Manovra finanziaria 2006 Disegno di legge Finanziaria Rivalutazione dei beni d impresa e delle aree edificabili (art. 1, commi da 332 a 339)

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1 Circolare informativa n. 8/2005 Alle Società Consorziate Roma, 6 dicembre 2005 Rif.: Oggetto: Manovra finanziaria 2006 Disegno di legge Finanziaria Rivalutazione dei beni d impresa e delle aree edificabili (art. 1, commi da 332 a 339) S O M M A R I O 1. Premessa Rivalutazione dei beni d impresa Aspetti generali Beni rivalutabili e categorie omogenee Effetti della rivalutazione La disciplina del saldo attivo di rivalutazione Affrancamento del saldo attivo di rivalutazione Rivalutazione delle aree edificabili Problematiche connesse all adozione degli IAS La rivalutazione dei terreni su cui insistono i fabbricati La riserva di rivalutazione monetaria e quella iscritta in sede di FTA La non applicabilità della disciplina del cd. riallineamento alle rivalutazioni effettuate in sede di FTA...35

2 1. Premessa Nella riunione del 29 settembre 2005, il Consiglio dei Ministri ha approvato il disegno di legge riguardante disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (cd. legge Finanziaria 2006 ) ed è così iniziato l esame da parte del Senato (atto Senato n. 3613). Successivamente, com è noto, il Governo ha presentato un emendamento (cd. maxiemendamento ), sul quale ha posto la fiducia, interamente sostitutivo degli articoli che componevano l originario disegno di legge (articoli da 1 a 68), già approvato dal Senato. Attualmente la manovra è all esame della Commissione Bilancio della Camera. Nel rinviare ad una successiva Circolare informativa l esame completo delle disposizioni fiscali in esso contenute, non appena sarà terminato l iter parlamentare, in questa sede si ritiene opportuno, considerato l interesse per le Società del Gruppo, effettuare un primo commento dell art. 1, commi da 332 a 339, nei quali è stato trasfuso il testo dell art. 64 dell originario disegno di legge, che introduce nuove disposizioni in materia di rivalutazione dei beni d impresa e delle partecipazioni, estendendo la possibilità di rivalutazione anche alle aree edificabili classificate come beni merce, escluse dalle precedenti leggi di rivalutazione monetaria (vedi il successivo par. 3). Le disposizioni in esame richiamano la disciplina contenuta nella legge 21 novembre 2000, n. 342 (artt. da 10 a 15) e, in quanto compatibili, i regolamenti di attuazione di cui ai DD.MM. 13 aprile 2001, n. 162 e 19 aprile 2002, n. 86 (cfr. ns. Circolari informative nn. 3/2004, 9/2002, 5/2002, 8/2001 e 33/2000). Stante il suddetto richiamo, il provvedimento riguarda la rivalutazione dei 2

3 beni posseduti dalle imprese, sia societarie che individuali( 1 ), risultanti dal bilancio chiuso entro il 31 dicembre Per affinità di materia, si segnala che il D.L. n. 203/2005 (cfr. comma 4 dell art. 11-quaterdecies, introdotto in sede di conversione dalla legge 30 novembre 2005, n. 248) ha previsto la riapertura dei termini, già prorogati dall art. 1, comma 376, della L. n. 311/2004 (Legge finanziaria 2005) per la rideterminazione del valore di acquisto delle partecipazioni non negoziate in mercati regolamentati e dei terreni edificabili e con destinazione agricola posseduti, alla data del 1 gennaio 2005, da persone fisiche, società semplici ed enti non commerciali non esercenti attività di impresa, la cui disciplina era originariamente contenuta negli artt. 5 e 7 della L. n. 448/2001. Il nuovo termine per la redazione della perizia giurata è ora fissato al 30 giugno 2006 e alla medesima data è stato fissato il termine per il pagamento dell imposta sostitutiva (2% per le partecipazioni non qualificate e 4% su quelle qualificate e per i terreni), che può essere rateizzata fino ad un massimo di tre rate annuali di pari importo. 2. Rivalutazione dei beni d impresa 2.1 Aspetti generali Per quanto concerne la rivalutazione dei beni d impresa (diversi dalle aree fabbricabili) e delle partecipazioni, il comma 332 della disposizione in esame estende la possibilità di eseguire la rivalutazione nel bilancio o rendiconto dell esercizio successivo a quello chiuso entro il 31 dicembre 2004, per il quale il termine di approvazione scade successivamente alla data di entrata in vigore della legge finanziaria (1 gennaio 2006), a condizione che i beni 1 La rivalutazione è possibile anche per i beni relativi alle attività commerciali esercitate da enti non commerciali. 3

4 risultino dal bilancio relativo all esercizio chiuso entro il 31 dicembre In sostanza, per i soggetti con l esercizio coincidente con l anno solare, la rivalutazione è eseguita nel bilancio relativo al 2005, a condizione che i beni risultino dal bilancio I tratti salienti di tale disciplina, che ricalca quella degli ultimi provvedimenti in materia di rivalutazione, sono: la volontarietà della rivalutazione ai fini civilistici, nel senso che si tratta di una facoltà che le imprese possono esercitare al fine di adeguare il valore di bilancio a quello effettivamente attribuibile ai beni a seconda della loro destinazione. Tale adeguamento può ritenersi opportuno anche in vista dell adozione degli IAS/IFRS, in modo da eliminare disallineamenti tra valori civilistici e fiscali in sede di prima applicazione dei principi contabili internazionali; l onere di effettuare tale rivalutazione (volontaria) nel bilancio relativo all esercizio successivo a quello in corso al , il cui termine di approvazione scade successivamente alla data di entrata in vigore della legge. Come detto, si tratta nella maggioranza dei casi del bilancio relativo all esercizio che sarà chiuso al ; la rivalutazione deve riguardare i beni materiali e immateriali, con esclusione di quelli alla cui produzione o al cui scambio è diretta l attività dell impresa. In altri termini, non sono rivalutabili i beni costituenti magazzino (per le aree edificabili vedi infra), ma solo quelli strumentali o relativi all impresa (cioè non costituenti né beni strumentali né beni merce ). Sono inoltre rivalutabili le partecipazioni 4

