TESINA DI FINE MASTER L AUTOTUTELA: NATURA E DISCIPLINA INDICE

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1 Gennaro Mazzucchi TESINA DI FINE MASTER L AUTOTUTELA: NATURA E DISCIPLINA INDICE 1L autotutela amministrativa: fondamento giuridico dell istituto. 1.1Le tipologie di autotutela amministrativa. 1.2 L autotutela decisoria. 1.3 Le principali fattispecie di autotutela decisoria: l annullamento d ufficio e la revoca 2 L autotutela nel diritto tributario 2.1 Peculiarità e differenze con l autotutela amministrativa 2.2 Il diniego di autotutela in materia tributaria: tutela del contribuente 3 Conclusioni 1

2 1 L autotutela identifica la potestà, in capo al soggetto titolare di una posizione giuridica tutelabile sia esso pubblico che privato, di farsi giustizia da sé. La capacità di autodifendersi è di regola vietata dall ordinamento, in virtù del principio che prevede la necessità di rivolgersi al giudice civile/penale/amministrativo per la tutela dei propri diritti od interessi. Con riguardo all autotutela esercitabile dai privati, possono citarsi, nel diritto penale, le scriminanti della legittima difesa e dello stato di necessità, con le quali l ordinamento consente il compimento di azioni (quali la lesione di beni della vita di altri soggetti) che di regola sono sottratte alla disponibilità dei privati cittadini e ricondotte all esclusiva competenza del giudice che, accertato il diritto, ordinerà se del caso le conseguenti misure di coazione. Anche nel diritto civile, esempi di autotutela si pongono quali eccezioni all intervento del giudice: si pensi, ad esempio, alla fattispecie della ritenzione od anche all incameramento della caparra. Nell uno e nell altro caso, il soggetto titolare del diritto leso dal mancato pagamento della prestazione d opera o dalla mancata 2

3 esecuzione del contratto -, potrà soddisfarsi da sé, senza il necessario preventivo intervento del giudice. Le considerazioni che precedono non valgono quando dalle ipotesi di autotutela privata si passa alla autotutela amministrativa, quella cioè esercitata da un soggetto dotato di potestà pubblica. Infatti, l attività della pubblica amministrazione manifestazione di uno dei poteri dello Stato (quello esecutivo) soggiace a regole sia di natura costituzionale che ordinaria. A norma dell articolo 97, primo comma della Cost., la pubblica amministrazione deve agire nel rispetto del principio di legalità, ovvero secondo imparzialità e buon andamento; ai sensi dell articolo 1, primo comma, della legge n 241 del 1990 legge generale sul procedimento amministrativo essa deve inoltre conformarsi a criteri di economicità, efficacia, pubblicità e trasparenza oltre che ai principi dell ordinamento comunitario. L autotutela amministrativa, pertanto, nella sua forma decisoria, assume una portata generale, a differenza di quella privata, proprio sulla base della considerazione del fatto che essa, quale manifestazione di attività amministrativa attiva di II grado, è deputata al soddisfacimento dell interesse pubblico. 3

4 Per meglio dire, l autotutela amministrativa decisoria sia sotto la forma dell annullamento d ufficio del provvedimento illegittimo che della revoca del provvedimento inopportuno è uno strumento proprio dell attività amministrativa con il quale si interviene al fine di correggere la portata dell azione amministrativa fino a quel momento posta in essere, onde consentirle il migliore perseguimento dell interesse pubblico, così come declinato dal principio di legalità (inteso in senso ampio). Pertanto, a differenza dei privati che perseguono interessi propri, la pubblica amministrazione esercita potestà pubbliche che devono poter essere rivalutate, dallo stesso soggetto detentore del potere, in via generale e senza il preventivo intervento del giudice, salva la possibilità di un sindacato giurisdizionale anche sul corretto esercizio del potere di autotutela. Sposando autorevole dottrina (Quaranta) che ha esaminato l istituto, l'autotutela può essere definita anche come "la capacità riconosciuta dall'ordinamento all'amministrazione di riesaminare criticamente la propria attività, in vista dell'esigenza di assicurare il più efficace perseguimento dell'interesse pubblico, ed eventualmente correggerla mediante l'annullamento o la revoca di atti ritenuti illegittimi. 4

