CHIMICA BIOLOGICA ESPERIENZE DI LABORATORIO

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1 1 CHIMICA BIOLOGICA ESPERIENZE DI LABORATORIO Laboratorio di Chimica Biologica Corso di Studio in Scienze Biologiche (Laurea triennale) Facoltà di Scienze MFN Università degli Studi di Genova Anno Accademico Sperimentazione e redazione a cura di: Prof. Alessandro Morelli Dott.ssa Silvia Ravera Dott.ssa. Daniela Calzia

2 INTRODUZIONE 2 In questo laboratorio lo studente potrà eseguire alcuni semplici esperimenti: Determinazione dello spettro d assorbimento del coenzima piridinico NADH (forma ridotta) e NAD + (forma ossidata). Misura dell attività enzimatica a substrato soprasaturante dell enzima Glucosio-6-fosfato deidrogenasi (Glucose-6-phosphate: NADP oxidoreductase; G6PD; ), presente nel lievito (Saccharomyces cerevisiae). Determinazione della costante di Michaelis-Menten (per il substrato glucosio-6.fosfato) dell enzima Glucosio-6-P deidrogenasi, utilizzando il metodo di linearizzazione grafica di Lineweaver-Burk. Determinazione del flusso glicolitico (consumo di glucosio e formazione di etanolo) nel lievito Saccharomyces cerevisiae. Analisi quantitativa, con tecniche enzimatiche, di un campione contenente concentrazioni incognite di ATP. Separazione elettroforetica di proteine e visualizzazione dell attività enzimatica della G6PD su gel. Il metabolismo cellulare ha caratteristiche universali. Per esempio la glicolisi anaerobica, che è possibile osservare nel materiale biologico consegnato allo studente, avviene praticamente in tutte le specie. L esperienze di questo laboratorio vengono condotte con cellule di lievito (le stesse usate per scopi alimentari, dal corredo genetico triploide) che presentano un accentuato metabolismo anaerobico. Sono inoltre cellule particolarmente semplici, pur essendo eucariote a tutti gli effetti (sono infatti dotate di nucleo, di reticolo endoplasmatico, di mitocondri). Lo studente potrà verificare che: 1) il glucosio assunto è generalmente degradato in percentuale elevata ad etanolo ed anidride carbonica, grazie alla glicolisi anaerobica; 2) il glucosio può anche essere metabolizzato in forma aerobica (glicolisi + ciclo di Krebs- associato alla fosforilazione ossidativa), ma questo avviene in misura ridotta nel tipo di lievito da noi utilizzato. L osservazione e la misura del flusso metabolico della glicolisi anaerobica non rappresenta, ovviamente, l unica finalità di questo laboratorio. Lo studente è chiamato a prendere confidenza con manipolazioni biochimiche semplici per realizzare alcune esperienze analitiche di tipo qualitativo e quantitativo, nell ambito delle microquantità dei composti analizzati, utilizzando anche enzimi purificati, reperibili in commercio, per l esecuzione di reazioni in vitro. Strumentazione Le osservazioni biochimiche richiedono spesso l utilizzo dello spettrofotometro. Qui ne vengono richiamati i principali aspetti applicativi. Questo strumento può essere più o meno complesso, ma essenzialmente è costituito da: una sorgente di luce (lampada), che nel nostro caso emette luce nel visibile e nell ultravioletto (UV), un filtro, una cuvetta, e un rivelatore fotosensibile per analizzare la luce trasmessa (assorbanza). La legge fisica che governa l assorbimento della luce, è quella di Lambert-Beer, ed è espressa con la seguente equazione: A = ε c l ( Legge di Lambert Beer)

3 3 A = assorbanza, o densità ottica (OD); indica la quantità di luce assorbita dal campione ad una particolare lunghezza d onda. Durante questo corso si utilizzeranno coenzimi piridinici, che presentano nella forma ridotta un incremento massimo a 340 nm. Tali coenzimi sono largamente utilizzati nelle determinazioni biochimiche quantitative. ε = coefficiente di estinzione molare, riferito ad una certa lunghezza d onda λ, che corrisponde all assorbanza di una soluzione 1 Molare della sostanza, se il cammino ottico attraversato è 1 cm (questo coefficiente è espresso in M -1 x cm -1 ). c = concentrazione della molecola che assorbe il raggio luminoso a quella lunghezza d onda; se ε è espresso come M -1 cm -1, la concentrazione sarà espressa in molarità (M = moli/litro), se invece ε è espresso come mm -1 cm -1 la concentrazione sarà espressa in millimolarità (mm = millimoli/litro) l = spessore, indica il cammino ottico percorso dalla radiazione monocromatica attraverso la soluzione; in genere è 1 cm. Avvertenza: si tenga presente che la lettura allo spettrofotometro è attendibile per valori di Assorbanza (o Densità ottica, OD) al di sotto di 1,2 OD. Ovvero i campioni troppo concentrati presentano una OD la cui determinazione è impraticabile. Tali campioni sono leggibili solo dopo opportuna diluizione, della quale, ovviamente, occorre tenere conto. Per il prelievo di liquidi vengono utilizzate pipette pneumatiche a gradazione variabile che prevedonol impiego di puntali monouso. Preparazione delle soluzioni Le concentrazioni sono, di norma, espresse in Molarità (M, ovvero il numero di moli di un determinato composto presenti in 1 litro di soluzione). Per preparare una soluzione con molarità M, occorrerà pesare la quantità in grammi (gr) data dalla formula seguente gr = PM M V Dove: PM = peso molecolare (per esempio per il glucosio è 180) M = molarità della soluzione V = volume finale espresso in litri Esempio: Occorre preparare una soluzione a concentrazione 1 M di glucosio: volume richiesto 10 ml (0,01 litri). Si utilizza Glucosio monoidrato in cristalli (PM = (per la molecola d H 2 O di cristallizzazione) = 198). Quindi: gr = ,010 = 1,98 Questi 1,98 gr sono pesati direttamente in una provetta graduata da 10 ml (le provette coniche di materiale plastico e monouso a disposizione dello studente presentano contrassegni in corrispondenza dei volumi: 0,5-1,0-2, ml); al glucosio si aggiungono circa 2 ml di H 2 O deionizzata, agitando immediatamente la soluzione. Poi si porta a volume (si aggiunge H 2 O sino a 10 ml) e si agita nuovamente per rendere la soluzione omogenea. Si contrassegni la provetta con la scritta Glucosio 1 M, utilizzando l apposito pennarello. Nel laboratorio biochimico si utilizzano frequentemente le soluzioni: M (molare, cioè 1 mole a litro, quindi 1 mmole in 1 ml) mm (millimolare, cioè 1 millimole a litro, quindi 1 μmole in 1 ml) μm (micromolare, cioè 1 micromole a litro, quindi 1 nmol

