DISPENSA DI APPROFONDIMENTO BUREAU VERITAS Settore Agroalimentare

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1 A cura di: Antonietta De Gregorio: Lucilla Dichiarante: Gloria Focetola: Giuliana Pascale: Roberta Prati: Barbara Zarbà: DISPENSA DI APPROFONDIMENTO BUREAU VERITAS Settore Agroalimentare Tecnologo alimentare; Bureau Veritas Italia Tecnologo alimentare; Bureau Veritas Italia Tecnologo alimentare; Bureau Veritas Italia Tecnologo alimentare; Bureau Veritas Italia Tecnologo alimentare; Bureau Veritas Italia Veterinario; Bureau Veritas Italia Edizione Maggio 2010

2 INDICE: 1. IL CONTESTO ODIERNO PANORAMICA SULLA SICUREZZA ALIMENTARE L assicurazione del livello igienico sanitario Il Codex Alimentarius La normativa volontaria La ISO LA ISO La norma ISO in breve ISO e ISO 9000: La norma ISO in dettaglio Scopo Riferimenti Normativi Termini e Definizioni Sistema di gestione per la sicurezza alimentare Requisiti generali Requisiti della documentazione Tenuta sotto controllo delle registrazioni Responsabilità della Direzione Impegno della direzione Politica per la sicurezza alimentare Pianificazione del sistema di gestione per la sicurezza alimentare Responsabilità e autorità Responsabile del gruppo per la sicurezza alimentare Comunicazione (esterna, interna) Preparazione e risposta all emergenza Riesame da parte della Direzione Gestione delle risorse Riesame da parte della Direzione Riesame da parte della Direzione Infrastrutture e Ambiente di lavoro Pianificazione e realizzazione di prodotti sicuri Generalità Programmi di prerequisiti Fasi preliminari per consentire l analisi dei pericoli Analisi dei pericoli Costituzione di programmi di prerequisiti operativi Costituzione del piano HACCP Aggiornamento delle informazioni e dei documenti preliminari specificatamente ai PRP e al piano HACCP Pianificazione della verifica Sistema di rintracciabilità Tenuta sotto controllo della non conformità Verifica, validazione e miglioramento del Sistema di Gestione per la sicurezza alimentare Generalità Validazione delle combinazioni di misure di controllo Pagina 2 di 70

3 8.3 Tenuta sotto controllo del monitoraggio e della misurazione Verifica del sistema di gestione per la sicurezza alimentare Miglioramento Bibliografia ALL. 1: FOCUS SULLA DOCUMENTAZIONE PREVISTA DAL ALL. 2: APPROFONDIMENTO NEL SETTORE VEGETALE All. 2.1 Introduzione alla valutazione del rischio All. 2.2 Le fasi della valutazione del rischio All Hazard identification All Hazard characterization All Exposure assessment All Risk characterization All. 2.3 Prodotti Fitosanitari All ADI - Acceptable Daily Intakes All Residue levels All Exposure assessment All TMDI - Theoretical Maximum Daily Intake All IEDI International Estimated Daily Intake All NEDI National Estimated Daily Intake All Probabilistic approach: Monte Carlo Method All Risk characterization All Gli organi di controllo in Italia All Il Piano Nazionale Residui (PNR) All La nuova normativa comunitaria in tema di MRL All. 2.4 Bibliografia ALL. 3: APPROFONDIMENTO SUL SETTORE ANIMALE All. 3.1 Zoonosi All Generalità All Modalità di trasmissione All Principali malattie degli animali trasmissibili all uomo All Zoonosi parassitarie All. 3.2 Residui di farmaci veterinari e sostanze proibite All. 3.3 Contaminazione microbiologica secondaria All Intossicazioni All Tossinfezioni All. 3.4 Bibliografia ALL. 4: APPROFONDIMENTO SULLA NORMATIVA COGENTE All. 4.1 Regolamenti "base" All. 4.2 Regolamenti "applicativi" All. 4.3 La normativa del settore del packaging Pagina 3 di 70

4 All. 4.4 Bibliografia ALL. 5: FOCUS SULLA FSSC 22000/PAS 220 E ISO/TS All. 5.1 LA NORMA FSSC E PAS All. 5.2 Dallo standard ISO allo standard FSSC passando per le specifiche PAS All. 5.3 Lo standard FSSC All. 5.4 La ISO/TS : All Terminologia specifica della norma ISO/TS All I requisiti della norma ISO/TS Pagina 4 di 70

5 1. IL CONTESTO ODIERNO A cura di: Gloria Focetola: Comitato tecnico Food Bureau Veritas Italia S.p.A. Roberta Prati: Food Manager Bureau Veritas Italia S.p.A. La globalizzazione dei mercati spinge le aziende del comparto alimentare a competere con prodotti immessi sul mercato a prezzi sempre più concorrenziali. Si è quindi costretti a diversificare il prodotto alimentare puntando sull innovazione e sul miglioramento qualitativo, facendo diventare il concetto di qualità e di sicurezza un prerequisito del prodotto. Nel corso di questi ultimi anni si è assistito ad una notevole proliferazione di leggi e standard volontari, tutti volti a promuovere ed a garantire la qualità e la sicurezza alimentare e la loro gestione lungo i diversi livelli della filiera (Figura 1). L approccio verso una normativa volontaria, che sia di sistema, di prodotto o di processo, d altronde rappresenta un passo verso il rispetto delle leggi cogenti, ma anche uno strumento di competitività e di chiarezza tra le Parti interessate. Figura 1: Il contesto certificativo in rapporto alla filiera. FILIERA E TRACCIABILITA' Aziende agricole Processi primari Trasfor mazione Grossisti Stoccatori GDO CAMPO EUREPGAP GTP COCERAL TRACCIABILITÀ / PRODOTTO GMP TRACCIABILITÀ INTERNA CERTIFICAZIONE PRODOTTO FAMI QS CODEX ASSALZOO BRC/IFS GMP BRC-IOP EN CERTIFICAZIONE PRODOTTO TRACCIABILITÀ INTERNA BRC-IFS LOGISTIC CERTIFICAZIONE DI SERVIZIO FILIERA PRODOTO BRC-IFS LOGISTIC TAVOLA Standard trasversali di gestione : HACCP, ISO 9000, OHSAS 18001, ISO 14000, SA 8000 ISO ISO TS Tutte le figure coinvolte nella filiera (aziende agricole, aziende di trasformazione, grossisti, stoccatore, GDO) hanno la responsabilità di immettere sul mercato un prodotto sicuro e igienicamente controllato. Pagina 5 di 70