5 in società controllate e in società collegate ai sensi dell art c.c., costituenti immobilizzazioni finanziarie ( 2 ); l onere di operare la rivalutazione per tutti i beni appartenenti ad una medesima categoria omogenea; l obbligo di imputare al capitale o di accantonare ad una speciale riserva, designata con riferimento alla legge, il saldo attivo risultante dalla rivalutazione, con rilevanti vincoli civilistici e fiscali in caso di distribuzione ai soci. È prevista la facoltà di affrancamento di tale riserva mediante versamento di un imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell Irap nella misura del 7%, eliminando lo stato di sospensione d imposta della riserva; il maggior valore attribuito in sede di rivalutazione si considera fiscalmente riconosciuto, sia ai fini delle imposte sui redditi che dell IRAP, a decorrere dal terzo esercizio successivo a quello con riferimento al quale la rivalutazione è stata eseguita. In sostanza, per le società con l esercizio coincidente con l anno solare, gli effetti della rivalutazione decorrono dall esercizio 2008; la corresponsione di un imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell IRAP sui maggiori valori iscritti, nella misura del 12%, se i beni rivalutati sono ammortizzabili, e del 6% in tutti gli altri casi. L imposta sostitutiva deve essere versata in un'unica soluzione entro il termine per il versamento del saldo delle imposte sui redditi relative al periodo con riferimento al quale la rivalutazione è eseguita. In sostanza, per le società con l esercizio coincidente con l anno solare, il pagamento 2 Ai sensi dell art. 11, comma 2, del D.Lgs. n. 38/2005 per le società che adottano i principi contabili internazionali si considerano immobilizzazioni finanziarie le partecipazioni di controllo e collegamento, nonché gli strumenti finanziari detenuti fino a scadenza e quelli disponibili per la vendita. 5

6 dell imposta sostitutiva deve essere effettuato entro il termine per il versamento del saldo Ires 2005, e cioè entro il 20 giugno Rispetto alla rivalutazione eseguita ai sensi della L. n. 342/2000, l attuale disciplina si presenta, da un lato, più favorevole, in quanto sono state ridotte le aliquote dell imposta sostitutiva (12% e 6% anziché 19% e 15%, a seconda che si tratti o meno di beni ammortizzabili) e, dall altro, peggiore, posto che non è più prevista la facoltà di rateizzazione triennale del versamento dell imposta sostitutiva, che deve avvenire obbligatoriamente in un un'unica soluzione; in virtù del richiamo alla rivalutazione dei beni disciplinata dalla L. n. 342/2000, l imposta sostitutiva deve essere computata in diminuzione del saldo attivo di rivalutazione ed è indeducibile. Rinviando ai successivi paragrafi per una più approfondita disamina della disciplina, in questa sede occorre sottolineare che la rivalutazione non risulta conveniente nel caso in cui le prospettive di dismissione dei beni (plusvalenti) siano piuttosto ravvicinate nel tempo e, comunque, anteriori al periodo di imposta dal quale decorrono gli effetti fiscali della rivalutazione (di norma dal 1 gennaio 2008). In tale evenienza, infatti, la plusvalenza continuerebbe ad essere calcolata con riferimento al costo storico e al soggetto che ha eseguito la rivalutazione sarebbe riconosciuto un credito d imposta corrispondente all imposta sostitutiva pagata (vedi par. 2.3.). In sostanza, la rivalutazione si risolverebbe, di fatto, in una anticipazione dell imposta sulla plusvalenza che verrà realizzata in futuro. Considerato che la rivalutazione esplica effetti (differiti) anche ai fini del calcolo delle quote di ammortamento e che è prevista un unica aliquota dell imposta sostitutiva per i beni ammortizzabili (12%), la rivalutazione risulta più conveniente per i beni a più elevato coefficiente di ammortamento 6

7 e che, nel contempo, sono destinati a permanere nell impresa dopo la decorrenza del biennio di differimento degli effetti fiscali. Infatti, assumendo che la disciplina fiscale resti costante nel tempo, l effetto economico della rivalutazione è dato dalla differenza fra il valore attuale del risparmio fiscale derivante dai maggiori ammortamenti sui valori rivalutati (che è funzione del periodo di ammortamento e del tasso di attualizzazione) e l imposta sostitutiva pagata; su tale presupposto, la rivalutazione risulta tanto più conveniente quanto più elevato è il coefficiente di ammortamento, e cioè più breve il periodo entro il quale si realizza il risparmio fiscale derivante dai maggiori ammortamenti computati sui valori rivalutati. La convenienza è inoltre maggiore laddove la rivalutazione consenta di mantenere invariata la durata dell originario piano di ammortamento. Ne consegue che, fra le varie modalità di rivalutazione consentite dalla legge (rivalutazione sia del costo storico sia del fondo di ammortamento, rivalutazione del solo costo storico ovvero riduzione, in tutto o in parte, del fondo di ammortamento, v. par. 2.2.), risulta più conveniente quella cd. a saldi aperti eseguita rivalutando sia il costo storico che il fondo di ammortamento, di modo che il vantaggio connesso alla deduzione delle maggiori quote di ammortamento si concentri nell originario periodo di ammortamento (salvo il differimento degli effetti fiscali) e non decorra per i maggiori valori iscritti un nuovo periodo di ammortamento che si protragga oltre la scadenza di quello originario. Se, come previsto dalla relazione tecnica al provvedimento, la motivazione posta a base della disciplina in esame è quella di evitare che, per le imprese che adottano gli IAS dal 2005, la eventuale rivalutazione derivante dall adozione del fair value non sia riconosciuta ai fini fiscali, il differimento degli effetti fiscali al 2008 non appare pienamente coerente con tale finalità, 7

