Decisione N. 157 del 14 gennaio 2015

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1 COLLEGIO DI MILANO composto dai signori: (MI) GAMBARO (MI) LUCCHINI GUASTALLA (MI) SANTONI Presidente Membro designato dalla Banca d'italia Membro designato dalla Banca d'italia (MI) RONDINONE Membro designato da Associazione rappresentativa degli intermediari (MI) D'ANGELO Membro designato da Associazione rappresentativa dei clienti Relatore (MI) D'ANGELO Nella seduta del 17/06/2014 dopo aver esaminato: - il ricorso e la documentazione allegata - le controdeduzioni dell intermediario e la relativa documentazione - la relazione della Segreteria tecnica FATTO Con ricorso del 8 novembre 2013, il ricorrente adiva l ABF al fine di ottenere il rimborso di euro 1.350,00 derivanti da un utilizzo illecito della propria carta di credito. L istante premetteva, infatti, di avere presentato denuncia alla Questura il 21 giugno 2013 nella quale palesava di avere utilizzato la propria carta di credito il 16 giugno 2013 e di essersi accorto nella stessa mattinata di avere smarrito la carta in questione. Nella circostanza, dichiarava di avere contattato l istituto emittente la carta di credito per verificare l eventuale utilizzo illecito e che la medesima invitava a chiamare l Istituto di Credito per accertarsi delle movimentazioni. Dopo il rituale riscontro, ed all esito della risposta negativa rispetto alla domanda di restituzione dell importo non riconosciuto, il ricorrente in sede di reclamo ha rappresentato che per espressa previsione contrattuale, il Titolare deve comunque ricevere il rimborso delle spese non autorizzate sino alla comunicazione dello smarrimento, salva la franchigia di 150 Euro. L intermediario, a propria volta, ha ritenuto che comunque le doglianze non siano fondate poiché i contrasti evidenziati tra la denuncia ed il successivo reclamo/ricorso Pag. 2/6

2 confermerebbero il colpevole comportamento dell istante rispetto ad un rituale controllo del proprio strumento di pagamento. Peraltro, l utilizzo di chip e PIN da parte dell ipotetico frodatore comporterebbe l applicazione delle disposizioni del Decreto Legislativo 11/2010 in caso di dolo o colpa grave (articolo 12 comma 4). L istante, quindi, all esito del riscontro, decideva di adire l ABF. DIRITTO Al fine di potere utilmente decidere la controversia sottoposta al suo vaglio, questo Collegio deve fare alcune precisazioni preliminari. In primo luogo, occorre specificare che il ricorso verte sulla richiesta di rimborso del controvalore delle transazioni effettuate con la carta di credito di cui il ricorrente è titolare, e da lui disconosciute, avvenute il 16 giugno Gli addebiti contestati risalgono, dunque, ad un periodo successivo all entrata in vigore del D.lgs. 27 gennaio 2010, n. 11 (Attuazione della direttiva 2007/64/CE, relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno) e del relativo Provvedimento della Banca d Italia del È dirimente, peraltro, che l intermediario, pur asserendo che le operazioni sarebbero state autenticate mediante la digitazione del PIN e l uso della carta, non produce i log informativi delle verifiche eseguite, in luogo dei quali allega le videate, non fornendo comunque la legenda dei codici ivi indicati. Ciò lascia spazio ad affrontare in mancanza di prova contraria l aspetto più rilevante di diritto che costituisce il punctum dolens della vicenda, dalla cui risoluzione dipende l esito del ricorso. In merito, la legge stabilisce che l utilizzatore deve comunicare senza indugio, secondo le modalità previste nel contratto quadro, al prestatore di servizi di pagamento lo smarrimento, il furto, l appropriazione indebita o l uso non autorizzato dello strumento non appena ne viene a conoscenza (art. 7 comma 1 lett. b d.lgs. n. 11/2010). Il menzionato decreto, in particolare, introduce una ripartizione del rischio connesso all utilizzo di strumenti elettronici di pagamento tale da fare ricadere sull intermediario il rischio stesso, a meno che non risulti una colpa grave dell utilizzatore-cliente, sul quale resta comunque una partecipazione al rischio nella misura di Euro 150,00 (c.d. franchigia), da applicarsi salvo diversa pattuizione contrattuale migliorativa per il cliente stesso. Con riferimento all onere della prova, la disciplina legislativa prevede che, quando l utilizzatore di servizi di pagamento neghi di aver autorizzato un operazione di pagamento eseguita, l utilizzo di uno strumento di pagamento registrato dal prestatore di servizi di pagamento non è di per sé necessariamente sufficiente a dimostrare che l operazione sia stata autorizzata dall utilizzatore medesimo, né che questi abbia agito in modo fraudolento o non abbia adempiuto con dolo o colpa grave a uno o più degli obblighi di cui all articolo 7 (art. 10 comma 2 d.lgs. n. 11/2010). Nel caso di specie, l utilizzatore nega di avere autorizzato le operazioni contestate: in questo modo l onere della prova si trasferisce sul prestatore di servizi di pagamento. Sulla base della documentazione a disposizione di questo Collegio non emergono circostanze che possano far ritenere sufficientemente provato dall intermediario che il ricorrente non abbia adempiuto con dolo o colpa grave agli obblighi di cui all art. 7 d.lgs. n. 11/2010. Le conseguenze giuridiche dell utilizzo indebito di uno strumento di pagamento sono delineate nell art. 12 d.lgs. n. 11/2010, il quale distingue fra il caso dell utilizzo dello strumento prima della comunicazione del cliente e quello dell utilizzo dello strumento dopo Pag. 3/6