6 Le regole dettate dal mercato internazionale richiedono però delle garanzie aggiuntive circa la sicurezza dei prodotti a causa di condizioni di utilizzo e trasporto sempre più stressate e prolungate. Quando un produttore e i suoi prodotti sono certificati, questo elemento diventa una prova tangibile che il prodotto soddisfa le aspettative di qualità e sicurezza del consumatore finale. Se la certificazione e vissuta come strumento di gestione e miglioramento del sistema, può diventare sinonimo di competitività ed elemento distintivo verso i mercati esteri. E quello che sta accadendo per chi vuole esportare in Gran Bretagna, piuttosto che in Germania o in Francia, Paesi nei quali la Grande Distribuzione Organizzata richiede che i propri fornitori siano certificati secondo standard BRC e IFS. In linea generale, per poter essere più competitive, le aziende necessariamente devono puntare sulla qualità, intesa sia come sistema d organizzazione interna che come valorizzazione del prodotto finale (Figura 2). Un riesame critico dell attuale organizzazione aziendale permette di evidenziare costi dovuti ad inefficienze, rilavorazioni, ripetizioni di attività, rimborsi al cliente, ritiri dal mercato Tutto ciò comporta un aumento effettivo dei costi aziendali, che alcuni studi hanno quantificato in un 20-25% del fatturato e possono essere ridotti se si punta al raggiungimento di una politica di qualità. Prima dell avvento del sistema HACCP la sicurezza dell alimento veniva valutata solo in funzione del prodotto finito al momento dell immissione nel commercio. La normativa cogente e volontaria, attualmente spronano ad una logica di prevenzione dell evento negativo, pianificando, misurando, migliorando i processi e documentando il sistema, per dimostrare la capacità di intervenire in maniera opportuna. L azienda ha così a disposizione una tale quantità di informazioni in tempi rapidi che diventa realmente possibile intervenire con tempestività, evitando di sprecare tempo e risorse ed aumentando, di conseguenza, l efficienza della propria attività. Figura 2: Gestione del sistema in qualità. Sistema Assicurazione Qualità organizzazione interna di gestione Preventiva Coerente Ottimizzata Documentata dimostrare in base ad evidenze oggettive Gestione affidabile dei processi Prodotti regolarmente conformi ed adeguati all uso Prevenire Gestire Migliorare Pagina 6 di 70

7 Sempre più frequentemente l industria acquirente vuole essere garantita fin dall origine circa la qualità del prodotto, evitando il rischio di acquistare prodotti non conformi. Oggi, però, attenersi semplicemente a quanto dichiarato in etichetta o sulla scheda tecnica è una condizione sicuramente necessaria, ma non più sufficiente per raggiungere la piena soddisfazione del Consumatore finale, che è molto selettivo in tema di qualità. Soddisfare le attese del Consumatore (OGM, rintracciabilità, caratteristiche peculiari), vuol dire rassicurarlo anche sulla veridicità di quanto dichiarato. Da qui la necessità di sviluppare fiducia nel marchio, anche attraverso il supporto di un Ente Terzo che attesti in maniera imparziale aspetti quali salubrità e tipicità del prodotto. Indubbiamente un marchio di prestigio e affermato diventa sinonimo di garanzia dell origine della materia prima: il marchio crea e dà continuità al legame fra la produzione ed il consumo. L imprenditore, presa coscienza di questi aspetti, si ritrova a doversi districare nella giungla di standard di sistema e di prodotto esistenti: certificazioni di tracciabilità (ISO 22005), di prodotto, standard internazionali (BRC, IFS), GLOBALGAP, Bollino Blu, ISO 9000, ISO14000, OHSAS18000, SA8000 ed altri ancora. E necessario, quindi, che operi una scelta consapevole delle certificazioni a cui fare riferimento, evitando: l effetto collezione. A tal fine, è imprescindibile un analisi preventiva del proprio mercato di riferimento (locale/nazionale/estero, Paese di esportazione), considerare la tipologia del proprio prodotto (caratteristiche peculiari da esaltare), il contesto in cui è inserita l azienda e la tipologia di Clienti cui si rivolge, la forza del proprio marchio e la tipologia di organizzazione. Incrociando tra loro tutti questi fattori, l imprenditore può effettuare una scelta consapevole e scegliere le certificazioni realmente mirate alla propria realtà e alla gestione del proprio rischio aziendale (Figura 3). Figura 3: Matrice esemplificativa per la scelta dello schema di certificazione. MERCATO - Italiano - Estero (quali paesi?) TIPOLOGIA PRODOTTO - Alto/basso rischio - Tradizionale - Standardizzato CONTESTO - Localizzazione - Stakeholder (cittadinanza, aziende, P.A., turisti, clienti, collaboratori, dipendenti, fornitori, investitori) TIPOLOGIA CLIENTI: gdo, aziende FORZA DEL BRAND ISO 9000 ISO BRC IFS ISO SA 8000 XY TIPOLOGIA ORGANIZZAZIONE Pagina 7 di 70

8 Parallelamente, a livello internazionale, si sta assistendo ad uno sforzo, non semplice, di snellire ed armonizzare le diverse impostazioni dei numerosi standard presenti sul mercato. Partendo proprio da queste considerazioni, per quanto riguarda il settore sicurezza alimentare, l ISO Committee TC34, di cui Bureau Veritas fa parte, ha lavorato alla pubblicazione della norma ISO Sistemi di gestione per la sicurezza alimentare Requisiti per qualsiasi organizzazione nella filiera alimentare : uno standard volontario nato dall esigenza di armonizzare lo schema HACCP con i differenti standard utilizzati fino ad oggi. Tale norma ha avuto un grande impatto sul mondo della certificazione perché ha permesso e permetterà di utilizzare un unico riferimento, valido in tutto il mondo, universalmente riconosciuto. Pagina 8 di 70

