La gestione di qualità della didattica: competenze ed azioni professionali di riferimento Salvatore Fadda

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1 La gestione di qualità della didattica: competenze ed azioni professionali di riferimento Salvatore Fadda 1. Introduzione L'autoreferenzialità di molti atenei e docenti, le barriere difensive elevate dalle corporazioni professionali nazionali, il pregiudizio circa la qualità dell'istruzione superiore degli altri Paesi sono atteggiamenti ai quali i paesi membri dell Unione Europea hanno deciso di porre fine poiché di ostacolo ai processi di internazionalizzazione (Finocchietti, 2003). Tali processi coinvolgono in particolare i sistemi educativi, formativi e il mondo delle professioni. Per facilitare e fluidificare i flussi di mobilità si sono create delle infrastrutture normative di sostegno. Una di queste infrastrutture è la "Convenzione sul riconoscimento dei titoli di studio relativi all'insegnamento superiore nella regione europea", nota anche con la dizione sintetica di "Convenzione di Lisbona" perché approvata l'11 aprile 1997 dalla conferenza diplomatica ospitata dalla capitale portoghese. Gli obiettivi che la Convenzione si è posta sono numerosi. In questa sede è utile citare gli obiettivi specifici del reciproco riconoscimento dei titoli di studio: 1. consentire ai diplomati della scuola secondaria superiore di accedere alle università e agli altri istituti di istruzione superiore di tutti i paesi; 2. facilitare i programmi di scambi accademici studenteschi garantendo il riconoscimento dei periodi e dei cicli di studio effettuati all'estero; 3. utilizzare i titoli accademici nazionali finali per l'accesso al mercato del lavoro e delle professioni regolate in tutti i paesi o per proseguire gli studi a livello più avanzato; 4. aumentare la quantità, la qualità e la trasparenza dell'informazione disponibile sui sistemi nazionali di istruzione superiore, sulle università e i loro programmi, sull'offerta formativa, sui titoli di studio anche attraverso lo sviluppo dei centri nazionali d'informazione sulla mobilità e il riconoscimento dei titoli e la diffusione di nuovi strumenti di certificazione come il "supplemento al diploma". La sua ratifica in Italia è avvenuta con la Legge 148 del 2002, ma già diverse istanze erano state recepite dalla legge n. 127 del 1997, dalla legge n. 370 del 1999, dal Decreto 3 novembre 1999 n. 509 (noto a tutti). Tutti questi atti hanno rinviato a successivi regolamenti ministeriali la disciplina generale degli ordinamenti didattici. Silvestri (2003) fa notare che questo riaprire le porte alla normativa regolamentare, governativa e ministeriale, con ampio corredo di circolari ha creato molte perplessità e non ha agevolato una veloce riorganizzazione del sistema università. Leggendo tutte le diverse disposizioni normative che sono state emanate negli ultimi anni, è chiaro che intendono perseguire gli obiettivi succitati della Convenzione di Lisbona in maniera sempre più stringente ed inequivocabile portando le Università a rivedere completamente il senso e gli obiettivi della propria organizzazione a partire dal fronte della didattica. Per chiudere la querelle accennata da Silvestri, citiamo Piero Tosi (2005) il quale riporta il tutto al nocciolo del problema sottolineando che l Università ha oggi la responsabilità di formare non solo i nuovi ricercatori e le figure professionali di punta, ma la maggior parte dei nuovi lavoratori, i lavoratori della conoscenza, interpretando le aspettative, spesso sotto traccia del mondo del lavoro. Dopo la riorganizzazione del sistema, la CRUI ha condotto alcune indagini (Casciotti, 2005) ed ha riscontrato cinque ambiti di maggior criticità: I

2 - il supporto alla progettualità, sia quella legata all autonomia didattica sia quella in risposta a sollecitazioni esterne, ad esempio gli studi di fattibilità, la pianificazione delle risorse e delle attività, le risposte a bandi nazionali ed europei; - la gestione e l integrazione organizzativa, come il coordinamento nell impiego delle risorse ed il raccordo fra i servizi; - la comunicazione interna ed esterna alle strutture didattiche con particolare attenzione agli studenti; - il monitoraggio e la valutazione, ad esempio l analisi delle carriere degli studenti, analisi dei dati sulle attività didattiche, analisi dei dati delle indagini di gradimento di studenti e docenti, analisi delle carriere professionali degli studenti, analisi dei fabbisogni di formazione superiore; - la gestione delle relazioni esterne, vedasi tirocini, stage, visite di studio, rapporti organici con imprese, enti e istituzioni, organi di consultazione e di ascolto. Dalla stessa indagine è emersa negli Atenei la totale assenza di figure professionali con adeguate competenze corrispondenti a tali ambiti. Più precisamente gli Atenei non potevano contare su solide figure professionali di riferimento con mansioni attinenti alla gestione di qualità della didattica. Tali settori richiedono conoscenze e capacità specifiche di organizzazione e di comunicazione, che necessitano di competenze relazionali, di coordinamento e gestione di gruppi e reti, di capacità di impostazione e gestione progettuale, di monitoraggio e valutazione dei risultati, di analisi e di presentazione dei dati. Sono tutte attività che, in assenza di adeguate figure in grado di farsene carico, in parte vengono disattese e in parte gravano sugli operatori più sensibili, tipicamente quei docenti consapevoli della loro importanza e del fatto che una vera e propria funzione di gestione della didattica presuppone un nuovo modello gestionale dell Università, dotato di una efficace cerniera fra docenti, studenti, amministrazione e mondo esterno all Università (Tosi, 2005). Il presente lavoro intende contribuire al chiarimento degli elementi relativi alle competenze di figure professionali dedicate alle nuove esigenze di gestione della didattica ed a fornire alcune proposte operative presenti nella letteratura scientifica e nelle pubblicazioni curate dalle istituzioni più accreditate. 2. Le competenze professionali e le nuove professioni Per iniziare ad inquadrare scientificamente le competenze professionali ci siamo riferiti alla letteratura internazionale (Bombard e Vallery 1995; Mirabile 1997; Brangier e Tarquinio 1997), che attualmente ci presenta una visione multifattoriale della competenza riferita alle situazioni lavorative, sottolineando almeno i seguenti aspetti comuni nei vari approcci teoricopratici. Le competenze: riguardano un set eterogeneo, una mescolanza di conoscenze, skills, abilità, motivazioni, rappresentazioni, credenze, valori ed interessi; si associano ad una prestazione riuscita; si articolano in una combinazione di elementi diversi che può essere valutata e dimostrata nell'azione concreta in una data situazione, differenziando le persone per livello di prestazione. È implicito un lavoro di sintesi personale nella progressiva formazione del lavoratore competente con cui conoscenze e abilità si connettono per un'azione finalizzata. In altri termini, attraverso l'esperienza si struttura una particolare configurazione delle co- II

