Analisi del decadimento W τν in CMS a LHC

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1 FACOLTÀ Università degli Studi di Pisa DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI Corso di Laurea Magistrale in Scienze Fisiche Tesi di laurea magistrale Analisi del decadimento W τν in CMS a LHC Candidato: Simone Coscetti Relatore: Giuseppe Bagliesi Anno Accademico

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3 Indice 1 Background teorico Introduzione Invarianza di gauge: QED e QCD Il gruppo Up1q e la QED Il gruppo SUp3q e la QCD Rottura spontanea della simmetria Rottura spontanea di Up1q globale Meccanismo di Higgs Rottura spontanea di Up1q locale L unificazione elettrodebole Le interazioni deboli Unificazione Elettrodebole Modello di Weinberg-Salam La massa del bosone di Higgs Limiti teorici Limiti sperimentali Oltre il Modello Standard Supersimmetria Altri modelli LHC e CMS Il collisore adronico LHC Struttura della macchina Fasci di protoni Luminosità

4 ii INDICE Fisica protone-protone L esperimento CMS Il magnete solenoidale Sistema per muoni La calorimetria Il sistema di tracciamento Il sistema di trigger Panoramica sul sistema di computing Fisica a LHC Fisica elettrodebole Meccanismi di produzione dei bosoni W e Z Canali di decadimento dei bosoni W e Z Proprietà e decadimenti del leptone τ Fisica dell Higgs a LHC Processi di produzione dell Higgs predetti dal MS Canali di decadimento per l Higgs predetto dal MS Processi di produzione dei bosoni Higgs predetti dal MSSM Processi di decadimento per gli Higgs predetti dal MSSM 98 4 Analisi Ricostruzione degli eventi a CMS Ricostruzione locale Ricostruzione globale Ricostruzione combinata Strumenti utilizzati Analisi del decadimento W Ñ τν Campioni Monte Carlo Algoritmo Particle-Flow Strategie di identificazione off-line del τ Ricostruzione degli oggetti fisici Trigger Selezione degli eventi

5 INDICE iii Stima del fondo QCD Sistematica Risultati Stima della sezione d urto Sviluppi futuri A Decadimenti del bosone di Higgs nel Modello Standard 137 B Diagrammi di Feynman 141

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7 Elenco delle figure 1.1 Diagrammi di auto-interazione tra gluoni Andamento del potenziale V pφq per un campo scalare complesso nel caso µ 2 0 λ Correnti deboli cariche Diagramma per l accoppiamento del campo scalare di Higgs h 0 con il bosone W nel Modello Standard Diagramma per l accoppiamento del campo scalare di Higgs h 0 con il campo fermionico f nel Modello Standard Correzioni ad un loop per l accoppiamento di quadrupolo del bosone di Higgs Limiti teorici e relative incertezze sul valore della massa del bosone di Higgs in funzione della scala di energia Λ per cui rimane valido il Modello Standard Risultati del fit elettrodebole globale χ 2 delle misurazioni effettuate a LEP, SLAC e Tevatron in funzione della massa dell Higgs Evoluzione dell inverso delle costanti di accoppiamento nel Modello Standard Struttura sotterranea di LHC Sezioni d urto per collisioni protone-protone in funzione dell energia nel centro di massa [1] Vista prospettica di CMS e dei vari sottorivelatori Vista longitudinale di un quarto di CMS, con in evidenza alcuni valori della pseudorapidità η

8 vi ELENCO DELLE FIGURE 2.5 Vista del solenoide e del giogo del barrel Uno dei 12 settori del sistema a muoni Sezione trasversa di un DT (a). Layout di un DT (b) Visione schematica dell endcap Sezione (a) e struttura (b) di una CSC Principio di funzionamento di una CSC Struttura (a) e schema (b) di una RPC Risoluzione in impulso dei muoni Vista di un quadrante del sistema calorimetrico e del barrel Segmentazione del calorimetro elettromagnetico Forma dell endcap Segmentazione longitudinale di HCAL [2] Vista isometrica di un cuneo di HB (a); vista di una megatile (b) Scintillator Tray in HE (a); vista frontale di uno Scintillator Tray Segmentazione in φ di una tower di HF (a); disposizione delle fibre all interno dell assorbitore (b) Il layout del tracker [3] Layout dei rivelatori a pixel nel tracker(a); struttura meccanica del primo layer di pixel nel barrel (b) I due lati di una delle pale dell endcap del rivelatore a pixel Tipico modulo one-sided (a); schema del principio di funzionamento di un rivelatore a microstrip (b) Visione di uno dei dischi di TEC Risoluzione in p T (a) ed in d 0 (b) per il tracker Circolazione schematica dei dati attraverso il sistema di computing di CMS Diagrammi di Feynman per il canale leptonico (a) e per quello adronico (b) del decadimento del τ Sezioni d urto di produzione del bosone di Higgs in funzione della sua massa [4]

9 ELENCO DELLE FIGURE vii 3.3 Branching ratio dei principali canali di decadimento del bosone di Higgs in funzione della sua massa [4] Sezioni d urto di produzione dei bosoni di Higgs neutri e carichi del MSSM a LHC Diagrammi di Feynman dominanti per la produzione del bosone di Higgs carico leggero Branching ratio per i decadimenti del bosone di Higgs carico in funzione della propria massa Schema della ricostruzione di un muone, utilizzando le informazioni del Tracker e del sistema per muoni Diagramma della struttura di EDM [5, 6] Schematizzazione del flusso, durante l analisi, dei dati e dei job sottomessi a Grid via CRAB [7] Schema di isolamento del τ Distribuzioni della massa trasversa del candidato τ had e di ET miss nelle regioni B, C e D dello spazio delle fasi Valor medio di R HT in funzione di ET miss Distribuzioni delle variabili ET miss (a) e R HT (b) prima dei tagli finali Distribuzione di E miss T alla fine dei tagli Distribuzione di R HT alla fine dei tagli Massa trasversa di τ had e ET miss alla fine dei tagli Distribuzioni delle variabili discriminanti R HT (a) e ET miss (b), utilizzate per costruire la likelihood Distribuzione del discriminante likelihood per i sample di segnale e di fondo QCD. Le aree sono normalizzate a B.1 Diagrammi di Feynman per i principali processi di produzione del bosone di Higgs predetto dal Modello Standard B.2 Diagrammi di Feynman per i processi di produzione diretta del bosone di Higgs carico a LHC: gluon-boson fusion (a); gluongluon fusion (b) B.3 Diagramma di Feynman per la produzione di due fermioni tramite lo scambio di H

10 viii ELENCO DELLE FIGURE B.4 Diagrammi di Feynman per la produzione del bosone di Higgs carico, H (prima parte) B.5 Diagrammi di Feynman per la produzione del bosone di Higgs carico, H (seconda parte)

