1 Le decisioni finanziarie delle imprese

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1 1 Le decisioni finanziarie delle imprese 1.1 Introduzione Una delle principali attività delle imprese riguarda quali decisioni di investimento intraprendere e in che modo rinvenire i mezzi per effettuaretaliinvestimenti: si può dire che entrambe queste decisioni rappresentano classiche decisioni finanziarie delle imprese. Le imprese investono in una varietà di attività reali (real asset) tangibili (macchinari, immobili, ecc.) e intangibili (contratti, brevetti, licenze, ecc.). Per ottenere i fondi necessari, le imprese emettono passività su tali attività reali e sulle entrate che esse genereranno.

2 Secondo la teoria dell investimento, il principale fine di un investimento consiste nel trovare attività reali in grado di generare un valore più elevato dell esborso che esse comportano. Esempio: nel 2001, la DuPont ha annunciato un piano per costruire una nuova linea di produzione presso la sua sede di Richmond, in Virginia. Tale investimento, dal costo di 50 milioni di dollari, aveva lo scopo esplicito di accrescere del 15% la produzione di fibre di Kevlar ad alta resistenza prodotte dall impresa. Presumibilmente la DuPont decise di intraprendere l investimento perchè convinta che la nuova officina avrebbe creato un valore maggiore del suo costo. Ma come si calcola il valore di un investimento quando i suoi rendimenti possono distribuirsi lungo l arco di 10, 20 o anche 30 anni?

3 1.2 Investimento e valore attuale netto Si assuma che nell anno corrente (anno 0) l impresa intraprenda un ammontare di investimenti C 0 (cash outflow), attendendosi un flusso di cash flow attesi (inflow) nei successivi n anni pari a C 1, C 2,... C n. Il valore attuale (o valore scontato) dell investimento è: PV = C 1 1+r + C 2 (1 + r) C n (1 + r) n il suo valore attuale netto si definisce come: NPV = C 0 + C 1 1+r + C 2 (1 + r) C n (1 + r) n,

4 dove r rappresenta il tasso di interesse (o costo di opportunità del capitale), ovvero il rendimento atteso di un progetto o capitale avente il medesimo grado di rischio dell investimento in esame: In base a tale formula, la regola di base per valutare la redditività di un investimento è: investi se NPV > 0. Un esempio: Si supponga che un abitazione venga distrutta da un incendio (è solo un esempio!) e il proprietario rimanga con un appezzamento di terradelvaloredi50.000euroeconunassegno di euro da parte della compagnia assicuratrice. Il proprietario è in procinto di ricostruire la propria casa, quando un consulente immobiliare gli suggerisce di costruire invece un edificio commerciale, dal costo di euro ma con un possibile guadagno alla vendita di euro il prossimo anno. Cosa farà, investirà?, Usando

5 come tasso di sconto il tasso di interesse dei titoli ordinari del Tesoro pari al 3%, per ricevere una somma di euro l anno prossimo, occorrere investire oggi /1.03 = Ne consegue che il valore attuale di euro è Il valore attuale netto dell investimento è NPV = = Altre regole di investimento (spesso inappropriate) Tasso interno di rendimento (IRR = internal rate of return) = tasso di sconto che rende il valore attuale netto dell investimento pari a zero, NPV =0. Si assuma, per esempio, un investimento biperiodale: C 0 + C 1 1+IIR =0 IIR = C 1 C 0 1

6 La regola per investire diventa: converrà investire se IRR dell investimento èmaggioredelcostoop- portunità del capitale (IIR > r). Tale regola fornisce il medesimo risultato del NPV solo se il NPV è una funzione monotòna decrescente del tasso di sconto. Sfortunatamente non tutti i flussi scontati hanno un NPV decrescente rispetto al tasso di sconto r. Un esempio: Periodo di restituzione (PP = Payback Period) = numero di anni necessari ai cash flow cumulati attesi di eguagliare l esborso iniziale.

