La prospettiva e i suoi strumenti teorici e tecnici

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1 Dispense del Corso di Disegno, tenuto da Riccardo Migliari nella Facoltà di Architettura Ludovico Quaroni della Sapienza Università di Roma nell Anno Accademico La prospettiva e i suoi strumenti teorici e tecnici 4 1

2 La riduzione in scala nella prospettiva Fig. 4.1 In alto: estensione del quadro a pavimento e soffitto per determinare le tracce delle rette r ed s. Fig. 4.2 In basso: riduzione in scala dell - ambiente da rappresentare A questo punto è chiaro che non potremo mettere in pratica, sui nostri piccoli fogli da disegno, i concetti che abbiamo illustrato in linea teorica, sino a quando non saremo in grado di lavorare su un piano di quadro di dimensioni contenute. Infatti, se torniamo all ambiente interno che abbiamo già considerato, ci accorgiamo che, anche qui, nonostante le dimensioni dello spazio da rappresentare siano assai più piccole di quelle del paesaggio marino, le tracce delle rette si trovano ben al di fuori del reticolo e che, per individuarle, occorre estendere il quadro almeno dal pavimento al soffitto (fig. 4.1). Vi sono due modi almeno per risolvere questo problema: il primo consiste nell immaginare di lavorare al vero, su un foglio grande quanto basta (quanto un intera parete o anche quanto la facciata di un edificio) per poi ridurre le dimensioni del foglio dividendo entrambe, larghezza e altezza, per un fattore di riduzione n: si dirà allora che il disegno è nella scala 1:n (leggi uno a n). Un secondo modo, più efficiente, consiste nell applicare idealmente la riduzione allo spazio da rappresentare, prima del disegno. Entrambi questi metodi portano al medesimo risultato, ma il secondo è più vicino al vero, poiché quando si disegna, si disegna sempre un modello di ciò che si vuole rappresentare e non il vero. Anche il pittore che esegue un ritratto, non raffigura la persona da ritrarre, ma ciò che lui immagina che la persona ritratta sia, un modello ideale, appunto. Consideriamo, dunque, una stanza, della quale vogliamo la prospettiva. Applichiamo alle dimensioni di questa stanza una riduzione opportuna, che nell esempio qui raffigurato è circa 1:10 (fig. 4.2). Ciò significa che l altezza delle pareti sarà pari a trenta centimetri circa (300 cm diviso 10) e così via per tutte le altre dimensioni. Ciò fatto, appoggiamo la parte di fondo del modello al quadro, in modo da farla coincidere con la prospettiva della medesima parete già costruita. L occhio si troverà sempre nella posizione indicata dal cerchio di distanza. Osserviamo ora quanto segue: - la prospettiva non è mutata, nel senso che le immagini dei contorni del modello ridotto coincidono con le immagini dei contorni dello spazio reale; infatti i punti del modello e i corrispondenti punti dello spazio reale sono allineati sulle rette proiettanti (si osservi, ad esempio nella figura, il tavolo da disegno); 2

