ALCUNE ARGOMENTAZIONI SUI REGISTRI COMUNALI DELLE UNIONI CIVILI

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1 ALCUNE ARGOMENTAZIONI SUI REGISTRI COMUNALI DELLE UNIONI CIVILI Crediamo fermamente che il buon governo di una città si dimostri anzitutto nella capacità degli amministratori di ascoltare le istanze e i bisogni di tutti i cittadini e di rendere loro ragione delle scelte fatte, tra le varie istanze, secondo criteri di competenza, trasparenza, ragionevolezza e adeguata comprensione e graduazione delle priorità e delle urgenze del territorio. Proprio per questo ci preoccupa il diffondersi di eterogenei interventi amministrativi a livello comunale che pretendono di regolare le relazioni private tra le persone strumentalizzando le specificità della famiglia, istituzione che invece fin dal disegno costituzionale esige regolazione, promozione e tutela ai livelli giuridici più elevati possibile, in quanto società naturale, di cui la Repubblica riconosce i diritti. Siamo quindi contrari alla istituzione dei registri comunali delle unioni civili essenzialmente per tre ordini di motivazioni: sociali, giuridiche, culturali. 1. Dal punto di vista sociale: le vere priorità e le ragioni per cui vanno perseguite Le difficoltà sociali ed economiche del momento presente indicano come non più rinviabile l adozione di serie politiche familiari che a partire dall adeguamento delle tariffe dei servizi comunali ai reali carichi familiari sappiano investire sulla risorsa famiglia, perno fondamentale dei meccanismi che stanno aiutando la nostra società a sopportare la corrente grave crisi e che contribuiranno a far ripartire l economia del Paese. È ormai noto che la famiglia, con la sua soggettività sociale ed economica, è il primo motore di ogni comunità organizzata, come sancito dalla nostra Costituzione e come riconosciuto anche dall ONU, che nella dichiarazione universale dei diritti dell uomo afferma che è cellula naturale e fondamentale della società e ha diritto alla protezione della società e dello Stato. È la famiglia, in questo momento, a reggere il Paese e a dargli un futuro, educando, istruendo e sostenendo i figli ed i loro progetti. 1.2 Le nostre associazioni hanno raccolto nel corso degli anni, e ancor più in questi ultimi mesi di profonda crisi sociale ed economica, le richieste, le preoccupazioni e i bisogni delle famiglie che qui brevemente riassumiamo, senza ambizione di completezza: - l iniquità delle tariffe dei servizi comunali (asili nido, trasporti, acqua, gas ecc), non adeguatamente sensibili agli effettivi carichi familiari degli utenti; - la crescente insufficienza del reddito familiare a far fronte alle necessità dei suoi componenti;

2 - la fatica di accudire in solitudine i malati, gli anziani, i disabili, i bambini; - la preoccupazione per la precarietà di molte situazioni lavorative e la crescente disoccupazione dei giovani e dei meno giovani; - il diffondersi della incapacità delle Istituzioni di preservare l unità familiare e la stabilità della famiglia, con gravi ricadute economiche e sociali; - la crescente richiesta di sostegno alle funzioni genitoriali ed alla vita di coppia; - la difficile armonizzazione dei tempi del lavoro e dei tempi della famiglia, nella prospettiva di restituire libertà e dignità ad entrambi i contesti; - l urgenza della ricostruzione di alleanze educative, anche in ambiente scolastico, a tutela del futuro della società civile e di intere generazioni di futuri adulti; - la necessità di una reale promozione di reti di famiglie, dell associazionismo familiare e degli strumenti di auto e mutuo aiuto familiare che incrementano la coesione sociale; - il calo delle nascite, l elevato numero di aborti e la mancanza di adeguati interventi pubblici di prevenzione e sostegno, anche culturale, alla procreazione e alla genitorialità; - la fuga dei giovani dalla terra natia, che non agevola i loro progetti di vita; - i disinvestimenti delle imprese nel territorio, che portano con sé disoccupazione, indigenza e problematiche sociali, spingendo tutta la popolazione e non solo i giovani, ad emigrare altrove. Queste sono solo alcune delle vere priorità delle famiglie, di fatto e di diritto. Queste sono le questioni davvero urgenti e di portata generale che dovrebbero essere affrontate in via del tutto prioritaria nel contesto dei Welfare comunali: non ci sono risorse, non c è tempo e non ci sono ragioni per l adozione di azioni amministrative prive di efficacia concreta e di valore giuridico, non espressive del comune sentire e probabilmente culturalmente dannose, come si spiegherà più oltre. 