8 posto che, sia pure in via transitoria, permarrebbe il disallineamento fra il valore contabile e quello fiscale dei beni. In merito alle partecipazioni, occorre rilevare che, alla luce dell introduzione del regime di participation exemption di cui all art. 87 del TUIR, attuata con il D.Lgs. n. 344/2003, la rivalutazione delle partecipazioni che fruiscono di tale regime perde tendenzialmente d interesse, non comportando, di norma, particolari vantaggi fiscali, data l esenzione (ancorché parziale) delle plusvalenze. Infatti, nonostante le note modifiche al regime di participation exemption introdotte in sede di conversione del D.L. n. 203/2005, la pur parziale esenzione (91% nel 2006 e 84% dal 2007) della plusvalenza comporterebbe comunque un onere fiscale contenuto, rispettivamente, nella misura del 2,97% e del 5,28% dell ammontare della plusvalenza (33% sul 9% e, poi, sul 16%), mentre, ipotizzando di rivalutare la partecipazione per un importo pari alla plusvalenza latente, l imposta sostitutiva ammonterebbe al 6%. In sostanza, a parità di condizioni, l imposta sostitutiva dovuta sulla rivalutazione sarebbe comunque superiore all imposta dovuta secondo l ordinario regime di (parziale) esenzione di cui all art. 87 del TUIR, di modo che la rivalutazione non appare economicamente conveniente. Un discorso diverso vale invece per le altre partecipazioni, diverse da quelle rientranti nella participation exemption (purché immobilizzate), per le quali la rivalutazione potrebbe costituire un opportunità ove non fosse prevista la loro dismissione entro il 1 gennaio 2008, ossia prima che se ne sia prodotto il riconoscimento fiscale Beni rivalutabili e categorie omogenee Come accennato, sono rivalutabili i beni, materiali e immateriali, strumentali e quelli relativi all impresa, con esclusione, pertanto, dei beni merce. 8

9 In merito ai beni rivalutabili il D.M. 13 aprile 2001, n. 162 (di seguito il decreto ), espressamente richiamato dal comma 339 dell art.1 del disegno di legge finanziaria 2006, ha chiarito che sono compresi fra i beni rivalutabili sia quelli di costo unitario non superiore ad 516,46 euro (pari a un milione di lire, per i quali è consentita la deduzione integrale nell esercizio in cui il costo è stato sostenuto), sia quelli completamente ammortizzati, posseduti alla fine dell esercizio con riferimento al quale viene eseguita la rivalutazione, a condizione che risultino dal bilancio( 3 ). Relativamente ai beni immateriali completamente ammortizzati, il decreto, seguendo un criterio già indicato nelle norme di attuazione di precedenti leggi di rivalutazione (cfr. D.M. 14 febbraio 1991), ha stabilito che si considerano posseduti se gli stessi siano tuttora tutelati ai sensi delle vigenti disposizioni in materia. Pertanto, non può essere rivalutato l avviamento in quanto, ancorché iscritto fra le immobilizzazioni immateriali, non integra un bene immateriale, cioè un diritto giuridicamente tutelato ed eventualmente cedibile a terzi, ma una qualità dell azienda (cfr. C.M. n. 207/E del 2000). L art. 2 del decreto ha inoltre specificato che la destinazione dei beni indicati nell art. 10 della legge n. 342/2000 (beni materiali e immateriali diversi da quelli alla cui produzione o al cui scambio è diretta l attività dell impresa, nonché le partecipazioni in società controllate e in società collegate ai sensi dell art c.c., costituenti immobilizzazioni) deve risultare anche dal bilancio in cui la rivalutazione è eseguita. Ne deriva che non sono rivalutabili quei beni che avessero cessato di costituire, nel bilancio relativo all esercizio 2005 (per i soggetti con esercizio coincidente con l anno solare), beni strumentali, essendo diventati beni di magazzino, ancorché nel precedente bilancio fossero stati iscritti fra le immobilizzazioni materiali o immateriali, posto che non sono rivalutabili i beni merce (salvo quanto si dirà per le aree 3 Per le considerazioni in merito a tale condizione, cfr. la ns. Circolare n. 33/2000, pagg. 22 e 23. 9

10 fabbricabili). Lo stesso vale per le partecipazioni che avessero cessato di essere considerate immobilizzazioni finanziarie o che non fossero più relative a società controllate o collegate. Sono rivalutabili anche i beni acquisiti per effetto di fusione o scissione. Il decreto di attuazione ha specificato che in tal caso si fa riferimento alla data in cui i beni sono stati acquisiti da parte della società fusa, incorporata o scissa. Al contrario, il decreto non menziona i beni ricevuti a seguito di conferimenti di azienda in regime di neutralità ex art. 4 del D.Lgs. n.358/97 (ora art. 176 del TUIR) ovvero ex D.Lgs. n. 544/92 (ora art. 178), che parimenti dovrebbero essere considerati rivalutabili. Come accennato, la rivalutazione deve riguardare tutti i beni appartenenti ad una medesima categoria omogenea e deve essere annotata nell inventario, oltre che nella nota integrativa. In particolare, le disposizioni di attuazione contenute nel decreto suddividono ulteriormente quelle che, secondo l art. 11 della legge n. 342/2000, avrebbero dovuto costituire due distinte categorie omogenee, ossia gli immobili e i mobili iscritti in pubblici registri. Tale suddivisione consente di rendere più flessibile la disciplina della rivalutazione, e quindi di comprendere taluni beni e di escluderne altri, rendendola maggiormente appetibile. In particolare, ai fini della classificazione in categorie omogenee, gli immobili devono essere distinti in: aree fabbricabili aventi la stessa destinazione urbanistica (ora oggetto di specifica disposizione, vedi infra); aree non fabbricabili; 10

11 fabbricati non strumentali; fabbricati strumentali per destinazione ai sensi dell art. 43 (già art. 40), comma 2, primo periodo, del TUIR.; fabbricati strumentali per natura ai sensi dell art. 43 (già art. 40), comma 2, secondo periodo, del TUIR, ossia i fabbricati relativi all impresa che per le loro caratteristiche non sono suscettibili di diversa destinazione senza radicali trasformazioni, anche se non utilizzati, o anche se dati in locazione. Si tratta di fabbricati, appartenenti alle categorie A/10, B, C, D ed E, che pur non essendo strumentali per l impresa, in quanto non utilizzati direttamente, tuttavia non costituiscono beni merce( 4 ). L Agenzia delle Entrate ha chiarito che gli immobili strumentali per natura, ma utilizzati come sede dell impresa, e quindi strumentali anche per destinazione, devono essere compresi nella categoria degli immobili strumentali per destinazione (cfr. Circolare n. 57/E del 18 giugno 2001). Si deve ritenere che l individuazione della categoria di appartenenza vada fatta con riferimento agli elementi esistenti al termine dell esercizio in cui viene eseguita la rivalutazione. Ne deriva che, nel caso di fabbricati strumentali per destinazione, risultanti dal bilancio chiuso al 31 dicembre 2004, per i quali nel corso del 2005 sia cambiata la destinazione, divenendo, ad esempio strumentali per natura, si debba tenere conto della nuova classificazione ai fini della suddivisione in categorie omogenee. In merito ai beni mobili iscritti in pubblici registri, il decreto stabilisce che, ai fini della suddivisione in categorie omogenee, essi si distinguono in: 4 Cfr. istruzioni alla dichiarazione dei redditi per l anno I fabbricati classificabili nella categoria A/10 (uffici e studi privati) si considerano strumentali per natura a condizione che la destinazione ad uso ufficio o studio sia prevista nella licenza o concessione edilizia, anche in sanatoria. 11