4 1 Giorno 4 DETERMINAZIONE DELLO SPETTRO D ASSORBIMENTO DEL COENZIMA PIRIDINICO NADH (forma ridotta) NAD + (forma ossidata). Il ciclo di esperienze prevede un ampio impiego dei coenzimi piridinici (NAD + e NADP + ), i quali presentano un particolare spettro di assorbimento in forma ossidata (identico per NAD + e NADP + ) che differisce dallo spettro di assorbimento delle forme ridotte (NADH e NADPH). Infatti entrambi i coenzimi sono caratterizzati, nella forma ridotta, da una banda di assorbimento con massimo a 340 nm, che è assente nelle forme ossidate (v. Fig. 1). Quindi, se nella cuvetta dello spettrofotometro NAD + o NADP + partecipano a reazioni nelle quali sono trasformati in NADH o NADPH si osserverà un incremento di densità ottica a 340 nm. Viceversa, se il NADH od il NADPH sono ossidati a NAD + o NADP +, si osserverà un decremento della densità ottica. O.D. (densità otticaunità arbitrarie) = NAD e NADP (forme ossidate) = NADH e NADPH (forme ridotte) = Massimo di assorbimento di NADH e NADPH λ (nm) Figura 1 : Spettri di assorbimento dei coenzimi piridinici Il coefficiente di estinzione molare (ε) dei coenzimi piridinici ridotti è 6220 M -1 cm -1 (6,22 mm -1 cm -1 ) ad una lunghezza d onda di 340 nm. Una soluzione 1 M dei coenzimi piridinici è illeggibile, perché l assorbanza supera di molto il limite di 1.2 OD, imposto dall attendibilità dello strumento. Però anche una soluzione 1 millimolare di NADH (o NADPH) è ancora troppo concentrata, poiché presenta un OD pari a 6,220; pertanto si utilizzeranno soluzioni ancora più diluite. Infatti diluendo quest ultima ancora per 6,22 volte (ovvero se ad 1 ml di soluzione 1 mm sono aggiunti 5,2 ml di H 2 O) si otterrà un assorbanza di 1 O.D, valore ormai leggibile allo strumento. Per conoscere la concentrazione (in µmoli/ml, quindi la millimolarità) di una soluzione a concentrazione incognita presente nella cuvetta dello spettrofotometro è sufficiente dividere l OD per 6,22 (se lo spessore di soluzione attraversato dal raggio di luce monocromatico è 1 cm. (Nei laboratori è quasi sempre utilizzato tale spessore). Parte pratica:

5 - Allo studente verranno fornite due soluzioni denominate 1 e 2, una delle due conterrà NAD +, l altra NADH. - Lo studente diluirà 100 volte questa soluzione in una cuvetta da 1 ml di volume finale. - Per distinguere le due forme del coenzima piridinico, lo studente dovrà ricavare sperimentalmente l intero Spettro di Assorbimento, effettuando più misure dell OD a varie lunghezze d onda da 240 nm a 420 nm. In particolare si determinerà l OD di un aliquota della soluzione a 320, 330, 340, 350, 360, 380, 400, 420 nm (lunghezze d onda nel visibile). NB: le misure all ultravioletto (Lunghezze d onda: 240, 260, 280, 300 nm) verranno fornite allo studente durante l esperienza. - I dati così ottenuti dovranno essere riportati in un grafico (su carta millimetrata), in cui in ordinate sarà indicata l assorbanza, espressa in OD, e in ascissa la lunghezza d onda, espressa in nm. - In base allo spettro ottenuto lo studente dovrà indicare quale soluzione contiene NADH e quale NAD +. Lo studente dovrà anche desumere(v. dopo), dal valore dell OD, la concentrazione della soluzione contenente NADH. Questa esperienza permetterà allo studente di verificare nella pratica che solo le forme ridotte dei coenzimi piridinici assorbono a 340 nm. E si osserverà la persistenza dell assorbimento a 260 nm che è dovuto all adenina, che non subisce modifiche nel corso delle reazioni di ossido-riduzione. - Al termine dell esperienza si dovrà anche calcolare la concentrazione Molare di NADH presente nella cuvetta, basterà applicare la Legge di Lambert-Beer; perciò visto che: A = ε M s, per risalire all incognita M sarà sufficiente estrapolare M da tale equazione e sostituire ad A l OD letta allo spettrofotometro, a ε il valore del coefficiente di estinzione molare del NADH a 340 nm, ed a s il valore del cammino ottico. Nel calcolo dovrà essere considerata anche la diluizione che il campione ha subito in cuvetta. 5 DETERMINAZIONE DELL ATTIVITA DELL ENZIMA G6PD PRESENTE IN DIVERSI PREPARATI BIOLOGICI Vengono qui si seguito riportate alcune proprietà fondamentali dell Enzimologia; si rimanda alla dispensa Elementi di Cinetica enzimatica fornita allo studente e ai libri di testo di Biochimica per una esauriente trattazione. In una cellula sono presenti migliaia di proteine enzimatiche, che sono macromolecole proteiche (enzimi) in grado (ciascuno) di catalizzare una specifica reazione chimica. Per la determinazione di una specifica attività enzimatica in un lisato cellulare, che contiene migliaia di enzimi, una piccola aliquota del lisato è collocata in una soluzione che contiene quantità soprasaturanti dei substrati dell enzima che si vuole determinare. In tali condizioni potrà essere operativo solo l enzima che trova i(l) propri(o) substrati(o), e taceranno gli altri enzimi, che al contrario ne sono privi. Si otterrà la velocità massima V max. Occorre far riferimento alle seguente equazione: V max = k 3 [ E ]

6 V max = velocità massima, in µmoli/minuto secondo in 1 ml di soluzione. k 3 = numero di turnover, cioè le moli di substrato elaborate da una mole di enzima in 1 secondo, che coincide, ovviamente, con le µmoli di substrato elaborate da 1 µmole di enzima in secondo. [ E ] = concentrazione dell enzima, in µmoli/ml. E possibile determinare l attività di un enzima in un preparato biologico con tecniche di vario tipo. Per tale misura è necessario che il preparato sia nativo, ovvero non deve aver subito processi denaturanti, in modo da mantenere il più possibile intatte le funzioni delle varie proteine in essi contenute tra cui, ovviamente, le proteine dotate di attività enzimatica. Per misurare la concentrazione di qualsiasi componente endocellulare occorre rompere la membrana (e la parte dove presente), in modo che le cellule riversino il loro contenuto nella soluzione. Tale processo viene denominato omogenizzazione, e sarà affrontato in forme più esaurienti nel Laboratorio di Fisiologia Generale. L enzima Glucosio-6-fosfato deidrogenasi (G6PD) è largamente distribuito in tutte le cellule (è il primo enzima dello Shunt dei pentosi-fosfato che, tra l altro, garantisce alla cellula la sintesi degli zuccheri a 5 atomi di carbonio, che entrano nella composizione degli acidi nucleici). Per quanto riguarda l attività G6PD non esistono problemi di equilibrio chimico, per riprodurre la reazione in vitro (schematizzata a pag 6). Infatti è sufficiente che l enzima si trovi in presenza dei due substrati (G6P e NADP - questo ultimo è definito comunemente coenzima) e la reazione procede perché caratterizzata da un ΔG largamente negativo. 6 Definizione di unità enzimatica Si definisce unità di enzima quella quantità di enzima che (ad una temperatura prefissata, nel nostro caso, per semplicità, la temperatura ambiente) elabora 1 µmole di substrato in un minuto primo. Parte pratica: Dosaggio della G6PD: La reazione enzimatica che viene messa in condizione di avvenire (grazie al piccola aliquota di lisato introdotta nella cuvetta) è quella che porta alla reazione tra Glucosio-6-P e NADP +. Si realizza così l ossidazione del Glucosio-6-P ad acido 6-fosfo-gluconico (è in sostanza il gruppo aldeidico in posizione 1 del glucosio-6-p che viene ossidato a gruppo acido), ad opera del NADP + che si riduce a NADPH (producendo 1 equivalente di protoni, che genera acidità). Questa generazione di acidità non va sottovalutata! Si sottolinea che per una corretta riuscita dell esperienza il campione deve essere aggiunto per ultimo, subito prima di eseguire la misurazione. Glucosio 6-P NADP + NADPH + H + G6PD ac.6-p-gluconico