7 L impresa che utilizza questa regola normalmente fissa in anticipo una data di rientro dell investimento (ad es: dopo 1 anno). Problema: questa regola ha due difetti: a) ignora gli entroiti successivi alla data prefissata; b) assegna un peso uguale a tutti i guadagni antecedenti alla data prefissata. La regola èdis- torsiva e può condurre a scelte errate di investimento. Un esempio:

8 1.4 Il teorema di separazione di Fisher La decisione di investimento dipende dalle preferenze intertemporali degli azionisti dell impresa? Se l investimento può essere finanziato con denaro preso a prestito, la conclusione è no. Il teorema di separazione di Fisher (1930): Se i mercati dei capitali sono perfettamente concorrenziali, la decisione di ogni individuo di investire dipende solo dai rendimenti generati dall investimento e dal costo del capitale r enondallesuepreferenze intertemporali. Risulta allora efficiente per l investitore massimizzare prima il NPV dell investimento in attività reali e poi decidere quanto consumare nei due periodi in accordo alle proprie preferenze intertemporali.

9 Il teorema di separazione di Fisher ha conseguenze rilevanti per la teoria dell impresa. Le preferenze intertemporali dei proprietari o azionisti delle imprese non influenzanoledecisionidiinvestimento: esse dipenderanno solo dall appropriato tasso di sconto e dai rendimenti dell investimento. Inoltre, la separazione tra proprietà e controllo spesso osservata nelle grandi imprese non crea alcun problema se i manager perseguono l obiettivo di massimizzare il valore atteso dell impresa.

10 1.5 Le scelte di portafoglio e il CAPM Come possiamo trovare il tasso di sconto appropriato per l investimento e, più in generale, come possiamo stimare il tasso atteso di rendimento di un investimento in un attività reale? Esiste un importante teoria, nota come Capital Asset Pricing Model (CAPM), che è in grado di rispondere ad alcune di queste domande. Assumiamo che la distribuzione di probabilità di un certa attività finanziaria si possa descrivere attraverso due soli parametri, il suo rendimento atteso R e = E(R), che esprime la sua profittabilità elavarianzaσ 2 R dei rendimenti (o, in alternativa, la loro deviazione standard σ R ), che esprime il rischio dell attività finanziaria.

11 Approssimazione accettabile, specie quando i rendimenti dello strumento finanziario si distribuiscono secondo una normale (nell arco di un intervallo sufficientemente breve, i tassi di rendimento di ogni titolo o azione si conformano molto da vicino ad una distribuzione normale). Si consideri il portafoglio di mercato (ovvero il portafoglio costruito con tutte i titoli esistenti sul mercato), e si denoti il suo rendimento atteso R m e la sua deviazione standard σ m. In generale, costruendo un portafoglio sufficientemente diversificato, (α 1, α 2,..α n )deglin titoli disponibili sul mercato, con n P i=1 α i = 1, un investitore può ridurre il rischio specifico o idiosincratico (dovuto alla correlazione non perfetta o non positiva di tutti gli asset) ma non il rischio sistemico o di mercato.

12 Il rischio di un portafoglio qualsiasi dipenderà allora dal rischio di mercato dei titoli inclusi nel portafoglio stesso. Ad esempio, se durante gli ultimi tre mesi un titolo ha registrato un rendimento medio del 10%, mentre il mercato ha registrato un rendimento medio del 5%, ciò significa che il titolo (in media) si muove più del mercato e quindi che la sua sensibilità al mercato è maggiore di uno. Tale sensibilità è chiamata beta (β) eunβ > 1 significa che il titolo amplifica i movimenti generali del mercato. Statisticamente, il beta di un titolo i-esimo si definisce come: β i = σ im σ 2, (1) m

13 dove σ im rappresentalacovarianzadeltitoloi-esimo rispetto al portafoglio di mercato e σ 2 m la varianza totale (rischio) del portafoglio di mercato. Dall equazione (1), il beta del portafoglio di tutti i titoli esistenti è1 e quello di un titolo privo di rischio è0. Allora, il rischio di ogni portafoglio sufficientemente diversificato dei titoli esistenti sul mercato misura la sensibilità di questo portafoglio ai movimenti del mercato, ovvero il suo beta, che non è altro che il beta medio dei titoli inclusi nel portafoglio stesso Supponiamo di rappresentare in un grafico tutti i possibili portafogli dei titoli rischiosi esistenti. L area ombreggiata rappresenta questo insieme di portafogli e tutti i portafogli efficienti dovranno trovarsi lungo il bordo AB dell area stessa, poichè questi portafogli offrono il più alto rendimento atteso per ogni dato livello di rischio.