5 Lo stesso autore chiarisce che il suo fine è quello di realizzare l'interesse pubblico e non di garantire al cittadino un ulteriore mezzo di difesa oltre a quelli assicurati dal sistema di tutela amministrativa. 1.1 Accanto alla nozione di autotutela decisoria, che si attua attraverso l emanazione di una decisione amministrativa con cui la pubblica amministrazione riesamina, annulla, rettifica (o anche solo sospende) provvedimenti da essa stessa adottati, esiste anche un altra forma di autotutela, definita esecutiva. Essa si sostanzia nel complesso di attività volte a porre in esecuzione ed attuare le decisioni già adottate dall amministrazione. Si cita, ad esempio, l ordine di rilascio ai sensi dell art. 823, comma 2, cod. civ., quale provvedimento di autotutela esecutiva che l amministrazione è tenuta ad adottare per rientrare in possesso di un bene demaniale abusivamente detenuto da un privato. In tale ipotesi la pubblica amministrazione pone in esecuzione, senza ed anzi in alternativa all intervento del giudice dell esecuzione, una propria decisione a cui non si è adempiuto spontaneamente. L'autotutela esecutiva, a differenza di quella decisoria che, come già detto, ha una portata generale, ora codificata negli articoli 21-5

6 quinquies e 21-nonies della legge n 241 del 1990, deve invece essere attribuita alla pubblica amministrazione da una disposizione di legge specifica, che le consente di poter agire in via immediata e diretta per attuare i propri provvedimenti. Tale è infatti la previsione dell articolo 21-ter della citata legge sul procedimento amministrativo, così come novellata dalla legge n 15 del 2005, che prevede che nei casi e con le modalità stabiliti dalla legge, le pubbliche amministrazioni possono imporre coattivamente l'adempimento degli obblighi nei loro confronti. Secondo la dottrina (CERULLI IRELLI), tale previsione normativa sancisce che l esecutorietà del provvedimento amministrativo è ricondotta anch essa sotto il principio di legalità. 1.2 Come detto, invece, l autotutela decisoria si fonda sull'art. 97 della Costituzione ed - in teoria - non avrebbe avuto bisogno di una disposizione legislativa ad hoc per essere legittimamente esercitata dalla pubblica amministrazione. Fino alla novella del 2005, in mancanza di una disciplina positiva generale che concernesse l applicazione dell istituto dell autotutela decisoria, occorre guardare al contributo che la giurisprudenza amministrativa ha dato sull argomento. 6

7 In particolare, l'annullamento d'ufficio del provvedimento viziato ora disciplinato dall articolo 21-nonies della legge n 241 del , rappresenta una delle più tipiche espressioni del potere di autotutela, tradizionalmente considerato insito nella medesima potestà autoritativa che ha legittimato l'adozione dell'atto da rimuovere, ed è stato da sempre ritenuto valido, anche quando non era previsto dal diritto positivo, in quanto finalizzato alla eliminazione di un atto illegittimo ed alla contestuale soddisfazione di un interesse pubblico, preminente su quello privato alla conservazione del provvedimento. Sull argomento la giurisprudenza amministrativa (leggasi la recente sentenza TAR Puglia - Bari, Sez. I, 15 maggio 2008 n. 1157) ha costantemente operato una definizione dei limiti, presupposti e delle condizioni di legittimità dell'annullamento d'ufficio, giungendo alla conclusione che esso innanzitutto non può fondarsi sulla mera esigenza di ripristino della legalità, ma deve dare conto, nella motivazione, della sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla rimozione dell'atto. L'esercizio dell autotutela da parte dell'amministrazione incontra un limite insuperabile poi - nell'esigenza di salvaguardare le situazioni di soggetti privati che, confidando nella legittimità dell'atto rimosso, 7

8 hanno acquisito, in forza dello stesso, posizioni di vantaggio consolidate; infine, il decorso di un lasso temporale di diversi anni dall'adozione dell'atto rimosso, senza che l'amministrazione abbia apprezzato l'esistenza di un interesse pubblico attuale alla sua eliminazione, determina l'illegittimità dell'annullamento d'ufficio. I suddetti principi di matrice giurisprudenziale, sono stati, da ultimo, tradotti nella novella del Il potere di annullare, revocare, convalidare e sospendere gli atti amministrativi è disciplinato ora - dagli articoli 21 quater, quinquies e nonies della legge 241. In particolare, sia l annullamento che la revoca costituiscono entrambi esercizio di autotutela, ossia di quel potere generale ed immanente riconosciuto all Amministrazione di tornare sui propri passi, e, quindi, di modificare la propria azione, avvalendosi di quello che è stato qualificato come una sorta di jus poenitendi di natura pubblica. Peraltro, mentre l annullamento guarda al passato, nel senso che costituisce un rimedio volto alla rimozione di un errore commesso nell esercizio della funzione di primo grado e quindi opera in una logica essenzialmente correttiva dell azione pubblica, la revoca 8