3 - il raggio del cerchio di distanza, che prima rappresentava, in vera grandezza, la distanza principale, ora rappresenta, in scala, la distanza dell osservatore dalla parete di fondo. L impostazione della prospettiva frontale Ora possiamo abbandonare l uso della macchina prospettica, per realizzare la prospettiva con un procedimento più libero ed efficace. Consideriamo la stanza nella quale ci troviamo: è un parallelepipedo rettangolo i cui lati orizzontali misurano, rispettivamente, quattro e cinque metri, mentre il lato verticale è lungo tre metri. Disponiamo di un foglio da disegno che misura 40 cm per 30 cm. Dobbiamo scegliere il rapporto di riduzione dello spazio che vogliamo rappresentare in modo che trovino posto sul foglio una delle pareti e, almeno in parte, il cerchio di distanza. La scala 1:20 sembra la più adatta, perché adottandola, il modello misurerà 20 cm per 25, per 15 in altezza (400 cm : 20 = 20 cm; etc.), e, il centro di proiezione, essendo all interno dell ambiente, e non su una parete, disterà al massimo tra i 15 e i 20 cm dal quadro. Disegniamo allora un rettangolo di 20 cm di larghezza e 15 cm di altezza, che rappresenta la parte della stanza coincidente con il piano di quadro (fig. 4.3). Per evidenti ragioni semplicità e di chiarezza è bene che questo rettangolo abbia i lati paralleli ai bordi del foglio. Possiamo centrare il rettangolo o anche scegliere di disporlo leggermente fuori centro: questa scelta influisce sull inquadratura, della quale parleremo tra poco. E tuttavia è facile comprendere come la traslazione di questo primo rettangolo sul foglio corrisponda agli spostamenti del reticolo di Dürer, quando scegliamo il taglio del disegno. Consideriamo ora la nostra posizione, all interno dell ambiente, immaginando di avere applicato a noi stessi la riduzione in scala: se sto seduto, tenendo l album da disegno o lo stiratore sulle ginocchia, i miei occhi si trovano, all incirca, a 120 cm dal pavimento, il che significa che il punto principale si troverà a 6 cm dal lato inferiore del rettangolo, infatti, se conduco per il centro di proiezione O un piano parallelo al pavimento, distante 120 cm nella realtà e 6 cm nel modello in scala, questo piano taglia il quadro secondo una retta parallela al lato inferiore del rettangolo che ho disegnato. Analogamente, se conduco per il centro di proiezione O un piano parallelo alla parete verticale che ho alla mia destra, questo piano taglia il quadro secondo una retta parallela al bordo verticale destro del rettangolo e distante tanto quanto io disto dalla parete; osservazione, questa, che permette di stabilire la posizione del punto principale O. Infine, aperto il compasso per 20 cm, possiamo disegnare il cerchio di distanza, che blocca definitivamente la posizione del centro di proiezione rispetto al quadro (fig. 4.3). Il disegno, ora, pur essendo formato solo da un rettangolo e da un cerchio, descrive molto più di quanto non appaia agli occhi di un profano: infatti dai quattro lati del rettangolo si protendono nello spazio quattro piani, che sono il modello, ridotto in scala, della stanza da rappresentare. Se la stanza, come abbiamo ipotizzato, è un parallelepipedo rettangolo, questi piani sono tutti perpendicolari al quadro. Il pavimento è il piano di riferimento che abbiamo chiamato geometrale e si indica con il simbolo 1. Il piano proiettante, parallelo al geometrale si chiama piano dell orizzonte e si indica con il simbolo 1. Fig. 4.3 Impostazione della prospettiva frontale: scelta del rapporto di riduzione dello spazio, rappresentazione degli enti che appartengono al piano di quadro e scelta della posizione dell osservatore. 3

