LA RIFORMA DELLA LEGGE FALLIMENTARE RELAZIONE DA CONVEGNO VERONA 19 APRILE 2005
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- Maddalena Livia Beretta
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1 LA RIFORMA DELLA LEGGE FALLIMENTARE RELAZIONE DA CONVEGNO VERONA 19 APRILE 2005 PREMESSA Doveva essere una riforma organica della disciplina della crisi d impresa e, invece, dalle ceneri di un disegno di legge ordinaria di riforma dell intero sistema concorsuale, è stato partorito prima il max emendamento di Natale, quindi il decreto legge 14 marzo 2005, n. 35, 1 entrato in vigore il 17 marzo Attraverso la riforma, il legislatore è intervenuto per modificare la normativa previgente, rappresentata dalla legge fallimentare, ovvero il regio decreto 16 marzo 1942, n Il modello delineato inizialmente dal decreto legge riformatore intendeva sostituire il fallimento e le procedure minori, così come disciplinate dall attuale legge fallimentare, con due procedure unitarie, la composizione concordata della crisi (alternativa alla liquidazione concorsuale) e la liquidazione concorsuale, incentivando i principi di conservazione dell impresa, di valorizzazione degli organismi produttivi e dei patrimoni nonché degli interessi dei creditori. In realtà, il decreto legge n. 35/05 ha inserito nel corpo della legge fallimentare, la sola riforma delle azioni revocatorie fallimentari e del concordato preventivo. Un operazione di chirurgia estetica con finalità di assoluta facciata, nella quale risulta assente qualsiasi tipo di coordinamento ed incomprensibile soprattutto la spinta verso la competitività. Nel presente studio, l attenzione sarà rivolta alla parte della riforma concernente la nuova disciplina del concordato preventivo. 160 L.F. CONDIZIONI PER L AMMISSIONE ALLA PROCEDURA La prima novità relativa alla rinnovata procedura di concordato preventivo è rappresentata dai presupposti / condizioni previste dalla normativa, ai fini dell ammissione alla procedura medesima, così come delineati dal art. 160 L.F., nuova formulazione, il primo dei sei nuovi articoli che impattano sul concordato preventivo. 1 Per un completo esame del testo della riforma, si veda la relazione al convegno Diritto fallimentare: un primo passo verso la riforma, tenutosi a Milano in data 8 aprile 2005, pubblicata da Ipsoa,
2 Primo requisito fondamentale, ai fini dell esperibilità del concordato preventivo, diviene lo stato di crisi, nel quale deve necessariamente trovarsi l imprenditore che voglia accedervi. Tuttavia, la norma, nella sua nuova formulazione, non contiene alcuna definizione né spiegazione di cosa debba intendersi per stato di crisi. Si potrebbe eventualmente supporre il riferimento alla definizione contenuta nel disegno di legge, ovvero una situazione patrimoniale economica finanziaria in cui si trova l impresa, tale da determinare il rischio insolvenza. È necessario, tuttavia, che la nozione di stato di crisi non coincida perfettamente con un mero stato d insolvenza, altrimenti la procedura di concordato finirebbe automaticamente nel fallimento. Più correttamente, potrebbe inquadrarsi la crisi come difficoltà non irreversibile, nella quale versi l impresa; ma poiché questa procedura è attuabile dal solo debitore (non dai creditori come procedure analoghe in Inghilterra), potrebbe essere una scelta del debitore per evitare il fallimento, scelta che in qualche modo i creditori subiscono (con violazione del diritto di difesa) se la possibilità di soddisfare i crediti da parte del concordato non è inferiore alle alternative concretamente praticabili di cui all art 180 L.F. nuovo testo. A ciò si aggiunga la scomparsa, rispetto a quanto previsto in precedenza, dei requisiti minimi di pagamento, che assicuravano il soddisfacimento integrale dei crediti privilegiati ipotecari pignoratizi (100%) e del 40% dei crediti chirografi, nonché delle condizioni soggettive di accesso (meritevolezza e convenienza); infine, dell iscrizione nel registro delle imprese dal biennio (incensuratezza). Il concordato preventivo viene quindi proposto dal debitore sulla base di un piano ma detto piano non pone al centro l impresa e la conservazione dei suoi organismi produttivi. Il piano si riduce esclusivamente ad una ristrutturazione dei debiti dell impresa con l obiettivo del soddisfacimento dei creditori, attraverso qualsiasi forma pagamento (soddisfazione diretta), con la cessione dei beni o altre operazioni straordinarie (alienazione