3 gnizioni e delle abilità finalizzata alla soluzione dei problemi, all'azione concreta efficace. È tale sintesi personale che contraddistingue una risposta competente che può definirsi tale quando appare fluida, spontanea, economica ed autoregolata. Questa ipotesi di poter individuare un nucleo essenziale della competenza altamente personalizzato deriva anche da un'utile distinzione tra abilità di prodotto (quelle che si traducono in un esito tangibile, quantificabile in un prodotto) e abilità di processo (quelle che permettono all' operatore di organizzare il suo comportamento in modo da produrre l'esito desiderato). Le abilità di prodotto implicano una perizia procedurale in un certo ambito che è dimostrabile dalle azioni compiute su un certo oggetto in determinate condizioni. Le abilità di processo sono di carattere cognitivo e rimandano al grado di consapevolezza con cui si procede non tanto al riconoscimento e al controllo dell' ambiente quanto piuttosto al controllo del modo di pensare e di eseguire la prestazione [Cornoldi, 1995]. L'operatore competente allora è concepibile come un utilizzatore in grado di dominare (selezionare o controllare) le conoscenze e le abilità indirizzandone l'applicazione operativa secondo i fini prescelti (Sarchielli, 2003). In generale è preferibile usare la nozione di «sistema di competenze» poiché, in realtà, nell'uso di questo termine sono più facilmente intercettabili i cambiamenti che riguardano piani diversi, ma che si riferiscono al tema delle competenze: - i sistemi di gestione delle persone nelle organizzazioni (inserimento, carriera ecc.); - il sistema formativo e i suoi cambiamenti (aumento dei livelli di istruzione, flessibilizzazione e personalizzazione dei percorsi ecc.); - il sistema lavorativo (efficacia, efficienza nelle prestazioni, flessibilità di impiego e spaziotemporale, mobilità ecc.). A questi elementi si può aggiungere un altro fattore, che certamente ha trasformato i compiti ed i ruoli lavorativi nell ultimo ventennio, costituito dal sempre più massiccio utilizzo delle nuove tecnologie a base informatica. Tale scelta quasi obbligata, come rileva Sarchielli, deriva dalla possibilità di massimizzare le prestazioni e incrementare i risultati attraverso un nuovo equilibrio tra le capacità delle persone e le potenzialità delle macchine. Infatti quando una nuova tecnologia tocca una qualsiasi azienda, si modificano i compiti lavorativi, ma risultano toccati molti altri aspetti che concorrono a definire le nuove prestazioni. Cambiano o vanno reinterpretati gli obiettivi aziendali, vi sono influenze nelle condizioni di esecuzione del lavoro, vi sono cambiamenti sul come ripartire i compiti, quali forme di controllo sono ora richieste, possono verificarsi modifiche nel livello di impegno cognitivo richiesto o nel tipo di conoscenze e competenze professionali da privilegiare. In ogni caso la massiccia diffusione di nuove tecnologie cambia il volto del lavoro. Per comprendere in maniera esemplificativa la ricaduta che hanno avuto e stanno avendo nei confronti del lavoro e dei lavoratori introduciamo il pensiero di Chmiel, secondo cui le nuove tecnologie rendono un ambiente lavorativo assai più dinamico del passato, con un forte tasso di incertezza e di imprevedibilità ed un aumento conseguente delle richieste di regolazione e di controllo che implicano la disponibilità di strategie che permettano un grado più elevato di risorse cognitive e relazionali rispetto al passato. L'attenzione al concetto di competenza professionale si è accentuata negli ultimi anni data la situazione di alta variabilità socioeconomica, tecnica e professionale e la conseguente incertezza nella qualità/quantità del patrimonio di risorse umane necessarie allo sviluppo. Gli approcci alle competenze rendono evidente la centralità della persona (delle sue risorse cognitive-comportamentali) e il suo protagonismo nei contesti di esperienza ad alta variabilità di impegno cognitivo e relazionale. Ciò che non è (ancora) incorporabile nelle macchine rap- III

