LEZIONE 1: La logica matematica Mi chiamo Piergiorgio Odifreddi e vi invito a seguire un corso di logica matematica. Questa è la prima lezione, una

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1 INDICE Pag. Lezione1: La logica matematica. 1 Lezione2: Il naso di Pinocchio. 10 Lezione3: Le gambe di Achille 19 Lezione4: Il teatro dell assurdo Lezione5: Idee accademiche. 37 Lezione6: Una metafisica liceale.. 46 Lezione7: Lezione sotto il portico Lezione8: Interregno. 63 Lezione9: Un inglese calcolatore.. 71 Lezione10: Un tedesco sensato e (in)significante 79 Lezione11: Un Nobeluomo paradossale Lezione12: Alle ricerche del trattato perduto 96 Lezione13: Questioni di forma. 105 Lezione14: L intuizione al potere Lezione15: Un austriaci (mica tanto) completo. 124 Lezione16: Metamorfosi di un teorema Lezione17: Risposta a Pilato. 141 Lezione18: L enigma dell informatica 150 Lezione19: Gran finale. 159 Lezione20: Un secolo di fondamenti. 167 Note: Le seguenti 20 lezioni di logica matematica sono state da me trascritte dalle relative videolezioni del Prof. P. G. Odifreddi, adattate al linguaggio scritto, aggiustate e da me interpretate, spero in modo corretto, in certi passaggi non del tutto chiari o espliciti. Ho fatto questo lavoro spinto solo dall interesse per questa materia, che non ho potuto soddisfare nei lontani tempi dell università, per mancanza del materiale didattico adeguato o difficoltà di reperirlo. Questo corso di logica mi ha aperto le idee sulla matematica moderna, in particolare l algebra astratta e la teoria insiemistica avanzata, ostiche per me quand ero studente di fisica, soprattutto nella comprensione di certi teoremi. Consiglio di seguire questi corso agli studenti dei primi anni di fisica e naturalmente di matematica. Prof. C. Cella

2 LEZIONE 1: La logica matematica Mi chiamo Piergiorgio Odifreddi e vi invito a seguire un corso di logica matematica. Questa è la prima lezione, una lezione introduttiva che divideremo in due parti, poi naturalmente sarà seguita da un lungo ciclo di 19 altre lezioni in cui entreremo ovviamente nei dettagli di questa materia. Cerchiamo però di capire che cos'è la logica matematica, anzi dovrei cercare di convincervi a seguire le prossime lezioni, perciò cercherò di spiegarvi in parole povere e anche cercando di attirare la vostra attenzione, che cos'è la logica matematica. Cominciamo subito a vedere qualcuna delle slide. Vi dico anche, già dagli inizi, che queste slide voi potrete trovarle sul sito del Nettuno e quindi ogni volta che faremo una nuova lezione potrete andare a rivedervi queste cose, piano piano e a ripassare ciò che è stato detto. Allora, dicevo, incominciamo con una definizione, perché come avrete capito dall'aggettivo matematica, questo corso è qualche cosa che ha a che fare appunto con la matematica e soprattutto con i procedimenti della matematica. Ora questi procedimenti, qualcuno di voi lo saprà, anzi mi immagino che la maggior parte di voi, visto che seguite corsi di questo genere, saprà cosa significa fare matematica, significa in particolare seguire il metodo matematico, che è un metodo assiomatico, che parte da definizioni, parte da assiomi e poi sviluppa via via nozioni più complesse e proposizioni più complicate che vengono derivate dagli assiomi. Allora cominciammo, anche noi subito, dalla migliore tradizione della matematica con una definizione: che cos'è la logica? Beh, la logica si può definire in tanti molti, ma io ho scelto questo modo qua: la logica è semplicemente la scienza del ragionamento. Ci sono ovviamente due termini del discorso, cioè scienza e ragionamento e su questi dobbiamo soffermarci per un momento, anzitutto ragionamento. Questo significa LOGICA che stiamo cercando di costruire una teoria però non una Scienza del ragionamento teoria, per esempio di come è fatto il mondo, di come è LOGICA MATEMATICA fatto il cervello o tante altre cose; a noi interessa in questo Scienza del ragionamento matematico corso e soprattutto nell'ambito della logica, della logica matematica, ma più in generale della logica, ci interessa studiare come l'uomo ragiona, l uomo inteso ovviamente come essere umano. Questo è il primo termine di questa definizione, ma c'è anche quest'altro termine che ci dice anche come noi cercheremo di studiare questo ragionamento, cioè il termine è scienza e per l appunto scienza significa che cercheremo di usare il metodo scientifico, che poi nel caso nostro sarà in particolare il metodo matematico. Quindi vi ho detto in breve quale sarà l'argomento del nostro discorso, cioè il ragionamento e quale sarà il metodo con cui noi affronteremo questo discorso, cioè il metodo scientifico. Ora questo, già in parte dovrebbe, dirvi come mai si parla di logica matematica, cioè il matematica, in questo titolo logica matematica può stare a significare per l appunto, il fatto che noi seguiremo, adotteremo, useremo il metodo della matematica per studiare il ragionamento. In effetti, così è in parte, ma solo in parte e questo è il motivo o uno dei motivi, per cui la logica matematica si chiama, per l appunto matematica, a differenza dalla logica in generale, che era invece una scienza o meglio un argomento che veniva studiato già dai tempi dei greci, come diremo anche fra pochi minuti, ma in un modo forse un po' diverso, in maniera più discorsiva, più filosofica, più intuitiva e quindi non in maniera scientifica, anche per un ovvio motivo, perché all'epoca la scienza non era ancora nata. Ma andiamo oltre e proseguiamo con una seconda definizione e qui veramente stiamo cercando di definire quale sarà il nostro soggetto, il soggetto di queste 20 lezioni, cioè che cosa è la logica matematica. Se la logica è la scienza del ragionamento, si può immaginare per analogia che la logica matematica sarà la scienza del ragionamento matematico. Ed ecco che allora qui il matematico interviene in una maniera diversa, non soltanto come nella prima definizione, come metodo di studio del ragionamento, ma anche come oggetto del ragionamento stesso, cioè ci interesseranno non soltanto i ragionamenti in generale, anche perché questo tra l'altro è un campo enorme, vastissimo su quale poi ovviamente diremo anche qualcosa, però noi cercheremo di concentrarci, com è tipico tra l'altro del metodo scientifico di non fare grandi castelli, su un particolare aspetto del ragionamento, che è il ragionamento matematico. Questo per tanti motivi, in parte anche storici, ma anche dovute al fatto che nella matematica si pensa, si è sempre pensato fino dall'antichità, fino dai tempi di Pitagora, che il ragionamento matematico sia forse la forma più perfetta, più astratta, più sviluppata di ragionamento. Ed ecco che allora si va a studiare matematicamente il ragionamento che viene fatto nella matematica. Dunque la matematica interviene in due maniere contrapposte, in parte come oggetto dello studio ed in parte come metodo di studio. Quindi questo è più o meno quello che vorremmo fare. Allora 1

3 adesso cerchiamo di avvicinare il nostro soggetto. Ovviamente, come vi ho già detto, questa è una lezione introduttiva, tutte le cose di cui parleremo quest'oggi, a cui accennerò quest'oggi, saranno riprese in lezioni, anzi dedicheremo a ciascuno degli argomenti di cui parlerò adesso e a ciascuno dei personaggi a cui accennerò in seguito, una lezione speciale e poi naturalmente parleremo anche di altre cose, ma questa lezione introduttiva vuole essere un invito per l appunto, una specie di scheletro, per cercare di farvi vedere quali saranno gli argomenti da una parte e i personaggi dall'altra, di cui parleremo in queste lezioni. Vediamo più da vicino quali sono appunto gli argomenti che ho indicati in questo modo, premetto che cercheremo sempre di usare dei titoli un pochettino anche fantasiosi, per cercare di attirare l'attenzione, perché questo è anche il modo di insegnare, allora dicevo le tre vie della logica: come si arriva a studiare la logica, perché si è pensato in certi periodi storici di studiare la logica, cioè di studiare in maniera scientifica e poi successivamente in maniera matematica il ragionamento?. Le tre vie che ho indicato sono: la dialettica, i paradossi e le dimostrazioni, su ciascuna delle quali dirò adesso alcune parole e poi in seguito cominceremo già dalla prossima lezione ad affrontare più da vicino e più in dettaglio. La prima via, come ho detto, è la via della dialettica, che è stata iniziata perlomeno in Occidente dalla Scuola greca dei sofisti e qui nella slide vediamo un'immagine di sofista. Sofista oggi è un aggettivo non particolarmente piacevole, perchè quando si dà a qualcuno del sofista questo lo si fa in genere maniera negativa, significa che questo qualcuno sta facendo un discorso capzioso, sta cercando di menare il can per l aria, sta usando parole spesse volte senza significato, giocando pure sull'equivoco e così via. Ebbene i sofisti erano in parte anche questo, non soltanto questo. Ci furono grandi personaggi nella Scuola sofista, in particolare questi due che si chiamano Protagora e Gorgia. Qualcuno di voi li riconoscerà, coloro che hanno fatto gli studi classici, perché sono i titoli di due famosi dialoghi di Platone, che appunto Platone dedicò a questi due personaggi. Platone era ovviamente in contrapposizione con i sofisti e quando parleremo di Platone, perché a lui dedicheremo una lezione, vedremo meglio, più da vicino, come mai c'era questa contrapposizione. Ora i sofisti erano interessati in particolare all'arte della parola, all'arte del discorso e allora per cercare di catturare il discorso, per cercare di fare il discorso in una maniera più incisiva possibile, ecco che i sofisti incominciarono anzitutto a studiare quali erano le regole che stavano dietro, che soggiacevano al discorso, per cercare di usarle ai propri fini. Su questa tradizione io non dirò molto di più, perché in realtà questa è una via che se ne va, noi diremo in matematica per la tangente, se ne va da un'altra parte e dico soltanto per concludere questa idea, questa prima via che approccia alla logica, che in realtà la via della dialettica è qualche cosa che viene usata ancora oggi ovunque; la si usa nei tribunali, la si usa nei parlamenti, la si usa nei media, in televisione, eccetera. E la via meno scientifica, ma è quella che poi tutto sommato noi usiamo, quando cerchiamo di convincere un avversario o un pubblico, qualcuno appunto che cerchiamo di convincere di qualche cosa, usando le arti del discorso e l'arte del discorso per antonomasia era per l appunto la dialettica e per usare l'arte del discorso bisogna conoscerne le regole. Questo è il primo motivo per cui storicamente si è cominciata a studiare la logica. Però come vi ho detto, questo è un motivo che noi non tratteremo, perché è una cosa più filosofica, certamente meno matematica e meno scientifica. La seconda via invece, che è la via dei paradossi, è qualche cosa che veramente ha a che fare con il nucleo del nostro di discorso e infatti a questi paradossi, cioè al paradosso del mentitore e al paradosso di Achille e la tartaruga che sono i due più famosi paradossi della storia ai quali brevemente accennerò fra un momento, dedicheremo per ciascuno un'intera lezione, cioè un'intera lezione al paradosso del mentitore e un intera lezione al paradosso di Achille e la tartaruga, ma prima di parlare di queste paradossi vediamo meglio che 2