attività), con l attribuzione ai creditori di azioni, quote, obbligazioni, strumenti finanziari e titoli di debito (soddisfazione indiretta) (evidente il ripescaggio della normativa emanata decreto Marzano - per il caso Parmalat). Nel piano non vi è alcun accenno alla causa della crisi, né alle prospettive di risanamento dell impresa, di fresh start. Da tutto ciò non potrebbe non osservarsi che, se i titoli di debito azioni obbligazioni vengono assegnati ai creditori in base ai crediti di questi ultimi, il passaggio prodromico successivo non potrà che essere la verifica dei crediti stessi, della quale tuttavia non vi è alcun accenno nel concordato preventivo (mentre nell amministrazione straordinaria è stata prevista una specie di verifica dello stato passivo con una sua ricostruzione semplificata). 2
3 Nel nuovo concordato preventivo non è stata, infatti, prevista una verifica dei crediti, né il commissario dovrà procedere alla formazione dello stato passivo. L unico incombente di questo soggetto sarà quello di compilare un elenco dei creditori sulla base dei documenti forniti. Non si realizzerà il passaggio successivo, delle contestazioni e/o opposizioni allo stato passivo, con la conseguenza di rendere instabile la successiva governance della società sulla base di pesi partecipazioni, contestati o contestabili e quindi delibere i cui quorum sono soggetti ad impugnazione. I creditori contestati non avranno altra alternativa se non l accertamento del credito nell ambito del contenzioso ordinario. Il decreto legge stabilisce, altresì, che è prevista l attribuzione delle attività delle imprese ad un assuntore, e che potranno essere assuntori anche i creditori. Uno degli aspetti più controversi della rinnovata normativa consiste nella possibilità della previsione, nel piano, della divisione dei creditori in classi (tendenza in atto in tutti i più recenti progetti di riforma). Le classi potranno essere costituite e suddivise secondo la posizione giuridica, ovvero secondo interessi omogenei. Tuttavia, anche nel caso in cui venga creata una classe tra creditori che si trovino nella medesima posizione giuridica, gli stessi non necessariamente presentano caratteristiche omogenee (ceto bancario creditore per mutuo, finanziatore privato amico dell imprenditore individuale). Da questo deriva la possibilità di trattamenti differenziati tra creditori dotati della medesima posizione giuridica, appartenenti a classi diverse. Il debitore, inoltre, avrà la possibilità, nel suo interesse, di favorire le classi forti nel trattamento differenziato. Il nuovo art. 177 L.F. introduce un'unica maggioranza quella dei crediti (non più maggioranza pro capite) ammessi al voto (anche nell ambito delle singole classi), ovvero della maggioranza delle classi. È evidente, quindi, la tendenza all autotutela, con conseguente abbandono di una eterotutela basata su norme inderogabili, con l intervento dell Autorità Giudiziaria per la verifica dell applicazione di dette norme e per la tutela dei creditori c.d. deboli. Scompaiono, in questa logica, i requisiti minimi di pagamento. È ipotizzabile che i creditori preferenziali siano pagati con il realizzo delle garanzie beni, quindi in misura superiore a quella dei creditori chirografi. Tuttavia, sembrerebbe possibile pagare meno del 100% anche i creditori preferenziali, sempre e comunque nei limiti del privilegio. È palese, anche in questa parte della novella, il mancato coordinamento con le norme del codice civile a tutela dei creditori. 3
4 Il meccanismo attraverso il quale il limite del privilegio è conservato a favore dei creditori preferenziali si evince dal sistema di voto delineato dal nuovo art. 177 L.F.. Il creditore privilegiato laddove decida di avvalersi del diritto di voto, perde il privilegio, così come è accaduto fino ad oggi; se, viceversa, rinunci all anzidetto diritto, riceve quanto meno nei limiti del privilegio (anche poiché il loro integrale soddisfacimento non è più un presupposto). Con queste premesse, non si vede la ratio che ha spinto il legislatore a conservare la vecchia disposizione che esclude dal voto i creditori prelatizi, rispetto ai quali, a seguito della riforma, è venuto meno il presupposto dell integrale soddisfacimento. Di conseguenza, questi ultimi non sono indifferenti all esito del concordato preventivo. Non mancano le ragioni per immaginare una differente interpretazione della novella, sul punto di cui sopra. Il legislatore avrebbe potuto voler eliminare