ben nota, nella strategia di Fiat di attendere il mercato, azzerando gli investimenti in nuovi modelli e tecnologie, spostando nel frattempo le capacità produttive fuori del Paese. Processo che sta mettendo ulteriormente in difficoltà un sistema di imprese (molte di piccole e medie dimensioni), dalla componentistica ai servizi e alla logistica; - nel quadro di una forte crisi del settore auto, dovuta oltre che per le tendenze del mercato anche ai mancati investimenti, gli stabilimenti di assemblaggio vivono una forte fase di incertezza, con fermate produttive (CIGO e CIGS) per quantità mai raggiunte nel recente passato, e che sta già producendo migliaia di esuberi negli indotti locali, cui forte dipendenza rappresenta una delle loro principali debolezze. Da qui la necessità di una prima (per quanto abbozzata) proposta alternativa che, partendo dalle imprese dell indotto sia volta: a condizionare le strategie industriali del Governo (presente e futuro e, tramite esse, la Fiat) 4

5 a generare una comune visione e una massa critica nei territori maggiormente impattati; a mettere a sistema possibili risorse nazionali e locali (sia quelle di derivazione comunitarie che regionali) su 2-3 scelte strategiche di implementazione delle politiche industriali (per prodotto, tecnologia, processo; superando anche la frammentazione che, al riguardo, ha caratterizzato e caratterizza le iniziative delle Regioni) a produrre un avanzamento del tavolo presso il Ministero dello Sviluppo Economico specificatamente dedicato alla componentistica (e mai andato oltre la prima convocazione), anche tramite un possibile Avviso Comune tra sindacati e la Rete Automotive Italia (rete che, nata in ambito Confindustria, riunisce oggi oltre 400 imprese dell indotto, oggettivamente possibili alleate del sindacato nel richiedere una strategia complessiva per la difesa ed il rilancio del settore). L obiettivo di questa iniziativa è quindi tanto ambizioso quanto aperto. E lo dichiariamo subito, fornendo poi attraverso specifiche schede di approfondimento dati e analisi a supporto delle nostre proposte. Ambizioso perché, come CGIL Basilicata, vorremmo discutere, insieme ai compagni della CGIL di altri territori e alla CGIL Nazionale, agli interlocutori locali (a partire dalla Regione), ai rappresentanti dei principali partiti del centrosinistra che si candidano a Governare il Paese, al rappresentante delle imprese, una possibile bozza di Piattaforma volta a chiedere: - una sede unica di coordinamento ed iniziativa dei vari enti territoriali, partendo dalla messa in comune di esperienze (negative e positive), coordinando specifici interventi volti a ridurre dispersione di risorse ed energie, per favorire l integrazione verticale dei poli presenti su più regioni (da Melfi a Bari e Foggia, dall Abruzzo alla Campania fino a Termoli in Molise) e la valorizzazione, nei sistemi locali orizzontali, di possibili vocazioni a servizio dell intera filiera o meta distretto che dir si voglia (propulsione, design, apporto micro elettronico nei sistemi di avviamento, nuovi materiali, nuove tecniche di stampaggio, efficienza energetica, tanto per le auto vetture che per i veicoli commerciali e, speriamo, dei bus); - la riapertura (o dovremmo dire l attivazione) del tavolo dedicato alla componentistica presso il Mise, magari inserendo l automotive nei possibili nuovi Contratti di Sviluppo di ambito nazionale (con tutte le diramazioni tipiche di un nuovo Accordo Quadro di Programma, in alternativa, dalla ricerca alle infrastrutture necessarie, all animazione territoriale), stornando a favore di esso le risorse disponibili dei Piani Operativi e della nuova programmazione sia a livello nazionale che regionale (oltre che mettendo a sistema quanto già previsto dal CIPE). Proposta da avanzare all attuale ma anche al futuro Governo nazionale, con compartecipazione pro quota di risorse pubbliche locali e secondo alcune specifiche direzioni: a) verso i nuovi materiali (scocche, interni, componenti metalliche), le nuove propulsioni (partendo alla tripla e quadrupla alimentazione, GPL/CNG ma non solo) ed i dispositivi di efficienza energetica per quanto riguarda i prodotti (e quindi gli interventi in ricerca e sviluppo connessi; auto a basso impatto ambientale, rilancio produzione autobus ecologici, city car intelligenti); b) verso la crescita dimensionale e l internazionalizzazione delle imprese meridionali dell indotto (per quanto riguarda gli incentivi economici e la strumentazione di processo) in particolare le PMI; 5