4 Il piano proiettante verticale, parallelo alla parete destra (e alla sinistra) si chiama piano meridiano, perché se l osservatore guarda verso Sud, viene attraversato dal Sole a mezzogiorno, e si indica con il simbolo (leggi mi con zero). Inoltre, il piano geometrale taglia il quadro nella sua traccia t 1 che è detta fondamentale. Il piano dell orizzonte taglia il quadro nella fuga i 1 dei piani e delle rette orizzontali, che è detta orizzonte. Le pareti perpendicolari al quadro lo tagliano nelle tracce t (destra e sinistra). Il piano meridiano taglia il quadro nella fuga dei piani verticali i. Prospettiva delle rette perpendicolari al quadro Costruiamo ora la prospettiva degli spigoli della stanza che sono perpendicolari al quadro. Ricordiamo che la prospettiva a di una retta a passa per la traccia T a e per la fuga I a della retta. Ebbene, la traccia dello spigolo a, posto in basso a destra, è il vertice inferiore destro della parete che coincide con il quadro, che abbiamo disegnata per prima. La fuga I a si ottiene conducendo per il centro di proiezione O una retta a parallela alla retta a, individuando il punto I a in cui questa retta incontra il quadro. Ma la retta a è parallela alla retta a e perciò è perpendicolare al quadro, dunque il punto I a coincide con il punto principale O. Ovviamente, ogni altra retta dello spazio che sia perpendicolare al quadro, come a, ha fuga nel punto I a O (leggi I a coincidente con O ) (fig. 4.4). Quando si studia l aritmetica, si impara la prova del nove. Anche in geometria descrittiva esiste una prova del nove ed è questa: se una retta è rappresentata correttamente, allora la si può ricostruire nello spazio. Ricostruiamo, dunque, la retta a oggettiva. Prendiamo una matita e appoggiamola sul punto T a: possiamo anche non sapere qual è la sua direzione, ma qual che è certo è che la retta a oggettiva, rappresentata dalla matita, passa per T a. Ricostruiamo il centro di proiezione O, come sappiamo fare per mezzo del cerchio di distanza. Prendiamo un altra matita e disponiamola in modo che passi per O e per I a, come la retta a. La retta a è parallela alla retta a oggettiva, per costruzione, e dunque la direzione di a è nota e la matita Fig. 4.4 Costruzione degli spigoli della stanza perpendicolari al piano di quadro. che la descrive può essere disposta nello spazio esattamente come la retta oggettiva a. Questa operazione, apparentemente, banale, è in realtà di fondamentale importanza teorica e aiuta moltissimo nell apprendimento dei meccanismi geometrici della prospettiva che sono tutti fondati su di essa, senza eccezione. Ricostruiamo ora una retta di cui, a priori, ignoriamo la direzione. Tracciamo, a caso, sul geometrale la prospettiva r, quasi fosse un segno realmente lasciato sul pavimento reale (fig. 4.5): dato che la retta oggettiva r sta sul geometrale ha la traccia T r sulla fondamentale e la fuga I r sull orizzonte, essendo, fondamentale e orizzonte, la traccia e la fuga del piano cui la retta appartiene. Appoggiamo una matita sul punto T r e ricostruiamo il centro di proiezione O : la retta O I r, che è la retta proiettante r fornisce la direzione di r, che viene così ricostruita nello spazio. L operazione di ricostruzione nello spazio ha, ancora, una virtù: chiarisce assai bene il ruolo dei protagonisti della rappresentazione (prospettica e non solo) e cioè, chi interpreta la parte dell oggetto reale (r) e chi la parte illusionistica della immagine del medesimo oggetto (r ), chi sta nello spazio e chi sul quadro, chi è solo una 4

5 Fig. 4.5 Ricostruzione nello spazio della posizione della retta r a partire dalla sua traccia T r e dalla sua fuga I r. direzione che svanisce per la distanza, e chi l immagine di quella, il punto di fuga. Infatti il potere illusionistico della prospettiva è tale che è facile confondere i ruoli, parlando, ad esempio, di due rette quando invece si sta parlando della loro immagine. Una porta sull infinito: il piano anteriore Costruiamo un piano proiettante parallelo al quadro, che chiameremo piano anteriore e distingueremo con il simbolo (pi greco primo con zero) (fig. 4.6). Le rette incidenti il quadro, evidentemente, hanno un punto in comune anche con il piano anteriore, punto che chiameremo traccia anteriore T, della retta, e sarà, ad esempio, T r la traccia anteriore della retta r. Consideriamo, ancora una volta, la relazione biunivoca che lega i punti della retta r ai punti della prospettiva r : se procediamo dalle profondità dello spazio, verso di noi troviamo nell ordine: - la direzione della retta r, Ir, che ha per immagine il punto I r fuga della retta; - una classe di punti come P e Q, compresi tra la direzione e la Fig. 4.6 Il piano anteriore. traccia T r, che hanno immagini comuni come P e Q ; - la traccia T r che ha per immagine prospettica sé stessa; - una classe di punti, come R ed S, che hanno per immagine prospettica punti compresi al di qua della traccia, come R e S ; - il punto T r, traccia anteriore della retta r, che ha per immagine la direzione di r. Qui è necessaria una riflessione: la retta che proietta il punto T r da O su 0, infatti, è parallela, per costruzione, al quadro e perciò non ha in comune con la retta r, prospettiva di r, un punto, ma la direzione di r. Infine, percorrendo la retta oggettiva oltre il piano anteriore si trovano i punti che sono alle spalle dell osservatore i quali si proiettano nel tratto di r posto al di là della fuga I r. Insomma, la prospettiva agisce come uno strumento per viaggiare nello spazio: punti dello spazio profondo, cioè le direzioni delle rette, sono trasportati nello spazio comune, sul quadro, nei punti di fuga delle rette prospettive; punti dello spazio comune, cioè i punti del piano anteriore, sono trasportati nello spazio profondo, sul quadro, nelle direzioni delle rette prospettive. 5