4 cosa sono i paradossi. Ebbene i paradossi sono dei ragionamenti che apparentemente sono corretti e che, però tutto sommato, dovrebbero essere sbagliati, perché le loro conclusioni sono per l appunto paradossali, vanno contro l'opinione comune, paradoxa significa proprio questo. Doxa, qualcuno di voi si ricorderà che c'è addirittura un'azienda che fa inchieste, indagini su ciò che la gente pensa, che si chiama per l appunto doxa e para significa oltre, quindi paradoxa significa oltre l'opinione comune. Invero questi paradossi ebbero un'origine antichissima, non soltanto in Grecia, ma addirittura in Cina, lo vedremo meglio quando parleremo nelle due prossime lezioni di questi argomenti, cioè dei due paradossi più famosi, il paradosso del mentitore e il paradosso di Achille e la tartaruga. Qual è il paradosso del mentitore? Molto semplicemente il paradosso del mentitore è il paradosso di qualcuno che dice io sto mentendo. Come mai è paradossale? Perché a prima vista questa è un'affermazione che potrebbe sembrare sensata e coerente, però se voi ci pensate bene, se andate a riflettere un momentino da vicino, uno che vi dica io sto mentendo, non si capisce bene se sta dicendo la verità o se sta dicendo il falso. Infatti, se supponiamo che sta dicendo la verità, allora quello che sta dicendo è vero, però sta dicendo che sta mentendo, quindi se dice la verità dice il falso. Va bene, voi potrete dire, allora non dice la verità, dice il falso; beh, la storia è perfettamente simmetrica. Se dice il falso, allora quello che sta dicendo, cioè dice di mentire, non è vero, è vero il contrario, ma se non è vero, ovviamente allora dice la verità. Quindi se supponiamo che, chi dice io sto mentendo, dica il vero, allora abbiamo dedotto che dice il falso e se invece supponiamo che dica il falso, abbiamo dedotto che dice il vero, perciò siamo entrati in un circolo vizioso. Se la cosa è vi è sembrata un po' veloce, un po' da mal di testa, magari da farvi girare la testa, aspettate con pazienza la prossima lezione e la prossima lezione parleremo per l appunto del paradosso del mentitore, cercheremo di affrontarlo più da vicino e quindi andremo a scavare non soltanto nella sua storia, ma cercheremo anche di vedere qual è, o se c è, una soluzione di questo paradosso. Il secondo paradosso invece, di cui parliamo oggi, è il famoso paradosso di Achille e la tartaruga, che è qui illustrato. La storiella forse tutti la conoscete, è una gara tra Achille piè veloce e la tartaruga zampa lenta, cioè i due simboli della velocità e della lentezza. Ora sembrerebbe una gara poco sensata a far correre Achille contro la tartaruga, quindi per dare alla tartaruga, almeno un minimo di vantaggio, si permette alla tartaruga di partire un po' davanti ad Achille. Quindi Achille parte in questo punto (v. grafico) e la tartaruga parte in quest altro. Scatta il cronometro, si sente lo sparo della pistola che dà il via alla gara, ecco che tutti e due partono. Naturalmente la tartaruga fa quello che può, cioè si muove un pochettino e ad un certo punto percorre un certo percorso. Nel momento in cui Achille ha raggiunto il punto in cui è partita la tartaruga, la tartaruga si è mossa di una certa quantità di spazio. Benissimo, Achille continua la sua corsa molto veloce, percorre la quantità di spazio che la tartaruga aveva percorso nel tempo in cui lui aveva raggiunto il punto d'inizio della gara della tartaruga, la tartaruga si è a sua volta mossa di nuovo di un altro pezzettino di spazio. Achille percorre quel pezzo di spazio e così via e il problema sta proprio nel così via, perché sembra che a questo punto il gioco possa andare avanti all'infinito; dunque Achille non raggiungerà mai la tartaruga perché ogni volta deve prima percorrere lo spazio che, anzitutto lo separa dal punto di partenza della gara della tartaruga, poi lo separa dal punto in cui la tartaruga è arrivata mentre lui faceva il primo pezzo e così via. Sembrerebbe, dunque, che Achille non possa mai raggiungere la tartaruga. C'è qualcosa di sbagliato, perché sappiamo tutti che se ci mettiamo a correre dietro una tartaruga prima o poi, anzi molto prima, la raggiungiamo; dove sta l'errore, qual'è il problema, eccetera? Quindi vedete che ci sono effettivamente dei problemi dietro a queste cose, dietro a questi ragionamenti e la logica cerca anche di studiare, questa è la seconda via, per l appunto la via dei paradossi, cerca di studiare quali sono i problemi che stanno dietro a questi tipi di ragionamenti, cerca di andar a vedere dove sta 3

5 l'inghippo, come diremmo oggi, dove sta l'errore, se c'è un errore, qual è il modo di riformularli, insomma cerca di analizzare queste cose. Quindi questa è la seconda via a cui dedicheremo, come ho detto, due intere lezioni, le prossime due. Ma c'è una terza via, che è invece quella che ci interessa più da vicino, perché come vi ho detto prima stiamo facendo o cercheremo di fare, di avvicinarci pian piano alla logica matematica e dunque ci interessa la matematica, il ragionamento matematico e la terza via è la cosiddetta via delle dimostrazioni. Come mai? Ma perché come forse qualcuno di voi saprà, agli inizi la matematica è nata senza dimostrazioni; qualcuno intuiva che c'erano dei risultati che si potevano ottenere, li scriveva, per esempio il famoso papiro di Rhind, che riporta alcuni dei risultati egiziani che risalgono a 2000 anni a.c. e più. Ebbene questi risultati venivano semplicemente scritti, trascritti senza nessuna giustificazione, senza nessun motivo per il quale noi avremmo dovuto credere. Ci fu un momento nella storia della Grecia, cioè verso il 600 a.c. in cui i greci capirono che non si doveva più fare così, anche perché non c'era modo di sapere se un risultato era giusto o sbagliato, a volte gli egiziani effettivamente intuivano il risultato corretto, altre volte invece si sbagliavano e intuivano, per modo di dire, quello sbagliato. Allora come si fa a decidere di fronte ad un'intuizione, a quello che ci sembra vero, se questa cosa è effettivamente vera oppure no? Bisogna dimostrare. Oggi per noi la cosa è lapalissiana, è lampante che per avere un teorema matematico bisogna avere una dimostrazione. Ebbene non è stato sempre così lampante e i greci inventarono questo nuovo modo di fare matematica; in particolare furono stimolati allo studio delle dimostrazioni da due famosi risultati che sono collegati fra di loro, anche a questo personaggio di cui parliamo adesso, cioè Pitagora, a cui dedicheremo un'intera lezione perché Pitagora è il punto di partenza della filosofia occidentale, della scienza occidentale, della matematico occidentale, quindi veramente un personaggio in cui si racchiudono tantissime idee, tantissime cose che furono scoperte per la prima volta in quel periodo e quindi torneremo a parlare, forse non con molta profondità, ma per un'ora intera di questo personaggio. Il teorema di Pitagora, il famoso teorema che tutti riconoscono, tutti conoscono, tutti ricordano, ebbene questo teorema di Pitagora, il fatto che, se si prende un triangolo rettangolo, si ha che il quadrato costruito sull'ipotenusa è equivalente in area alla somma dei quadrati costruiti sui cateti, è un qualcosa che molte civiltà intuirono, come i babilonesi, gli egiziani, i cinesi, gli indiani eccetera, ma un conto è intuire, come dicevo prima e un conto è dimostrare. La dimostrazione del teorema di Pitagora, perlomeno la prima dimostrazione che c'è pervenuta negli elementi di Euclide, è una dimostrazione molto complicata. Ed ecco che allora sorge immediatamente il motivo, il bisogno di andare ad analizzare queste dimostrazioni, cercare di capire che cosa sta dietro alle dimostrazioni, quali sono i mezzi che fanno sì che una dimostrazione sia corretta e la logica parla, si interessa precisamente di questo argomento. Il secondo risultato di cui parleremo a fondo, quando affronteremo nella terza lezione l'argomento di Pitagora, è la fa molta scoperta che, se voi prendete un quadrato e considerate la diagonale del quadrato, ebbene non c'è nessuna unità di misura che stia in una maniera intera, sia nel lato che nella diagonale. Questo viene detto, in altri modi, dicendo che la diagonale e il lato del quadrato sono fra loro incommensurabili, cioè non c'è nessuna misura comune, misura intesa nel senso di numeri interi ovviamente. Ebbene questo che oggi esprimiamo dicendo che la radice quadrata di 2, cioè la diagonale del quadrato è irrazionale per l appunto, non si può scrivere come un rapporto di numeri interi, in maniera razionale, anche questo è un qualche cosa che scoprirono i pitagorici, una scoperta veramente dovuta Pitagora o perlomeno alla sua scuola. Questa scoperta è basata su una dimostrazione, non è qualcosa che si veda ad occhio e questa dimostrazione, la dimostrazione che sta dietro alla irrazionalità della radice di 2, è qualche cosa che era nuovo all'epoca e forse è il primo esempio di quello che viene chiamato dimostrazione per assurdo. Ed ecco quindi un nuovo motivo per cercare di capire che cosa sta dietro alle dimostrazioni, quali sono le leggi che regolano queste dimostrazioni e dunque una nuova via, un altro modo di arrivare a questa logica matematica. Quindi queste sono le tre figlie: la dialettica, i paradossi e le dimostrazioni. Sulla dialettica, come ho detto, non diremo altro, ma sui paradossi e sulle dimostrazioni invece diremo parecchio, perché cercheremo di andare a fondo. Che cos'altro faremo in queste lezioni? Ebbene oltre che a parlare di teoremi, di risultati, di pensieri, faremo anche un tentativo di affrontare 4