7 - In una cuvetta si inseriscono tutte le seguenti soluzioni, tranne il campione, che andrà aggiunto al momento di iniziare le misure allo spettrofotometro. Sostanze M iniziale M finale Lisato di lievito Omogenato polmone TRIS-HCl ph=8 1M 85 mm MgCl M 7 mm Glucosio-6-P 0.1 M 1 mm NADP 10 mm 1 mm Campione PER ULTIMO H 2 0 Volume finale 1 ml 1 ml 7 - Si agita la soluzione e si esegue una lettura ogni minuto. Non occorre una preventiva lettura, prima dell aggiunta del lisato cellulare, perché questa è una misura cinetica, e quindi saranno misurate delle variazioni di OD, per una reazione che, teoricamente, si svolge a velocità costante. L OD aumenterà per il NADPH che via-via si forma. - Si registra la lettura dell OD ogni minuto, e si calcola immediatamente la differenza. Si osserverà che la O.D. aumenta costantemente. Con un osservazione complessiva di 10 minuti, si può eseguire una corretta determinazione dell attività enzimatica. Se nell arco dei 10 minuti la differenza (al minuto) si è mantenuta all incirca costante, si può calcolare il ΔO.D. medio, riferito al minuto primo. Dividendo tale valore per 6,220 (l assorbimento di 1 μmole/ml) si otterranno, le μmoli di NADPH formate in un minuto, nella cuvetta. Considerando che l unità enzimatica è la quantità di enzima che trasforma una μmole in un minuto, le μmoli di NADPH formate corrispondono alle UI/ml di G6PD presenti in cuvetta (volume totale 1 ml). L attività enzimatica si può quindi esprimere come unità internazionali di enzima/ml (IU/ml). Essendo 1 ml il volume della cuvetta, le IU calcolate totali coincidono con le IU/ml in cuvetta. - Per sapere quante unità internazionali di G6PD sono presenti in 1 ml dei due campioni utilizzati bisogna applicare il metodo delle diluizioni scalari. Questo metodo tiene conto delle diluizioni effettuate in ogni singolo passaggio durante l esecuzione dell esperimento. Questo significa, in generale, che il valore dell assorbanza dopo essere stato diviso per il valore del coefficiente di estinzione molare, deve essere moltiplicato per il rapporto tra il volume totale e il volume del campione per ogni passaggio. Esempio: se nella cuvetta sono stati inseriti 5 μl di campione su un volume totale di 1 ml (1000 μl) significa che il campione è stato diluito 200 volte (1000 μl/5 μl). Questo significa che anche l attività enzimatica rinvenuta in cuvetta è 200 volte diluita rispetto a quella presente nel campione puro. Quindi moltiplicando per 200, si otterrà il valore delle unità enzimatiche in 1 ml di campione puro (U/ml di campione). Inoltre conoscendo la concentrazione proteica del campione si possono calcolare anche le unità enzimatiche rispetto ad un mg di proteine totali (U/mg di proteine totali), dividendo il valore delle U/ml di campione puro per il valore della concentrazione del campione espresso come mg/ml. 2 Giorno CINETICA ENZIMATICA: DETERMINAZIONE DELLA COSTANTE DI MICHAELIS -MENTEN

8 8 Introduzione Sul significato dei parametri cinetici di un enzima, occorre che lo studente richiami alcuni concetti-base dell enzimologia (v. libri di teso di Biochimica). Ricordiamo in sintesi che, per una reazione catalizzata da un enzima, vale la relazione: v = 1 + Vmax K M [ S ] Per una reazione a cinetica normale, in un grafico con v (velocità della reazione) in funzione di [S], si ottiene un iperbole. Per verificare la legge di MIchaelis-Menten si può utilizzare il metodo della linearizzazione grafica di Lineweaver-Burk: in pratica si riporta su grafico 1/v in funzione di 1/[S]. Tali reciproci di v ed [ S ] scaturiscono dalla relazione sopra citata espressa in forma inversa: 1 1 K M 1 = + v Vmax Vmax [ S ] Dove: v = velocità della reazione. Vmax= velocità massima della reazione a substrato soprasaturante. [ S ] = concentrazione del substrato. K M = costante di Michaelis-Menten. I punti ottenuti dalle misure eseguite allo spettrofotometro sono riportati sul grafico dei doppi reciproci. Se giacciono su di una retta, significa che l enzima ha cinetica normale, ovvero iperbolica.