6 - una serie di interventi a breve termine, a sostegno dell occupazione delle imprese dell indotto, attraverso ammortizzatori sociali che mantengano in produzione il più possibile (contratti di solidarietà) anche i dipendenti delle PMI con un piano formativo straordinario rivolto in particolare alle aziende a minori dimensioni inserite anche nei servizi di prossimità (servizi, logistica, trasporto). Con l attenzione rivolta, quindi, contemporaneamente a sostenere: - da un lato la tenuta e il rilancio di Fiat e dei suoi stabilimenti nazionali attraverso una politica industriale volta a intervenire su nuovi prodotti e tecnologie, soprattutto in termini di ricerca e sviluppo, favorendo le convenienze industriali in Italia della casa torinese; - dall altro un processo di sempre maggiore indipendenza delle imprese dell indotto (soprattutto meridionali) dalla casa torinese. Processo che potrà avvenire solo o se un nuovo produttore di primaria importanza dovesse essere incentivato a portare in Italia la propria produzione (guardando non solo al mercato europeo, ma anche a quello mediterraneo) o se le imprese aumenteranno la propria capacità di competere su mercati stranieri, in primis in quelli a maggior tasso di crescita. Dichiarando da subito, per quanto ci riguarda, che il tema non è quello di dirottare in termini strategici parte della produzione oggi presente al Nord verso il Mezzogiorno, in un mero effetto di sostituzione (altro concetto è la possibile fertizzazione imprenditoriale), ma generare un nuovo modello e una nuova specializzazione connessa alla crescita del mercato, interno e soprattutto estero. Per fare ciò occorre quindi valorizzare le esperienze locali più avanzate (in particolare quella torinese From concept to car, abruzzese e pugliese che andrebbero esportate negli altri territori) e riconoscere la stessa Rete di Imprese Automotive Italia come uno dei possibili interlocutori, valorizzando e incentivando ulteriormente esperienze di aggregazione similari, che sono generatori anche di una nuova cultura imprenditoriale positiva, soprattutto se confrontata con quella classica meridionale. Ovviamente siamo consapevoli delle difficoltà, dell esigenza che tutto ciò si coordini con una strategia europea dedicata al settore e alle sue sovra capacità produttive e siamo ancor più consapevoli della possibile parzialità delle nostre analisi e proposte (che sono aperte, migliorabili ed integrabili, soprattutto dai contributi degli altri territori e della Cgil Nazionale). Ma siamo ancor più consapevoli che il tempo ha disposizione è poco, i posti di lavoro a rischio tanti, ed i ritardi in termini di politica industriale (che non c è stata) troppo grandi perché non si debba fare qualcosa, rilanciando una vertenza di carattere nazionale. Convinti che o ci si salva tutti insieme o non ne resterà per nessuno (stabilimento o territorio che sia). CGIL BASILICATA 6

7 (SCHEDA 1): 9 interessanti proposte di sistema da Quale politica industriale per l auto, E. Ceccotti 2011 Una politica industriale a livello nazionale dovrebbe quindi agire su: ( ) 1) il sostegno di processi di innovazione delle imprese del comparto della componentistica auto e in generale della meccanica, anche attraverso l attivazione sperimentale di bandi di filiera integrati con interventi a sostegno dell occupazione, sotto forma di pacchetti integrati agevolativi; 2) l attenzione alle c.d. tecnologie verdi, come uno dei mercati emergenti di riferimento per i processi di innovazione e di posizionamento competitivo; 3) la riqualificazione e l aggiornamento professionale degli addetti al comparto; 4) la valorizzare dei centri di competenza specializzati e promozione di poli di innovazione su base interprovinciale con cooperazione su base regionale e interregionale, e organismi di ricerca che possano supportare processi di trasferimento tecnologico e di innovazione; 5) la realizzazione di interventi per la riqualificazione ambientale delle aree per insediamenti produttivi da cui dovrebbero scaturire possibilità di sostegno ad intereventi di reindustrializzazione e sviluppo dell area; 6) promuovere progetti di innovazione legati alla filiera GPL/CNG. Data la leadership mondiale dell Italia nel GPL e nel CNG occorre una politica delle infrastrutture a favore di reti distributive GPL/CNG, anche in chiave di export di tecnologie e di prodotti. Ad esempio attuazione della proposta di legge n.2172 Disposizioni in materia di utilizzo del metano come carburante per autotrazione, presentata nel febbraio 2009; 7) istituire un ente (del tipo États Généraux de l Automobile o UK Automotive Council) per monitorare la filiera, costruire una Technology Roadmap, che aiuti la programmazione delle imprese e avere la possibilità di intervenire rapidamente e applicare una moral suasion, ad esempio in favore della concentrazione e dell investimento in R&D; 8) creare delle Agenzie distrettuali come sedi di formazione tecnologica e di collaborazione locale fra componentisti complementari, anche con coinvolgimento dell Università, per attività condivise di R&D ad imitazione delle esperienze inglesi (West Midlands Automotive Consortium) e tedesche (Stuttgart Automotive Cluster Initiative); 9) un piano di rinnovo dei trasporti urbani a favore di veicoli a CNG. Trasformazione dei veicoli pesanti di uso urbano (es.: trasporto immondizie ad alimentazione CNG con uso del carico per produrre bio-metano). Si veda in proposito il brillante esempio realizzato dalla città di Madrid con veicoli Iveco. Idem per i veicoli utilizzati nelle aziende agricole. 7