6 l'argomento in una maniera più umana o umanistica, se così vogliamo, cioè cercando anche di parlare di coloro che questi pensieri hanno pensato, cioè dei pensatori e in particolare faremo tutto una serie, anzi organizzeremo le nostre lezioni proprio sulle vite dei logici e quindi si potrebbe quasi dire che i simboli, il motto delle nostre lezioni potrebbe essere vite da logico, che non è ovviamente un gioco di parole, come scritte da cani, ma vite da logico non è così brutto, appunto come tante altre. Praticamente quest oggi io voglio soltanto farvi familiarizzare con le facce e i nomi di coloro dei quali parleremo, quindi andremo molto brevemente ad affrontarli o meglio a presentarli e poi ripeto, a ciascuno di questi dedicheremo una lezione per vedere esattamente quali sono stati i loro contributi. ANTICHITA Ci sono stati tre periodi principali della storia della logica: l'antichità, poi l'era Platone moderna, per così dire e poi un'era contemporanea. La logica oggi è un qualche Aristotele cosa che parte dalla matematica, è una delle grandi aree della matematica mo- Crisippo derna, ma non è stato sempre stato così, agli inizi dovete nascere ovviamente, poi svilupparsi, adesso ha raggiunto completa maturità. Quindi vedremo anche, cercheremo di affrontare in qualche modo le basi storiche, di vedere da dove sono nati e chi ha fatto nascere, chi è stato il primo o chi sono stati primi a pensare in termini logici. Ebbene, questa prima parte della storia della logica è la storia dell'antichità. I tre personaggi, coloro che hanno fatto di più per la logica moderna sono appunto: Platone, Aristotele, Crisippo. Platone e Aristotele sono due personaggi sul quale non c'è bisogno di aggiungere molto, perché tutti certamente conoscerete perlomeno i nomi; sono i due più famosi filosofi dell'antichità, coloro che ancora con le loro teorie oggi in qualche modo informano la filosofia moderna. Crisippo è meno noto, ovviamente su Crisippo faremo anche su di lui una lezione, ma forse sarà più una scoperta, mentre invece su Platone e Aristotele sarà più un dire qualche cosa che già sapevamo o magari rivedere le cose che hanno fatto in maniera diversa, dal nostro punto di vista, dalla nostra angolazione. Cominciamo subito con Platone. Sotto Platone vedete iscritto Accademia, perché ovviamente questa era la scuola che Platone aveva fondato e credo che il più grande risultato che Platone portò. Platone ovviamente è questo signore che voi vedete nella statua, mentre alla destra c è una parte del dipinto famoso della scuola di Atene di Raffaello. Ebbene il regalo che Platone portò alla logica, che fece alla logica, è quello che oggi viene chiamato il principio di non contraddizione. Ho parlato poco fa dei sofisti, i sofisti non usavano questo principio di non contraddizione, non è chiaro che non lo usassero perché non lo conoscevano o se invece lo conoscevano e facevano finta di non conoscerlo, cioè facevano i finti tonti come si potrebbe dire. Il principio di non contraddizione significa che non si può impunemente dire una cosa e il suo contrario allo stesso tempo. Non si può dire oggi piove e dire oggi non piove e poi pretendere che la gente creda a tutte le due cose, se ci stiamo riferendo allo stesso momento e allo stesso giorno. Ebbene, la prima formulazione del principio di non contraddizione è per l appunto in alcuni dei dialoghi platonici dei quali parleremo. Quindi questo è un grosso risultato, è il primo tentativo di isolare una delle grandi leggi della logica. Aristotele, invece, viene considerato in realtà il padre fondatore della logica moderna e se dobbiamo dire il nome del più grande logico mai vissuto, ebbene questo forse è veramente Aristotele e se invece dobbiamo dirne due, allora questi due sono Aristotele e Goedel, di cui parleremo fra poco, verso la fine di questa lezione. Qui di nuovo abbiamo Aristotele anche lui ritratto come Platone alla scuola di Atene, mentre qui alla sx c'è un'altra statua dedicata a lui. Qual è stato l'apporto fondamentale di Aristotele alla logica? Beh, è stato lo studio dei quantificatori, cioè lo studio delle leggi che regolano il funzionamento e l'uso di particelle come nessuno, qualcuno e tutti. Nessuno e tutti sono ovviamente contrapposti fra di loro, qualcuno sta a metà, non è nessuno né tutti. Ebbene, Aristotele fece uno studio dettagliato di 5

7 queste particelle che vengono chiamate quantificatori. I quantificatori solo una delle parti fondamentali della logica moderna. Il terzo personaggio della logica antica, della logica greca, è Crisippo. Platone aveva la sua Scuola che era l'accademia, Aristotele aveva la sua Scuola che era il Liceo, Crisippo aveva anche lui la sua scuola che era la Stoà. Questi erano le tre grandi Scuole di Atene, cioè l Accademia, il Liceo e la Stoà e di ciascuna di queste parleremo. Qual'è stato il contributo invece di Crisippo? Ebbene, mentre Aristotele studiò le regole dell'uso di questi quantificatori, Crisippo invece studiò ciò che oggi viene chiamata la logica proposizionale o meglio queste particelle linguistiche che sono quelle che servono a mettere insieme delle frasi semplici per costruirne di più complicate, queste particelle vengono chiamate connettivi. Si chiamano connettivi perché connettono, mettono insieme per l appunto queste parti diverse. I connettivi che useremo e abuseremo anzi, verranno forse persino a noia, perché ne parleremo tantissimo e d'altra parte sono le parti più essenziali del discorso logico, sono (questa è la prima volta che li sentiamo, ma non sarà l'ultima) la negazione (il non), la congiunzione ( l e), la disgiunzione ( l o) e inoltre, il più importante di tutti dal punto di vista matematico e dal punto di vista del ragionamento, la implicazione (il se è... allora). Un esempio con non : se voi avete una frase oggi piove, potete negarla, potete ottenere una frase che dice il contrario di questa, dicendo oggi non piove oppure non è vero che oggi piove. Un esempio con e : se voi avete due frasi: oggi piove ed io ho l'ombrello, potete metterle insieme dicendo: oggi piove e io ho l'ombrello, questa è la congiunzione. Un esempio con o : poiché la disgiunzione è il connettivo che si usa quando si ha la possibilità di scegliere fra due cose, quando si ha un'alternativa, perciò oggi mangio una pastasciutta o una bistecca, questa è l'alternativa, la disgiunzione. Infine il se... allora, come dicevo, è il connettivo tipico dei ragionamenti matematici: se questo è vero, allora anche quest'altro vero, cioè se l'ipotesi è vera, allora anche la conclusione è vera. Il se... allora è per l appunto la congiunzione, la connessione, appunto per questo si chiamano connettivi, la connessione tra l'ipotesi e la tesi, cioè tra ciò che si postula e ciò che invece viene dimostrato. Quindi questi furono i grandi risultati della logica greca, a parte Platone che appunto fu praticamente un precursore, abbiamo da una parte Aristotele lo studio dei quantificatori, dall'altra parte Crisippo, con lo studio dei connettivi e su questo appunto, come vi ho detto, ci fermeremo a lungo. Veniamo più da vicini all'era moderna ed ecco che dopo lunghi secoli, naturalmente nella logica ci furono altri personaggi che si interessarono di logica nei secoli, in particolare durante la Scolastica, durante il Medioevo, ma di quelli parleremo poi in una delle lezioni che abbiamo chiamato interregno, appunto per far capire che era il passaggio dalla logica antica, dall era antica, all'età moderna, ma oggi non è il caso di vederli, stiamo soltanto citando i nomi e i risultati più importanti. Quando veniamo all'epoca moderna, ecco che qui abbiamo un'altra trinità e questa trinità è costituita da Leibniz, Boole e Frege. Vediamo appunto più da vicino anzitutto le loro facce e poi cerchiamo di dire due parole su ciò che fecero. Questa è la faccia di Leibniz, naturalmente non pensate che questo signore avesse questi bei boccoli in testa, erano delle parrucche, ci sono anche delle foto di Leibniz senza parrucca, completamente calvo, ma forse sono cose meno piacevoli da vedere, quindi non le ho messe qua. Leibniz, come tutti sapete, è stato un grandissimo e poi dovrebbero esserci dei puntini, perché è stato tantissime cose: è stato giurista, diplomatico, ambasciatore, filosofo, matematico e così via e fra le tante cose che ha fatto un uomo così versatile e così multiforme, è stato anche un grande logico. È stato colui che verso il 1600, fine del 1600, ebbe la visione non in sogno, ma la visione filosofica, cioè precorse i tempi e praticamente informò con il suo pensiero, con i suoi sogni quella che poi sarebbe diventata la logica moderna. Il 6

8 suo sogno più grande fu quello di avere, quello che appunto lui chiamava in latino la caracteristica universalis, cioè di riuscire a costruire una lingua formale ovviamente, una lingua che fosse adatta a poter esprimere tutti i contenuti delle scienze, un qualche cosa che non fosse come la lingua naturale, che usiamo tutti i giorni, che ha le sue imperfezioni, che ha anche i suoi problemi, tipo le antinomie che abbiamo visto, come quella del mentitore, eccetera, ma una lingua costruita a tavolino in qualche modo e che fosse però formalmente perfetta. Ed ecco che questo sogno, che all'epoca era. soltanto un sogno, poi piano piano nel corso degli anni, dei decenni, perché praticamente questo cominciò verso il 1850 e sono passati dunque 150 anni, questo sogno si è concretizzato ed è diventato praticamente quello che oggi noi potremo dire la lingua della logica matematica, ma per rendere più chiaro la cosa, oggi che stiamo appunto soltanto facendo soltanto l'introduzione a questo argomento, si potrebbero dire che il sogno di Leibniz oggi si è concretizzato in quella che è diventata la lingua dei calcolatori elettronici. L'informatica o meglio i programmi informatici sono precisamente versioni di quello che Leibniz sognava si potesse fare di questa caratteristica universale, questo linguaggio perfetto e puramente formale. Il prossimo personaggio invece è quello che forse potremo considerare veramente il primo logico moderno. Con Leibniz, con questo suo sogno si era appunto nel 1676, mentre con Boole siamo nel Ebbene, a metà dell'800, finalmente la logica matematica incomincia ad uscire dal bossolo, a trasformarsi in qualche cosa d'altro e a prendere vita autonoma. Boole, questo signore di cui ci sono pochissime foto, soltanto questa anzi io conosco, ebbene questo signore introdusse quella che oggi addirittura è diventata qualche cosa che si chiama con il suo cognome, cioè la cosiddetta algebra booleana. Sulla algebra booleana di nuovo parleremo per un intera lezione, perché l'algebra booleana è da una parte un uovo di colombo, cioè un'idea brillante che viene in mente soltanto a persone geniali, perché così semplice che noi tutti ci passiamo vicino senza mai riuscire ad usarla. Ebbene, questa algebra booleana è semplicemente l'idea di usare lo zero e l'uno, cioè i primi due numeri interi, come se fossero l'analogo, dal punto di vista matematico, di ciò che nella logica, nel linguaggio, sono il vero e il falso. L'uno corrisponde al vero, lo zero corrisponde al falso, la scoperta di Boole fu che le leggi logiche, che regolano il comportamento di vero e falso, sono praticamente le stesse leggi che regolano matematicamente o algebricamente il comportamento dello zero e dell'uno. Ed ecco che allora algebra booleana significa precisamente questo, cioè comportarsi, lavorare, fare operazioni sullo zero e sull'uno, come se in realtà questi zero e uno stessero lì ad indicare il vero e il falso. Ebbene questa è una grande scoperta e fu veramente in qualche modo il punto finale, dico finale, dell'evoluzione della logica. Come mai il punto finale? Perché in realtà con l'algebra booleana si poteva descrivere da una parte la logica aristotelica, il comportamento di quei quantificatori di cui abbiamo parlato prima, perlomeno nel modo in cui li usava Aristotele e dall'altra parte il comportamento dei connettivi come veniva usato da Crisippo, cioè l'algebra booleana è un unico mezzo che permette di parlare e di prendere sotto lo stesso tetto, due cose apparentemente diverse, come la logica aristotelica e la logica di Crisippo. Questo era in qualche modo la chiusura, il completamento, la fine di un'epoca. Subito dopo ci si poteva fermare lì, ma invece venne questo signore austero, che si chiama Frege, colui che veramente iniziò la logica moderna, perché, come ho detto, Boole era più che altro un completatore. La logica che Frege introdusse, per la prima volta fu qualche cosa che andava oltre la logica che avevano già studiato i greci, in particolare Aristotele e Crisippo. Si chiama oggi logica predicativa ed è la logica dei predicati, la logica delle relazioni, è quello che veramente serve nella matematica, perché in matematica non si parla soltanto di cose tipo soggetto e predicato alle quali si interessava Aristotele, ma si parla di relazioni in cui c'è non soltanto un soggetto, ma ci possono essere più soggetti, più complementi anche, quindi una struttura molto più complicata. Tanto per fare un esempio, la relazione d'uguaglianza o disuguaglianza fra numeri, ecco che coinvolge due numeri e non soltanto uno, la relazione di maggiore 7