9 9 Parte pratica: Queste osservazioni vengono eseguite sull enzima G6PD in quanto è un enzima assai diffuso nelle cellule sia di organismi superiori che in batteri. La misura è effettuata usando l enzima puro. - Si preparano 6 cuvette nelle quali l unica variabile è la concentrazione del substrato (glucosio-6-p). Le quantità sono riportate in μl. I volumi dell H 2 O sono calcolati in modo da portare il volume finale a 1 ml. mm (finali) di G6P 0,05 0,07 0,1 0,2 0,4 1 µl da aggiungere in cuvetta Glucosio-6-fosfato 10 mm TRIS-HCl 1 M ph MgCl 2 0,5 M NADP 10 mm Lisato 1.000x H 2 O Le reazioni partono per aggiunta dell enzima puro. - Registrare le letture (in aumento a 340 nm) calcolando la differenza di minuto in minuto. Mediare opportunamente in un intervallo di almeno 4 minuti. A tempi più lunghi si può osservare un decremento della velocità di reazione per calo del substrato o inibizione da prodotti. In teoria potrebbe rendersi necessaria la estrapolazione dei valori della velocità al tempo iniziale. - Preparare una tabella (simile a quella riportata in esempio) per ottenere i valori da riportare nel grafico dei doppi reciproci : mm (finali) di G6P 0,05 0,07 0,1 0,2 0,4 1 1/mM 20 14, ,5 1 v (ΔOD x 1000/min)* 5,33 5,670 8, ,41 13,58 v (nmoli/min) 0,857 0,911 1,290 1,767 1,996 2,183 1/v 1,166 1,097 0,775 0,565 0,501 0,458 * E più pratico fare i calcoli con OD moltiplicato x 1000 [p. es. 0,1 OD vengono registrati come 100 punti. Dalla divisione di tali punti per 6,22 si ottengono le nmoli/min (nano moli/minuto) prodotte per ml di soluzione anziché le µ moli/ prodotte al minuto per ml di soluzione. - Si dimensiona un grafico in cui in ascisse si inseriscono i valori delle concentrazioni di G6P, e in ordinate la velocità della reazione espressa come nmoli/min. Si traccia l iperbole che interpola i punti. Si traccia l asintoto all iperbole fino a intersecare l asse delle ordinate: il valore di questo punto corrisponde alla Vmax. A partire da questo valore di calcola ½ Vmax, si interseca il valore di questo punto sull iperbole e si proietta il punto sull asse delle ascisse: questo corrisponderà al valore della Km.

10 10 - Per ottenere dei valori più precisi, si dimensiona opportunamente un grafico con 1/ v in ordinate ed 1/ mm in ascisse. Si riportano i valori di 1/v in ordinate in funzione dei valori di 1/mM di G6P in ascisse. Si traccia la retta che meglio interpola i punti. - Si ha un intercetta sull asse delle ordinate: questa corrisponde ad 1/V Max. E plausibile un valore di 0,4 min/nmoli. Quindi l inverso dovrebbe corrispondere ad una V Max = 2,5 nmoli/min (0,0025 μmoli/min.ml) che, moltiplicato per 5 x 1000 x 2, fornisce un valore di 25 μmoli/min.ml di lievito, ovvero 25 UI/ml di lievito. E utile confrontare questo valore con quello ottenuto con una sola misura, a saturazione sia di G6P che di NADP (v. pag. 13). Il valore è dello stesso ordine di grandezza. Non deve essere necessariamente coincidente in quanto si tratta di preparazioni diverse. - Per il calcolo della K M, che è la finalità di questo esperimento, si misura l intercetta sull asse delle ascisse, che corrisponde a 1 / K M (è plausibile un valore di 9,75 mm -1 ). K M risulta, quindi uguale all inverso di 9,75. In definitiva K M = 0,102 mm. E noto che la K M è espressione della costante di dissociazione del complesso enzima substrato. In questo esperimento è stata misurata la K M dell enzima G6PD per il substrato G6P, in condizioni di saturazione di NADP. E degno di nota che questa informazione importante sulle proprietà di una proteina enzimatica sia stata ottenuta con il preparato grezzo, contenente migliaia di altre attività enzimatiche. Lo studente ha avuto quindi modo di constatare che questa è una misura sperimentale facilmente accessible. Si può osservare che il valore di K M è relativamente elevato, rispetto alle K M di altri enzimi. Se si considera che la concentrazione endocellulare del suo substrato, il G6P, è intorno a 2 5 µm, si comprende che l enzima è poco operativo nelle condizioni endocellulari. In conclusione il livello modesto dello Shunt dei pentosi fosfato è in linea sia con l accertata bassa attività endocelluare dell enzima G6PD che con la sua modesta affinità per il substrato. 3 Giorno Gel Elettroforesi: rilevazione dell attività G6PD di S. cerevisiae e di L. mesenteroidees su gel denaturante

11 11 Lo scopo di questa esperienza è verificare che per alcuni enzimi è possibile rilevarne l attività anche dopo gel elettroforesi condotta in condizioni denaturanti. Ad esempio solo alcune forme di G6PD sono in grado di conservare l attività dopo SDS-PAGE, grazie a lavaggi del gel con una soluzione di caseina, che consente di allontanare le residue sostanze denaturanti (es. SDS). Questa metodica ci permette di risalire sia al peso molecolare dell enzima (propria della SDS- PAGE) sia di rivelare la sua attività enzimatica (propria dei gel di attività), su gel denaturante. Si eseguirà una gel elettroforesi di tipo denaturante (SDS-PAGE) utilizzando campioni di Glucosio-6- Phosphate Dehidrogenase purificate da S.cerevisiae e da L. mesenteroides. INTRODUZIONE: Gel elettroforesi Elettroforesi = migrazione di particelle contenenti gruppi ionizzabili sotto l influenza di un campo elettrico. E un processo elettrocinetico nel quale ioni o macromolecole migrano sotto l azione di un campo elettrico. La mobilità diminuisce all aumentare della dimensione e aumenta all aumentare della carica. La forza F esercitata su una particella con carica netta q posta in un campo elettrico di intensità E è espressa dall equazione: F = q x E ove q = carica netta in coulomb; E =intensità del campo elettrico volt/cm Verrà raggiunto l equilibrio quando le varie particelle si muoveranno ad una velocità v costante. Il rapporto v/e viene definito mobilità elettroforetica u (cm2 sec-1 V-1). Per minimizzare la diffusione la corsa del campione avviene su gel o matrici (agaroso, poliacrilammide, carta, acetato di cellulosa, amido) ove la resistenza frizionale è influenzata da: viscosità del mezzo, densità e dimensione dei pori, dimensione e forma delle particelle. I gel porosi funzionano da setacci molecolari, ritardando il movimento delle molecole più grandi e permettendo la libera migrazione delle molecole più piccole. La velocità (v) della migrazione dipende dal rapporto carica/massa (definito z ) della molecola in considerazione, dall intensità del campo elettrico (E) e dal coefficiente di attrito (f), alla cui definizione partecipano viscosità del mezzo, massa e forma della molecola. La velocità di migrazione può essere quindi definita come: v E z/f L analisi delle proteine in soluzione utilizza gel di poliacrilammide, polimero ricco di legami crociati, che forma un gel in cui le dimensioni dei pori possono essere regolate dalla percentuale di acrilammide (CH2=CH-CO-NH2) (aumentando la percentuale usata diminuisce il diametro dei pori) o dalla quantità di cross-linker: nel gel di poliacrilammide, infatti i monomeri di acrilammide polimerizzano formando lunghe catene legate in modo covalente da un cross-linker come l N-N -metilenbisacrilammide (CH2=CH-CO-NH- CH2-NH-CO-CH=CH2). La polimerizz. Avviene per azione di catalizzatori chimici: l ammonio persolfato e un ammina quaternaria (TEMED: N, N, N, N -tetrametilendiammina), che catalizza la decomposizione dello ione persolfato con la produzione del corrispondente radicale libero. La polimerizzazione (catalisi radicalica) avviene tra due vetri verticali, con uno spaziatore per polimerizzare gel di spessore diverso (0,75, 1 o 1,5 mm). Fondamentale è l assenza di ossigeno, inibitore della polimerizzazione. La temperatura deve essere costante, durante la polimerizzazione (correnti convettive causano irregolarità nei pori), e durante la corsa, per impedire il surriscaldamento. Nei gel SDS-PAGE (Sodium-Dodecyl Sulphate-PolyAcrylamide Gel Electrophoresis) la separazione delle proteine avviene in condizioni denaturanti, che consentono di discriminare le proteine per peso molecolare, grazie alla presenza di un agente riducente come il β- mercaptoetanolo che denatura le proteine e ne agevola la linearizzazione ed alla presenza del detergente anionico SDS (sodiododecilsolfato): le catene idrocarburiche dell SDS interagiscono con le regioni idrofobiche delle molecole proteiche, così che la carica intrinseca delle proteine è annullata e ad esse è conferita una netta carica negativa proporzionale alla loro lunghezza. In un setaccio molecolare e in presenza di un campo elettrico, le proteine migrano verso il polo positivo separandosi in base alla carica che l SDS ha loro conferito. Dal momento che la carica delle proteine è direttamente proporzionale al loro peso molecolare, la distanza percorsa è inversamente proporzionale alle dimensioni della molecola. La corsa elettroforetica del campione da analizzare viene associata alla migrazione di markers a peso molecolare noto per risalire al peso molecolare incognito delle catene polipeptidiche. La preparazione del gel è effettuata col metodo di Laemmli (1970) che prevede la polimerizzazione di uno stacking gel ( upper gel, zona nella quale vengono formati i pozzetti) 4,8% al di sopra del gel di corsa o resolving gel o lower gel, in cui avviene la separazione delle proteine. Migrando attraverso l upper gel ad alta porosità (minor concentrazione di poliacrilammide) i complessi si depositano