6 Perché la prospettiva incorpora chi la osserva? Fig. 4.7 Pianta, prospetto e assonometria di un cilindro. Tra le tante caratteristiche esclusive della prospettiva ve n è una, tra tutte la più importante, che merita immediate attenzioni. Infatti, a differenza di una qualsiasi proiezione parallela, come ad esempio un prospetto o un assonometria, la prospettiva non rappresenta solo l oggetto osservato, ma rappresenta simultaneamente l osservatore. In altre parole, chi guarda una prospettiva viene trascinato dentro lo spazio rappresentato. Si può dire, in breve, che la prospettiva incorpora l osservatore. Prendiamo in considerazione una forma semplice come un cilindro. Nella figura 4.7 questo cilindro è rappresentato in pianta, in prospetto e in assonometria. Le sue dimensioni sono d (il diametro della base) e h (l altezza). Nessuno può dire quale oggetto reale si nasconda dietro l involucro puro del cilindro, potrebbe trattarsi di un edificio di dieci piani, oppure di un bicchiere. Ma rappresentiamo ora il cilindro in prospettiva: nella figura 4.8 è grande come un edificio, nella figura 4.9, piccolo come un bicchiere. Cos è che fa la differenza? orizzonte Fig. 4.8 Un cilindro in prospettiva grande come un edificio. Fig. 4.9 Un cilindro in prospettiva piccolo come un bicchiere. orizzonte 6

