Meccanica statistica del gas rarefatto

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1 Meccanica statistica del gas rarefatto Francesco Zamponi INFM e Dipartimento di Fisica, Università di Roma La Sapienza, P.le A. Moro 2, 85 Roma, Italy (Dated: 8 febbraio 25) Si discute in breve la teoria del gas rarefatto attraverso la serie del viriale. Si mostra che, per densità sufficientemente bassa, le funzioni di distribuzione sono funzioni analitiche dei parametri termodinamici e le funzioni di correlazione connesse decadono esponenzialmente. Ne segue che a densità basse esiste un solo stato di Gibbs; in questa situazione l equazione di stato è ben approssimata dall equazione di Van der Waals. I. INTRODUZIONE La serie del viriale è una espansione in serie di potenze della densità ρ nell intorno di ρ dove ogni sistema di particelle classico si comporta come un gas perfetto. Si ottiene quindi una equazione di stato della forma βp ρ + B n (T )ρ n + B 2 (T )ρ + B 3 (T )ρ 2 + () n2 e i coefficienti B n (T ) sono detti coefficienti del viriale. Una espansione analoga si ottiene per tutte le funzioni di correlazione del sistema, come discuteremo nel seguito. La serie del viriale è uno degli esempi più noti di applicazione di tecniche diagrammatiche alla meccanica statistica; essa converge per densità sufficientemente basse e temperature sufficientemente alte permettendo di definire una regione del diagramma di fase (detta del gas rarefatto) in cui la pressione è una funzione analitica di ρ e T, e le funzioni di correlazione decadono esponenzialmente, per cui non ci sono transizioni di fase e tutte le proprietà del sistema possono essere calcolate con la precisione desiderata troncando la serie del viriale a un certo coefficiente. Nella regione del diagramma di fase dove il sistema diventa liquido la serie del viriale sicuramente non converge, per cui un suo troncamento non può descrivere correttamente l equazione di stato e le funzioni di correlazione. Nonostante questo, è possibile risommare certe classi di diagrammi della serie del viriale ottenendo equazioni integrali per le funzioni di correlazione (note come equazioni HNC, PY, ecc.) che descrivono in maniera accurata le proprietà del liquido ad alta densità. Nel seguito:. si introducono le funzioni di correlazione a n punti; 2. si calcola esplicitamente il primo coefficiente del viriale B 2 (T ); 3. si mostra come sia possibile ottenere una stima del raggio di convergenza della serie del viriale; 4. si mostra che la convergenza della serie del viriale implica l esistenza di un unico stato di Gibbs e il decadimento esponenziale delle funzioni di correlazione. Queste note sono tratte da J. P. Hansen, I. R. McDonald, Theory of simple liquids e da G. Gallavotti, Statistical Mechanics: A short treatise. II. FUNZIONI DI DISTRIBUZIONE A N PARTICELLE. Definizione Le funzioni di distribuzione a n particelle possono essere definite per induzione. particelle identiche contenute in un volume V, di hamiltoniana Si considera un sistema di N H N (p, q) K N (p) + Φ N (q) i p 2 2m + Φ N(q) (2) e si definisce in primo luogo la loro espressione microscopica, funzione della configurazione q:

2 2 La funzione di distribuzione a una particella ρ(r; q), per r V, è data da ρ(r; q) i δ(r q i ) (3) e corrisponde quindi al numero di particelle che sono contenute in un volume infinitesimo d 3 r intorno al punto r diviso il volume d 3 r. La funzione di distribuzione a due particelle ρ(r, r 2 ; q) è data dalla funzione di distribuzione ad una particella in r 2 condizionata al fatto che una particella si trova in un volume d 3 r intorno ad r, dividendo poi per d 3 r : ρ(r, r 2 ; q) δ(r q i ) δ(r 2 q j ) δ(r q i ) δ(r 2 q j ) (4) i j( i) i j La funzione di distribuzione a n particelle è data dalla funzione di distribuzione a una particella nel punto r n condizionata dal fatto che una particella si trova in r, una in r 2, e così via, per cui ρ(r,, r n ; q) δ(r q i ) δ(r n q in ) (5) i i 2 i n A questo punto, scelta una misura dµ sullo spazio delle fasi corrispondente a un opportuno insieme statistico, si definisce ρ(r,, r n ) dµ ρ(r,, r n ; q) (6) Da questa definizione si vede facilmente che d 3 r d 3 r n ρ(r,, r n ) N(N ) (N n + ) (N n)! (7) Si possono definire anche le funzioni g(r,, r n ) ρ(r,, r n ) n i ρ(r i) (8) 2. Stati di equilibrio Assumiamo che l energia potenziale abbia la forma Φ N (q) ϕ( q i q j ) + 2 i j i B(q i ) (9) dove ϕ(r) rappresenta un potenziale di interazione di coppia e B(r) rappresenta l interazione con le pareti del recipiente (o, eventualemente, un campo esterno); interazioni che coinvolgono un numero arbitrario di particelle (tre, quattro,...) verranno trascurate nel seguito. Data una qualunque osservabile del sistema della forma F (q) i f (q i ) + f 2 (q i, q j ) + N f 3 (q i, q j, q k ) + f n (q i,, q in ) () i j i j k n i i 2 i n come, ad esempio, l energia potenziale, si potrà scrivere N F (q) d 3 r d 3 r n f n (r,, r n ) ρ(r,, r n ; q) () n

3 per cui F (q) dµ F (q) N d 3 r d 3 r n f n (r,, r n ) ρ(r,, r n ) (2) n Dunque, note le funzioni di distribuzione del sistema, sono noti i valori medi di tutte le osservabili del sistema. In questo senso nel limite termodinamico è possibile definire uno stato di equilibrio come l insieme delle funzioni di distribuzione che si ottengono facendo il limite con determinate condizioni al bordo B: ρ (v,β,b) (r,, r n ) lim ρ (N,V,β,B) (r,, r n ) (3) N, V N v Dimostreremo che nel gas rarefatto le condizioni al bordo scompaiono nel limite termodinamico per cui lo stato di equilibrio è unico e non ci sono transizioni di fase Insieme grancanonico Conviene discutere la teoria del gas rarefatto nell insieme grancanonico, la cui funzione di partizione è data da Z(β, µ, V ) N d e Nβµ 3N p d 3N q h 3N e βh N (p,q) h dove λ 2mπT è detta lunghezza d onda termica e z eβµ λ 3 date da ρ(r,, r n ) con la normalizzazione Z(β, µ, V ) Z(β, µ, V ) z n Z(β, µ, V ) N Nn N Per il gas perfetto si ottiene facilmente e Nβµ d 3N p d 3N q h 3N e Nβµ (N n)! λ 3N N d z N 3N q e βφ N (q) z N Z N (β, V ) (4) N è detta attività. Quindi le funzioni di distribuzione sono e βh N (p,q) d 3(N n) q d z N 3N q e βφ N+n(r,,r n,q,,q N ) d 3 r d 3 r n ρ(r,, r n ) i i 2 i n δ(r q i ) δ(r n q in ) e βφ N (r,,r n,q n+,,q N ) (5) Nn zn Z N (N n)! (N n)! (6) N zn Z N ρ(r,, r n ) ρ n z n (7) Ci aspettiamo quindi che nel limite di bassa densità quest ultima coincida con l attività. Dalla (5) si vede anche che il primo termine dello sviluppo in serie di ρ delle funzioni di correlazione è dato da ρ(r,, r n ) ρ n e