EQUAZIONE DI 3 GRADO

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1 EQUAZIONE DI GRADO

2 Tre matematici e un equazione in rima Al giorno d oggi, quando un matematico dimostra un teorema, lo comunica ai colleghi di tutto il mondo pubblicando un articolo. Non era così nel Rinascimento. Nel 1515 Scipione dal Ferro, professore di matematica all Università di Bologna, scopre la formula per risolvere l equazione di terzo grado x + p x = q (nel linguaggio algebrico moderno), problema che Luca Pacioli, nella sua Summa pubblicata nel 1494 dice essere impossibile, allo stato delle conoscenze. Dal Ferro ne tiene segreta la scoperta, per divulgarla prima di morire, nel 1526, solo al suo allievo Antonio Maria Fior. La notizia comincia a circolare e sprona Niccolò Fontana da Brescia, il Tartaglia, a cercare la soluzione, che trova nel 150. Tartaglia è un autodidatta, così chiamato per la balbuzie dovuta alle ferite subite da un soldato francese durante il sacco di Brescia. Egli dichiara di aver risolto il problema, ma tiene segreta la formula. Credendo che menta, Fior lo sfida pubblicamente, sottoponendogli 0 quesiti che si possono risolvere solo conoscendo la soluzione dell equazione. Questi «duelli» erano abbastanza comuni all epoca, con tanto di testimoni, giudice, notaio e posta in denaro. E permettevano a chi ne usciva vincitore di attrarre discepoli a pagamento ed essere chiamati a tenere lezioni in sedi prestigiose. Per questo le scoperte importanti venivano gelosamente custodite. Tartaglia accetta, proponendo a sua volta 0 quesiti a Fior. E questi viene sconfitto, non riuscendo a risolverne nessuno. Tartaglia invece, spronato dalla sfida, riesce a trovare la formula per il caso generale, e risolve tutti i problemi in appena due ore. È qui che entra in gioco Girolamo Cardano, medico alla Corte di Milano, filosofo, astrologo, matematico e altro ancora. Avendo udito della vittoria di Tartaglia, ed essendo in procinto di pubblicare un trattato di algebra, chiede a Tartaglia di rivelargli la formula risolutiva, e il permesso di inserirla nel libro. Beninteso, ne avrebbe messo ben in chiaro la paternità. Tartaglia rifiuta, pubblicherà lui stesso la soluzione, non appena avrà finito la traduzione e pubblicazione degli Elementi di Euclide. Ma Cardano insiste, e invita Tartaglia a Milano. Dove, con mille lusinghe, riesce a farsi rivelare la formula, con la promessa di non pubblicarla. Tartaglia però, invece di scrivere la formula, dà a Cardano una poesia, quasi un indovinello:

3 Sulle prime Cardano non capisce, e chiede aiuto a Tartaglia, che dà una spiegazione più dettagliata. A questo punto Cardano, con l aiuto del suo pupillo Ludovico Ferrari, inizia a lavorare all equazione di terzo grado, spingendosi oltre le scoperte di Tartaglia e fornendo una dimostrazione rigorosa della soluzione. Ferrari addirittura scopre la soluzione dell equazione di quarto grado, che lo proietterebbe nel firmamento dei grandi della matematica. C è un problema: un passaggio della soluzione coinvolge la formula risolutiva del terzo grado, che Cardano ha promesso di non divulgare. Frustrati dall impossibilità di pubblicare le nuove scoperte, e avendo saputo che dal Ferro aveva trovato la soluzione prima di Tartaglia, Cardano e Ferrari vanno a trovare Annibale della Nave, genero di dal Ferro e suo successore all Università di Bologna. Della Nave mostra loro un manoscritto del suocero con la soluzione dell equazione, la stessa trovata da Tartaglia. Cardano si ritiene sciolto dalla promessa, e pubblica, nel 1545, il monumentale trattato di algebra Ars Magna, contenente la soluzione sia dell equazione di terzo grado sia quella dell equazione di quarto grado, accreditata a Ferrari. Tartaglia però si ritiene defraudato e inizia una lunga disfida tra lui, Cardano e Ferrari che si conclude con un assembramento nel cortile della chiesa dei frati Zoccolanti di Milano, con centinaia di persone ad assistere. Ma è Ferrari a uscire vincitore dal primo giorno della disfida. Così Tartaglia decide di abbandonare Milano, mortificato e pieno d astio per il torto subito. Morirà prima di pubblicare un trattato sull equazione di terzo grado, tanto che oggi le formule sono riportate dai libri di testo come «formule di Cardano», trascurando il contributo di Tartaglia e dal Ferro. Altrettanto ingiustamente Cardano è talora citato come «ladro di formule». Accusa ingenerosa, perché nel suo trattato non attribuisce a se stesso la scoperta. Forse sarebbe bene iniziare a chiamarle formule di dal Ferro-Tartaglia-Cardano: tre autori per un equazione di grado tre.