9 2. Panoramica sulla sicurezza alimentare A cura di Gloria Focetola: Comitato tecnico Food Bureau Veritas Italia S.p.A. Roberta Prati: Food Manager Bureau Veritas Italia S.p.A. 2.1 L assicurazione del livello igienico sanitario La gestione della sicurezza igienica si è basata e si basa spesso su un sistema ampiamente riconosciuto: l HACCP (Hazard Analysis Critical Control Point). E metodo che permette di controllare e gestire i pericoli specifici, basandosi sulla prevenzione dei pericoli, sull individuazione di corretti CCP e su un appropriato trattamento, preparazione e conservazione dell alimento. Dalla direttiva n 93/43 (che sanciva l obbligatorietà dell autocontrollo a livello europeo), alle indicazioni fornite dal Codex Alimentarius, fino all emissione di varie norme volontarie, si sono avute nel tempo diverse interpretazioni e differenti gradi di interpretazione della metodica HACCP. In Italia, la direttiva europea è stata recepita con l entrata in vigore del D.Lgs. 155/97, che dettava regole sul sistema da adottare per procedere all analisi dei pericoli. Qualunque tecnico del settore alimentare può ricordare con chiarezza il momento in cui in Italia entrò in vigore il D.Lgs. 155/97, relativo all autocontrollo nel settore alimentare. All inizio si creò una gran confusione: come e quando dover applicare la norma? Il concetto di autodeterminazione dei punti critici era un po lontano dal modo di pensare esistente e a molti non era chiaro in che cosa dovesse consistere l applicazione del principio HACCP. Leggendo il Codex Alimentarius (i sette principi cardine e i 12 step di implementazione) e cercando di applicare il ben noto (e a volte odiato) albero delle decisioni per l identificazione dei punti critici, ci si è sforzati di applicare questo nuovo metodo, all inizio così ostico. Ecco che allora si cominciarono a produrre dei manuali teorici, spesso esercizi di stile d igiene e microbiologia, che però difficilmente centravano il problema ed erano fruibili dalla produzione. Venivano utilizzati linguaggi e strumenti poco pratici: si riempirono di carta e di moduli le linee produttive che restavano dimenticati su qualche scaffale. Si sono quindi creati manuali HACCP con innumerevoli punti critici, troppi, inutili e quindi non gestiti (vale il principio tanti ccp nessun ccp ). Successivamente, si cominciò a capire che il piano HACCP deve focalizzarsi solo sui pericoli significativi (che hanno una probabilità ragionevole di risultare un rischio inaccettabile per la salute del consumatore); il sistema incominciò quindi a snellirsi. Si fece maggiore chiarezza: si capì che l albero delle decisioni non era l unico dei mondi possibili ; che si trattava in sostanza di applicare un fattore probabilistico al pericolo igienico, ponderandolo con un analisi mirata. Sì capì inoltre che il vero autocontrollo era dato da pochi punti di controllo ben gestiti. Ci furono quindi delle evoluzioni: in qualche azienda illuminata i tomi HACCP si snellirono andando ad adattarsi alle reali e concrete criticità aziendali. In qualche altro caso invece i manuali sono rimasti tal quali da allora, non rispecchiando più i cambiamenti di prodotto/processo. Rimaneva però il divario tra l impostazione Europea (basata sui ccp) e l impostazione USA che insiste da sempre sul concetto di GMP come controllo trasversale di alcune criticità (prescindendo dal prodotto) che devono essere comunque gestite. Pagina 9 di 70

10 Il FOOD CODE emesso dalla FDA americana, infatti, correla la gestione igienica ad una interpretazione differente integrando le buone pratiche igieniche con i principi HACCP e fornendo una visione a tutto tondo della sicurezza legata agli alimenti. Oltre alle scuole di pensiero extraeuropee in tema di HACCP (asiatica, canadese, etc.), cominciarono ad uscire degli standard di certificazione volontaria che volevano, ognuno a suo modo, fornire risposte alla necessità di intraprendere la strada della certificazione volontaria dell autocontrollo (DS 3027 Danese, Dutch HACCP, UNI italiano). Ed ogni operatore del settore si è posto la stessa domanda: possibile che non ci sia un solo metodo per fare HACCP? 2.2 Il Codex Alimentarius Il Codex Alimentarius è una raccolta di norme internazionali adottate dalla Commissione del Codex Alimentarius. La commissione del Codex Alimentarius è stata creata nel 1962 da due Organizzazioni delle Nazioni Unite, la FAO (Organizzazione per l Alimentazione e l Agricoltura) e l'oms (Organizzazione Mondiale della Sanità). In tema di sicurezza alimentare, il CODEX ha emesso la seguente linea guida Hazard Analysis And Critical Control Point (Haccp) System And Guidelines For Its Application Annex to CAC/RCP (Rev ). Tale metodo è diventato il punto di riferimento per l analisi dei pericolo (HA) e la gestione dei punti critici (ccp). Oggi, è un sistema di monitoraggio e controllo consolidato in tutte le realtà della filiera alimentare, che ha introdotto i seguenti 7 principi, attuati a livello aziendale da un team HACCP preposto: PRINCIPIO 1: condurre un analisi dei pericoli PRINCIPIO 2: determinare i CCP PRINCIPIO 3: identificare i limiti critici PRINCIPIO 4: identificare un sistema di monitoraggio dei CCP PRINCIPIO 5: identificare azioni correttive da attuare in caso che il monitoraggio indichi che il ccp non è sotto controllo PRINCIPIO 6: stabilire procedure di verifica che confermino che il sistema HACCP stia funzionando efficacemente PRINCIPIO 7: stabilire documentazione e registrazioni concernenti i punti precedenti Tali principi possono essere elaborati utilizzando il seguente foglio di lavoro suggerito da CODEX: Per l applicazione dei 7 punti il Codex Alimentarius suggerisce di implementare 12 step di applicazione: Pagina 10 di 70