11 Elenco delle tabelle 1.1 Classificazione dei fermioni nel Modello Standard, divisi in leptoni e quark Tipici decadimenti deboli e loro vita media Isospin debole e ipercarica debole di leptoni e quark Supermultipletti di gauge del MSSM Supermultipletti chirali del MSSM Principali caratteristiche di LHC (valori nominali) Branching Ratio per i vari canali di decadimento del bosone vettore W Branching Ratio per i vari canali di decadimento del bosone vettore Z Principali decadimenti del τ con i relativi branching ratio Sample MC utilizzati nell analisi, con le corrispondenti sezioni d urto Incertezze sistematiche sulla misura della sezione d urto di decadimento di W Ñ τν Eventi dei campioni MC utilizzati nell analisi che sopravvivono ad ogni criterio di selezione Efficienze cumulative per ogni criterio di selezione (tra parentesi l efficienza di ogni singolo taglio) Valori dei parametri che entrano nella 4.7 per il calcolo della sezione d urto di decadimento (gli errori sono statistici)

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13 Introduzione La teoria del Modello Standard è universalmente accettata per la descrizione delle interazioni tra particelle elementari, dato il notevole accordo esistente tra le sue predizioni ed i risultati sperimentali conseguiti negli ultimi decenni. Ciò nonostante, si tratta di una teoria non ancora del tutto confermata: il tassello mancante per completare la descrizione del Modello è il bosone di Higgs, che non è stato ancora osservato. La ricerca di questa particella costituisce la più grande sfida sia sperimentale che teorica per la comunità scientifica di questi ultimi anni. La rivelazione del bosone di Higgs infatti richiede esperimenti operanti ad alte energie ed a valori di luminosità elevati, al fine di generare eventi con sezioni d urto molto piccole, essendo però anche in grado di riconoscerli all interno di un ampio fondo di QCD. La ricerca di questa particella si basa sulla rivelazione dei suoi prodotti di decadimento. Per raggiungere questo scopo, ai laboratori del CERN di Ginevra è da poco entrato in funzione il Large Hadron Collider (LHC), il più grande acceleratore di particelle del mondo, un collisionatore circolare in cui saranno accelerati, una volta che la macchina opererà a regime, fasci di protoni con energia di 7 TeV ciascuno. In corrispondenza dei quattro punti di intersezione dei fasci sono installati i rivelatori ATLAS, CMS, LHCb e ALICE. Nonostante buona parte delle energie della comunità scientifica siano dedicate al completamento ed alla verifica del Modello Standard, esistono numerose evidenze e considerazioni sul fatto che in realtà questa non sia altro che una teoria in grado di descrivere la fisica delle particelle elementari soltanto al di sotto di una certa soglia di energia. Nel corso degli anni sono state sviluppate sia estensioni del Modello Standard che teorie alternative, le quali prevedono l esistenza di nuove particelle. Queste dovrebbero manifestarsi almeno ad una scala di energia del TeV.

14 4 Introduzione Questo lavoro di tesi si svolge nell ambito dell esperimento CMS (Compact Muon Solenoid) che, attraverso un complesso sistema di sottorivelatori, permette la rivelazione dei muoni (e comunque dei leptoni in generale), nonchè la completa ricostruzione degli eventi prodotti nelle collisioni dei fasci. In particolare, il lavoro verte sullo studio delle strategie off-line per l identificazione del leptone τ, atteso tra i prodotti di decadimento del bosone di Higgs così come di altre particelle previste in altri modelli teorici. Il canale utilizzato per testare la procedura di identificazione del tau è il decadimento semileptonico del bosone vettore W : W Ñ τν. Il lavoro di tesi è organizzato in quattro capitoli. Nel primo vengono presentati il formalismo e la struttura teorica del Modello Standard, attraverso strumenti quali l invarianza di gauge e la rottura spontanea della simmetria nella descrizione di teorie quali QED, QCD e teoria elettrodebole. Inoltre vengono accennate la Supersimmetria (SUSY) e l estensione supersimmetrica minimale del Modello Standard (MSSM). Nel secondo capitolo si descrivono sinteticamente il funzionamento del collisionatore LHC, e più in particolare le caratteristiche del rivelatore CMS. Nel terzo capitolo viene presentata la fisica elettrodebole ad LHC, e quindi gli aspetti più strettamente correlati al bosone W ed al leptone τ. Inoltre vengono illustrati i meccanismi di produzione e di decadimento dei bosoni di Higgs, sia quello atteso nel MS che quelli predetti dal MSSM. Particolare attenzione viene dedicata ai bosoni di Higgs carichi attesi nel MSSM, data la particolare affinità tra il processo di decadimento dominante H Ñ τ ν ed il processo studiato in questo lavoro. Infine, nel quarto capitolo si illustrano prima gli algoritmi per l identificazione delle particelle e la ricostruzione degli oggetti necessari per l analisi descritta successivamente. In questa descrizione si evidenziano i modi in cui sono state impiegate le proprietà caratteristiche del leptone τ e dei suoi decadimenti nella procedura di identificazione off-line e nell analisi vera e propria, attraverso campioni simulati e dati registrati dall esperimento. Particolare attenzione è stata dedicata alla stima degli eventi di QCD, background dominante in questo processo. Infine, sulla base dei risultati ottenuti, viene presentata una stima quantitativa della sezione d urto di produzione pp Ñ W X.

15 Capitolo 1 Background teorico: il Modello Standard 1.1 Introduzione Il Modello Standard (SM), sviluppato da Glashow, Weinberg e Salam negli anni 60, è attualmente il modello teorico migliore per descrivere le interazioni subnucleari; in questo modello le particelle fondamentali sono divise in fermioni (particelle con spin 1 ) ed in bosoni (particelle con spin 1), che hanno 2 il ruolo di mediatori delle forze. Il modello descrive con un unico formalismo tre tipi di interazione tra particelle elementari: interazione elettromagnetica, che agisce tra particelle cariche. Il mediatore di questa forza è il fotone (γ). La teoria delle interazioni elettromagnetiche (QED) è basata sul gruppo di simmetria U p1q; interazione debole, che agisce tra particelle con isospin debole. I mediatori di questa forza sono i tre bosoni vettori W, W, Z 0. La teoria dell interazione debole è basata sul gruppo di simmetria SUp2q L : questa simmetria è la stessa utilizzata in meccanica quantistica per descrivere lo spin delle particelle, e per questa ragione viene utilizzato il termine isospin (in particolare, i mediatori della forza costituiscono un tripletto di isospin-1);