3 la comunicazione del cliente. Prima della comunicazione l utilizzatore può sopportare per un importo comunque non superiore a 150 euro la perdita derivante dall utilizzo indebito dello strumento di pagamento (art. 12 comma 3 d.lgs. n. 11/2010). Peraltro, un momento di distrazione nella custodia dei contenitori in cui vengono normalmente custoditi gli strumenti di pagamento non è di per sé indizio di colpa grave. Nella ipotesi de quo, il Collegio non può non rilevare che dalla documentazione prodotta dall intermediario risulta chiaramente che le operazioni contestate consistono esclusivamente in pagamenti effettuati mediante l utilizzo della carta di credito del ricorrente. Di conseguenza, in linea con il proprio orientamento, il Collegio ritiene che la soluzione della controversia debba ispirarsi al principio secondo il quale non ogni contegno imprudente può far ritenere integrato il grado della colpa grave, ma solo quello che appaia abnorme ed inescusabile (Collegio di Coordinamento dell ABF n del 17 ottobre 2013). Una valutazione siffatta deve essere compiuta alla luce di tutte le circostanze di fatto che, di volta in volta, caratterizzano il caso di specie, tenendo in considerazione la sussistenza della stessa sia con riferimento agli obblighi di custodia dello strumento di pagamento, sia quelli di memorizzazione del codice identificativo. Conformemente alla ratio sottesa alla disciplina dei servizi di pagamento, grava sul prestatore la prova non solo dell adozione da parte sua dei presidi di sicurezza degli strumenti di pagamento, bensì anche della sussistenza di quell elevato e abnorme grado di negligenza in capo all utilizzatore, al ricorrere del quale possa imputarsi allo stesso la responsabilità delle conseguenze di un utilizzo fraudolento della carta rubata. Ne consegue che, come già rilevato da questo Arbitro, la prova della colpa grave indica, più specificamente, la prova dei fatti che, in connessione tra loro, possono ragionevolmente condurre a ritenere gravemente negligente la condotta del cliente. Questa prova può ovviamente essere fornita pure per mezzo di presunzioni, purché queste, com è noto, siano gravi, precise e concordanti secondo quanto dispone l art c.c. (cfr. dec. n. 1033/2012). La stessa Corte di Cassazione, a tale specifico riguardo, ritiene ammissibile la prova indiziaria della sussistenza della colpa grave (cfr. Cass. civ., Sez. II, 18 gennaio 2010, n. 654). Si tratta, in altri termini, di valorizzare le singole e specifiche circostanze relative alle fattispecie di volta in volta sottoposte all esame dell ABF, in ordine alle quali è necessario verificare se alla luce degli elementi costituitivi della fattispecie, stretti in intima connessione tra loro sia possibile desumere in capo all utilizzatore un comportamento gravemente colposo. Né, rispetto a tale ricostruzione, osta il dettato dell art. 10, comma 2, d. lgs. n. 11/2010, nella parte in cui dispone che Quando l utilizzatore dei servizi di pagamento neghi di aver autorizzato un operazione di pagamento eseguita, l utilizzo di uno strumento di pagamento registrato dal prestatore di servizi di pagamento non è di per sé necessariamente sufficiente a dimostrare che l operazione sia stata autorizzata dall utilizzatore medesimo, né che questi abbia agito in modo fraudolento o non abbia adempiuto con dolo o colpa grave a uno o più degli obblighi di cui all articolo 7. Contrariamente alla chiarezza che il dato testuale sembrerebbe mostrare prima facie, nel senso di escludere automaticamente qualsiasi presunzione al riguardo, deve infatti rilevarsi che l espressa enunciazione del dettato normativo dispone che il solo compimento dell operazione fraudolenta non costituisca di per sé e necessariamente prova della colpa grave dell utilizzatore; la formulazione della norma citata, consente all interprete di ritenere che si tratti non già di una esclusione totale ed automatica. L unica presunzione che appare vietata dalla richiamata disposizione è quella relativa dell affermazione della colpa grave esclusivamente collegata all utilizzo della carta; da ciò ne discende, a contrario, che sia invece ammissibile tale presunzione, laddove sussista una serie di elementi di fatto Pag. 4/6