2. Dal punto di vista giuridico: 2.1 Unione civile, o qualsiasi altra denominazione si voglia adottare per indicare le coppie non coniugate, è un concetto nuovo, non disciplinato da alcuna normativa e come tale al momento alquanto vago, peraltro accertabile solo con un autodichiarazione delle persone coinvolte da cui far nascere diritti e prerogative, in certi casi ad oggi limitati alle famiglie. Se è vero che anche in altre occasioni l autodichiarazione è requisito sufficiente (ma non autosufficiente) ad accedere a prestazioni erogate da enti pubblici, si tratta di autodichiarazione inerente elementi certi o accertabili, mentre nel caso dell autodichiarazione delle coppie di fatto l unico dato accertabile è la convivenza, nella forma della coabitazione e/o della comune residenza, cosa che potrebbe facilmente dare adito ad abusi ed elusioni. L amministrazione comunale al massimo può verificare la coincidenza tra residenza dichiarata ed effettiva abitazione di ogni singolo cittadino, ma certo non può indagare né verificare la natura solidaristica/opportunistica/affettiva della convivenza. Il dpr n. 223/1989 già contempla le ipotesi di convivenza, definendo ai soli fini

3 3 amministrativi il concetto di famiglia anagrafica, ben distinto dal concetto di famiglia nucleare 1. Se l obiettivo dei Comuni è estendere i propri servizi ai conviventi va sottolineato che già oggi i conviventi fruiscono di tutti i servizi erogati dagli enti locali e non è necessario istituire un registro, essendo sufficiente individuare quali prestazioni e servizi sono attualmente negati ai conviventi in quanto tali, per poi modificare i regolamenti comunali per estenderne l accesso a questi ultimi, laddove si ritenga che la loro esclusione sia discriminatoria È pacifico che i Comuni non abbiano competenza per creare un nuovo status personale dei loro cittadini, perché l art. 117 comma secondo lettera i) della Costituzione riserva esclusivamente alla legge statale la materia stato civile e anagrafi. In realtà un registro delle coppie di fatto intende fare proprio questo: riconoscendo all unione civile una determinata soggettività, attribuisce ai soggetti che lo compongono un nuovo status. Questa sola considerazione dovrebbe già essere sufficiente a dimostrare che i Comuni, al di là di quanto dichiarato nelle rispettive delibere, non possono attuare una reale parificazione giuridica tra coppie coniugate e coppie di fatto e, laddove adottino delibere dirette ad ottenere questo effetto si pongono in conflitto proprio con quell articolo 3 della Costituzione che dichiarano di voler attuare. La parificazione che il registro dichiara di voler realizzare, dunque, sul piano dei rapporti interni ai conviventi è priva di reali effetti, mentre sul piano dei rapporti con la civica amministrazione è profondamente iniqua e discriminatoria poiché crea una categoria di formazioni sociali i cui componenti sono titolari di soli diritti/prerogative/ benefici di fonte comunale senza indicare alcun dovere corrispondente, disattendendo non solo l articolo 3 ma anche l art. 2 della Costituzione che, nel riconoscere i diritti inviolabili dell uomo richiede l adempimento dei doveri di solidarietà politica economica e sociale. 1 Il Tar Veneto, nella citata sentenza 2786/2007, ha precisato infatti che La famiglia anagrafica è nozione ben distinta da quella della famiglia c.d. nucleare o civile, ossia composta da persone unite in matrimonio con effetti civili riconosciuti:, con la conseguenza che la famiglia anagrafica e la famiglia nucleare o civile possono anche non coincidere. La distinzione concettuale tra famiglia nucleare e famiglia anagrafica è stata puntualmente ribadita da Cons. Stato, Sez. V, 13 luglio 1994 n. 770, laddove ben si evidenzia che mentre la famiglia anagrafica di cui al D.P.R. 223 del 1989 è istituto giuridico esclusivamente finalizzato alla raccolta sistematica dell insieme delle posizioni relative alle persone che hanno fissato nel Comune la propria residenza (cfr. art. 1 D.P.R. 223 del 1989 cit.), la nozione giuridica di famiglia nucleare, ossia componibile da genitori e da figli, risulta presupposta e tutelata nel nostro ordinamento interno dagli artt. 29, 30 e 31 Cost., dagli artt. 144 e 146 c.c. e dall art. 570 c.p., e - sotto il profilo della necessaria conformazione dell ordinamento medesimo alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute (lo ius gentium richiamato dall art. 10, primo comma, Cost.) - anche dall art. 12 della predetta Convenzione europea dei diritti dell uomo, dall art. 16 della Dichiarazione universale dei diritti dell uomo approvata dall Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948, nonché dall art. 10 del Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali reso a sua volta esecutivo nell ordinamento italiano con L. 25 ottobre 1977 n. 881.