βφn(r,,rn) (8) dal momento che al primo ordine in ρ si ha Z(β, µ, V ) e z ρ. Si ha quindi g(r,, r n ) e βφn(r,,rn) + o(ρ) (9) III. L EQUAZIONE DEL VIRIALE E IL COEFFICIENTE B 2(T ) Per ottenere una espressione esplicita per il primo coefficiente del viriale, osserviamo innanzitutto che, definendo la funzione C(q) i q if i (q) (funzione del viriale), si ha, utilizzando le equazioni del moto m q i (t) F i (t), C lim τ τ τ dt C(q(t)) lim τ τ τ dt i q i (t)m q i (t) lim τ τ τ dt i m q i (t) 2 3Nk B T (2)

4 Separiamo poi il contributo delle forze interne dal termine di bordo; il contributo di quest ultimo è direttamente legato alla pressione: infatti, se assumiamo che le particelle siano confinate in un cubo di lato L centrato nell origine e che la funzione B(r) sia non nulla solo molto vicino alle pareti, nel limite termodinamico possiamo approssimare 4 i q i F B i (q) 3 i x i F B xi(q) 6 L 2 i F B xi(q) 3L(P L 2 ) 3P V (2) dove abbiamo utilizzato il fatto che i contributi per x, y, z ±L/2 sono uguali per simmetria e che P L 2 i F xi B (q), cioè che la pressione è l area della faccia per la forza totale agente sulla faccia stessa. Abbiamo quindi che C int (q) 3Nk B T + 3P V (22) Questa equazione è detta equazione del viriale. Essa può essere riscritta in forma più semplice osservando che C int (q) i q i Fi int (q) i q i i ϕ( q i q j ) (q i q j ) ϕ(q i q j ) (23) 2 j( i) i j Si può quindi applicare a C int (q) l equazione (2) per n 2 e si ottiene C int (q) dr dr 2 ρ(r, r 2 ) (r r 2 ) ϕ(r r 2 ) 2 2 ρ2 V 2πNρ Inserendo questo risultato nella (22) si ha drg(r) r 3 ϕ (r) drg( r ) r ϕ(r) (24) βp ρ + β Cint (q) 3N 2πβρ 3 drg(r) r 3 ϕ (r) (25) da cui si vede che, se l energia potenziale è la somma di interazioni di coppia, l equazione di stato è completamente determinata dalla conoscenza della funzione di correlazione di coppia g(r). A partire dall equazione del viriale si può ottenere il primo coefficiente della serie del viriale B 2 (T ) ricordando che il primo termine nello sviluppo di g(r) è dato da exp βϕ(r), per cui si ha B 2 (T ) 2πβ 3 dre βϕ(r) r 3 ϕ (r) 2π dr r 2 e βϕ(r) 2 d 3 r f(r) (26) dove f(r) e βϕ( r ). Applicazioni: i) misura sperimentale dei parametri di interazione Lennard-Jones (Hansen, 4.); ii) la correzione alla pressione per le sfere dure dipende solo dal valore della g(r) al contatto (Hansen, 2.5); iii) equazione di stato di Van der Waals (Gallavotti, 5.). IV. LE EQUAZIONI DI KIRKWOOD E SALSBURG Ricaviamo adesso una relazione di ricorrenza che permetterà di ottenere uno sviluppo delle funzioni di distribuzione in potenze di z. Dal momento che per z piccolo si ha ρ z, questo sviluppo equivale a uno sviluppo in serie di potenze della densità. Considereremo un potenziale Φ N (q) che verifichi le ipotesi: Portata finita, ovvero ϕ(q) per q > r. Stabilità, ovvero Φ N (q) > BN. Per semplicità consideriamo un potenziale di bordo nullo all interno del volume V e infinito all esterno. Definiamo inoltre Φ q (q\q ) N i2 ϕ( q q i ), l energia di interazione tra la particella e tutte le altre, e r (r,, r n ). A partire dall ultima riga della (5), separando Φ(r, q) Φ r (r\r ) + Φ r (q) + Φ(r\r, q) si ottiene: ρ(r) ze βφr (r\r) N z n+n Z d 3N q e βφ(r\r,q) N e βϕ( r qj ) (27)

