I tipi pastorali degli areali alpini piemontesi

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1 I tipi pastorali degli areali alpini piemontesi Andrea Cavallero 1, Marco Corgnati 2, Mauro Piazzi 3, Moreno Soster 4 Premessa La combinazione di differenti situazioni ecologiche e stazionali, di un accentuato sviluppo altitudinale delle aree di monticazione, di un azione di pascolamento continua e ripetuta per millenni di specifiche pratiche agronomiche e di gestione, ha condotto sulle Alpi alla differenziazione di un amplissima serie di vegetazioni prato-pascolive. Esse costituiscono, nel complesso, un unicum irripetibile e non riscontrabile in alcun altra catena montuosa del mondo, apprezzabile anche da chi, ancora oggi, percorre con occhio attento le superfici non forestali delle Alpi. Gli ambienti pastorali alpini sono un patrimonio di valore inestimabile dal punto di vista ecosistemico, del paesaggio e, per le molteplici valenze compositive e cromatiche, della fruibilità turistico-ricreativa. Essi, inoltre, sono in grado di sostenere produzioni casearie del territorio tipiche, ad alto valore aggiunto, perché ottenute da alimenti assolutamente naturali e con caratteristiche uniche e non riproducibili, in grado di conferire ai prodotti derivati particolari caratteristiche di pregio e d identificazione. Sono queste le fondamentali motivazioni che hanno condotto la Regione Piemonte ad attivare un ampia e organica azione di studio sui pascoli per proposta del Dipartimento AgroSelviter dell Università degli Studi di Torino. La conservazione della biodiversità specifica e cenotica (vegetale e animale), della diversità ecosistemica e paesaggistica e delle funzioni delle formazioni pastorali, sono però strettamente legate alla conservazione dell attività agro-pastorale e alla presenza di attività che consentano alle Comunità alpine di continuare a presidiare efficacemente il territorio. Agli aspetti conoscitivi si sommano le finalità gestionali, entrambe a fondamentale supporto delle attività economiche montane, che possono così essere valorizzate e qualificate, su basi certe e in termini scientifici. Negli ultimi decenni, le notevoli trasformazioni sociali ed economiche, verificatesi nel mondo rurale e pastorale alpino, hanno profondamente modificato la situazione, con l abbandono di molte superfici e la graduale involuzione di numerose formazioni vegetazionali di pregio, non più soggette a razionale utilizzazione, verso forme impoverite, a più ridotta biodiversità cenotica, con importanti cambiamenti paesaggistici e di fruibilità. Si ritiene tuttavia che, per quanto ridotte in superficie occupata rispetto alla metà del secolo scorso, le differenti e ricche formazioni pastorali del nostro arco alpino occidentale siano, in gran parte, ancora riscontrabili sul territorio. Da questa osservazione nasce un ulteriore motivazione a sostegno del progetto che è qui presentato: descrivere e localizzare, anche a futura memoria, i ricchi e diversificati tipi pastorali che millenni di attività pastorale hanno determinato sulle Alpi occidentali, amplificati, nella loro varietà, dalle pronunciate differenze stazionali e altitudinali di questo settore montuoso. 1 Professore Ordinario di Alpicoltura Dipartimento Agroselviter dell Università di Torino 2 dottore Forestale Regione Piemonte, Settore Politiche Forestali 3 dottore Forestale I.P.L.A. S.p.A., Settore Suolo 4 dottore Agronomo Regione Piemonte, Settore Servizi Sviluppo Agricolo 1

2 Cosa sono e a cosa servono i tipi pastorali Un tipo pastorale è una formazione di vegetazione omogenea per composizione, caratterizzata dalla dominanza di poche specie (1-3), risultato del condizionamento ambientale e dell attività pastorale. I tipi pastorali sono indicati normalmente con la specie o le specie dominanti: trifoglieti, festuceti, nardo-trifoglieti, seslerieti, curvuleti, ecc. Il loro riconoscimento è abbastanza semplice sulla base delle specie dominanti e delle prevalenti condizioni ecologiche e gestionali che le hanno espresse e questo può essere motivo d interesse aggiuntivo anche per la fruizione turistico-paesaggistica. Entro i tipi sono spesso distinguibili alcune varianti (o facies), che in dettaglio descrivono la vegetazione dei pascoli. I tipi pastorali sono uno strumento conoscitivo della copertura vegetale erbacea di un territorio e, indirettamente, delle caratteristiche pedologiche, geomorfologiche ed ecologiche dello stesso, che condizionano differenti formazioni vegetali. In particolare attraverso questo strumento è possibile: caratterizzare, da un punto di vista vegetazionale e nutrizionale, le superfici a copertura erbacea ai fini di una loro gestione attraverso il pascolamento; descriverne sinteticamente la gestione prevalentemente attuata; fornire gli elementi conoscitivi per la caratterizzazione e la difesa dei prodotti tipici montani, facilitando la redazione degli strumenti specifici di riconoscimento e tutela come il catasto pastorale (Cavallero et al., 2001). definire gli obiettivi gestionali per le diverse superfici; localizzare, anche a futura memoria, su idoneo supporto cartografico, le aree più significative, dove le differenti formazioni pastorali sono agevolmente riconoscibili sul terreno; descrivere, come si è già accennato, ciò che millenni di attività pastorale hanno determinato; I tipi pastorali, integrando i tipi forestali del Piemonte, assumono la connotazione di elemento chiave nella conoscenza e nella pianificazione del territorio montano e costituiscono un fondamentale strumento di verifica attuale e futura della correttezza tecnica degli interventi proposti per la gestione e la conservazione delle aree pastorali. In aggiunta, la ricerca presentata sviluppa una serie di azioni mirate a: individuare una metodologia semplificata che consenta il riconoscimento dei tipi ai fini della pianificazione territoriale pastorale e forestale; produrre idonei strumenti tecnici, quali le firme spettrali da telerilevamento per le diverse formazioni o gruppi di formazioni, atti a una periodica verifica dei tipi vegetazionali esistenti, per cogliere rapidamente le tendenze evolutive in atto e le variazioni ambientali e gestionali. Fonti di finanziamento La ricerca affidata al Dipartimento Agroselviter dell Università di Torino da parte della Regione Piemonte, ha visto la collaborazione del Settore Politiche Forestali dell Assessorato Politiche per la Montagna Foreste e Beni Ambientali e del Settore Servizi Sviluppo Agricolo dell Assessorato Agricoltura e Qualità della Regione Piemonte. L argomento trattato ha, in effetti, forti affinità con i compiti di entrambe le strutture, anche se ciascuna ha interessi e persegue finalità specifiche (sviluppo infrastrutture rurali in zona montana, sviluppo filiere agroalimentari di qualità, etc.). Un ulteriore elemento, di natura più contingente, è stato determinante, per il Settore Politiche Forestali, nella scelta di finanziare un progetto di ricerca di grande portata sui pascoli: il recente grande impulso dato allo sviluppo della Pianificazione Forestale attraverso la realizzazione dei Piani Forestali Territoriali (PFT), che ha portato ad acquisire a scala di 2

