Il segno memoria dell uomo: percorsi della scrittura

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1 L'origine della scrittura Le scritture più antiche risalgono soltanto al terzo millennio a.c. Perché sono occorsi tanti millenni? Eppure molte società umane erano giunte assai vicino all'invenzione della scrittura, ma si sono poi fermate a uno stadio precedente l'invenzione dell'alfabeto. Già nei dipinti e graffiti delle società primitive si individuano così tanti elementi di un sistema di scrittura da rendere difficoltosa la distinzione fra arte e scrittura. Secondo gli studiosi a giustificare l'invenzione della scrittura non basterebbe la sola presenza delle componenti cognitive (il bisogno di comunicare, l'abilità manuale, il pensiero simbolico, e soprattutto il linguaggio). Fu necessario il contemporaneo verificarsi di condizioni socio-economiche e politiche favorevoli. Ciò avvenne in Mesopotamia nel a. C. e portò alla nascita della scrittura cuneiforme; in un'epoca grosso modo contemporanea in Egitto si affermava invece un altro tipo di scrittura: la geroglifica. 1

2 La scrittura in Mesopotamia Furono i Sumeri, tra l'odierna zona di Baghdad e la foce del Tigri e dell'eufrate, a dar vita, intorno al 3200 a.c., alla prima alta cultura urbana e a inventare la scrittura cuneiforme. La scrittura cuneiforme fu adottata anche dagli Accadi, popolazioni nomadi semitiche che a partire dal 2600 a.c. spinsero i Sumeri sempre più a sud. Il processo di accadizzazione terminò intorno al 1900 a.c. circa. Proprio l'ultimo periodo di grande splendore (il periodo Neosumerico intorno al a.c.) ci ha lasciato un numero elevatissimo di tavolette cuneiformi in sumerico, raccolte in numerosi archivi di documenti economici, provenienti dalle grandi città del regno, come ad esempio Ur. La lingua sumerica e la scrittura cuneiforme sopravvissero anche agli stravolgimenti successivi e allo stanziamento prima degli Amorriti, popolazioni nomadi che fondarono vari regni, tra cui quello di Babilonia, e poi degli Assiri sul medio Eufrate. Evoluzione del cuneiforme I più antichi documenti che contengono esempi di scrittura organizzata risalgono alla fine del IV millennio a.c. (c a.c.). Si tratta di tavolette di argilla contenenti documenti economici rinvenute presso l'antica città di Uruk (odierna Warka), situata nel sud della Mesopotamia (odierno Iraq), sulle quali sono incise sequenze di pittogrammi (ossia veri e propri disegni che riproducono un oggetto) incolonnati e ripetuti. I segni originali avevano già in questo periodo subìto un significativo cambiamento: erano stati ruotati verso sinistra di 90 (vedi tavola: sub sumerico classico). La scrittura 'protocuneiforme' delle tavolette di Uruk ebbe un'ulteriore trasformazione nella prima metà del III millennio a.c., quando, per evitare 'sbavature' nel tracciare linee curve e per velocizzare la realizzazione del segno, gli scribi preferirono imprimere, con uno stilo a punta, a sezione triangolare, tratti rettilinei a forma di cuneo. Dal latino 'cuneus' (chiodo) deriva dunque il suo nome la scrittura cuneiforme. Questo significativo cambiamento e l'adozione sempre più frequente di una scrittura fonetica avviò un lento processo di semplificazione dei segni originari (vedi tavola). Nel corso di tre millenni essa si diffuse in tutto il Vicino Oriente e fu veicolo della cultura mesopotamica. Evoluzione del Cuneiforme 2

3 La collezione di tavolette cuneiformi L'Università Cattolica possiede un prezioso patrimonio di una settantina di tavolette sumeriche, giunte tramite donazione da parte di Giustino Boson, professore dal 1935 di filologia semitica e assiriologia presso questo Ateneo. Facevano parte di un lotto di un migliaio di tavolette reperite a Parigi che il Boson cercò inutilmente di far acquistare dal governo italiano. Purtroppo ciò non fu possibile. Boson decise allora di crearsi una piccola collezione privata, acquistando per sé 73 tavolette, che studiò e successivamente donò all'università Cattolica. Attualmente la collezione "G. Boson" è in corso di aggiornamento, rielaborazione e studio. A questo proposito, per dare un esempio della moderna e diversa metodologia nello studio dei documenti cuneiformi, si confronti con l'originale la trascrizione della tavoletta n 1 di Boson (A) e la recente nuova trascrizione (B). Le tavolette sono databili al periodo della Terza dinastia di Ur ( a.c.) e provengono dagli archivi delle città di Umma (odierna Jokha) e Selluš-Dagan (odierna Drehem), importanti centri amministrativi situati nell'iraq meridionale, nei pressi della capitale Ur. I testi sono tutti di natura economica e riguardano: prestito di orzo distribuzione di orzo e altre derrate alimentari come salari Liste di personale pagamento di imposte in natura consegne di diverse derrate alimentari a diverso titolo (farina, latticini, sostanze grasse, birra e simili) spedizione di oggetti d'oro dal palazzo reale alla città santa di Nippur. provvigioni di viaggio per messaggeri comunicazioni di natura commerciale