4 presenta il patrimonio di base, ad alta trasferibilità, che le persone conferiscono al sistema lavoro per negoziare il loro inserimento, la loro appartenenza sociale, le forme di riuscita nelle prestazioni e così via. In altre parole, l'occupabilità individuale (employability) non costituisce solamente un dato ascrittivo, ma è modulata dall' effettivo patrimonio di risorse personali di cui le competenze costituiscono una dimensione assai importante. I tentativi di offrire dei modelli sulla natura delle competenze professionali e sul loro valore per la comprensione delle condotte lavorative si sforzano di semplificare l'insieme assai vasto di fattori implicati nella costruzione della condotta lavorativa siano essi di natura personale, conoscitiva, esperienziale o situazionale [Brangier e Tarquinio 1997; Sandberg 2000]. Sono stati individuati due modelli uno di approccio ingegneristico o razionalistico e un altro di tipo interpretativo e fenomenologico. I primi valorizzano le prestazioni osservabili (in quanto dovrebbero sintetizzare i saperi e le abilità connesse con le singole manifestazioni comportamentali) e identificano il set di attributi che un lavoratore dovrebbe possedere e adottare in una gamma di attività lavorative abbastanza ampia. L'insoddisfazione nell'uso di questi modelli deriva, soprattutto, dall'elevato grado di astrazione (e semplificazione) che non può dar conto della complessità e dell'elevato numero di adattamenti contingenti, necessari per produrre una risposta lavorativa competente nelle situazioni reali. Inoltre, anche sul piano della verifica empirica, l'adozione di modelli e categorie troppo generali, se non sostenuta da regole di adattamento o di conversione locale, porta a far sì che la definizione astratta e preventiva della competenza assuma un carattere prescrittivo o normativo che mette sullo sfondo le effettive strategie di risposta delle persone nei concreti contesti operativi. Dunque, al di là del grado di sofisticazione delle tecniche di identificazione degli attributi che costituiscono la competenza professionale, questi modelli sono meno in grado di farci capire come l'interazione tra soggetto e lavoro indirizzi o plasmi le scelte comportamentali effettive: non conta solo sapere cosa il soggetto dovrebbe fare (prescrizioni) o potrebbe fare (capacità e attributi potenziali) ma cosa è disposto a fare e cosa farà effettivamente nelle condizioni date (richieste, obiettivi, mezzi disponibili, condizioni sociali ecc.). Il Modello interpretativo e fenomenologico è indirizzato ad esplorare la relazione tra persona e lavoro, riconoscendo anche la produzione di significati dall' esperienza vissuta che spingono il soggetto ad una regolazione attiva dei differenti fattori in gioco nella situazione lavorativa. La prestazione lavorativa reale è dipendente dal contesto di esperienza e la competenza si esprime in funzione delle contingenze situazionali e delle finalità riconosciute e perseguite dalla persona. La competenza è interpretabile come «sapere in uso», che ovviamente non esclude attributi conoscitivi, di abilità, valoriali, altre risorse personali ecc., ma che appare strutturarsi in funzione di un obiettivo specifico da raggiungere in una situazione data. Le sollecitazioni di Leplat (1991), di Le Boterf (1994) e le stimolanti considerazioni di Lave e Wenger (1991) sull'azione situata aprono la strada a una maggiore considerazione degli adattamenti necessari per padroneggiare risposte professionali competenti, cioè per poter costruire, nelle singole situazioni, effettive risposte efficaci. Naturalmente questi approcci non hanno lo stesso grado di formalizzazione di quelli razionalistici, tanto è vero che non si pongono il problema delle differenze individuali nella prestazione competente né di come avvenga l'integrazione tra risorse personali e richieste del contesto. In questa sede proponiamo solo un modello che, dopo un lungo lavoro di riflessione e di integrazione svolto dai ricercatori dell'isfol (Di Francesco,1994)e da Sarchielli (1994), cerca di integrare i due approcci, è stato molto utilizzato nella formazione con la denominazione di modello competenze di base, competenze tecnico-professionali e competenze trasversali. Le competenze, intese come procedure di soluzione hanno le seguenti caratteristiche: IV

5 sono finalizzate ovvero messe in opera rispetto ad uno scopo; non riguardano tratti biologicamente determinati, ma sono apprese (durante il lavoro, la formazione e l esperienza non lavorativa); sono organizzate a livello della struttura cognitiva in unità più ampie che combinano differenti elementi (saperi, capacità, atteggiamenti ecc.) sono inferibili dalle prestazioni (ma non si esauriscono nella registrazione del comportamento osservato). La configurazione prevede tre sottosistemi interconnessi da relazioni più o meno forti: risorse personali, repertori di abilità e le richieste del contesto organizzativo. Come schematizzato nella fig.1, il sistema prevede l interazione fra le tre componenti nel definire le risposte finali comprendendo sia quelle strategicamente definite e sia quelle automatizzate (Sarchielli, 2003). Figura 1: RISORSE DELLA PERSONA - Competenze di base REPERTORIO DI ABILITA - Competenze trasversali CONOSCENZE Generali Specifiche WORK HABITS Rappresentazioni Sociali Valori Atteggiamenti Motivazioni Preferenze IDENTITÀ Autoefficacia Stima di sé Self confidence Autovalutazione Prospettiva temporale Sentimenti di appartenenza DIAGNOSTICARE Percepire Rappresentarsi Decifrare Interpretare Immaginare Prestare attenzione RELAZIONARSI Riconoscere se e l'altro Ascoltare Esprimersi Conversare Cooperare. AFFRONTARE Assumere responsabilità Coinvolgersi Progettare Prendere iniziativa Decidere Fronteggiare Negoziare Gestire.. CONTESTO ORGANIZZATIVO Comportamento lavorativo atteso Condizioni di esercizio Obiettivi situazionali Condizioni organizzative AUTOAPPRENDIMENTO Transfer Self- direction Abilità tecnico-professionali Questa categorizzazione è proprio finalizzata alla facile comprensione ed ad un sostegno metodologico soprattutto nella progettazione formativa, nell analisi del lavoro e nella gestione di risorse umane. Il modello è stato utilizzato in molti Enti pubblici nei quali è stato istituito uno specifico settore risorse umane dedicato specificamente allo studio ed all implementazione di metodi funzionali ed aggiornati di selezione, formazione ed organizzazione del personale. V