11 1. Costituire il team HACCP Nel settore alimentare sono necessari conoscenza e competenza per lo specifico prodotto per poter sviluppare un piano HACCP efficace. Meglio ancora se il team di lavoro è multidisciplinare. Nel caso in cui non sia possibile disporre di una specifica competenza on site, è possibile fare riferimento a risorse esterne. 2. Descrivere il prodotto Deve essere tracciata una dettagliata descrizione del prodotto, incluse informazioni rilevanti riguardo: la composizione, struttura chimica-fisica (aw, ph, ), trattamenti (trattamenti col calore, congelamento, salamoia, affumicatura, ), confezionamento, scadenza, condizioni di stoccaggio e metodo di distribuzione. 3. Destinazione d uso L applicazione è basata sull uso atteso per il prodotto dall utilizzatore finale o dal consumatore. Nel caso specifico, dovranno essere considerati i gruppi vulnerabili di persone, es. anziani, neonati, etc. 4. Descrivere il diagramma di flusso Il diagramma di flusso deve essere redatto dal team HACCP. Deve coprire tutti gli step significativi: quando si applica il sistema HACCP ad una determinata operazione, dovranno essere condotte delle osservazioni sugli step precedenti e seguenti la specifica operazione. 5. Confermare sul sito il diagramma di flusso Il team HACCP deve confermare le operazioni del processo inserite nel diagramma di flusso durante tutti gli stages e le ore di operatività e correggere il diagramma quando necessario. 6. Elencare tutti i pericoli potenziali associati a ciascun step, condurre un analisi dei pericoli, e considerare ogni misura per controllare un pericolo identificato (vedi principio 1) Il team HACCP deve elencare tutti i pericoli che ragionevolmente potrebbero verificarsi per ogni step dalla produzione primaria, all elaborazione, alla distribuzione fino al consumo. Il team HACCP in seguito dovrà condurre un analisi dei pericoli per identificare secondo il piano HACCP quali pericoli sia necessario eliminare o ridurre a livelli accettabili per preservare la sicurezza alimentare. Conducendo l analisi dei pericoli, dove possibile è necessario includere: la probabilità che il pericolo avvenga e la gravità degli effetti sulla salute; la valutazione qualitativa e/o quantitativa della presenza del pericolo; la sopravvivenza o moltiplicazione dei microrganismi la produzione o la persistenza nell alimento di tossine, agenti chimici o fisici; le condizioni che hanno portato a tutto ciò. Il team HACCP deve poi considerare quali misure di controllo possono essere adottate per ciascun pericolo: più di una misura di controllo può essere necessaria per controllare uno specifico pericolo, e più di un pericolo può essere controllato da una specifica misura di controllo. 7. Determinare i CCP (vedi principio 2) Può esserci più di un CCP sul quale viene applicato un controllo per monitorare lo stesso pericolo. La determinazione di un CCP in un sistema HACCP può essere facilitato dall applicazione dell albero delle decisioni, che indica un approccio logico al problema. L albero delle decisioni può essere flessibile, applicabile sia alle operazioni di produzione, di macellazione, di processo, stoccaggio, distribuzione o altro. Può essere usato come guida per determinare i CCP. L albero delle decisioni potrebbe non essere applicabile a tutte le situazioni: per cui si possono sfruttare altri approcci. Pagina 11 di 70

12 Se un pericolo è stato identificato in uno step in cui il controllo è necessario per salvaguardare la sicurezza, e non esiste nessuna misura di controllo applicata né in questo punto né in nessun altro, è necessario modificare il prodotto o il processo almeno ad uno stage vicino per rendere possibile l implementazione di una misura di controllo. 8. Stabilire limiti critici per ogni CCP (vedi principio 3) I limiti critici devono essere specificati e validati, se possibile, per ciascun CCP. In alcuni casi, può essere elaborato più di un limite critico in uno step particolare. I criteri più frequenti sono: la temperatura, il tempo, il livello di umidità, ph, aw, parametri sensoriali, come aspetto o consistenza. 9. Stabilire un sistema di monitoraggio per ogni CCP (vedi principio 4) Il monitoraggio è una misurazione documentata di un CCP, riferiti ai limiti critici specifici. Le procedure di monitoraggio sono necessarie per rilevare la perdita di controllo di un CCP. Inoltre, il monitoraggio dovrebbe idealmente fornire informazioni in tempo per portare correzioni, in modo da assicurare il controllo dei processi, prevenendo la violazione dei limiti critici. Dove possibile, le correzioni del processo dovranno essere effettuate quando i risultati del monitoraggio indicano un trend di perdita di controllo del CCP. La correzione dovrà essere apportata prima che avvenga la deviazione vera e propria. I dati che provengono dalle attività di monitoraggio dovranno essere valutati da una persona designata, con competenze e conoscenze tali da essere in grado di apportare adeguate azioni correttive. Il monitoraggio non deve necessariamente essere continuo: ma la quantità o la frequenza devono essere tali da garantire un controllo adeguato del CCP. La maggior parte delle procedure di controllo devono essere tali da agire rapidamente perché ciascuna è applicata direttamente ad un processo e non c è tempo per lunghi e analitici test. Misurazioni fisiche e chimiche sono più spesso preferite a quelle microbiologiche, proprio perché più rapidi e possono spesso essere indici di uno stesso controllo microbiologico. Tutte le registrazioni e i documenti associati al monitoraggio dei CCP devono essere vidimate da chi opera il monitoraggio e dal responsabile del riesame ufficiale dell organizzazione. 10. Stabilire azioni correttive (vedi principio 5) Devono essere sviluppate specifiche azioni correttive per ciascun CCP nel sistema HACCP per trattare una deviazione quando avviene. Le azioni devono assicurare che il CCP è stato riportato sotto controllo. Le azioni devono includere inoltre appropriate disposizioni sul prodotto non conforme. Il tutto deve essere documentato. 11. Stabilire procedure di verifica (vedi principio 6) I metodi di verifica e di audit, le procedure e i test, incluso il campionamento e le analisi, devono essere utilizzate per determinare se il sistema HACCP è applicato correttamente. La frequenza di verifica deve essere sufficiente per confermare che il sistema HACCP stia lavorando efficacemente. Esempi di attività di verifica: riesame del sistema HACCP e le sue registrazioni; riesame delle non conformità e delle disposizioni; conferme della tenuta sotto controllo dei CCP. Dove possibile, le attività di validazione dovrebbero includere azioni di conferma dell efficacia di tutti gli elementi del piano HACCP. 12. Stabilire la documentazione e le registrazioni (vedi principio 7) Una tenuta delle registrazioni efficiente e accurata è essenziale per l applicazione di un sistema HACCP. Le procedure devono essere documentate. Le registrazioni e la documentazione deve essere appropriata alla natura e alle dimensioni delle operazioni. Pagina 12 di 70