9 oppure di minore e cosi via, sono relazioni che coinvolgono per l appunto due cose e non soltanto una e poi ce ne sono tante altre che ne coinvolgono più di due addirittura. Senza una logica che permettesse di parlare di queste relazioni multiple, invece che univoche, unarie come quelle di Aristotele, ebbene senza una logica di questo genere il sogno di Leibniz di avere una lingua per le scienze non si sarebbe potuto concretizzare. Quindi a Frege, anche lui, dedicheremo un intera lezione. Poi finalmente arriviamo all era contemporanea, cioè al 900, a coloro che, non sono forse più vivi, ma di cui, in qualche modo, abbiamo la memoria ben viva. E questi personaggi sono Post e Wittgenstein, che sono due persone, non una sola, non un cognome doppio e Goedel e Turing. Questi sono veramente grandi nomi. Di questi ovviamente parleremo non soltanto una volta, ma più di una volta, ma per ora appunto cerchiamo di dare un anteprima e di fare un ERA CONTEMORANEA trailer come nei film. Ebbene Post, nel 1920, scopre che la logica di Post-Wittgenstein Crisippo, la cosiddetta logica proposizionale era completa. Non si Goedel poteva andare oltre, l analisi che aveva fatto Crisippo, benché l avesse Turing fatta 2200 anni prima in realtà era un analisi conclusiva.boole l aveva riformulata in termini algebrici, ma oltre Crisippo, se si rimaneva POST nell ambito dei connettivi, non si poteva andare. Questo fu un grande (1920) risultato che fu scoperto non solo da Post, ma in qualche modo fu Completezza della logica proposizionale intravisto anche da Wittgenstein in quegli stessi anni, il 1921.Anche Wittgentein è stato un famoso filosofo, oggi è certamente più famoso come filosofo soprattutto del linguaggio, che non come logico matematico, perché il suo contributo è stato un pochettino minimale e marginale, ma qualche cosa rimane e rimangono in particolare queste tavole di verità, che sono dei mezzi di cui parleremo quando sarà il momento, dei mezzi per cercare di capire qual è il valore di verità, cioè il vero e il falso di una proposizione composta, riducendola in base ai valori di verità delle proposizioni che la compongono, cioè sapendo che se le proposizioni semplici che costituiscono una proposizione composta sono vere o false, allora possiamo con questo mezzo delle tavole di verità dedurre se la proposizione intera è vera o falsa, quindi qualche cosa di tecnicamente utile. Ma a questo punto veniamo veramente al secondo logico della storia, qualcuno dice addirittura il primo, comunque uno delle due grandi divinità di questo corso e non soltanto del corso, ma anche addirittura di questo soggetto, cioè della logica matematica. Goedel che è questo signore che vedete qui vestito con panama, con un vestito bianco e con questa aria piuttosto truce, fu uno dei più grandi pensatori del 900, scrivo qui , perché Goedel fece tantissime cose e a lui dedicheremo più di una lezione, perchè non è possibile appunto fare un corso di logica e poi trattarlo come tutti gli altri ovviamente, però i suoi due primi grandi risultati furono nel 1930 e Nel 30 dimostrò la completezza della logica predicativa, cioè l analogo di ciò che Post aveva fatto per la logica proposizionale. Post aveva dimostrato che oltre Crisippo non si poteva andare, cioè l analisi di Crisippo era stata completa per quanto riguardava quei connettivi, ebbene Goedel dimostrò che l analisi di Frege per quanto riguarda invece la logica predicativa anch essa era stata completa, oltre Frege non si poteva andare, se si voleva rimanere all interno di quell ambito li. E poi invece nel 1931, Goedel dimostrò il suo più famoso teorema, il cosi detto teorema di incompletezza della aritmetica; mentre sia la logica proposizionale, che la logica predicativa sono complete e quindi in qualche modo noi siamo arrivati alla fine della storia della logica e quindi non c è più altro da aggiungere, a meno di non scoprire, inventare altre logiche nuove, ebbene invece in matematica le cose stanno diversamente. Il teorema di Goedel dice per l appunto che l aritmetica è incompleta, non nel senso che oggi non si sono ancora trovati tutti i suoi assiomi, tutte le sue proprietà e dunque bisogna aspettare qualche altro genio che lo faccia, ma lo dice nel senso che qualunque sistema di 8

10 assiomi per l aritmetica sarà sempre incompleto, l aritmetica non si può completare; cioè mentre con la completezza della logica predicativa siamo arrivati alla fine della storia della logica, con l incompletezza dell aritmetica invece siamo arrivati di fronte ad un muro, abbiamo capito che noi come uomini abbiamo delle limitazioni nei confronti della matematica e questo è il motivo per cui il risultato di Goedel è così importante. L ultimo personaggio invece di cui parliamo quest oggi, ma anche a lui dedicheremo una lezione e non sarà l ultimo di cui parleremo quando faremo le nostre 20 lezioni, ebbene questo signore si chiama Turing, che come vedete era uno sportivo, Turing correva poi con questo numero 01, che sta appunto a significare la logica dei computer e così via; non a caso la logica dei computer, perché nel 1936 questo signore inventò quella che all epoca fu chiamata e tutt ora viene chiamata nei dipartimenti di matematica e di informatica la machina di Turing, che non è un automobile, non è una competizione per la General motors o per la Ford o per la Fiat, è quello che oggi noi chiameremo semplicemente il computer. L idea del computer venne precisamente ad un logico matematico, venne a questo sig. Turing, quando poi aveva tra l altro anni, così come Goedel, cioè questi geni dimostrano i loro risultati quando sono molto giovani, ebbene gli venne, dicevo a Turing, l idea della machina del computer studiando i teoremi di Goedel, cercando di affrontare un problema diverso, che era appunto il problema della decibilità della logica predicativa. Ho detto prima che le tavole di verità di Wittgenstein sono qualche cosa che permette di decidere per le formule, per le proposizioni della logica proposizionale di Crisippo, se sono vere o false, c è un metodo che permette di fare questa decisione. Ebbene ciò che Turing dimostrò è che non c è un metodo analogo per la logica, quindi benché la logica predicativa sia completa, come ha dimostrato Goedel, in realtà qualche problema ce l ha già e non c è nessun metodo che permetta di decidere ciò che è vero o falso in generale per la logica predicativa. Ebbene mi sembra di aver dato più o meno un idea di ciò che sarà questo corso e soprattutto di ciò che è la logica matematica, cioè è qualche cosa che ha a che fare con tre aree differenti, infatti se avete fatto attenzione, abbiamo parlato praticamente di tre aspetti molto diversi tra di loro, che sembrerebbero essere staccati a prima vista, che sono la filosofia anzi tutto, con Platone, Aristotele, Crisippo e così via, poi abbiamo parlato di matematica, abbiamo visto Boole, Frege e così via, che facevano analisi matematica e poi siamo arrivati alla fine a parlare di machina di Turing, cioè di computer, cioè di informatica. Ebbene uno dei motivi, non il solo, ma uno dei motivi che rendono la logica matematica interessante è proprio questo: il fatto che sia una materia che non soltanto serve, ma che sta in qualche modo nell intersezione di tre aree così diverse, da una parte la filosofia, dall'altra parte la matematica e dall altra parte l informatica e allora la logica matematica può essere interessante, per l appunto, per i filosofi, coloro che si interessano di filosofia, è interessante per i matematici, perché è parte della matematica e studia la matematica, studia il ragionamento matematico con metodi matematici ed è interessante anche per gli infornatici perché l informatica è nata precisamente da problematiche logiche, è stata creata da uno dei logici ed è una parte praticamente di quella che è la logica matematica moderna. Quindi questi sono i grandi argomenti di cui parleremo nelle prossime 19 lezioni e vi do semplicemente l arrivederci alle prossime lezioni, sperando di avervi convinto che la logica matematica è un qualche cosa che vale la pena di conoscere, vale la pena di studiare. 9