14 Assumiamo anche che l investitore possa in aggiunta prendere o dare in prestito contanti ad un tasso di interesse (privo di rischi) R f. In termini grafici questo è rappresentato dal movimento lungo la retta che parte da R f : Questo indica che le operazioni di un investitore razionale hanno luogo in due momenti decisionali: in primo luogo, si deve trovare il portafoglio ottimale (S in figura);

15 Si deve poi accompagnare quest investimento con la decisione di prestare o dare a prestito la propria ricchezza per ottenere l esposizione al rischio che risponde alle proprie preferenze intertemporali. The One-Fund Portfolio Theorem: Per un investitore a cui interessa solo la media e la varianza dei rendimenti, il portafoglio ottimo consiste di un mix di titoli privi di rischio ed un portafoglio di attività rischiose che ha il rendimento atteso e la deviazione standard associati al punto S. Poichè conosciamo sia il rendimento atteso del titolo privo di rischio R f, che del portafoglio di mercato R m. Questi sono associati, rispettivamente, ad un beta pari a 0 e 1. Nella figura sotto, la linea che passa tra questi due punti viene chiamata security market line.

16 La teoria del CAPM può essere descritta nel modo seguente: se i mercati sono perfettamente concorrenziali, il premio al rischio atteso (e quindi il rendimento atteso) di un titolo i-esimo varia in modo direttamente proporzionale al suo beta. (si veda la figura 3): R i R f β i = R m R f β m = R m R f 1 e quindi: R i = R f + β i ³ Rm R f.

17 Un esempio: si assuma che il tasso di interesse privo di rischio sia R f = 3% e che il premio atteso al rischio medio del mercato sia pari al 7%. Se, per fare un esempio, la Microsoft ha una sensibilità (stimata) ai movimenti di mercato pari a β Ms =1, 5 mentre la General Motor ha una sensibilità pariaβ GM =0, 5, usando queste due informazioni concludiamo che i rendimenti attesi per queste due aziende sono, rispettivamente, R Ms =3%+1, 5(7% 3%) = 9% e R GM = 3% + 0, 5(7% 3%) = 5%.

18 2 Ilfinanziamento degli investimenti dell impresa 2.1 Introduzione Abbiamo rilevato come uno dei maggiori problemi dell impresa consiste nel reperire i fondi per effettuare investimenti in attività reali, tangibili o intangibili. Un esempio: La Phillip Morris produce alimenti, bevande e tabacco. Nel 2000 l azienda ha generato un cash flow di 11 miliardi di dollari. Con quest denaro ha pagato 4 milioni e mezzo di dollari in dividendi e ha riacquistato proprie azioni per 3,6 milioni. La rimanenza di 2,9 milioni è stata reinvestita nel proprio business. Tuttavia

19 questa somma non era sufficiente ai suoi investimenti produttivi e per acquisire nuove attività nel settore alimentare. Per colmare il disavanzo, l azienda ha preso in prestito 10,9 milioni di dollari ed emesso 100 milioni di dollari in azioni ordinarie. Nel decidere come finanziare la propria attività produttiva, i manager della Phillip Morris si trovano di fronte generalmente due decisioni principali. Una riguarda i dividendi. Nell esempio, la società avrebbe potuto pagare dividendi ancora più generosi agli azionisti, sia acquistando una minore quantità di azioni proprie oppure emettendone in maggiore quantità per finanziare l operazione. La seconda decisione riguarda il modo di finanziare gli investimenti attraverso capitale di debito o capitale azionario. Ilmix di debito e azioni di un azienda viene definito la struttura del capitale.