3 dettaglio conoscenze sulle foreste prima mai possedute e a organizzarle in un sistema informativo integrato e integrabile con altri aspetti territoriali. In campo pastorale le conoscenze acquisite con gli stessi PFT a scala di comprensorio necessitano di approfondimenti sulla caratterizzazione delle cotiche erbose. Da qui la decisione di un organico lavoro di studio che portasse alla classificazione delle formazioni pastorali in tipi in base alle loro caratteristiche vegetazionali, ecologiche e gestionali. La collaborazione con il Dipartimento Agroselviter è iniziata, sotto il coordinamento del Settore Servizi di Sviluppo Agricolo, nell ambito del progetto Caratterizzazione del formaggio nostrano Ossolano (vedi Box 1) a valere sull iniziativa Interreg II Italia Svizzera. In tale ambito il Settore Politiche Forestali ha fornito il proprio contributo finanziando lo studio pedologico delle superfici a pascolo attraverso uno specifico incarico all I.P.L.A. S.p.A. che ha portato alla realizzazione della cartografia pedologica delle zone interessate e, attraverso le interazioni con il Dipartimento Agroselviter, a prime indicazioni sui rapporti vegetazione/suolo in ambito pastorale. A partire da ciò, nel 1999, sono stati attivati, su linee di finanziamento diversificate, un progetto di ricerca pluriennale con il Dipartimento Agroselviter, avente la finalità di caratterizzare le cotiche erbose a livello piemontese attraverso la definizione e l individuazione dei Tipi Pastorali e una serie di progetti annuali con l I.P.L.A. S.p.A. aventi la finalità di caratterizzare gli aspetti pedologici relativamente ai tipi pastorali progressivamente individuati. Per quanto riguarda le attività affidate all I.P.L.A. S.p.A. Settore Suolo, esse si sono svolte nell ambito delle collaborazioni istituzionali che il Settore Politiche Forestali annualmente affida all Ente Strumentale regionale. Gli incarichi sono stati affidati a partire dal 2000 e, come spiegato nella metodologia di lavoro, lo studio pedologico delle superfici a pascolo è stato quasi sistematicamente successivo ai rilievi condotti sulla vegetazione. La caratterizzazione della vegetazione aspetti metodologici I tipi pastorali degli areali alpini piemontesi sono individuati attraverso alcune fasi operative: 1. studio cartografico: individuazione preliminare delle superfici potenzialmente pascolabili a copertura erbacea, erbaceo arbustiva, arborea rada. In tal senso, la disponibilità di dati cartografici recenti appare di fondamentale importanza nella caratterizzazione delle aree a pascolo che sono in continua e più o meno rapida evoluzione. Per tutte le aree in cui è stata disponibile, la cartografia prodotta dall I..P.L.A. S.p.A. nell ambito dei progetti regionali di Pianificazione Forestale Territoriale ha rappresentato una base di lavoro adeguatamente aggiornata. Per la delimitazione delle superfici pascolabili, sono state inoltre analizzate le ortofotocarte 1: già prodotte dall Ufficio Cartografico Regionale, i rilievi aerofotogrammetrici regionali e riprese satellitari Landsat 5TM; 2. indagine preliminare per l individuazione delle aree a vegetazione pastorale caratteristica. Essa è stata finalizzata alla delimitazione delle aree effettivamente utilizzate, con sopralluoghi sulle superfici individuate in fase preliminare e con osservazione sintetica della vegetazione per verificarne l interesse pastorale e definire i confini delle zone omogenee per vegetazione, morfologia e giacitura. Inoltre, si è proceduto all acquisizione di informazioni sulla gestione attuale, pregressa e sulle prospettive future, presso le Comunità montane, i Comuni o le singole Aziende utilizzatrici; 3. rilievo sul terreno: a. rilievo ecologico vegetazionale: è stata applicata una metodologia idonea al rilievo delle diverse situazioni riscontrabili nelle Alpi piemontesi, basata sul riconoscimento a vista della formazione, supportata dall analisi lineare secondo Daget e Poissonet 3