4 (1*) (2*) Ponendo x,y come le due soluzioni dell'equazione

5 Ora passiamo alla dimostrazione della formula risolutiva dell'equazione di terzo grado Qualsiasi equazione di grado può essere espressa nella forma: ax bx 2 cxd =0 ovviamente a 0 quindi possiamo scrivere x b a x2 c a d a =0 giungiamo alla forma x ax 2 bxc=0 ponendo x= y a otteniamo y a a y a 2b y a c=0 y a ay2 a2 y a y2 a2 9 2ya by ab c=0 y a a y2 a y 2 ya2 a 9 2 a2 y y y a2 2a2 a b 9 a ab c=0 y y a2 2a b ab c=0 by ab c=0 x= y a y= x a ponendo p= a2 b q= 2 a ab c y py q=0

6 y pyq=0 ponendo y = uv y pyq=0 uv puvq=0 u u 2 v u v 2 v pu pvq=0 u v qu uv p vuv p=0 u v quv uv p y pyq=0 u, v uv = y u v q=0 u v = q uv p=0 uv= p y pyq= 0 =u v q uvuv p y pyq=0 u, v y = uv p = uv 0 = y pyq = u v quv uv p u v q=0 u v = q u v = p eleviamo al cuboentrambi i membri della seconda equazione u v = q u v = p utilizzando quanto esposto precendentemente (2*) {u, v }={z : z 2 qz p =0} x 1 x 2 = b x 1 x 2 =c q ± q2 4 p z = 2 z = q 2 ± q2 4 p

7 ricordando che y = u v u = q 2 q2 4 p v = q 2 q2 4 p y= q2 q2 4 p q2 q2 4 p assegnando = q2 4 p y = q 2 q2 Ponendo come condizione necessaria alla discussione su che u v = p tuttavia è dimostrabile che è sufficiente che u v R Analizziamo il caso in cui 0. Secondo il teorema fondamentale dell'algebra, le soluzioni devono essere tre: e in questo caso una reale e due complesse coniugate. 0 radicando reale non complesso se chiamiamoi tre risultati C della radice cubica rispettivamente u 1, u 2, u e v 1, v 2,v tra i tre radicali della radice cubica, ne esiste uno soloreale u 1 = q2 Seu 1 R, perché tutta la soluzione sia reale, anche v 1 dovrà essere R, data la relazione : u v R v, u R v 1 = q2 u 2 = u 1 1, u = u 1 1 e v 2 = v 1 1, v = v 1 1 n 1 ha modulo = 1, e determina una rotazione di = 2 n 1 quindi la moltiplicazione w 1 =w 0 n 1 determina una rotazione ma non una dilatazione

8 cos 2 i sen 2 u 2 u 1 cos 4 i sen 4 u u 1 =, u q2 2 = u 1 1 i 2 2, u = u 1 1 i 2 2 v 1 =, v q2 2 = v 1 1 i 2 2, v = v 1 1 i 2 2 u v R le soluzioni complesse sono coniugate aiba ib = a 2 i 2 b 2 a 2 b 2 u v R u 1 v 1, u 2 v, u u 2 y 1 = u 1 v 1 y 2 = u 2 v y = u v 2 Se = 0 tre soluzioni reali y 1, y 2, y R di cui due coincidenti y 1, y 2 = y

9 Se 0 le tre soluzioni sono reali e distinte u 1 =, v q2 1 = q2 0 i 4 = i 2 i 2 = i i 2 = i 0 u 1, v 1 = ± i q2 i due radicandi q 2 ±i sono complessi coniugati = q 2 ±i = a 2 b 2 q se 0 allora po p 0 = q2 4 q2 4 p = p tg = b a ± =arctg ± q 2 ± coniugati q 2 u 1 = ;, u 2 = ; 2 v 1 = ;, v 2 = ; 2, u = ; 4, v = ; 4 u v = p u v R gli argomenti hanno somma nulla u 1 v 1 ; u 2 v ; u 2 v 2 per ogni coppia u e v sonotra loroconiugati tre soluzioni y=uv tutte reali somma di numeri complessi coniugati R zz = 2 R z parte reale di z R = cos 2 R = 2 cos y 1 = u 1 v 1 = 2 R u 1 = 2 Rv 1 = 2 cos y 2 = u 2 v = 2 R u 2 = 2 Rv = 2 y = u v 2 = 2 Ru = 2 R v 2 = 2 cos 2 cos 4

10 = 0 y = x x 2

11 0 y = x x 4

12 0 y = x 6x 5