4 Le scritture egee Le scritture egee, ossia le scritture di quelle civiltà sviluppatesi nei territori che si affacciano sul mare Egeo, coprono un arco di tempo che va dalla seconda metà del III millennio a.c. alla fine del II millennio a.c. La civiltà minoica (ossia la civiltà dell'antica Creta) sviluppò tre differenti sistemi di scrittura sillabica: il geroglifico cretese, la Lineare A, e la Lineare B. Le iscrizioni si trovano su tavolette d'argilla (documenti d'archivio), sigilli, vasi, elementi architettonici e altri supporti, e la loro stesura nacque dalle necessità concrete legate all'organizzazione del lavoro, alla registrazione di beni, alla contabilità. Il geroglifico cretese (o minoico), attestato a Creta nel Medio Minoico I e II ( /1600 circa), è una scrittura di tipo ideografico, non ancora decifrata. La Lineare A, scrittura sillabica frammista di ideogrammi, così chiamata per il tracciato lineare e più semplice rispetto al geroglifico cretese e per la sua disposizione orizzontale, è documentata tra il 1700 e il 1450 a.c. a Creta. Conta circa un centinaio di segni, alcuni ideogrammi e un sistema numerico decimale. Si tratta di una lingua non ancora decifrata. La Lineare B, decifrata nel 1952 dagli inglesi Michael Ventris e John Chadwick, è una scrittura sillabica che semplifica la Lineare A e testimonia una lingua greca molto antica, precedente i tempi di Omero. Essa venne utilizzata tra il 1400 e il 1150 a. C. È testimoniata da circa seimila tavolette scoperte sia nell'isola di Creta sia nella Grecia continentale, oltre ad iscrizioni dipinte su vasi. I segni sillabici sono circa 90, ai quali si aggiungono numerosi ideogrammi e un sistema numerico di tipo decimale. All'interno del miceneo sono individuabili i sillabogrammi o fonogrammi (cioè segni che rappresentano delle sillabe) e gli ideogrammi (cioè segni che esprimono dei concetti). Una attenzione particolare merita il disco di Festòs: un disco di argilla scoperto nel 1908 dall'archeologo italiano Luigi Pernier durante gli scavi all'estremità nord-est del palazzo di Festòs. È scritto, con andamento spiraliforme, su entrambe le facce e per ottenere l'iscrizione sono stati utilizzati 45 punzoni che corrispondono ai 45 segni differenti presenti sul disco. I segni sono 242; la scrittura sembra di tipo sillabico e la sua origine è presumibilmente egea. La natura del testo è incerta, e problematica si è rivelata anche la sua decifrazione. Tra le scritture dell'area egea si ricorda anche il cipro-minoico, una scrittura sillabica utilizzata nell'isola di Cipro tra la fine del XVI secolo e il 1050 a.c. circa. Dal cipro-minoico è derivato il sillabario cipriota classico adottato a Cipro tra l'viii e il VII secolo a.c. e rimasto in vigore fino al III secolo a.c. Tale sillabario conta 56 segni di cui 5 sono vocali. Lineare A Lineare B 3

5 La scrittura in Egitto In Egitto la scrittura nacque in un'epoca grosso modo contemporanea a quella in cui la scrittura cuneiforme si affermò in Mesopotamia (circa 3200 a.c.). La prima scrittura che troviamo in uso è quella geroglifica. Il termine 'geroglifici', ossia, letteralmente in greco, 'lettere sacre incise', fu attribuito a questi caratteri da Clemente di Alessandria (II secolo d.c.) il quale, avendoli visti soprattutto su monumenti di carattere religioso, erroneamente ne enfatizzò questo aspetto: in realtà essi non avevano nulla di sacro e venivano impiegati per scritti di ogni tipo. Essi furono dapprima pittografici o ideografici (cioè rappresentavano simbolicamente un oggetto o un'idea), successivamente anche fonetici (cioè rappresentavano un suono della lingua parlata). Potevano essere letti da destra verso sinistra o dall'alto verso il basso e viceversa, a seconda della direzione dello sguardo degli uomini o animali rappresentati. Nel tempo la scrittura geroglifica subì delle modificazioni. Intorno al III millennio a.c., attraverso una semplificazione dei segni originari al fine di una maggiore velocità nello scrivere, comparve la scrittura ieratica (letteralmente 'lingua sacerdotale'), uno sviluppo corsivo della precedente, impiegata per redigere i documenti che riguardavano la vita pubblica e religiosa. Agli inizi si sviluppava su colonne verticali, ma successivamente si passò a una stesura orizzontale, da destra verso sinistra. La forma demotica (ossia 'scrittura popolare') ebbe origine da un'ulteriore semplificazione della ieratica. Invece di un solo segno venivano però abbreviati interi gruppi di segni, col risultato quindi di renderla più difficile da leggere rispetto al geroglifico e allo ieratico. Rimase in uso dal VII secolo a.c. fino alla fine del periodo romano (IV secolo d.c.). Fu la scrittura favorita dagli scribi 'ufficiali'. Infine, in età romana (III secolo d.c.), si andò formando la scrittura copta. Fu elaborata dagli Egiziani di religione cristiana (Copti). Essa altro non era che la trascrizione della lingua egiziana in caratteri greci. Al pari della scrittura greca, anche la copta era una scrittura fonetica, in cui venivano utilizzate le lettere dell'alfabeto greco (comprese le vocali che nella lingua scritta egiziana non esistevano) con l'aggiunta di pochi altri segni derivati dal demotico. Lingua e scrittura copta nel IX secolo d.c. dovettero soccombere di fronte a lingua e scrittura araba. Sopravvivono oggi come espressione ufficiale della Chiesa Copta. La lingua e la scrittura greca in Egitto Almeno dal VII secolo a.c. in Egitto furono note anche la lingua e la scrittura greca. Furono introdotte dai soldati mercenari e dai mercanti. Nel 332 a.c. Alessandro Magno conquistò l'egitto. Dopo la sua morte il paese divenne un regno indipendente sotto l'autorità di Tolemeo I e il greco ne divenne la lingua ufficiale, sebbene parlato sempre da una minoranza, ma con un rilevante peso sociale e politico. Dal III secolo a.c. in poi i papiri testimoniano in Egitto la presenza diffusa della lingua e della scrittura greca non solo in testi documentari, ma anche letterari. Quando, a partire dal 30 a.c., l'egitto divenne provincia romana, il greco rimase la lingua ufficiale così come per tutte le provincie orientali dell'impero romano. Nel VII secolo d.c. il paese venne conquistato dagli arabi: a partire dall'viii secolo l'arabo sostituisce definitivamente il greco. Esso scompare anche come lingua parlata né si trovano più codici scritti in greco. 4

6 La collezione di Papiri La collezione di papiri dell'università Cattolica del Sacro Cuore di Milano (identificati con la sigla P.Med. = Papyri Mediolanenses) si è costituita, nel Novecento, in periodi diversi: negli anni Venti, con le donazioni Jacovelli-Vita e Castelli, acquisite tramite Aristide Calderini, e successivamente, per acquisto, per opera di Orsolina Montevecchi. Si tratta in tutto di circa un migliaio di pezzi, tutti di provenienza egiziana, per la maggior parte scritti in greco, e in piccola parte in ieratico e copto. Tra i papiri greci se ne contano una quarantina fra biblici, liturgici, letterari e semiletterari, tutti gli altri sono documentari. In buona parte i papiri sono già stati editi su "Aegyptus", rivista italiana di Egittologia e di Papirologia fondata nel 1920 da Aristide Calderini. I papiri documentari sono stati ripubblicati nei vari volumi del Sammelbuch Griechischer Urkunden aus Aegypten. Alla collezione di papiri si aggiunge altro materiale antico, tutto in lingua greca proveniente dall'egitto, e precisamente: una piccola collezione di ostraca tre tabelle lignee scritte in greco, di cui una liturgica circa duecento bolli d'anfora sei iscrizioni greche (esposte nell'atrio della Cripta dell'aula magna)