12 12 in una zona molto sottile sulla superficie del lower gel concentrando il campione in un volume molto piccolo, incrementando la risoluzione. I ph dei due gel, tamponati con Tris-HCl sono rispettivamente 8.8 e 6.8. I complessi SDS-proteine migrano nello stacking gel altamente poroso e si ammassano alla superficie del resolving che, grazie al ph più elevato consente la ionizzazione della glicina contenuta nel tampone di corsa i cui ioni funzionano da trainanti per i polipeptidi dei campioni, che vengono trascinati dal fronte di glicina in movimento che si crea quando la corrente elettrica passa tra gli elettrodi. POLIMERIZZAZIONE GEL SDS-PAGE Si preparano le miscele del resolving 8% di acrilammide e dello stacking 4.8% gel. L APS ed il TEMED vanno aggiunti all ultimo momento. Le piastre di vetro vanno riempite col gel utilizzando una pipetta pasteur di plastica monouso. Per la polimerizzazione, stratificare sul resolving-gel 1 ml di isopropanolo saturo in acqua (prelevare la fase superiore). Dopo 30 min l alcool è lavato via con MQ, si pipetta lo stacking e si inserisce il pettinino iniziando in modo obliquo. Si polimerizzi un gel al 7% come indicato nella seguente tabella 7% Resolving 4.8% Stacking Acryl-Bis 30% 2.33 ml ml Buffer A ph ml / Buffer B ph 6.8 / 1.0 ml H 2 O ml ml 10%APS ml 0.08 ml TEMED ml ml TOTALE 10 ml 4.53 ml Parte pratica: Preparazione campioni: - Si preparino i campioni di G6PD di S.cerevisiae e d L.mesenteroides seguendo le quantità indicate nella seguente tabella: - Prima Campioni G6PD S.cerevisiae G6PD L.mesenteroides di Volume campione 13 µl (Dx20) 13 µl(dx20) Sample buffer 4x 4.2µl 4.2µl Volume finale 17.2µl 17.2µl caricarli, ai campioni si aggiunge un "sample buffer " (saccarosio al 2%, β-mercaptoetanolo allo 0,625%, SDS al 2%, EDTA 0,250 M e blu di bromofenolo ("tracking dye ")) e si bollono per due minuti, per denaturare le proteine e consentirne la complessazione coll SDS. Il saccarosio dà al campione una densità maggiore del tampone permettendogli di depositarsi nel pozzetto del gel, il riducente β-mercaptoetanolo rompe i ponti disolfuro delle proteine e le mantiene linearizzate. - La corsa verrà effettuata a 20 ma per gel per una durata di circa minuti. - Una volta ultimata la corsa elettroforetica, il gel sarà lavato con una soluzione di caseina al 2% eseguendo quattro lavaggi da 20 minuti ciascuno (almeno un ora totale) a 37 C. Questi passaggi

13 13 permettono di allontanare l SDS dal gel consentendo la rilevazione dell attività della G6PD anche su gel denaturante. La soluzione di caseina è composta da : - Dopo i lavaggi il gel viene incubato al BUIO (la reazione è sensibile alla luce) e a 37 C con una soluzione (Mix di reazione) contenente i substrati e i cofattori necessari per la rilevazione dell attività G6PDasica. La mix di reazione è composta da: 2.5 mg Glucose 6-Phosphate; 2.5 mg NADP; 2.5 mg Phenazine Methosulfate (PMS), 3.75 mg Nitro Blue Tetrazolium (NBT); 0.2 M Tris ph 8.0; 0.5 ml MgCl 2 portata ad un volume finale di 12 ml. - Quando sul gel compariranno delle bande di color violetto a livello della proteina (sono necessari solo pochi minuti), bloccare immediatamente la reazione con etanolo al 20% (altrimenti la reazione prosegue ed il gel diventa completamente viola). La comparsa delle bande sul gel è dovuta all attività dell enzima G6PD che, ossidando il glucosio-6- fosfato a gluconato-6-fosfato e di conseguenza riducendo il NADP a NADPH, trasforma l MTT in MTT-formazano, determinando la produzione di color violetto in corrispondenza della banda proteica. La reazione è schematizzata qui di seguito : - Confrontare i risultati ottenuti utilizzando la G6PD di S.cerevisiae con quelli ottenuti con la G6PD di L.mesenteroides. FERMENTAZIONE ALCOLICA IN CELLULE DI LIEVITO Generalità e finalità dell esperimento Questa esperienza permette allo studente di osservare l andamento di un intero processo metabolico. In particolare, si studierà il consumo di glucosio da parte del lievito (S. cerevisiae), con la conseguente produzione di CO 2 ed etanolo, ad opera dei 12 enzimi in successione che rendono operativo l intero processo della glicolisi anaerobica che, nel lievito, è nota come fermentazione alcolica. ( Si ricorda che la glicolisi, nella generalità delle altre cellule, porta invece alla formazione di lattato). Lo studente potrà osservare la presenza della CO 2 sottoforma di effervescenza, mentre il glucosio e l etanolo saranno determinati quantitativamente mediante saggi enzimatici. Durante questa esperienza sarà anche possibile verificare la stechiometria della glicolisi: CH 2 OH C O H CH 3 H 12 reazioni C OH H C 2 CH 2 OH + 2 CO 2 enzimatiche OH C C OH etanolo