12 aeromobili; veicoli; navi e imbarcazioni iscritte nel registro internazionale; navi e imbarcazioni non iscritte nel registro internazionale. Per quanto riguarda gli altri beni materiali, diversi dagli immobili e dai beni mobili iscritti in pubblici registri, il decreto ha ribadito il principio, già fissato in occasione della precedente legge di rivalutazione n. 408/90, che devono essere raggruppati in categorie omogenee per anno di acquisizione e coefficiente di ammortamento, in conformità ai criteri indicati dall art. 16, comma 3, del DPR n. 600/73 per la tenuta del registro dei beni ammortizzabili. Come precisato dal decreto, tale criterio deve essere utilizzato anche per gli impianti e i macchinari infissi al suolo, per quali non è possibile far ricorso alla suddivisione in categorie omogenee prevista per gli immobili. Si ricorda che il decreto consente di escludere dalla relativa categoria omogenea, e quindi dalla rivalutazione, i beni a deducibilità limitata di cui agli articoli 121-bis (ora art. 164) e 67, comma 10, (ora art. 102, comma 9) del TUIR. Si tratta dei mezzi di trasporto a motore e dei telefoni cellulari (servizio radiomobile terrestre) per i quali la inclusione nelle rispettive categorie omogenee di appartenenza avrebbe comportato, qualora si fosse rivalutata l intera categoria, la corresponsione dell imposta sostitutiva senza che a fronte vi fosse la possibilità di dedurre i maggiori ammortamenti corrispondenti alla rivalutazione di tali beni a deducibilità limitata. La facoltà di esclusione può essere esercitata anche per i beni ad uso promiscuo da parte degli imprenditori individuali o degli enti non commerciali. Relativamente ai beni immateriali, come per il passato il decreto stabilisce che la rivalutazione può essere effettuata distintamente per ciascuno di essi. 12

13 Ciascun bene immateriale costituisce quindi una categoria omogenea a sé stante. L art. 4 del decreto stabilisce inoltre il principio che la rivalutazione dei beni facenti parte di ciascuna categoria omogenea deve essere eseguita in base ad unico criterio valevole per tutti i beni ad essa appartenenti. Si tratta di un principio già affermato in precedenti provvedimenti di rivalutazione. L unicità del criterio sta a significare che se l impresa, nell effettuare la rivalutazione, decide di attestarsi su valori inferiori ai valori di mercato, ad esempio pari al 90% di questo, deve utilizzare tale criterio per tutti i beni appartenenti alla medesima categoria omogenea; allo stesso modo, se decide di fare ricorso ai valori di utilizzazione dei beni, anziché a quelli di mercato, tale criterio deve essere applicato a tutti i beni costituenti la categoria, fermo restando che il criterio del valore di mercato potrà essere utilizzato per la rivalutazione dei beni appartenenti ad altre categorie omogenee. Il principio dell unicità del criterio non implica che tutti i beni appartenenti alla medesima categoria subiscano uno stesso incremento, in quanto se alcuni di essi già risultano iscritti ad un valore economico coincidente con quello prescelto, la rivalutazione dovrà essere operata solo sui rimanenti beni, ciascuno in relazione alla differenza esistente fra il valore di iscrizione in bilancio e quello economico prescelto. In merito alle modalità con le quali deve essere eseguita la rivalutazione, il decreto lascia ampia libertà di scelta sulle tecniche contabili utilizzabili dalle imprese. In particolare, l art. 5 del decreto, con riferimento ai beni ammortizzabili, materiali e immateriali, stabilisce che la rivalutazione può essere eseguita: 13

14 a) rivalutando sia i costi storici sia i fondi ammortamento, in misura tale da mantenere invariata la durata del processo di ammortamento e la misura dei coefficienti; b) incrementando solo i costi storici; c) riducendo, in tutto o in parte, i fondi di ammortamento. Si tratta di differenti tecniche contabili che implicano diverse conseguenze fiscali. Infatti, mentre i metodi a) e b) consentono, seppur in misura diversa, di dedurre maggiori quote di ammortamento, nonché di usufruire di un maggior plafond sul quale calcolare le spese di manutenzione deducibili ai sensi dell art. 102, comma 6, del TUIR, il metodo c) non implica tale conseguenza, in quanto, anche nel caso in cui la riduzione del fondo di ammortamento fosse effettuata al fine di eliminare gli effetti degli ammortamenti operati in applicazione di norme tributarie, non si avrebbe la deduzione di una maggiore quota d ammortamento, ma la possibilità di dedurre le stesse quote già dedotte in precedenza; risulterebbe inoltre inalterato il plafond per la deduzione delle spese di manutenzione costituito dal costo storico del bene, che non verrebbe incrementato. Inoltre, a differenza del metodo a), che consente di concludere il processo di ammortamento nel termine dell originario piano di ammortamento, il metodo b) comporta un allungamento della vita utile del cespite, mentre il metodo c) comporta un allungamento del periodo fiscale di ammortamento. Per ulteriori considerazioni sulle modalità di rivalutazione dei beni si rinvia alla ns. Circolare informativa n. 8/ Effetti della rivalutazione Come accennato, gli effetti della rivalutazione decorrono dal terzo esercizio successivo a quello in cui la rivalutazione è eseguita (il 2005, per i soggetti con 14