8 (SCHEDA 2): Un breve sguardo sul Mondo Tutti i principali marchi mondiali di autoveicoli hanno saputo approfittare della crescita della domanda avvenuta soprattutto nei paesi del Bric (Brasile, Russia, India e Cina), incrementando i propri volumi di vendita con tassi compresi tra il 5 e il 24%. Fa eccezione Fiat, che ha scelto volutamente di rimandare il lancio di nuovi modelli per dedicarsi alla ristrutturazione industriale e all integrazione con Chrysler. Osservare la classifica delle vendite mondiali per marchio aiuta a sottolineare alcune tendenze dell industria dell auto e ad analizzare le diverse leve che, a seconda di come vengono usate, hanno potato al successo o all insuccesso. Toyota, ad esempio, ha mantenuto la leadership internazionale nonostante i milioni di modelli richiamati a causa di difetti di vario tipo. Il logo giapponese evoca ancora affidabilità e tecnologia all avanguardia, anche grazie al lancio continuo di motorizzazioni ibride (benzina elettriche), ora anche plugin, che stanno via via interessando tutti i modelli della gamma. Un altro fattore di successo del gruppo giapponese è l ottimo posizionamento nei mercati emergenti, ai quali Toyota deve circa la metà delle vendite totali, in grado di controbilanciare i risultati poco brillanti nei mercati maturi. I mercati emergenti hanno sostenuto anche le vendite di General Motors, che in Cina è leader di mercato. La casa di Detroit è tornata a crescere anche negli Sati Uniti, in parte grazie a una nuova serie di modelli. In tutto il mondo i suoi ricavi sono aumentati del 30% in un solo anno, per un totale di poco più di 100 miliardi di euro. Il terzo gruppo per vendite è Volkswagen. Il gruppo tedesco prosegue il cammino che, secondo le intenzioni del piano industriale, dovrebbe portarlo a raggiungere la leadership mondiale entro il La sua crescita avviene grazie a una gestione dei marchi in controtendenza rispetto ai concorrenti, con un portafoglio ricchissimo, tanto da fruttare nel 2010 il più alto profitto netto dell industria automobilistica, pari a 6,8 miliardi di euro. Per Volkswagen i benefici maggiori sono derivati dalla ripresa delle vendite nei segmenti alti (circa metà dei profitti è da attribuire al marchio Audi) e dall ottimo posizionamento su mercati emergenti come Cina e Brasile. Simili margini e profitti forniscono il carburante per i necessari investimenti. Un tema di crescente interesse, infine, è l ascesa dei marchi dei paesi emergenti e della loro aggressività. L industria automobilistica sembra quindi in continua espansione grazie all aumento del reddito di un numero crescente di persone, che nei paesi con economie emergenti possono così soddisfare le proprie esigenze di mobilità flessibile e privata. Tuttavia non mancano i fattori che si contrappongono a questa tendenza: la maggiore attenzione dei governi e cittadini rispetto a temi come l inquinamento atmosferico, i costi del carburante e il congestionamento del traffico stradale sono s olo i principali. Per contrastare queste problematiche, in tutto il mondo un numero crescente di decisori pub 8

9 blici sta aumentando le misure restrittive nel settore auto, mirate non solo alla circolazione e alle emissioni prodotte, ma ultimamente anche alla vendita stessa. A partire dall inizio del 2011 la municipalità di Pechino ha fissato un tetto massimo alle vendite pari a 20 mila auto al mese. A causa di questo provvedimento l associazione dei rivenditori cinesi ha previsto per l anno in corso una flessione delle immatricolazioni nella capitale pari al 33%. Parallelamente anche i cittadini, sia per coscienza ecologica sia per il prezzo della benzina (in aumento rispetto allo scorso decennio), richiedono all industria automobilistica auto più efficienti dal punto di vista energetico. Per queste ragioni tutti i brand che aspirano a posizioni di leadership sui mercati mondiali hanno aumentato gli investimenti di ricerca e sviluppo mirati alle nuove tecnologie in grado di accrescere l efficienza dei veicoli con motori tradizionali e hanno iniziato a lanciare sul mercato sempre più modelli con motori ibridi (che associano al motore endotermico un motore elettrico) o puramente elettrici. La sfida di medio periodo per l automotive si giocherà quindi, a detta di tutti i principali analisti, sulla sostenibilità economica, ambientale e sociale dei modelli di mobilità. Non è pensabile che, se si realizzeranno le previsioni di 1,5 miliardi di veicoli circolanti al 2018, questi possano avere un consumo di energia pro vettura come quello attuale. Si dovrà affermare necessariamente un nuovo modo di intendere la mobilità e di utilizzare l automobile. Andranno messe in atto misure per ridurre l utilizzo del veicolo privato senza rinunciare al diritto alla mobilità. Per rende compatibile mobilità e sostenibilità ambientale è necessario arrivare ad una governante globale del problema. La politica per l innovazione applicata al sistema dei trasporti impatta ben oltre l automotive. Il percorso di diversificazione delle fonti energetiche per il trasporto su gomma passa attraverso varie fasi alcune delle quali sono parzialmente sovrapponibili attraverso: - la promozione di veicoli puliti ed efficienti sul piano energetico con motori a combustione interna di tipo convenzionale e ibridi; - la facilitazione della diffusione veicoli con sistemi di propulsione innovativi: la tecnologia al momento più accessibile e incentivabile è quella dei biocarburanti liquidi e carburanti gassosi (Metano, Biogas, GPL). L Italia ha una buona potenzialità in termini di produzione e distribuzione. Ma l aspetto forse più rilevante della campagna di aiuti governativi nel 2009 è stata la propensione degli Italiani verso le auto con alimentazione a gas, particolarmente favorite dal maggior contributo concesso, con indubbio vantaggio per l ambiente. Il venir meno dei contributi statali ha immediatamente riportato la quota di vendite delle auto a gas vicini allo zero; - la diffusione dei veicoli elettrici che, però, è legata allo sviluppo tecnologico e la messa in atto di infrastrutture che ne favoriscano la diffusione; - i veicoli a pile a combustibile all idrogeno che hanno una tecnologia ancora tutta da sviluppare mentre il bilancio energetico per la produzione di idrogeno è tutto da verificare; - il mix combinato di tecnologie andrà monitorato il rapporto alla disponibilità delle varie tecnologie e in rapporto al loro costo e alla compatibilità economica e sociale. Bisogna però essere coscienti del fatto che nel prossimo futuro saranno ancora i motori a combustione interna a continuare a dominare il mercato, per cui bisogna innanzitutto proseguire nell azione di contenimento delle emissioni inquinanti dei veicoli a motore, dove al 2020, circa solo il 19% della produzione dei nuovi veicoli sarà ad alimentazione alternativa e in questa quota la prevalenza sarà ancora a combustione interna. Oltre che sui motori e sulle altre componenti del veicolo, è possibile intervenire anche sull intero processo di produzione e su elementi quali pneumatici e biocarburanti. 9