14 H OH α-d-glucosio 14 Ovvero per 1 mole di glucosio scomparso si formano, in teoria, 2 moli di etanolo e 2 moli di anidride carbonica. Questo si verificherebbe, nel lievito, se fosse operativa unicamente la sopra-schematizzata fermentazione alcolica. Nella realtà esistono molti altri metabolismi, di entità di gran lunga minore. Per esempio è operativo lo Shunt dei pentoso-fosfati (il cui primo enzima è la Glucosio-6-fosfato deidrogenasi-g6pd, che è stato dosato durante la prima esperienza). Tale Shunt preleva un intermedio della glicolisi, e quindi contribuisce ad abbassare la resa in etanolo. Anche il glicerolo-3-p (un intermedio della glicolisi) viene prelevato nella cellula per la fornitura del glicerolo durante la sintesi dei trigliceridi, infatti nel lievito per ogni mole di glucosio metabolizzato, circa 0,3 moli sono dirottate verso glicerolo. Esistono quindi una serie di prelievi di intermedi della glicolisi all interno della cellula, che ne modificano la resa, infatti le moli di etanolo formate, per ogni mole di glucosio consumato, oscillano tra le 1,2 e le 1,4 soltanto (anziché le 2 stechiometriche). L etanolo, che manca ancora all appello perciò, rispecchia probabilmente la avvenuta conversione di intermedi della glicolisi in: 1) prodotti di biosintesi (p. es. lipidi e/o amminoacidi); 2) prodotti di degradazione completa (CO 2 ed H 2 O) per un modesto contributo dei processi che avvengono in aerobiosi (ciclo di Krebs e fosforilazione ossidativa), oltre, naturalmente, alla formazione dei prodotti precedentemente citati (glicerolo e metaboliti dello Shunt). Parte pratica: L esperimento prevede di incubare il lievito con un opportuna soluzione contenente vari metaboliti, compreso il glucosio, per osservare la formazione di etanolo e CO 2, nell arco di trenta minuti (con prelievi ogni 10 minuti): appena aggiunto il glucosio si effettuerà subito il prelievo di un aliquota (tempo 0) per le analisi successive, mentre il resto della soluzione verrà incubato a 37 C. Dall incubazione si preleveranno quindi altre aliquote, ai tempi minuti. Perciò, alla fine, si disporrà di 4 campioni (tempi min), nei quali sarà possibile determinare il glucosio (che progressivamente diminuisce) e l etanolo (che progressivamente aumenta) perché prodotto dalle cellule stesse. Bisogna però sottolineare che il campione incubato come tale non è idoneo alla misura della concentrazione dei metaboliti, perciò occorrerà provocarne la denaturazione, cioè eliminare le proteine in esso contenute, comprendenti tutto il patrimonio enzimatico, per arrestare tutti i processi biochimici cellulari. Per questo scopo solitamente si utilizza l acido perclorico. - Perciò, prima di iniziare con l incubazione, si contrassegnano 4 provette Eppendorf con la scritta 0, 10, 20, 30 e in ciascuna si trasferiscono 0,1 ml di acido perclorico (PCA) 5 M. - Si allestisce quindi l incubazione. Si pesano in una provetta conica di plastica 0,5 grammi di lievito fresco, al quale vengono successivamente aggiunti gli altri componenti, secondo lo schema sottostante: ATTENZIONE: è fondamentale aggiungere il glucosio per ultimo, e solo quando si è pronti ad effettuare il prelievo denominato tempo zero, altrimenti il lievito comincerà a metabolizzare il glucosio e non si riuscirebbe a fotografare correttamente il tempo zero (massima concentrazione di glucosio, minima concentrazione di etanolo). mm(millimolarità finale) ml Lievito 0,5 gr totali ,5

15 H 2 O KCl 100 mm 24 + NH 4 CH 3 COO mm 20 glucosio 1 M 100. aggiunto per ultimo! NaH 2 PO 4 100mM (opzionale) 2.. Totale 10,00 15 La provetta conica presenta un anello in rilievo in corrispondenza del volume max = 10 ml. E utile verificare nel suo complesso la correttezza dei volumi aggiunti. Infatti è sufficiente verificare che, alla fine, il volume corrisponda a 10 ml. - Si chiude quindi la provetta con tappo di plastica e la si capovolge più volte per rendere la sospensione omogenea. - Si preleva quindi 1 ml della soluzione incubazione ormai pronta, trasferendo tale aliquota nella provetta Eppendorf, contenente l acido perclorico, contrassegnata con Tempo = 0. Tappare e agitare immediatamente tale provetta del tempo 0 con energia, per disperdere bene i componenti della sospensione. - La provetta conica incubazione, con i restanti 9 ml va subito incubata in bagno termostatato a 37 C. Si prenda nota del tempo di incubazione, per effettuare i 3 prelievi ai tempi programmati (10, 20, 30 min). - Terminata l incubazione, ed effettuati i restanti tre prelievi 10, 20, 30 min, si disporrà dei quattro prelievi acidificati con acido perclorico e si procederà al loro processamento in parallelo. - I campioni sono centrifugati a 5000 giri al minuto per 10 minuti. Si presti attenzione ad equilibrare il rotore disponendo i campioni in modo tale che il baricentro coincida con l asse di rotazione del rotore stesso. NB:OCCORRE CONTRASSEGNARE I CAMPIONI PER EVITARE SCAMBI DI PROVETTE TRA I GRUPPI DI LAVORO! Questa operazione è indispensabile per separare le proteine, ormai denaturate, dal resto della soluzione che conterrà anche il glucosio e l etanolo. Le proteine precipiteranno sul fondo formando il pellet, mentre il resto della soluzione formerà il sovranatante. Dopo aver recuperato i campioni occorrerà verificare la presenza del pellet; se dovesse esistere ancora torbidità occorre ricentrifugare. - Si prelevano 0,8 ml di sopranatante da ogni provetta e si trasferiscono in altre 4 provette Eppendorf opportunamente contrassegnate. - A queste aliquote si aggiunge carbonato di potassio (K 2 CO 3 ) 2 M che forma, insieme al PCA, il sale insolubile KClO 4, allontanando così lo ione perclorico e riportando il ph alla neutralità. Dovrebbero essere sufficienti 95 μl. ATTENZIONE: appena si aggiungerà il carbonato di potassio si formerà all interno della eppendorf della CO 2, per questo è consigliabile mantenere le provette aperte fino a che l effervescenza non sarà finita, altrimenti la pressione esercitata dal contenitore lo farà scoppiare. - Occorre, poi, verificare che il ph sia effettivamente neutro trasferendo 1-2 μl della soluzione appena neutralizzata su cartina universale indicatrice di ph. Se il ph risultasse ancora acido si deve aggiungere ancora una piccola quantità (2 μl) di K 2 CO 3 2 M fino a ph neutro (in genere occorrono al massimo circa 100 μl totali di K 2 CO 3 2 M). - Si centrifuga nuovamente per allontanare il sale, anche se questo sedimenterebbe da solo, grazie alla forza di gravità. - I campioni sono quindi pronti per l analisi dei metaboliti in esso contenuti.