16 6 Background teorico Leptoni ν e e L Doppietti left ν µ µ L ν τ τ L Singoletti right e R µ R τ R Quark u d ÝÑ T 1 2, Y 1 2 ÝÑ T 0, Y 1 L c s L t b L u R d R c R s R b R t R ÝÑ T 1 2, Y 1 6 ÝÑ T 0, Y pu r, c r, t r q 2 3 Y pd r, s r, b r q 1 3 Tabella 1.1: Classificazione dei fermioni nel Modello Standard, divisi in leptoni e quark. Per ogni gruppo sono mostrati l isospin debole T e l ipercarica Y [8]. interazione forte, che agisce tra particelle con ipercarica forte o colore. La teoria che descrive questa interazione (QCD) è basata sul gruppo di simmetria SUp3q C ed i mediatori di questa forza sono 8 bosoni chiamati gluoni. Le particelle vengono classificate in base alla carica che trasportano, e quindi in base al tipo di interazione che subiscono. I fermioni che trasportano una carica di colore sono chiamati quark, mentre quelli che non ne hanno sono chiamati leptoni. Tutti i fermioni sono divisi in doppietti di isospin 1 di tipo 2 lef t-handed ed in singoletti di isospin 0 di tipo right-handed (tabella 1.1). Ad oggi sono stati osservati tre doppietti di quark, così come tre doppietti di leptoni, mentre per quanto riguarda i singoletti si hanno sei singoletti di quark e tre singoletti di leptoni. Non si hanno evidenze di neutrini di tipo right-handed, poichè non avrebbero modo di interagire con le altre particelle e quindi per questo motivo non sono rivelabili. Dal punto di vista teorico, il Modello Standard è una teoria di gauge non-

17 1.2 Invarianza di gauge: QED e QCD 7 abeliana basata sul gruppo di gauge: SUp3q C SUp2q L Up1q Y (1.1) Oltre all individuazione del gruppo di trasformazioni 1.1, il modello richiede altri strumenti teorici quali: l invarianza di gauge; la rottura spontanea di simmetria (SSB). In questo capitolo si presenterà la struttura teorica del Modello Standard, tenendo presenti le motivazioni alla base di tale costrutto. 1.2 Invarianza di gauge: QED e QCD Nella teoria quantistica dei campi (Quantum Field Theory) l invarianza di gauge si è dimostrata lo strumento fondamentale per la descrizione di tutte le interazioni presenti in natura: l idea alla base è che le interazioni tra particelle siano dettate da simmetrie di gauge locali. In QFT un sistema fisico è descritto attraverso l equazione di Eulero-Lagrange per i campi: B BL Bx µ B pbϕ{bx µ q BL Bϕ 0 (1.2) dove L è la densità lagrangiana del sistema, in generale funzione di ϕ, Bϕ{Bx µ e x µ. Da L si ricava l equazione 1.2 attraverso il principio variazionale. Di notevole importanza è la forma specifica delle densità lagrangiana, poichè sono le proprietà di simmetria che manifesta a permettere di dedurre particolari leggi di conservazione, oppure di aprire la strada verso l approccio dell invarianza di gauge. Quello che interessa studiare in questa sede sono le proprietà di trasformazione della densità lagrangiana sotto le cosiddette simmetrie interne : si tratta di particolari trasformazioni che non coinvolgono la coordinata spazio-temporale x µ e che quindi si riducono ad una semplice trasformazione di fase. Ogni trasformazione di un gruppo continuo è fissata da un numero di parametri reali uguale all ordine del gruppo. In base alla natura di questi parametri possiamo distinguere tra:

18 8 Background teorico simmetrie interne globali, per le quali i parametri sono costanti nello spazio-tempo; simmetrie interne locali, dove i parametri sono funzione delle coordinate e quindi la trasformazione introduce fasi differenti in punti diversi dello spazio-tempo. Nella maggior parte dei casi si lavora con densità lagrangiane invarianti sotto trasformazioni globali e questo porta, attraverso il teorema di Noether, ad equazioni di continuità e di conseguenza a leggi di conservazione. Infatti, si può dimostrare che ad ogni gruppo di simmetrie interne globali che lasciano invariata una lagrangiana indipendente dal tempo corrisponde una corrente conservata della forma: J µ BL iɛ B pb µ ϕ r q λ rsϕ s (1.3) dove ϕ r è un generico campo a più componenti, mentre λ rs è la matrice caratteristica del gruppo. Da quest ultima è possibile dedurre una carica conservata: Q» d 3 xj 0 pxq (1.4) In generale, Q risulterà essere anche un generatore infinitesimo del gruppo. Non è necessariamente vero, però, che le densità lagrangiane siano invarianti sotto gruppi di simmetrie interne locali: questo è dovuto alla presenza di parametri dipendenti dalle coordiante ed alla presenza di operatori di derivazione nelle espressioni di L. L invarianza di gauge permette di costruire la densità lagrangiana per descrivere una particolare interazione in natura imponendo che la densità lagrangiana di campo libero sia invariante sotto simmetrie interne locali. L esempio più importante del successo di questa tecnica si ha nel modo in cui riesce a riprodurre la QED. Il caso della QED ha spianato la strada per l applicazione dell invarianza di gauge nella descrizione di altri tipi di interazioni come quella di colore e quindi per la costruzione della QCD.

19 1.2 Invarianza di gauge: QED e QCD Il gruppo U p1q e la QED L Elettrodinamica Quantistica (QED) è la teoria dei campi che descrive tutti i fenomeni che coinvolgono le particelle che interagiscono elettromagneticamente. Supponiamo di considerare un fermione carico massivo: tale particella sarà descritta da un doppietto di campi complessi ψ che soddisfa l equazione di Dirac: pic mq ψ 0 (1.5) che a sua volta può essere dedotta dalla densità lagrangiana: Lpxq ψ pic mq ψ (1.6) attraverso la 1.2 oppure direttamente utilizzando il principio variazionale. Si nota che questa densità lagrangiana è sicuramente invariante sotto trasformazioni del gruppo U p1q globale, le cui generiche trasformazioni sono della forma: ψ ÝÑ ψe iα, con α P R (1.7) in quanto Up1q è un gruppo di ordine 1. Questa proprietà di invarianza porta alla corrente conservata: J µ e ψγ µ ψ (1.8) ed alla conservazione della carica elettrica Q secondo la 1.4. Non è altrettanto vero, però, che la 1.6 sia invariante sotto il più generico gruppo di simmetria U p1q locale: ψ ÝÑ ψe iαpxq (1.9) In questo caso il parametro α dipende dalle coordinate, per cui l operatore B µ introduce un termine aggiuntivo che compromette l invarianza. Si può però definire la derivata covariante, in modo tale da preservare l invarianza anche sotto il gruppo Up1q locale: D µ B µ iea µ (1.10) dove A µ è un campo vettoriale ausiliario, che sotto Up1q locale trasforma come: A µ ÝÑ A µ 1 e Bµ αpxq (1.11)