13 Esempi di documentazioni: analisi dei pericoli; determinazione dei CCP; determinazione dei limiti critici. Esempi di registrazioni: attività di monitoraggio dei CCP; non conformità e correlate azioni correttive; modifiche del sistema HACCP. 2.3 La normativa volontaria A livello normativo sono nati in questi anni, diversi standard per rispondere alla necessità di intraprendere la strada della certificazione volontaria dell autocontrollo. Uno di questi è la Norma Danese DS 3027 (ora ritirata) - Food Safety according to HACCP to be met by food producing companies and theirs subcontractors : una norma basata sui concetti esposti nel Codex Alimentarius e nella normativa cogente. Schema simile è il Dutch HACCP: uno strumento pratico e operativo che permetteva alle aziende di integrare e gestire alcuni aspetti rilevanti e valorizzanti (es. gestione richiami e notifiche, schede tecniche di materie prime, controllo documentale, criteri per la costituzione ed aggiornamento del Team HACCP). In Italia si è utilizzata la Norma UNI 10854:1999 Linea guida per la progettazione e la realizzazione di un sistema di autocontrollo basato sul metodo HACCP. A seguire sono nati gli standard BRC e IFS. Il risultato finale è stata una dispersione nei riferimenti per l applicazione di un sistema di gestione della sicurezza alimentare per gli operatori del settore. La necessità di un armonizzazione nel settore della sicurezza alimentare ha portato a creare un fronte comune: a livello legislativo, il 2006 vede l entrata in vigore del pacchetto igiene, creando requisiti per elevare il livello minimo delle nostre produzioni a livello locale è stato istituito un Comitato Nazionale per la Sicurezza alimentare, a livello internazionale, per armonizzare gli standard volontari di riferimento per l igiene è uscita la ISO Pagina 13 di 70

14 MANUALI DI BUONA PRASSI IGIENICA APPROCCIO REATTIVO Azione in seguito al verificarsi dell evento Dutch HACCP GMP UNI Dir. 93/43 D.Lgs. 155/97 Sistema HACCP APPROCCIO PROATTIVO Prevenzione del rischio, autocontrollo DS 3027 NECESSITA DI ARMONIZZAZIONE 1) A livello comunitario, PACCHETTO IGIENE Per uniformare e armonizzare i comportamenti di tutti 2) Comitato Nazionale per la sicurezza alimentare, interfaccia per la promozione di metodi uniformi di valutazione del rischio 3) A livello internazionale ISO 22000, per armonizzare HACCP con i differenti standard 2.4 La ISO Gia da qualche tempo si sentiva la necessità di una norma ISO applicabile al settore alimentare. Per questo nel 2001 fu stata pubblicata la ISO (Linee guida per l applicazione della ISO 9001:2000 all industria alimentare).tale Norma a breve verrà sostituita dalla ISO Questo standard è mirato a tutte le organizzazioni coinvolte nel settore alimentare e delle bevande incluso il settore degli imballaggi. Per aiutare il lettore, i requisiti della ISO 9001 sono presentati in un riquadro, accompagnato da un commento specifico per il settore. La ISO 15161, frutto dei lavori del Comitato Tecnico ISO/TC 34 (Food products) permette ad un'organizzazione di integrare il proprio sistema di gestione della qualità con quello di gestione della sicurezza igienica. Sappiamo infatti che la ISO 9001 mette a fuoco i bisogni e le aspettative dei clienti. Una delle più importanti aspettative è sicuramente legata alla necessità implicita di consumare prodotti alimentari sicuri. La ISO permette di conseguenza all organizzazione di integrare il sistema di gestione della qualità con i sistemi di sicurezza dell'alimento (es. HACCP). Il TC 34 afferma che qualunque sistema di sicurezza igienico dell'alimento può essere integrato con il sistema di gestione della qualità. Si è usato come schema base quello dell HACCP solo come esemplificazione didattica. Pagina 14 di 70

15 In una sezione allegata allo standard, infine, viene presentata una tabella dei collegamenti tra i principi dell'haccp e i punti specifici della ISO 9001:2000. INPUT sottopunto della ISO 9001:2000 che si adatta al principio HACCP 6.1: MESSA A DISPOSIZIONE DELLE RISORSE 6.2.2: COMPETENZA, CONSAPEVOLEZZA ED ADDESTRAMENTO 7.1: PIANIFICAZIONE DELLA REALIZZAZIONE DEL PRODOTTO 7.2: PROCESSI RELATIVI AL CLIENTE 7.3.1: PIANIFICAZIONE DELLA PROGETTAZIONE E DELLO SVILUPPO 5.4.2: PIANIFICAZIONE DEL SISTEMA DI GESTIONE PER LA QUALITÀ 7.1: PIANIFICAZIONE DELLA REALIZZAZIONE DEL PRODOTTO 7.3: PROGETTAZIONE E SVILUPPO 7.4.1: PROCESSO DI APPROVVIGIONAMENTO 7.3: PROGETTAZIONE E SVILUPPO 7.4: APPROVVIGIONAMENTO 8.2.3: MONITORAGGIO E MISURAZIONE DEI PROCESSI 8: MISURAZIONI, ANALISI E MIGLIORAMENTO 8.5.2: AZIONI CORRETTIVE 5.6.1: GENERALITÀ 8.2.2: VERIFICHE ISPETTIVE INTERNE 8.2.3: MONITORAGGIO E MISURAZIONE DEI PROCESSI 4.2: REQUISITI RELATIVI ALLA DOCUMENTAZIONE PRINCIPIO HACCP CONDURRE UN ANALISI DEI PERICOLI DETERMINARE I CCP IDENTIFICARE I LIMITI CRITICI IDENTIFICARE UN SISTEMA DI MONITORAGGIO DEI CCP IDENTIFICARE AZIONI CORRETTIVE STABILIRE PROCEDURE DI VERIFICA E VERIFICARE L EFFETTIVA OPERATIVITÀ STABILIRE DOCUMENTI E REGISTRAZIONI OUTPUT Output dallo studio HACCP che può essere gestito con la ISO 9001: : AZIONI PREVENTIVE 6.4: AMBIENTE DI LAVORO 7.1: PIANIFICAZIONE DELLA REALIZZAZIONE DEL PRODOTTO 7.5: PRODUZIONE ED EROGAZIONE DI SERVIZI 7.6: TENUTA SOTTO CONTROLLO DEI DISPOSITIVI DI MONITORAGGIO E MISURAZIONE 8.2.3: MONITORAGGIO E MISURAZIONE DEI PROCESSI 8.2.4: MONITORAGGIO E MISURAZIONE DEI PRODOTTI 8.3: TENUTA SOTTO CONTROLLO DEI PRODOTTI NON CONFORMI 8.4: ANALISI DEI DATI 8.5.2: AZIONI CORRETTIVE 5.6: RIESAME DELLA DIREZIONE Pagina 15 di 70