il requisito di pagamento integrale per i creditori preferenziali, lasciando, tuttavia, il divieto di voto se non con la rinuncia alla prelazione. Si apre la seria prospettiva per la quale i creditori privilegiati debbano essere pagati al 100%, dal momento che non è loro concessa visto alcuna possibilità di contraddire. Il sistema delle classi, nella fase della domanda, non è soggetto ad alcun controllo mentre è previsto, secondo quanto stabilito dal nuovo art. 163 L.F., un controllo, anche se debole, nella fase dell ammissione nonché dell omologa da parte del Tribunale. Al momento dell ammissione alla procedura, infatti, il Tribunale dovrà valutare esclusivamente la correttezza dei criteri utilizzati nella formazione delle diverse classi. Tuttavia detti criteri non sono indicati, sicché sia il debitore, che il Tribunale vengono lasciati in un limbo. La valutazione libera dei criteri introduce una mina nel sistema delle classi. Laddove si considerasse come requisito di ammissione al concordato la correttezza dei criteri di formazione delle classi, nel caso in cui il Tribunale pervenisse ad una decisione negativa in ordine alla medesima, ciò potrebbe comportare la dichiarazione d ufficio del fallimento. Tuttavia, il vecchio art. 162 L.F. non è stato modificato in tal senso e quindi non è possibile pronosticare quale sia la conseguenza nel caso di non correttezza dei criteri di formazione. La procedura si apre sulla base di una mera crisi (ma non viviamo noi tutti in una crisi.). In questo caso ci potrebbe essere un decreto (non punitivo) di non ammissibilità della procedura per la non corretta individuazione delle classi per diseguali prospettive di riparto (senza dichiarazione di fallimento d ufficio). 4
5 ART. 161 DOMANDA Il nuovo art. 161 L.F. precisa che la domanda è presentata dal debitore, mediante ricorso, al Tribunale del luogo in cui l impresa ha la propria sede principale, intendendosi come tale la sede effettiva dove si formano le decisioni. Di conseguenza, il forum shopping del trasferimento, eventualmente intervenuto nell anno antecedente la procedura, non rileva ai fini della competenza per il deposito del ricorso. Sembra rilevabile, su tale punto, un meccanismo particolarmente rigido. Con il ricorso il debitore deve presentare il piano e una serie di allegati: A) aggiornata relazione sulla situazione patrimoniale economica finanziaria dell impresa; B) stato analitico ed estimativo delle attività nonché elenco creditori con i crediti e le cause di prelazione. Su questo punto è possibile ravvisare un piccolo segnale di prognosi, anche da parte del debitore; C) elenco dei titolari di diritti reali o personali su beni di proprietà o in possesso del debitore; D) valore dei beni (stima) e i creditori particolari degli eventuali soci illimitatamente responsabili. La previsione più innovativa è data dal fatto che tutti questi documenti devono essere accompagnati da una relazione di un professionista iscritto ad un albo (art 28 L.F.) che attesti la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano. Tuttavia, è da notare un probabile errore nel rimando operato all art. 28 L.F., norma che non parla di professionalità ma dei requisiti incompatibilità del curatore. Anche qui forse il riferimento era al maxi emendamento di dicembre. Non è possibile esimersi, su questo punto, dal compiere una breve critica. Anche laddove il professionista dovesse svolgere un accurata due dilingence (a spese dell impresa e con i tempi necessari, come è possibile che lo stesso sia in grado di garantire la verità di dati aziendali? Il ruolo del professionista, nel momento in cui con la sua relazione attesta la veridicità dei dati aziendali, diviene delicatissimo. Non è chiaro, altresì, cosa debba garantire il professionista. Probabilmente non potrà che garantire di aver svolto le opportune e necessarie verifiche, (quindi la sua sarebbe da inserire tra le obbligazioni di mezzi), ma non potrà certamente garantire la veridicità dei dati. Si aggiunga, inoltre, la problematica relativa alla responsabilità del professionista in relazione all attestazione di veridicità, non essendone chiari i limiti e le conseguenze per danni subiti dai creditori. 5