4 (1969), che prevede la quantificazione della partecipazione delle diverse specie al popolamento vegetale in aree rappresentative delle condizioni ambientali e vegetazionali di ciascun pascolo. Al fine di completare la descrizione vegetazionale è stato redatto un elenco floristico delle specie non riscontrate nel rilievo lineare, con un adattamento del rilievo fitosociologico secondo Braun-Blanquet (1932). Inoltre, le condizioni ecologiche e stazionali sono state registrate tramite un apposita scheda con riferimento alle principali caratteristiche di morfologia (quota, pendenza, esposizione, estensione), substrato, fisionomia e copertura della vegetazione non erbacea e ad alcuni indicatori gestionali (presenza di deiezioni, percentuale di necromassa), utili a spiegare la composizione della vegetazione pastorale. Tutti i rilievi sono stati georeferenziati tramite GPS, che ha consentito di rilevare la stazione con un errore inferiore a quello cartografico, dopo correzione differenziale; b. stima della produttività delle superfici pastorali sulla base del calcolo del Valore pastorale e verificando correlazioni tra caratteristiche della vegetazione e dati di produttività precedentemente acquisiti dal Dipartimento Agroselviter; c. rilievo pedologico e analisi del suolo: sono state analizzate le principali formazioni geomorfologiche su cui si estendono le tipologie pastorali più rappresentative e ne sono stati caratterizzati i suoli, al fine di cogliere le significative relazioni tra le due componenti ambientali. Lo studio pedologico ha consentito inoltre di valutare il grado di stabilità e le tendenze evolutive delle superfici indagate, permettendo infine una contabilizzazione della risorsa. 4. trattamento dei dati: a seguito della realizzazione di una banca dati contenente le informazioni ricavate attraverso lo studio cartografico, l indagine preliminare e quanto rilevato sul terreno, è stato possibile: a. mettere a punto una metodologia per individuare i principali tipi vegetazionali attraverso l elaborazione dei dati vegetazionali principalmente tramite tecniche di analisi statistica multivariata (cluster analysis) e, più in particolare, attraverso le seguenti fasi: i) formazione della matrice specie rilievi; ii) trattamento della matrice attraverso processi di riduzione del numero di variabili da analizzare perché senza influenza sulla classificazione finale; iii) calcolo del grado di associazione e formazione dei gruppi di rilievi; iv) validazione dei gruppi di rilievi. b. collocare nello spazio topografico i tipi riconoscendo superfici omogenee dal punto di vista foraggero e pastorale (facies) per quanto riguarda: copertura erbacea, qualità foraggera, categoria di bestiame alla quale destinarle, periodo di utilizzazione ottimale, tendenza evolutiva della vegetazione; c. ricavare relazioni tra vegetazione, gestione pastorale e fattori ecologico stazionali condizionanti, soprattutto attraverso la ricerca delle componenti principali delle matrici dei dati e l applicazione dell analisi fattoriale delle corrispondenze; d. accertare la variabilità spaziale della vegetazione dei diversi areali; e. acquisire informazioni sulle possibili evoluzioni della vegetazione pastorale; 5. trasferimento su supporto cartografico digitale e creazione di un sistema informativo territoriale integrato con quelli attualmente esistenti. I risultati delle elaborazioni sono stati riportati sulla carta tecnica regionale con riduzione a scala 1:25.000, ritenuta ottimale per rappresentare con sufficiente dettaglio la distribuzione territoriale dei tipi. Le fasi di georeferenziazione, digitalizzazione e codifica sono state effettuate con programmi G.I.S. in grado di generare un output compatibile con le esigenze della Regione Piemonte; 4