4 2.3. La formazione di una coppia di fatto è frutto di libera scelta privata delle due persone che la compongono e non espressione di una loro condizione originaria e costitutiva di inferiorità personale che richieda un intervento pubblico correttivo: è offensivo e ghettizzante dare ad intendere a chi abbia scelto di non sposarsi che è bene, quanto meno, lasciarsi censire in un registro. Se lo scopo del registro è superare una discriminazione esso, piuttosto, pare determinarla. D altra parte, è ammissibile che i Comuni neghino ai conviventi che non sono registrati benefici e diritti riconosciuti ai conviventi registrati? Se lo scopo è quello di non discriminare situazioni identiche nella sostanza, che differenza può porsi tra due conviventi iscritti al registro e due conviventi non iscritti? Le persone sono obbligate a registrarsi come coppia, se non sono sposate ma solo coabitanti, per godere dei servizi del Comune? 2.4. È ben noto a coloro che si occupano di diritto di famiglia che le c.d. coppie di fatto sono tali: 1) perché rifiutano il matrimonio; 2) perché non possono contrarlo. Premesso che la prima categoria certamente non richiederà l iscrizione al registro, poiché per scelta rifugge dall ufficialità, sulla base di quale principio si selezionano le coppie appartenenti alla seconda? È evidente, infatti, che un registro non intenderà aprirsi a ricevere l iscrizione di tutte le coppie che non possono contrarre matrimonio per impedimenti di legge (coppie dello stesso sesso, coppie di minorenni, coppie di parenti, coppie di persone già coniugate, coppie di persone incapaci di intendere e volere ). Il Comune dovrà, cioè, effettuare una scelta tra tutte quelle coppie che non possono contrarre matrimonio: tuttavia, già decidere di inserire nel registro ad esempio le sole coppie dello stesso sesso, cui magari si aggiungono anche le coppie di separati non ancora divorziati, rappresenta una nuova discriminazione tra situazioni sostanzialmente identiche (tutte, cioè, escluse dal matrimonio) Le persone che compongono le coppie di fatto non possono godere, allo stato attuale della nostra legislazione, di istituti riservati ai coniugi come la quota di successione ereditaria legittima, la pensione reversibile, le agevolazioni lavorative previste dalla legge. Tuttavia i componenti delle coppie di fatto non hanno, a differenza dei coniugi, reciproci obblighi di coabitazione, fedeltà, mantenimento ed assistenza morale e materiale: un registro comunale non ha la competenza per, né l obiettivo di, estendere questi diritti e questi doveri alle coppie di fatto. Quale sarebbe dunque l utilità della sua istituzione? In che modo il registro è in grado di tutelare il convivente debole? 2.6 E utile ricordare che tra le più recenti pronunce giurisprudenziali in materia assume particolare rilievo la sentenza della Corte costituzionale n. 138/2010 che esclude che la vigente disciplina della famiglia e del matrimonio violi l art. 3 della Costituzione in quanto non ammette il matrimonio di persone dello stesso sesso. La Corte ha anzi specificato che la questione afferente alle unioni tra persone dello stesso sesso (ma evidentemente anche tra persone di sesso diverso ma non unite in matrimonio) rientra nell ambito di applicazione dell art. 2 della Costituzione: per formazione sociale deve intendersi ogni forma di comunità, semplice o complessa,

5 5 idonea a consentire e favorire il libero sviluppo della persona nella vita di relazione, nel contesto di una valorizzazione del modello pluralistico. In tale nozione è da annoverare anche l unione omosessuale, intesa come stabile convivenza tra due persone dello stesso sesso, cui spetta il diritto fondamentale di vivere liberamente una condizione di coppia, ottenendone nei tempi, nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge il riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri. Si deve escludere, tuttavia, che l aspirazione a tale riconoscimento che necessariamente postula una disciplina di carattere generale, finalizzata