16 3. LA ISO A cura di Gloria Focetola: Comitato tecnico Food Bureau Veritas Italia S.p.A. Roberta Prati: Food Manager Bureau Veritas Italia S.p.A. 3.1 La norma ISO in breve Il primo settembre 2005 l ISO Committee TC34 ha pubblicato la norma ISO Food safety management systems Requirements for any organization in the food chain. Questo standard volontario ha l intento base di armonizzare i differenti approcci in tema di sicurezza igienica. Tale norma ha avuto una notevole eco nel mondo della certificazione perché permette di utilizzare un valido riferimento conosciuto in tutto il mondo. Lo standard è applicabile ai vari settori della filiera suddivisi in categorie: Categorie Esempi A produzione primaria animale Allevamento animale, ittico, produzione uova, etc. B produzione primaria vegetale Coltivazione di frutta, verdura, cereali, orticole, etc. C Prodotti trasformati di origine animale Carne, pollame, confezionamento uova, latte e (inclusa la macellazione): deperibili prodotti ittici: refrigerata/surgelata (refrigerati /surgelati) D Prodotti trasformati di origine vegetale: deperibili (refrigerati /surgelati) E Prodotti alimentari a lunga conservazione (temperatura ambiente) F Produzione di mangimi Per ittico ed animali Confezionamento di frutta e verdura refrigerata/surgelata; succhi di frutta e verdura refrigerata/surgelata Conserve, bevande prodotti da forno, snacks, pasta, farine, zucchero, dolciumi, sale G Catering Ristoranti, ristorazioni collettive H Distribuzione GDO, negozi, ingrosso I Servizi Pulizie, disinfestazioni derattizzazioni, gestione rifiuti, approvvigionamento idrico, J Trasporto e stoccaggio K Fabbricazione di macchine ed apparecchi meccanici per l'industria alimentare L Produzione di prodotti chimici e biologici per l'industria alimentare e zootecnica M produzione di materiale da imballo ed imballaggi per l'industria alimentare Additivi, vitamine, pesticidi, farmaci, fertilizzanti, detergenti-disinfettanti, aromi, spezie, biocolture Partendo dalla considerazione che un pericolo per la salute del consumatore possa verificarsi in qualsiasi fase della filiera di produzione/distribuzione, la ISO è stata concepita per essere applicabile a tutti gli attori della catena agroalimentare. Coinvolge quindi sia le aziende direttamente interessate (i produttori ed i distributori del prodotto) sia quelle coinvolte in maniera indiretta (es. i produttori di packaging o le imprese di pulizia). 1 Jacob Faergemand, Bureau Veritas e presidente della commissione per le norme della serie ISO Pagina 16 di 70

17 Questo non significa che lo standard si profila come una certificazione di filiera: ogni elemento certificherà la sua parte. La Norma e stata strutturata tenendo conto delle differenti impostazioni in tema igienico derivanti dalle diverse comunità scientifiche. E stata studiata in modo tale da essere coerente con le impostazioni delle norme di sistema/ambiente già utilizzate nel panorama certificativo (ISO 9000, ISO 14000) ed essere perfettamente integrabile nei Sistemi Qualità già esistenti. La Norma è stata progettata in modo tale da: Fornire uno strumento agile e logico per un efficace gestione delle problematiche igieniche di stabilimento. Concordare pienamente con i principi HACCP del Codex Alimentarius. Armonizzare gli standard nazionali di certificazione volontaria in tema di igiene (Dutch HACCP Standard, DS 3027 danese, UNI italiano), garantendo un unico linguaggio internazionale. Risultare coerente con le impostazioni delle norme di sistema ISO 9000 e ISO Imporre al sistema attenzione ed aggiornamento nei confronti della cogenza. Creare uno standard utilizzabile per audit di Prima / Seconda/ Terza Parte. Integrare i principi dell HACCP con il concetto innovativo di Prerequisite Programmes ed operational PRPs. Nello standard si specifica che: ai fini della sicurezza igienica devono essere considerati ed analizzati alcuni aspetti chiave che rappresentano le colonne portanti della norma (Figura 4) Figura 4: I punti chiave della ISO Comunicazione interattiva: attiva sia interna che esterna PRINCIPI ISO Management system: politica, risorse, comunicazione e aggiornamento Prerequisite Programmes PRPs: gestione delle attività trasversali Principi HACCP: gestione dei CCP La norma fornisce molta enfasi alla corretta comunicazione che deve avvenire tra i diversi anelli della filiera. Il successo o l insuccesso dell applicazione del metodo, non è quindi considerato merito o demerito di una singola organizzazione, ma dipende dal modo nel quale le diverse organizzazioni sono in grado di giungere ad un completo interscambio di informazioni. Pagina 17 di 70