10 In ogni caso, anche solo prevedendo che, per una fase di transizione a medio termine il modello a propulsione ibrida sia quello destinato a maggior successo (e a minor costi), è evidente che l alleggerimento delle scocche, i nuovi materiali, la nuova dimensione (compatezza-aerodinamicità) dell auto e della vettura commerciale sono i campi su cui si andranno sempre più concentrando gli investimenti per i nuovi modelli, da parte dei grandi player. Al riguardo è significativo quanto va facendo la Fiat (e la Magneti Marelli) sul tema, non tanto in Italia quanto in Brasile. È celebre il caso di Magneti Marelli, che ha brevettato il sistema tetra fuel, in grado di utilizzare quattro tipi di combustibili diversi (benzina, alcool, miscela dei due e bio gas) con lo stesso motore. (SCHEDA 3): Dove sta andando l Italia e soprattutto la Fiat? La produzione di autoveicoli in Italia è significativamente diminuita nel corso degli anni: solo nell ultimo decennio la riduzione è stata del 62% circa (in particolare negli ultimi 4 anni ), contro riduzioni significativamente minori in Spagna (-17%) e Inghilterra (-10%). Anche la Francia ha conosciuto una riduzione significativa (-40%), ma con un numero di auto prodotte prossimo ai 2 milioni nel 2011 contro le circa 500 mila prodotte in Italia nello stesso anno. La produzione in Germania è addirittura cresciuta dell 11% negli ultimi anni. Se guardiamo le produzioni dei paesi dell Europa Centro Orientale e della Turchia, dove sono presenti stabilimenti della Fiat (Polonia, Ungheria, da poco Serbia), esse sono praticamente raddoppiate e non da oggi il numero delle auto prodotte da Fiat all estero supera di molto quelle prodotte in Italia. Considerazioni analoghe valgono per Brasile e Argentina. Nel primo di questi Fiat concorre annualmente con Volkswagen per il primo posto nel mercato delle vendite. Per i veicoli commerciali, con riferimento all Italia, la produzione è rimasta sostanzialmente stabile anche se, nel confronto con i diretti concorrenti europei (Germania, Francia, Inghilterra, Spagna), abbiamo mantenuto un livello di produzione superiore solo alla Spagna. E anche se ancora oggi in Italia (dati consolidati ) Fiat conserva un terzo dei suoi 181 stabilimenti, il peso degli addetti è sceso al 39% e i ricavi sono stati meno del 20% su quelli totali. La situazione degli stabilimenti si è resa particolarmente difficile, come conseguenza delle vendite sul mercato nazionale e su quello estero (la quota è variata dal 7 al 10%), ma soprattutto (Bubbico 2012) per effetto del sostanziale svuotamento di modelli sia in termini assoluti (mancanza di nuovi modelli) che in termini relativi (a favore degli stabilimenti esteri: utilitarie in Polonia, piccoli veicoli commerciali in Turchia; a ciò si aggiunga che alcuni modelli Lancia dal 2011 sono cominciati ad essere prodotti in Messico, grazie alla collaborazione con Fiat Chrysler). Proprio quest ultimo dato rappresenta, ad oggi, un fattore di evidente criticità per l industria italiana, anche per i migliori risultati di mercato del gruppo torinese negli Usa. Criticità evidenti anche in relazione al ridimensionamento del peso che Torino ancora conserva in relazione alle attività di ricerca e sviluppo (Zirpoli, 2010) che nel futuro potrebbero essere trasferite definitavamente negli Stati Uniti. Per quanto riguarda, infine, gli investimenti Fiat in Europa (e sottolineiamo in Europa, prendendo a riferimento il mercato comunitario) a che se ne dica, citando gli investimenti finora fatti per Pomigliano, i più significativi sono avvenuti in Polonia (costruzione stabilimento di assemblaggio segmento B oltre alla Ford KA che utilizza stesso pianale della 500 e che Fiat produce in base ad accordo commerciale; costruzione di uno stabilimento per motori). Quindi in Turchia, in Ungheria (in joint venture 10

11 con Suzuki) e più recente in Serbia (dove però Fiat ha ricevuto sostanziosi contributi pubblici e una serie di facilitazioni commerciali sul mercato russo, con buona pace dei teorici del libero mercato). Tab. 1 (stabilimenti del gruppo Fiat in Italia e nel mondo, maggio 2012) 11