6 In realtà, dovrebbero spettare agli amministratori il compito di garantire la veridicità dei dati aziendali. Sono loro, infatti, che svolgono e propongono la domanda di concordato preventivo a norma dell art. 152 L.F. Altro problema è quale valore attribuire alle anzidette attestazioni. Quanto al giudizio del professionista sulla fattibilità del piano, avendo questo carattere prognostico, è basato su aspetti tecnici (contabilità e dati aziendali forniti dagli amministratori) e di esperienza del professionista. Questo compito appare più confacente al modo di operare del professionista titolato ed è pur sempre una valutazione. Solo l interpretazione giurisprudenziale potrà chiarire la responsabilità del professionista per le due attestazioni nonché delineare gli elementi del dolo e della colpa richiesti ai fini dell elemento soggettivo. ART AMMISSIONE Il nuovo art. 163 L.F. disciplina l ammissione alla procedura richiedendo, come già anticipato, un controllo minimo da parte del Tribunale, chiamato a verificare la completezza e regolarità della documentazione, senza la necessità di procedere ad alcuna valutazione del piano. La stessa autorità giudiziaria, dopo il controllo di cui sopra, con decreto non soggetto a reclamo dichiara aperta la procedura. Ove siano previste classi di creditori il Tribunale provvede analogamente cioè conferma la divisione in classi, previa valutazione della correttezza dei criteri di formazione di cui si è già parlato. Questo è l unico intervento del Tribunale nella fase preliminare. Il Tribunale valuta le classi, verificando le reali differenze tra una classe e un'altra (ma come sarà possibile differenziare tra classi di creditori chirografi?). Ulteriori adempimenti sono previsti a carico del giudicante. Sempre nel decreto, infatti, il Tribunale: 1. delega ad un Giudice alla procedura; 2. ordina la convocazione dei creditori non oltre 30 gg dalla data del provvedimento nonché fissa un termine per la convocazione; 3. provvede alla nomina del commissario giudiziale; 4. fissa il termine non superiore a 15 gg. per il deposito della somma necessaria per la procedura. Se il deposito non venga eseguito, il commissario provvede a norma dell art. 173 IV comma, comma, però, che attualmente non esiste (visto che il 173 L.F. ha solo 2 commi). Solo nel maxi 6
7 emendamento è prevista, invece, un audizione camerale ed una specifica iniziativa del commissario giudiziale (con la conseguente dichiarazione di fallimento). ART MAGGIORANZA E APPROVAZIONE Segue, quindi, nella novella il nuovo art. 177 L.F., al quale è affidata la modifica delle maggioranze richieste per l approvazione del concordato preventivo. Nello specifico, la procedura è approvata se riporta il voto favorevole di tanti creditori che rappresentino la maggioranza dei crediti ammessi al voto (computo solo per CAPITALE) Scompaiono, quindi, le doppie maggioranze attualmente in vigore. Nel caso in cui siano state create più classi di creditori, all interno di ciascuna di esse si avrà l approvazione con il voto favorevole della maggioranza dei crediti. In questa fase è previsto un nuovo intervento del Tribunale. L autorità giudiziaria, infatti, ha il compito di riscontrare nonché controllare la maggioranza richiesta. I Tribunale deve verificare, altresì, che i creditori siano effettivamente titolari di credito. La novella ha previsto che il Tribunale possa approvare il concordato, anche se vi sia dissenso di una o più classi di creditori, purché ricorrano 2 condizioni. Occorre, infatti, che la maggioranza delle classi creditorie abbia approvato il concordato e che i giudici ritengano che i creditori delle classi dissenzienti possano trovare soddisfazione in misura non inferiori rispetto alle alternative concretamente praticabili. Si tratta, indubbiamente, di una norma poco comprensibile, ripetuta, altresì, nel nuovo art. 180 L.F. (approvazione della procedura ed omologa). È chiaro, comunque, che il Tribunale non si preoccupa più di verificare i requisiti minimi fio a oggi richiesti per il concordato. Il Tribunale, inoltre, non valuta neppure la convenienza della procedura de qua, anche se nelle alternative concretamente praticabili potrebbe eventualmente intervenire una valutazione della maggior convenienza del fallimento (solo però in presenza di classi dissenzienti). Nel caso in cui per la procedura non siano state create le classi di creditori, il compito del Tribunale è limitato ad una mera verifica, nel senso che, laddove la procedura trovi l assenso dei creditori, allora in tal caso non sorgono ulteriori problemi. Se, viceversa, il concordato non incontri il favore dei creditori, non è prevista alcuna regola di cram down attraverso la quale il Giudice, nel caso in cui non ritenga il dissenso giustificato, in qualche modo, posso costringere i creditori, nella reorganisation statunitense, ad accettare l accordo. 7
