Un nuovo associazionismo comunale per le Marche Proposte per il rilancio della gestione associata di funzioni e servizi comunali nella Regione Marche

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3 Silvia Spinaci Un nuovo associazionismo comunale per le Marche Proposte per il rilancio della gestione associata di funzioni e servizi comunali nella Regione Marche eum

4 isbn Prima edizione: maggio eum edizioni università di macerata Centro Direzionale, via Carducci 63/a Macerata Stampa: stampalibri.it Edizioni SIMPLE via Trento, Macerata La pubblicazione del presente volume è stata cofinanziata nella misura del cinquanta per cento da Cisl, Fnp-Cisl, Fp-Cisl delle Marche.

5 Indice 9 Presentazione Capitolo primo La normativa nazionale in materia di gestione associata di funzioni e servizi comunali Introduzione La gestione associata nella prima fase di riforma degli enti locali ( ) Le forme associative nel Testo Unico sull ordinamento degli Enti locali (d.lgs. 267 del 2000) Le Convenzioni I Consorzi Le Unioni di Comuni Gli Accordi di Programma Il ruolo delle Regioni La gestione associata nelle prospettive aperte dalla riforma del Titolo V della Costituzione La gestione associata come strumento di contenimento della spesa pubblica (l. 122 del 2010) Gli incentivi statali a sostegno delle gestioni associate Capitolo secondo La gestione associata di funzioni e servizi comunali nelle Marche La normativa regionale Il sistema di incentivazione regionale delle gestioni associate Gli ambiti territoriali Gli ambiti delle Comunità montane

6 6 un nuovo associazionismo comunale per le Marche Le Unioni di Comuni Gli Ambiti Territoriali Sociali Ambiti territoriali ottimali per la gestione dei rifiuti Ambiti territoriali ottimali per la gestione del servizio idrico integrato Il Servizio Sanitario Regionale: zone territoriali, distretti sanitari ed Aree Vaste Sistemi turistici locali Distretti industriali e Centri per l impiego La realtà della gestione associata di funzioni e servizi comunali nella Regione Marche Capitolo terzo La gestione associata nelle altre regioni: le normative regionali a sostengo dei processi associativi Lo sviluppo delle normative regionali in materia di gestione associata Gli ambiti territoriali ottimali (ATO) e il Programma di riordino territoriale (PRT) L incentivazione delle forme associative nelle normative regionali Il ruolo strategico delle Regioni La tipologia degli incentivi finanziari I criteri di computo e riparto dei contributi finanziari I poteri regionali di controllo e le misure sanzionatorie Altre forme di incentivazione Alcuni casi specifici La gestione associata di funzioni e servizi comunali in Emilia Romagna La normativa regionale Il sistema di incentivazione regionale delle forme associative Alcune buone pratiche La gestione associata di funzioni e servizi comunali in Toscana La normativa regionale: la l.r. 16 agosto 2001, n. 40 e i relativi provvedimenti di attuazione Il regolamento introdotto con D.P.G.R. del 2 marzo 2010, n. 27/R e il sistema di incentivazione delle gestioni associate La gestione associata di funzioni e servizi comunali in Lombardia Il sistema di incentivazione regionale delle gestioni associate La l.r. 19/2008 e il nuovo sistema di incentivi previsto dal r.r. 2/ La gestione associata di funzioni e servizi comunali in Veneto La normativa regionale Il sistema di incentivazione regionale delle forme associative Alcune buone pratiche La gestione associata di funzioni e servizi in Friuli Venezia Giulia Lo sviluppo delle forme associative dal 1998 al 2005 e la disciplina prevista dalla l.r. 1/2006

7 Indice Il sistema di incentivi regionali per lo sviluppo delle gestioni associate Alcune buone pratiche Capitolo quarto Un modello di associazionismo comunale per le Marche L adozione del Programma di riordino territoriale Un nuovo sistema di incentivazione regionale delle gestioni associate Le idee di fondo: alcuni punti fermi Le forme associative incentivabili Gli incentivi finanziari Altre importanti azioni regionali di supporto delle gestioni associate Azioni di monitoraggio e di valutazione della policy Vademecum operativo per i Comuni

8 Il presente volume è l esito di un mio rapporto di collaborazione con la Cisl Marche avviato nell estate dello scorso anno. Ringrazio vivamente il Segretario Generale Cisl Marche Stefano Mastrovincenzo e il Segretario Generale FP-Cisl Marche Luca Talevi per aver generosamente condiviso il mio percorso di studio e per la costante disponibilità a discutere con me i risultati delle mie ricerche. Un caro ringraziamento anche a Cesare Pinelli, Raffaella Niro, Benedetta Barbisan e Alessandro Lucchetti per aver contribuito a rendere possibile questa esperienza professionale e di studio e per averla sempre accompagnata e sostenuta. Silvia Spinaci

9 Presentazione Il ruolo e l ordinamento degli enti locali vivono attualmente un articolata stagione di trasformazione in forza di una normativa nazionale ampia, complessa e tuttora in divenire: si pensi agli interventi di attuazione e completamento della riforma del Titolo V, al complesso di norme riconducibili alla c.d. riforma federalista nonché alle disposizioni di riforma del sistema dei servizi pubblici locali. La gestione associata di funzioni e servizi comunali attraversa questo complesso quadro riformatore, qualificandosi sempre più come strada maestra al fine di garantire un esercizio delle funzioni degli enti locali efficace ed efficiente e capace di rispondere al principio costituzionale di adeguatezza. Essa inoltre, in quanto strumento utile a conseguire maggiore economicità nella gestione e nell erogazione delle funzioni e dei servizi comunali, si impone oggi come una reale necessità a fronte della consistente riduzione dei trasferimenti erariali a favore degli enti locali disposta dal d.l. 31 maggio 2010, n. 78. In questa prospettiva, la Cisl Marche, da sempre attenta ai temi dell associazionismo comunale come strumento di buona e razionale amministrazione e di garanzia della qualità dei servizi locali offerti al cittadino, ha voluto promuovere un percorso di studio e di approfondimento volto ad individuare una linea di proposte per il rilancio della gestione associata delle funzioni e dei servizi comunali nella Regione Marche. L obiettivo è quello di riaprire un ampio e concreto dibattito sul tema, che non escluda neanche la fusione tra Comuni come ulteriore possibilità di riorganizzazione dei livelli istituzionali. Questo volume espone i risultati di tale lavoro di ricerca ed ha come destinatari privilegiati le istituzioni, dalla Regione Marche alle Province e Comuni marchigiani, ai quali intende proporsi come strumento di approfondimento e riflessione sui temi dell associazionismo intercomunale. In particolare, il volume presenta all attenzione della Giunta e dell Assemblea Legislativa delle Marche una specifica proposta di innovazione del sistema di incentivazione regionale delle gestioni associate, volta a favorire la progressiva realizzazione di un modello associativo più articolato e complesso di quello attualmente presente nel nostro territorio. Parallelamente, il presente studio si propone altresì di proporre ai Comuni (specie i più piccoli) un percorso per l acquisi-