11 LEZIONE 2: Il naso di Pinocchio Sono Piergiorgio Odifreddi e sono qui per incominciare finalmente il corso di logica matematica. Abbiamo avuto una lezione introduttiva, in cui abbiamo cercato di familiarizzarsi con alcuni dei problemi e delle nozioni della logica matematica e anche soprattutto con alcuni dei personaggi, ma finalmente siamo arrivati agli inizi del corso di lezioni e questo corso di lezioni ho pensato di organizzarlo sulla base dei personaggi, di alcuni dei quali abbiamo già parlato, cioè ogni lezione sarà dedicata ad uno dei grandi logici del passato o a uno dei grandi problemi della logica del passato. Cominceremo ovviamente molto da lontano, verso il a. C., parleremo di filosofia per qualche lezione, poi piano piano ci avvicineremo alla matematica, alla logica matematica come è stata sviluppata a partire da Leibniz, Boole, Frege, Russell e così via, tutti nomi alcuni dei quali avete già sentito e finalmente poi concluderemo in bellezza, diciamo così, il gran finale di questo corso con l'informatica, perché ho già detto appunto un'altra volta che logica matematica ha questo interesse, il fatto di essere nell'intersezione di tre aree molto diverse fra di loro, che sono appunto quelle che ho appena citato, cioè la filosofica, la matematica e l'informatica, quindi è uno strumento molto versatile, molto variegato che permette di essere utilizzato appunto in tanti campi differenti. Benissimo, incominceremo come ho detto molto da lontano e quest'oggi la nostra prima lezione di questo corso sarà fatta su uno dei paradossi più importanti, che qualcuno di voi avrà già capito, è il paradosso del mentitore. Questa lezione, anzi tutte le lezioni saranno intitolate in una maniera un pochettino inventiva, per cercare di stimolare anche l'attenzione. Il naso di Pinocchio è ovviamente il simbolo della menzogna e quindi quest'oggi parleremo di menzogna, cercheremo di andare ad analizzare più da vicino questo concetto di verità e di falsità e soprattutto lo faremo parlando per l appunto di uno dei paradossi più famosi, il famoso paradosso di Epimenide, di questo signore raffigurato nella slide o perlomeno uno che gli rassomigliava. Naturalmente quando si tratta di andare così lontano nel tempo, il sesto secolo a. C., non è mai chiaro di quali personaggi fossero queste raffigurazioni. Comunque era un greco del sesto secolo a. C., in realtà un cretese, che un giorno ebbe la bella idea di dire questa frase i cretesi sono bugiardi. Intendeva dire tutti i cretesi sono sempre bugiardi, dicono sempre la falsità. Ebbene, che cosa pensate di una frase di questo genere detta da un cretese, che cosa significa? Può essere vera una frase di questo genere? Ovviamente non può essere vera, perché se è vero che i cretesi sono dei bugiardi, il signor Epimenide viene da Creta, quindi è un cretese e se essere dei bugiardi significa dire sempre la falsità, beh, insomma questo era semplicemente qualche cosa che non poteva essere vero. Allora abbiamo già fatto un primo passo, abbiamo già ottenuto un qualche risultato, abbiamo scoperto che questa frase detta da Epimenide, non può essere vera. Il problema però è che la cosa si ferma qui, perché non c'è nessun motivo di credere che questa frase possa essere vera. Che cosa vuol dire che questa frase non può essere vera? Vuol dire che non è vero che tutti i cretesi dicono sempre il falso, il che significa che qualche cretese a volte dice la verità. Ora quel qualche cretese, non è affatto detto che sia per forza Epimenide, colui che parlava e se anche fosse lui, poiché qualche cretese dice a volte la verità, non è affatto vero, non è affatto detto che sia proprio questa la frase di cui si sta parlando. Quindi abbiamo una frase di fronte a noi che sembra problematica, ma è semplicemente una frase falsa, che non può essere vera, ma la cosa si ferma qui, non c'è ancora nessun paradosso. Il fatto che questa frase che in genere viene ripetuta, perché una frase molto famosa appunto, viene ripetuta come se fosse un paradosso, già dice che forse ci sarebbe bisogno, per coloro che lo fanno, di seguire questo corso che è appunto un corso di logica, che ci insegnerà pian piano a districarsi in questi rompicapo, a cercare di capire dove sono i problemi in questo caso. Benissimo, se non è un paradosso questa frase, però è abbastanza vicina ad un 10

12 paradosso. Quest altra frase invece è dovuta a un signore che si chiama Eubulide di Megara del quinto secolo a. C., il quale ovviamente di nuovo non è lui nella raffigurazione, questo è Pinocchio appunto, al cui naso abbiamo intitolato la nostra lezione; ebbene Eubulide riformulò quest'osservazione di Epimenide, che diceva tutti i cretesi mentono, ma io sono un cretese, perchè c era qualche cosa di strano e la riformulò dicendo semplicemente io sto mentendo, cioè quello che sto dicendo in questo momento è una menzogna. Allora andiamo a vedere più da vicino se effettivamente questa frase di Eubulide ha dei problemi. Può essere vera una frase di qualcuno che dice io sto mentendo?. Beh, ovviamente no, perché se fosse vera sarebbe vero che lui sta mentendo e dunque quello che sta dicendo dovrebbe essere falso; quindi certamente non può essere vera, ma questo era già il caso anche della frase di Epimenide. Vediamo adesso se questa frase può essere falsa. Beh, se fosse falsa, allora sarebbe vero il contrario di quello che dite, ma sta dicendo io sto mentendo, dunque il contrario dovrebbe essere io sto dicendo la verità. Allora nemmeno falsa può essere questa frase. Ed ecco che finalmente Eubulide un secolo o un secolo e mezzo dopo Epimenide, riuscì a trasformare questa frase di Epimenide in un vero e proprio paradosso, a costruire una frase che a prima vista sembra innocua, però attenzione, c'è un qualche cosa di molto interessante, qui c'è un autoriferimento, si sta parlando di se stessi, anzi la frase sta dicendo qualche cosa su se stesso, sta dicendo di essere falsa, cioè colui che parla sta dicendo qualche cosa su se stesso, sta dicendo che sta mentendo. Ebbene, abbiamo costruito una frase che non può essere né vera né falsa. Questo fu effettivamente un trauma, perché si pensava che la verità fosse un concetto universale, che le frasi appunto fossero tutte o vere o false, le frasi ovviamente ben poste, ben formate nel linguaggio e invece Epimenide e Eubulide scoprirono questo trucco, fecero vedere che la verità ha dei problemi e vedremo che ne ha parecchi. In questa lezione cercheremo di vedere varie versioni, varie metamorfosi di questo paradosso, per cercare di familiarizzarsi proprio con questa nozione di verità. Una delle prime versioni è quella data dallo stoico Diogene Laerzio nel secondo secolo a. C., è una storiella che parla di una mamma e di un coccodrillo. Eccolo qua il coccodrillo, questo non è naturalmente la mamma, nella figura ci sono due coccodrilli. Ebbene la storiella è la seguente: i coccodrilli, si sa sono cattivelli, a d un certo punto un coccodrillo rapisce il figlio di questa mamma e ad un certo punto le dice: te lo ridò questo figlio, altrimenti me lo mangio, te lo ridò se tu riesci a indovinare che cosa io farò. La mamma gioca con il fuoco ovviamente e dice al coccodrillo: io credo che tu ti mangerai mio figlio. Ovviamente questa è una riformulazione del paradosso del mentitore, perché se la mamma ha detto il vero, se ha indovinato che coccodrillo voleva mangiare il figlio, allora effettivamente il coccodrillo ha promesso che nel caso che la mamma indovinasse le avrebbe restituito il figlio. Quindi la madre, giocando con questo trucco, diciamo così, inventato da Eubulide e Epimenide, riesce a salvare il bambino dalle fauci del coccodrillo, che come vedete qui erano già ben aperte per papparsi il povero bambino. Quindi questa è una riformulazione in chiave, diciamo così, scherzosa, storica del paradosso di Epimenide. Un'altra riformulazione, naturalmente facciamo salti, passi da gigante in questo corso, in cui stiamo imparando molto, la ritroviamo nel quattordicesimo secolo, anche perché le metamorfosi del paradosso di Epimenide, cioè il paradosso del mentitore, sono infinite, non possiamo fare altro che parlarne un pochettino così, dare un accenno a qualcuna di queste metamorfosi. Una di queste metamorfosi, una di queste forme, fu inventata dal famoso Buridano, dico famoso non come filosofo, ma perché tutti conoscono il cosiddetto asino di Buridano, che è a un certo punto morì di fame perché si trovava alla stessa distanza da due mucchi di fieno e non sapeva quale scegliere di due e non 11

13 riuscì a decidersi, ad andare da nessuna parte e così morì. Ebbene, Buridano in realtà non inventò soltanto la storiella dell'asino, ma era un logico, per l appunto, del quattordicesimo secolo, che formulò una versione molto interessante del paradosso di Epimenide, perché si era sempre pensato fin a quell'epoca, durante la Scolastica, che i problemi del paradosso del mentitore, fossero per l appunto in questa autoreferenza, nel fatto che si sta parlando di qualche cosa dicendo io sto facendo qualche cosa, io sto mentendo e si pensava che il problema fosse per l appunto quello. Ebbene, Buridano fece vedere che il problema non era affatto quello, perché immaginò una storiella in cui c'era da una parte Socrate e dall'altra parte Platone due dei grandi filosofi che aprirono un pochettino la storia della filosofia occidentale, della filosofia greca. Ebbene, Buridano immaginò il seguente dialogo fra i due, Socrate è questo signore qua giù, che sta parlando appunto ai suoi discepoli e dice Platone dice il falso. Platone che cosa risponde? Platone qua giù, nel dipinto di Raffaello, la Scuola di Atene, Platone dice ovviamente che Socrate dice il falso. Allora abbiamo una situazione in cui il maestro dice che l allievo sta dicendo il falso e l allievo sta dicendo che invece il maestro dice il falso, cioè l'autoriferimento si è semplicemente spezzato in due parti e non c'è più quell'autoriferimento diretto, diciamo così, che c'era invece nel paradosso del mentitore. Possiamo vedere questo autoriferimento più da vicino, in una maniera un pochettino più logica, forse un pochettino più seria, in questa slide: la prima fase dice la frase seguente è falsa. La seconda fase dice la fase precedente è vera. Queste frasi, una qualunque di quelle frasi, è vera o falsa o qual'è la situazione? Proviamo a vedere, cominciamo con la prima. Questa frase, se appunto la verità fosse qualche cosa che merita il nome del delegato, dovrebbe o essere vera o falsa. Cominciamo a supporre che sia vera: se la prima frase è vera, quello che dice deve essere effettivamente quello che succede, cioè la frase seguente deve La frase seguente è falsa dev essere falsa. Allora quello che dice la frase che segue non può essere vero, poiché la frase che segue dice la fase precedente è vera, allora La frase precedente è vera poiché questa frase non può essere vera, questo significa che la frase precedente deve essere falsa. Allora abbiamo supposto che la prima frase fosse vera, abbiamo dedotto che la seconda frase non può essere vera, poiché la seconda frase stava dicendo che la prima era vera, dunque abbiamo dedotto che la prima è falsa, quindi non è possibile che la prima frase sia vera, dev essere allora falsa. Ora vediamo se è vera: se la prima frase fosse falsa, sta dicendo che la frase seguente è falsa e se questa non è vera, allora la frase seguente deve essere vera. Andiamo a vedere che cosa dice la frase seguente; beh, la frase seguente dice: la precedente è vera; abbiamo supposto che la prima frase fosse falsa, abbiamo dedotto che quello che diceva la seconda era vera, la seconda diceva che la prima era vera. Quindi qui notate, non c'è nessun autoriferimento, si sta soltanto parlando della frase seguente; se sopra ci fosse scritto la frase seguente è falsa e sotto ci fosse scritto io sono il capo di governo, effettivamente sarebbe stata una situazione perfetta, perché io non sono capo di governo, quindi la frase seguente sarebbe effettivamente stata falsa e così pure per questa frase qui la fase precedente è vera, se sopra ci fosse stato scritto io sono professore di logica che sta facendo il corso adesso a Nettuno, insomma questa frase sarebbe stata vera, la frase precedente sarebbe stata vera. Queste due frasi di per sé, staccate, possono benissimo essere vere e naturalmente possono anche benissimo essere false, non c'è nessuna contraddizione in nessuna delle due, ma nel momento in cui le si mette insieme, ecco che succedono i pasticci, un po' come a volte succedono nei matrimoni o nei fidanzamenti, che le persone singolarmente possono essere simpaticissime eccetera, quando poi le si mettono insieme succedono i pandemoni. Questo è precisamente quello che succede in questo caso. Allora, abbiamo capito già una cosa, che nel paradosso del mentitore, nel paradosso di Epimenide, di Eubulide, nel fatto di dire io sono falso e di trovare dei problemi, delle conseguenze non aspettate e non piacevoli in questa frase, ebbene il problema non sta nel fatto che ci si sta autoreferendo, non sta nel fatto di dire: bah, una frase che dice io sono falsa, insomma potrebbe non avere nessun significato, perché è possibile spaccare questo autoreferenza, distruggere, diciamo così, l'autoreferenza, il circolo vizioso e separare la frase in due frasi differenti che hanno gli stessi problemi della frase precedente. Benissimo, quali sono le soluzioni che sono state proposte di questo paradosso? 12