7 Le scritture consonantiche della regione siro-palestinese L'origine dei sistemi di scrittura consonantica, ossia di quelle scritture che non esprimono le vocali, resta tuttora insoluto. Abbiamo invece maggiori informazioni su quando e dove avvenne. Nel II millennio a.c. nella regione siro-palestinese ci furono diversi tentativi di creare sistemi di scrittura locali, solo in parte influenzati da quelli più antichi mesopotamico e soprattutto egiziano. Tra le scritture consonantiche semitiche si distinguono la nord-semitica (cui appartengono la scrittura ugaritica e la fenicia, con quelle da essa derivate) e la sud-semitica (i sistemi grafici 'proto-arabo', nordarabico e sudarabico). Fra le più antiche scritture nord-semitiche è la scrittura ugaritica: prende il nome dalla città di Ugarit (attuale Ras Šamra, in Siria), dove fu elaborata intorno al XIV secolo a.c. Comprende una trentina di segni ed è di influenza mesopotamica. La più nota tra le scritture consonantiche nord-semitiche è però la scrittura fenicia, attestata dal XIII sec. a.c.: comprende 22 segni. L'ordine dei segni nord-semitico non corrisponde a nessuna logica né fonetica né grafica. Ha probabilmente un'origine astronomica. Sarebbe cioè una specie di calendario che ricorda le fasi lunari e rappresenta la situazione degli astri attorno al 2000/1600 a.c. Dalla scrittura fenicia sono derivate sia l'ebraica antica (paleoebraica) sia l'aramaica. Dalla scrittura aramaica delle cancellerie persiane si sviluppano varie scritture nazionali tra cui la scrittura giudaica (detta 'ebraica quadrata' per la forma dei segni) e la scrittura siriaca. 5

8 Gli alfabeti greci Sbarcati sulle coste della Grecia i mercanti Fenici scaricarono dalle loro imbarcazioni qualcosa di più prezioso e duraturo delle pur pregevoli stoffe tinte di porpora. Secondo lo storico greco Erodoto i Fenici fecero dono ai Greci della mirabile invenzione delle lettere, prima ignote ai Greci. Quel che è certo è che gli alfabeti greci nascono da un adattamento della scrittura fenicia. La parentela risulta evidente dalla forma dei segni, dalla loro successione, dai nomi delle lettere (al fenicio aleph, beth, gimel, delth corrisponde in greco alpha, beta, gamma, delta ), dalla direzione della scrittura che, nelle prime iscrizioni, scorreva da destra a sinistra. Merito dei Greci fu aver introdotto le vocali non espresse nell''alfabeto' fenicio. Le lettere dell'alfabeto erano impiegate anche per esprimere i numeri e, con modificazioni, anche per indicare le note musicali. La direzione della scrittura passò da destra a sinistra (come nelle scritture semitiche) a bustrofedica (ossia, in greco, "che gira come il bue" quando ara un campo: cioè da destra a sinistra, da sinistra a destra e viceversa), stabilizzandosi infine nella direzione da sinistra a destra. È difficile determinare con esattezza dove e quando sia avvenuta l'invenzione dell'alfabeto greco. Per la localizzazione si sono fatti i nomi di Rodi, Creta, Cipro, o comunque un luogo di facile incontro tra Oriente e Occidente. Per la datazione è plausibile pensare agli inizi del IX secolo a.c. quando furono particolarmente intensi i rapporti commerciali e culturali tra i Greci e i popoli del Mediterraneo orientale. Le più antiche iscrizioni risalgono alla prima metà dell'viii secolo a.c.: la più antica iscrizione della Grecia continentale (un testo graffito su una piccola brocca, la 'coppa di Nestore') è databile al 730 a.c. Con il passare del tempo si produssero degli adattamenti che portarono alla creazione di diversi alfabeti locali in cui si verificò la tendenza a elaborare i segni originari. Prevalse poi l'alfabeto usato a Mileto che prevedeva la distinzione tra suoni lunghi e brevi. Questo alfabeto, detto milesio, venne adottato ad Atene nel 403 a.c. e, a partire dal IV secolo a.c., divenne l'alfabeto d'uso comune in tutta la Grecia. Con il periodo ellenistico-romano si affermò una koiné linguistica basata sullo ionico-attico, a cui corrispose una koiné di scrittura epigrafica in cui le forme delle lettere tesero ad omogeneizzarsi sempre di più. 6