5 5 Nell ultimo termine si può scrivere, all interno dell integrale: j e βϕj j (e βϕj + ) + N ( ) N m (e βϕj ) (28) m L ultima uguaglianza ha senso, ovviamente, solo all interno dell integrale perché l integrando rimanente è simmetrico nelle variabili q. Si ottiene quindi, definendo ρ( ), ρ(r) ze βφr (r\r) ρ(r\r ) + N N z n+n Z (N m)! d 3N q e βφ(r\r,q) m e βϕ( r q j ) (29) Conviene a questo punto denominare q le N m tra le q che rimangono libere dall ultimo termine nell integrale; ponendo poi N N m e definendo f(r) e βϕ( r ) si ottiene ρ(r) ze βφr (r\r) z n+n +m d 3m q d 3N q m ρ(r\r ) + Z N e βφ(r\r,q,q ) f(r q j ) (3)! N e infine, riarrangiando i termini, e utilizzando la (5) ρ(r) ze βφr (r\r) d 3m q m ρ(r\r ) + ze βφr (r\r) d 3m q m ρ(r\r ) + f(r q j ) N z n +m+n f(r q j ) ρ(r\r, q) d 3N q Z N! e βφ(r\r,q,q ) (3) Queste relazioni sono dette equazioni di Kirkwood-Salsburg; possono essere messe in una forma più compatta definendo il vettore (adimensionale) ρ {r 3n ρ(r,..., r n ), n N}, e il vettore α tale che α(r ) e α(r,, r n ), n >. Si ottiene ρ ζα + ζkρ (32) dove ζ zr 3 è anch essa adimensionale e l operatore K agisce linearmente su un generico vettore v: ( (Kv)(r,, r n ) e βφr (r2,,rn) d 3m m ) q v(r 2,, r n ) δ n> + r 3m (e βϕ(r qi) ) v(r 2,, r n, q) i (33) In questo modo tutte le quantità in gioco sono state rese adimensionali; sarà possibile quindi risolvere iterativamente l equazione (32) ottenendo ρ (ζk) p ζα ζα (34) ζk p La serie (34) converge se ζk <, ovvero se, definendo opportunamente una norma v sullo spazio v, si ha Kv C(β) v e ζc(β) <. A. Convergenza della serie per attività piccola E naturale definire la norma di un vettore v {v(r,..., r n ), n N} come v sup n sup v(r,, r n ) r,,r n (35)

6 Stimiamo quindi Kv. Dal momento che Φ N (r) verifica la proprietà di stabilità non potrà essere Φ ri (r\r i ) < 2B per tutti gli r i. Infatti, se così fosse, si avrebbe Φ N (r) 2 i Φ r i (r\r i ) < BN, il che contraddice l ipotesi di stabilità. Scegliamo quindi r in modo che Φ r (r\r ) 2B; dalla (33) si ottiene quindi (Kv)(r,, r n ) e 2βB d 3m q m v + r 3m e βϕ(r qi) i d 3 q (36) v exp 2βB + e βϕ(q) C(β) v e quindi r 3 Kv C(β) v (37) La condizione per la convergenza della serie (34), ζc(β) <, è quindi z < r 3C(β) d r 3 e 2βB e I(β) 3 q, I(β) r 3 e βϕ(q) (38) e definisce una regione nel piano (z, β) in cui le funzioni di distribuzione possono essere calcolate mediante lo sviluppo (34) in potenze di z. 6 B. Sviluppo in serie di ρ E facile verificare che il primo termine della serie di ρ(r,, r n ) è dato da come già abbiamo discusso. Infatti, α(r,, r n ) per n >, e ρ(r,, r n ) z n e βφn(r,,rn) + o(z n+ ) (39) Kα {I(β), e βφ2(r,r2),,, } (4) ha tutte le componenti per n > 2 nulle. E facile mostrare che, se v(r,, r n ) è nullo per n > p, allora (Kv)(r,, r n ) è nullo per n > p + e si ha (Kv)(r,, r p+ ) e βφr (r2,,rp+) v(r 2,, r p+ ) (4) Si vede quindi per induzione che K p α ha tutte le componenti nulle per n > p + e che (K p α)(r,, r p+ ) e βφp+(r,,rp+) (42) da cui segue la (39). Se il sistema è omogeneo, quindi, la densità ρ ρ(r) è una funzione analitica di z il cui sviluppo comincia dal termine lineare in z: ρ z + o(z 2 ) (43) ed è possibile ottenere uno sviluppo equivalente delle funzioni di distribuzione in serie di potenze della densità se quest ultima è sufficientemente piccola della forma ρ(r) ρ n e βφn(r) + ρf (r) + ρ 2 F 2 (r) + (44) V. ESISTENZA DEL LIMITE TERMODINAMICO PER LE FUNZIONI DI DISTRIBUZIONE La dimostrazione del paragrafo precedente è stata fatta supponendo di aver fissato un volume V all interno del quale le particelle sono confinate. Abbiamo quindi mostrato che, dette ρ V le funzioni di correlazione nel volume V, si ha ρ V (ζk V ) p ζα ζα (45) ζk V p