15 esercizio coincidente con l anno solare), e quindi, di norma, dal E da tale esercizio che i maggiori valori iscritti per effetto della rivalutazione si considerano fiscalmente riconosciuti, sia ai fini delle imposte sui redditi che dell Irap, e rilevano quindi sia ai fini della deduzione delle maggiori quote di ammortamento sui beni rivalutati che ai fini della determinazione dell ammontare delle spese di manutenzione, riparazione, ammodernamento e trasformazione, non imputate ad incremento del costo dei beni, deducibile ai sensi dell art. 102, comma 6, del TUIR. Il riconoscimento del costo rivalutato dei beni ha effetto anche sulla determinazione delle eventuali plusvalenze (o minusvalenze) derivanti dalla cessione dei beni. Ovviamente, anche a tali fini, gli effetti fiscali della rivalutazione non sono immediati, ma differiti al terzo esercizio successivo a quello in cui la rivalutazione è eseguita. Potrebbe peraltro accadere che i beni rivalutati vengano ceduti prima che decorrano gli effetti fiscali della rivalutazione. La fattispecie è stata espressamente disciplinata dal D.M. 19 aprile 2002, n. 86 (richiamato dalla disciplina in esame), recante il regolamento di attuazione delle disposizioni tributarie in materia di rivalutazione dei beni d impresa di cui all art. 3 della legge n. 448/2001, il quale prevedeva un differimento degli effetti fiscali della rivalutazione al pari della disciplina in esame. In tale evenienza, l art. 3 del citato D.M. n. 86/2002 ha stabilito che la plusvalenza/minusvalenza deve essere determinata sulla base del valore fiscale al momento della cessione, senza temere conto della rivalutazione eseguita. Al soggetto che ha eseguito la rivalutazione è peraltro attribuito un credito d imposta, ai fini Ires/Irpef, pari all ammontare dell imposta sostitutiva pagata, per la quota riferibile alla rivalutazione del bene ceduto, credito che va portato in aumento del saldo attivo risultante dalla rivalutazione. Contestualmente, la parte della riserva di rivalutazione riferibile al bene ceduto non è più soggetta al regime di 15

16 sospensione di imposta, con la conseguenza che, in caso di distribuzione, essa non concorrerà a formare il reddito imponibile della società (per le conseguenze dell eventuale distribuzione di tale riserva prima che si siano prodotti gli effetti della rivalutazione, vedi par. 2.4.) Nel caso in cui la cessione del bene avvenga prima del pagamento dell imposta sostitutiva (di norma, il 20 giugno 2006), si deve ritenere che l imposta sostitutiva riferibile al bene ceduto non sia più dovuta e che, conseguentemente, non spetti il credito d imposta. Tale conclusione dovrebbe scaturire dallo stesso art. 3 del citato D.M. n. 86/2002, il quale, con riferimento al caso della rivalutazione ex art. 3 della L. n. 448/2001, che consentiva la facoltà di versamento rateale dell imposta sostitutiva, dispone che il credito è attribuito in misura pari alla quota parte della rata pagata e che per tali beni non sono più dovute le residue rate. Quanto detto per la cessione a titolo oneroso dei beni rivalutati prima che decorrano gli effetti fiscali della rivalutazione vale anche nel caso in cui i beni vengano assegnati ai soci, destinati a finalità estranee all esercizio dell impresa ovvero al consumo personale o familiare dell imprenditore (cfr. art. 3 del D.M. n. 86/2002) La disciplina del saldo attivo di rivalutazione Come accennato, il saldo attivo risultante dalle rivalutazioni, al netto dell imposta sostitutiva, deve essere imputato al capitale o accantonato in una speciale riserva designata con riferimento alla legge, con esclusione di ogni diversa utilizzazione. L art. 13 della L. n. 342/2000, espressamente richiamato dalle disposizioni in esame, disciplina anche le vicende successive di tale riserva, in modo sostanzialmente analogo alle precedenti rivalutazioni, imponendo rilevanti 16

17 vincoli civilistici e fiscali. In particolare, la riserva, qualora non sia imputata al capitale, può essere ridotta soltanto con l osservanza dell art. 2445, commi 2 e 3, del codice civile. La sua distribuzione è quindi possibile solo con l osservanza della procedura prevista per la riduzione del capitale sociale, e cioè previa deliberazione dell assemblea straordinaria (nel cui avviso di convocazione devono essere indicate le ragioni della riduzione), che può essere eseguita soltanto dopo 90 giorni dal giorno dell iscrizione nel registro delle imprese, purché entro tale termine nessun creditore sociale abbia fatto opposizione. Qualora la riserva sia utilizzata per la copertura di perdite, non si può dare luogo a distribuzione di utili fino a quando la riserva non è reintegrata o ridotta in misura corrispondente con delibera dell assemblea straordinaria, senza tuttavia che per la sua esecuzione sia necessario il decorso di 90 giorni dall iscrizione nel registro delle imprese e che nessun creditore abbia nel frattempo effettuato opposizione. Per quanto concerne le conseguenze fiscali, il comma 3 dell art. 13 della L. n. 342/2000 stabilisce che se il saldo attivo viene attribuito ai soci, mediante riduzione della riserva o del capitale sociale, le somme attribuite ai soci, aumentate dell imposta sostitutiva corrispondente all ammontare distribuito, concorrono a formare il reddito imponibile della società e il reddito imponibile dei soci (secondo il rispettivo regime fiscale). Ne deriva che, nel caso di distribuzione del saldo attivo a soci soggetti Ires, tali utili concorreranno a formare il reddito limitatamente al 5% del loro ammontare, secondo la disciplina stabilita dall art. 89 del TUIR. Sia il D.M. n. 162/2001 che il D.M. n. 86/2002 hanno opportunamente precisato che il saldo attivo distribuito, aumentato dell imposta sostitutiva, concorre a formare la base imponibile della società o dell ente ai soli fini delle 17

18 imposte sul reddito. In sostanza, la distribuzione della riserva o la riduzione del capitale, cui sia stato in precedenza imputato il saldo di rivalutazione, non costituiscono presupposto per l applicazione dell Irap in capo alla società che ha eseguito la rivalutazione. È inoltre stabilito che, nell esercizio in cui si verifica l attribuzione del saldo attivo ai soci, alla società che ha eseguito la rivalutazione è attribuito un credito d imposta, ai fini Ires, pari all ammontare dell imposta sostitutiva pagata nei precedenti esercizi. In pratica, il saldo attivo di rivalutazione è soggetto ad un regime di sospensione d imposta che viene meno al verificarsi della distribuzione della riserva o della riduzione del capitale al quale fosse stato in precedenza imputato. L imposta sostitutiva pagata dalla società è quindi considerata una sorta di acconto, che deve essere dapprima risommato all importo distribuito, in modo da riallordare il saldo attivo, per poi essere scomputato dall imposta definitivamente determinata. Tale previsione normativa comporta tuttavia la necessità di individuare l aliquota media ponderata da utilizzare ai fini della determinazione dell imposta sostitutiva a suo tempo pagata, nel cui limite è attribuito il credito d imposta. Infatti, il saldo attivo di rivalutazione riguarda l intero maggior valore attribuito ai beni rivalutati ed è pertanto comprensivo sia di quello riferibile ai beni assoggettati all aliquota del 12%, sia di quello imputabile ai beni assoggettati all aliquota del 6%. In tal senso si è espresso anche il Ministero (cfr. la citata Circolare n. 207/E) affermando che nel caso in cui l imposta sostitutiva sia stata calcolata con riferimento ad entrambe le aliquote l importo dell imposta riferito alla quota di saldo attivo distribuito sarà individuato mediante un calcolo medio ponderato. 18