20 10 Background teorico Il campo A µ è un campo di gauge ed ha le stesse proprietà di trasformazione del campo elettromagnetico. Inoltre, accoppia al campo di Dirac nella stessa maniera del campo elettromagnetico: Lpxq ψ riγ µ pb µ iea µ q ms ψ pic mq ψ e ψγ µ ψa µ ψ pic mq ψ J µ A µ (1.12) Per identificare il campo A µ con il campo elettromagnetico fisico è necessario introdurre un termine cinetico del tipo: L gauge 1 4 F µν F µν (1.13) che risulti invariante sotto Up1q locale. La forma che il tensore F µν assumere affinchè sia garantita l invarianza è: deve F µν B µ A ν B ν A µ (1.14) Quindi, la densità lagrangiana invariante sotto U p1q locale assume la seguente espressione: L QED pxq ψ riγ µ pb µ iea µ q ms 1 4 F µν F µν ψ pic mq ψ J µ A µ 1 4 F µν F µν (1.15) Questa è esattamente la lagrangiana che descrive l interazione tra il campo di Dirac ed il campo elettromagnetico, giustificando la presenza di un accoppiamento di tipo corrente-campo per il termine di interazione. Si nota che non compaiono termini massivi nel campo A µ, in quanto termini di questo tipo comprometterebbero l invarianza di gauge. Da qui segue che i quanti del campo A µ devono rimanere massless: si tratta di un risultato comprensibile, dal momento che soltanto un campo massless può mediare un interazione a range infinito, necessaria per compensare le fasi che possono presentarsi in qualunque punto dello spazio-tempo Il gruppo SU p3q e la QCD Dall esempio della QED si può tentare di costruire una densità lagrangiana per altri tipi di interazione a partire dall invarianza di gauge: la QED è dedotta a partire da un gruppo di simmetria di tipo abeliano, ma è possibile

21 1.2 Invarianza di gauge: QED e QCD 11 dedurre altre teorie di gauge imponendo l invarianza sotto gruppi di simmetria non abeliani (teorie di Yang-Mills). Sin dal primo momento queste sono apparse le soluzioni alla descrizioni delle interazioni forti; i primi tentativi hanno visto l utilizzo del gruppo SUp2q, ma in realtà solo con l avvento dell ipotesi del colore si è arrivati ad individuare in SUp3q il gruppo più adatto nella descrizione di tali interazioni. L ipotesi del colore Il modello a quark statico descrive in maniera soddisfacente gli adroni, inquadrandoli in termini di rappresentazioni irriducibili del gruppo SUp3q f. In un primo momento però un tale approccio ha lasciato aperto il problema dell antisimmetrizzazione delle funzioni d onda dei barioni, interpretati come stati legati di tre quark con lo stesso flavor e quindi come sistemi di tre fermioni indistinguibili. Un esempio di questa problematica è dato dal caso della, particella con spin J 3{2, stato legato di tre quark u. D altra parte, sussisteva la necessità di giustificare la non osservazione di stati legati del tipo qq oppure q q, che in questo tipo di scenario potrebbero essere comunque costruiti. E possibile trovare un unica soluzione a questi due problemi ipotizzando l esistenza di un nuovo numero quantico: il colore. Per risolvere il problema dell antisimmetrizzazione è necessario postulare l esistenza di tre cariche di colore distinte (R, G, B) e supporre che i quark si presentino in uno dei tre colori primari. In quest ottica, il problema della si risolve pensandola come uno stato di tre quark colorati diversamente, e quindi distinguibili. In realtà, non tutte le combinazioni di colore sono permesse: si ipotizza che le uniche combinazioni esistenti in natura siano non colorate, in modo da giustificare la non osservazione di quark liberi. Le combinazioni di colore possono quindi essere soltanto le seguenti: miscele in parti uguali dei tre colori (R, G, B); miscele in parti uguali di ( R, Ḡ, B); miscele del tipo R R, GḠ e B B, organizzate in singoletti di colore.

22 12 Background teorico Queste tre possibilità corrispondono proprio agli stati di particella osservati: mesoni, barioni, antibarioni. L idea che i quark siano confinati negli adroni, porta a supporre che le cariche di colore siano anche le sorgenti di un nuovo tipo di campo e quindi di un nuovo tipo di interazione che possa tenere insieme tali strutture. Sulla falsariga della QED, si può pensare che l interazione di colore sia mediata dai quanti del campo stesso: i gluoni. Per questo allora, essi stessi devono necessariamente trasportare carica di colore, ed in particolare dovranno presentarsi come oggetti doppiamente colorati. Gli stati doppiamente colorati ed indipendenti che possono essere costruiti a partire da tre cariche di colore sono otto, e quindi otto saranno i gluoni necessari per mediare l interazione di colore. Il fatto che i gluoni trasportino carica di colore comporta una notevole differenza con il fotone, in quanto possono Figura 1.1: Diagrammi di auto-interazione tra gluoni. dare origine a termini di auto interazione (figura 1.1). Il gruppo SUp3q C Dal punto di vista formale, questo scenario può essere descritto facendo ricorso alla rappresentazione fondamentale di dimensione tre di SUp3q C. Questo gruppo ammette una rappresentazione irriducibile di dimensione tre, ed è possibile associare i tre colori ai vettori di base di tale rappresentazione: R 1 0 0, G 0 1 0, B (1.16) Il gruppo SUp3q è un gruppo non abeliano di ordine 8 ed ammette altrettanti generatori infinitesimi per i quali una rappresentazione è quella di Gell-Mann

23 1.2 Invarianza di gauge: QED e QCD 13 in cui sono diagonali le matrici λ 3 e λ 8 : λ , λ (1.17) Il fatto che sia un gruppo non abeliano si evince dalla relazione di commutazione soddisfatta dai suoi generatori infinitesimi: λi 2, λ j λ k if ijk 2 2 (1.18) dove f ijk è un tensore completamente antisimmetrico per scambio di due indici. A questo punto, richiedere che gli adroni siano non colorati equivale a richiedere che siano singoletti di SUp3q C. QCD I primi tentativi per ricavare una lagrangiana che descrivesse le interazioni forti seguendo l esempio della QED sono stati fatti da Yang e Mills. Nel loro approccio utilizzavano un gruppo non abeliano quale SUp2q I : la scelta era giustificata dalla conservazione dell isospin sotto interazioni forti. L ipotesi di SUp2q I fu presto abbandonata poichè venivano predetti bosoni di gauge mai osservati. Il problema fondamentale stava nel fatto che SUp2q I, per quanto potesse fornire una buona descrizione fisica, non era una simmetria esatta: SUp2q I è rotta dalle differenze di massa dei quark stessi. Questo tipo di situazione non si presenta, invece, se si considera il gruppo SUp3q C : si assume infatti che questa sia una simmetria esatta. D altra parte, una diversa assegnazione delle cariche di colore ai vettori di base della rappresentazione di dimensione 3 non comporta alcuna conseguenza: l assegnazione risulta puramente arbitraria. Di seguito si vede come può essere ricavata la QCD con l ausilio di SUp3q C. Supponiamo di descrivere i quark utilizzando un campo q che sia tripletto di SU p3q: q q 1 q 2 q 3. (1.19)