8 ART GIUDIZIO DI OMOLOGAZIONE Il giudizio di omologazione è riformato dall art. 180 L.F.. È previsto un rito camerale, nel quale il Tribunale (non più come in passato, dove raggiunte le maggioranze il G.D. fissava l udienza di comparizione) fissa un udienza in camera di consiglio per la comparizione del debitore e del commissario, con relativa notifica del decreto a cura del debitore al commissario ed ai creditori dissenzienti. Incomprensibile poi la pedissequa ripetizione di quanto sancito dall art 180 c.p.c., per il quale il debitore, il commissario giudiziale, gli eventuali creditori dissenzienti (ovvero che richiedano la non omologa del concordato) e qualsiasi interessato, devono costituirsi almeno 10 gg. prima (non più 5 gg.) dell udienza fissata, depositando memoria difensiva contenente le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d ufficio, nonché l indicazione dei mezzi istruttori e dei documenti prodotti. La novella quindi prospetta un procedimento con carattere contenzioso, puntualizzando i poteri istruttori propri del Tribunale, ma delegabili, altresì, ad uno dei componenti. In particolare viene delineato un procedimento camerale speciale, per la presenza di elementi del giudizio di cognizione. Infine, le somme spettanti ai creditori contestati o irreperibili sono depositate nei modi stabiliti dal Tribunale, che fissa le condizioni e le modalità di svincolo. Tale previsione, in realtà, riguarda l esecuzione del concordato. Sarebbe auspicabile che nella riforma organica delle procedure concorsuali, per la quale è stata introdotta nel decreto una delega ad emanare uno o più decreti legislativi entro 90 gg., sia l occasione per meglio disciplinare la fase dell esecuzione del concordato, finora piuttosto trascurata. L approvazione giudiziale del concordato, comunque, appare strettamente legata alla maggioranza dei crediti. L intervento legislativo potenzia l aspetto negoziale e l aspetto primario del consenso. È probabile che per il Tribunale si aprano dei margini di intervento, in relazione al un giudizio sulla fattibilità della procedura, altrimenti non si spiegherebbe il senso della previsione di un giudizio prognostico del professionista. In presenza di classi di creditori, la conservata distinzione tra privilegiati (nella sostanza non sono possibili classi di privilegiati che non hanno diritto al voto) e chirografari genera una grande confusione, con l inserimento di una norma di cram down per la quale il Tribunale, riscontrata l approvazione della maggioranza dei crediti delle singole classi ex art 177 L.F. I comma, può discrezionalmente approvare il concordato, nonostante il dissenso di una o più classi (se la 8
9 maggioranza delle classi ha approvato) e se ritenga che i creditori appartenenti alle classi dissenzienti possano risultare soddisfatti dal concordato in misura non inferiore rispetto alle alternative concretamente praticabili (come già detto è la stessa formula del 177 l.f.). Anche in questo caso ricorre l utilizzo di una formula ambigua circa la prognosi relativa al soddisfacimento delle classi dissenzienti, posto che non vi è alcuna certezza o limite quantitativo di pagamento. Manca ogni comparazione dal momento che il risultato economico non è rapportabile ad altre iniziative. La procedura si chiude con il decreto di omologazione. Lo stesso deve recare congrua motivazione ed intervenire nel termine di 6 mesi dalla presentazione del ricorso, termine prorogabile una sola volta, per un tempo massimo di 60 gg.. È evidente il fine di celerità perseguito dalla novella. REGIME TRANSITORIO Il decreto legge introduttivo della riforma ha omesso di prevedere il regime transitorio da applicare alla procedura del concordato preventivo, analogamente a quanto avvenuto per le azioni revocatorie. L entrata in vigore della riforma dal 17 marzo 2005 rende problematiche le vicende processuali per le procedure appena avviate. Per esempio, scompare il limite del 40%. La procedura aperta ante riforma, inoltre, non prevedeva la presentazione di alcun piano da parte del debitore, né la relazione dell esperto. Sulla questione, di conseguenza, mancando un preciso referente normativo, possono ipotizzarsi più soluzioni. Si potrebbe sostenere, in primo luogo, che tutti i ricorsi depositati sino al 16 marzo 2005 iniziano e proseguono con il rito contemplato dalla