7 7 L operatore K V dipende dal volume V solo perché gli integrali in q nella (33) sono fatti sul volume V. Per V abbastanza grande, la costante C(β) non dipende dal volume V dato che la funzione f(r) e βϕ( r ) si annulla per r > r ; quindi per V abbastanza grande la serie converge uniformemente in V ed è possibile fare il limite termodinamico termine a termine nella (45). Il fatto che la funzione f(r) si annulli per r > r garantisce l esistenza di questo limite e la sua indipendenza dalla forma del contenitore (purché le sue dimensioni lineari vadano all infinito con la stessa velocità nelle tre direzioni spaziali) per V grande, il che dimostra l esistenza del limite termodinamico per le funzioni di distribuzione. L indipendenza del limite dalle condizioni al bordo può essere dimostrata nel modo seguente. La presenza di un termine di bordo B(r) nell energia potenziale può essere eliminata ridefinendo l attività z come z(r) λ 3 e βµ B(r) (46) La derivazione delle equazioni di Kirkwood-Salsburg può essere ripetuta anche se l attività è una funzione del punto; si ottengono ancora le equazioni (3) con z(r ) al posto di z. Assumendo che l energia di interazione con le pareti sia limitata, B(r) B, si ottiene una stima analoga alla (36) con 2B 2B + B. Questo garantisce la convergenza della serie del viriale anche in presenza di interazione con le pareti; il limite termodinamico può ancora essere fatto termine a termine nella serie perturbativa e si vede facilmente che, se la portata dell interazione B(r) è finita intorno alle pareti, cioè se B(r) quando la distanza tra r e il bordo del contenitore è maggiore di un certo r B, il limite non dipende da B(r) ed è lo stesso che si ottiene per B(r). Possiamo quindi affermare che il limite termodinamico non dipende dalle condizioni al bordo. Si noti che una dipendenza residua dalle condizioni al bordo si ha se B <, cioè in presenza di una interazione attrattiva con le pareti del contenitore. Infatti in questo caso la presenza del termine di bordo diminuisce il raggio di convergenza della serie del viriale. Fissato quindi un B <, si dovrà considerare una classe di condizioni al bordo B i (r) tali che B i (r) > B, i: per questa classe si avrà indipendenza dal limite termodinamico per z < z(b ). E chiaro d altronde che la presenza di una interazione attrattiva troppo forte con le pareti del contenitore può portare a fenomeni di adesione delle particelle alle pareti e quindi a situazioni fisiche radicalmente diverse da quelle che si vorrebbero descrivere con questo approccio. Applicazioni: (Hansen, 4.6) i) stima quantitativa del raggio di convergenza della serie del viriale per le sfere dure; ii) equazione di stato di Carnahan-Starling VI. DECADIMENTO ESPONENZIALE DELLE FUNZIONI DI CORRELAZIONE Infine è possibile dimostrare che in un gas rarefatto le funzioni di correlazione connesse, definite da ρ c (q, q ) ρ(q, q ) ρ(q)ρ(q ) (47) dove q (q,, q n ) e q (q,, q n ), tendono a zero esponenzialmente in d d(q, q ) min ij q i q j. A. Un lemma Dimostriamo innanzi tutto che, se d > r p, K p α(q, q ) K p α(q)k p2 α(q ) (48) La dimostrazione può essere fatta per induzione; verifichiamo quindi che la (48) sia vera per p : Kα(q, q ) α(q)α(q ) (49) Per n > o n > il secondo membro è nullo, e lo è anche il primo, come si verifica facilmente osservando che nella (33) compaiono solo le componenti di α con n >, nulle per definizione. Per n n il secondo membro è ; il primo membro vale invece e βϕ(q q ), dal momento che nella parte tra parentesi quadre è non nullo solo il primo termine, uguale ad. D altronde per d > r il potenziale è nullo e quindi si ottiene l uguaglianza. Dimostriamo poi che se vale la (48) si ha K (p+) α(q, q ) K p α(q)k p2 α(q ) (5) p +p 2p

8 8 purché d > r (p + ). Ovviamente se vale quest ultima condizione si avrà anche d > r p. Sviluppando si ha K (p+) α(q, q ) e βφq (q\q,q ) K p α(q\q, q ) δ (n+n )> d 3m q m + (e βϕ(q q i ) ) K p α(q\q, q, q ) i e βφq (q\q) K p α(q\q, q ) d 3m q m + (e βϕ(q q i ) ) K p α(q\q, q, q ) i (5) tenendo conto che n + n > sicuramente e che q q i > r i per cui Φ q (q\q, q ) Φ q (q\q ). Osserviamo ora che a causa del fattore (e βϕ(q q i ) ) gli integrali in q sono su una sferetta di raggio r intorno a q e quindi d(q q, q ) > d(q, q ) r > r p. Conviene ora trattare separatamente il caso n > e n.. n > In questo caso si può applicare la (48) a entrambi i termini e si ottiene K (p+) α(q, q ) e βφq (q\q) K p α(q\q ) K p2 α(q ) d 3m q m + (e βϕ(q q i ) ) K p α(q\q, q )K p2 α(q ) i K p2 α(q ){e βφq (q\q) K p α(q\q ) + d 3m q m i (e βϕ(q q K p+ α(q)k p2 α(q ) i ) ) K p α(q\q, q ) } (52) All ultima somma manca il termine K α(q)k p α(q ) che però è nullo visto che K α(q) α(q) essendo n >. 2. n In questo caso si ha Φ q (q ) dal momento che d > r ; nel secondo termine si ha d(q, q ) > r p e quindi K (p+) α(q, q ) K p α(q ) d + K p2 (q 3m q m ) (e βϕ(q q i ) ) K p (q ) i α(q ) K p α(q ) + K p+ (q ) K p2 (q ) p +p 2p K p+ (q ) K p2 (q ) (53) usando α(q ), il fatto che il primo termine di Kv(q ) è nullo per la presenza della δ n> e identificando il primo termine col termine mancante nella somma. Questo completa la dimostrazione della relazione (48).

9 9 B. La dimostrazione A partire dalla (48) si ottiene immediatamente il decadimento esponenziale delle funzioni di correlazione. Infatti, si ha r 3(n+n ) ρ(q, q ) ρ(q)ρ(q ) ζ p+ K p α(q, q ) p ζα(q, q ) + pd/r + ζ p+ K p α(q) p ζ K p+ p α(q, q ) p ζ p+ K p α(q, q ) ζ p2+ K p2 α(q ) p 2 K p α(q)k p2 α(q ) K p α(q)k p2 α(q ) ricordando che α(q,, q n ) per n 2 e che, grazie alla relazione (48), il termine fra parentesi è nullo per p < d/r. L ultima linea dell equazione precedente è il resto di una serie convergente il cui termine p-esimo è stimato da ζc(β) p, per cui si ha r 3(n+n ) (54) ρ(q, q ) ρ(q)ρ(q ) AζC(β) d/r (55) dove A è una opportuna costante, il che mostra che le funzioni di correlazione connesse decadono esponenzialmente in d min ij q i q j. G. Gallavotti, Statistical mechanichs: A short treatise, Springer (999), online at 2 J.P.Hansen, I.R.McDonald, Theory of simple liquids, Academic Press (986)

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