5 I risultati ottenuti confluiranno in almeno una pubblicazione scientifica e in una tecnica destinata agli operatori del settore, che, anche attraverso schede sintetiche, descriva e guidi il riconoscimento dei tipi e sia utilizzabile per la pianificazione pastorale a livello territoriale e puntuale. La caratterizzazione dei suoli - aspetti metodologici Nell ambito di questo studio, la caratterizzazione dei suoli si inserisce come strumento per la descrizione dei territori alpini su cui si estendono le formazioni pastorali. Il suo obiettivo è riconoscere, a scala di alpeggio e di stazione, le evidenze dei processi morfologici e la loro intensità attuale, descrivendo la relazione fra i suoli riconosciuti ed il paesaggio in cui essi si collocano. In questa analisi, tuttavia, particolare attenzione è anche posta nel cogliere le possibili influenze delle attività pastorali sull evoluzione del suolo. Infatti, accanto ai principali fattori della differenziazione dei suoli, che negli ambienti alpini sono rappresentati dalla litologia della roccia madre (parent material) e dalla stabilità della forme, l azione di pascolamento e le attività gestionali dell alpeggio possono aver influito notevolmente sulla pedogenesi, in particolare contribuendo all instaurarsi di fenomeni erosivi che hanno totalmente o parzialmente alterato il profilo originario del suolo o condizionato quello verso cui, potenzialmente, avrebbe potuto evolvere. Le attività del gruppo di lavoro pedologico possono essere ricondotte al seguente schema: 1. definizione, sulla base delle indicazioni del gruppo di lavoro dei pastoralisti, degli alpeggi in cui effettuare i rilievi e dei siti di scavo; 2. nei siti prescelti, scavo, descrizione e campionamento dei profili pedologici; 3. determinazioni analitiche di laboratorio, classificazione tassonomica dei profili pedologici studiati e definizione delle relazioni suolo-paesaggio. Sebbene lo schema delle attività sia rimasto pressoché immutato nel corso dei quattro anni di attività, l interazione fra i due gruppi di lavoro ha determinato un progressivo affinamento della metodologia. In particolare, sono state progressivamente perfezionate le modalità di localizzazione delle stazioni di scavo, il set di caratteri morfologici descritti in campo e di analisi chimico fisiche effettuate sui campioni di suolo. All inizio del progetto la caratterizzazione dei suoli ha seguito una metodologia incentrata sulla definizione di unità territoriali omogenee (Unità di Terre), individuate attraverso la fotointerpretazione di fotografie aeree e di immagini satellitari Ikonos, che sono state la base per la rappresentazione cartografica dei suoli. Questa metodologia, utilizzata unicamente nelle Valli Formazza ed Antigorio, se da un lato si stava rivelando funzionale agli obiettivi di progetto e alla scala adottata (1:10.000), esigeva però una maglia di osservazioni poco compatibile con le risorse del progetto. Negli anni successivi, pertanto, si è preferito rinunciare alla redazione di Carte delle Unità di Terre degli alpeggi studiati, per concentrare le ricerche sulla semplice relazione fra i tipi pastorali ed i suoli su cui essi si estendono. E stato così preferito dal gruppo di lavoro un approccio multidisciplinare alla realizzazione del progetto, tralasciando, del tutto o in parte, la rappresentazione cartografica dei suoli degli alpeggi. I fondamenti della metodologia adottata dal secondo anno di progetto in poi possono pertanto essere così riassunti: 1. ricerca della corrispondenza fra i punti di rilevo pastorale ed i profili pedologici, ottenuta mediante la stesura di un piano scavi, condiviso dall intero gruppo di lavoro, con definizione puntuale dei siti. I punti di rilievo pedologico sono quindi un sottoinsieme di quelli interessati dai rilievi della vegetazione, selezionati principalmente sulla base di criteri di rappresentatività della formazione pastorale 5

6 rilevata e secondariamente su criteri di tipo geolitologico, di caratterizzazione morfologica e di accessibilità; 2. analisi morfologica, operata in campo dall equipe pedologica, ovvero descrizione della morfologia generale dell ambiente in cui si opera il rilievo e di quella più di dettaglio legata alla stazione di scavo, ossia dell area circostante il profilo pedologico; 3. definizione della stabilità della tipologia pedologica: ad ogni profilo pedologico si assegna un indice, sulla base delle analisi morfologiche e delle informazioni desunte dalla lettura del profilo, che lo classifica in funzione della sua stabilità nel paesaggio. In questo modo è possibile evidenziare differenze fra profili pedologici che la sola tassonomia non è in grado di far emergere; queste differenze possono essere dovute alla particolare morfologia stazionale su cui è stata riconosciuta la tipologia pedologica, oppure ad azioni di disturbo della pedogenesi imputabili agli effetti del pascolamento ripetuto nel corso dei secoli. Si riporta di seguito la tabella che descrive i criteri utilizzati per la stima della stabilità dei profili pedologici. Denominazione Descrizione 1) stabile superficie in cui non si rilevano movimenti franosi attuali e/o pregressi, processi erosivi superficiali e colluvio di materiali 2) poco stabile superficie in cui non si rilevano movimenti franosi attuali e/o pregressi, ma in cui è presente una debole azione erosiva superficiale o un accumulo di materiali colluviali 3) instabile superficie in cui sono presenti una o più delle seguenti condizioni: movimenti franosi attuali e/o pregressi, processi erosivi superficiali, colluvio di materiali n.c.) non classificata deposito alluvionale o area idromorfa in cui le particolari condizioni stazionali non sono riconducibili a dinamiche di stabilità dei versanti Nell ultimo anno dell attività fin qui svolta, è stata fornita, per una realtà territoriale significativa dal un punto di vista dell utilizzazione pastorale, una cartografia pedologica d alpeggio a scala 1: La scelta è ricaduta sul comprensorio della Gardetta, in alta Valle Maira, ove i rilievi sono stati effettuati nel corso del Il documento cartografico, attualmente in fase di elaborazione, sarà prodotto associando la definizione delle Unità di terre, individuate mediante fotointerpretazione, con i dati pedologici derivanti dalla descrizione dei profili realizzati in corrispondenza dei rilievi floristici. Questa ultima condizione è stata garantita dalla definizione sul terreno (con picchetti) dei siti di scavo da parte di una squadra di rilevatori composta da pedologi e pastoralisti. Si è così cercato di scegliere stazioni significative sia sotto il profilo vegetazionale, sia sotto quello della caratterizzazione pedologica delle Unità di terre. La possibilità di compiere un elevato numero di osservazioni consentirà una buona caratterizzazione pedologica dell intera superficie, fornendo un adeguato insieme di dati rilevati per garantire una buona affidabilità del documento cartografico. 6