6 3. Gestione della didattica e competenze professionali I cambiamenti strategici e organizzativi spingono le organizzazioni a ridurre il grado di burocratizzazione e a porre le persone più vicine all azione, lasciando maggiori margini di discrezionalità al fine di aumentare la velocità e capacità di reazione dell organizzazione (Nohria, Joice & Roberson, 2003), in tali contesti diventa rilevante adottare modelli di gestione delle risorse umane (Camuffo, 2002). Queste, se adottate in modo sistemico, possono favorire una migliore performance e tramite questo garantire un migliore allineamento di obiettivi tra persone e organizzazione. Politiche quali un attenta selezione basata sulle skill, valutazione basata sulla performance, diffusione di informazioni sull organizzazione o lavoro in team operando sul contesto organizzativo e sulle reti relazionali favoriscono un migliore coordinamento dei comportamenti individuali e la loro coerenza con le performance organizzative (Pfeffer & Veiga 1999). Inoltre, ove la conoscenza rappresenta una risorsa rilevante per la performance individuale e organizzativa, lo schema di lavoro sarà piuttosto orientato a garantire l accesso a informazioni e conoscenze (processi di tipo people to people o people to document) migliorando la connessione tra le persone. Come già accennato gli Atenei italiani hanno sperimentato e a volte subito profondi cambiamenti di tipo strategico e organizzativo, dovuti da un lato alla nuova normativa che ha dato autonomia agli Atenei e dall altro ai mutamenti del mercato del lavoro e dell economia. Questi cambiamenti hanno spinto le Università a sperimentare modelli di organizzazione che pongono al centro della gestione universitaria i processi di apprendimento più che i contenuti di insegnamento, con la conseguente attenzione verso la qualità delle strutture e dei processi, l attenzione alla comunicazione interna ed esterna, il monitoraggio delle carriere degli studenti e il loro placement sul mercato del lavoro e, infine, il rapporto con la realtà del territorio e con il mondo del lavoro (Comacchio & Pastore, 2005). Ciò ha messo in evidenza una carenza di coordinamento all interno degli Atenei. L importanza del problema del coordinamento è oggi crescente, soprattutto perché legata alla qualità del servizio nei confronti del cliente finale, lo studente, il quale è sempre più in grado di monitorare e valutare tutte le fasi del processo. Prendiamo come punto di partenza i lati critici nella gestione della didattica evidenziati da Tosi (2005): - il supporto alla progettualità, sia quella legata all autonomia didattica sia quella in risposta a sollecitazioni esterne, ad esempio gli studi di fattibilità, la pianificazione delle risorse e delle attività, le risposte a bandi nazionali ed europei; - la gestione e l integrazione organizzativa, come il coordinamento nell impiego delle risorse ed il raccordo fra i servizi; - la comunicazione interna ed esterna alle strutture didattiche con particolare attenzione agli studenti, ad esempio con servizi dedicati alle informazioni a carattere orientante verso gli iscritti e verso gli studenti in entrata; - il monitoraggio e la valutazione, ad esempio l analisi delle carriere degli studenti, analisi dei dati sulle attività didattiche, analisi dei dati delle indagini di gradimento di studenti e docenti, analisi delle carriere professionali degli studenti, analisi dei fabbisogni di formazione superiore; - la gestione delle relazioni esterne, vedasi tirocini, stage, visite di studio, rapporti organici con imprese, enti e istituzioni, organi di consultazione e di ascolto; siamo andati a vedere le possibili soluzioni organizzative presenti nella letteratura e le abbiamo confrontate con la situazione attuale dell Ateneo sassarese. VI

7 4. Le sperimentazioni La prima riguarda l introduzione di un unica figura per la gestione della didattica, mentre la seconda riguarda la creazione di uno staff della didattica con competenze differenti a seconda del servizio. La prima soluzione organizzativa sperimentata all Università Ca Foscari e in altri Atenei (Comacchio & Pastore, 2005) per risolvere questo tipo di problemi è stata l introduzione di un organo di integrazione, in altre parole di un ruolo che ha compito esclusivo di gestire il processo della didattica, con funzioni che si avvicinano a una figura già presente in imprese: il product manager. Questa figura, definita da molti atenei manager didattico, svolge un ruolo di catalizzatore dei processi di comunicazione e raccolta delle informazioni, mantenendo la differenziazione all interno dell organizzazione. Ciò significa che non va mai a sostituirsi alle unità che deve coordinare, semmai deve svolgere una funzione di facilitatore con il difficile ruolo di responsabile di attività trasversali a più unità senza avere autorità gerarchica su di esse. La definizione di questa figura come manager, di conseguenza, non richiama una collocazione organizzativa di tipo gerarchico, ma vuole sottolineare che l attività, che esso è chiamata a svolgere non è di natura amministrativa, ma di carattere gestionale. Se la definizione di manager sottolinea il tipo di approccio che tale figura è chiamata a utilizzare nella sua attività, l aggettivo didattico individua la sua area di intervento che è quella del coordinamento a supporto della didattica. La funzione di tale figura è quella di favorire l integrazione tra studenti, personale docente, staff amministrativo delle Università ed enti esterni per migliorare la qualità della didattica, garantendo che la scelta di ciascuno studente verso un dato Corso di Laurea si traduca in un esito positivo sia dal punto di vista dello sbocco professionale che da quello della soddisfazione personale. L esperienza di introduzione dei manager didattici in 70 Atenei italiani, è un innovazione assoluta nel panorama universitario italiano ed europeo e rappresenta un esperienza significativa di job creation per il grado di diffusione che la caratterizza. La ricerca si è posta l obiettivo, alla luce delle più recenti ricerche internazionali sul processo di job definition, di individuare le principali determinanti che sono intervenute nel caso del manager didattico: 1. aspetti individuali quali età, livello di scolarizzazione e precedente esperienza lavorativa; 2. il tipo di contratto di lavoro e di politiche organizzative adottate dai singoli Atenei o Facoltà; 3. politiche di formazione e attivazione di network relazionali da parte della CRUI volti a fare dei manager didattici una community di professional e a definire una medesima identità di ruolo. Anzitutto la definizione del ruolo da parte dei manager didattici è stata analizzata considerando due dimensioni: il profilo di skill consideranti rilevanti dagli intervistati per svolgere il loro lavoro; il profilo di attività nelle quali sono maggiormente impegnati. Il profilo di skill indicato dai manager didattici risulta ampio e centrato sulle competenze relazionali. L analisi ha ulteriormente messo in luce l orientamento dei manager didattici all analisi delle informazioni e alla programmazione, con un ausilio delle tecnologie informatiche. Il profilo di attività risulta anch esso sufficientemente ampio, ma maggiormente centrato sul supporto agli studenti e alla didattica. L analisi delle determinanti della definizione del ruolo ha considerato, anzitutto, il profilo anagrafico. Si è visto il manager didattico è una figura ad elevata qualificazione, giovane e il cui profilo professionale è solo in parte legato al mondo universitario. VII