10 10 un nuovo associazionismo comunale per le Marche zione delle componenti fondamentali del know-how giuridico-amministrativo necessario per avviare forme di gestione associata dei servizi comunali. In questa prospettiva, il volume, dopo aver ricostruito l evoluzione del quadro normativo nazionale in materia di associazionismo comunale (capitolo primo), prende in considerazione l esperienza marchigiana di gestione associata di funzioni e servizi locali (capitolo secondo): in questa parte, lo studio privilegia l analisi della normativa regionale di incentivazione dell associazionismo comunale e non si propone come rapporto di natura qualitativa e quantitativa circa l attuale stato di sviluppo delle cooperazioni sovracomunali nelle Marche, anche in considerazione del fatto che si tratta di una realtà per la quale non si dispone purtroppo ad oggi di dati sempre completi ed aggiornati, ma che è in continua e articolata evoluzione, con esperienze variegate sul territorio. A titolo di esempio si può citare la buona prassi, derivata da un recente accordo tra Regione Marche e sindacati, sulla erogazione diretta degli Assegni di cura da parte di molti Ambiti territoriali sociali; gli stessi Ambiti hanno così operato come strutture sovracomunali non solo di mero coordinamento, ma di gestione diretta di alcuni servizi. Il cuore del volume è rappresentato dalla raccolta e dallo studio delle normative di supporto ai processi associativi adottate da altre Regioni (capitolo terzo): esse rivelano alcune interessanti esperienze di programmazione e incentivazione regionale delle gestioni associate e hanno pertanto costituito la base di partenza per l elaborazione della nostra proposta di un nuovo modello di associazionismo comunale per la Regione Marche (capitolo quarto), da realizzarsi mediante appositi interventi normativi regionali e orientato al fine ultimo del miglioramento della qualità ed efficacia dei servizi a tutela dei cittadini. Stefano Mastrovincenzo Segretario Generale Cisl Marche

11 Capitolo primo La normativa nazionale in materia di gestione associata di funzioni e servizi comunali 1. Introduzione La questione dei piccoli Comuni, i c.d. Comuni polvere, e della loro capacità di svolgere le funzioni tipiche dell organo comunale costituisce da sempre uno dei problemi più rilevanti dell amministrazione locale italiana 1. D altro canto, fino agli anni 90, l ordinamento degli enti locali era in ampia parte regolato da normative emanate in epoca precostituzionale, a loro volta spesso ripetitive di schemi e discipline ben più risalenti e che comunque apparivano del tutto inidonee ad indicare ai Comuni possibili percorsi di cooperazione interistituzionale atti a risolvere i problemi di inadeguatezza tipici degli enti minori. Non stupisce, pertanto, che il legislatore nazionale abbia chiaramente avvertito l esigenza di considerare la gestione associata di funzioni e servizi comunali già nei primi interventi di riforma dell ordinamento degli enti locali La gestione associata nella prima fase di riforma degli enti locali ( ) La l. 142 del 1990, infatti, nel dettare una normativa completa di riordino delle autonomie locali, interviene anche a tipizzare le forme associative attraverso cui Comuni e Province possono svolgere in forma associata le proprie funzioni, indicando e disciplinando le Convenzioni, i Consorzi e le Unioni di Comuni. Il dato a riguardo più rilevante della l. 142 del 1990 è il particolare atteggiamento di favore manifestato nei confronti della fusione dei piccoli 1 Si pensi che uno dei primi scritti che, in dottrina, ha affrontato la questione risale al 1911 (S. Trentin, L odierna crisi dei Comuni in Italia ed i suoi rimedi amministrativi, in «Rivista di diritto pubblico», 1911, p. 236). 2 Per il lungo percorso di riforma degli enti locali dal 1990 ad oggi, si rinvia a L. Vandelli, Il sistema delle autonomie locali, Il Mulino, 2007.