18 Tra gli attori coinvolti nella comunicazione vengono inseriti anche le Autorità di controllo e legali. Si dà molta rilevanza anche al concetto di impegno della Direzione, che deve sentirsi coinvolta nell attività e nell organizzazione delle risorse ai fini della sicurezza igienica. La Direzione svolge un ruolo fondamentale per l integrazione delle attività e dell organizzazione. E inserito il concetto di validazione del sistema e di verifica continua: la raccolta dei dati è necessaria per revisionare il sistema e per far emergere quegli errori, quelle mancanze che alla data odierna non dovrebbero più essere viste come qualcosa di cui vergognarsi, da nascondere. Anche nella ISO 22000, come nella 9000, l atteggiamento di base deve essere di tipo costruttivo per orientare la politica aziendale in un ottica di continuo miglioramento (il reclamo come un opportunità per rendere il sistema sempre più efficace). La ISO mira ad integrare i concetti di gestione del pericolo legato al prodotto (principi HACCP), secondo quanto indicato dal Codex Alimentarius, con i prerequisite programmes (PRSs) e gli operational PRPs. Il concetto su cui si basa è proprio un integrazione bilanciata e sapiente tra questi tre elementi, per ottenere un sistema in grado di gestire i pericoli per la sicurezza dell alimento, previa analisi dei pericoli stessi (Figura 5): a) prerequisite programmes PRPs: condizioni o attività di base necessarie per mantenere il livello igienico voluto nella filiera, per controllare la probabilità d introduzione di un pericolo attraverso l ambiente di lavoro e la possibilità di contaminazione biologica, chimica, fisica o crociata. La tipologia è stabilita in base al segmento di filiera considerato e dal tipo di organizzazione; per cui termini esemplificativi possono essere: GAP, GVP, GMP, GHP, GPP, applicabili alle infrastrutture, alla progettazione del layout, alla manutenzione, all approvvigionamento idrico, all igiene del personale, al controllo degli infestanti, etc. Tale descrizione e tali azioni devono essere pianificate prima dell analisi dei pericoli per gestire tutti gli aspetti trasversali. (vedi anche ISO /TS part 1) b) operational PRPs: sono quei PRPs identificati essenziali, a seguito dell analisi dei pericoli, per controllare la probabilità che un particolare pericolo per la sicurezza alimentare venga introdotto. c) piano HACCP: I principi dell HACCP, come definiti nel Codex Alimentarius, sono incorporati nella ISO 22000, formando gli elementi cardine del sistema di gestione basato su una strategia di gestione dei pericoli per la sicurezza alimentare. La ISO sottolinea l importanza del monitoraggio e del mantenimento dei CCP che sono in genere un area debole dei sistemi HACCP. Il requisito della pianificazione ed implementazione della verifica è volto ad assicurare che i pericoli per la sicurezza alimentare siano continuamente gestiti con la competenza necessaria. I punti b) e c) saranno identificati solo dopo aver effettuato l analisi dei pericoli. Infatti, dopo aver considerato tutti i pericoli che possono invalidare il sistema, la ISO prevede l individuazione di quelli il cui controllo è essenziale per garantire la sicurezza del prodotto, in funzione della gravità e probabilità di ricorrenza. Per questi ultimi vengono stabilite le misure di controllo o attraverso una operational PRP (punto b) o attraverso il piano HACCP (punto c). Pagina 18 di 70

19 Figura 5: Pianificazione del sistema per la realizzazione di prodotti sicuri. CHI PIANIFICAZIONE ANALISI del PERICOLO FOOD SAFETY TEAM PRPs CARATTERISTI CHE PRODOTTO (materie prime, prod. finale, destinaz. d uso) DIAGRAMMI DI FLUSSO STEPS: 1. identificare tutti i pericoli 2. stabilire livelli di accettabilità nel prod. finale 3. identificare i pericoli essenziali per il controllo 4. definire le misure di controllo Operational PRPs Piano HACCP - CCP Il prodotto non conforme, verrà trattato in maniera differente a seconda che ci si trovi di fronte a un operational PRPs o a un CCP. Se una situazione porta ad un superamento dei limiti critici il prodotto si considera potenzialmente pericoloso. Si attua quindi il principio di comunicazione interattiva e le operazioni di recall dal mercato. Se la non conformità riguarda la perdita del controllo di un operational PRPs, prima di arrivare a questa situazione di emergenza, è necessaria una fase di valutazione della cause e delle conseguenze che questa perdita comporta a livello di sicurezza del prodotto. A supporto di tutto ciò non poteva mancare un punto della norma sulla ritracciabilità: fortemente legata concettualmente ed operativamente all esaltazione del concetto di filiera e di compartecipazione di tutti i soggetti interessati all importazione, produzione e commercializzazione di un alimento. Si approfondisce anche l aspetto della gestione delle emergenze, prevedendo delle procedure che devono essere implementate per far sì che il sistema sia reattivo con tempestività adeguata. Pagina 19 di 70

20 Implementando la ISO l azienda attua un ottimizzazione delle risorse, un controllo dei pericoli più efficiente e dinamico, una gestione sistematica dei PRPs: insomma una migliore pianificazione in un ottica di sicurezza alimentare, che comporta inevitabilmente una minore perdita di tempo in fase di verifica a valle, nonché una spinta a distinguersi tramite il miglioramento e aggiornamento, senza fermarsi alla cogenza. (Figura 6) La cogenza legislativa è comunque un punto fondamentale e viene ripreso in vari punti della norma, che considera fondamentale anche tutto ciò che attiene alla comunicazione con le Autorità preposte. Figura 6: Visione d insieme della Norma ISO Infrastrutture & programmi di manutenzione Introduzione all analisi dei rischi Fasi preliminari Initial operat ional PRPs Destinazione d uso Caratteris tiche del prodotto Descrizione delle fasi del processo e delle misure di controllo Diagrammi di flusso Livelli di accettabilità Analisi dei rischi Identificazione dei rischi Rischi da valutare Valutazione dei rischi Rischi da controllare Valutazione delle misure di controllo Combinazione selezionata e categorizzata delle misure di controllo Fase di progettazione Piano HACCP Operational PRPs Validazione della combinazione delle misure di controllo La ISO 22000:2005 è certificabile da un Ente di Terza Parte Indipendente. La ISO 22000, fa parte di una famiglia di norme: ISO/TS 22004, Food safety management systems Guidance on the application of ISO 22000:2005. ISO/TS :2009, Prerequisite programmes on food safety. Parte 1 Food manufacturing. ISO/TS 22003, Food safety management systems Requirements for bodies providing audit and certification of food safety management systems. ISO 22005, Traceability in the feed and food chain General principles and guidance for system design and development. ISO 22006:2009 Quality management systems -- Guidelines for the application of ISO 9001:2008 to crop production. Pagina 20 di 70

21 3.2 ISO e ISO 9000:2008 La ISO deve essere considerata come complementare, non sostitutiva, della ISO 9000: infatti la ISO 9000 non entra nello specifico per quanto riguarda l aspetto della salubrità dell alimento o nell ambito di requisiti specifici per la sua produzione; d altra parte la ISO non copre aspetti quali la qualità organizzativa o aree tradizionalmente operative come la Vendita e il Marketing, etc. Per cui è possibile che un azienda produca alimenti sicuri, ma per contro non sia competitiva nel settore vendite o servizi connessi (Figura 7). Per questi motivi è l abbinamento delle due norme che porta il sistema di gestione ad una completezza (Figura 8), ad una eccellenza ed ad una piena soddisfazione delle richieste di mercato, facilitando inoltre l eventuale integrazione di altri standard che in futuro l azienda vorrà adottare, su precisa richiesta dei propri clienti/fornitori (es. BRC, IFS, GLOBALGAP). Figura 7: Approccio gestionale alla qualità e all eccellenza aziendale World Class Adottare in maniera partecipata la ISO 9000 & ISO come mezzi per raggiungere l eccellenza nei propri prodotti e servizi Intraprendenti Attiva implementazione degli standard per conquistare i clienti Reattivi Implemntare in modo reattivo i sistemi seguendo la domanda dei clienti Approccio gestionale alla sicurezza alimentare Soddisfare unicamente i requisiti legali Standard interni Standard industriali Standard ISO Figura 8: Confronto ISO 9000 e ISO Confronto ISO e ISO 9000 Controllo dei rischi / Progettazione e realizzazione di prodotti sicuri Comunicazione Rapporto di reciproco vantaggio Approccio sistematico alla sicurezza alimentare Gestione delle risorse Coinvolgimento delle persone Responsabilità del leadership e della direzione Organizzazione focalizzata sul cliente ISO 9000 ISO Approccio reale al processo decisionale Pagina 21 di 70