8 Una seconda determinante presa in considerazione è stato il profilo organizzativo. Si è riscontrato, infatti, sussistono scelte differenti a livello di Atenei e di Corsi di Laurea. I manager didattici sono stati raggruppati anche sulla base delle variabili organizzative e si è notato come emergano due gruppi. Un primo gruppo è caratterizzato da rapporto gerarchico nei confronti del Preside e da un rapporto a tempo indeterminato e incarico part-time. Un secondo gruppo è caratterizzato da rapporto gerarchico nei confronti del Presidente del Corso di Laurea e da un contratto a termine, ma mediamente full-time. Un aspetto interessante emerso dall analisi riguarda il grado di coinvolgimento in organi decisionali. Questo risultato conferma l ipotesi che l accesso a fonti di informazione e alle opportunità determinate dalla rete relazionale, che si crea in seno agli organi decisionali, abbia un impatto positivo sulla definizione del ruolo da parte dei manager didattici. La formazione in corso dei MD ha contribuito a creare un senso di responsabilizzazione e una comune identificazione degli elementi centrali del loro ruolo, in particolare, l importanza delle attività nei confronti degli studenti (ad esempio monitoraggio delle carriere) e di tre aree di competenze: relazionale, informativa e tecnologica. La seconda proposta viene dall Isfol (Grimaldi, 2000) e riguarda la creazione di uno staff di cui sono delineati quattro profili che, supportando la gestione della didattica, svolgono attività di orientamento a seconda delle competenze. Per favorire l ottimizzazione delle funzioni, la condivisione degli obiettivi e il coordinamento dei servizi, sono state prima individuate quattro macro-aree di competenze che poi hanno agevolato l identificazione dei quattro profili professionali. Le quattro macro-aree sono state concepite in maniera trasversale, sono state identificate e testate nell' ambito di una recente ricerca Isfol (Grimaldi, 2003). La prima macro-area identificata - Competenza comunicativorelazionale con i soggetti esterni e interni all'organizzazione - fa capo a tutti quei compiti di natura gestionale e può essere articolata nella competenza a mettere in rete; la competenza a creare un clima di collaborazione sia all'interno dell' organizzazione nella quale si opera, sia con i soggetti esterni con i quali si interagisce. Comprende quindi la competenza a coordinare un gruppo, a gestire conflitti, a negoziare, nonché la capacità di ascolto e la capacità di comunicare. La seconda macro-area identificata - Competenza di lettura del contesto e di progettazione delle attività di orientamento - fa capo a tutti quei compiti che sono di sostegno all'individuo, di monitoraggio, di tutorato di alcuni specifici percorsi e, quindi, la competenza di lettura attenta e dettagliata del contesto di riferimento, degli obiettivi, della cultura organizzativa per poter rilevare caratteristiche e tendenze rilevanti per le attività di orientamento. Comprende pertanto la competenza a definire obiettivi e procedure di intervento riferiti a protocolli di qualità, competenza a progettare percorsi formativi anche di carattere innovativo con metodologie sia di tipo tradizionale sia di natura multimediale e telematica. La terza macro-area di competenza - Competenze sui processi di analisi dei problemi, di apprendimento, di progettualità individuale caratterizza tutti quei compiti più specialistici di consulenza alla persona che fanno riferimento alla relazione di aiuto. Sono quindi competenze comunicativo-relazionali specialistiche; competenza ad intervenire sull'individuo e sul gruppo relativamente ai processi di analisi della realtà, di scelta, di definizione ed elaborazione dei percorsi formativi e professionali futuri, di analisi dell'efficacia individuale; competenza a gestire i processi di apprendimento individuale e di gruppo; competenza a leggere e trattare la complessità culturale e soggettiva di singoli e gruppi; competenze nell'utilizzo di strumenti specialistici. VIII

9 La quarta macro-area di competenza - Competenze giuridiche, amministrative e informatiche - caratterizza un'area più trasversale di compiti e contenuti professionali che consente di elaborare e realizzare un intervento congruente con la normativa e con i piani finanziari. Sono quindi anche competenze relative al controllo di gestione delle attività realizzate e competenze informatiche per la gestione/amministrazione. Dei quattro profili professionali che verranno descritti, tre hanno a che fare con l'erogazione di interventi rivolti direttamente all'utente: trasmissione di informazioni, tutorato/monitoraggio di specifici percorsi, consulenza alia persona nella determinazione delle scelte e nella definizione di un progetto personale e professionale. Il quarto profilo fa capo, invece a tutti quei compiti più gestionali - di analisi, ideazione, pianificazione programmazione, coordinamento, monitoraggio, valutazione che consentono di progettare azioni in una logica di sviluppo di reti. Il primo profilo identificato è stato denominato Operatore dell'informazione orientativa. La stessa denominazione richiama al compito principale di erogare informazione, con le diverse modalità di diffusione, finalizzata ai processi di orientamento (percorsi scolasticoformativi e opportunità lavorative). Funzioni e compiti principali. La funzione dell'operatore dell'informazione orientativa fa riferimento ad un ventaglio di attività di primo contatto con l'utenza, quali: accoglienza e filtro. È questo l'operatore che intrattiene per la prima volta una relazione con l'utente (attraverso brevi colloqui di analisi della domanda e presentazione dei servizi deputati a rispondere). È necessario pertanto mantenere tale relazione per prevenire la dispersione dei clienti e aumentare l'efficienza dei servizi; erogazione di informazioni con le diverse modalità di diffusione delle stesse: individuali, collettive, guidate, attraverso l'assistenza all'auto-consultazione o la mediazione dell'operatore. Questo è rilevante perchè la modalità di diffusione contribuisce, se congruente con il contesto, a migliorare in maniera significativa l'efficacia degli stessi materiali informativi; progettazione e conduzione di incontri formativi finalizzati ad obiettivi specifici come, ad esempio, alle tecniche di ricerca del lavoro o alla stesura di un curriculum. Si vuole sottolineare che nella descrizione di questa figura non abbiamo preso in esame tutta quella componente di professionalità che ha a che fare con l'attività di back-office (reperimento delle informazioni, gestione di banche-dati, ecc.), pur non irrilevante, sia per un esplicito interesse, in questa sede, verso una funzione dedicata all'orientamento sia perché spesso alcune attività come la costruzione dell'informazione sono collocate e caratterizzano specifici ambiti professionali. Principali competenze. Le competenze distintive del profilo fanno riferimento prevalentemente alla prima macro-area identificata Competenza comunicativo-relazionale con i soggetti esterni ed interni all'organizzazione, necessaria per stabilire relazioni con la singola persona e con gruppi di soggetti e alla quarta macro-area - Competenze giuridiche, amministrative e informatiche. Provando ora a specificare ulteriormente tali macro-aree in rapporto al profilo professionale dell'operatore dell'informazione orientativa e alle sue caratteristiche, è possibile pervenire alla seguente declinazione: competenza ad ascoltare e a comunicare con i singoli individui e gruppi di individui; competenza ad attivare e coordinare gruppi centrati su un compito informativo; competenza a coordinare riunioni con operatori dello stesso o di altri servizi; competenza a costruire reti sociali tra le diverse organizzazioni che operano sul territorio; IX