9 La risoluzione delle scritture misteriose: i 'decifratori' I geroglifici egiziani, la scrittura cuneiforme e la lineare cretese non avrebbero mai rivelato i loro segreti senza l'accanita pazienza di alcuni appassionati e geniali ricercatori. Decifratori di scritture fino a quel momento incomprensibili, questi autentici 'detective' della scrittura hanno permesso all'uomo di entrare in contatto con civiltà scomparse da millenni. Conosciamo meglio alcuni di questi personaggi: Champollion e i geroglifici Jean François Champollion ( ), studioso di lingue orientali, è il fondatore dell'egittologia moderna. A lui si deve la decifrazione della scrittura geroglifica. Tutto partì dall'attenta osservazione a Parigi di una copia della cosiddetta 'Stele di Rosetta', ossia una spessa pietra in basalto di colore nero rinvenuta durante la campagna napoleonica in Egitto del 1799, sulla quale è riportato un decreto (196 a.c.) del sovrano Tolemeo V scritto in tre differenti lingue: geroglifico, demotico e greco. Dapprima si accorse che i due nomi che comparivano nei cartigli, quelli dei sovrani Tolomeo e Cleopatra, erano presenti anche nel testo greco. Cadeva quindi l'ipotesi che i geroglifici fossero ideogrammi, cioè esprimessero un concetto. Poi, mettendo a confronto il testo greco con quello geroglifico, Champollion contò il numero di parole contenute nel testo greco e il numero di geroglifici e notò che questi ultimi quantitativamente superavano i termini greci. Ne nacque l'intuizione che ciascun geroglifico dovesse avere in realtà un valore fonetico, ossia che ogni geroglifico non fosse in realtà la rappresentazione di una immagine, ma quella di un suono alfabetico o sillabico (corrispondente cioè a una singola lettera o a una sillaba). Fu soltanto il punto di partenza. Con un paziente lavoro di osservazione e di confronto egli giunse ad abbinare ogni lettera o sillaba a un geroglifico. La decifrazione del cuneiforme I primi caratteri cuneiformi raggiunsero l'europa nel Pietro della Valle si era imbattuto nei pressi di Persepoli in una misteriosa scrittura diffusa un po' ovunque su monumenti e mattoni e ne fece copia. Iniziava la lunga e tortuosa sfida alla decifrazione della scrittura cuneiforme, la prima scrittura inventata dall'uomo, cui hanno contribuito diversi illustri ricercatori. Un primo prezioso contributo venne da C. Niebuhr: egli riconobbe, nelle iscrizioni da lui copiate in Persia, tre diversi tipi di scrittura cuneiforme che corrispondevano a tre diverse lingue: l'antico persiano, nel quale individuò 42 caratteri "alfabetici", l'elamita e, il più difficile, composto da un elevato numero di segni, quello che sarà definito in seguito il babilonese. Successivamente, F. Münter scoprì che il cuneo obliquo nelle iscrizioni persiane aveva la funzione di separare le parole. Il tedesco G. F. Grotefend, all'inizio dell'ottocento giunse a una prima parziale decifrazione del cuneiforme. Riuscì a isolare 15 caratteri alfabetici, di cui 11 si rivelarono in seguito esatti. Il 1835 è un anno decisivo per la decifrazione dell'antico persiano: la scoperta a Behistun di un'iscrizione trilingue che conteneva numerosi nomi di persona e un certo numero di toponimi, già in parte noti, consentiva a H.C. Rawlinson di isolare tutti i 42 segni di cui si compone l'antico persiano e di completare la decifrazione della prima lingua. Con la decifrazione della prima scrittura, gli studiosi furono in grado di affrontare le altre due iscrizioni. La seconda scrittura, che verrà definita elamita dal nome della regione in cui era in uso (Elam, a ovest del corso inferiore del Tigri), fu decifrata dall'inglese E. Norris che individuò una scrittura sillabica formata da 111 segni. La terza colonna dell'iscrizione trilingue annovera circa cinquecento caratteri. Fu E. Hinks a intuire la struttura complessa di questa scrittura. A causa dell'alto numero di segni non poteva trattarsi di una scrittura alfabetica né tantomeno puramente sillabica, ma nessuno avrebbe mai potuto immaginare che in essa potessero coesistere sistemi diversi, perfettamente integrati in una scrittura che mescola sillabe semplici o complesse (sillabogrammi) a logogrammi. Così, ad esempio, un segno può avere valore fonetico, cioè esprimere un suono, o logografico, cioè esprimere un concetto. Inoltre uno stesso segno può avere valori fonetici diversi (polifonia) ed è anche possibile che segni diversi abbiano lo stesso suono (omofonia). A complicare ulteriormente le cose, esiste un'altra categoria di segni, detti determinativi, che, anteposti o posposti a una parola, ne indicano la categoria di appartenenza (sesso, divinità, toponimi, piante, materiale). Ventris e la sfida della lineare B Anche a Creta le scritture, in particolare la cosiddetta Lineare B lanciarono la loro sfida ai decifratori. La sfida fu raccolta da Michael Ventris e da John Chadwick che, dopo molti anni di ricerca, nel 1952 decifrarono la scrittura come una forma arcaica di greco. La decifrazione fu particolarmente difficile e di grande valore scientifico perché ottenuta senza l'aiuto di testi paralleli, come accaduto nel caso dei geroglifici con la stele di Rosetta. La tecnica adottata da Ventris fu il calcolo statistico delle percentuali dei segni. Dopo aver individuato il segno più ricorrente nelle tavolette, lo associò alla lettera più frequente in inglese (ma anche in italiano), la e; passò quindi al segno successivo, e così via. Venne così il momento di iniziare a leggere alcune parole nelle iscrizioni in Lineare B, a cominciare dai toponimi, primo fra tutti Ko-no-so, ossia Cnosso, la residenza del mitico re Minosse, e poi altri termini a seguire. Il mistero era ormai svelato. 7

10 I supporti scrittori dell'antichità Il papiro Assai impiegato in Egitto, il papiro veniva preparato tagliando sottili strisce dal midollo fibroso di una canna che cresceva lungo il Nilo: due strati di strisce, l'uno sovrapposto all'altro ad angolo retto, venivano compressi insieme per formare i fogli, che potevano poi essere incollati insieme in una lunga fila a formare un rotolo. Chi leggeva lo doveva svolgere gradualmente, usando una mano per tenere la parte che aveva già visto, arrotolandola durante la lettura. Al termine della visione la spirale risultava capovolta e chi avesse voluto leggere nuovamente il testo avrebbe dovuto srotolare di nuovo l'intero volume. Gli ostraca Gli ostraca sono cocci di vasi di terracotta raccolti tra i rifiuti e scritti nella parte convessa. Era quindi un materiale scrittorio accessibile a tutti e perciò molto usato nel mondo antico. Si adoperavano per scritture di ogni genere, ma è particolarmente noto l'uso che se ne faceva in Atene: su di essi venivano scritti i nomi dei cittadini condannati all'esilio decennale (istituzione chiamata appunto 'ostracismo'). Le tavolette cerate Vennero impiegate inizialmente in ambito greco, successivamente anche nel mondo romano, per scrivere testi correnti. Ogni tavoletta lignea presentava una faccia perfettamente liscia e l'altra delimitata da una cornice; lo spazio rettangolare compreso all'interno di questa era ricoperto di cera molto dura sulla quale si scriveva incidendo i segni con uno stilo di metallo appuntito a una estremità. L'altra estremità, piatta, serviva per cancellare eventuali errori. Le etichette lignee Servivano a contrassegnare le mummie. Esse recavano il nome, la paternità, la maternità, il luogo di provenienza del defunto, il suo mestiere. Talora presentavano testi più lunghi. Si trattava per lo più di un surrogato economico dell'iscrizione funebre. Le monete Non si tratta propriamente di materiale scrittorio, anche le monete presentano però una parte epigrafica, alla quale è affidato innanzitutto il compito di dichiarare l'autorità emittente. Le monete greche la enunciano al genitivo plurale (per es. 'degli Ateniesi'), sottintendendo dunque una parola come 'moneta'. L'uso del genitivo singolare persiste anche sulle monete dei sovrani ellenistici, sulle quali, dopo la morte di Alessandro Magno, l'autorità emittente viene espressa anche grazie al ritratto. La monetazione romana repubblicana, oltre all'indicazione 'ROMA', specifica anche il nome dei magistrati addetti all'emissione delle monete. In età imperiale il Diritto riporta il nome e le cariche ricoperte dall'imperatore, mentre il Rovescio commenta il soggetto raffigurato. Sulle monete medievali la parte epigrafica può sovrabbondare quella figurata, limitata talora ad una croce. Le scritte possono anche indicare il valore delle monete. L'indicazione dell'anno di emissione è sporadica nel mondo antico. La consuetudine di datare le monete in base al calendario dell'era cristiana si diffonde in Europa solo dal XVI secolo. I bolli Firme, sigle, frasi, contrassegni, numeri si trovano frequentemente incisi o graffiti su molti oggetti di uso comune. Alcune scritte sono relative alla funzione dell'oggetto stesso (pesi, stadere, tessere alimentari, teatrali, sigilli, anelli, anfore ecc.), altre recano il nome del possessore o frasi (augurali, scherzose, ingiuriose), altre ancora contengono il nome del fabbricante. Ci troviamo in questo caso di fronte ad un vero e proprio marchio di fabbrica. Il nome del proprietario della cava (figlina) o della fabbrica (officina), garantiva la qualità del prodotto oltre alla sua provenienza, e consente oggi agli studiosi di comprendere il sistema organizzativo. Le epigrafi Le epigrafi sono iscrizioni (incise, graffite o dipinte) di varia lunghezza e contenuto realizzate su supporti duri (pietra, marmo, bronzo, piombo, terracotta ecc.), differenti a seconda dell'uso al quale i testi erano destinati e a seconda della durata che si voleva essi avessero nel tempo. L'uso delle iscrizioni era ampiamente diffuso in molti settori della vita pubblica e privata del mondo antico. In base al loro contenuto si distinguono in funerarie, sacre ed ex-voto (per onorare le divinità o ringraziarle per benefici ricevuti), onorarie (elogi di generali e uomini di stato e iscrizioni imperiali romane), militari (indicazioni sui movimenti delle legioni, la provenienza dei militari). Le leggi scritte, incise su pietra o bronzo, ed esposte pubblicamente garantivano una oggettività nella loro applicazione. Ai testi epigrafici si faceva ricorso anche per ragioni propagandistiche e politiche (molti esempi se ne trovano a Pompei) o di comunicazione individuale (ancora a Pompei). 8