12 12 un nuovo associazionismo comunale per le Marche Comuni. Innanzitutto la legge prevede, salvo i casi di Comuni derivanti da fusione, l impossibilità di istituire nuovi Comuni con popolazione inferiore ai abitanti o la cui istituzione comporti che altri Comuni scendano al di sotto di tale soglia demografica. La fusione dei piccoli comuni (ossia inferiori ai abitanti) viene favorita mediante l erogazione di contributi straordinari statali di durata decennale e viene assegnato alle Regioni uno specifico ruolo di programmazione e stimolo, chiamandole a predisporre un programma quinquennale di modifica delle circoscrizioni comunali e di fusione dei piccoli Comuni. Ma soprattutto è la disciplina delle Unioni di Comuni posta dalla l. 142 del 1990 ad essere interamente orientata all obiettivo della fusione: l art. 26 prevede, infatti, la possibilità di costituire un Unione tra due o più piccoli Comuni contermini, in vista della loro successiva fusione. La costituzione di Unioni di Comuni è quindi preordinata per legge alla loro fusione, che deve avvenire entro i successivi dieci anni, pena lo scioglimento dell Unione stessa. Inoltre alle Regione viene attribuito il compito di favorire mediante contributi propri le Unioni di Comuni, ma la stessa Regione è tenuta con propria legge a provvedere alla fusione dei Comuni aderenti all Unione beneficiaria di tali incentivi, qualora il suddetto termine decennale sia trascorso senza che i Comuni interessati abbiano autonomamente deliberato in proposito. La riforma delle autonomie locali avviata dalla l. 142 del 1990 ha conosciuto una forte accelerazione e un importante sviluppo nel biennio : a partire dalla legge delega n. 59 del 1997 (la c.d. legge Bassanini), infatti, si è avviato un ambizioso processo di decentramento e di trasferimento di funzioni dallo Stato alle Regioni e agli enti locali che ha ridisegnato l ordinamento e il ruolo degli enti locali secondo una logica di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza. Questo conferimento di funzioni ai livelli di governo più vicini ai cittadini, compiutosi in particolare con il d.lgs. 112 del 1998, ha riproposto in termini ancora più evidenti il problema dell inadeguatezza dei piccoli Comuni a svolgere, quantomeno singolarmente, un complesso crescente e rilevante di funzioni e il ripensamento e il rafforzamento delle forme associative si sono, pertanto, imposti come obiettivi primari. A tal fine, l art. 3 del d.lgs. 112 del 1998, al fine di favorire l esercizio associato delle funzioni da parte dei Comuni di minore dimensione demografica, affida alle Regioni il compito di individuare i livelli ottimali di esercizio di tali funzioni, concordandoli in sede concertativa con le rappresentanze delle autonomie locali. Nell ambito della previsione regionale, spetta ai Comuni la scelta autonoma delle forme e dei metodi di esercizio associato, entro il termine di tempo fissato dalla stessa Regione, che è, del resto, anche chiamata a corrispondere agli enti locali specifici contributi e incentivi per la gestione associata, nonché ad intervenire in via sostitutiva nel caso in cui il termine da essa fissato decorra senza che i Comuni

13 1. La normativa nazionale in materia di gestione associata di funzioni e servizi comunali 13 abbiano assunto le necessarie determinazioni. Il nodo dell adeguatezza viene quindi risolto dal d.lgs. 112 del 1998 mediante l individuazione dei c.d. livelli ottimali, seguendo uno schema non dissimile da quello già adottato dal legislatore statale nella disciplina della gestione dei rifiuti (cfr. d.lgs. 22 del 1997) e delle acque (cfr. l. 36 del 1994) e che prevede, appunto, l individuazione di ambiti ottimali al cui interno gli enti locali sono chiamati a svolgere le connesse funzioni in forma associata. Questo modello viene ribadito e perfezionato dalla l. 265 del 1999, che apporta una revisione generale della l. 142 del 1990 adattandola all evoluzione impressa dagli interventi riformatori dell ultimo biennio. In particolare, la l. 265 del 1999 attribuisce alle Regioni il compito di predisporre, in concertazione con i Comuni, un programma territoriale di individuazione degli ambiti per la gestione associata sovracomunale di funzioni e servizi. Le Regioni vengono poi chiamate ad incentivare le gestioni associate mediante contributi finanziari, la cui disciplina sarà dettata da specifiche leggi regionali e dovrà essere volta a favorire il massimo grado di integrazione tra i Comuni e a promuovere in particolare le Unioni e le fusioni di Comuni. Inoltre, sempre limitatamente alla disciplina delle forme associative, la l. 265 del 1999 interviene a modificare la disciplina delle Unioni, sopprimendo i due limiti posti dalla previgente disciplina e relativi al vincolo obbligatorio della fusione entro dieci anni e alla soglia demografica massima dei Comuni aderenti: l Unione non è più percepita, pertanto, come puro strumento di contenimento della frammentazione comunale, bensì come modalità generale di esercizio associato di una pluralità di funzioni in vista della ricerca di un livello adeguato di intervento locale indipendentemente dalla dimensione dei Comuni aderenti. Per portare a compimento il percorso di riforme avviatosi nel 1990, si poneva infine la necessità di coordinare in un corpo normativo unico ed organico le molte e diverse disposizioni dettate in materia di ruolo e funzionamento degli enti locali: l art. 31 della l. 265 del 1999 conclude questa prima fase di riforme conferendo una delega al Governo per l adozione di un testo unico in materia di ordinamento degli enti locali. 3. Le forme associative nel Testo Unico sull ordinamento degli Enti locali (d.lgs. 267 del 2000) Il Testo unico sull ordinamento degli enti locali (TUEL), adottato con il d.lgs. 267 del 2000, non intende tanto innovare la normativa previgente in materia, quanto coordinare le disposizioni esistenti in un quadro sistematico in grado di porsi come unico e prevalente riferimento normativo. Questo carattere del TUEL ritorna anche nella disciplina delle forme associative, a cui è