9 assume una funzione più propriamente adeguatrice, intesa in termini di attualizzazione delle modalità di perseguimento dell interesse pubblico specifico, di cui occorre seguire la costante dinamica evolutiva. In altri termini, l annullamento presuppone innanzitutto un provvedimento illegittimo, annullabile in sede giurisdizionale secondo i canoni classici dei vizi di violazione di legge, eccesso di potere od incompetenza. L articolo 21-nonies della legge 241 del 1990 finalmente codifica la possibilità per la pubblica amministrazione, sussistendone i presupposti di opportunità amministrativa, di provvedere autonomamente alla rimozione dell atto viziato. In effetti, già la giurisprudenza amministrativa aveva posto in rilievo la caratteristica di piena discrezionalità amministrativa che sovrintende questa forma dell esercizio dell autotutela (sub specie dell annullamento d ufficio), affermando che dovesse sussistere nella parte motiva del provvedimento amministrativo di II grado sia la valutazione delle ragioni di interesse pubblico, in ordine alla rimozione dell atto illegittimo dal mondo giuridico - che non può consistere nella mera esigenza di ripristino della legalità ma deve poggiare sulla sussistenza di ragioni concrete ed attuali alla 9

10 rimozione dell'atto -; sia la ponderazione delle situazioni di vantaggio scaturite da un legittimo affidamento - che i soggetti privati, (siano essi destinatari che controinteressati), abbiano acquisito confidando nella legittimità dell'atto da rimuovere in relazione al tempo trascorso. Tutte valutazioni tipicamente discrezionali che, peraltro, debbono essere esplicitate nel provvedimento di II grado dell amministrazione, onde consentirle di resistere all eventuare impugnativa del provvedimento di autotutela dinnanzi al giudice amministrativo (vedi chiaramente la citata sentenza del Tar Puglia Bari). I principi di natura giurisprudenziale sono ora contenuti nel I comma dell articolo 21-nonies della legge n 241 del 1990, nelle locuzioni sussistendone le ragioni di pubblico interesse ed entro un termine ragionevole e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati. La norma in analisi, poi, al II comma, prevede un altra manifestazione dell autotutela, nella forma conservativa della convalida dell atto illegittimo. Questa può essere esercitata dalla pubblica amministrazione in presenza di due condizioni: 10

11 sussistendo ragioni di pubblico interesse ; entro un termine ragionevole. Al riguardo appare interessante qualche cenno all articolo 21-octies, II comma della legge n 241 del 1990 che dispone la non annullabilità dell atto viziato, in casi di violazione di norme sulla forma o sul procedimento qualora, per la natura vincolata del provvedimento, lo stesso non avrebbe potuto essere diverso, anche in mancanza di quel vizio. Questa norma stabilisce ex lege la conservazione del provvedimento illegittimo con una ponderazione degli interessi, frutto di una lettura sostanzialistica del principio del buon andamento della pubblica amministrazione (articolo 97 della Costituzione) tendente a considerare come detto dalla giurisprudenza amministrativa lo scopo generale dell azione amministrativa complessivamente considerata, costituito dall adozione di una decisione il cui contenuto dispositivo sia sostanzialmente conforme al paradigma normativo. (T.A.R. Campania Napoli, sez. IV, n 9983 del 2006). Altra manifestazione del potere di autotutela si rinviene nell art. 21- quinques della l. n. 241/90, che ha risolto il problema del fondamento del potere di revoca degli atti amministrativi. 11