20 In generale un impresa può emettere differenti attività finanziarie: azioni ordinarie, azioni privilegiate, obbligazioni, contratti di leasing, contratti a termine, derivati, ecc. I manager delle grandi imprese dedicano molto tempo a queste decisioni finanziarie e quindi si può concludere che esse devono possedere una qualche rilevanza economica; Una prima ragione (1) per dotarsi di una struttura di capitale mista (come si osserva di solito empiricamente per le imprese operanti nei paesi avanzati economicamente) potrebbe essere la presenza di risparmiatori con diverse preferenze: l azienda, differenziando le proprie attività finanziarie può venire incontro in modo più capillare ai gusti dei risparmiatori. Una seconda ragione (2) è che la struttura di capitale può modificare il valore dell impresa.

21 IL teorema di Modigliani e Miller (1958) costituisce un importante punto di partenza per l analisi della struttura di capitale delle imprese. 2.2 IL teorema di Modigliani-Miller (M-M) Il teorema di M-M mostra che, se valgono alcune ipotesi (essenzialmente mercati dei capitali perfetti e assenza di tassazione) le conclusioni (1) e (2) descritte sopra non possono costituire una spiegazione ragionevole alla struttura di capitale delle imprese. In primo luogo, il teorema di M-M prova che, se gli individui sono razionali e sono in grado di allocare i propri investimenti esattamente come le imprese, il marketing finanziario di quest ultime per raggiungere i gusti dei risparmiatori non è affatto necessario.

22 Inoltre, M-M provano che la struttura di capitale dell impresa non gioca nessun ruolo nel creare il valore dell impresa: questo dipende in ultima analisi solo dall ammontare dei flussi di ricavo futuro generati dai suoi investimenti. Principali assunzioni del teorema di MM: I mercati sono perfettamente concorrenziali: le imprese hanno un comportamento price-taking,vi èassenzadicostiditransazione,l informazioneè perfetta e simmetrica;. Vi è assenza di tassazione. La prova del teorema è basata su un approccio di arbitraggio: Il mercato non consente di fare profitti in modo ricorrente acquistando un attività e vendendone un altra simultaneamente (non arbitrage condition).

23 M-M Proposizione 1: Il valore di mercato di un impresa è indipendente dalla sua struttura di capitale. Prova: Si assumano due sole imprese, l impresa 1 e l impresa 2 appartenenti alla stessa classe di rischio e con un identico rendimento lordo (stocastico) X h X,X i ma con una diversa struttura di capitale: il capitale dell impresa 1 comprende azioni ordinarie e debito (con un valore facciale K<X); l impresa 2 ha invece un capitale che consiste solo di azioni. Siano D i (i =1, 2) il valore di mercato del debito di un impresa, con rendimento privo di rischio r e sia invece E i il valore di mercato delle azioni ordinarie di un impresa. Il valore totale di ciascuna società saràdatoperdefinizione dal valore attuale netto delle sue attività: V i = E i + D i. Proviamo adesso il teorema per contraddizione.

24 ParteI:Nonè possibile che V 2 >V 1. Si assuma per assurdo che V 2 >V 1 esiconsideri la situazione di un investitore in possesso di azioni dell impresa 2. Egli si aspetta di ricevere αx alla fine dell anno. All inizio dell anno egli potrebbe, in alternativa: venderelesueazioniperunvalorediαv 2 eacquistare una frazione αv 2 V = αv 2 1 V D αv 2 V E 1 1 del debito e delle azioni dell impresa 1 ottenendo alla fine dell anno: αv 2 rd 1 + αv 2 (X rd 1 )= αv 2 X>αX V 1 V 1 V 1 per qualsiasi X h X,X i. Questa compravendita è incompatibile con l ipotesi di assenza di arbitraggio e quindi implica una contraddizione. L idea dietro a questa parte della prova del teorema è che l investitore possa cancellare la leva

25 finanziaria dell impresa 1 acquistando il suo debito e le sue azioni in una proporzione tale da compensare l interesse pagato e quello ricevuto e quindi operare un arbitraggio. (si veda la figura 5). Parte II: Non è possibile che V 1 >V 2. Si assuma per assurdo che V 1 > V 2 e si consideri un investitore con una frazione delle azioni dell impresa a capitale misto, l impresa 1. Egli si aspetta di ricevere α (X rd 1 )alla fine dell anno. All inizio dell anno egli potrebbe, in alternativa: VendereleazioniinsuopossessoperαE 1 ; Prendere a prestito un ammontare αd 1 ;