14 14 un nuovo associazionismo comunale per le Marche dedicato il Capo V del Titolo II e che sostanzialmente riprende le disposizioni contenute nella l. 265 del 1999 introducendo limitati profili di innovazione Le Convenzioni L art. 30 del TUEL è dedicato alla forma associativa più elementare e al contempo più diffusa nella prassi degli enti locali, ossia la Convenzione. La disciplina di tale istituto risulta del tutto identica a quella dettata dalla l. 142 del 1990, così come integrata dalla l. 265 del 1999: 1) 2) 3) 4) Articolo 30 Convenzioni Al fine di svolgere in modo coordinato funzioni e servizi determinati, gli enti locali possono stipulare tra loro apposite convenzioni. Le convenzioni devono stabilire i fini, la durata, le forme di consultazione degli enti contraenti, i loro rapporti finanziari ed i reciproci obblighi e garanzie. Per la gestione a tempo determinato di uno specifico servizio o per la realizzazione di un opera lo Stato e la regione, nelle materie di propria competenza, possono prevedere forme di convenzione obbligatoria fra enti locali, previa statuizione di un disciplinaretipo. Le convenzioni di cui al presente articolo possono prevedere anche la costituzione di uffici comuni che operano con personale distaccato dagli enti partecipanti, ai quali affidare esercizio delle funzioni pubbliche in luogo degli enti partecipanti all accordo, ovvero la delega di funzioni da parte degli enti partecipanti all accordo a favore di uno di essi, che opera in luogo e per conto degli enti deleganti. L art. 30 prefigura, pertanto, un modello molto flessibile di cooperazione intercomunale che permette ai Comuni di stipulare tra loro appositi accordi per lo svolgimento in forma associata e coordinata di funzioni e servizi determinati. La convenzione deve costituire oggetto di deliberazione approvata dai Consigli dei Comuni aderenti, così come disposto dall art. 42, lett. c, dello stesso TUEL, e deve presentare un contenuto minimo obbligatorio, in quanto è tenuta quanto meno a determinare: i fini della stessa, ovvero le funzioni o i servizi che si intende espletare o erogare in forma associata e gli obbiettivi di tale gestione associata; la sua durata, dal momento che la convenzione si configura per natura come accordo a tempo determinato, non comportando essa una rinuncia 3 Per il commento delle disposizioni del Capo V, Titolo II del TUEL, cfr. Commento al testo unico in materia di ordinamento degli enti locali: Decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, direzione e supervisione di F. Botta, Maggioli, 2000; M. Bertolissi (a cura di), L ordinamento degli enti locali: commento al Testo unico sull ordinamento delle autonomie locali del 2000 alla luce delle modifiche costituzionali del 2001, Il Mulino, 2002; F. Caringella, A. Giuncato, F. Romano (a cura di), L ordinamento degli enti locali: commentario al Testo unico, IPSOA, 2007.

15 1. La normativa nazionale in materia di gestione associata di funzioni e servizi comunali 15 da parte dei Comuni aderenti alla titolarità delle proprie funzioni né essendo finalizzata alla fusione dei Comuni stessi; le forme di consultazione degli enti contraenti: la convenzione deve individuare gli organi o i soggetti che nel corso della medesima debbono periodicamente consultarsi per verificare l andamento della gestione associata e la permanenza delle ragioni di interesse pubblico all origine del rapporto convenzionale e in grado di giustificarne il proseguimento; i reciproci rapporti finanziari, obblighi e garanzie: la convenzione deve prevedere espressamente i costi del convenzionamento dei servizi e la loro ripartizione tra i Comuni aderenti, nonché specifici obblighi reciproci tra i Comuni connessi alle modalità di gestione associata delle funzioni e dei servizi convenzionati e le relative garanzie. L ultimo comma dell art. 30 ripropone la modifica apportata dalla l. 265 del 1999 alla disciplina delle convenzioni posta dalla l. 142 del 1999 e indica due alternativi modelli gestionali delle funzioni e dei servizi convenzionati: 1) l istituto convenzionale può prevedere la costituzione di uffici comuni tra gli enti aderenti a cui affidare l esercizio delle funzioni e dei servizi oggetto della Convenzione in sostituzione dei Comuni associati. Questi uffici operano con personale distaccato dagli enti locali aderenti: il personale, pertanto, mentre conserva il rapporto di servizio con il Comune di origine, a seguito del distacco, instaura il rapporto organico con l ufficio convenzionato. L ufficio comune, infine, dipenderà da un responsabile, nominato di comune accordo dai Comuni aderenti; 2) in alternativa, la convenzione può prevedere la delega di funzioni da parte degli enti aderenti a favore di uno di essi (il c.d. Comune capofila ) che opera per nome e per conto dei Comuni deleganti, che rinunciano a svolgere le attività amministrative oggetto della convenzione dal momento che l ente capofila si accolla l onere della gestione dei servizi convenzionati. La ribadita previsione di questi due modelli gestionali all interno del TUEL, sebbene recepisca istituti che la prassi amministrativa in materia di convenzioni aveva sperimentato già da tempo, rivela una chiara volontà di stabilizzare e rafforzare l istituto convenzionale come forma di gestione associata di funzioni e servizi comunali.

16 16 un nuovo associazionismo comunale per le Marche 3.2 I Consorzi Il Consorzio è un ente locale complesso dotato di organizzazione propria e personalità giuridica pubblica e rappresenta lo strumento di cooperazione tra enti locali con più lunga tradizione nell ordinamento giuridico italiano, essendo già previsto nella disciplina precostituzionale delle autonomie locali. A riguardo, l art. 31 del TUEL conserva l impianto delle disposizioni contenute in materia dalla l. 142 del 1990, così come modificata dal d.l. 361 del 1995: Articolo 31 Consorzi 1) Gli enti locali per la gestione associata di uno o più servizi e l esercizio associato di funzioni possono costituire un consorzio secondo le norme previste per le aziende speciali di cui all articolo 114, in quanto compatibili. Al consorzio possono partecipare altri enti pubblici, quando siano a ciò autorizzati, secondo le leggi alle quali sono soggetti. 2) A tal fine i rispettivi consigli approvano a maggioranza assoluta dei componenti una convenzione ai sensi dell articolo 30, unitamente allo statuto del consorzio. 3) In particolare la convenzione deve disciplinare le nomine e le competenze degli organi consortili coerentemente a quanto disposto dai commi 8, 9 e 10 dell articolo 50 e dell articolo 42, comma 2, lettera m), e prevedere la trasmissione, agli enti aderenti, degli atti fondamentali del consorzio; lo statuto, in conformità alla convenzione, deve disciplinare l organizzazione, la nomina e le funzioni degli organi consortili. 4) Salvo quanto previsto dalla convenzione e dallo statuto per i consorzi, ai quali partecipano a mezzo dei rispettivi rappresentanti legali anche enti diversi dagli enti locali, l assemblea del consorzio è composta dai rappresentanti degli enti associati nella persona del Sindaco, del Presidente o di un loro delegato, ciascuno con responsabilità pari alla quota di partecipazione fissata dalla convenzione e dallo statuto. 5) L assemblea elegge il consiglio di amministrazione e ne approva gli atti fondamentali previsti dallo statuto. 6) Tra gli stessi enti locali non può essere costituito più di un consorzio. 7) In caso di rilevante interesse pubblico, la legge dello Stato può prevedere la costituzione di consorzi obbligatori per l esercizio di determinate funzioni e servizi. La stessa legge ne demanda l attuazione alle leggi regionali. 8) Ai consorzi che gestiscono attività di cui all articolo 113bis, si applicano le norme previste per le aziende speciali. La lettera del TUEL lascia agli enti consorziati le scelte circa l individuazione delle funzioni del consorzio, limitandosi ad indicare tale istituto come strumento per la gestione associata di uno o più servizi e per l esercizio associato di funzioni: l art. 31 consente, quindi, sia consorzi-azienda, istituiti per la gestione congiunta di servizi degli enti locali, che di consorzi-enti amministrativi, istituiti per la gestione associata di una o più funzioni. Tuttavia il comma 186 della Legge Finanziaria 2010, come modificata dal d.l. 2/2010 convertito in l. 42 del 2010, prevede l obbligo per i Comuni di sopprimere una serie di organismi, tra i quali anche i consorzi di funzioni tra enti locali. Inoltre il