12 Questa norma ha accolto una nozione ampia di revoca, prevedendo tre presupposti alternativi, che legittimano l esercizio di questa forma di autotutela: sopravvenuti motivi di pubblico interesse; mutamento della situazione di fatto; nuova valutazione dell interesse pubblico originario. La revoca di provvedimenti amministrativi si pone, a differenza dell annullamento d ufficio, come uno strumento non già ripristinatorio di una patologia del primo provvedimento amministrativo, bensì come l espressione più tipica della discrezionalità amministrativa. Essa è ammessa dall ordinamento anche all esito di una nuova valutazione dell interesse pubblico originario, in assenza di sostanziali modificazioni fattuali ma in presenza del mero esercizio dello jus poenitendi di cui dispone la pubblica amministrazione e che, ovviamente, andrà adeguatamente motivato, al fine di resistere a censure di legittimità in sede di eventuale ricorso avverso il provvedimento di II grado. Peraltro, in un ottica sempre più dettata dalle necessità di tutela economica dei soggetti privati che abbiano rapporti con la pubblica amministrazione, è stato codificato il principio per il quale 12

13 l amministrazione è tenuta a corrispondere un indennizzo, quale conseguenza dell atto lecito dannoso che potrebbe sostanziarsi all esito di un atto di revoca. In altri termini viene ricostruita, in capo alla P.A., una responsabilità precontrattuale ai sensi dell articolo 1337 del codice civile, anche se ci si trova dinnanzi all esplicazione di un attività comunque autoritativa quale, ad esempio, può essere la procedura di evidenza pubblica di conferimento di lavori o servizi. Con il comma 1-bis, inserito da una ulteriore novella alla legge n 241 del 1990, è stato disciplinato l indennizzo scaturente dall esercizio della revoca amministrativa, così come già tratteggiato dalla giurisprudenza amministrativa. Così T.A.R. Campania-Napoli (sentenza n 1794/2006): ( ) nel caso della responsabilità precontrattuale, il risarcimento non può essere riconosciuto al di là del c.d. interesse negativo, che comprende le spese inutilmente sostenute in previsione della conclusione del contratto e le perdite sofferte per non aver usufruito di ulteriori occasioni contrattuali, non trovando per contro spazio la differente posta di pregiudizio costituita dal mancato utile relativo alla specifica gara d appalto oggetto del successivo intervento di revoca ( ). 13

14 Ora esso è limitato normativamente al danno emergente subito e deve inoltre tenere conto dell attività colposa direttamente imputabile ai contraenti o agli altri soggetti sotto un duplice profilo: l eventuale conoscenza o conoscibilità della contrarietà dell atto amministrativo oggetto di revoca all interesse pubblico, nonché l eventuale concorso (colposo) circa l erronea valutazione della compatibilità dell atto revocato con l interesse pubblico. Di talchè si mutua la previsione contenuta nell articolo 1227 del codice civile, in materie di inadempimento delle obbligazioni, al fine di poter determinare la misura indennitaria spettante al privato/contraente, che vede revocato un atto amministrativo che incida su rapporti negoziali che egli intrattiene con la pubblica amministrazione. Le due manifestazioni del potere di autotutela dianzi esaminate annullamento d ufficio e revoca differiscono, come visto, sotto il profilo dei loro obiettivi l uno tendente alla rimozione di atti illegittimi e l altro invece utilizzato per motivi di opportunità -; peraltro entrambi sono espressione di discrezionalità amministrativa in quanto si pongono quale esercizio di attività amministrativa di II grado, caratterizzata anch essa, come quella di I grado, da una valutazione che l Amministrazione compie della compatibilità con 14

15 l interesse pubblico concreto ed attuale alla rimozione del provvedimento amministrativo di I grado. Ma come si pone l istituto dell autotutela nello specifico settore del diritto tributario? 2 Secondo autorevole dottrina (Mattarella) essa è una forma di autotutela amministrativa decisoria. Occorre subito sottolineare come l azione dell amministrazione finanziaria ha natura essenzialmente vincolata, non già connotata da discrezionalità amministrativa. Ciò è desumibile dalla riserva di legge - relativa - prevista dall art. 23 Cost. cui soggiace la materia tributaria, dalla natura strumentale delle stesse e dall essere queste a fattispecie esclusiva, nel senso che il potere impositivo è delineato in modo compiuto nelle norme di livello primario che ne definiscono contenuti e limiti, mentre l attività integrativa, affidata alle norme regolamentari, è consentita ed è legittima nei ristretti limiti in cui il legislatore l abbia in concreto prevista. L Amministrazione deve infatti attenersi alle norme di legge, sia sostanziali che formali; non ha margini di ponderazione degli interessi in conflitto; deve verificare la realizzazione del presupposto 15