19 L art. 4 del D.M. n. 86/2002 ha disciplinato le conseguenze dell eventuale distribuzione della riserva prima che si siano prodotti gli effetti della rivalutazione prevedendo che i maggiori valori attribuiti ai beni si considerano fiscalmente riconosciuti dalla data in cui viene effettuata la distribuzione e fino a concorrenza degli importi attribuiti ai soci. È lasciata libera scelta alla società in merito alla individuazione dei beni cui si riconnettono i maggiori valori fiscalmente riconosciuti Affrancamento del saldo attivo di rivalutazione Il comma 335 prevede la possibilità di affrancare, in tutto o in parte, la riserva di rivalutazione risultante dall applicazione della disciplina in esame, mediante il versamento di un imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell Irap nella misura del 7%, eliminando la sospensione di imposta. L imposta sostitutiva deve essere versata in tre rate annuali, senza pagamento di interessi, entro il termine di versamento a saldo delle imposte sui redditi, rispettivamente, il 10% nel 2006, il 45% nel 2007 ed il residuo 45% nel Sebbene la norma non lo specifichi espressamente, sembra che l affrancamento abbia effetto immediato già dal 2006, considerato che in tale anno (entro il termine per il versamento a saldo delle imposte sui redditi) deve essere pagato il 10% dell imposta sostitutiva. Si verificherebbero così per il contribuente due orizzonti temporali: da un lato, la rivalutazione dei beni avrebbe effetti fiscali differiti al terzo esercizio successivo a quello in cui è eseguita (di norma il 2008) e, dall altro, il saldo attivo di rivalutazione sarebbe, sotto il profilo fiscale, immediatamente distribuibile senza che concorra a formare il reddito della società né spetti, conseguentemente, il credito d imposta corrispondente all imposta sostitutiva assolta sulla 19

20 rivalutazione. Operano invece i consueti vincoli civilistici per le società che adottano i principi contabili internazionali che prevedono la possibilità di attribuzione della riserva ai soci solo al momento di effettivo realizzo dei maggiori valori iscritti (cfr. artt. 6 e 7 del D.Lgs. n. 38/2005). Si deve ritenere che l aliquota del 7% debba essere applicata sulla riserva al netto dell imposta sostitutiva per la rivalutazione imputata alla riserva stessa. La norma stabilisce infatti che il saldo di rivalutazione derivante dall applicazione della disposizione di cui al comma 332 può essere assoggettato,, ad imposta sostitutiva ; l imposta sostitutiva sulla rivalutazione, ai sensi dell art. 12, comma 2, della legge n. 342/2000 (richiamato dalla disciplina in esame), va computata in diminuzione del saldo attivo, con la conseguenza che la riserva affrancabile non può essere che quella iscritta in bilancio al netto dell imposta sostitutiva dovuta sulla rivalutazione. In sostanza, in caso di rivalutazione di beni ammortizzabili e di contemporaneo affrancamento della relativa riserva l onere complessivo ammonterebbe al 18,16% della rivalutazione operata (fatto 100 l importo lordo della rivalutazione e 88 la riserva di rivalutazione, si avrebbe 12 per imposta sostitutiva sulla rivalutazione e 6,16 per l affrancamento della riserva, pari al 7% di 88). La norma richiama, in quanto compatibili, le analoghe disposizioni in materia di affrancamento delle riserve in sospensione contenute nell art. 1, commi, 475, 477 e 478 della legge 30 dicembre 2004, n. 311 ( Finanziaria 2005 ). Pertanto: l imposta sostituiva per l affrancamento è indeducibile, potendo essere imputata, in tutto o in parte alla riserve iscritte in bilancio, ovvero al capitale o fondo di dotazione, nel qual caso l imputazione è operata con le modalità stabilite per la riduzione del capitale da parte dell assemblea straordinaria di cui al secondo comma dell art c.c., vale a dire, l avviso di convocazione dell assemblea straordinaria deve indicare le ragioni e le modalità di riduzione, di modo che, dopo la 20

21 riduzione, le azioni proprie non eccedano la decima parte del capitale sociale; per la liquidazione, l accertamento, la riscossione, i rimborsi, le sanzioni e il contenzioso si applicano le disposizioni previste per le imposte sui redditi. 3. Rivalutazione delle aree edificabili I commi da 336 a 338 contengono disposizioni speciali per la rivalutazione delle aree fabbricabili, non ancora edificate o risultanti tali a seguito della demolizione degli edifici esistenti, possedute nell esercizio di impresa. A differenza della generale disciplina riguardante la rivalutazione dei beni d impresa, quella delle aree edificabili è estesa anche alle aree fabbricabili possedute come magazzino, posto che la norma include anche quelle alla cui produzione o al cui scambio è diretta l attività dell impresa. Pertanto, oggetto della rivalutazione possono essere i terreni allocati in bilancio sia fra i beni materiali che fra le rimanenze. Come per gli altri beni, la rivalutazione delle aree fabbricabili è ammessa a condizione che i terreni siano posseduti alla data di chiusura dell esercizio in corso al 31 dicembre 2004, risultando dal relativo bilancio ovvero, per i soggetti che fruiscono di regimi contabili semplificati, dai registri tenuti ai fini IVA o dal registro dei beni ammortizzabili. Deve tuttavia ritenersi che il richiamo effettuato dalla norma al registro dei beni ammortizzabili sia improprio, posto che possono essere oggetto di rivalutazione anche i beni merce. 21