a regolare diritti e doveri dei componenti della coppia possa essere realizzata soltanto attraverso una equiparazione delle unioni omosessuali al matrimonio. Spetta dunque esclusivamente alla piena discrezionalità del Parlamento l adozione di una normativa che riconosca le unioni civili, liberamente graduando i diritti che ad esse possano essere concessi. Ma nessuna norma, né interna né internazionale, impone la piena equiparazione delle unioni civili in genere, e quindi anche delle coppie dello stesso sesso, alle coppie coniugate. Per quanto attiene alla legislazione sovranazionale la Corte ha inoltre dichiarato che l art. 9 della Carta dei diritti fondamentali dell Unione europea (come, del resto, l art. 12 della Carta europea dei diritti dell uomo) nell affermare il diritto di sposarsi rinvia alle leggi nazionali che ne disciplinano l esercizio: «L articolo non vieta né impone la concessione dello status matrimoniale a unioni tra persone dello stesso sesso» (praesidium della Convenzione). Pertanto, a parte il riferimento esplicito agli uomini ed alle donne, è comunque decisivo il rilievo che anche la citata normativa non impone la piena equiparazione alle unioni omosessuali delle regole previste per le unioni matrimoniali tra uomo e donna. 3. Dal punto di vista culturale 3.1 Quanto, infine, ai profili culturali delle iniziative per l istituzione di un registro comunale delle unioni civili a fronte dell assenza di misure di favore per agevolare il matrimonio delle coppie, soprattutto quelle giovani, preoccupa il fatto che l istituzione di un registro diffonda l idea, soprattutto presso le giovani generazioni, che la precarietà delle relazioni affettive è promossa dalle pubbliche istituzioni, come bene comune. È noto, infatti, che la costituzione o lo scioglimento dell unione civile sono limitate all assunzione o alla cessazione della convivenza, senza altre formalità, quasi una forma di consumismo delle relazioni, che possono venire facilmente rottamate come le auto o gli elettrodomestici. È altresì noto, ed è stato qui sopra evidenziato, che le unioni civili non imporrebbero obblighi ai componenti della coppia, sicché un registro manderebbe il messaggio che la società approva che alcune formazioni sociali siano luoghi di soli diritti, senza corrispondenti doveri. Riteniamo che lo sganciamento dei diritti dai doveri e la promozione della precarietà, che è invece diffusamente percepita come negativa laddove si parla di lavoro, di abitazione, di servizi pubblici, siano iniziative etiche del Comune, intrusive rispetto alla libertà di educazione delle famiglie e, anzi, specificamente, diseducative rispetto alle nuove generazioni. A fronte di tutte le riflessioni sopra svolte, si deve concludere che l istituzione di un registro comunale delle unioni civili (o delle coppie di fatto) resterebbe priva di reali effetti giuridici e non migliorerebbe in alcun modo la condizione delle persone che le

6 compongono. D altra parte, rispetto agli oltre 100 registri adottati da vari Comuni d Italia, non sfuggirà che i numeri degli iscritti sono davvero contenuti, in rapporto alle rispettive popolazioni (alcuni registri sono stati chiusi, perché nessuna coppia si è iscritta, come a Gubbio e a Bologna), fatta eccezione per Milano, ove comunque si deve tenere conto che a fronte di una popolazione di oltre abitanti, le coppie iscritte, a oltre otto mesi dall istituzione pare siano circa 600: meno dello 0,5% per cento degli abitanti! Vale la pena precisare che il totale delle coppie registrate, etero o omosessuali, in più di quindici anni dall istituzione del primo registro comunale sono circa 2000, a fronte di matrimoni celebrati ogni anno in Italia e di oltre 24 milioni di famiglie. 