24 14 Background teorico I quark sono fermioni, quindi il campo q deve essere di Dirac e soddisfare la corrispondente equazione di campo. La lagrangiana di campo libero è: L q pic mq q (1.20) Tale lagrangiana è invariante sotto trasformazioni globali di SU p3q del tipo: qpxq ÝÑ qpxqe iαata, con a P t1,..., 8u (1.21) dove T a sono una possibile rappresentazione per i generatori infinitesimi di SU p3q. Questa invarianza porta alla conservazione della carica di colore. Anche in questo caso l invarianza locale non è verificata a causa della presenza dell operatore di derivazione. L unico modo per ristabilire l invarianza è quello di ridefinire la derivata covariante, introducendo un numero di campi vettoriali ausiliari in numero pari all ordine del gruppo: D µ B µ igg a µ, con a P t1,..., 8u (1.22) i campi G µ a sono detti gluonici e devono presentare delle ben precise proprietà di trasformazione sotto SU p3q locale: G µ a ÝÑ Gµ a 1 g Bµ α a pxq f abc α b pxqg µ c (1.23) Il terzo termine, non presente in QED, è una diretta conseguenza della non abelianità del gruppo considerato, e come si vedrà in seguito porterà alla nascita di termini di auto-interazione tra campi gluonici. Infatti, essendo i G a µ dei campi dinamici, dobbiamo introdurre un termine cinetico del tipo: L gauge 1 4 Gµν a G a µν (1.24) Il termine G µ a è fissato dalla richiesta di invarianza della precedente lagrangiana di gauge: G µν a B mu G ν a Bν G µ a gf abcg µ b Gν c (1.25) La lagrangiana che descrive la QCD nella sua forma completa è: L QCD q riγ µ pb µ igt a G µ a q ms q 1 4 Gµν a G a µν (1.26)

25 1.3 Rottura spontanea della simmetria 15 Il terzo termine della 1.25 è ancora una volta dovuto alla natura non abeliana di SUp3q. Quello che si può notare è che sostituendo la 1.23 in 1.25 e 1.26 si ottengono dei termini di accoppiamento tra campi di gauge inesistenti in QED. La cosa non deve sorprendere: del resto i campi G a µν che, essendo colorati, possono interagire tra loro. descrivono i gluoni Anche per la QCD non è possibile introdurre dei termini massivi nei campi G µ a (del tipo m 2 G µ a G a µ) per non compromettere l invarianza di gauge. Dunque, anche i gluoni risultano essere massless, per la stessa ragione del caso dei fotoni. 1.3 Rottura spontanea della simmetria La tecnica dell invarianza di gauge permette di ricostruire le densità lagrangiane in maniera soddisfacente per le interazioni mediate da bosoni massless: è l approccio più giusto per descrivere le interazioni elettromagnetiche e di colore. La cosa fondamentale è che le teorie di gauge che ne conseguono risultano rinormalizzabili. In natura esistono però delle interazioni che presuppongono l introduzione di campi di gauge massivi, come ad esempio le interazioni deboli. Inserendo dei termini massivi nell espressione della lagrangiana, anche ignorando le questioni di invarianza, si va incontro ad una teoria non rinormalizzabile e che quindi perde ogni potere predittivo. Nonostante questo, esiste un meccanismo per poter generare le masse dei campi di gauge partendo da una densità lagrangiana per campi massless: tale meccanismo prende il nome di rottura spontanea di simmetria (SSB). Generalmente, è sempre possibile esprimere una lagrangiana come somma di un termine cinetico e uno di potenziale, cioè come: L T V (1.27) Le densità lagrangiane che sono state considerate nelle sezioni precedenti mostrano delle proprietà di simmetria (globali o locali) manifeste: questo tipo di situazione è strettamente legato alla non degenerazione dello stato di minimo energetico (il minimo per il potenziale V ) assunto come stato di vuoto. Questo stato di minimo rispecchia le proprietà di simmetria della lagrangiana. Il meccanismo di rottura spontanea di simmetria ha lo scopo di introdurre

26 16 Background teorico quei termini massivi nei campi di gauge di cui si ha bisogno, ma che minano la rinormalizzabilità delle teoria. Per farlo si utilizza un potenziale che abbia uno stato di minimo degenere. In questo tipo di situazione, i vari stati di minimo non mostrano più le proprietà di simmetria della lagrangiana, ma anzi si trasformano uno nell altro mediante trasformazioni del gruppo che lasciano invariata la lagrangiana. La rottura spontanea della simmetria si esplica nella scelta arbitraria di uno di questi stati di minimo per la ridefinizione dello stato di vuoto Rottura spontanea di U p1q globale Consideriamo un campo ϕ complesso: ϕ 1? 2 pϕ 1 iϕ 2 q (1.28) con ϕ 1 e ϕ 2 campi reali non interagenti. La tipica densità lagrangiana che descrive questo campo è: L B µ ϕ B µ ϕ µ 2 ϕ ϕ λpϕ ϕq 2 (1.29) dove sia µ 2 che λ sono due parametri, ed il terzo termine rappresenta una auto-interazione tra campi. La 1.29 è invariante per trasformazioni di U p1q globale. Il termine di potenziale è una funzione dei due campi reali ϕ 1 e ϕ 2 : Si nota che se µ 2 V pϕ 1, ϕ 2 q 1 2 µ2 ϕ µ2 ϕ λpϕ2 1 ϕ2 2 q2 (1.30) 0 e λ 0, la 1.29 descrive una particella scalare di massa µ, ed in questo caso il potenziale mostra un minimo stabile in ϕ 1 ϕ 2 0. Questo stato di minimo non è degenere e rispecchia la simmetria della lagrangiana. Diversamente, se µ 2 0 e λ 0, le particelle descritte dalla 1.29 dovrebbero avere massa quadra negativa: un risultato chiaramente assurdo. L assurdità di questa situazione è dovuta al fatto che che il potenziale 1.30 possiede un massimo locale nel punto individuato da ϕ 1 0 e ϕ 2 0. Per questo motivo, lo sviluppo di Taylor al secondo ordine del potenziale in potenze dei campi in un intorno di pϕ 1 0, ϕ 2 0q risulta negativo. Per determinare il contenuto in particelle del modello, occorre quindi fare

27 1.3 Rottura spontanea della simmetria 17 uno sviluppo della lagrangiana in potenze dei campi attorno ad un punto di minimo del potenziale. Il potenziale però non presenta un minimo isolato, ma una intera orbita di minimi (figura 1.2), corrispondente alla circonferenza di equazione: ϕ 2 1 ϕ2 2 µ2 (1.31) λ Poichè il potenziale è invariante per trasformazioni Up1q, la particolare scelta Figura 1.2: Andamento del potenziale V pφq per un campo scalare complesso nel caso µ 2 0 λ 0. del punto di minimo è totalmente irrilevante: tutti i punti appartenenti alla circonferenza di raggio µ? λ sono tra loro equivalenti. Scegliamo per esempio il punto di minimo Poniamo allora: ϕ 1 c µ2 λ v, ϕ 2 0 (1.32) ϕ 1 pxq v σpxq, ϕ 2 pxq ηpxq (1.33) dove i campi scalari σpxq ed ηpxq rappresentano gli spostamenti dei campi dalla posizione di equilibrio. Utilizzando questi campi, la densità lagrangiana 1.29 diventa: L 1 2 pb µσpxqq pb µηpxqq 2 µ 2 σ 2 pxq... (1.34) dove sono stati omessi il termine costante ed i termini di ordine 3 e 4 in σ ed in η.