normativa precedente. In alternativa, sarebbe possibile una remissione in termini, nonostante le determinazioni già assunte dai creditori. Se presupposto del rinnovato concordato è rappresentato dalla crisi e non dalla mera insolvenza, non si verificherebbe l automatismo dell opzione fallimentare. In tal caso si potrebbe consentire una rimessione in termini per il piano e per l istruttoria relativamente a tutte le domande pendenti ma non decise alla data del 16 marzo A ciò si aggiunga che le modifiche processuali introdotte, in base al principio tempus regit actum, non possono che riguardare tutte le procedure, sia quelle pendenti che quelle instaurate dal 17 marzo 2005, come già verificatosi con le norme processuali di modifica degli art. 633 e 648 c.p.c. 9
10 introdotte con il D.Lgs. n. 231/02 Trasposizione della direttiva sui ritardati pagamenti nelle transazioni commerciali. La normativa introdotta dal d.lg. n. 231/02, infatti, che apporta modifiche al codice di procedura civile in tema di ritardo dei pagamenti nelle transazioni commerciali, è applicabile al decreto ingiuntivo emesso nei confronti di un cittadino residente all estero per crediti relativi ad un rapporto contrattuale sorto antecedentemente alla sua entrata in vigore, poiché, anche se l art. 11 d.lg. n. 231, cit. sul regime transitorio ne esclude l applicabilità ai contratti conclusi prima dell 8 agosto 2002, ciò si riferisce solo ai profili sostanziali della disciplina e non a quelli processuali, i quali devono ritenersi regolati dal principio del tempus regit actum e pertanto sono applicabili anche ai contratti già in corso di esecuzione. Una terza soluzione, infine, dei problemi derivanti dal regime transitorio applicabile, potrebbe comportare, per i ricorsi ante 16 marzo 2005, l applicazione del nuovo rito solamente rispetto al giudizio di omologazione, e non anche per tutto ciò che riguarda le altre fasi della procedura. ART. 182 BIS - ACCORDI DI RISTRUTTURAZIONE DEI DEBITI Il rinnovato 182 bis L.F. introduce la possibilità di intese accordi di ristrutturazione del debito proposte dal debitore. Si prevede, altresì, che, laddove le anzidette intese ricevano l approvazione da parte di tanti creditori che rappresentino almeno il 60% dei crediti, le medesime possano godere di una corsia preferenziale per l omologazione. Ai fini della presente possibilità, è necessario che intervenga il deposito dell accordo di ristrutturazione, con l adesione dei creditori, nella percentuale di cui sopra, (anche in questo caso senza alcuna distinzione tra creditori preferenziali e chirografi ciò che conta è l accordo). In questo caso il legislatore ha omesso ogni riferimento alle classi creditorie ed ha omesso, altresì, di delineare nello specifico, la condizione in cui debba trovarsi il debitore ai fini della presentazione della proposta. L accordo necessita del deposito presso il Tribunale e della pubblicazione nel registro delle Imprese. È necessario, altresì, il deposito della documentazione di cui l art. 161 l.f. (relazione patrimoniale aggiornata, stato analitico di attivo e passivo, elenco dei diritti dei terzi ecc ecc ). Anche in questo caso, il legislatore richiede il deposito di una relazione di un esperto circa la attuabilità fattibilità dell accordo nonché la sua idoneità ad assicurare il regolare pagamento dei creditori estranei. 10
11 L accordo, una volta pubblicato nel registro delle Imprese, acquista efficacia. Da questo momento i creditori e ogni altro interessato possono, entro 30 gg., proporre opposizione avverso il medesimo. L opposizione, probabilmente, si giustifica con l esenzione concessa all azione revocatoria per i pagamenti che verranno effettuati in esecuzione del piano. Il Tribunale, decise le opposizioni procede all omologa in camera di consiglio con decreto motivato, appellabile entro 15 gg. dalla sua pubblicazione nel Registro delle Imprese. Nuovamente, nella disciplina di questo istituto, dotato di autonomia rispetto al concordato, non vi è cenno alcuno alla causa della crisi, né alle prospettive future di risanamento. Tutto ciò non ha rilevanza meramente formale, bensì diviene significativo se si considera che dalle cause della crisi si possono capire gli errori dell imprenditore e i programmi sul futuro dell impresa. Il passato è la nostra identità (Chiaberge). Un piano senza identità è assolutamente precario. A differenza di quanto previsto negli articoli precedenti, l esperto, in questo caso, non è chiamato a ad