16 ed applicare ad esso le norme, non restando spazio per privilegiare o sacrificare alcuno tra gli interessi in conflitto. Come si pone, in un ambito dell attività amministrativa come quella tributaria, caratterizzata in misura preponderante dall esercizio di attività vincolata o, al più, di discrezionalità tecnica, l istituto dell autotutela? Ed in particolare, a fronte di una istanza del cittadino/contribuente (c.d. autotutela stimolata), esiste un obbligo di risposta da parte dell Amministrazione finanziaria? Come già analizzato, nel diritto amministrativo si tende a considerare l autotutela quale esercizio di una potestà amministrativa di II grado avente una intrinseca discrezionalità amministrativa, con la conseguenza che, in linea di principio, non vi è un obbligo dell Amministrazione all esercizio di tale ius poenitendi. Né, d altra parte, l autotutela è uno strumento nelle mani del privatocittadino posto al fine di garantirgli forme di tutela ulteriori a quelle già previste dall ordinamento. Come sancito dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato (decisione sez. IV, n 3909 del 2005), rispetto all esercizio del potere di autotutela amministrativa non sussiste una posizione di interesse 16

17 legittimo, ma di mero fatto, attesa la mancanza di un obbligo dell Amministrazione di attivarsi in via di autotutela. Ne consegue che, come affermato dalla giurisprudenza sopra citata, non può attivarsi neppure il ricorso avverso il silenzio inadempimento dell Amministrazione, di cui all articolo 21-bis della legge TAR, per riaprire termini decadenziali afferenti provvedimenti ormai divenuti definitivi, a fronte dei quali l istanza di autotutela del privato, come detto, si pone come mero stimolo all Amministrazione procedente, non coercibile in via giurisdizionale. Unica eccezione è quella prevista dall articolo 243-bis del d lgs. n 163 del 2006 (codice degli appalti) che ha codificato un ipotesi di autotutela stimolata che, in caso di inerzia della stazione appaltante, qualifica il silenzio come rigetto dell autotutela. In questo caso il silenzio può essere foriero di conseguenze negative per l Amministrazione che non ha risposto (e tempestivamente) all istanza dell impresa. Tale norma, in quanto prevista in uno specifico settore del diritto amministrativo, caratterizzato da speditezza e celerità, è speciale rispetto al generale principio che vede una mancanza di doverosità dell Amministrazione nel provvedere sulle istanze di autotutela. 17

18 2.1 Ma torniamo alla questione se nel diritto tributario si possa configurare un diritto del contribuente con contestuale dovere dell Amministrazione finanziaria di intervenire in autotutela. Innanzitutto occorre inquadrare giuridicamente la situazione soggettiva del contribuente rispetto all attività dell Amministrazione finanziaria. Nel caso dell attività impositiva vi è, da parte del soggetto pubblico, un mero potere di interpretazione di norme legislative e regolamentari connesse ad una determinata situazione di fatto. Possiamo parlare di attività vincolata o, al più, di attività connotata da una discrezionalità tecnica. Autorevole dottrina (LUPI) è arrivata ad affermare l esistenza, in capo al contribuente, di un diritto soggettivo a non pagare più di quanto sia dovuto in base alla corretta interpretazione della legge e della valutazione dei fatti. Ciò, sempre secondo lo stesso autore, ha delle conseguenze proprio riguardo l indagine sull istituto dell autotutela in quanto se l interesse pubblico posto a salvaguardia dell autotutela amministrativa è rappresentato dall articolo 97 Costituzione, in campo tributario l istituto è posto a 18

19 tutela di un ulteriore principio costituzionale, rappresentato dal principio di capacità contributiva (Lupi). Vi è pertanto parte della dottrina che, argomentando alla luce del principio dell indisponibilità del tributo e della natura vincolata della funzione impositiva, nega all autotutela in materia tributaria le caratteristiche proprie dell autotutela amministrativa, ovvero il carattere meramente discrezionale del suo esercizio, con conseguenze in tema di impugnabilità del silenzio serbato dall Amministrazione. A ben vedere vi è un ulteriore valutazione che farebbe propendere per la diversità fra i due istituti: gli atti tributari, a differenza di quelli amministrativi, incidono di norma negativamente nella sfera giuridica del contribuente e, pertanto, non sono configurabili situazioni di controinteresse all annullamento del provvedimento. Parte della dottrina (Carugno e Gianandrea) afferma che in mancanza di un interesse pubblico diverso da quello ad un imposizione conforme a legge, ( ), in presenza di un attività impositiva totalmente vincolata e soggetta al principio di capacità contributiva, l esercizio del potere di autotutela deve obbligatoriamente concludersi, dopo la constatazione dell illegittimità del provvedimento impositivo, con il suo annullamento. 19