28 18 Background teorico Come risulta dalla parte quadratica della lagrangiana, la particella descritta dal campo σpxq acquista una massa pari a: m σ a 2µ 2 (1.35) Oltre a questo, compare il campo scalare reale η, massless, non osservato fisicamente e che prende il nome di bosone di Goldstone. Teorema di Goldstone Il campo scalare ηpxq associato alla particella a massa nulla descrive uno spostamento dei campi dalla posizione di equilibrio, lungo una direzione che è tangente all orbita dei minimi del potenziale. Siccome il potenziale assume lo stesso valore in tutti i punti appartenenti all orbita dei minimi, effettuando uno spostamento dei campi lungo la direzione tangente all orbita il potenziale non subisce alcun incremento. Conseguentemente, lo sviluppo al secondo ordine del potenziale lungo la direzione tangente all orbita si annulla e, per questo motivo, la particella η ha massa nulla. Questo fenomeno è del tutto generale e prende il nome di teorema di Goldstone: ogni qual volta una simmetria continua della lagrangiana è rotta spontaneamente (e questa simmetria corrisponde ad una invarianza solamente globale dell azione), tra le particelle descritte dalla teoria vi è almeno una particella a massa nulla, che viene chiamata bosone di Goldstone associato alla rottura spontanea della simmetria. Per motivi di covarianza relativistica, il bosone di Goldstone deve avere spin nullo ed è quindi una particella scalare o pseudoscalare, a seconda della particolare simmetria che subisce la rottura spontanea. 1.4 Meccanismo di Higgs Abbiamo visto che la rottura spontanea di una simmetria globale della lagrangiana si manifesta attraverso la presenza di una particella a massa nulla. Nel caso in cui si abbia rottura spontanea di una simmetria locale della lagrangiana, il campo corrispondente al bosone di Goldstone si combina col campo vettoriale a massa nulla della connessione di gauge, ed il campo vettoriale risultante acquista massa non nulla. Questo fenomeno ha preso il nome

29 1.4 Meccanismo di Higgs 19 di fenomeno di Higgs: in questa sezione si considera un semplice modello abeliano che mostra questo meccanismo Rottura spontanea di U p1q locale Sia ϕ un campo complesso, ed A µ la connessione associata a trasformazioni di gauge abeliane, ad esempio il campo che descrive un campo elettromagnetico esterno. Dalla sezione 1.2 sappiamo che la densità lagrangiana che descrive il modello è data da: L pb µ iea µ q 2 µ 2 ϕ ϕ λpϕ ϕq F µν F µν (1.36) Questa lagrangiana descrive un sistema fisico con quattro gradi di libertà: due corrispondenti alle componenti ϕ 1 e ϕ 2 di ϕ, e due per il campo A µ che, essendo massless, ammette soltanto le due polarizzazioni trasverse. Per rompere spontaneamente la simmetria che abbiamo richiesto, consideriamo µ 2 0 e λ 0, e ridefiniamo lo stato di vuoto come in La semplice sostituzione del campo shif tato 1.33 in 1.36 porta alla comparsa di un bosone di Goldstone, ma anche di una particolare assegnazione per lo spettro delle masse: L pb µσq pb µηq 2 v 2 λσ e2 v 2 A µ A µ eva µ B µ η 1 4 F µν F µν... (1.37) dove abbiamo trascurato i termini di interazione. Notiamo che a questo punto anche il campo elettromagnetico ha acquistato massa: la cosa non desta problemi, dato che A µ descrive un fotone virtuale che media l interazione. In realtà, la presenza di un termine fuori diagonale suggerisce l idea che gli autovalori di massa assegnati non siano esatti. Se andiamo a contare il numero dei gradi di libertà del sistema fisico descritto da L 1, troviamo: un grado di libertà per il campo scalare reale σ, uno per il campo scalare η (massless) e tre per il campo A µ, che ha acquistato anche una polarizzazione longitudinale. Un semplice shift del campo ϕ non può variare il numero dei gradi di libertà, quindi L e L 1 devono necessariamente descrivere lo stesso sistema fisico. campi presenti in L 1 corrispondono a particelle fisiche. Si può dedurre, allora, che non tutti i Si può notare che

30 20 Background teorico all ordine più basso in η e per piccole oscillazioni attorno allo stato di vuoto, si ha: ϕ 1? 2 pσ v iηq 1? 2 pσ vq e i η v (1.38) Il meccanismo di Higgs individua il grado di libertà in eccesso nel bosone di Goldstone. La 1.38 permette di vedere il bosone di Goldstone come il responsabile di una ben precisa trasformazione di gauge nel campo ϕ. Questo suggerisce di introdurre un diverso set di campi θpxq, hpxq e A µ pxq tali che: ϕpxq ÝÑ 1? 2 phpxq vq e i θpxq v (1.39) A µ pxq ÝÑ A µ pxq 1 ev B µθpxq (1.40) con θpxq tale che hpxq sia reale. Il campo di Goldstone agisce anche sul campo A µ, e grazie all invarianza di gauge sotto Up1q locale, non ha alcuna influenza sulla densità lagrangiana. Dunque, da 1.39 e 1.40 si ottiene: L pb µhpxqq 2 v 2 λhpxq 2 λvhpxq λhpxq4 1 2 e2 v 2 A µ A µ 1 2 e2 A 2 µhpxq 2 ve 2 A 2 µhpxq 1 4 F µν F µν (1.41) Dalla 1.41 si può capire che il meccanismo di Higgs ha eliminato il bosone di Goldstone, ripristinando il corretto numero di gradi di libertà: uno per il campo scalare reale massivo di Higgs e tre per il campo elettromagnetico polarizzato sia trasversalmente che longitudinalmente. Il grado di libertà scalare in eccesso è stato incorporato nella polarizzazione longitudinale del campo di gauge A µ. Si dice che il campo di gauge ha mangiato il bosone di Goldstone ed è diventato massivo. In altri termini, il grado di libertà in eccesso corrispondeva soltanto alla possibilità di attuare una trasformazione di gauge. Notiamo che anche il termine fuori diagonale è sparito, attestando che la matrice di massa ora è diagonale e le assegnazioni di massa sono altrettanto corrette.