12 (SCHEDA 4): Uno sguardo sull industria italiana della componentistica (e sul dualismo Nord-Sud) La progressiva riduzione dei volumi di produzione degli stabilimenti Fiat in Italia ha avuto, come prima conseguenza, una crisi per le imprese dell indotto (tanto più forte quanto più mono committenti), sia industriali che di servizio. In termini di imprese che hanno chiuso, che hanno collocato i lavoratori in cassa integrazione straordinaria o mobilità (ordinaria e in deroga), si è già giunti oltre quota (dati INPS). Ovviamente la crisi ha indotto anche molte imprese a ripensare (di fatto poco o nulla sostenute in questo da politiche nazionali o locali pubbliche) le proprie strategie di crescita e a considerare più seriamente il tema della diversificazione (in realtà più una diversificazione di clientela che non di prodotto). Le strade che le aziende dell indotto hanno seguito sono state diverse, ma si può sintetizzare che soprattutto le imprese localizzare nel Nord del Paese da diversi anni hanno cominciato a dipendere sempre meno da Fiat e realizzare quote sempre più significative di fatturato attraverso l export, in particolare grazie a produzioni destinate al mercato tedesco (ma non solo). Al riguardo l Osservatorio della filiera auto veicolare italiana della Camera di Commercio di Torino ha evidenziato come il fatturato delle aziende della componentistica nel 2010 è dipeso per il 48,7% da commesse della Fiat in Italia, per il 6,9% dalle commesse della casa torinese per i suoi stabilimenti esteri (e colpisce che solo l anno prima fosse il 19%), mentre il fatturato derivante dell export per altre case automobilistiche ha pesato il 33,9% contro il 23,6% dell anno prima. Da evidenziare infine (anche per i nostri ragionamenti successivi) che le commesse italiane non originate da Fiat sono passate dal 13,2% i due anni fa a circa il 10% del Negli ultimi anni il venduto all estero delle 2400 imprese della filiera è cresciuto (+25%) per un valore complessivo superiore ai 17 miliardi di euro (solo in parte legato al rifornimento stabilimenti esteri Fiat, se escludiamo che anche una parte del tradizionale indotto ha seguito l azienda in Polonia, Turchia e negli altri paesi; con ricadute indirette però sulle stesse forniture per gli stabilimenti italiani: è il caso di Pomigliano dove è ripresa a singhiozzo la produzione della Nuova Panda, ma il vecchio modello è rimasto in produzione in Polonia e dove in parte è rimasto il parco dei fornitori prima localizzato per la gran parte in Italia e soprattutto in Piemonte). Ovviamente minori impatti sui fatturati sono da registrarsi per le imprese di servizio a basso valore aggiunto (pulizie civili ed industriali, mense, logistica merci e persone) che devono ancora il 69% dei propri ricavi esclusivamente agli stabilimenti nazionali Fiat. Guardando ai dati quantitativi e qualitativi delle circa 2400 imprese esse sono divise tra 2 mila imprese fornitrici e sub fornitrici, 260 circa dedite ad attività di engeneering & design e 60 tra sistemisti e modulisti (OEM), per un occupazione stimata in cerca 170 mila dipendenti, per la maggior parte in Piemonte (55% dipendenti e 40% imprese). In termini di fatturato per le sole produzioni connesse all auto si stima un valore di poco superiore ai 32 miliardi (di cui la metà realizzato in Piemonte). Se poi guardiamo all articolazione in classi di fatturato (PMI con fatturato fino a 50 milioni di euro) e piccole (tra 1 e 10 milioni) vediamo che queste ultime sono il 43,8% con una polarizzazione sempre più marcata. Le imprese localizzare nel Sud censite sono circa 360, ma la mappatura sulla base della sede 12

13 legale sottodimensiona l effettivo peso, in quanto molte sono presenti con filiali o stabilimenti anche nel Sud. Se prendiamo solo il punto di vista localizzativo troviamo ai primi posti il Piemonte, la Lombardia e l Emilia Romagna che costituiscono il cuore industriale della componentistica, con un peso rilevante non solo quantitativo ma soprattutto perché occupano la parte alta della catena del valore nelle forniture. Lasciando al Mezzogiorno esclusivamente una funzione di assemblaggio a basso valore, non più sostenibile per i punti sopra evidenziati. Come dimostrano infatti i dati dell export: nel 2011 (come nel 2007, ovviamente in termini relativi) il 60% dell export è stato realizzato nel Nord Ovest, il 27% nel Nord Est mentre per il Sud la quota è sempre stata intorno al 7% (e quasi tutta localizzata tra Abruzzo e Puglia). Il calo delle importazioni (-0,5 miliardi) è infine legato esclusivamente alla riduzione delle auto prodotte in Italia. A dimostrazione di una difficoltà che nel Mezzogiorno non nasce ora (ma la riduzione di produzione di autoveicoli Fiat la rende drammaticamente esplicita) ed evidenzia la forte dipendenza delle imprese meridionali dalla casa torinese (al riguardo non deve confondere il fatto che, in termini di esportazioni di autoveicoli, il Nord e il Mezzogiorno hanno circa lo stesso peso: perché i modelli di Mirafiori sono a più alto valore aggiunto anche se prodotti in numero minore; gli stabilimenti meridionali sono rivolti soprattutto a soddisfare il mercato interno; in Emilia Romagna vi è il segmento di lusso, con Ferrari, Maserati, Lamborghini). In definitiva i dati presentano un quadro fortemente critico per quanto riguarda le caratteristiche dell industria della componentistica nel Mezzogiorno, soprattutto in relazione alla sua forte dipendenza dalla commesse FIAT, allo scarso numero di imprese propriamente locali e soprattutto allo scarso peso circa i volumi dell export dei componenti auto. Anche parlare dell esistenza di una filiera dell auto nel Mezzogiorno appare, del resto, difficile se si considera che le imprese della componentistica con le produzioni a più alto valore aggiunto, così come le attività di ricerca e sviluppo sono localizzate in gran parte nelle regioni settentrionali, mentre in quelle meridionali (fatta eccezione per le imprese locali che sono nel frattempo cresciute anche con interessanti proiezioni sui mercati esteri), la caratteristica principale rimane spesso quella di essere un azienda filiale di produzione, strettamente legata alle produzioni per gli stabilimenti FIAT e del tutto priva di attività di R&S (Bubbico, 2007 e 2012). In altri termini, come scrivono Giannola e Petraglia (2007) con riferimento all industria manifatturiera meridionale più in generale, il principale vantaggio competitivo delle aziende meridionali finisce per essere costituito dall elevata flessibilità operativa conseguita tramite una struttura sotto il profilo dimensionale ridotta all osso, concentrata essenzialmente sul manufacturing a scapito delle funzioni aziendali a monte e a valle del processo produttivo. Si tratta in altri termini di quelle fasi considerate oggi più redditizie nell ambito della c.d. catena del valore, in quanto meno aggredibili dai nuovi competitori stranieri, con il risultato che la loro scarsa presenza tra le imprese localizzate nel Mezzogiorno ne ostacola la possibilità di avanzamenti competitivi e l inserimento nell export a maggiore valore aggiunto. 13