20 Distinzione tecnica fra le due autotutele è quella messa in luce da altra dottrina (D Agostino) secondo cui in campo tributario, l autotutela si configura essenzialmente come annullamento poiché gli avvisi di accertamento sono atti vincolati e non discrezionali, sui quali non è possibile esprimere valutazioni sul merito. La revoca è ammessa, pertanto, solo per gli atti che riguardano agevolazioni, autorizzazioni e altri atti che non comportino una ridefinizione della posizione fiscale del contribuente. Guardiamo ora al diritto positivo. L articolo 68 del D.P.R. n 287 del 1992 (regolamento degli uffici del personale dell Amministrazione Finanziaria), nel sancire l estensione al diritto tributario dell istituto dell autotutela, ha previsto, al primo comma, che salvo che sia intervenuto giudicato, gli uffici dell'amministrazione finanziaria possono procedere all'annullamento, totale o parziale, dei propri atti riconosciuti illegittimi o infondati con provvedimento motivato comunicato al destinatario dell'atto. Al comma tre ha aggiunto che l organizzazione degli uffici finanziari deve tendere alla massima trasparenza dell azione amministrativa. In linea con tale previsione, nonché con riferimento alle norme di rango costituzionale che disciplinano l attività dell Amministrazione 20

21 Finanziaria articoli 23, 53 e 97 - si colloca l articolo 2-quater della legge n 656 del 1994 che prevede che presupposto per l esercizio dell autotutela in materia tributaria è l esistenza di atti riconosciuti illegittimi o infondati. Con decreti del Ministro delle finanze sono indicati gli organi dell'amministrazione finanziaria competenti per l'esercizio del potere di annullamento d'ufficio o di revoca, anche in pendenza di giudizio o in caso di non impugnabilità, degli atti illegittimi o infondati. Con gli stessi decreti sono definiti i criteri di economicità sulla base dei quali si inizia o si abbandona l'attività dell'amministrazione. Con il Decreto Ministeriale n 37 del 1997 sono stati fissati gli strumenti normativi in materia di autotutela a cui l Amministrazione Finanziaria deve fare riferimento. In particolare, l articolo 2 del citato decreto, nell elencare in via non esaustiva, le principali patologie dell atto dell Amministrazione finanziaria, mostra che trattasi di casi il cui principio ispiratore è quello dell esercizio dell autotutela per evidente non debenza del tributo. Ed invero si citano: l errore di persona, l evidente errore logico o di calcolo, l errore sul presupposto di imposta, la doppia imposizione, la mancata considerazione di pagamenti regolarmente eseguiti, la 21

22 mancanza di documentazione successivamente sanata (non oltre i termini di decadenza), la sussistenza di requisiti per fruire di deduzioni/detrazioni nonché l errore materiale del contribuente facilmente riconoscibile dall Amministrazione. Il successivo articolo 3 stabilisce dei criteri di priorità nell attività di annullamento o di rinuncia all imposizione: gli uffici finanziari debbono dare priorità alle fattispecie di rilevante interesse generale e, fra queste ultime, a quelle per le quali sia in atto o vi sia il rischio di un vasto contenzioso. L unico limite all esercizio dell autotutela in materia finanziaria è previsto dal comma 2 dell articolo 2 del decreto ministeriale e consiste nella presenza di un giudicato sostanziale favorevole all Amministrazione finanziaria. Le posizioni della dottrina sul tema della doverosità dell esercizio dell autotutela nel diritto tributario sono contrapposte. Una parte (Tesauro) ha sostenuto che l autotutela in campo tributario, proprio per la natura vincolata insita nell esercizio della funzione impositiva, si pone come attività non discrezionale, laddove l annullamento d ufficio si giustifica con la sola illegittimità del provvedimento tributario posto che, diversamente argomentando, si rischierebbe di violare il principio costituzionale che prevede un 22