11 Le scritture della Scrittura La Bibbia ebraica è stata tramandata in due lingue: la maggior parte in ebraico e alcune sezioni in aramaico. Nella Bibbia cristiana, ovvero Primo o Antico Testamento, ci sono libri e aggiunte che non fanno parte delle scritture ebraiche, ma provengono dal giudaismo di lingua greca, e sono inclusi nella Bibbia detta dei Settanta (dal numero leggendario e simbolico dei traduttori). Alcuni di questi libri sono stati composti direttamente in greco, altri ci sono pervenuti in greco, ma il testo originale era in lingua semitica (ebraico o aramaico). Il Siracide (o Ecclesiastico), di cui ci è giunta interamente solo la versione greca, fu scritto in ebraico: buona parte di tale testo è stata rinvenuta in una sinagoga del Cairo nel 1896 e nel 1931; altri frammenti sono stati trovati poi a Qumrân (nel 1955) e a Masada (nel 1964), nel deserto di Giuda. Fra i testimoni del testo biblico ebraico/aramaico che ci sono pervenuti, distinguiamo i diretti, cioè i manoscritti in lingua originale che riproducono parti estese di testo, e gli indiretti, cioè le antiche versioni (soprattutto in greco, latino, aramaico, siriaco, copto, armeno, georgiano, etiopico, arabo), che ci danno il testo intero tradotto e le citazioni (ovvero parti brevi di testo in lingua originale). I manoscritti della Bibbia ebraica sono per la maggior parte di epoca medievale (dal IX secolo d.c.). Le grotte di Qumrân ci hanno restituito manoscritti biblici databili sin dal II secolo a.c. e il I d.c. 9

12 La scrittura araba Le prime attestazioni scritte della lingua araba sono iscrizioni in caratteri nabateni e sudarabici risalenti al III secolo d.c.: il più antico vero e proprio documento è l'epigrafe funeraria del leggendario re-poeta Imru' l-qays (328 d.c.). Dopo l'avvento dell'islam, nel VII secolo d.c., la lingua araba ha conosciuto un'enorme diffusione e il suo alfabeto si è imposto anche presso popolazioni che parlavano lingue di ceppo diverso, come il persiano e il turco ottomano, di modo che i caratteri arabi sono quelli più utilizzati al mondo, subito dopo quelli latini. Le forme di base di tali caratteri erano in origine solo 18; l'introduzione dei punti diacritici ha generato 28 segni alfabetici differenti, ciascuno dei quali può assumere fino a 4 forme diverse a seconda della posizione che occupa rispetto ad altri caratteri (iniziale, mediana o finale all'interno di una parola, oppure isolata). La scrittura procede da destra a sinistra e nei testi comuni solitamente non riporta le vocali che non sono lettere, ma segni esterni al corpo della parola. Ciò rende difficile la lettura a chi non conosca il lessico e la grammatica, tant'è vero che un celebre detto arabo afferma: "Bisogna che tu capisca per leggere e che tu legga per capire". Il divieto di raffigurare esseri animati ha indotto l'arte musulmana a sviluppare motivi ornamentali geometrici o floreali, ma la scrittura stessa è spesso utilizzata al medesimo scopo dando vita a una mirabile varietà di stili calligrafici. Consonanti Vocali 10

13 Il mistero etrusco Gli Etruschi furono le prime genti italiche ad adottare l'alfabeto greco. La più antica attestazione, l'alfabetario di Marsiliana, risale al 700 a.c. Si tratta di una tavoletta d'avorio che reca inciso, sul contorno, un alfabeto completo: uno strumento scolastico o forse un oggetto votivo. Gli Etruschi conservarono la serie alfabetica greca completa solo negli alfabetari. Nell'uso adattarono l'alfabeto greco alle caratteristiche della loro lingua, abbandonando alcuni segni considerati inutili per la fonetica dell'etrusco, quali ad esempio i segni per indicare le consonanti sonore B - D - G e quello per la vocale O. A partire dal VI secolo l'alfabeto etrusco si diffuse in tutta l'etruria propriamente detta, poi a nord e sud di essa, nell'etruria campana. L'insegnamento della scrittura era praticato soprattutto presso i santuari, come Pyrgi o Veii. Ci hanno lasciato oltre iscrizioni, per lo più tombali, tracciate con vari alfabeti derivati da quelli greci. Nonostante ciò la loro lingua rimane ancora per molti versi un mistero. 11