17 1. La normativa nazionale in materia di gestione associata di funzioni e servizi comunali 17 consorzio può essere sia monofunzionale o monoservizio che riguardare un complesso organico di funzioni e servizi, sebbene le soluzioni plurifunzionali risultano favorite dal legislatore che al comma 6 ha escluso la possibilità di costituire più di un consorzio tra i medesimi enti, al fine di evitare un inutile proliferazione di enti, ben potendo comunque un singolo consorzio gestire una pluralità di servizi. Altro dato rilevante dell art. 31 è l applicabilità ai consorzi del regime giuridico delle aziende speciali, prevista dal comma 1, ferma restando la compatibilità dell ordinamento dei consorzi e la disciplina normativa delle aziende speciali. Il consorzio, in effetti, presenta diverse affinità con l azienda speciale (si pensi alla finalità di gestione dei servizi pubblici o alla personalità giuridica con relativa autonomia finanziaria, gestionale ed ordinamentale), ma ciò che contraddistingue i due istituti riguarda proprio il profilo della gestione associata: mentre l azienda speciale si configura come ente strumentale di un solo Comune ed è solo eventualmente possibile che l opera di tale azienda sia utilizzata da altri Comuni che si convenzionano a tal fine con l ente che ne è titolare, il consorzio è qualificabile come un associazione tra più Comuni finalizzata alla gestione in forma associata dei servizi pubblici di loro pertinenza e fa quindi riferimento al complesso dei Comuni che l hanno istituita. Ai fini della costituzione del consorzio, l accordo dei Comuni aderenti deve essere manifestato in una convenzione redatta ai sensi dell art. 30 del TUEL e approvata a maggioranza assoluta dai Consigli comunali. Altro atto fondamentale per la costituzione del consorzio è lo statuto, approvato anch esso a maggioranza assoluta dai Consigli dei Comuni aderenti e chiamato a disciplinare l organizzazione del consorzio stesso in conformità all assetto generale disegnato dalla convenzione. La convenzione di istituzione del consorzio deve presentare, infatti, alcuni contenuti obbligatori aggiuntivi rispetto a quelli fissati in via generale per l istituto convenzionale: essa deve disciplinare anche le nomine e le competenze degli organi consortili e prevedere la trasmissione ai Comuni aderenti degli atti fondamentali del consorzio. Per quanto concerne gli organi consortili, si noti che il Consorzio, a differenza della Convenzione, si caratterizza proprio per la presenza di propri organi amministrativi, responsabili della sua conduzione e individuati dallo stesso TUEL. Il primo di questi organi è l assemblea consortile, composta dai rappresentati legali degli enti associati nella persona del relativo vertice politico-amministrativo (ossia il Sindaco o il Presidente della Provincia o dell Unio ne di Comuni) o un loro delegato da essi nominato; questi soggetti partecipano all assemblea con responsabilità pari alla quota di partecipazione del rispettivo ente, ossia sono titolari di un solo voto con valore proporzionale alla quota di partecipazione. L assemblea si presenta, quindi, come una proiezione degli enti consorziati e ha il compito di approvare gli atti consortili

18 18 un nuovo associazionismo comunale per le Marche fondamentali, di determinare gli indirizzi generali dell attività del consorzio, di vigilare sugli organi amministrativi e gestionali dello stesso e verificarne i risultati. Gli organi amministrativi e gestionali del consorzio sono il consiglio di amministrazione, eletto dall assemblea secondo le modalità previste dallo statuto e responsabile della programmazione di dettaglio delle attività consortili, e il direttore, nominato sempre con le modalità previste dalla statuto e titolare della responsabilità gestionale del consorzio stesso. La rappresentanza legale del consorzio è infine affidata al Presidente, eletto dall assemblea anch esso secondo le modalità previste dallo statuto. In relazione agli atti fondamentali del consorzio, la loro definizione deve essere ricavata dall art. 114 del TUEL sulle aziende speciali, in base alla quale sono da considerarsi fondamentali i seguenti atti: a) b) c) d) il piano-programma, comprendente un contratto di servizio che disciplini i rapporti tra ente locale ed azienda speciale; i bilanci economici di previsione pluriennale ed annuale; il conto consuntivo; il bilancio di esercizio. Con la trasmissione di tali atti, i Comuni aderenti sono messi in condizione di conoscere e valutare l attività del consorzio; tuttavia, è da escludersi che i Consigli comunali possano operare un intervento diretto sulla gestione del consorzio, essendo questo potere di spettanza dell assemblea consortile: essi potranno, piuttosto, sollecitare il proprio Sindaco o i propri delegati a farsi parti diligenti presso gli organi consortili al fine di imprimere un cambiamento di gestione utile a salvaguardare gli specifici interessi comunali che si ritengono lesi o compromessi. 3.3 Le Unioni di Comuni L art. 32 del TUEL riproduce fedelmente la nuova disciplina delle Unioni di Comuni introdotta dalla l. 265 del 1999 mediante le modifiche apportata all art. 26 della l. 142 del 1990: 1) 2) Articolo 32 Unioni di comuni Le unioni di comuni sono enti locali costituiti da due o più comuni di norma contermini, allo scopo di esercitare congiuntamente una pluralità di funzioni di loro competenza. L atto costitutivo e lo statuto dell unione sono approvati dai consigli dei comuni partecipanti con le procedure e la maggioranza richieste per le modifiche statutarie. Lo statuto individua gli organi dell unione e le modalità per la loro costituzione e individua altresì le funzioni svolte dall unione e le corrispondenti risorse.