14 Naturalmente prima dei tempi moderni, perché la logica matematica fortunatamente ha fatto dei passi avanti e quindi è arrivata a dei risultati molto concreti. Ebbene delle soluzioni che sono state proposte dai greci e dagli Scolastici soprattutto, perché queste sono le due scuole filosofiche che più si sono interessate di questi argomenti, prima per l appunto dei tempi moderni, la prima soluzione è stata semplicemente quella di dire che le frasi paradossali erano cose senza senso, erano dei non sense, direbbero gli inglesi o senza Soluzioni del paradosso senso, come diremo noi in italiano, cioè addirittura arrivarono 1. Non-senso a sostenere che la verità è qualcosa di sottile, di evanescente, di 2. Uso e menzione sfuggente e che ci sono delle frasi e degli esempi, del tipo io 3. Linguaggio e metalinguaggio non sono vero, io sto dicendo il falso, che sono per l appunto 4. Più valori di verità frasi che non possono essere ne vere ne false, ma per l'unico motivo che non hanno nessun senso. Sono frasi che sembrano grammaticalmente corrette, sembrano fatte come le altre frasi e quindi dovrebbero a prima vista essere o vere o false, poi però c'è qualche cosa di nascosto, qualche germe che inficia la loro correttezza sintattica. C'è stato un tentativo differente di dire, bah bisogna stare attenti, perché qui si sta facendo una confusione tra quello che oggi noi chiameremo l'uso e la menzione, cioè quando si dice che una frase è vera, si sta parlando di un qualche cosa di diverso, si sta usando la frase, mentre invece la frase che dice di se stessa di non essere vera, non sta usando un'altra frase, perché è lei stessa che lo sta dicendo e quindi c'è questo circolo vizioso e forse dicevano gli scolastici potrebbe esserci la soluzione del paradosso in questa separazione fra queste due nozioni. Vedremo poi in seguito che, in realtà, non è qui il problema. Questa invece che è una proposta Medioevale, una proposta Scolastica, è più vicina a quello che oggi noi diremo è la vera soluzione del paradosso del mentitore, cioè una distinzione tra linguaggio e meta-linguaggio. Qui bisogna che diciamo due parole su questi due concetti che sono veramente importanti: il linguaggio è praticamente la lingua di cui si sta parlando e il metalinguaggio è la lingua in cui noi parliamo del linguaggio. Il modo più semplice di capire la differenza fra linguaggio e meta linguaggio è supporre, per esempio, di stare imparando una lingua straniera, ad esempio l'inglese. Quando noi impariamo l'inglese, agli inizi ovviamente non cominciamo subito a parlare in inglese, si va a scuola e si comincia a dire, bah, l'inglese è fatto così, è scritto in questo modo, ci sono queste regole eccetera. Notate, stiamo imparando una lingua, che si chiama per l appunto il linguaggio dal p. di v. logico, ma ne stiamo parlando, la stiamo imparando in un altra lingua che si chiama per l appunto il metalinguaggio. Nel caso dell esempio che ho appena fatto, cioè di imparare una lingua straniera, la lingua straniera è il linguaggio e l'italiano in cui noi descriviamo la grammatica, la sintassi, la semantica eccetera, di questa lingua che non ancora conosciamo si chiama metalinguaggio, quindi questi due livelli. Ebbene, l'idea di questa soluzione, di distinzione tra linguaggio e meta- linguaggio è appunto quella di dire: quando si dice che qualcosa è vero o qualche cosa è falso, si fa un'affermazione nel meta-linguaggio (italiano), mentre si sta parlando del linguaggio(inglese) e le frasi che dicono io non sono vera, fanno una confusione fra questi due livelli, perché mischiano i due livelli in uno solo. Dicono io non sono vera, ma io dovrei essere nel linguaggio (inglese) e il fatto di dire vera, vuol dire che mi sto ponendo invece fuori dal linguaggio, mi sto ponendo nel metalinguaggio (italiano). Vedremo che questo è precisamente uno dei tentativi di soluzione di Tarski. Un altro tentativo, a cui accenno soltanto, ma per dirvi che in realtà la logica si è sviluppata anche in direzioni differenti, è quello di dire, bah, ci sono forse tanti valori di verità, il vero e il falso sono due prime approssimazioni, sono i più importanti valori di verità che una frase può avere, ma il fatto che ci siano delle antinomie, come quella appunto del mentitore, ci fa supporre che ci possono essere altri valori di verità, cioè ci possono essere delle frasi che non possono essere ne vere e ne false e devono essere qualche cosa altro, cioè questo è anche un modo molto elegante di uscire dall'impasse che il paradosso del mentitore, ma più in generale i paradossi provocano, dicendo appunto è troppo restrittivo limitarsi a considerare soltanto verità e falsità, ci devono essere altri valori di verità e i paradossi sono precisamente delle frasi che hanno quegli altri valori di verità. Queste sono appunto alcune delle soluzioni, diciamo così, classiche medioevali. Veniamo un po' più vicino a noi, questa è una fotografia e questa è la firma del famoso scrittore spagnolo Cervantes che scrisse per l appunto il Don Chisciote. Ebbene, in uno degli episodi del Don Chisciote, ad un certo punto Sancho Panza, che voi tutti ricorderete era il cavaliere, lo scudiero di Don Chisciote della Mancha, diventa governatore di una di una provincia della Spagna, il 13

15 Barataria. Diventa governatore e come sempre succede ai governatori, gli si presentano dei casi molto strani, in particolare un giorno arriva in tribunale un signore che dice: ad un certo punto ci siamo trovati, noi siamo dei militari, ci siamo trovati d i fronte ad una situazione insostenibile perché siamo stati messi in origine di fronte ad un ponte, con l'idea che possiamo far passare da questo ponte soltanto coloro che diconola verità e dobbiamo invece impiccare coloro che chiedono invece impiccare coloro che chiedono di passare il ponte che ci dicono il falso, quando ne chiediamo il motivo. Quindi in questo ponte possono passare i veritieri, coloro che dicono il vero, ma non possono passare i bugiardi, coloro che dicono il falso. Ebbene, succede dicono i militari, che un giorno arriva un signore, lo fermano, gli dicono: tu vuoi passare questo ponte, dici come mai vuoi passare questo ponte. Questo signore dice: sono venuto qui, voglio passare il ponte perché voglio farmi impiccare in base a questa legge ed ecco che di nuovo si riproduce il paradosso del mentitore. Se fosse vero che lui vuole farsi impiccare in base alla legge, starebbe dicendo il vero e dunque bisognerebbe farlo passare e viceversa. Allora Sancho Panza ha una sentenza molto salomonica. Dice, bah, evidentemente questo signore, una parte della frase che ha detto era vera, l'altra parte era falsa, voi militari dovreste implicare la parte di questo signore che ha detto il falso e lasciare passare la parte di questo signore che invece ha detto il vero; naturalmente una soluzione un pochettino ironica, tipica appunto di questo romanzo, di quest'epoca. Bene, vediamo invece più vicino a noi, perché in realtà stiamo facendo un corso di logica per l appunto e quindi vorremmo cercare di capire più da vicino dove si situano i problemi. Ebbene, nel 1908 questo filosofo Grelling, non molto noto, noto soprattutto per questa riformulazione del paradosso del mentitore, scoprì appunto che situazioni analoghe a quelle del paradosso del mentitore si trovano in tanti campi del sapere e in particolare si trovano addirittura anche nella linguistica, nella Grelling grammatica normale. Lui definì due aggettivi di cui non avete mai (1908) sentito parlare, perché appunto li ha definiti questo signor Grelling. autologico: Il primo aggettivo si chiama autologico e come dice la parola è si riferisce a se stesso qualche cosa che si riferisce a se stesso. Quand è che un aggettivo è eterologico: autologico? Quando si riferisce a se stesso. Per es. corto, beh, corto non si riferisce a se stesso è un aggettivo molto corto, quindi per l appunto è un aggettivo autologico. Lungo, beh, lungo non è più lungo di corto, perché ha lo stesso numero di lettere, quindi certamente non si riferisce a se stesso e allora Grelling inventò per questo tipo di aggettivi, come lungo, la parola eterologico, cioè che non si riferisce a se stesso. Quindi ricordatevi autologico, un aggettivo che descrive una proprietà che è vera per se stessa e eterologico un aggettivo che descrive una proprietà che invece non è vera dell'aggettivo stesso. Il problema che Grelling pose fu: eterologico come aggettivo è autologico o eterologico? Eterologico è: Cioè l aggettivo eterologico, cioè che non si riferisce a se stesso, si riferisce a autologico? se stesso oppure no? Ed è chiaro che qui siamo di nuovo alle stesse solfe. Avrete capito che il paradosso del mentitore nasce sempre quando si tratta di parlare di eterologico? un caso di vero e falso, in questo caso di riferirsi a se stesso oppure no. Si fa una frase oppure si costruisce un concetto, che anzitutto si riferisce a se stesso e che poi usano, nel caso della verità il falso e nel caso del riferirsi a se stesso usano l eterologico, cioè non riferirsi a se stesso. Potete fare come esercizio, se volete a casa, cercate di vedere se eterologico è autologico o eterologico, ovviamente vi accorgerete che in tutti e due i casi non c'è possibilità di rispondere, perché se eterologico fosse autologico dovrebbe essere qualche cosa che si riferisce a se stesso e dunque dovrebbe appunto essere eterologico e dunque non riferirsi a se stesso e così via. Quindi queste cose sembrano un po dei giochi di prestigio, dei giochi d'equilibrio, ma fanno vedere come il paradosso del mentitore non ha niente a che vedere con la verità o con la falsità, si può anche riformulare in un modo che appunto si riferisce soltanto alla grammatica. Andiamo avanti e qui vediamo un signore che è stato uno dei più grandi logici di questo secolo. Ho detto più volte in altre edizioni che il più grande logico del secolo e forse della storia è stato questo Goedel, di cui 14