7 L attività svolta Il progetto prevede lo svolgimento dell attività di rilievo su tutte le Alpi piemontesi, dalla Valle Formazza a nord, fino alla valle Tanaro a sud. Complessivamente dall inizio del progetto (1999) sono stati analizzati nel complesso circa ha ed eseguiti circa 3000 rilievi ecologico vegetazionali (tabella 1). Tab.1 - Rilievi vegetazionali eseguiti nei differenti distretti alpini delle Alpi piemontesi Area forestale superficie pastorale rilievi cod. PFT denominazione totale utilizzabile densità ha ha n ha rilievo -1 AF10 Valle Stura AF11 Valli Gesso e Vermenagna (1) Valli dell'ossola AF38 Valle Sesia e Anzasca AF07 Valle Varaita AF08 Valle Maira AF32 Valli di Lanzo AF12 Valli del Monregalese AF25 Valle Pellice AF26 Valli Chisone e Germanasca AF41 Valli Biellesi totale media 57 (1) PFT ancora in fase di redazione. Le principali superfici ancora da rilevare riguardano il territorio pastorale delle valli Orco, Soana e Susa, in provincia di Torino; Po, Grana, parte della Stura di Demonte e Pesio, in provincia di Cuneo. Si prevede di completare il lavoro sul terreno nel corso dell estate Complessivamente fino ad ora sono state coinvolte 34 persone, rispettivamente 17 pastoralisti esperti e 17 aspiranti, contribuendo così alla formazione di un nucleo importante di specialisti. Le giornate trascorse sul terreno sono state in media 50 per squadra dal 15 maggio al 30 agosto, con 5-7 squadre di 2-3 ricercatori costantemente impegnate. I ricercatori hanno percorso, spesso a piedi, le basse e soprattutto le alte valli, con un dettaglio notevolissimo, forse mai raggiunto in altri lavori del settore. Lo staff pedologico, composto da cinque rilevatori di campo e supportato da tre analisti di laboratorio, da due cartografi e da un interprete di immagini satellitari, ha operato a partire dalla tarda estate del 2000, con un impegno annuale di circa 150 giornate lavorative. Le attività sono state fin qui condotte nelle valli Formazza ed Antigorio, in valle Sesia, nelle valli Varaita e Lanzo ed in Valle Maira. Complessivamente sono stati scavati 280 profili pedologici; il numero di campioni di suolo analizzati è superiore a 800. Per quanto il lavoro non sia ancora completo, è possibile delineare lo schema dei risultati che fra breve saranno disponibili. Risultati Tutti i rilievi ecologico vegetazionali sono stati ordinati e classificati per descrivere compiutamente la vegetazione pastorale delle Alpi piemontesi. Per facilitare la lettura e l interpretazione dei dati la classificazione adottata prevede l individuazione di tre categorie di oggetti: 7

8 Sovratipo: unità di rango più elevato in termini di omogeneità vegetazionale ed ecologica; in genere molto estesa sul territorio, è costituita da un insieme più o meno ampio di tipi simili. Ne è un esempio il sovratipo del nardo-trifoglieto-sempervireto; Tipo: unità omogenea sotto l aspetto floristico, caratterizzato dalla dominanza di 1-3 specie. E costituita da un insieme di facies simili. Sono esempi di tipo i triseteti, i festuceti, i nardo-trifoglieti, i seslerieti, i curvuleti ecc. Facies: unità fondamentale della classificazione, omogenea per condizioni ecologiche, contributo delle specie dominanti, potenziale foraggero e indirizzi gestionali, caratterizzata da 1-4 specie dominanti che esprimono complessivamente il 30-50% della composizione vegetazionale complessiva della formazione. Nella sua denominazione può richiamare caratteristiche ecologiche e floristiche particolarmente importanti per la sua distinzione. Sono esempi di facies i festuceti mesofili a Festuca nigrescens e Agrostis tenuis, le vallette nivali ad Alchemilla pentaphyllea ecc. Tipi e facies vegetazionali Il processo di classificazione della vegetazione ha permesso di individuare gli insiemi di rilievi a crescente grado di omogeneità, con caratteristiche vegetazionali, ecologiche o funzionali comuni, utilizzati per la definizione dei tipi e delle facies. Nell ambito del lavoro svolto sono inoltre definiti i rapporti dinamici fra i gruppi, consentendo all utilizzatore di cogliere in modo esaustivo la complessa tessitura vegetazionale che caratterizza la realtà pastorale delle Alpi piemontesi. Nei distretti alpini fino ad ora studiati sono stati individuati 72 tipi (alcuni esempi vengono riportati nelle figure 1-4) e 414 facies vegetazionali dei piani montano, subalpino, alpino e nivale. A titolo di esempio si riporta (box 2) la scheda descrittiva di un tipo vegetazionale del piano alpino. I parametri descrittivi inseriti nelle schede sono i seguenti: identificativo: permetterà di individuare la posizione del tipo descritto nel quadro riassuntivo regionale, così da avere una visione di insieme sulla distribuzione per areale di studio delle differenti facies che lo identificano; denominazione del tipo: il tipo prende nome dalla/e specie più abbondante/i, che identificano anche sotto il profilo fisionomico un certo inquadramento vegetazionale. Alcuni nomi sono saldamente consolidati nell uso comune (per esempio, i Brometi, che identificano le formazioni ascrivibili all alleanza fitosociologica del Mesobromion); altri invece assumono carattere propositivo e provvisorio (per esempio, gli Edisareti, formazioni dominate dalla presenza di Hedysarum hedysaroides), ecc; inquadramento fitosociologico: individua le categorie fitosociologiche di appartenenza del tipo (classe, ordine, alleanza e associazione). La nomenclatura generale utilizzata è quella proposta da Oberdorfer (1983). Le maggiori difficoltà riscontrate a tale proposito sono legate alla mancanza di opportuni riferimenti bibliografici per alcuni dei settori indagati, alla necessità di disporre per alcuni tipi di un campione più numeroso di rilievi di vegetazione, alla frequente diversificazione vegetazionale di alcuni tipi nelle diverse valli. Tali difficoltà rendono in alcuni casi incerta e poco affidabile l attribuzione a una precisa associazione fitosociologica, tenuto conto anche del ristretto ambito geografico di validità della stessa; aspetti fisionomici: breve descrizione della composizione floristica del tipo, al fine di facilitarne un rapido riconoscimento visivo; localizzazione topografica: indicazione dell altitudine (m s.l.m.) e delle esposizioni prevalenti in cui il tipo è stato rilevato; 8