26 Investire tutto in una frazione αv 1 delle azioni dell impresa1inmodoche: αe 1 + αd 1 = αv 1 V 2 V 2 ottenendo, alla fine dell anno: αv 1 V 2 X rαd 1 = α Ã V1 V 2 X rd 1 per qualsiasi X h X,X i.! > α (X rd 1 ) Questo è incompatibile con l ipotesi di assenza di arbitraggio e quindi implica, ancora una volta, una contraddizione. Qui l idea è che l investitore può creare una leva finaziaria fittizia nell impresa 2 prendendo a prestito per proprio conto ( leverage fatto in casa ) (si veda l iilustrazione dell operazione nella figura 6). Il teorema di M-M si applica atutte le attività finanziarie, non solo al debito e alle azioni.

27 Empiricamente il risultato di irrilevanza della struttura finanziaria delle imprese di M-M può sembrare molto controverso, perchè in consizioni normali per un impresa finanziare i propri investimenti con capitale di debito (interesse sui debiti di impresa ' 5% ) sembra molto più convenientedi finanziarsi attraverso l emissione di azioni (ricavi sulle azioni/prezzo di emissione ' 15%). Tuttavia, la proposizione 2 di M-M prova che questa contraddizione apparente non confligge con il risultato della proposizione 1. M-M Proposizione 2: Il costo del capitale azionario di un impresa è lineare nel suo rapporto capitale azionario/capitale di debito. Prova. Si assuma per semplicità che un investitore abbia finanziato sia il debito che le azioni

28 di un impresa A e quindi sia il titolare del reddito operativo dell impresa. Il rendimento atteso di tale portafoglio (pari al costo medio ponderato del capitale per l impresa) è dunque: da cui: r A = D D + E r D + E D + E r E r E = r A + D E (r A r D ). L espressione sopra mostra che per l impresa il costo r E di finanziare i propri investimenti con capitale azionario è una funzione lineare del suo rapporto D E. Spiegazione: un livello elevato di debito rende le azioni più rischiose, e quindi più costoseda remunerare. Il costo del debito è solo apparentemente più basso del capitale azionario.

29 Se usiamo il CAPM: per definizione il beta delle attività dell impresa A è la media ponderata dei beta delle sue attività: β A = D D + E β D + E D + E β E. L investitore richiede rendimenti più alti sulle azioni poichè ilrischio(espressodalbetadelcapitale azionario) cresce con il debito. Infine, entrambe le proposizioni di M-M risultano coerenti con il CAPM: e, dato che:

30 questo implica che: è esattamente equivalente a: Passaggi: Utilizzando il CAPM e la seconda espressione, l espressione (3) diventa: ovvero il costo del capitale dell impresa è indipendente dalla sua struttura di capitale. La politica dei dividendi: Modigliani e Miller (1961) applicarono i propri risultati anche alle politiche

31 di dividendo delle imprese. Essi mostrarono che l idea che dividendi generosi aumentano il valore dell impresa non è corretta. Proposizione di M-M sui dividendi: Il valore totale dell impresa è indipendente dai suoi dividendi.. Prova: Per l additività del valore dell impresa: V (X d)+v (d) =V (X d + d) =V (X). Spiegazione: Se una società decide di aumentare i dividendi senza modificare i propri investimenti e la propria esposizione creditizia, il denaro aggiuntivo deve per forza provenire da qualche parte. L unico modo di finanziare questo dividendo extra è di emettere più azioni e di venderle. Questo provoca un trasferimento di valore dai vecchi ai nuovi azionisti. I nuovi azionisti acquistano le nuove azioni, ciascuna con un valore inferiore a

32 quello antecedente al pagamento dei dividende, mentre i vecchi azionisti registrano una perdita di valore in conto capitale esattamente pari al valore dei dividendi ricevuti su ogni azione. In un mercato perfetto dei capitali non vi è differenza per un azionista tra il ricevere denaro come dividendo (con una diluizione del valore di ogni azione) o vendendo parte delle azioni detenute. 2.3 La teoria del trade-off statico (static trade-off theory) Al fine di dare conto dell evidenza empirica che le decisioni finanziarie delle imprese sono rilevanti, sia a livello di impresa che di settore industriale, (i diversi settori industriali sono caratterizzati da rapporti debito/azioni piuttosto stabili), occorre una teoria che includa la tassazione, i costi di fallimento e la pressione finanziaria.