10 competenza nella promozione e nel marketing del servizio anche prevedendo interventi di sensibilizzazione con l'attivazione sia di saloni, fiere per l'orientamento sia di gruppi di lavoro e seminari rivolti ad insegnanti e/o genitori; competenza di comunicazione e trasferimento delle informazioni in riferimento soprattutto alle diverse metodologie di erogazione/ diffusione di determinati contenuti; competenze informatiche per la gestione, amministrazione e consultazione di archivi, banche-dati e di altri canali utili per il reperimento delle informazioni da veicolare al destinatario finale. Il secondo profilo è stato denominato Tecnico dell'orientamento. È questa la figura professionale preposta prevalentemente alla funzione di tutorato e/o monitoraggio orientativo di un' esperienza in atto (scolastica, universitaria, di formazione al lavoro ) ovvero di una particolare "condizione" nella quale i soggetti coinvolti si trovano (ad esempio, il passaggio dal canale formativo alla ricerca del lavoro). Una funzione di accompagnamento in itinere dei diversi percorsi, dalla definizione degli obiettivi alla realizzazione dell'intervento, che si è andata molto diffondendo negli ultimi tempi e di cui prevediamo, e per la direzione della domanda dell' utenza e per le recenti riforme un'ulteriore crescita. Spesso, però, tale funzione è stata sovrapposta, a nostro avviso impropriamente, ad una funzione di consulenza alla persona sui processi decisionali quali le scelte scolastiche e formative e/o nella definizione di un progetto personale e professionale. Funzioni e compiti principali. I compiti caratterizzanti sono il monitoraggio (dei percorsi scolastici, formativi, delle transizioni tra diversi canali), il tutorato (nelle fasi di passaggio, dei tirocini), la prevenzione ed il recupero di comportamenti inefficaci. Nei diversi sistemi, infatti, si rendono necessarie azioni di accompagnamento delle situazioni in essere la cui finalità orientativa è connessa alla prevenzione di comportamenti inefficaci e alla pianificazione di strategie di ottimizzazione dei percorsi (formativi, di inserimento lavorativo, di monitoraggio della condizione di disoccupazione, ecc.). Lo specifico contesto in cui tale figura opera determinerà interventi e pratiche professionali diverse. Il tecnico dell'orientamento, svolgerà prevalentemente attività di monitoraggio dei percorsi scolastici (come, ad esempio, le azioni di accoglienza nelle fasi di ingresso nei nuovi cicli di studio; o azioni volte alla riorganizzazione dei percorsi scolastici attraverso lo strumento delle passerelle fra indirizzi di studio); Trasversalmente ai diversi sistemi, il monitoraggio accompagnerà le transizioni fra canali formativi diversi. Allo stesso modo la funzione di tutorato sarà presente nei diversi contesti nonché nelle fasi di passaggio come ad esempio dal sistema universitario a quello professionale o anche come preparazione e accompagnamento dei tirocini all'interno di uno specifico sistema. Per quanto concerne la funzione di prevenzione di comportamenti inefficaci a seconda dei contesti, avremo azioni oltre che mirate alla prevenzione e recupero anche volte al sostegno per l'inserimento lavorativo. Competenze principali. Le competenze distintive di tale profilo professionale fanno capo prevalentemente alla seconda macro-area identificata - Competenza di lettura del contesto e di progettazione delle attività di orientamento - perché, come abbiamo sottolineato precedentemente, tale figura professionale deve avere una conoscenza dettagliata del proprio contesto di riferimento per poter intervenire efficacemente. Sono tuttavia necessarie anche alcune competenze rientranti nella prima macro-area - Competenza comunicativorelazionale con i soggetti interni ed esterni all'organizzazione nella quale si opera - in quanto sebbene caratterizzata da una forte appartenenza di sistema, tale figura, dovendo monitorare diverse fasi di transizione, si connota anche per la sua forte capacità di lavorare in rete con le X