19 1. La normativa nazionale in materia di gestione associata di funzioni e servizi comunali 19 3) 4) 5) Lo statuto deve comunque prevedere il presidente dell unione scelto tra i sindaci dei comuni interessati e deve prevedere che altri organi siano formati da componenti delle giunte e dei consigli dei comuni associati, garantendo la rappresentanza delle minoranze. L unione ha potestà regolamentare per la disciplina della propria organizzazione, per lo svolgimento delle funzioni ad essa affidate e per i rapporti anche finanziari con i comuni. Alle unioni di comuni si applicano, in quanto compatibili, i principi previsti per l ordinamento dei comuni. Si applicano, in particolare, le norme in materia di composizione degli organi dei comuni; il numero dei componenti degli organi non può comunque eccedere i limiti previsti per i comuni di dimensioni pari alla popolazione complessiva dell ente. Alle unioni competono gli introiti derivanti dalle tasse, dalle tariffe e dai contributi sui servizi ad esse affidati. La l. 265 del 1999, ha modificato l architettura del testo della l. 142 del 1990 e la filosofia stessa alla base del istituto dell unione dei comuni come strumento privilegiato dell associazionismo degli enti locali. Il testo unico, nel trasfondere il testo novellato dell articolo 26 della l. 142 del 1990 nell articolo 32, ha mantenuto tale nuova impostazione. Del resto la necessità di questo diverso orientamento è confermata dal numero davvero ridotto delle Unioni costituite fino all entrata in vigore della l. 265 del 1999, segno che la finalizzazione di questi enti alla successiva fusione, ancorché non obbligatoria, ha operato da deterrente nei riguardi delle amministrazioni locali. Per altro, la costituzione delle Unioni era resa difficoltosa anche dalle limitazioni previste dai commi 1 e 2 e dell originaria stesura dell articolo 26 della l. 142 del Potevano costituire un unione solo comuni contermini appartenenti alla medesima provincia e con popolazione non superiore ai 5000 abitanti, pur essendo ammessa la possibilità che solo un ente con popolazione compresa tra i 5000 e i abitanti potesse prendere parte all unione. Questo favor del legislatore verso unioni costituite da comuni molto piccoli, in vista di un loro possibile accorpamento, era del resto giustificato dalla natura delle Unioni come fase prodromica della fusione. Ma nel momento in cui il legislatore del 99 trasforma l Unione di Comuni da ente a scadenza preordinato alla fusione a forma di gestione coordinata di funzioni e servizi tra i comuni, che può, ma non deve, eventualmente sfociare in una fusione, sulla base dell autonoma decisione degli enti che ne fanno parte, non può che venir meno anche il vincolo derivante dall imposizione delle soglie demografiche per i comuni aderenti: si noti, infatti, che nell attuale testo dell art. 32 non sono previsti limiti alle dimensioni degli enti che possono costituire l unione e anche la necessità che gli enti siano contermini è resa più blanda (la norma infatti prevede che possano costituire l unione due o più comuni di norma, ma non necessariamente, contermini). Nella riforma del 1999, dunque, l istituto assume una nuova rilevanza, che ritroviamo confermata innanzitutto dal comma 1 dell art. 32, che definisce

20 20 un nuovo associazionismo comunale per le Marche le unioni dei comuni quali enti locali. L attribuzione espressa alle Unioni del nomen iuris di enti locali non si esaurisce in una semplice operazione nominalistica: la dottrina, infatti, da tempo aveva espresso opinioni altalenanti e spesso opposte circa la personalità giuridica delle unioni ed ora l attribuzione della qualità di ente locale, espressamente effettuata per legge, risolve definitivamente il problema. Le unioni di comuni sono enti locali nuovi e diversi, distinti dagli enti che l hanno costituita, dotati, quindi, di una propria personalità giuridica. Tornando all oggetto dell Unione, l art. 32, comma 1, stabilisce che le unioni sono costituite per esercitare congiuntamente una pluralità di funzioni, escludendo che l Unione posa costituirsi, a differenza delle convenzioni e dei consorzi, per l esercizio associato di una sola funzione. Si noti che il comma 2 si limita a parlare di funzioni, senza accennare alla gestione dei servizi. Tuttavia, l articolo 32 lascia alle unioni la competenza a gestire servizi al posto dei comuni partecipanti. Infatti, il riferimento ai servizi appare nel comma 5, che dispone circa le risorse dell Unione stabilendo l assegnazione alle unioni degli introiti derivanti dalle tasse, tariffe e contributi relativi ai servizi ad esse affidati, con la precisazione che debba trattarsi di servizi non imprenditoriali. Il comma 2 disciplina poi la procedura di costituzione dell unione, prevedendo che l atto costitutivo e lo statuto dell unione siano approvati con le procedure e la maggioranza richiesta per le modifiche statutarie, ossia a maggioranza dei due terzi dei consiglieri assegnati in prima votazione o a maggioranza assoluta ottenuta in due distinte votazioni successive da tenersi entro trenta giorni: si tratta di maggioranze rafforzate rispetto alla normativa previgente in materia di Unioni, che prevedeva la sola deliberazione a maggioranza assoluta, e la cui introduzione è volta a ribadire l importanza della decisione di addivenire all Unione e la necessità che essa sia largamente condivisa in seno ai Consigli dei Comuni aderenti. I commi 2 e 3 assegnano allo statuto la competenza di: 1) 2) 3) 4) 5) Individuare gli organi dell unione; Stabilire le modalità per la loro costituzione; Definire le funzioni svolte dall unione e le corrispondenti risorse; Disporre che il presidente del unione (organo obbligatorio) sia scelto tra i sindaci dei comuni che ne fanno parte; Indicare che altri organi siano formati da componenti delle giunte e dei consigli associati, garantendo la rappresentanza delle minoranze. Come si nota, il comma 3 demanda allo statuto il compito di individuare gli organi dell unione. Si tratta di una norma che potenzia notevolmente l autonomia locale, in quanto è affidata alla scelta dei comuni, mediante lo