16 16 Data l elevata concentrazione dei metaboliti presenti negli estratti (come si potrà constatare a consuntivo) è opportuno effettuare le diluizioni 20 X con acqua degli stessi. A tal fine si depositano in 4 provette Eppendorf. ml H 2 O, e si aggiungono ml dei rispettivi estratti, sapendo che il volume finale è di 1 ml. Ricordarsi, come al solito, di agitare i campioni. Tali campioni diluiti 20 X sono utilizzati per l analisi di Glucosio ed Etanolo. 4 Giorno DETERMINAZIONE GLUCOSIO ED ETANOLO A) Determinazione enzimatica del glucosio Per catalizzare le reazioni sotto specificate si utilizzano enzimi purificati, reperibili in commercio. Si ricostruiscono in vitro (nella cuvetta dello spettrofotometro) due reazioni che portano alla formazione di NADPH: ATP ADP NADP+ NADPH + H + HK G6PD Glucosio Glucosio 6-P 6-P-gluconato Mg 2+ L ATP è aggiunto in eccesso rispetto al glucosio. Il glucosio presente (introdotto col campione) formerà una quantità stechiometrica di glucosio 6-P in presenza dell enzima purificato esocinasi (HK). Se in cuvetta si aggiunge anche un eccesso di NADP e l enzima glucosio 6-P deidrogenasi purificata (G6PD) si ottiene la formazione stechiometrica di NADPH, il quale, a differenza del NADP, assorbe luce a 340 nm con un coefficiente di estinzione molare = M -1 x cm -1. Le micromoli di NADPH formate corrispondono alle micromoli di glucosio presenti nell aliquota di estratto introdotto in cuvetta. N.B.: in realtà con questo sistema viene determinato anche il glucosio 6-P endocellulare, che è però generalmente presente in quantità trascurabile. Fig 2: Proprietà di sostanze tampone Il dosaggio è effettuato a ph = 8. Si ricordino le proprietà degli agenti tamponanti, per esempio l acido acetico esprime azione tamponante in un ambito di ph che corrisponde al valore del rispettivo pk a ± 1, ad esempio per l acido acetico il pk a è 4,8. Si tenga presente l utile quadro riassuntivo riprodotto dal Catalogo SIGMA (Fig. 2 - pag. 10) dal quale si deduce che il TRIS (pk a = 8,1) è un tampone idoneo TRIZMA = TRIS). Parte pratica: - Nella cuvetta dello spettrofotometro si mescoleranno, sino al volume finale di 1 ml: mm f ml Tampone TRIS-HCl 1,0 M ph 8,0 50. Estratto diluito x 20 (che contiene il 0,020 glucosio da determinare) ATP 50 mm 2,5. NADP 10 mm 0,2. MgCl 2 0,5 M (Indispensabile!) 5.

17 H 2 O. Volume Finale (in cuvetta) 0, (NB: per calcolare i volumi a partire dalle due molarità considerare il volume finale uguale a 1ml) Si agitano per bene le cuvette e si misura l estinzione contro aria. - Si aggiungono poi : 2 μl di HK a 2 mg/ml (cioè 4 μg). + 2 μl di G6PD a 1 mg /ml (cioè 2 μg) In realtà si aggiungono 3 μl di miscela: HK/G6PD. (con l aggiunta degli enzimi il volume finale totale è 1,00 ml). - Si agitano nuovamente le cuvette (importante), che vengono collocate nello spettrofotometro. Si osserva un rapido aumento nella densità ottica: si legge il valore finale e costante nel tempo, dal quale andrà sottratta la lettura eseguita prima dell aggiunta degli enzimi. - Occorre registrare le O.D. del tempo zero (per ciascuno dei quattro campioni) e le rispettive O.D. dopo l aggiunta degli enzimi. La differenza (ΔO.D.) è proporzionale alla quantità di glucosio presente (si può immediatamente constatare che le prove 10, 20, e 30 minuti contengono meno glucosio del tempo 0). Tali ΔOD devono decrescere, con il decorrere dell incubazione, a conferma del fatto che il glucosio viene progressivamente consumato. Dal ΔOD si può risalire alla concentrazione del glucosio, applicando il metodo delle diluizioni scalari (v. pag.7). La concentrazione del glucosio al t = 0 dovrebbe corrispondere al glucosio teorico : la concentrazione teorica iniziale del glucosio è 100 mm (glucosio aggiunto). Occorre anche tener conto del glucosio endogeno, che dovrebbe essere dell ordine del 10 mm. In definitiva, il glucosio iniziale può oscillare tra i 105 ed i 120 mm. Questa è un utile verifica interna. E accettabile uno scarto del 10%. La concentrazione di glucosio dovrebbe scendere (nella prova 30 minuti) a 55 mm circa, con un consumo, quindi, di circa 60 mm. B) Determinazione enzimatica dell etanolo La concentrazione di etanolo presente nei vari estratti perclorici è determinabile mediante l utilizzo della reazione catalizzata dall enzima alcool deidrogenasi (ADH). Occorre tener presente che l equilibrio della reazione catalizzata dall enzima ADH è spostato verso la formazione dell etanolo, e non viceversa. Si può ovviare al problema sottraendo l acetaldeide mano a mano che si forma. Infatti, perché l etanolo presente nel campione da analizzare sia completamente rimosso e ossidato ad acetaldeide, occorre far avvenire la reazione in un tampone a base di semicarbazide (idrazin-carbossiammide), che forma il semicarbazone con il gruppo carbonilico dell acetaldeide. Ovviamente la reazione in questo verso è più lenta. Da acetaldeide ad etanolo invece, la reazione decorre spontaneamente. La reazione che avverrà in cuvetta è la seguente: NAD + NADH + H + etanolo ADH acetaldeide ΔG = cal/mole Parte pratica: - Nella cuvetta dello spettrofotometro si mescolano, sino al volume finale di 1 ml: mm f ml