9 facies vegetazionali: indicazione delle facies ritrovate nell ambito del tipo descritto, con indicazione dei contributi specifici medi (CS medio) delle specie principali che le identificano. La facies è identificata da una sigla sintetica che deriva dalle iniziali delle specie più abbondanti che la caratterizzano (ad es. TaCc: facies a Trifolium alpinum e Carex curvula). E da notare che nelle forme di transizione tra due tipi spesso accade che la medesima facies compaia contemporaneamente nell ambito di due tipi: ad esempio nel tipo 5 a Nardus stricta e Festuca gr. rubra troviamo la facies 1 a Nardus stricta e Festuca gr. rubra (NsFr), mentre nel tipo 15 a Festuca gr. rubra ritroviamo la facies 5 a Festuca gr. rubra e Nardus stricta (FrNs), di significato simile sotto il profilo floristico e legate evolutivamente. valore pastorale (VP) delle facies vegetazionali: indicazione del potenziale agronomico-pastorale delle diverse facies individuate, espresso secondo quanto proposto da Daget & Poissonet (1972). tipologia pedologica: indicazione delle principali tipologie pedologiche su cui è stato riconosciuto il tipo pastorale. Fig.1 - Tipo a Festuca gr. violacea, Facies a Lotus alpinus, F. gr. violacea e Poa alpina (Val Pellice, Colle Granero) Fig.2 - Tipo a Nardus stricta, Facies a N. stricta e Arnica montana (Valle Maudagna, Cima Durand) Fig.3 - Tipo a Onobrychis montana, Facies a O. montana, Helictotrichon sedenense e Poa alpina (Val Varaita, Vallone del Rui) Fig.4 - Tipo a Hippocrepis comosa e Plantago fuscescens, Facies a H. comosa, P. fuscescens e Potentilla crantzii (Val Vermenagna, Limonetto) 9

10 La distribuzione geografica dei tipi (e relative facies), rilevati negli anni, sarà riportata in dettaglio negli elaborati cartografici che riguarderanno l intero Arco alpino piemontese. A titolo di esempio, è riportata nella figura 5 una porzione della carta delle valli Monregalesi con l indicazione della localizzazione dei tipi pastorali e delle diverse facies. L intero corredo cartografico, con la localizzazione delle facies caratteristiche di ogni vallata, rappresenta uno strumento fondamentale per riconoscere e valorizzare le conoscenze acquisite. Disporre, non solo della descrizione del tipo o della facies, ma anche della sua posizione sul terreno, consente di verificare la qualità del lavoro svolto, di confrontare altre acquisizioni, di correttamente interpretare, oggi e in futuro, in una visione globale per l intero Arco alpino occidentale, rilievi vegetazionali diversamente acquisiti e con differenti finalità. La corretta interpretazione della vegetazione, facilitata dalla serie esaustiva di facies e tipi descritti, è fondamentale per qualunque progetto di conservazione e valorizzazione delle risorse pastorali alpine e dei prodotti derivati. La caratterizzazione dei suoli-risultati Le attività sin qui condotte dallo staff pedologico del progetto si sono soprattutto concentrate sulla ricerca della miglior metodologia da utilizzare per creare un set di dati pedologici utili ad individuare le principali relazioni con la vegetazione pastorale. Le attività di confronto ed elaborazione fra i dati pedologici e quelli vegetazionali sono state effettuate finora solo in alcune valli. Sul fronte della conoscenza dei suoli, tuttavia, si può già trarre qualche considerazione. Alcune relazioni suolo-morfologia sono state descritte con continuità in tutte le valli studiate, con particolare riferimento alle morfologie di origine glaciale. In linea generale, queste forme hanno sempre manifestato una pedogenesi più spinta di quella riscontrabile su altre morfologie. La stabilità della forma costituisce pertanto il primo fattore d influenza sulla pedogenesi, anche in condizioni climatiche d alta quota, consentendo la conservazione di suoli evoluti sui quali talora possono insediarsi formazioni pastorali specifiche e dotate di elevato Valore Pastorale. Sotto l aspetto tassonomico, i profili pedologici sono stati ricondotti agli Ordini degli Entisuoli, degli Inceptisuoli e in minor misura, agli ordini degli Spodosuoli, degli Alfisuoli e degli Histosuoli (USDA Soil Taxonomy, 1999). Tralasciando gli Histosuoli, strettamente legati a condizioni morfologiche predisponenti il ristagno idrico nel suolo, gli Entisuoli e gli Inceptisuoli rappresentano oltre la metà dei profili pedologici descritti e comprendono principalmente suoli il cui livello evolutivo è determinato dalla presenza di forti limitazioni stazionali (clima, pendenza, posizione morfologica instabile). In alcune di queste situazioni, le tipologie pedologiche descritte possono ragionevolmente considerarsi climax. Gli Alfisuoli sono generalmente stati rilevati su forme di origine morenica poste a quote inferiori a 1800 m s.l.m.; tuttavia essi sono stati descritti in numero ancora troppo limitato per permettere qualsiasi tipo di analisi. Per gli Spodosuoli, l estrema stabilità della forma e l ambiente poco disturbato da attività pastorali costituiscono condizioni indispensabili per la loro differenziazione e conservazione, cui deve però contribuire la presenza di un clima caratterizzato da elevate precipitazioni. Tutti gli Spodosuoli descritti in questo studio si collocano su morfologie di origine glaciale (testata delle Valli Formazza, Sesia, e Lanzo) e litologie prevalentemente acide. Alcuni Spodosuoli sono anche stati descritti in alta Valle Maira, sullo spartiacque con la Valle Grana, su morfologia di crinale arrotondato o di circo glaciale. In ogni caso, la presenza di Spodosuoli indica un equilibrio piuttosto delicato fra le diverse componenti dell ecosistema; proprio per questa ragione, nelle realtà territoriali interessate da questo studio, gli Spodosuoli hanno un estensione assai inferiore a quella cui potenzialmente potrebbero giungere, essendo spesso 10