14 (SCHEDA 5): Le esperienze locali in campo: poco coordinamento e sinergia. Ma ci sono esperienze interessanti da esportare (da D. Bubbico, Relazione alla XXXIII Conferenza Italia di Scienze Regionali) Un attività di ricognizione compiuta nel 2009/2010 sulle attività promosse a sostegno del settore auto nel Mezzogiorno ha permesso di individuare 6 iniziative regionali tra Puglia, Campania, Abruzzo, Basilicata, Molise e Lazio, cui più recentemente (dicembre 2011) si è affiancata quella del Contratto di Rete (Rete Automotive Italia) promosso da Confindustria Basilicata insieme a Confindustria Chieti e Confindustria Campania, il primo su base interregionale realizzato in Italia. Avendo focalizzato l attenzione sul contesto delle regioni meridionali non abbiamo tenuto conto delle iniziative promosse nelle altre regioni italiane, a partire da quella promossa dalla Camera di Commercio di Torino e da CEIO Piemonte denominata From Concept to Car, particolarmente significativa perché riferita alla regione maggiormente interessata dalle produzioni automotive, e non solo per la componentistica in quanto tale ma anche per tutte le attività connesse all industria dell auto che vanno dai servizi, alla costruzione di impianti e macchinari, alle attività di R&S, ecc. Un altra ragione circa l importanza di questa iniziativa risiede nel fatto che le imprese della componentistica piemontesi si muovo ormai da diversi anni in un territorio in cui le produzioni destinate allo stabilimento di Mirafiori sono finite per diventare sempre più marginali a causa della forte riduzione dei volumi assegnati a questo stabilimento, anche se nel contempo il loro peso rispetto alle forniture per gli altri stabilimenti italiani è rimasto rilevante. Come è possibile osservare dalle informazioni contenute nella tabella che segue le iniziative proposte a livello territoriale per il sostegno alle imprese del settore automotive sono molto diverse tra loro, sia se osserviamo i soggetti proponenti, sia se osserviamo gli strumenti utilizzati per la promozione e la costituzione dell iniziativa. Se, da un lato, abbiamo strumenti classici di sostegno come i distretti industriali (Puglia) o i Consorzi(Campania e Molise), dall altro lato, abbiamo progetti più innovativi come quello dell Abruzzo con l esperienza del Campus dell Innovazione, o di sostegno all impresa (anche con l ipotesi di consorzi) del Lazio e della Basilicata, promossi da agenzie regionali come Bic Lazio e Svillupo Italia Basilicata, organismi tradizionalmente impegnati nella promozione dell imprenditorialità o comunque nelle attività di sostegno allo sviluppo delle imprese. Il progetto Rete Automotive Italia è, invece, uno dei numerosi contratti di rete nati negli ultimi anni grazie allo strumento del Contratto di Rete, uno strumento promosso di recente dal Ministero dello Sviluppo Economico per la costituzione di forme aggregative tra le imprese, diverse dalle esperienze tipiche dei consorzi, senza necessariamente avere come vincolo quello della prossimità territoriale delle imprese ((Zazzero, 2011; Cafaggi, 2009; Cafaggi, Iamaceli, 2007). 14

15 Il dato che emerge è però che, con l eccezione dell esperienza piemontese e per quel che ci riguarda abruzzese (perché direttamente connessa alla filiera dell automotive) e pugliese (che ha però una vocazione in parte a se stante) le diverse iniziative locali si sono rivelate insufficienti se non dei propri e veri fallimenti. Tab. 2 (Le iniziative locali censite) Fallimenti registrati principalmente (e schematicamente) per via: - della mancanza di un coordinamento tra le diverse strumentazioni e finalità degli interventi. Scarso coordinamento sia da parte delle Regioni che non hanno minimamente sentito l esigenza di una comune strategia, sia tra esse e il Governo centrale (quest ultimo soprattutto 15

16 poco interessato ad un progetto complessivo di politica industriale); - della dispersione delle risorse e relativa scarsità, pesando su questo l assenza di una politica pubblica sul lato dell offerta e non solo su quello della domanda (rottamazione); - della totale assenza di indirizzi premianti alcune scelte rispetto ad altre. In particolare sono mancati a detta dei diretti interessati interventi diretti (programmi di ricerca, finanziamenti di cluster specifici) o indiretti (incentivazione, accesso al credito, semplificazione) volti al trasferimento di conoscenze. Figurarsi aggiungiamo noi alle riflessione di Bubbico sull incentivare tecnologie più di prospettiva come le nuove propulsioni ibride ed ecologiche, sui nuovi materiali connessi a scocche, componenti interni ecc. (con possibilità di uso plurimo, non solo nel settore auto ma in generale nel settore dei componenti; per esempio elettrodomestici, edilizia industriale, meccanica, logistica integrata); - dell assenza di strategie indirette a partire dall incentivazione di nuove pratiche organizzative, di innovazione di processo, di crescita di impresa; - della scarsa animazione locale e propensione imprenditoriale ad unirsi per valorizzare economie di scala su ricerca e innovazione per nuovi prodotti e tecnologie (trasferimento tecnologico) e su internazionalizzazione (penetrazione ulteriore nei mercati emergenti, accordi commerciali) che intorno a tali unioni possono innestarsi. Questo non ha certo agevolato quel cambio di mentalità oggi necessario per tanta parte dell imprenditoria meridionale, spesso caratterizzata da una visione frammentata e non di sistema (anche da questo elemento culturale nasce la proposta che il ragionamento continui e si possa enucleare anche in un possibile percorso di confronto delle varie CGIL locali e degli altri sindacati direttamente con Rete Automotive Italia, o altre esperienze di consorzi o reti di impresa, non in alternativa ovviamente al rapporto naturale con le singole imprese e le associazioni datoriali, ma proprio per rafforzare una dimensione collettiva che possa fare sistema e massa critica ulteriore). (SCHEDA 6): Basta con le bugie sull intervento pubblico come rottame del passato. A partire dalla ricerca e sviluppo il ruolo del pubblico è ancora più strategico Come hanno scritto anche recentemente economisti di livello internazionale oggi la politica industriale torna a far capolino nei grandi paesi occidentali, anche senza pronunciarne apertamente il nome. Il caso dell auto è indicativo di questa nuova tendenza. Negli Usa Barack Obama decide di investire 60 miliardi di dollari per salvare General Motors e Chrysler in quanto sa che gli Stati Uniti non possono fare a meno di Detroit. E quando Obama impegna grandi risorse per lo sviluppo dell economia verde, allude concretamente a una nuova fase dell industrializzazione, a nuovi campi dell innovazione tecnologica nella quale il pubblico gioca un ruolo essenziale e al rilancio dell occu- 16