22 Fermo restando il carattere facoltativo della rivalutazione, essa deve essere eseguita nel bilancio successivo a quello dell esercizio in corso al 31 dicembre 2004 e, quindi, per i soggetti con l esercizio coincidente con l anno solare, nel bilancio relativo all esercizio L imposta sostitutiva, la cui aliquota è fissata 19%, deve essere obbligatoriamente versata in tre rate annuali, senza pagamento di interessi, entro il termine per il versamento del saldo delle imposte sui redditi, rispettivamente, il 40% nel 2006, il 35% nel 2007 ed il 25% nel A differenza di quanto stabilito per la rivalutazione dei beni d impresa, gli effetti della rivalutazione in esame decorrono dall esercizio successivo a quello in cui la rivalutazione è eseguita, posto che trova applicazione il generale richiamo alle disposizioni in materia di rivalutazione dei beni contenute nella L. n. 342/2000 e nel D.M. 13 aprile 2001, n Per la disciplina del saldo attivo di rivalutazione si rinvia al par. 2.4.; non è chiaro, però, se il saldo attivo derivante dalla rivalutazione delle suddette aree edificabili possa essere oggetto di affrancamento, ai sensi del comma 335, mediante versamento dell imposta sostitutiva con aliquota del 7%. Le disposizioni in materia di rivalutazione delle aree edificabili (commi da 336 a 338) non contengono, infatti, alcun riferimento alla disciplina dell affrancamento. Si potrebbe ritenere che l affrancamento sia possibile anche per i saldi attivi risultanti dalla rivalutazione dei terreni edificabili, posto che la disciplina in esame, al pari di quella per la rivalutazione dei beni d impresa, richiama quella contenuta nella legge n. 342/2000. In sostanza, non vi sarebbero ragioni sistematiche per escludere dalla facoltà di affrancamento le riserve iscritte a fronte della rivalutazione dei terreni edificabili. Non si può tuttavia sottacere che, trattandosi di rivalutazione condizionata all edificazione nel quinquennio (come appresso si vedrà) non è chiaro che 22

23 cosa accade in caso di decadenza, ipotesi del resto, come si dirà, non disciplinata nemmeno in via ordinaria. La rivalutazione deve riguardare tutte le aree fabbricabili appartenenti alla stessa categoria omogenea. A tal fine il comma 336 chiarisce che si considerano comprese in distinte categorie omogenee le aree edificabili aventi distinta (ma fra loro identica) destinazione urbanistica. La terminologia usata appare forse troppo semplicistica nel senso che le aree hanno talvolta destinazioni composite, in cui però può essere prevalente, ad es., quella residenziale, ma all interno della quale sono previste destinazioni a servizi, talvolta di rilevante entità, e comunque edifici a destinazione plurima. Non è quindi agevole distinguere sempre le aree aventi specifica destinazione. Considerata la formulazione della norma, a tali fini non sembrerebbe rilevare nemmeno l ubicazione dell area; di conseguenza, una volta esercitata la facoltà di rivalutazione delle aree destinate, per esempio, ad edilizia residenziale, la rivalutazione dovrebbe riguardare tutte le aree possedute dall impresa che abbiano tale destinazione urbanistica, ovunque ubicate. Tale obbligo sembra pervero contraddire alla condizione della effettiva edificazione entro cinque anni, di cui in seguito, non essendo verosimile che aree ubicate in diversi comuni e aventi diverso grado di maturazione edilizia debbono essere obbligatoriamente rivalutate, salvo a ritenere che il valore di aree di non prossima edificazione non siano rivalutabili. A prescindere da tale soluzione, sarebbe forse possibile ritenere che anche la ubicazione in comuni diversi possa determinare una diversa destinazione in relazione alle diverse terminologie utilizzate per indicare le destinazioni di PRG, anche se tale criterio non trova rispondenza nella lettera della norma. 23

24 Di particolare interesse, anche per la sua novità, è la già accennata disposizione di cui al successivo comma 337, in base al quale la rivalutazione delle aree fabbricabili è possibile a condizione che l utilizzazione edificatoria, ancorché previa demolizione del fabbricato esistente, avvenga entro i cinque anni successivi all effettuazione della rivalutazione, e cioè, di norma, entro il 31 dicembre Viene al riguardo stabilito che trovano applicazione le disposizioni di cui all art. 34, comma 3, del DPR n. 602/73, nel senso che in caso di cessione il soggetto acquirente delle aree è solidalmente responsabile, limitatamente al valore dei beni, per il pagamento delle imposte dovute dal cedente per l anno in cui è avvenuta la cessione e per gli anni precedenti. La norma prosegue stabilendo che i termini di accertamento di cui all art. 43 del DPR n. 600/73 decorrono dalla data di utilizzazione edificatoria dell area. In sostanza, ove non vi fosse l utilizzazione edificatoria nei cinque anni successivi all effettuazione della rivalutazione, l Amministrazione finanziaria può procedere al recupero della maggiore imposta nei confronti del cedente e avvalendosi anche della solidarietà dell acquirente. Si tratta, come accennato, di una disciplina parzialmente innovativa rispetto ai precedenti, che ripropone in parte questioni da tempo dibattute, quali, ad es., quella della individuazione dei requisiti delle aree fabbricabili come rilevati ai fini dei vari tributi che le hanno ad oggetto e, in parte, problemi derivanti dalla novità della norma. Sotto il primo profilo è stato ricordato sulla stampa specializzata l orientamento della Cassazione (sentenze 16 novembre 2004, n , e 15 novembre 2004, n ) secondo il quale, ai fini ICI, è tale l area che sia effettivamente utilizzabile dal punto di vista urbanistico (in base a strumenti urbanistici attuativi e in relazione all esecuzione, almeno prevista, di opere di urbanizzazione primaria). Orientamento peraltro formatosi con riferimento ad un tributo che colpisce annualmente l area in base al valore 24