21 1. La normativa nazionale in materia di gestione associata di funzioni e servizi comunali 21 statuto, la definizione dell assetto istituzionale dell unione, che invece nel precedente era interamente definito dalla legge. L art. 32 si limita a dare solo due prescrizioni ai comuni. In primo luogo, per quanto riguarda il Presidente, essendo questo espressamente previsto dalla legge, è un organo necessario obbligatorio. Ai sensi del comma 3, il Presidente deve necessariamente essere scelto tra uno dei sindaci facenti parte dell unione. Per quanto riguarda gli altri organi, la riforma non dà indicazioni sulla loro configurazione. Lo statuto sarà quindi libero di definirne i contorni eventualmente anche adottando schemi diversi dalla suddivisione classica tra organo assembleare ed organo esecutivo, qualora tale scelta sia sorretta da adeguata motivazione giuridica e gestionale. Si noti, tuttavia, che, ai sensi del comma 5, in ordine alla composizione ed al numero dei componenti degli organi dell Unione, si applicano le norme stabilite per l ordinamento comunale, in quanto compatibili. Infine, l Unione è dotata di uffici propri e la loro organizzazione è disciplinata dall Unione stessa, che, in materia, a norma del comma 4, è dotata di potestà regolamentare. 3.4 Gli Accordi di Programma 1) 2) 3) 4) Articolo 34 Accordi di programma Per la definizione e l attuazione di opere, di interventi o di programmi di intervento che richiedono, per la loro completa realizzazione, l azione integrata e coordinata di comuni, di province e regioni, di amministrazioni statali e di altri soggetti pubblici, o comunque di due o più tra i soggetti predetti, il presidente della regione o il presidente della provincia o il sindaco, in relazione alla competenza primaria o prevalente sull opera o sugli interventi o sui programmi di intervento, promuove la conclusione di un accordo di programma, anche su richiesta di uno o più dei soggetti interessati, per assicurare il coordinamento delle azioni e per determinarne i tempi, le modalità, il finanziamento ed ogni altro connesso adempimento. L accordo può prevedere altresì procedimenti di arbitrato, nonché interventi surrogatori di eventuali inadempienze dei soggetti partecipanti. Per verificare la possibilità di concordare l accordo di programma, il presidente della regione o il presidente della provincia o il sindaco convoca una conferenza tra i rappresentanti di tutte le amministrazioni interessate. L accordo, consistente nel consenso unanime del presidente della regione, del presidente della provincia, dei sindaci e delle altre amministrazioni interessate, è approvato con atto formale del presidente della regione o del presidente della provincia o del sindaco ed è pubblicato nel bollettino ufficiale della regione. L accordo, qualora adottato con decreto del presidente della regione, produce gli effetti della intesa di cui all articolo 81 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, determinando le eventuali e conseguenti variazioni degli strumenti urbanistici e sostituendo le concessioni edilizie, sempre che vi sia l assenso del comune interessato.

22 22 un nuovo associazionismo comunale per le Marche 5) 6) 7) 8) Ove l accordo comporti variazione degli strumenti urbanistici, l adesione del sindaco allo stesso deve essere ratificata dal consiglio comunale entro trenta giorni a pena di decadenza. Per l approvazione di progetti di opere pubbliche comprese nei programmi dell amministrazione e per le quali siano immediatamente utilizzabili i relativi finanziamenti si procede a norma dei precedenti commi. L approvazione dell accordo di programma comporta la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza delle medesime opere; tale dichiarazione cessa di avere efficacia se le opere non hanno avuto inizio entro tre anni. La vigilanza sull esecuzione dell accordo di programma e gli eventuali interventi sostitutivi sono svolti da un collegio presieduto dal presidente della regione o dal presidente della provincia o dal sindaco e composto da rappresentanti degli enti locali interessati, nonché dal commissario del Governo nella regione o dal prefetto nella provincia interessata se all accordo partecipano amministrazioni statali o enti pubblici nazionali. Allorché l intervento o il programma di intervento comporti il concorso di due o più regioni finitime, la conclusione dell accordo di programma è promossa dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, a cui spetta convocare la conferenza di cui al comma 3. Il collegio di vigilanza di cui al comma 7 è in tal caso presieduto da un rappresentante della Presidenza del Consiglio dei Ministri ed è composto dai rappresentanti di tutte le regioni che hanno partecipato all accordo. La Presidenza del Consiglio dei Ministri esercita le funzioni attribuite dal comma 7 al commissario del Governo ed al prefetto. L art. 34 del TUEL, richiamando interamente l art. 27 della l. 142 del 1990, prevede l accordo di programma come strumento finalizzato alla realizzazione di azioni, opere o interventi di elevata complessità che richiedono il coinvolgimento e l intesa di un elevato numero di partner istituzionali. Comuni, Province, Regioni, Amministrazioni dello Stato ed altri soggetti pubblici interessati possono attraverso di esso condurre un azione integrata e coordinata per il raggiungimento di prestabiliti obiettivi comuni. La ratio dell istituto va rinvenuta nella volontà di snellire ed abbreviare i tempi dell azione amministrativa quando essa coinvolga diversi livelli di governo, che possono trovare nell accordo di programma uno strumento per definire sin dall origine i contenuti di un consenso unanime. L obiettivo ultimo della disciplina legislativa dell accordo di programma è, quindi, quello di favorire, ad ogni livello amministrativo, la massima collaborazione tra i diversi soggetti di governo, nella piena consapevolezza delle potenzialità strategiche di ogni forma di associazionismo. A ben vedere, nel panorama delle forme associative disciplinate dal TUEL, l accordo di programma presenta un elevata specificità, una connotazione sui generis che lo differenzia dagli altri strumenti di associazionismo sotto diversi aspetti: si differenzia dal consorzio per l oggetto dell accordo e per la struttura degli organi che risulta assai più semplificata;