17 pazione. In Germania l industria dell auto rimane al centro di un intervento convergente fra governo, università, impresa e sindacati. La Volkswagen, che quindici anni or sono era sull orlo della bancarotta, è l impresa automobilistica più competitiva al mondo e punta a diventare la prima superando le case giapponesi e americane. In Germania l auto è soprattutto il simbolo di una politica industriale complessiva. Durante la crisi, è stato deciso il mantenimento integrale dell occupazione adottando la riduzione dell orario per tutti col sostegno del governo. I risultati sono impressionanti. La ripresa economica è la più alta in Europa. La disoccupazione è addirittura diminuita rispetto agli anni pre crisi. Le esportazioni sono riprese alla grande. La nuova mappa della globalizzazione non elimina la necessità di una politica statale, ma la esalta. Il sindacato non è considerato un ostacolo, ma una risorsa. Gli investimenti in Germania sono decisi passando attraverso i Consigli di sorveglianza per metà composti da rappresentanti dei lavoratori. L organizzazione del lavoro, la sua flessibilità e efficienza passano attraverso il filtro dei consigli di fabbrica, strumenti di conoscenza, controllo e consenso dei lavoratori. Le grandi imprese si impegnano a mantenere intatta l occupazione per gli anni a venire. La Francia prima con un governo moderato oggi con Hollande si muove nella stessa direzione con un tratto comune alla Germania: difendere l occupazione, aumentare gli investimenti pubblici in ricerca, favorire la crescita delle imprese locali dell indotto (in Francia vi è un Agenzia Nazionale per l industria dell auto che, tramite specifici distretti tecnologici sul territorio, accompagna l incontro tra domande dell impresa e ricerca pubblica, universitaria e tecnica, su nuovi prodotti e tecnologie). E proprio dalla ricerca e da una nuova stagione di politica di incontro tra imprese e università dobbiamo ripartire, se è vero che il primo gap strategico tra noi e gli altri paesi è rappresentato proprio dalle poche risorse investite al riguardo. Tab.3 (spese in R&D e la loro incidenza su ogni vettura venduta). Incidenza Ricerca e Sviluppo Gruppi automobilistici Vetture vendute Ricerca e Sviluppo in mil per vettura Toyota Group VW Group Renault + Nissan Group BMW PSA Group Mercedes Group Fiat Group La Fiat è infatti all ultimo posto e ha un valore dimezzato rispetto ai gruppo come VW e Renault che hanno produzioni con gamme similari. Fuori di questa scala è la BMW che è posizionata prevalentemente nella fascia di alta gamma. Siccome la competizione si gioca molto sulla capacità di innovazione e sullo sviluppo di nuove soluzioni di vetture e componenti, ne consegue che Fiat avrebbe bisogno, per estendere i mercati di sbocco, di investire molto di più in ricerca e sviluppo da applicare ai nuovi modelli. La Fiat sembra finora muoversi soprattutto sul piano delle motorizzazioni tradizionali, seguendo la via della riduzione di dimensione, del recupero dell efficienza e dell utilizzo di combustibili alternativi (metano, biodiesel, etc.). Sul piano dei motori elettrici la ricerca sembra essere concentrata in USA. 17