31 1.5 L unificazione elettrodebole L unificazione elettrodebole Le interazioni deboli La prima evidenza sperimentale di interazioni deboli fu l osservazione del decadimento-β del nucleo, in circostanze tali per cui le interazioni forte ed elettromagnetica risultavano proibite dalle leggi di conservazione. Un ulteriore indizio che ha portato a pensare all esistenza di una nuova categoria di interazioni è stata la misura della vita media di alcune particelle, troppo lunga per poter interpretare il decadimento di queste in termini di interazioni già note (tabella 1.2). I processi deboli osservabili sono i decadimenti Decadimento Vita media (s) π ÝÑ µ ν µ µ ÝÑ e ν e ν µ Tabella 1.2: Tipici decadimenti deboli e loro vita media selezionati dalla conservazione del numero leptonico, processi che coinvolgono neutrini, e quelli in cui avviene una transizione tra quark con cambio di f lavor (decadimento-β nucleare). Caratteristiche fondamentali e peculiari delle interazioni deboli, stabilite da numerosi esperimenti, sono la non conservazione della parità e della coniugazione di carica. Gli aspetti fenomenologici delle interazioni deboli sono descritti dalla cosiddetta teoria di Fermi delle interazioni deboli. Il punto fondamentale di questa teoria, è l introduzione di una densità lagrangiana di interazione della forma corrente-corrente: L G F? J µ: J µ (1.42) 2 dove G F è la costante di accoppiamento effettiva delle interazioni deboli (costante di Fermi). La corrente che interviene nella 1.42 è costruita con i campi dei leptoni: J µ J peq Jpµq µ µ J pτq µ (1.43) Ogni famiglia di leptoni contribuisce alla corrente debole: ciascun termine della corrente conserva il numero leptonico della corrispondente famiglia.

32 22 Background teorico Poichè le cariche elettrica dei leptoni massivi e dei neutrini differiscono tra loro, ciascuna corrente debole possiede carica elettrica non banale; queste correnti sono perciò chiamate correnti cariche, e possono essere scritte come: J paq µ pxq ψ paq pxqγ µ p1 γ 5 q ψ νa pxq J paq: µ pxq ψ νa pxqγ µ p1 γ 5 q ψ paq (1.44) pxq La presenza del fattore p1 γ 5 q nell espressione 1.44 delle correnti seleziona la componente left degli spinori: le correnti deboli coinvolgono solamente le componenti sinistrorse dei campi che descrivono le particelle. Pertanto, le interazioni deboli descritte dalla lagrangiana 1.42 violano la parità, mentre conservano la simmetria CP. Bosoni intermedi L interazione a quattro fermioni della lagrangiana 1.42 è di tipo non rinormalizzabile. Dal punto di vista teorico, una teoria non rinormalizzabile non è proponibile come teoria fondamentale: essa può essere accettabile solamente come teoria efficace. Si pone quindi il problema di ricercare una teoria rinormalizzabile che riproduca, nel limite di bassa energia, la teoria fenomenologica di Fermi per le interazioni deboli. Il primo passo in questa direzione consiste nel notare che una interazione efficace corrente-corrente può essere prodotta dallo scambio di una particella virtuale descritta da un campo vettoriale massivo. La costante di Fermi nella 1.42 non è una quantità adimensionale, come lo è la costante di accoppiamento α per le interazioni elettromagnetiche. L ipotesi di un bosone intermedio necessita l introduzione in 1.42 di un propagatore adatto, che a basse energie tenda a semplificarsi: i gµν pµpν MW 2 p 2!MW MW 2 ÝÑ 2 i gµν p 2 MW 2 A questo punto è possibile reinterpretare la costante di Fermi come: (1.45) G? g2 (1.46) 2 8MW 2 Tutto questo suggerisce di interpretare l interazione debole come una manifestazione dell interazione elettromagnetica (Glashow, 1961). L unica differenza tra le due interazioni rimarrebbe nella massa del bosone mediatore.

33 1.5 L unificazione elettrodebole 23 Correnti deboli neutre I processi deboli inizialmente individuati sono stati tutti interpretati attraverso correnti deboli cariche. Solo a partire dal 1973 si sono avute evidenze dell esistenza di processi da correnti deboli neutre, ovvero dell esistenza di un mediatore neutro Z. In questi processi è necessaria la presenza di neutrini, in quanto solo i neutrini non subiscono nè interazione elettromagnetica nè interazione forte. La segnatura caratteristica è dunque un processo con un neutrino nello stato iniziale e con assenza di leptone carico nello stato finale. Gli eventi da correnti deboli neutre studiati in principio sono stati gli scattering neutrino-nucleone in un liquido pesante (Freon): ν µ N ÝÑ ν µ X; ν µ N ÝÑ ν µ X (1.47) La forma assunta da queste correnti non è dello stesso tipo V-A delle correnti deboli cariche. Per poter dotare le correnti deboli neutre anche di una componente right-handed, si introduce la forma: J µ NC ψ γµ 2 pc V c A γ 5 q ψ (1.48) Sperimentalmente è stato verificato che la corrente debole neutra ha una componente right-handed non nulla Unificazione Elettrodebole La teoria V-A di Fermi per le interazioni deboli è riuscita a giustificare un ampio range di risultati sperimentali per molto tempo. Nonostante questo, però, rimane soltanto una descrizione fenomenologica. Poichè si tratta di una teoria non rinormalizzabile, ad alte energie si presentano divergenze ai vari ordini perturbativi. Come già detto, la relazione 1.46 conduce all idea che le interazioni deboli ed elettromagnetiche possano essere due manifestazioni dello stesso tipo di interazione. La teoria di Glashow (1961) tenta una unificazione delle due interazioni, identificando per la prima volta il gruppo di simmetria appropriato per descrivere le interazioni deboli: SUp2q L b Up1q Y.

34 24 Background teorico Isospin debole ed ipercarica debole La ricerca del gruppo di simmetria per la descrizione delle interazioni deboli parte con l idea di interpretare le correnti deboli cariche e l eventuale corrente neutra in termini di rappresentazioni irriducibili di un certo gruppo di simmetria. Le correnti deboli cariche descrivono transizioni del tipo ν l Ø l: accoppiano quindi soltanto stati left-handed (figura 1.3). Questa considerazione permetν l l W W l ν l J µ ν Lγ µ l L J µ l L γ µ ν L Figura 1.3: Correnti deboli cariche. te di vedere la coppia (ν l, l) come doppietto di un certo gruppo di simmetria. La scelta più semplice è quella di vedere la coppia di leptoni come base della rappresentazione irriducibile di dimensione 2 del gruppo SU p2q (in analogia con l isospin), che in questo caso sarà detto di isospin debole. L introduzione di SUp2q L porta all assegnazione di un nuovo numero quantico a ν l e l: ν l 1 2, 1 2 y l 1, y l e, µ, τ. (1.49) L I generatori infinitesimi di SUp2q sono le matrici di Pauli (τ 1, τ 2, τ 3 ),e quindi la generica trasformazione che interessa il doppietto risulta della forma: 1 ν l e iýñ α ÝÑ τ ν l 2 (1.50) l l L Notiamo che esiste uno stato right-handed per il leptone (l R ) sul quale SUp2q L non ha alcuna influenza. Questo sarà identificato come stato di singoletto: L