7 La differenza è nella posizione dell orizzonte rispetto all oggetto, nel primo caso l orizzonte è molto in basso, nel secondo caso molto in alto. E l orizzonte dipende dalla posizione dell osservatore: se mi trovo in una piazza esso è vicino al suolo sul quale sto in piedi, mentre se sono sulla cima di una montagna esso si trova molto più in alto della valle e dei pini che osservo, giù in basso. E quando guardo un bicchiere mi trovo appunto in questa condizione: i miei occhi sono molto più in alto del bicchiere, almeno fino a quando non decido di bere. La prospettiva, perciò, incorpora l osservatore e ne illustra la posizione nello spazio che rappresenta. Nessun altro metodo ha questa virtù: nelle proiezioni ortogonali, infatti, non è possibile rappresentare l orizzonte. Si può dunque dire che nella prospettiva l osservatore è sempre all interno dello spazio, mentre nelle proiezioni ortogonali è sempre all esterno. Perciò, la prima regola da ricordare, quando si costruisce una prospettiva, è il controllo dell orizzonte: se l oggetto che rappresento è molto più grande di me che osservo, l orizzonte dovrà essere posto in basso, più o meno all altezza che i miei occhi hanno rispetto al volume che osservo, mentre se l oggetto che rappresento è molto più piccolo, ed è perciò posto sul pavimento o su un tavolo, i miei occhi si troveranno molto più in alto e, di conseguenza, l orizzonte. Inoltre (ricordando quanto è stato detto sull osservatore sempre interno allo spazio che osserva): se l oggetto che rappresento è molto più grande di me, come in genere un edificio, non potrò mai abbracciarlo tutto con lo sguardo, come avviene per l architettura; solo se l oggetto è molto piccolo, potrò vederlo tutto rivolgendo lo sguardo dall alto in basso. Errore comunissimo è quello di sforzarsi di disegnare l architettura intera, come fosse un modello in scala ridotta e non l edificio immerso nello spazio che lo riceve. Quando ciò avviene, l osservatore assume una posizione innaturale per l uomo, come nelle vedute che sono dette, non a caso, a volo d uccello. C è un modo per sperimentare questa sensazione di caduta all interno dello spazio prospettico? Più d uno, direi. Il primo è la comune esperienza del movimento, specie quando è veloce: in questo caso tutto il mondo sembra precipitare in un punto lontano e noi con lui. Basta pensare ad una automobile che percorre l autostrada. E che fastidio abbiamo quando siamo costretti ad una innaturale visione laterale, in treno o in aereo: chi non vorrebbe, subito, sedersi al posto del pilota, per vedere, avanti a sé, il limite del precipizio? Quando osserviamo un disegno o lo schermo del computer siamo di solito già nella posizione giusta e, senza rendercene conto, diventiamo protagonisti di un viaggio che attraversa lo spazio rappresentato. Ecco, dunque, una buona regola per collocare il punto di vista alla giusta altezza. Consideriamo la prospettiva di un edificio (fig. 4.10) ed osserviamo il punto in cui l orizzonte ne taglia l immagine. Possiamo valutare, Fig (a sinistra) l osservatore è posto al primo piano di un edificio antistante. Rapportando l altezza dell - edificio a quella dell osservatore dovremmo concludere che il primo solaio si trova all altezza del petto di chi osserva e che nessuno potrebbe varcare la soglia di quella casa senza mettersi carponi (omini bianchi). Fig (al centro) la posizione dell - osservatore è quella di un uomo che attraversa la strada. Fig (a destra) l osservatore è posto al primo piano di un edificio antistante; l immagine, identica alla 4.10, appare meno sgradevole grazie all inserimento del balcone che suggerisce la posizione in cui si trova l osservatore. 7

8 anche in modo sommario, l altezza di questo punto rispetto al fabbricato: se si trova, come nel nostro esempio, tra il primo e il secondo solaio, ciò significa che l occhio dell osservatore è posto alla medesima quota: quella di un uomo che abita il primo piano. Se ragioniamo in termini metrici, ciò significa cinque o sei metri, molto più dell altezza media di un osservatore esterno all edificio. Ma potremmo, anche, e forse più giustamente, rapportare l altezza dell edificio a quella dell osservatore e dovremmo concludere allora, che il primo solaio si trova, all incirca, all altezza del petto di chi osserva e che nessuno potrebbe varcare la soglia di quella casa senza mettersi carponi. Una prospettiva siffatta comunica, perciò, un senso incertezza e contrae lo spazio reale. Proviamo allora ad abbassare la posizione dell osservatore, portandola a quella di un uomo che attraversa la strada (fig. 4.11). Ora l orizzonte taglia l edificio poco sopra la metà del primo livello e possiamo stimare esattamente le proporzioni di questa bella architettura di Le Corbusier: il basso portale d ingresso (in realtà è alto circa due metri e quaranta) i due livelli superiori scanditi dal frangisole e l attico che si scorge appena al di sopra dell edificio rotondo in primo piano, preesistente. Ecco, all atto pratico, come la prospettiva incorpora l osservatore. Ma non è tutto. La prospettiva, infatti, simula o, per meglio dire, evoca l esperienza quotidiana della visione e a questa esperienza occorre fare riferimento nelle nostre indagini. Ad esempio, perché la figura 4.12, pur contendendo il medesimo errore della figura 4.10, cioè un punto di vista troppo alto, è, in fin dei conti, meno sgradevole? Forse perché siamo abituati a scorci di questo genere, ne vediamo in continuazione, quando ci affacciamo alle finestre di casa nostra. Per questa ragione, volendo proporre comunque questa immagine, sarebbe meglio inserire qualche elemento di primo piano che suggerisca la situazione in cui si trova l osservatore, il parapetto di un balcone, ad esempio. Sulla inquadratura Un disegno d architettura può avere varie finalità, ad esempio quella di comunicare la forma dell edificio progettato, oppure quella di illustrare i dettagli della costruzione e molte altre ancora ma, in ogni caso, un disegno d architettura è una sorta di messaggero, al quale il progettista ha affidato il compito di trasmettere ad altri le proprie idee. Il messaggero svolgerà tanto meglio il suo compito quanto più sarà capace di parlare in modo semplice e chiaro e quanto più sarà eloquente e seducente. Tutto ciò per dire che il disegno deve curare questi aspetti, cioè, per svelare la metafora, deve essere nitido, luminoso e ben composto. Affinché un disegno sia nitido occorre: - che il segno sia sempre ben visibile, il più lieve e sottile come il più netto; - che il segno non sia mai ripreso, ma tracciato da un punto all altro, con sicurezza; - meglio un segno tremante ma netto che uno diritto ma ingarbugliato da molte riprese, come una corda sfilacciata; - se occorre riprendere, perché non si è riusciti a unire il punto A con il punto B con un solo tratto, si interrompe il segno e lo si riprende lasciando un piccolo spazio. Affinché il disegno sia luminoso occorre: - distinguere bene i segni usando sia quelli leggeri, ad esempio nelle costruzioni geometriche, si quelli pesanti, ad esempio nei contorni; - non sporcare di grafite il foglio, il che si ottiene tenendo la mano sollevata dal foglio e, se occorre, proteggendo il disegno con un altro foglio di carta; Fig Inquadrature del disegno in rettangoli che abbiano rapporti codificati fra i lati. 8