16 abbiamo già accennato, ai cui teoremi abbiamo già accennato, ma allo stesso livello o poco meno, diciamo così, del livello di Goedel c era questo signore, Tarski, un logico polacco che emigrò negli Stati Uniti e che nel 1936 fece uno dei grandi teoremi appunto della logica moderna,cioè riuscì a dare una definizione di verità. Di questa definizione di verità parleremo molto estesamente in una lezione che dedicheremo soltanto a Tarski, perché cercheremo di andare nei dettagli, di vedere com è che Tarski definì la verità, ma la cosa che c'interessa in questo momento da vicino è che, questa definizione di verità, Tarski la diede ovviamente per i linguaggi formali, per i linguaggi della matematica, ma il grande teorema, il teorema importante di Tarski fu il seguente: il fatto che la verità, così come lui la definì, non è definibile nel linguaggio, ma soltanto nel metalinguaggio. Ricordate la distinzione che abbiamo fatto prima: il linguaggio è quello nel quale parliamo (inglese) e il metalinguaggio è il linguaggio nel quale parliamo del linguaggio (italiano), cioè in qualche modo un livello superiore. Ebbene la definizione di verità di Tarski è una definizione per la verità del La verità non è definibile nel linguaggio, linguaggio e nel caso del linguaggio della matematica, solo nel metalinguaggio per esempio, dell'aritmetica, Tarski diede una descrizione molto precisa, molto matematica, diciamo così, senza assolutamente nessun problema filosofico. Però il problema è che, questa definizione di verità che viene data per il linguaggio, deve essere data nel metalinguaggio, cioè in un linguaggio diverso; non è possibile per una teoria matematica, che il linguaggio matematico sia in grado di dare la sua stessa definizione di verità. Come mai? Beh, non è possibile proprio perché c'è il paradosso del mentitore, cioè nel 1936 Tarski riscopre non il paradosso del mentitore, perché quello non era mai stato dimenticato, ma scopre diciamo così meglio, la possibilità di utilizzare il paradosso del mentitore all'interno della matematica. Trova una definizione di verità per il linguaggio e dimostra che, se questa definizione fosse esprimibile nel linguaggio stesso, allora sarebbe possibile derivare nel linguaggio il paradosso del mentitore e dunque ci sarebbe una contraddizione nella matematica; se noi invece supponiamo che la matematica sia libera da contraddizioni, ossia quella che i logici chiamano consistente, ebbene in qualunque teoria consistente non è possibile costruire nessun paradosso, in particolare il paradosso del mentitore e questo significa che non è possibile dare la nozione di verità, la definizione di verità all'interno del metalinguaggio. Questa è in realtà una versione del teorema di Goedel, che dice che le teorie matematiche sono incomplete, sono limitate e questo tipo di limitazione che scoprì Tarski è proprio una limitazione che oggi chiameremo semantica. È la limitazione del fatto di non poter parlare della propria verità all'interno del sistema. Quindi in pratica è proprio la soluzione o perlomeno un uso moderno delle soluzioni medioevali a cui ho accennato poco fa, dicendo che appunto non si poteva pensare di risolvere il paradosso del mentitore, separando questi due livelli, cioè il linguaggio e il metalinguaggio e dicendo io dico il falso è qualcosa che non si può costruire, perché mi obbliga a stare nel linguaggio e dico il falso, mi obbliga invece a stare fuori, a stare nel metalinguaggio e queste due cose devono essere distinte, devono essere tenute separate. Il teorema di Tarski dimostra, per l appunto, che devono essere separate, perché esiste una definizione di verità, ma se questa definizione di verità del linguaggio fosse dentro il linguaggio ci sarebbe una contraddizione e allora deve stare fuori. Questo è per appunto uno dei grandi risultati della logica moderna. Qui vediamo invece Bertrand Russell che fu insomma un famoso filosofo, come logico agli inizi del secolo sembrava che sarebbe stato destinato a diventare il più importante, invece forse i suoi contributi non furono così grandi, ma oggi ne parliamo per quanto riguarda il paradosso del mentitore, anche a lui dedicheremo una lezione molto più in là, verso la fine del corso e quindi vedremo meglio quali sono stati i suoi contributi. Ebbene, Russell nel 1918 scopre questa riformulazione del paradosso del mentitore: consideriamo un barbiere in un villaggio che rade tutti e soli gli abitanti del villaggio che non si radono da soli, cioè il villaggio è piccolo, non c'è bisogno di più di un barbiere 15

17 comune, questo barbiere fa la barba a tutti gli abitanti del villaggio che non si fanno la barba da soli, ma soltanto a loro. Allora domanda che Russell pose è: chi rade il barbiere? Ovviamente il barbiere non si può radere da solo perché, per definizione, abbiamo appena detto che questo è un barbiere, che fa la barba soltanto agli abitanti della città che non si fanno la barba da soli, quindi non se la può fare lui. E allora non si rade, voi direte, eh, no, perché se lui non si rade, allora è uno degli abitanti della città che non si fanno la barba da soli, quindi deve andare dal barbiere, quindi deve farsi la barba. Ed ecco che di nuovo, il solito trucco, il solito circolo vizioso viene scoperto in una forma molto diversa. Attenzione, questo non è un paradosso, perché questo vuol soltanto dire che non c'è nessun barbiere di quel genere, non esiste un villaggio in cui ci sia un barbiere che rade tutti e soltanto gli abitanti della città. Però possiamo avvicinarci un pochettino di più e andare a scavare, diciamo così meglio, sotto questo paradosso del mentitore nella forma del barbiere. Questa nuova riformulazione fu fatta nel 1947 da questo filosofo Reichenbach, un filosofo della scienza che non è, ovviamente, questo signore, l avrete conosciuto, è Kirk Douglas, il papà di Michel Douglas, che oggi forse più famoso per i giovani. Questo è un fotogramma di un famoso film di Kubrick che si chiama orizzonti di gloria, un grande film antimilitarista degli anni 50, un bellissimo film, forse uno dei più belli di Kubrick; ebbene, lo abbiamo messo qui soltanto perché Reichenbach diede una riformulazione del paradosso del mentitore nella forma di Russell del barbiere, parlando di barbieri della caserma. Che cos'è cambiato questa volta? E cambiato il fatto che quando si è in caserma, qualcuno di voi avrà fatto il militare, qualcuno di voi dovrà farlo primo o poi, ebbene sapete tutti che in caserma, quando si danno gli ordini, agli ordini si deve obbedire e non si può stare a questionare, a dire, mah, scusi il suo ordine non mi sembra un qualche cosa di logico, mi sembra contraddittorio, perché si finisce subito in galera e quindi è bene non farlo. Allora la riformulazione data da Reichenbach del paradosso del barbiere, nella forma di Russell, è la seguente: supponiamo di essere in caserma, supponiamo che questo signore con l'aria veramente burbera, stia dicendo a questo signore, che è sempre un militare, tu devi radere tutti e soli i militari della caserma che non si radono da soli. Ora ci troviamo nella stessa situazione in cui ci eravamo trovati prima, parlando ovviamente di Russell, cioè non sarebbe possibile per il militare radere tutti e soli i militari della caserma che non si radono da soli, perché c'è questo circolo vizioso, se lui non si rade, allora dovrebbe radersi e se invece si rade, allora non dovrebbe radersi. La differenza, quello che è cambiato dal caso precedente, è che il signore (qui appunto Kirk Douglas) ha dato un ordine e il militare non può rifiutarsi di obbedire; però l'ordine è contraddittorio, quindi che cosa può fare il povero militare? Ed ecco che stiamo scoprendo che l'antinomia, diciamo così, il paradosso del mentitore, che sembrava essere poi un giochetto di questi poveri greci, cretesi che dicevano tutti i cretesi mentono eccetera, in realtà può avere anche delle applicazioni nella vita quotidiana e in particolare possono esserci delle situazioni in cui qualcuno si trova, per l appunto, come questo povero soldato nella caserma, a dover ubbidire o a dover sottostare a degli ordini che sono contraddittori. Che cosa succede? Ebbene succedono delle cose purtroppo molto spiacevoli, perché come ci ha insegnato questo signore, vedete è Gregory Bateson, uno dei grandi filosofi della fine della seconda metà del secolo ventesimo, che ha spaziato in tanti campi, che ha scoperto che il paradosso del mentitore, sta alla base praticamente o i meccanismi che sottostanno al paradosso del mentitore, stanno alla base di alcune malattie mentali ed in particolare, guardate un po, c'è questa malattia che si chiama ebefrenia, forse pochi di voi la conoscono. L ebefrenia è una fissazione sul linguaggio; molti di voi, io non posso dirlo perché stiamo registrando in televisione, ma molti di voi a volte avranno detto ai loro amici, ma vai..., per esempio possiamo dare una versione edulcorata, ma vai a dormire; ebbene l ebefrenico che ha questa malattia mentale, sente la frase del linguaggio, io gli dico vai a dormire e lui va a dormire, nel senso che non capisce che vai a dormire è un modo così, diciamo, obliquo di dirgli togliti dai 16