14 Scritture e lingue dell'italia antica Le lingue dell'italia antica presentano sistemi di scrittura derivanti dall'etrusco, dal greco e, in seguito all'espansionismo romano, dal latino. Procedendo da Nord a Sud, tra il Piemonte orientale, la Lombardia, il Canton Ticino meridionale e la Liguria era parlato il leponzio, attestato da alcune iscrizioni rinvenute nel Verbano Cusio Ossola e nel Comasco. La scrittura è di derivazione etrusca. Il gallico era parlato in Piemonte, Lombardia ed Emilia. Nel Tirolo settentrionale, nelle valli delle Dolomiti, a Verona, Padova e Sondrio è documentato, con un alfabeto di derivazione etrusca, il retico. A parte sono considerate le iscrizioni della Val Camonica, in prevalenza graffiti rupestri, che costituiscono il camuno. Ben documentato è il venetico con documenti da Padova a Belluno che testimoniano un alfabeto di tipo etrusco con singolare interpunzione sillabica. Tra il VII secolo a.c. e il II a.c. è documentato il falisco con iscrizioni da Civita Castellana e da Falerii Novi. Con circa 300 testi, scritti da destra a sinistra, databili tra la fine del VI secolo a.c. e il I secolo a.c., è testimoniato il messapico, diffuso nella penisola salentina (Lecce, Brindisi, Taranto). L'alfabeto, nei suoi tratti principali, è derivato da quello greco. Il piceno, con alfabeto di derivazione etrusca, è conosciuto nella sua variante settentrionale con un'iscrizione scoperta a Novilara e con frammenti da Pesaro e Fano e nella sua variante meridionale con testi compresi in una zona tra le antiche regioni del Piceno e del Sannio. L'umbro, realizzato in alfabeto epicorico derivato dall'etrusco e dal latino, è documentato da sette tavole di bronzo trovate nel 1444 a Gubbio, scritte su entrambi i lati e databili intorno alla seconda metà del II secolo a.c. L'osco è redatto in tre alfabeti (greco, latino, epicorico derivato dall'etrusco) e copre un vasto territorio che va dall'abruzzo fino a Messina. In Sicilia sono attestati, con scrittura di tipo greco occidentale, il siculo e l'elimo TAVOLA DEGLI ALFABETI (I) TAVOLA DEGLI ALFABETI (II) 12

15 La scrittura nel mondo germanico La scrittura runica La prima scrittura utilizzata nel mondo germanico è la scrittura runica, di tipo alfabetico e di uso epigrafico, attestata dalla fine del II o inizio del III secolo d.c. L'alfabeto runico germanico è detto fuþark dalle prime sei lettere che lo compongono; i segni sono 24 e la loro successione è diversa da quella di tutti gli altri alfabeti. Quasi certamente questi misteriosi caratteri, le rune, derivano da alfabeti norditalici prelatini di origine etrusca, passati al mondo germanico nel I secolo a.c. attraverso il Norico (corrispondente all'attuale Austria e parte della Baviera e Boemia), crocevia culturale e commerciale tra Veneti e Germani. La scrittura runica si diffuse poi verso Nord a tutto il mondo germanico seguendo la grande via commerciale dell'ambra, che collegava l'adriatico con l'attuale Danimarca. La somiglianza con l'alfabeto greco arcaico si spiega con il fatto che l'alfabeto greco è stato il modello per l'alfabeto etrusco; l'identità di alcune lettere con quelle latine è conseguenza della conquista del Norico da parte di Roma nel 15 a.c. Nelle iscrizioni runiche si individuano spesso alcuni simboli pre-runici magico-rituali, antichissimi e diffusi in tutto il mondo indoeuropeo. I più frequenti sono la ruota, il cerchio, la svastica, e rappresentano tutti la potenza irradiante del Sole. La scrittura gotica Nel IV secolo nasce presso i Goti l'esigenza di creare un nuovo sistema grafico che si presti alla stesura di un testo di notevole lunghezza e di facile diffusione. L'iniziativa è del vescovo Wulfila ( ), "piccolo lupo", che per consolidare la fede ariana tra il suo popolo, convertito nel IV secolo, ritenne fondamentale tradurre la Bibbia nella lingua gotica. L'impresa è tanto più ardua in quanto non esisteva un alfabeto adatto allo scopo. La scrittura runica era troppo legata al culto magicopagano. Gli alfabeti greco e latino rischiavano di eliminare la specificità del gotico e di portare all'assorbimento della cultura germanica da parte di quella classica. Wulfila, che conosceva oltre al gotico anche il greco e il latino, non inventò alcun segno, bensì armonizzò la scrittura onciale greca al sistema fonetico gotico, ricorrendo in sei casi al fuþark e in due all'alfabeto latino. L'alfabeto gotico è costituito da 25 segni alfabetici più due esclusivamente numerici, disposti quasi nella stessa sequenza dell'alfabeto greco. L'alfabeto gotico rimase in uso fino al VI secolo e poi scomparve, non essendo stato adottato da altre popolazioni germaniche. A parte il bellissimo Codex Argenteus, un codice in pergamena imbibita di porpora scritto in inchiostro d'argento, realizzato forse nella Ravenna di Teodorico e contenente la versione gotica dei Vangeli, i codici scritti con l'alfabeto gotico sono quasi sempre palinsesti del V-VI secolo, redatti in Italia e quindi ostrogotici. Quasi tutti i manoscritti riportano parti della Bibbia tradotta nella seconda parte del IV secolo da Wulfila, del quale non è sopravvissuto alcun testo originale ma solo copie di quasi due secoli più tarde. Alfabeto runico Alfabeto gotico 13

16 La scrittura ogamica In Irlanda, Scozia, Galles e nell'isola di Man è attestata, con circa 350 iscrizioni comprese tra il V e l'viii secolo d.c., la scrittura ogamica che deriva il suo nome dal dio Ogme. La scrittura, di tipo alfabetico, è caratterizzata da incisioni in prevalenza rettilinee che, in molteplici combinazioni, si dispongono ai lati di una linea centrale. Il nome di ogni lettera corrisponde a un nome di un vegetale, la scrittura riprende quella latina, i segni sono 20 di cui cinque vocali e tre gruppi per un totale di quindici consonanti che si distinguono per le combinazioni fra il numero degli intagli (da uno a cinque) e per le quattro possibili posizioni rispetto allo spigolo della stele che rappresenta il rigo ideale. Alfabeto ogamico 14

17 La scrittura armena La fissazione per iscritto della lingua armena ha coinciso con l'evangelizzazione. Secondo la tradizione l'alfabeto armeno fu inventato dal dotto missionario Mesrop, morto nel 441, conoscitore delle lingue e letterature greca, siriaca e persiana. Prima dell'alfabeto inventato da Mesrop, la tradizione parla di un precedente, cioè di un ridotto alfabeto costruito fuori dall'armenia da un religioso di nome Daniele, all'inizio del secolo V. Da questo alfabeto sarebbe partito Mesrop, modificandolo notevolmente e aggiungendo altri segni, fino ad ottenere il sistema che conosciamo. Infatti l'alfabeto armeno mostra in modo evidente un intervento razionale e pianificato che ha sfruttato al massimo le varianti dei tratti per ottenere 36 segni diversi. Modellato sull'alfabeto greco, l'alfabeto armeno è rigorosamente fonetico, tendendo alla corrispondenza tra segno e suono. A questi 36 segni ne sono stati aggiunti due in epoca medievale per rendere F ed O aperta. Alfabeto armeno 15