3.2 L unico effetto dei registri comunali delle unioni civili è, quindi, di natura culturale ed ideologica, come riconosciuto peraltro dagli stessi proponenti, poiché esso vuole essere espressione - in forma ufficiale e a nome di tutti i cittadini - di un giudizio di valore, quindi morale, sulle coppie di fatto, o meglio di un apprezzamento del loro valore sociale e della loro rispondenza al bene comune. Trattandosi però di giudizio non condiviso dall intera comunità e contrastante con le precise scelte di valore espresse dalla nostra Costituzione, l istituzione del registro non potrebbe che rappresentare oltre che una violazione del dettato costituzionale, come meglio precisato al punto 2.6 una deriva etica dell Amministrazione comunale proponente, che si arrogherebbe il diritto di imporre ai cittadini un giudizio morale sulle scelte private libere e non impedite da alcuna norma, ma neppure promosse che nulla hanno a che vedere con il bene dell intera collettività, con l interesse pubblico, con i compiti e le ragioni che tengono in vita la stessa istituzione comunale. 3.3 La creazione del registro potrebbe inoltre influenzare la scelta delle giovani generazioni (ed insidiare la libertà di educazione delle famiglie), scoraggiandole a contrarre matrimonio, ad assumere responsabilità nelle relazioni affettive e persino a rispettare l altro (soprattutto ove sia considerato sufficiente lo scioglimento della coppia di fatto mediante l invio di una semplice comunicazione al Comune della volontà unilaterale di un solo componente della coppia). E ciò, anche a tacere del diritto dei bambini ad essere cresciuti ed educati dalla propria mamma e dal proprio papà, preferibilmente da una famiglia stabile e, quindi, dell interesse pubblico riposto, anche a tutela dei bambini, sulla stabilità delle relazioni familiari. Il comune sentire, del resto, avverte la necessità di riconoscere ed incoraggiare la stabilità di ciò che soddisfa le primarie esigenze dell uomo (affetti, casa, lavoro, responsabilità educativa e genitoriale, servizi pubblici). 3.4 Deve inoltre ricordarsi che quasi sempre e praticamente ovunque le istanze per ottenere il riconoscimento delle unioni di fatto vengono portate avanti da associazioni di persone omosessuali. L intero dibattito sulla questione è in buona sostanza permeato dalla c.d. ideologia di genere che, a partire dal manifesto di Kirk e Madsen After the ball pubblicato nel 1989 ha esplicitamente intrapreso la strada del riconoscimento dei diritti civili delle coppie di fatto per veicolare una legittimazione culturale dello stile di vita gay e del messaggio ideologico ad essa sotteso. Paradigmatico il fatto che nei paesi ove questo è stato reso possibile si è proceduto a volte direttamente - al riconoscimento del matrimonio tra persone dello stesso sesso e

7 della liberalizzazione delle adozioni in favore di coppie gay. Non va dimenticato che il vero fine di questi che si vogliono far passare per diritti civili non è il portato giuridico vero e proprio (il matrimonio gay, il riconoscimento pubblico della coppia di fatto gay) ma l inevitabile ed anzi deliberatamente mirata ricaduta culturale, antropologica, morale, etica e più ancora pedagogica di un siffatto riconoscimento. La prima delle conseguenze del riconoscimento del mariage pour tous in Francia è notizia di questi giorni la revisione dei programmi pedagogici per le scuole in modo da introdurre una pedagogia gay-friendly e andare verso un nuovo illuminismo sessuale Allo studio c è la riformulazione dei manuali scolastici tenendo conto dell orientamento sessuale: una revisione dei libri di scuola in materia di omosessualità con l introduzione, in particolare, della teoria sul genere sessuale. Non solo, il progetto del ministro Peillon si propone di combattere l ideologia della natura complementare, pilastro della visione tradizionale e cattolica del matrimonio. Si vuole che gli studenti rinuncino a ogni determinismo familiare, etnico, sociale e intellettuale. La scuola non deve più solo insegnare, ma anche emancipare e produrre un individuo libero. In tale prospettiva, è la scuola, e non la famiglia (simbolo del determinismo ), il luogo dove inculcare i valori della République. Questa è la vera posta in gioco. 7

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