4 particolarmente univoca e convergente, al punto che possa ragionevolmente ritenersi che l utilizzo fraudolento sia effettivamente riconducibile sul piano causale alla condotta dell utilizzatore. Ciò chiarito, deve ulteriormente precisarsi che detta prova presuntiva possa essere ricavata anche con riferimento alle circostanze di fatto, connesse all utilizzo della carta, subito dopo il furto: detto percorso logico-deduttivo, infatti, non è fondato su una serie di presunzioni semplici, bensì su una molteplice concatenazione univoca e convergente di fatti noti, come richiesto dall art cod. civ. Infatti, come correttamente evidenziato in dottrina, la presunzione c.d. qualificata deve consentire di pervenire ad un risultato plausibile, che indichi in modo puntuale e specifico il fatto da provare, in base a valutazioni prive di contraddizioni logiche e ragionevolmente univoche. Come affermato dalla giurisprudenza di legittimità, infatti, è indispensabile che il rapporto di dipendenza logica tra il fatto noto e quello ignoto sia accertato alla stregua di canoni di probabilità, con riferimento ad una connessione possibile e verosimile di accadimenti, la cui sequenza e ricorrenza possano verificarsi secondo regole di esperienza (cfr. ex multis Cass. civ., Sez. Un., 13 novembre 1996, n. 9961; Cass. civ., Sez. I, 1 agosto 2007, n ; Cass. civ., Sez. V, 6 agosto 2009, n ). Orbene, in fattispecie come quelle sottoposte all ABF, si tratta di verificare se la sequenza temporale tra furto e utilizzi fraudolenti posti in stretta successione tra loro sia idonea a fondare la presunzione della sussistenza della colpa grave in capo all utilizzatore: nella ricostruzione di tale iter, i fatti noti consistono nel furto della carta e nel suo utilizzo immediato e fraudolento; sulla base di tali premesse in fatto, deve risalirsi al fatto ignoto consistente nella conservazione del PIN unitamente alla carta e alla relativa facile associazione. È tale comportamento, infatti, che si pone in contrasto con obblighi specifici derivanti dalla legge e dal contratto con il prestatore e che integra ex se la colpa grave dell utilizzatore. In altre parole, non v è un ulteriore passaggio logicodeduttivo, in base al quale - alla luce di fatti noti debba risalirsi dapprima al fatto ignoto consistente nella conservazione congiunta di PIN e carta (che costituirebbe una prima presunzione semplice), in ragione della quale dovrebbe ulteriormente presumersi la sussistenza della colpa grave (che costituirebbe una seconda presunzione). Ritenuto, pertanto, legittimo tale iter argomentativo, poiché esso non costituisce una praesumptio de praesunto, bensì una presunzione seppure qualificata, questo Collegio coerentemente con la giurisprudenza consolidata dell ABF non può mancare di rilevare che non possa ritenersi provata, neppure in via presuntiva, la colpa grave dell utilizzatore sulla base dei soli utilizzi fraudolenti in tempi alquanto ravvicinati rispetto al furto; v è infatti la necessità che siano esaminati, in relazione alla concreta fattispecie di volta in volta posta al vaglio dell Arbitro, ulteriori elementi di fatti che siano per l appunto gravi, precisi e concordanti ed in relazione ai quali vi sia un elevato grado di probabilità che detti utilizzi fraudolenti siano ascrivibili alla condotta gravemente colposa dell utilizzatore, il quale con il proprio comportamento abbia casualmente contribuito al verificarsi dell evento. Infatti, solo nel caso in cui in relazione alle circostanze di fatto prese in considerazione non sia possibile rinvenire nel contegno dell utilizzatore alcun profilo di dolo o colpa grave, ma semmai una mera negligenza, può prevedersi l attribuzione della responsabilità conseguente alle operazioni fraudolente in capo al prestatore dei servizi, sia in ragione del fatto che questi è tenuto a garantire la congruità e l adeguatezza dei presidi tecnici messi a disposizione degli utilizzatori, sia in conseguenza del generale rischio d impresa gravante sullo stesso. In siffatte ipotesi, l intermediario è tenuto a restituire le somme corrispondenti alle operazioni fraudolente, sui quali laddove il ricorrente ne faccia espressa richiesta vanno computati gli interessi al tasso legale. Il rimborso, infatti, deve qualificarsi come obbligazione pecuniaria avente natura meramente restitutoria, e non risarcitoria, con la conseguenza che il decorso degli interessi debba essere considerato a partire dal Pag. 5/6

5 reclamo, inteso quale atto formale di messa in mora da parte del creditore della prestazione. Se, come nel caso in esame, il ricorrente disconosce le operazioni contestate, si deve concludere che manchi, da parte del titolare, la prova della sua esistenza, tanto più che è l intermediario che è tenuto a verificare la regolarità formale dei documenti di spesa prodotti dall esercente (Collegio di Roma n. 942/11). Ne deriva che, il ricorso possa trovare parziale accoglimento nei confronti dell intermediario, detraendo alla richiesta formulata dal ricorrente (Euro 1.350,00) la franchigia di Euro 150,00. PER QUESTI MOTIVI Il Collegio accoglie parzialmente il ricorso e dispone che l intermediario corrisponda al ricorrente la somma di 1.200,00. Il Collegio dispone inoltre, ai sensi della vigente normativa, che l intermediario corrisponda alla Banca d Italia la somma di 200,00, quale contributo alle spese della procedura, e al ricorrente la somma di 20,00, quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso. IL PRESIDENTE firma 1 Pag. 6/6

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