33 Questa teoria esiste e viene definita: static tradeoff theory Le idee principali della teoria sono: A) Il debito ha un vantaggio fiscale sul capitale azionario; B) Il debito implica potenzialmente dei costi di fallimento e di stress finanziario ; C) Di conseguenza, l impresa decide una struttura di capitale ottimale.. Il pagamento degli interessi si può dedurre dalle tasse mentre i dividendi non possono esserlo (sono guadagni, non spese).

34 Si denoti con t l aliquota fiscale a cui è soggetta l impresa. Il cash-flow dopo aver pagato le tasse (che in parte va agli azionisti e in parte ai detentori del debito di impresa) può essere espresso come: che diventa: (1 t)(x rd)+rd (1 t)x t (rd) dove il termine t (rd) viene definito solitamente lo scudo fiscale delle imprese. Dall espressione sopra, si deduce che il valore di un impresa con capitale di debito è superiore al valore di un impresa senza debito di un ammontare pari al valore attuale dello scudo fiscale. Dall additività del valore dell impresa: V ((1 t) X + t (rd)

35 = V ((1 t) X)+V (t (rd)) = V (0) + t (rd) r = V (0) + td, dove V (0) indica il valore di un impresa priva di debito e il debito D si assume permanente (la compagnia continua a mantenere le sua situazione debitoria inalterata rinnovando costantemente il suo debito). Sotto tali ipotesi, il valore atteso dello scudo fiscale è indipendente dal tasso di interesse del debito. Un esempio: Si abbiano due imprese, una senza debito e una con un debito D = Sia r =8%,t =35%esiassumacheentrambe le imprese abbiano ricavi pari a Il reddito prima del prelievo fiscale è pari a 1000 per l impresa senza debito e 920 per quella

36 con debito, e dunque la tassazione del 35% ammonta a 350 e 322 rispettivamente. Il reddito netto per gli azionisti è 650, mentre quello per i detentori del debito è di ( ) + 80 = 678 con una differenza dei due pari a 28 =0,35(0,08 x 1,000), che rappresenta lo scudo fisale. Se scontiamo questa somma allo stesso tasso r = 8%, otteniamo che il suo valore attuale PV(scudofiscale) = 28/0, 08 = 350. Le implicazioni di questo risultato sono che per l impresa finanziarsi con il 100% di debito è ottimale. Un modo di uscire da questo risultato estremo è di ritenere che il debito ha i suoi costi: accresce la probabilità di trovarsi in difficoltà finanziarie e di fallire, determinando alcune possibili inefficienze dell impresa.

37 Costo del debito: Perditaattesaincasodifallimento:iltempoele risorse utilizzate dal management e dai creditori in caso di procedura fallimentare (tempo medio mesi); Costi indiretti: possibili investimenti profittevoli mancati per la difficoltà di accedere al mercato del credito in caso un eccessivo ammontare di debito sia stato emesso. Static trade-off theory: il debito fornisce uno scudo fiscale ma allo stesso tempo accresce la probabilità di difficoltà finanziaria e fallimento Quindi, le imprese cercheranno di mantenere un rapporto capitale di debito/capitale azionario relativamente stabile.

38 Riflessioni ulteriori: Il costo del debito sembra essere troppo esiguo se confrontato al guadagno procurato dallo scudo fiscale e quindi appare improbabile che i costi attesi di fallimento e di difficoltà finanziaria possano compensare i vantaggi fiscali del debito. Tuttavia, spesso le imprese non possono ricavare tutti i vantaggi della deducibiltà fiscale del debito dato che i loro redditi operativi prima di aver

39 pagato interessi e tasse risultano negativi e comunque tali imprese possono avere già altri scudi fiscali diversi dal debito, come spese di ricerca (R &D),deduzionidiammortamentodeibenicapitali, schemi contabili in cui le perdite degli anni passati vengono ammortizzate in vari anni, e così via.

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