25 edificatorio, sostanzialmente ispirato a ragioni equitative, e quindi non avente valenza definitoria. Esso è soprattutto superato dalla disposizione (art. 11- quaterdecies, comma 16) del D.L. 30 settembre 2005, n che sarà oggetto di separata circolare in base alla quale si chiarisce, con valenza interpretativa, che è edificabile l area che sia tale in base alle previsioni del PRG (regolarmente approvato), a prescindere dalla adozione di strumenti attuativi. Pur considerando tali precedenti (e quelli analoghi che si sono formati nel tempo anche ai fini della imposta di registro e dell IVA), sembra che nella fattispecie il problema non abbia rilievo così decisivo. Fermo restando che la qualificazione e, soprattutto, il valore delle aree fabbricabili dipende da una serie di circostanze sia urbanistiche che tecniche assai complesse (ad es. talvolta terreni astrattamente edificabili non lo sono in concreto e, viceversa, terreni non edificabili direttamente, sono tuttavia produttivi di cubatura in base ad indici fondiari, cubatura di cui è possibile lo sfruttamento su altri terreni), va detto che la norma in esame, per la sua genericità, esclude in linea di principio solo aree inedificabili per presenza di vincoli o destinazioni incompatibili con la costruzione di qualsiasi edificio. Quanto all esigenza che tale edificabilità debba essere o meno matura si può osservare che la questione è pressoché svuotata di significato dalla volontarietà della rivalutazione ai fini civilistici, e, soprattutto, dalla condizione che l effettiva edificazione abbia luogo entro cinque anni. In base a tale condizione è evidente che la edificazione non deve essere solo possibile, ma anche probabile. Se la valutazione deve riflettere un valore commerciale in termini di effettiva potenzialità edificatoria (con esclusione di terreni il cui valore non dipenda da fattori diversi: valore delle colture in atto; imminenza di espropri per la realizzazione di opere pubbliche, ecc.) essa è possibile, in astratto, per qualsiasi area edificabile ma in concreto può essere effettuata solo in previsione dell utilizzazione in termini ravvicinati. 25

26 Sono invece più rilevanti problemi posti dal meccanismo prefigurato dalla disposizione e dai fatti cui essa si riferisce. Innanzitutto per utilizzazione edificatoria sembra doversi intendere l inizio dei lavori di costruzione dopo l ottenimento delle concessioni e non la loro ultimazione e in ogni caso, sembra da escludere la ristrutturazione che non costituisca in concreto un vero e proprio rifacimento del fabbricato. Ma è dubbio se tale inizio affranchi solo l area di pertinenza del costruendo fabbricato ovvero quella interessata dal progetto approvato, che può riguardare un complesso di edifici. Non si può infatti trascurare la circostanza che talune aree edificabili non sono costituite da singoli lotti, ma da comparti di notevole estensione dotati di indici di edificabilità fondiaria (mc./mq.), pur con obbligo di destinazione di parte dei terreni a strade, parchi ed altri usi non abitativi, ponendosi così il problema della correlazione fra singoli edifici e aree interessate dal progetto. Ciò che però non appare chiara ad una prima lettura è proprio la rilevanza dell onere di costruire. Sembra abbastanza evidente che tale onere deve essere assolto oggettivamente, nel senso che nei cinque anni esso è adempiuto anche quando il lotto sia stato venduto e la costruzione sia stata realizzata dal terzo acquirente. In caso di inosservanza, appare anche logico che il costo fiscale dell area venduta debba essere assunto al netto della rivalutazione e che la plusvalenza (o ricavo) debba essere tassata in via ordinaria, con accredito si deve ritenere della imposta sostitutiva pagata, ragguagliata al valore dell area utilizzata. 26

27 Si può anche ritenere che in caso di utilizzo parziale entro il quinquennio per la parte non edificata e venduta la plusvalenza debba essere parimenti determinata mediante ragguaglio della cubatura ai singoli lotti (cfr., quanto previsto per un analoga situazione, art. 19-bis2, comma 8, del D.P.R. n. 633/1972). Ma nel caso in cui non si sia costruito nel quinquennio e l area non sia stata venduta (o sia venduta senza realizzo di alcuna plusvalenza rispetto al costo originario) non è chiaro né che accada della imposta sostitutiva pagata né quali siano le conseguenze della (inefficace) rivalutazione. Si potrebbe ritenere che nel caso di terreni costituenti magazzino la rivalutazione produca effetti reddituali e quindi una tassazione del maggior valore con l aliquota del periodo in cui la iscrizione è avvenuta, sempre con accredito della imposta sostitutiva, ma con insorgenza dell obbligo di pagamento della maggiore imposta nel periodo in cui si è verificata la decadenza (e cioè allo scadere del quinto anno). Nel caso di aree non costituenti magazzino, il problema è ancor più complesso; si potrebbe ritenere che in caso di successivo realizzo, il costo fiscale dell area sia ridotto della rivalutazione e sia sempre accreditata l imposta sostitutiva, forse pro-quota. Ma, in mancanza di tali eventi, l imposta pagata si presenta in sostanza come un indebito del quale è incerto il recupero. In alternativa, si potrebbe ritenere che, con riguardo a tutti i casi indicati, decorso inutilmente il quinquennio, la rivalutazione non abbia effetto e l imposta pagata possa costituire un credito d imposta utilizzabile a compensazione di altri debiti tributari. Sempre in tali casi, non sembra operare comunque la solidarietà dell acquirente che abbia acquistato l area 27

28 dopo il quinquennio, posto che in capo ad esso non può sussistere alcun impegno di costruzione. Ulteriori problemi si possono presentare anche per i fabbricati demolendi, per i quali si può ritenere che la qualificazione come area dipenda essenzialmente del tipo di rivalutazione operata. Se, quindi, il fabbricato è stato rivalutato come (potenziale) area, si dovrà rispettare il quinquennio e si potrà fruire della rivalutazione immediata; altrimenti seguirà la sorte dei fabbricati ordinari e la successiva demolizione non dovrebbe rilevare a tali fini. In ogni caso si deve trattare di demolizione e (integrale) ricostruzione e non di ristrutturazione, che conserva l identità, anche se non la destinazione, dell edificio che ne sia oggetto. Non è dubbio che su tali problemi sono necessari interventi chiarificatori che consentono di sopperire alla lacunosità della disciplina. 4. Problematiche connesse all adozione degli IAS Come accennato, la disciplina in materia di rivalutazione dei beni d impresa può costituire una opportunità per le imprese che in sede di transizione agli IAS usufruiscono della possibilità di rideterminare, in sostituzione del costo, i valori di iscrizione di taluni beni. In assenza di uno specifico provvedimento legislativo, tale possibilità avrebbe comportato un disallineamento fra valori civilistici e fiscali ( 5 ). Occorre peraltro rilevare che non tutte le attività che hanno generato plusvalenze iscritte nella riserva di patrimonio netto di cui all art. 7 del D.Lgs. n. 38/2005 (in sede di prima applicazione dei principi contabili 5 Considerato il differimento degli effetti fiscali della rivalutazione al 1 gennaio 2008, durante il periodo di differimento permarrà il disallineamento fra valori contabili e fiscali. 28

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