23 1. La normativa nazionale in materia di gestione associata di funzioni e servizi comunali 23 si differenzia dalla convenzione e dall Unione di comuni per il maggior numero e la più ampia diversità di soggetti che può coinvolgere; si differenzia dalla convenzione e dall Unione di comuni dal momento che queste operano in relazione a rapporti orizzontali tra enti locali tendenzialmente di pari livello, mentre l accordo di programma fa riferimento principalmente a rapporti verticali tra enti di diverso livello; si differenzia dalla convenzione e dall Unione di Comuni per gli obiettivi specifici e le diverse finalità, non essendo l accordo volto all integrazione dei Comuni partecipanti. 3.5 Il ruolo delle Regioni L art. 33 del TUEL disciplina il ruolo delle Regioni nella promozione, programmazione e incentivazione delle gestioni associate di funzioni e servizi comunali e, a tal fine, ricompone e coordina le disposizioni contenute nell articolo 11, commi 2 e 3 nell articolo 26bis della legge 142/1990: 1) 2) 3) 4) Articolo 33 Esercizio associato di funzioni e servizi da parte dei comuni Le regioni, nell emanazione delle leggi di conferimento delle funzioni ai comuni, attuano il trasferimento delle funzioni nei confronti della generalità dei comuni. Al fine di favorire l esercizio associato delle funzioni dei comuni di minore dimensione demografica, le regioni individuano livelli ottimali di esercizio delle stesse, concordandoli nelle sedi concertative di cui all articolo 4. Nell ambito della previsione regionale, i comuni esercitano le funzioni in forma associata, individuando autonomamente i soggetti, le forme e le metodologie, entro il termine temporale indicato dalla legislazione regionale. Decorso inutilmente il termine di cui sopra la regione esercita il potere sostitutivo nelle forme stabilite dalla legge stessa. Le regioni predispongono, concordandolo con i comuni nelle apposite sedi concertative, un programma di individuazione degli ambiti per la gestione associata sovracomunale di funzioni e servizi, realizzato anche attraverso le unioni, che può prevedere altresì la modifica di circoscrizioni comunali e i criteri per la corresponsione di contributi e incentivi alla progressiva unificazione. Il programma è aggiornato ogni tre anni, tenendo anche conto delle unioni di comuni regolarmente costituite. Al fine di favorire il processo di riorganizzazione sovracomunale dei servizi, delle funzio- ni e delle strutture, le regioni provvedono a disciplinare, con proprie leggi, nell ambito del programma territoriale di cui al comma 3, le forme di incentivazione dell esercizio associato delle funzioni da parte dei comuni, con l eventuale previsione nel proprio bilancio di un apposito fondo. A tale fine, oltre a quanto stabilito dal comma 3 e dagli articoli 30 e 32, le regioni si attengono ai seguenti principi fondamentali:

24 24 un nuovo associazionismo comunale per le Marche nella disciplina delle incentivazioni; favoriscono il massimo grado di integrazione tra i comuni, graduando la correspon- sione dei benefici in relazione al livello di unificazione, rilevato mediante specifici indicatori con riferimento alla tipologia ed alle caratteristiche delle funzioni e dei servizi associati o trasferiti in modo tale da erogare il massimo dei contributi nelle ipotesi di massima integrazione; prevedono in ogni caso una maggiorazione dei contributi nelle ipotesi di fusione e di unione, rispetto alle altre forme di gestione sovracomunale; promuovono le unioni di comuni, senza alcun vincolo alla successiva fusione, preve- dendo comunque ulteriori benefici da corrispondere alle unioni che autonomamente deliberino, su conforme proposta dei consigli comunali interessati, di procedere alla fusione. a) b) c) d) In base al primo comma dell art. 33, le Regioni, nel conferire con propria legge funzioni amministrative ai comuni, non debbono operare alcuna differenziazione tra i comuni medesimi (ad esempio per dimensione demografica), dovendo estendere il trasferimento delle funzioni alla generalità dei comuni presenti nel territorio regionale. Tuttavia, il secondo comma, nella consapevolezza che l uniforme trasferimento di compiti può determinare gravi problemi di inadeguatezza negli enti più piccoli, mira a favorire l esercizio associato delle funzioni da parte dei comuni di minori dimensioni demografiche. Per questo motivo, le Regioni, in sede di programmazione e di concerto con gli enti locali attraverso il Consiglio delle Autonomie locali, sono chiamate a individuare preventivamente i livelli territoriali ottimali nei quali la gestione associata degli enti locali si presenti di facile esercizio e vantaggiosa dal punto di vista amministrativo. I comuni che debbono esercitare le funzioni amministrative in forma associata possono autonomamente individuare, sulla base della disposizione della legge regionale, forme e metodologie associative, utilizzando ovviamente gli strumenti previsti dall ordinamento degli enti locali. A fronte di questa discrezionalità di scelta, gli enti sono tenuti ad attivare detti strumenti di gestione associata entro il termine previsto dalla legge regionale, pena l esercizio sostitutivo da parte della Regione, che provvede secondo le modalità e i tempi stabiliti dalla legge regionale. Ai sensi del comma 3, le Regioni debbono poi predisporre il c.d. programma di riordino territoriale, ossia un programma di individuazione degli ambiti territoriali per la gestione associata di funzioni e servizi comunali. La ricognizione e l incentivazione delle Unioni di Comuni ricopre un ruolo centrale nella definizione di programma di riordino territoriale offerta dall art. 33 del TUEL. Del resto, anche i criteri fondamentali posti dal comma 4 in materia di incentivazione regionale guardano con un attenzione privilegiata le Unioni di Comuni. Coerentemente con la nuova configurazione dell istituto dell unione, non più preordinata alla fusione, bensì mezzo per la gestione associata

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