11 altre strutture del territorio (agenzie formative, servizi di informazione e per il lavoro, cooperative sociali, servizi socio-sanitari, ecc.), e alla quarta macro-area - Competenze giuridiche, amministrative e informatiche - per poter gestire adeguatamente l'intervento orientativo. Provando ora a specificare ulteriormente tali aree di competenza possiamo pervenire alle seguente declinazione: competenza di lettura ed analisi del contesto, degli obiettivi, della cultura organizzativa; competenza a definire obiettivi e procedure di intervento per specifiche esigenze e per specifiche popolazioni di utenti; competenza nel monitoraggio e nella valutazione dell' efficienza ed efficacia dell'azione orientativa; competenza a definire obiettivi e progettare percorsi di orientamento anche di carattere innovativo in riferimento alle specifiche situazioni; competenza a relazionarsi sia all'interno dell'organizzazione nella quale si opera, sia con gli enti del territorio e con i soggetti organizzativi ed istituzionali con i quali si interagisce; competenza a costruire e a gestire reti sociali; competenza ad ascoltare e a comunicare con singoli individui e gruppi di individui (sia intra sia inter-organizzativi); competenze a gestire una relazione interpersonale di aiuto; competenze in ambito giuridico, amministrativo ed economico per la gestione di progetti di intervento. Il terzo profilo è stato denominato Consulente di orientamento. È una figura che si richiama a quella funzione specialistica di consulenza alla persona, che si pone nell' ambito della relazione di aiuto, a supporto dei processi decisionali sia in corrispondenza delle scelte scolastico-formative sia nell'individuazione e maturazione di un percorso personale e professionale. Funzioni e compiti principali. Se la funzione principale è delineata nell'ambito della relazione di aiuto, l'insieme di compiti tecnico-specialistici e pratiche professionali che caratterizzano tale figura sono da ricercarsi nella consulenza alla persona, consulenza alla scelta, sostegno nella definizione e maturazione di un progetto personale e professionale, gestione delle risorse umane, in altri termini, compiti collocabili nella funzione di counseling. Counseling orientativo là dove le prassi sono volte alla maturazione di scelte scolastico-formative come supporto alle decisioni individuali in coerenza con le attese della persona e con le opportunità ed i vincoli del sistema. Counseling di carriera là dove le azioni sono finalizzate alla maturazione di progetti professionali come supporto a scelte soddisfacenti per la persona e realizzabili per le condizioni di mercato. In riferimento a tale distinzione, sarebbe anche possibile prevedere, all' interno dello stesso profilo, due diverse specializzazioni e/o percorsi di professionalizzazione e, quindi, intravedere una declinazione professionale fra consulente dell'orientamento scolastico- formativo e consulente dell'orientamento professionale. Competenze principali. Le competenze caratterizzanti tale profilo sono prevalentemente attribuibili alla terza macro-area da noi identificata - Competenze sui processi di analisi dei problemi, di apprendimento, di progettualità individuale - sebbene non siano irrilevanti anche competenze di lettura ed analisi del contesto - seconda macro-area identificata - e competenze relazionali anche con i soggetti esterni alla propria organizzazione - prima macro-area identificata. Sono quindi: competenze di lettura e analisi dei bisogni; competenze sulle dinamiche individuali e di gruppo; competenza ad intervenire sull'individuo; XI

12 competenza di alto livello sulla comunicazione e sul processo comunicativo e metacomunicativo per poter leggere oltre il contenuto; competenza all'uso di strumentazioni specialistiche (di analisi e assessment delle risorse personali e professionali, di valutazione dei processi di apprendimento, di analisi delle prestazioni lavorative, di maturazione di interessi professionali, ecc.), intendendo con questo l'intero processo: dalla conoscenza, alla modalità di somministrazione, alla lettura interpretativa nonché alla restituzione dei risultati; competenza relativa ai processi di analisi della realtà, di scelta e di definizione dei percorsi futuri; competenza a gestire i processi di apprendimento individuale e di gruppo; competenza a leggere e trattare la complessità culturale e soggettiva di singoli e gruppi; competenza a gestire i conflitti, a negoziare, ad evitare i coinvolgimenti emotivi; competenze a progettare interventi e percorsi consulenziali individuali e di gruppo; competenza a progettare interventi per le risorse umane all'interno dei loro contesti lavorativi di appartenenza come risposta mediata fra bisogni dei lavoratori e richieste dell'organizzazione. Tutte competenze che insieme concorrono a determinare la relazione di aiuto, finalizzata, anche attivando processi di rielaborazione delle storie formative/lavorative personali, nonché a potenziare le capacità auto-orientative della persona. Il quarto profilo è l analista di politiche e servizi di orientamento. Lo stesso termine "analista" richiama compiti di natura gestionale. Questa è una funzione di pianificazione, ideazione, programmazione e progettazione delle attività di orientamento nonché di coordinamento e messa in rete dei diversi servizi nei diversi contesti territoriali: in altri termini si configura una funzione di sistema. Funzioni e compiti principali. Se la funzione è principalmente, come sottolineato precedentemente, di analisi, pianificazione e coordinamento dei servizi, i compiti saranno prevalentemente di analisi dei bisogni, compresa l'analisi della domanda di professionalità e formazione delle risorse dedicate; di promozione delle risorse locali e sviluppo di reti territoriali; di pianificazione e programmazione dei piani di intervento in termini di obiettivi, azioni da realizzare, verifiche di efficacia e di efficienza; di coordinamento dei servizi dedicati; di verifica, valutazione e monitoraggio degli interventi; di consulenza e assistenza tecnica sulla definizione delle politiche di orientamento e sulla relativa progettazione anche delle risorse economiche. Competenze principali. Le principali competenze distintive di tale profilo fanno capo sostanzialmente alla prima macro-area identificata - Competenza comunicativo-relazionale con i soggetti esterni ed interni all'organizzazione - caratterizzante i compiti di natura gestionaie; alla seconda macro-area - Competenza di lettura del contesto e di progettazione delle attività di orientamento - per la rilevanza data alla conoscenza dei diversi sistemi, e alla quarta macro-area - Competenze giuridiche, amministrative e informatiche - necessaria per elaborare e realizzare interventi congruenti con la normativa e con i piani finanziari. Provando ora a specificare ulteriormente tali macro-aree in rapporto al profilo professionale dell' analista di politiche e servizi di orientamento, è possibile pervenire alla seguente declinazione: competenza a stabilire relazioni con i soggetti organizzativi del territorio; competenza a coordinare e gestire sistemi e reti complesse; competenza a gestire conflitti, a negoziare; competenza comunicativa e meta-comunicativa per favorire e promuovere il dialogo tra sistemi diversi; XII