23 concorso alle spese pubbliche secondo la propria capacità contributiva. A tale riguardo altra dottrina (Patrizi Marini - Patrizi) ricorda che vi è una norma, nell ambito dell autotutela tributaria, che prevede, in caso di grave inerzia dell ufficio che ha emanato l atto, l intervento dell ufficio gerarchicamente sovraordinato (Direzione Regionale dell Agenzia delle Entrate, delle Dogane o del Territorio). Tale previsione, commenta la citata dottrina, rende evidente che l esercizio tempestivo e corretto dell autotutela viene considerata dall amministrazione non certo una specie di optional che si può attuare o non attuare a propria discrezione, ma come una componente del corretto comportamento dei dirigenti degli uffici e, quindi, anche come un elemento di valutazione della loro attività dal punto di vista disciplinare e professionale. Anche ulteriore dottrina (Antico Carriolo Fusconi Tucci Zappi) rileva che la previsione normativa della grave inerzia e la legittimazione dell intervento, in via sostitutiva, dell organo gerarchicamente sovraordinato (a prescindere dalla connotazione che deve avere in concreto la gravità dell inerzia), sembrerebbe confliggere con il principio generale secondo cui, nella materia di 23

24 autotutela (amministrativa), non esiste un obbligo dell amministrazione di avviare il procedimento di riesame. Norma che confermerebbe la doverosità dell esercizio dell autotutela in questo specifico settore è quella prevista dall articolo 13, comma 6) dello Statuto del Contribuente legge n 212 del 2000 che, fra i compiti spettanti al Garante del contribuente pone quello di attivare, anche sulla base di segnalazioni inoltrate per iscritto dal contribuente o da qualsiasi altro soggetto interessato, le procedure di autotutela nei confronti di atti amministrativi di accertamento o di riscossione notificati al contribuente. Di diverso avviso è la dottrina prevalente nonché la giurisprudenza, secondo la quale, anche nello specifico settore del diritto tributario come nel diritto amministrativo, l esercizio dell autotutela è affidato alla valutazione di interessi che presuppongono un certo margine di discrezionalità amministrativa. L esercizio dell autotutela da parte dell Amministrazione finanziaria è basata, in una accezione sostanzialistica ed economicistica dell articolo 97 della Costituzione, sulla ponderazione tra l interesse al ripristino della legalità e quello alla certezza e stabilità dei rapporti esauriti per intervenuta definitività. 24

25 Proprio la natura dell autotutela, quale strumento posto a tutela dell amministrazione nei confronti del proprio agire e non quale mezzo di tutela del privato ulteriore rispetto ai rimedi giurisdizionali, fa propendere per la discrezionalità del suo esercizio, seppure in un ambito come quello tributario caratterizzato dalla vincolatività dell agire dell Amministrazione finanziaria; ed infatti l esercizio dell autotutela presuppone sempre anche in campo tributario - una nuova valutazione dei concreti interessi coinvolti. Si consideri l ipotesi dell annullamento in autotutela di un rilevante contenzioso: esso si fonda non tanto sul mero ripristino della legalità quanto sul perseguimento di una gestione oculata delle risorse umane connessa con il contenzioso in essere a fronte di una valutazione prognostica sfavorevole dello stesso anche in punto spese -, non mancando di valutare altresì i riflessi sull opinione pubblica di una macchina finanziaria non ottusa ma anzi tesa alla massima trasparenza ed obiettività. Queste valutazioni, secondo la dottrina dominante, esulano dall assioma che pretende l esercizio dell autotutela sulla base del mero ripristino della legalità (anche se, nel settore tributario, vige il principio del corretto apporto di ogni contribuente alle finanze pubbliche nazionali/comunitarie). 25

26 2.2 In linea generale il cittadino, a fronte del silenzio amministrativo, scaduto il termine di legge per provvedere, può ricorrere senza alcuna ulteriore diffida al giudice amministrativo, secondo il rito previsto dall articolo 21-bis della legge T.A.R. Ciò che si ottiene è una pronuncia che accerti la legittimità o meno dell inerzia dell Amministrazione, senza di norma entrare nel merito della fondatezza della domanda del bene della vita che è a monte del silenzio-inadempimento. Ma cosa succede in presenza di un attività vincolata? Già la norma dispone che il T.A.R., nel medesimo giudizio avverso il silenzio, può conoscere anche della fondatezza della domanda. Ed in campo tributario dove, come si è visto, l attività è vincolata ed i margini di discrezionalità sono riconducibili ad una discrezionalità tecnica, può il giudice, a fronte di un ricorso avverso un silenzio in materia di autotutela, valutare anche la pretesa tributaria sottostante? Quale tutela ha infine il contribuente nei confronti di un silenzio in materia di esercizio dell autotutela in presenza di atti definitivi, posto che nell autotutela amministrativa la giurisprudenza ha negato l esistenza di qualsiasi posizione tutelabile? 26