18 piedi. Crede che il linguaggio dica effettivamente quello che effettivamente il linguaggio dice in maniera aperta e c'è questa sensazione, cioè l'incapacità di capire che dietro il linguaggio, dietro il primo strato, dietro appunto l'aspetto linguistico, ci può essere il metalinguaggio, ci può essere un secondo significato e sentirsi dire vai a dormire, può significare appunto semplicemente togliti dai piedi. C'è una malattia uguale e contraria che si chiama paranoia; la paranoia è invece la fissazione sul metalinguaggio. Questa volta il paranoico invece cerca sempre un livello diverso delle cose che gli vengono dette e non riesce mai a capire che a volte le cose che gli vengono dette sono quelle che vengono dette; per esempio, se incontrate una signora o una signorina paranoica e le dite; oh, come sei bella quest'oggi, magari intendendolo, la signorina paranoica, ah, ho capito cosa vuoi dire, ecco mi stai dicendo che sono bella perché in realtà hai visto che sono vecchia o cose del genere. Il paranoico fa questa cosa. Ed ecco che allora la distinzione fra linguaggio e meta- linguaggio che sembrava essere una distinzione innocua, praticamente, semplicemente linguistica e logica, in realtà sta sotto per l appunto queste malattie e quindi si potrebbe dire un motto, in qualche modo sintetizzare il pensiero di Bateson in un motto, dicendo o si è logici o si riesce a distinguere tra linguaggio e meta linguaggio o si è patologici, cioè si diventa dei malati mentali in qualche modo. Quindi l'idea del paradosso del mentitore può aiutare, addirittura, secondo Bateson a superare queste malattie mentali, che non riescono a capire la differenza tra linguaggio e metalinguaggio e uno degli ordini che hanno reso famoso per l appunto Bateson nelle sue terapie con i malati mentali è il seguente ordine: disobbedisci! Ora un malato che si trovi di fronte ad un ordine di questo genere, ma non soltanto malato, ma anche chiunque di noi, si troverebbe nei problemi. Come si fa a disobbedire, a obbedire ad un ordine che dice disobbedisci. Disobbedire significa non stare a seguire l'ordine che ti sto dicendo; se ti ordino però di disobbedire, allora se tu effettivamente mi disobbedisci, stai obbedendo e se invece obbedisci deve disobbedire e quindi c'è questo circolo vizioso. È sembra, io non ho esperienza, fortunatamente di questi ambienti, però sembra che effettivamente questa terapia paradossale, questo tipo di ordini che cercano di rompere i circoli viziosi che si trovano a volte nelle malattie mentali, si possono effettivamente utilizzare per questo tipo di ordini, per l appunto, per spezzare la malattia e in qualche modo squilibrare lo squilibrato, cioè per evitare che continui questa fissazione. Ebbene allora, abbiamo capito, credo che ci stiamo avvicinando per lo meno, alla comprensione del fatto che la verità e la menzogna non sono poi cose così secondarie, non sono cose di cui si devono interessare soltanto i logici, soltanto i matematici o se volete, più in generale, soltanto i filosofi; sono qualche cosa che hanno a che fare con la vita quotidiana. Ebbene, allora per finire, per arrivare più vicini a noi, voglio farvi alcuni esempi di come effettivamente si riesca anche nell'arte, anche nella cultura, ad usare il paradosso del mentitore in maniera a volte abbastanza inaspettata. Noi non ce ne accorgiamo, ma una volta che noi siamo stati allertati, quindi forse anche voi dopo questa lezione, incomincerete a vedere che effettivamente verità e menzogna sono un pochettino ubique dappertutto, si trovano anche nella cultura più in generale. Questo signore che molti di voi conosceranno, è uno dei grandi scrittori di questo secolo, uno scrittore che ebbe dei grandi problemi a causa delle sue preferenze sessuali e del fatto che poi finì in galera, finì sotto processo ed è Oscar Wilde. Ebbene, Oscar Wilde fece della menzogna addirittura una bandiera e una delle sue frasi celebri, Oscar Wilde era famoso per i suoi aforismi, una delle sue frasi più celebri è precisamente questa che la menzogna è lo scopo dell'arte. Ebbene, se voi ci pensate un momentino, effettivamente capite che l'arte è in realtà tutta fatta sulla menzogna. Quando voi guardate per esempio un dipinto o quando guardate anche soltanto una figura, una raffigurazione, una immagine, una fotografia, ebbene tutto questo è menzogna. Qui si sta ponendo, sulla carta, diciamo così, del 17

19 colore e questo colore, che è una raffigurazione, dovrebbe in qualche modo indicare una persona, ecco la differenza fra il linguaggio e il metalinguaggio. Il linguaggio è l'immagine, la fotografia, il meta linguaggio è il significato, Oscar Wilde stesso in questo caso. Ebbene, l'arte è tutta basata su questo; pensate alla prospettiva per esempio, che è un modo di distorcere le linee in maniera apposita, così da far pensare, da far risultare l'immagine che poi noi vediamo, come se fosse vera. Si mente per dire la verità, si disegnano le cose appositamente distorte in modo da farle apparire quasi vere, di farle apparire proporzionali. Per esempio la famosa anamorfosi: voi andate a Roma a visitare la Cappella Sistina, ebbene ciò che voi vedete dal basso della Cappella Sistina, queste meravigliose immagini di Michelangelo, vi appaiono in perfetta proporzione. Se avete visto alcuni dei filmati che sono stati fatti vedere quando vi era per esempio il restauro della basilica, ebbene se voi questi dipinti che stanno sulla volta della Cappella Sistina poteste vederli da vicino, vedreste che sono tutti distorti. Perché? Ma perché sono stati disegnati da Michelangelo per l appunto in modo distorto, così che, coloro che li guardano dal di sotto, possono vederli come se fossero invece nelle proporzioni giuste. Quindi la menzogna è effettivamente non soltanto una boutade, è quello che diceva Wilde, cioè la menzogna è un po lo scopo, ma è anche il linguaggio dell'arte, cioè l'arte parla attraverso queste menzogne. Un altro artista molto noto, questo signore dal sorriso molto simpatico, dalla risata simpatica che è John Cage, il famoso musicista, famoso anche per alcune delle provocazioni più grosse della musica, per esempio scrisse un pezzo per pianoforte che si chiamava 4 minuti e 33 secondi e questo pezzo è in realtà più famoso come il silenzio, perché consisteva nel fatto di sedersi di fronte al pianoforte e non suonare nulla, non suonare nulla, perché Cage voleva farci capire che in realtà il silenzio non esiste, quindi se un'artista si pone di fronte ad un pianoforte e non suona assolutamente nulla, poi in realtà si sentono lo stesso dei rumori, si sentono dei signori che tossiscono, quelli che si muovono o magari l'uccellino che è entrato dentro la sala da concerto e così via, quindi l'idea che il silenzio non c'è. Ma in parte Cage era anche l'espressione di una poetica moderna, quella che l'opera d'arte è finita, che non c'è più niente da dire. Ed una delle frasi più famoso è proprio questa non ho niente da dire e lo sto dicendo. Anche questa, una versione molto sottile del paradosso del mentitore, perché uno che non ha niente da dire dovrebbe star zitto e invece sta dicendo, per appunto di non aver niente da dire. Bene, siamo arrivati alla fine di questa nostra carrellata sul paradosso del mentitore e ritroviamo qua giù Pinocchio. Potremmo dire forse alla conclusione della nostra lezione che forse abbiamo capito che tutto è menzogna. Però, attenzione, perchè tutto è menzogna è una frase del tipo di quelle di Epimenide tutti i cretesi mentono, perché se fosse vero che tutto è menzogna, allora anche questa frase sarebbe vera e in particolare sarebbe falsa, perché tutto è se è falsa può dire che non è menzogna, lei sarebbe falsa. Quindi non è possibile che questa frase sia vera, allora deve essere falsa, ma se è falsa allora vuol dire che non è vero che tutto è menzogna, vuol dire che ci sono alcune le verità. Quindi oggi abbiamo scoperto qualche cosa e questo per i logici certamente c'importa, perché abbiamo scoperto che ci sono delle verità e nel futuro cercheremo di avvicinarsi a queste verità, di scoprirne altre, comunque per quest'oggi abbiamo finito.. 18

20 LEZIONE 3: Le gambe di Achille Siete ormai stati introdotti nelle lezioni precedenti ad alcuni dei problemi della logica. La scorsa lezione, che è stata la prima vera lezione di questo corso, abbiamo cercato di parlare di uno dei paradossi più famosi, il paradosso del mentitore. Quest oggi faremo una seconda lezione sui paradossi che, come ricorderete forse da alcune delle lezioni introduttive, sono stati uno dei motivi introduttori della logica, uno dei motivi che hanno spinto i logici filosofi ad interessarsi di questa materia, che è per l'appunto la logica, che poi sarebbe diventata la logica matematica. Se il paradosso del mentitore è uno dei più famosi paradossi della storia, il più famoso di tutti, forse, è quello di cui si vede qui il nome, cioè Achille. Abbiamo intitolato come al solito la nostra lezione in maniera un po' scherzosa, la scorsa volta era il naso di Pinocchio, per ricordare appunto la menzogna, che è un po' caratterizzata da Pinocchio e invece in questo caso siamo passati ad un'altra parte del corpo e questa volta le gambe, le gambe di Achille. Avete capito immediatamente che stiamo cercando di parlare, stiamo cercando di introdurre, il discorso sul paradosso dizenone, i famosi paradossi di Zenone, uno dei quali, il più famoso di tutti tra questi paradossi di Zenone, è per l appunto quello che si chiama Achille e la tartaruga. Vediamo più da vicino di cosa si tratta. Questo signore è per l appunto Zenone o una statua che ricorda le fattezze di questo filosofo, che è vissuto nel quinto secolo a. C. Vedete qui scritto sotto a Zenone Scuola di Elea, perché in realtà Zenone non è stato il fondatore di questa Scuola. Il vero fondatore della Scuola di Elea, la Scuola cosi detta Eleatica che si trovava vicino a Napoli, una delle grandi Scuole della Magna Grecia, era Parmenide. Parmenide aveva questa idea, che tutti forse ricorderanno dagli studi di filosofia, che per lui esisteva l'essere e non il divenire. Il divenire era in qualche modo la filosofia di Eraclito e invece la filosofia di Parmenide era la filosofia dell'essere, cioè che tutto è statico, niente succede, niente si muove e ciò che noi pensiamo invece si muova, il movimento appunto, è un illusione in qualche modo. E allora proprio per cercare di dare man forte al suo maestro Parmenide, Zenone il quale bisogna anche dire così, in vena di aneddoto, non era soltanto discepolo, ma anche amante di Parmenide, quelli erano tempi un pochettino diversi e succedevano queste cose anche nelle scuole, ebbene Zenone cercò di inventare degli argomenti che poi sarebbero diventati quasi più famosi addirittura degli argomenti del suo maestro Parmenide, a favore dell'essere. Questi argomenti Zenone li propose, questo era uno dei motivi per cui diventarono così famosi, sotto forma di paradossi. I paradossi sono delle storielle, lo abbiamo già visto altre volte nella lezione introduttiva e nella scorsa lezione, sono delle storielle che cercano di avere una morale nascosta; c è un ragionamento che sembra corretto, però il sembra è dovuta al fatto che in realtà la conclusione è paradossale, sembra quasi che non stia in piedi. Cerchiamo di vedere più da vicino quali sono stati i paradossi per l appunto che Zenone ha introdotto nella filosofia. Sono tutti paradossi che si riferiscono al moto, perché come abbiamo appena ripetuto e appena ricordato, Parmenide era contrario a questa idea del moto. L'idea sua era che c'era per l appunto quest'essere immobile; allora il primo paradosso di Zenone che ovviamente è un paradosso, è che non si può partire. Come mai? Mah, supponete di essere in una certa posizione, in un certo punto della c ittà per esempio e di dover andare in un' altra parte della città. Paradossi del moto Potete partire? Evidentemente no, perché per partire questo non si può partire significherebbe che dovette incominciare un viaggio che va dal non si può essere in viaggio punto di partenza al punto di arrivo, ma questo viaggio non si non si può arrivare può incominciare, perché prima di andare dal punto di partenza al punto di arrivo dovete andare dal punto di partenza a metà strada. Voi direte, va bene, questa è metà del mio viaggio, metà del proposito che mi sono posto; però per arrivare dalla partenza a metà della strada, dovete prima arrivare dalla partenza ad un quarto della strada e così via ovviamente, perché questi paradossi si basano tutti su questo regresso all'infinito, su questo e così via, su questi puntini che sono lasciati così in sospensione. Allora, per andare dagli inizi alla fine, bisogna prima arrivare a metà, bisogna prima arrivare ad un quarto, bisogna prima arrivare ad 1/8 e così via, per distanze sempre più piccole, il che significa che non si può mai partire, perché bisognerebbe sempre percorrere una distanza ancora più piccola di quella che si dice che serva per iniziare il viaggio. Bene, il secondo paradosso di Zenone è che non si può essere in 19

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