22 3.3 La norma ISO in dettaglio Lo standard ISO 22000:2005 è strutturato secondo i seguenti punti: 1 Scopo Introduce gli elementi base della norma, ossia quei requisiti necessari per un sistema di gestione della sicurezza alimentare che ha l esigenza di dimostrare la sua capacità di controllare i pericoli che possono pervenire, per assicurare la sicurezza del proprio prodotto in ogni momento. Vi si specifica che la norma è applicabile a tutti gli attori coinvolti nella catena alimentare, a seconda della loro complessità e grandezza, permettendo di: pianificare, implementare, attuare, mantenere ed aggiornare un sistema di gestione della sicurezza alimentare dimostrare concordanza con le leggi vigenti tenere in considerazione le richieste del cliente dimostrare un effettiva comunicazione tra gli attori della filiera assicurare conformità con la politica di sicurezza alimentare dimostrare la conformità dei prodotti richiedere una certificazione a fronte dello standard, piuttosto che un autodichiarazione 2 Riferimenti Normativi La ISO è direttamente collegata alla ISO 9000:2000. Ciò riconduce la norma agli 8 principi di gestione per la qualità, oltre che alla terminologia utilizzata nella serie di norme ISO La norma prevede nell allegato A una tabella in cui mette in relazione i punti delle due norme. 3 Termini e Definizioni Nonostante le definizioni siano allineate alla ISO 9000:2000, vengono introdotte nuovi termini relativi al settore alimentare. Molti sono tratti direttamente dai testi del Codex Alimentarius. In particolare segnaliamo quelli riferiti alla sicurezza alimentare: pericolo per la sicurezza alimentare: viene sottolineata la differenza tra il termine pericolo (evento negativo) e rischio (fattore probabilistico). Include gli allergeni (nota 3) e qualsiasi ingrediente in concernente l alimentazione animale che potrebbe potenzialmente causare problemi alla salute umana (nota 4). PRP prerequisite programme: condizioni o attività di base necessarie per mantenere l igiene ambientale ad un livello tale da favorire la sicurezza del prodotto (vedere allegato C per le tipologie specifiche, a seconda dell alimento considerato). PRP operativi: PRPs identificati dall analisi dei pericoli come essenziali per controllare la probabilità che un particolare pericolo per la sicurezza alimentare venga introdotto. Misure di controllo: azioni o attività che possono essere utilizzate per prevenire o eliminare un pericolo o ridurlo a livello accettabile. CCP: step in cui un controllo è essenziale per prevenire, ridurre a livelli accettabili o eliminare un pericolo. Validazione: avere l evidenza che le misure di controllo gestite dal piano HACCP e dall operational PRPs sono efficaci. Verifica: conferma, attraverso la raccolta delle prove oggettive, di controlli HACCP e PRP operativi efficaci. Monitoraggio: Esecuzione di una sequenza pianificata di osservazioni o misurazioni per valutare se le misure di controllo stanno funzionando come previsto. Pagina 22 di 70

23 4 Sistema di gestione per la sicurezza alimentare 4.1 Requisiti generali Vi si definiscono gli scopi cardine del sistema: la garanzia della gestione dei pericoli, l importanza della comunicazione lungo la filiera alimentare e lungo la stessa organizzazione, la valutazione periodica e relativo aggiornamento (per assicurare che le più recenti informazioni sui controlli dei pericoli alimentari siano state contemplate). 4.2 Requisiti della documentazione La norma ISO prevede che la documentazione del sistema di gestione per la sicurezza alimentare includa: le dichiarazioni documentate sulla politica per la sicurezza alimentare e relativi obiettivi; le procedure documentate e le registrazioni richieste dalla norma stessa; i documenti necessari all'organizzazione per assicurare l'efficace sviluppo (vedi allegato 1) Non esiste nessun requisito che richieda un manuale SGSA. Le caratteristiche peculiari per i documenti: devono essere riesaminati/approvati da personale autorizzato essere presenti in un elenco aggiornato consistono nella gestione di revisioni appropriate devono essere eliminati i documenti superati i tempi di conservazione devono essere coerenti con le normative e shelf-life prodotto identificazione delle modifiche 4.3 Tenuta sotto controllo delle registrazioni Si definiscono le regole per la gestione delle registrazioni. In linea con quanto previsto dalla ISO Responsabilità della Direzione Vi si evidenzia l impegno della direzione, la definizione delle responsabilità, la gestione della comunicazione e la revisione del sistema. Sono evidenti le correlazioni con la ISO Da notare la definizione del team leader specifico per la gestione della sicurezza alimentare. 5.1 Impegno della direzione La Direzione deve prevedere una chiara descrizione degli obiettivi per la sicurezza alimentare, che dovranno essere condivisi da tutti. E necessario prevedere due azioni fondamentali: curare con molta attenzione la comunicazione legate a tali attività e la loro revisione, per assicurare un sistema sempre aggiornato. 5.2 Politica per la sicurezza alimentare La Direzione deve assicurare una politica appropriata al ruolo dell organizzazione nella filiera, che sia conforme alla legislazione vigente e alle richieste delle parti interessate. La politica adottata deve essere opportunamente comunicata a tutti i livelli, revisionata e supportata da obiettivi misurabili. Per far sì che le diverse parti che costituiscono il sistema possano garantire il conseguimento di questi obiettivi, occorre prevedere che esse possano muoversi ed agire in condizioni controllate, con misurazioni ben definite. Ecco che la misurazione diventa quindi strumento per dimostrare la validità del sistema e nel contempo anche l anello di congiunzione fra l azione e il miglioramento. Pagina 23 di 70

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