11 regrediti ad un grado evolutivo inferiore (Inceptisuoli o Entisuoli) con un possibile conseguente impoverimento del valore pastorale delle formazioni vegetali ospitate. Dal punto di vista pedogenetico, si può pertanto concludere che la reiterata azione di pascolamento sulle superfici a prato-pascolo delle Alpi ha influito in maniera apprezzabile sull evoluzione dei suoli, contribuendo ad un parziale apporto di sostanza organica e nutrienti, ma favorendo anche fenomeni di erosione diffusa, determinando così l evoluzione di tipologie pedologiche paraclimax assai estese. La capacità di meglio identificare gli effetti del pascolamento sull evoluzione della tipologia pedologica permetterà in futuro di evidenziare differenze fra i suoli, che la sola lettura in termini tassonomici e morfologici non è in grado di evidenziare. Prospettive La conservazione dei sistemi produttivi, la fruibilità del territorio a fini turistici e ricreativi, e la prevenzione del dissesto idrogeologico sono indissolubilmente legate, negli areali alpini occidentali, al mantenimento delle attività agricole e zootecniche. Oggi, ancor più che in passato, l utilizzazione pastorale si propone come uno dei pochi strumenti economicamente sostenibili ed ecologicamente compatibili per la gestione delle ampie superfici erbacee presenti all interno degli orizzonti forestali e caratterizzanti la maggior parte delle superfici sopraforestali. Una gestione adeguata attraverso l utilizzazione pastorale contribuisce al mantenimento del mosaico di superfici erbacee e/o arborate o arbustate, ovvero di un paesaggio equilibrato e fortemente apprezzato per la fruizione turistica, nonché al mantenimento di habitat favorevoli alla conservazione e all insediamento della fauna selvatica. L acquisizione degli schemi evolutivi delle diverse formazioni pastorali in funzione delle modalità di utilizzazione attuali e pregresse, consente di orientare la gestione conservativa di molti siti d importanza comunitaria (SIC) a copertura erbacea prevalente. Dall attività pastorale derivano produzioni zootecniche tipiche che, adeguatamente valorizzate, sono in grado di assicurare anche a coloro che operano in ambienti marginali - quali quelli montani - un reddito e un tenore di vita comparabili con quelli di aree meno svantaggiate, creando la condizione necessaria per limitare i fenomeni dello spopolamento e dell abbandono. Le produzioni casearie possono garantire un reddito adeguato per le aziende agro-pastorali di montagna se valorizzate nell ambito di ben definiti terroir, ovvero di sistemi caratterizzati da relazioni complesse tra un ambiente fisico omogeneo (territorio e vegetazione), un insieme anch esso omogeneo di fattori umani (pratiche agricole, zootecniche, tecnologia casearia) e una specifica produzione agricola. I tipi pastorali possono dare un fondamentale apporto alla definizione del processo di valorizzazione delle produzioni casearie di un territorio, facilitando la definizione delle caratteristiche della risorsa primaria, che tanto influenza i caratteri sensoriali e identificativi delle produzioni alpine. Possono nel contempo contribuire a definire il valore visivo delle differenti formazioni pastorali con auspicate importanti ricadute sulla gestione paesaggistica del territorio montano. La Regione Piemonte si è dotata, con questo lavoro, di uno strumento per la conoscenza e la pianificazione di notevole potenzialità ed ampiezza, che non trova riscontro in altre situazioni italiane su superfici così estese come l intero arco alpino occidentale. 11

12 I tipi pastorali degli areali alpini piemontesi Figura 5 - Esempio di carta riportante la localizzazione dei tipi vegetazionali 12