27 Al riguardo occorre fare cenno preliminarmente alla giurisdizione tributaria. Come noto, l articolo 12, comma 2, della legge n 448 del 2001 ha stabilito che, a partire dal 2002, appartengono alla giurisdizione tributaria tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie. Sulla base di tale previsione normativa la giurisdizione tributaria è divenuta una giurisdizione a carattere generale, comprendente ogni controversia che abbia ad oggetto uno specifico rapporto tributario o le sanzioni inflitte da uffici tributari. In forza di tale clausola generale, tutto il contenzioso tributario è affidato alla cognizione delle Commissioni tributarie. Quanto alla materia concernente l istituto dell autotutela, già con le sentenze delle SS.UU. nn 16778/2005 e 7388/2007 essa è stata ricompresa nella giurisdizione tributaria. Ma con quali limiti? Se appare ormai consolidato il principio della devoluzione al giudice tributario delle questioni concernenti l autotutela, in tale materia differente è stata la portata del controllo attribuito al giudice tributario. 27

28 Mentre con la sentenza n 7388 del 2007 la Suprema Corte ha ammesso un sindacato esteso anche all atto impositivo presupposto ormai divenuto definitivo, qualora l Amministrazione finanziaria abbia negato l autotutela con motivazioni estese anche al rapporto tributario sottostante, con le recenti sentenze rese a sezioni unite nn 2870 e 9669 del 2009, la Suprema Corte ha sancito come sia precluso ogni sindacato avverso il diniego di autotutela in presenza di un atto divenuto definitivo, cosicché anche al giudice tributario sia inibita la possibilità di entrare nel merito della questione. In particolare si osserva: l atto con cui l Amministrazione finanziaria, negando la sussistenza degli estremi normativi o fattuali, in ragione dei quali l autotutela trova cittadinanza nel nostro ordinamento, neghi il ritiro di un provvedimento impositivo divenuto inoppugnabile, non è suscettibile di indagine giurisdizionale, sia per la discrezionalità propria, in questo caso, dell attività di autotutela, sia perché, diversamente opinando, si darebbe inammissibilmente ingresso ad una controversia sulla legittimità di un atto impositivo ormai definitivo. Peraltro con la seconda pronuncia si è ammessa la possibilità di un sindacato contro il diniego di autotutela di un atto impositivo divenuto definitivo, a condizione che il contribuente si limiti a 28

29 sindacare la legittimità del rifiuto, rimanendo preclusa ogni questione concernente il merito della pretesa. 3 Può concludersi questo breve scritto considerando che le sentenze citate da ultimo nonché la prevalente dottrina hanno sancito che anche l autotutela nel diritto tributario non è un istituto strumentale alla tutela del contribuente ma dell interesse pubblico. Peraltro, vuoi per la natura dell attività vincolata dell Amministrazione finanziaria, vuoi per la posizione giuridica in capo al contribuente, vuoi per la specialità della tutela in sede giurisdizionale che, pur avendo ad oggetto un atto amministrativo investe in realtà il rapporto tributario sottostante, l istituto dell autotutela in materia tributaria si differenzia da quella amministrativa, non tanto nel suo essere attività discrezionale dell Amministrazione, quanto nella ricorribilità in sede giurisdizionale avverso il silenzio. A differenza dell autotutela amministrativa che non prevede alcun obbligo da parte dell Amministrazione e quindi alcun sindacato giurisdizionale, nel settore tributario l Amministrazione finanziaria è onerata di risposta, con la conseguenza che il rifiuto (espresso o tacito) può essere impugnato in sede giurisdizionale, presso la 29

30 Commissione Tributaria competente per territorio, con i limiti sanciti dalla recente giurisprudenza di legittimità e, quindi, soltanto per verificare la legittimità o meno del silenzio serbato dall Amministrazione finanziaria. 30

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