18 Per questo riteniamo che, per svolgere la loro parte, le amministrazioni nazionali e regionali devono contribuire a mettere in campo strumenti di sostegno alla innovazione e competitività che non sono i vecchi incentivi alla rottamazione. E debbono farlo partendo da come creano ambienti per favorire la ricerca e lo sviluppo, e l innovazione più in generale anche attraverso uno sforzo straordinario del pubblico (nazionale o locale che sia). Del resto in molti paesi europei caratterizzati da un significativo sviluppo del settore automotive, le imprese della filiera automotive, spesso con la partecipazione dei governi locali e di altri stakeholder, hanno formato dei cluster caratterizzati dalla presenza di un agenzia o associazione con il ruolo di supervisione e coordinamento delle iniziative. Queste organizzazioni possono essere di natura pubblica, nate su iniziativa di un ente pubblico locale, oppure privata, interamente finanziate dalle imprese del settore, ed hanno l obiettivo di sostenere la competitività delle imprese in vario modo: attraverso l attività di lobbying sulle istituzioni, la consulenza alle imprese in materia di innovazione, iniziative di trasferimento tecnologico, ed in generale iniziative di sviluppo e stimolo della competitività. Si tratta di un fenomeno non ancora molto diffuso in Italia, anche se ci sono da noi alcune buone pratiche. In tutte le mission dei cluster è contemplata l idea del cambiamento, la necessità di anticipare il cambiamento e mettere in atto politiche per essere in grado di gestire i nuovi trend e le nuove sfide che provengono dall economia globale. Si sottolinea l importanza della creazione di reti fra soggetti diversi per elaborare strategie comuni in grado di rendere un settore maturo come l automotive in grado di fronteggiare l evoluzione dei mercati e dell economia. Questi interventi erano stati messi in atto, già prima dell avvento della crisi, con politiche indirizzate a contrastare i problemi strutturali del settore. In seguito alla recente crisi si sono aggiunte ulteriori iniziative. Accanto al tradizionale rapporto tra grande impresa e governo centrale, assumono progressivamente maggiore rilevanza le politiche territoriali in cui l attore pubblico locale, la grande impresa multinazionale (Global Players) e le Pmi locali operano in una logica di filiera per elaborare prospettive di sviluppo locale coerenti con lo scenario competitivo internazionale. In questo scenario le tematiche centrali per le politiche di sviluppo di settore, sia a livello territoriale che nazionale, dovrebbero affrontare prioritariamente alcuni temi: - l innovazione della filiera produttiva, soprattutto in relazione al riposizionamento della stessa sulla frontiera tecnologica (efficienza energetica, propulsioni alternative, nuovi materiali, etc.); - il rafforzamento delle esperienze di aggregazione e d integrazione in una logica di filiera, puntando sulle forme più efficienti di cooperazione tra imprese e tra filiere produttive; - lo sviluppo di sistemi di governance dei sistemi produttivi territoriali capaci di regolare, su una scala territoriale adeguata, i processi di crescita e qualificazione delle imprese locali. In Italia, e nel Sud in particolare, si potrebbero segnalare al riguardo i casi del Campus per l Innovazione, in corso di realizzazione in Abruzzo, e il Distretto pugliese della Meccatronica. Anche se occorre essere consapevoli che le ragioni di tale successo (reale e/o potenziale) vanno ricondotte, non solo a buone pratiche e intuizioni interessanti dei diversi attori, ma anche al miglior stato di salute, da un lato, delle produzioni dei veicoli commerciali e del settore delle due ruote (rispettivamente FIAT-SEVEL e Honda), e dall altro al miglior andamento delle produzioni meccatroniche concentrate in provincia di Bari anche perché prevalentemente orientate, fin dall origini, all esportazione e principalmente verso la Germania (questo soprattutto nel caso di Bosch e Getrag e in parte di Magneti Marelli). 18

19 In quest ultimo caso la più stretta connotazione tecnologica del progetto del distretto (potenziamento della capacità d innovazione tecnologica) ha verosimilmente favorito una migliore riuscita dell iniziativa, soprattutto per il più stretto legame con il sistema universitario locale. Anche nel caso del Campus dell Innovazione dell Abruzzo la più specifica connotazione tecnologica del progetto ha favorito un percorso di successo, pur considerando una prima forte fase di diffidenza da parte delle imprese minori associate. Infine segnaliamo quanto l Unione Industriale di Torino e più in generale la regione Piemonte siano particolarmente presenti nelle iniziative a sostegno del settore per la rilevanza che lo stesso ha in provincia di Piemonte. Negli ultimi anni sono aumentati in particolare tutte quelle attività di promozione e di inserimento soprattutto nei mercati esteri di più recente sviluppo per il mercato dell auto, dalla Russia al Brasile, passando per gli Stati Uniti e il Canada, piuttosto che per la Cina. Anche sulla base della rilevanza del comparto nell economia regionale la Regione Piemonte alla fine del 2011 nell ambito del proprio Programma Operativo Regionale ha approvato la realizzazione della Piattaforma Innovativa per il settore dell Automotive con una dotazione finanziaria di 30 milioni di euro, individuando come tematiche di interesse prioritario quella delle motorizzazioni a basso impatto ambientale, i nuovi materiali e la riduzione delle perdite e del recupero energetico. Il Piemonte è anche una delle tre regioni interessante dai Contratti di Programma approvati nel maggio 2011 dal CIPE e che vedono come protagonista il gruppo FIAT. I tre contratti di programma per il settore dell automotive riguardano, infatti, rispettivamente lo stabilimento FIAT Powertrain Technologies di Verrone in provincia di Biella per il Piemonte, lo stabilimento Iveco di Foggia (produzione di motori) per la Puglia e lo stabilimento SEVEL di Atessa (provincia di Chieti) per l Abruzzo. Sulla base di un finanziamento previsto pari a 630 milioni di euro l occupazione aggiuntiva che ne dovrebbe scaturire è di circa 800 addetti. (SCHEDA 7): Ripartiamo dallo spirito e della filosofia di INDUSTRIA 2015 Ma quale sono le relazioni, se relazioni esistono, tra questa molteplicità di iniziative ed eventuali politiche di livello nazionale? Stabilito che perlomeno con riferimento a quelle che hanno interessato le regioni del Mezzogiorno non vi sono stati in passato, così come per le iniziative ancora in essere, livelli di integrazione, si può affermare che ad oggi manca un quadro di coordinamento. Sul piano nazionale si deve affermare anche qui molto semplicemente che manca un intervento che configuri una politica nazionale di settore, un fattore, del resto, quasi inevitabile in considerazione dell assenza di politiche industriali. 19

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