18 Tampone TRIS-HCl 1,0 M ph 8,0 50. Estratto diluito x 20 (che contiene il 0,020 glucosio da determinare) Semicarbazide 100 mm 2,5. NAD + 50 mm 0,2. H 2 O. Volume Finale (in cuvetta) 0,997 (NB: per calcolare i volumi a partire dalle due molarità considerare il volume finale uguale a 1ml) 18 - Si aggiungono 2 μl di ADH (5 mg/ml), cioè 25 μg. - Si colloca la cuvetta nello spettrofotometro e si osserva l aumento di densità ottica. Si legge il valore finale, dal quale andrà sottratta la lettura eseguita prima dell aggiunta dell enzima. - Dai ΔOD ottenuti si risale, con il metodo delle diluizioni scalari (v. pag. 7), alle concentrazioni dei rispettivi composti presenti nell incubazione originale delle cellule di lievito. - Il campione t = 0 dovrebbe contenere circa 12 mm etanolo (endogeno), che dovrebbe salire a 55 mm nel campione 10, a 73 mm nel campione 20 e a 85 mm nel campione 30. Calcoli stechiometrici E possibile risalire alla concentrazione del glucosio e dell etanolo nella sospensione del lievito. Si parte dalle concentrazioni dei rispettivi metaboliti rilevate nella cuvetta dello spettrofotometro, e si risale alla concentrazione nell incubazione mediante il metodo delle diluizioni scalari, già applicato durante il dosaggio della G6PD. In pratica occorre tener conto delle diluizioni successive che hanno subito i prelievi dell incubazione. Metodo delle diluizioni scalari Le considerazioni che seguono si riferiscono al glucosio, ma sono riferibili, ovviamente, anche agli altri metaboliti. Dividendo il ΔO.D. dovuto alla ossidazione (o riduzione) del coenzima piridinicio NADPH per 6,220, si ottengono le μmoli/ml, ovvero la mm in vaschetta. Ricordiamo che il glucosio, reagendo, produce una stechiometrica quantità di NADPH. Occorre domandarsi quale diluizione ha subito l aliquota del campione immesso in cuvetta: corrisponderà al Volume Finale diviso il Volume Iniziale, ovvero 1000 / 20 (se sono stati usati 20 μl di campione che sono stati immessi, e quindi diluiti, in cuvetta). Moltiplicando tale mm (in cuvetta) per 1000/20 si otterrà la millimolarità della soluzione dalla quale provengono i 20 μl di campione, ovvero l estratto neutralizzato con K 2 CO 3. Si procede ora a ritroso per tener conto delle diluizioni successive. Occorre moltiplicare per 20 se sono state effettuate diluizioni 20 X di tali estratti. Gli estratti neutralizzati hanno subito a loro volta una certa diluizione: 800 μl di sopranatante acido è stato diluito con 95 μl di K 2 CO 3. Pertanto la diluizione subita corrisponde a 895 / 800, e moltiplicando per tale rapporto si otterrà la concentrazione del glucosio (sempre in mm) nella soluzione di provenienza, cioè nel sopranatante acido. Infine, tale sopranatante acido deriva da una diluizione con acido perclorico della sospensione iniziale (incubazione): sono stati prelevati 1000 μl, che sono stati diluiti con 100 μl di acido perclorico. Quindi 1000 μl sono stati portati a 1100 μl. Moltiplicando per 1100 / 1000 si otterrà la mm del glucosio nell incubazione originale. Ricapitolando:

19 19 OD x x = mm mm del NADPH in vaschetta Diluizione subita dai 20 l di estratto 20x trasferiti in vaschetta Diluizione 20x dell estratto neutralizzato Diluizione subita dall estratto acido per aggiunta di K 2 CO 3 Diluizione subita dall aliquota di incubazione iniziale per aggiunta di HClO 4. millimolarità del glucosio nell incubazione Quindi il ΔO.D, moltiplicato per tutti i fattori sopra riportati, fornisce la mm di glucosio nella incubazione originale (quella con il lievito vivo, dalla quale sono state prelevate le aliquote!), ovviamente riferita al un tempo particolare di una dato prelievo. F indica il coefficiente che deriva dalla riunione di tutti i fattori costanti, che risulta uguale a 197,94. Quindi: >>>>>>> ΔO.D. x F = mm glucosio o etanolo [F = 197,84 ] <<<<<< La determinazione del glucosio al tempo = 0 fornisce una utile verifica delle procedure sin qui seguite: il valore teorico atteso è 100 mm glucosio iniziale (in realtà la millimolarità dovrebbe essere leggermente superiore, perché esiste del glucosio endogeno 10 mm). Visto che il NADH (prodotto per ossidazione dell etanolo - v. reazione a pag. 7) ha lo stesso coefficiente di estinzione del NADPH, tale formula è utilizzabile anche per ricavare la millimolarità dell etanolo, che con la sua ossidazione genera acetaldeide, riducendo contemporaneamente il NAD a NADH. Si tenga presente che queste metodologie presentano un margine di errore dell ordine del 2 5 %. Una volta calcolate le concentrazioni di glucosio e di etanolo ai vari prelievi, eseguire un grafico in cui sull asse delle ordinate sarà riportata la concentrazione (mm), e sull asse delle ascisse il tempo (min), come riportato in Fig3, pag 14). Commenti alle osservazioni sperimentali In definitiva, il processo metabolico in esame è illustrato della seguente forma schematica: 5 enzimi 7 enzimi 1 Glucosio 2 Triosi-P 2 etanolo + 2 CO 2 Per verificare il bilancio di massa occorre tener presente la stechiometria dell intero processo: 1 mole di glucosio genera 2 μmoli di etanolo. Quindi su 60 mm glucosio consumato si dovrebbe ottenere (con 100 % di fermentazione alcolica) una produzione 120 mm di etanolo. Invece lo studente otterrà un valore ~73 mm etanolo, ovvero solo il 60 % del teorico. Quindi ~ 40% del glucosio scomparso non ha formato etanolo. Ciò è del tutto plausibile. Infatti possono esistere altre vie metaboliche che utilizzano il glucosio. Per esempio parte del glucosio consumato (~ 15 %)

20 20 produce glicerolo. Variando opportunamente le condizioni di incubazione (p.e. innalzando il ph) si può addirittura verificare che la formazione di glicerolo prevale sulla formazione di etanolo. Inoltre esiste una quota modesta del glucosio utilizzato (1-5 %) che è metabolizzato via Shunt dei Pentosi. I valori sopra riportati sono solo indicativi e non fanno testo. I 12 passaggi enzimatici della fermentazione alcolica sono influenzati da diversi fattori. Per esempio: - stato di conservazione del campione - ph, - la freschezza delle cellule di lievito, ecc. ANALISI DEL CAMPIONE CONTENENTE ATP Ogni studente riceverà un campione a concentrazione incognita di ATP con un analisi su base quantitativa utilizzando dosaggi enzimatici. L analisi dell ATP utilizza lo stesso sistema utilizzato per il dosaggio del glucosio, solo che in questo caso il glucosio è in eccesso. Analisi dell ATP - Si predispone la cuvetta come precedentemente specificato per l analisi del glucosio e si aggiungono 20 μl della soluzione diluita a concentrazione incognita di ATP (al posto di 0,020 ml di estratto perclorico diluito 20x). Si immette anche il glucosio in eccesso. In definitiva le condizioni di dosaggio sono le seguenti:

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