13 BOX 1 - Caratterizzazione del formaggio nostrano Ossolano Il progetto interdisciplinare a regia pubblica è stato coordinato dalla Regione Piemonte - Settore Servizi Sviluppo Agricolo e finanziato nell'ambito dell'iniziativa Comunitaria INTERREG II Italia- Confederazione Elvetica OBIETTIVI Caratterizzare la produzione del formaggio Ossolano sulla base di un approccio di filiera. ATTIVITÀ E RISULTATI Sono state identificate 10 aziende che monticano le loro mandrie in 9 alpeggi concentrati nelle Valli Formazza e Antigorio (Provincia del Verbano, Cusio, Ossola). Per la parte tecnologica sono stati esaminati 12 alpeggi, le relative aziende di fondovalle, 3 latterie turnarie e un caseificio Indagine foraggero-pastorale Sono state caratterizzate le formazioni vegetazionali e gli aspetti gestionali di ogni alpeggio e, sulla base di questi, individuate le unità catastali di pascolo che possono consentire la differenziazione dei prodotti lattiero-caseari ottenibili, realizzando così la prima proposta a livello attuativo di catasto pastorale per il collegamento tra prodotto e territorio di origine. Indagine zootecnica Nelle aziende e negli alpeggi sono state descritte le diverse tipologie di allevamento e condotte le analisi dei foraggi e degli altri alimenti utilizzati nel razionamento, della produttività lattea e delle caratteristiche qualitative del latte. Indagine casearia È stato effettuato dapprima il rilevamento degli aspetti strutturali, tecnologici e commerciali delle aziende e dei caseifici e successivamente sono state rilevate le tecnologie produttive, le caratteristiche qualitative del latte e del formaggio prodotti e si sono individuati i parametri che meglio permettono di descrivere e caratterizzare il formaggio 'Ossolano'. Risultati Dai risultati ottenuti è possibile individuare tre tipologie di prodotto: il formaggio di caseificio, ottenuto da latte pastorizzato inoculato con starter commerciali; il formaggio di fondovalle, prodotto quasi sempre con latte scremato per affioramento; il formaggio di alpeggio prodotto con latte intero in periodo estivo. Queste tre tipologie di prodotto, oltre ad essere molto caratterizzate dal punto di vista compositivo, presentano tre profili sensoriali ben definiti. Inoltre lo studio ha evidenziato che i formaggi prodotti in alpeggio, a causa della alimentazione con vegetali freschi, sono più ricchi in acidi grassi insaturi e sostanze aromatiche, mentre in quelli di fondovalle sono più abbondanti gli acidi grassi saturi e quasi assenti le sostanze aromatiche. Conclusioni I risultati ottenuti rendono possibile definire degli standards qualitativi per l' 'Ossolano' sia dal punto di vista territoriale che produttivo e pervenire ad una caratterizzazione e una valorizzazione del prodotto d'alpe su basi oggettive e controllabili. 13

14 BOX 2 Esempio di scheda descrittiva di un tipo vegetazionale del piano alpino Tipologia a Nardus stricta (Nardeto) Inquadramento fitosociologico Ass.: - All.: Nardion Br.-Bl. in Br.-Bl. et Jenny 1926 Ord.: Nardetalia Oberd em. Prsg 1949 Cl.: Nardo-Callunetea Prsg 1949 Aspetti fisionomici Tipologia dominata dalla presenza di Nardus stricta, a cui si accompagnano in funzione delle condizioni stazionali Carex sempervirens, Geum montanum, Avenella flexuosa, Achillea gr. millefolium, Ranunculus gr. montanus. Val Maira vallone di Canosio, Gardetta 1 Altitudine (m s.l.m.) 2 - Esposizione 3000 Piano nivale N Piano alpino NO NE Piano subalpino O E Piano montano SO S SE Localizzazione topografica Formazioni tra le più diffuse nelle vallate alpine; estese dal piano subalpino al piano alpino, sono collocate sui versanti meglio esposti e ancora attualmente utilizzati. Rappresentano spesso una tipologia di origine zoogenica, poichè fortemente legata all azione del bestiame domestico; in particolare i nardeti si instaurano in seguito ad una gestione non equilibrata, che comporta un impoverimento e trasferimento di fertilità dal pascolo. 14

15 Facies vegetazionali della tipologia Facies a Nardus stricta e Carex sempervirens (NsCs) Facies a Nardus stricta e Geum montanum (NsGm) Facies a Nardus stricta (Ns) Facies a Nardus stricta e Avenella flexuosa (NsAf) Facies a Nardus stricta e Achillea gr. millefolium (NsAm) Facies a Nardus stricta e Ranunculus gr. montanus (NsRm) NsCs CS Nardus stricta 34 Carex sempervirens 15 Plantago serpentina 4 Festuca gr. ovina 4 Hieracium pilosella 2 Potentilla grandiflora 2 Danthonia decumbens 2 Trifolium alpinum 2 Ranunculus gr. montanus 2 Geum montanum 2 NsGm CS Nardus stricta 29 Geum montanum 5 Carex sempervirens 5 Trifolium pratense 5 Alopecurus gerardii 4 Arnica montana 4 Anthoxanthum alpinum 3 Alchemilla gr. vulgaris 3 Festuca gr. violacea 3 Potentilla grandiflora 3 Ns CS Nardus stricta 47 Festuca gr. rubra 9 Ranunculus pyrenaeus 5 Poa alpina 4 Geum montanum 4 Alopecurus gerardii 3 Potentilla aurea 3 Leontodon helveticus 3 Carex sempervirens 3 Plantago alpina 2 NsAf CS Nardus stricta 18 Avenella flexuosa 7 Potentilla erecta 6 Agrostis tenuis 6 Festuca tenuifolia 6 Carex sempervirens 5 Festuca gr. rubra 5 Brachypodium caespitosum 4 Anthoxanthum odoratum 3 Phleum alpinum 2 NsAm CS Nardus stricta 18 Achillea gr. millefolium 11 Poa alpina 8 Festuca gr. rubra 7 Crocus albiflorus 5 Anthoxanthum odoratum 4 Ranunculus gr. montanus 4 Carex caryophyllea 3 Geum montanum 3 Polygonum bistorta 3 NsRm CS Nardus stricta 24 Ranunculus gr. montanus 17 Polygonum viviparum 15 Phleum alpinum 9 Thymus gr. serpyllum 7 Ligusticum mutellina 6 Festuca gr. rubra 6 Agrostis tenuis 6 Potentilla aurea 5 Carex sempervirens 5 Valore pastorale (VP) delle facies vegetazionali Facies Ns NsAf NsAm NsCs NsGm NsRm VP medio Ns NsAf NsAm NsCs NsGm NsRm 15

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