attestare la veridicità ma la sola fattibilità dell accordo (quindi gli esperti favoriranno questa soluzione!!). Occorrerà domandarsi, tuttavia, quale certezza di integrale e regolare pagamento potrà essere garantita ai creditori estranei all accordo, che non sono mai stati contattati. I creditori estranei all accordo potranno attivarsi giudizialmente nel frattempo a tutela dei propri crediti, anche perchè l accordo produce effetti solo dalla pubblicazione nel Registro delle Imprese e solo per i creditori che l hanno sottoscritto. L intervento del Tribunale è molto marginale. Si rinviene, infatti, un mero esame della documentazione presentata, senza alcuna possibilità in ordine alla disposizione né di prove, né di consulenze. Il Tribunale deve limitarsi a decidere delle opposizioni svolte e quindi, con decreto motivato, procedere all omologa. Non vi è alcuna norma che blocchi la situazione al momento dell accordo (manca il richiamo agli art. 168 e 169 L.F.). Non ricorre, in realtà, alcuna protezione del debitore. Eventualmente, come ombrello protettivo, potrebbero utilizzarsi le azioni esecutive dei creditori nonché la costituzione di diritti di prelazione. La protezione, tuttavia, non appare completa nonostante l esenzione dalla revocatoria. Il rischio penale allo stato non viene valutato, (anche se la riforma dei reati fallimentari è stata già inserita nella legge di conversione) così come non vi è alcuna norma fiscale specifica. Si aggiunge che nel decreto legge, in fase di conversione giovedì scorso, è stata introdotta la delega ad adottare entro 90 gg uno o più D. Lgs. recanti la riforma organica delle procedure concorsuali. 11
12 L art. 182 bis L.F. richiama alla memoria due istituti recentemente riformati nel Regno Unito dall Enterprise Act 2002 che ha modificato l Insolvency Act con efficacia dall 1/04/04, dove però gli obbiettivi sono la conservazione salvataggio dell impresa. In particolare, il rimando è alla company voluntary arrangement ed allo scheme of arrangement. La company voluntary arrangement consiste in una composizione concordata della crisi, basata su un accordo stragiudiziale. Tra l impresa e i suoi creditori, in sostanza, si raggiunge un accordo, reso poi esecutivo da un insolvency practioner, ovvero un soggetto paragonabile al professionista, esperto in materia, che sottoscrive la relazione illustrativa. Questo per evitare il ricorso ad altra procedura concorsuale. L anzidetta procedura può essere usata in combinazione con la procedura di administration, quando venga data moratoria (ovvero la copertura da azioni esecutive e diritti di prelazione). È prevista, altresì, una procedura semplificata per le small companies. Anche in questo caso è ravvisabile un parallelismo con la procedura semplificata di omologazione del piano. Si prevede, infatti, la presentazione di una relazione sottoscritta da un esperto in materia, sull attuabilità del piano, con il 50% dei crediti ed il restante 50% siano banche. Oltre alla company voluntary arrangement merita un breve cenno lo scheme of arrangement. Esso consiste in un accordo con i creditori (o classi di creditori), vincolante se vengano raggiunte all interno di ogni classe di creditori determinate maggioranze. Si tratta, tuttavia, di una previsione che non fa parte dell insolvency legislation. Questa seconda procedura si differenzia dalla company voluntary arrangement poiché lo schema deve essere omologato dal Tribunale. In questo caso, quindi, la procedura si sviluppa grazie anche all intervento dell Autorità giudiziaria. Una volta omologato, lo schema vincolerà tutti i members, tutti i creditori. Si produce, quindi, una esdebitazione al di là della conoscenza dei creditori. Entrambe le procedure inglesi prevedono un intervento del Tribunale a tutela del debitore dalle azioni dei creditori, in modo tale da consentire di raggiungere, nel periodo concesso, intese che saranno poi omologate. Un breve aneddoto, per concludere, sulle norme di cram-down presenti nel concordato con classi di creditori. La traduzione giuridica dell espressione inglese, infatti, è quella di spingere verso il basso le legittime pretese dei creditori per consentire il buon esito della procedura. 12
13 Per una strana coincidenza, nel linguaggio familiare, cram down ha un altro significato, testualmente cito dal dizionario Sansoni, raccontare delle balle e forse questo non è un bell inizio per questa riforma. 13
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