13 competenza di lettura e analisi attenta e dettagliata del contesto di riferimento, dei bisogni, degli obiettivi, della cultura organizzati va per poter rilevare caratteristiche e tendenze rilevanti per le attività di orientamento; competenza a definire obiettivi, priorità e procedure di intervento per specifiche esigenze e per specifiche popolazioni di utenti nonché protocolli e parametri di qualità, efficienza ed efficacia dell' azione orientativa; competenza a programmare e progettare percorsi integrati di orientamento anche di carattere innovativo; competenze relative al controllo di gestione delle attività realizzate; competenze giuridico-amministrative per la gestione delle attività, del personale e dell' organizzazione. 5. Gestione della didattica nell Università di Sassari Come nella maggior parte degli Atenei, la situazione nelle Facoltà appare assai variegata. Dal maggio 2002 al 2005 tre Facoltà hanno partecipato al progetto Campusone della CRUI che ha permesso di sperimentare la figura del manager didattico, le attività di autovalutazione dei Corsi di laurea, gli organi di consultazione con il mondo del lavoro ed altre azioni previste nei progetti dei singoli Corsi di laurea. Dal giugno 2005 sono entrati in servizio i Referenti amministrativi per la didattica. L entrata in servizio di tali figure ha fatto emergere alcune problematiche espresse dai presidi nel Senato accademico e dal personale tecnico amministrativo in alcuni consessi. Scopo di questo contributo è quello di fare un check-up sull attuale situazione. La conferenza sulla didattica è stata quindi l occasione per monitorare le attività dei Referenti e di eventuali altre figure professionali che si occupano di gestione della didattica nelle diverse Facoltà. E stato proposto un questionario-intervista del tipo Comacchio e Pastore (2003) suddiviso in quattro parti con items sulle seguenti attività: - il supporto alla progettualità; - la comunicazione interna ed esterna alle strutture didattiche; - il monitoraggio e la valutazione; - la gestione delle relazioni esterne. Negli items relativi a figure professionali era contenuta una griglia per la raccolta dei seguenti dati: XIII

14 Età Sesso titolo di studio: D _ DU _ DL _ LM _ Tipologia Contrattuale Docente Contratto a Progetto Contratto a Tempo Determinato Contratto a Tempo Indeterminato Altro Funzioni, Mansioni e Categoria: Anni di esperienza e titoli specifici: In quale struttura svolge le mansioni (uffici di presidenza, dipartimento ecc..) Conclusioni I dati emersi e le conclusioni saranno esposti durante la Conferenza. Bibliografia Brangier, E. e Tarquinio, C. [1997], La compétence: modèles et usages, in «Connexions», 70, pp Camuffo, A. (2002). Frantumi scomposti? Dicotomie,asimmetrie e sconfinamenti della modularità organizzativa. Sviluppo e Organizzazione, n.192, Luglio/Agosto 2002, pp Casciotti, C.T. (2005). Modelli innovativi di gestione per la nuova università. Fondazione CRUI, Roma. Chmiel, N. (1998). Tecnologia e lavoro. Bologna, Il Mulino. Comacchio, A. & Pastore, A. (2005). La creazione del ruolo di manager didattico. In Casciotti C. T., Modelli innovativi di gestione per la nuova università. Fondazione CRUI, Roma. Di Francesco, G. (1994) (a cura di), Competenze trasversali e comportamento organizzativo. ISFOL, Milano, Angeli. Fadda, S. (2005). Rapporti familiari ed intergenerazionali nelle scelte e decisioni scolastico-professionali. In Nuvoli G. e Casu M., Giovani, anziani ed esperienze interattive. Quaderni PSILABS n.1. Edes. Sassari. Finocchietti, C. (2003). La Convenzione di Lisbona sul riconoscimento dei titoli. In Collana doc CIMEA n.113. Fondazione RUI, Roma. Grimaldi, A. (a cura di) (2000). La proposta Isfol sui profili professionali per l'orientamento. Isfol, Strumenti e Ricerche, Franco Angeli, Milano. Grimaldi, A. (a cura di) (2003). I professionisti dell'orientamento - Informazione, produzione di conoscenza e modelli culturali. Isfol, Strumenti e Ricerche, Franco Angeli, Milano. Lave, J. & Wenger, E. (1991). Situated Learning. Legitimate peripheral participation. Cambridge, Cambridge University Press. Le Boterf, J. (1994). De la competence: essai sur un attracteur ètrange. Paris, Les Editions d Organization. Leplat, J. (1990). Skills and tacit skills: a psychological perspective. In Applied Psychology: An International Review, 39, pp Nohria, A. Joice, S. & Roberson, E. (2003). What really works. Harvard Business Review, July Pfeffer, J. A., Veiga, J.F., (1999) Putting people first for organisational success, Academy of management executive, vol. 13, n. 2, pp Sandberg, J. (2000). Understanding human competences at work: an interpretative approach. In Accademy of Management Journal, 43, pp Sarchielli, G. (1994). Un primo tentativo di classificazione delle abilità di base. In G. Di Francesco, (a cura di), Competenze trasversali e comportamento organizzativo. ISFOL, Milano, Angeli. Sarchielli, G. (2003). Psicologia del lavoro. Bologna, Il Mulino. Silvestri,G. (2002). Questioni vecchie e nuove sull autonomia universitaria. Fondazione CRUI, Roma. XIV

15 Tosi, P. (2005). Gestire l Università: le nuove frontiere del management. In Casciotti C. T., Modelli innovativi di gestione per la nuova università. Fondazione CRUI, Roma. XV

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