18 La scrittura glagolitica e la scrittura cirillica Alfabeto glagolitico La scrittura glagolitica (in slavo glagolica, da glagol = parola, o glagola = disse) si compone di 40 lettere. L'alfabeto glagolitico è molto complicato e singolare: essenzialmente basato sulla scrittura greca minuscola del secolo IX, sono però Alfabeto glagolitico in esso riscontrabili anche elementi copti ed ebraici. Creatori della scrittura glagolitica sono unanimemente ritenuti i santi Cirillo e Metodio, inviati nell'anno 863 dall'imperatore bizantino Michele III a evangelizzare la Grande Moravia, il potente Stato slavo governato dal principe Rostislav. Per questa missione essi portarono con sé il Vangelo tradotto in slavo-macedone e scritto in glagolitico. Il glagolitico continuò ad essere utilizzato prevalentemente per i testi liturgici. Ma poiché secondo un principio stabilito in un concilio del secolo VIII, solo l'ebraico, il greco e il latino potevano essere usati (in quanto lingue sacre) per fini liturgici, l'uso liturgico del glagolitico fu permesso solo nell'880 per autorità papale. La scrittura glagolitica presto si diffuse in altri paesi slavi, come la Serbia, la Croazia, la Bulgaria. Il glagolitico venne col tempo sostituito, presso questi popoli slavi che lo avevano adottato, dall'alfabeto cirillico, sorto anch'esso nella seconda metà del secolo IX. Continuò a essere usato nella sola Croazia e lungo le sponde adriatiche fino a tempi relativamente recenti. In questa regione soprattutto durante i secolo XV-XVI, esso fu utilizzato non solo per i testi di carattere liturgico, ma anche per le opere di contenuto letterario e religioso. Alfabeto cirillico Alfabeto cirillico Nonostante la sua denominazione (kirilica), questo alfabeto non fu creato da s. Cirillo, bensì da s. Clemente di Ochrida, allievo dei santi Cirillo e Metodio. Evidente è la sua derivazione dall'alfabeto greco, e più precisamente dalla scrittura maiuscola onciale del secolo IX. Rispetto all'alfabeto glagolitico presenta una grafia molto semplice, benché inizialmente si componesse di 43 lettere, ridotte poi a 30. A partire dal secolo X la scrittura cirillica cominciò a sostituire il glagolitico presso i popoli slavi da cui era stato adottato. In un primo tempo l'alfabeto cirillico s'impose come scrittura ufficiale della Chiesa slava (sia ortodossa che grecocattolica), diventando poi la scrittura nazionale degli Slavi ortodossi (Bulgari, Serbi, Russi e Bielorussi) e degli Slavi di rito greco-cattolico (Ucraini o Ruteni). I popoli slavi facenti parte della Chiesa cattolica romana (Polacchi, Cechi, Slovacchi, Sloveni e Croati) adottarono invece l'alfabeto latino come scrittura nazionale. L'alfabeto cirillico si diversificò, sulla base delle differenze fonetiche delle varie lingue. Furono creati segni specifici atti ad esprimere alcuni suoni propri di una data lingua. Si crearono così diverse scritture (russa, bulgara, serba ed ucraina) che hanno come base comune il cirillico e che si differenziano per alcuni (pochissimi) segni o lettere particolari. Ave Maria, testo in caratteri glagolitici, cirillici e latini 16

19 Le scritture dell'india e dell'indocina La prima forma di scrittura del subcontinente indiano è attestata in qualche migliaio di iscrizioni su sigilli dell'antichissima civiltà vallinda fiorita nel bacino del fiume Indo nel III e II millennio a.c. Si tratta di una scrittura probabilmente logo-fonetica, che ha finora resistito ai numerosi tentativi di decifrazione. Dopo un intervallo di più di un millennio compaiono nel III secolo a.c. le prime attestazioni della scrittura che diverrà la capostipite di tutte le scritture antiche e moderne dell'india e dell'indocina: la brahmi. Si tratta di una scrittura alfabetico-sillabica in cui ogni segno rappresenta una consonante accompagnata dalla vocale implicita 'a'. Tutte le scritture indiane moderne si basano sullo stesso principio. La lingua delle prime iscrizioni brahmi è una varietà di pracrito, un dialetto medio-indiano del ceppo indoario della famiglia indoeuropea il cui esponente più illustre è il sanscrito, la grande lingua classica dell'india antica. L'origine della brahmi è tuttora controversa: l'ipotesi più diffusa la riconduce a scritture del gruppo semitico settentrionale (fenicio o aramaico) penetrate in India nel V secolo a.c., ma non mancano tentativi di riconnetterla a sviluppi autoctoni della scrittura vallinda. Anche nell'ipotesi di un'origine dal gruppo semitico, si è comunque evoluta in maniera originale, adattando l'originario alfabeto semitico sprovvisto di vocali alle esigenze della rappresentazione delle radici indoeuropee e producendo un alfabeto di circa cinquanta segni principali, organizzato secondo uno schema rigorosamente fonetico, capace di rappresentare i fonemi del sanscrito in maniera perfettamente adeguata e priva di ambiguità. Nel corso della sua evoluzione, la brahmi ha dato successivamente origine a due rami principali. Dal ramo settentrionale derivano tutte le scritture utilizzate per le lingue antiche e moderne di ceppo indoario dell'india settentrionale: in particolare, la scrittura devanagar¹ ("la scrittura cittadina degli dei") utilizzata generalmente per il sanscrito oltre che per la hindi, la lingua ufficiale dell'unione Indiana. Dal ramo meridionale derivano tutte le scritture utilizzate per le lingue antiche e moderne di ceppo dravidico (non indoeuropeo) dell'india meridionale e per la lingua indoaria di Sri Lanka: in particolare, la scrittura grantha, utilizzata (ormai raramente) per il sanscrito e soprattutto (in una sua variante) per il tamil, la lingua classica dell'india dravidica. Da una variante di devanagar¹ si è originata anche la scrittura tibetana (introdotta intorno al VII secolo d.c. per influsso del buddhismo indiano). Da una variante di grantha deriva invece la scrittura khmer della Cambogia (VI-VII secolo d.c.), che ha dato origine a sua volta alla scrittura burmese (XII secolo), thai (XIII secolo) e lao (XIV secolo). Per effetto della dominazione islamica, un piccolo numero di lingue del subcontinente indiano, tra cui la lingua urdu parlata in Pakistan, fa inoltre uso dell'alfabeto arabo-persiano opportunamente adattato. Scrittura devanagar¹ 17