9 - a lavoro ultimato si possono pulire le zone non disegnate con la gomma pane; - con l esperienza e il progredire delle conoscenze, si possono usare le penne e l acquerello per le campiture (e di questo si parlerà a suo tempo). Infine sulla composizione, voglio dare qualche breve suggerimento, che credo sia utile soprattutto a chi incomincia: - impostare la prospettiva a quadro verticale e, meglio, se frontale; - inquadrare il disegno in un quadrilatero che abbia i lati nei rapporti codificati da una esperienza secolare, ad esempio: 1:1 (quadrato); 1,618:1 (aureo); 2:1 (diapason); 3:2 (diapente); 4:3 (diatessaron) (fig.4.13); queste inquadrature possono essere utilizzate in orizzontale (landscape) o in verticale (portrait); - collocare il punctum (si veda Roland Barthes, La camera chiara, PBE, 2003) secondo la regola dei terzi (si divide l inquadratura in nove parti con due linee orizzontali e due verticali e si colloca il punctum in prossimità dei nodi) (fig. 4.14); - ricercare, ma senza che ciò diventi un ossessione, equilibri geometrici piani, bidimensionali, nella prospettiva delle forme tridimensionali rappresentate (figg ). Fig (a sinistra) Veduta vincolata. Cartier Bresson impiega la regola dei terzi; il punctum è il buco nella tenda, ma c è anche un secondo punctum, simmetrico, che è l occhio sbarrato del signore con i baffi che aspetta il suo turno (C-B, Bruxelles 1932). Fig (in alto) Esempio molto raffinato di composizione geometrica (Cartier-Bresson, Salerno 1933). Fig (a destra) Esempio di complessa ricerca compositivo. Cartier Bresson impiega la regola dei terzi per quanto riguarda l architettura, la ragazza che scappa, perché non vuole essere fotografata, si trova al centro e sconfessa la regola (C-B, Sifnos 1951). 9

10 Il telaio della finestra è usato come il reticolo di Dürer (Cartier-Bresson, Malakoff 1979, carboncino su carta). Cartier-Bresson voleva fare il pittore e disegnava assai, non era un gran che come pittore e non ebbe successo, però se la godeva lo stesso, e anche questa è una lezione da imparare. 10

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