20 La scrittura in Cina 18

21 Le scritture del continente africano In Africa la maggior parte del sapere (genealogie, cronache, diritto, regole di comportamento, istruzioni scientifiche e linguistiche) è stato a lungo affidato prevalentemente alla trasmissione orale. Lo spazio lasciato alla scrittura è rimasto molto esiguo. Si è ricorsi a sistemi grafici con un'accentuata componente simbolica e pittografica, dai segni divinatori di molte popolazioni, ai simboli grafici e ai colori usati per decorare corpi e oggetti d'uso. Accanto a questi antichi sistemi ve ne sono altri, nati in tempi relativamente recenti e come reazione a influssi esterni, quasi tutti sillabici, anche se la loro origine prima è a volte palesemente pittografica. Il più noto è quello vai (oltre 200 sillabogrammi) ideato nel 1833 da Momolu Duwalu Bukele. Scritture alfabetiche sono state invece elaborate per il bassa della Liberia (1920 c.), il somalo (1920 c.), il malinke (1950), il wolof (1961) ecc. Nel Camerun è notevole la scrittura bamum creata dal sultano Njoya di Fumban nel 1895; questa scrittura prevedeva inizialmente più di 1000 segni pittografici, ridotti poi a 70 attraverso semplificazioni successive. Quasi tutte queste lingue sono nate con l'obiettivo di costituire una scrittura nazionale, non debitrice a scritture esterne (araba e latina). Le scritture libica e berbera del Nord Africa e quella etiopica dell'africa orientale si ricollegano invece alla famiglia delle scritture consonantiche semitiche; le prime attestazioni risalgono ai primi secoli della nostra era. Carattere di originalità ha l'alfabeto tifinag dei nomadi Tuaregh, in tempi passati forse comune ad altri gruppi dell'area libico-algerina. 19

22 La scrittura etiopica (Ge ez), Il Ge'ez, originariamente la più antica forma di etiopico (lingua semitica dell'africa orientale) parlata nella zona settentrionale, è divenuta poi la lingua classica dell'etiopia o Abissinia. La scrittura usata per il Ge'ez fu consonantica fino alla metà del IV sec., quando fu introdotta l'attuale scrittura sillabica. Ciò avvenne al tempo di Ezana, re di Aksum (il più importante dei regni etiopici, durato dal I al X sec. d.c.) quando si verificò anche la cristianizzazione del regno. La direzione, diversamente dalle altre scritture semitiche, è da destra a sinistra.

23 Le scritture del continente americano Le scritture dell'america meridionale Dalle cronache in lingua spagnola del Cinquecento apprendiamo che le popolazioni sudamericane non possedevano una scrittura vera e propria. I cronisti riferiscono piuttosto di sistemi mnemotecnici in uso nell'impero incaico (secolo XV-XVI). Tali sistemi si basavano sull'associazione di un testo imparato a memoria con piccole pietre e semi vegetali di vario colore. Il sistema più complesso consisteva nel modellare in argilla, in piccole dimensioni, i pittogrammi di un testo e applicarli ad un supporto rigido. Ne risulta dunque un testo tridimensionale. Le scritture dell'america centrale Diversa era la situazione nell'america centrale. I simboli nelle raffigurazioni murali mostrano chiaramente che la scrittura era nota in Mesoamerica già fin dal I secolo d.c. I manoscritti mesoamericani erano eseguiti su vari materiali: carta di fibra vegetale, pelle, tessuto di cotone. La maggior parte di questi codici mesoamericani andò perduta o fu distrutta durante la Conquista spagnola. I Maya Anche i Maya conoscevano la scrittura. Essa era elaborata in due versioni: una monumentale e una nei manoscritti. La scrittura monumentale era attuata in glifi incisi ma più spesso scolpiti in rilievo. Ciascun glifo è composto in modo da iscriversi in un rettangolo ad angoli arrotondati; il disegno è molto complesso ed elaborato. La scrittura maya combinava i vari principi noti della pittografia con quelli della logografia. Gran parte dei testi Maya sopravvissuti riguarda studi astronomici. A metà Cinquecento il cronista spagnolo Diego de Landa nella sua Historia de las cosas de Yucatan dà notizia del calendario maya, con i nomi dei mesi e dei giorni e riporta un 'alfabeto' di almeno 27 segni. Scritture degli Indiani del Nordamerica L'unica forma di scrittura conosciuta degli Indiani del Nordamerica prima del contatto con i missionari Europei nell'ottocento è quella pittografica. La attestano poche decine di winter counts datati tra il XVIII e il XX secolo. I winter counts, ossia racconti d'inverno, sono le cronache pittografiche composte da un membro della tribù, che ogni nuovo anno sceglieva l'immagine che meglio sintetizzava l'anno appena trascorso, e insieme formulava una breve frase che si riferiva a quell'avvenimento. Le pittografie dei winter counts erano scritte in genere con una disposizione a spirale dall'esterno verso l'interno su pelli di grandi animali (alci o bisonti). Il pittogramma veniva iscritto sul winter count, prolungando di un altro elemento la spirale, mentre la frase veniva memorizzata. 20

24 L'alfabeto latino e la scrittura in epoca romana La cultura latina è profondamente debitrice nei confronti di quella etrusca. Probabilmente persino l'alfabeto latino è derivazione diretta da quello etrusco, piuttosto che da quello greco. Il sistema alfabetico latino era composto di 23 fonemi, misti fra vocali e consonanti. L'espansione dell'impero romano esportò l'alfabeto latino quasi in tutto l'orbe allora conosciuto e rese la scrittura una pratica corrente. Alcune iscrizioni romane che risalgono al III-II secolo a.c. permettono di comprendere i caratteri generali della scrittura latina. La capostipite di tutte le scritture latine è la capitale arcaica che veniva impiegata per iscrizioni di tipo monumentale. A seconda dello stile impiegato e delle finalità si distinguono: la capitale quadrata, o epigrafica, così denominata per la regolarità delle proporzioni tra l'altezza e la larghezza delle lettere. È una scrittura elegante di grandi dimensioni, che di norma veniva eseguita su pietra con scalpello per iscrizioni funebri, onorarie o dedicatorie la capitale attuaria, meno regolare, veniva usata per iscrizioni di tipo documentario la capitale corsiva, ancora meno regolare e proporzionata, veniva utilizzata per graffiti e realizzata con strumenti scrittori diversi (pennelli, gesso o carbone, con uno stilo su materia molle, calamo o fusto di canna tagliata) e su supporti più duttili e meno nobili del marmo e della pietra (tessuti, scorza d'albero, legno, terracotta, cera, piombo). Venne usata in seguito anche su papiro e impiegata come scrittura libraria dal IV secolo d.c. 21

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