35 1.5 L unificazione elettrodebole 25 l R y 0, 0y. Il modello non considera invece la possibilità dell esistenza di un neutrino right-handed. E possibile definire delle correnti J µ 1 e J µ 2 a partire dalle matrici τ 1 e τ 2 : J µ 1 χ L γ µ τ 1 2 χ L (1.51) J µ 2 χ L γ µ τ 2 2 χ L (1.52) e notare che esiste un legame con le correnti deboli cariche: J µ χ L γ µ τ χ L 1 2 pj µ 1 ij µ 2 q (1.53) Considerare le correnti J 1,2,3 equivale a considerare le rappresentazioni irriducibili del gruppo: l ideale sarebbe poter identificare J µ 3 con la corrente debole neutra. Ciò non è possibile perché J µ 3 ha un contributo right-handed. è puramente left-handed, mentre J µ NC L idea di Glashow fu quella di individuare un altra corrente neutra con componente right che, combinata in maniera opportuna con la J µ NC, potesse essere identificata con la J µ 3 : l unica corrente con queste caratteristiche è la corrente elettromagnetica. Oltre la combinazione che completa il tripletto di correnti left-handed esiste un altra corrente, data da un altra combinazione ortogonale alla prima. Glashow pensò di fare riferimento allo schema di Gell-Mann Nishijima, utilizzato per organizzare le particelle dotate di stranezza nei multipletti di SUp2q I. Questo corrisponde ad introdurre un nuovo nemeo quantico, l ipercarica debole, e ad assumere valida la formula di Gell-Mann Nishijima: Y Q T 3 (1.54) 2 Dal punto di vista formale questo corrisponde ad estendere il gruppo di simmetria SUp2q L con l aggiunta di Up1q Y, di cui l ipercarica Y sarà generatore infinitesimo, ed introdurre una nuova corrente (di ipercarica debole): J µ Y ψγ µ Y ψ (1.55) Il legame tra le correnti coinvolte si deduce dalla 1.54: J µ em J µ 3 J µ Y 2 (1.56)

36 26 Background teorico Leptone T T 3 Q Y Quark T T 3 Q Y ν e u 2 L e L d L e R u R d R Tabella 1.3: Isospin debole e ipercarica debole di leptoni e quark. Alla luce di tutto questo, il gruppo di simmetria totale sarà il prodotto diretto: SUp2q L b Up1q Y (1.57) La formula 1.54 comporta un assegnazione ben precisa anche dell ipercarica debole alle particelle coinvolte nel modello standard (tabella 1.3). Il fatto di avere un prodotto diretto per il gruppo di simmetria delle interazioni elettrodeboli, comporta l introduzione di due costanti di accoppiamento distinte: g e g 1. Per questo motivo non è possibile parlare di una vera e propria unificazione tra interazioni deboli ed elettromagnetiche. La strada seguita da Glashow, però, porta ad individuare quelle che sembrano essere le interazioni fondamentali (isospin debole e ipercarica debole) di cui le interazioni deboli ed elettromagnetiche sarebbero una manifestazione ad una ben precisa scala di energie. Interazioni elettrodeboli effettive Il modello per le interazioni elettrodeboli si completa supponendo che l interazione effettiva corrente-corrente provenga essenzialmente dallo scambio di bosoni massivi, con un piccolo trasferimento di impulso. Si assume che la forma di termini di interazione sia dello stesso tipo corrente-campo vista per le interazioni elettromagnetiche, sia a livello delle interazioni fondamentali

37 1.5 L unificazione elettrodebole 27 individuate, sia a livello delle interazioni fisiche. Questo tipo di approccio necessita della introduzione di tre campi vettoriali W µ i che si accoppino con intensità g alle correnti J µ i, e di un campo vettoriale B µ che si accoppi con intensità g 1 alla corrente J µ Y. Quindi: igw µ J µ i g1 2 B µj µ Y (1.58) La 1.53 impone che tra i campi W i µ ed i campi fisici W ci sia una relazione del tipo: W µ? 1 W 1 2 µ W µ 2 (1.59) Sia W 3 µ che B µ devono essere campi neutri, e ci possiamo aspettare che descrivano sia A µ, sia Z µ ; da una loro combinazione si ottiene: # A µ B µ cos θ W Wµ 3 sin θ W (1.60) Z µ B µ sin θ W Wµ 3 cos θ W L ipotesi di questo mixing prevede l introduzione di un parametro libero nel modello: l angolo di Weinberg θ W. La 1.60 permette di trovare la relazione esistente tra le costanti g e g 1 e la carica e dell elettrone, nonchè il loro legame con l angolo di Weinberg: g sin θ W g 1 cos θ W e (1.61) A questo punto, da 1.56 e da 1.61 è possibile ricavare la forma della combinazione lineare di J µ NC e J µ e m da identificare con J µ 3 : J µ NC J µ 3 sin 2 θ W J µ e m (1.62) Dalle relazioni precedenti si capisce che l accoppiamento può essere descritto tanto da g e da g 1 quanto da e e da sin 2 θ W. Benchè questo modello riesca a descrivere in maniera molto accurata i processi elettrodeboli, resta comunque insoddisfacente per le questioni che rimangono aperte. Rimane, infatti, il problema di spiegare come vengono generate le masse dei bosoni vettori e la motivazione del mixing 1.60.

38 28 Background teorico Modello di Weinberg-Salam Il modello presentato nella sezione precedente può essere ritrovato interpretando il gruppo 1.57 come locale, ed imponendo l invarianza di gauge vista nel paragrafo 1.2. In questo modo si ottiene una teoria di gauge che introduce i bosoni di gauge appropriati, ma che continua ad esser problematica per l assegnazione delle masse. Il problema delle masse non affligge soltanto i bosoni vettori, ma anche le masse degli stessi fermioni. La vera soluzione al problema arriva sì passando per l invarianza di gauge, ma applicando la rottura spontanea della simmetria con il meccanismo di Higgs, sviluppato in maniera separata da Weinberg (1967) e da Salam (1968). Invarianza di gauge sotto SUp2q L b Up1q Y locale La costruzione del modello di Weinberg-Salam parte dalla richiesta che la densità lagrangiana per i fermioni sia invariante sotto SUp2q L b Up1q Y. Si dovrà trattare necessariamente di una lagrangiana per campi fermionici massless, affinchè l invarianza non sia compromessa. D altra parte, aver organizzato leptoni e quark in doppietti e singoletti di SUp2q L permette di scrivere la densità lagrangiana libera come: L 0 i χ L C µ χ L i ψ R C µ ψ R (1.63) Note le proprietà di trasformazione di χ L e ψ R sotto SUp2q L b Up1q Y : χ L ÝÑ χ 1 L eiýñ α pxq ÝÑ T iβpxqy χ L (1.64) ψ R ÝÑ ψ 1 R eiβpxqy ψ R (1.65) resta fissato il modo in cui ridefinire le derivate covarianti e i campi ausiliari necessari secondo la procedura vista nel paragrafo 1.2: ÝÑ τ L 1 χ L iγ µ B µ ig 2 ÝÑ W µ ig 1 Y 2 Bµ χ L ψ R iγ µ B µ ig 1 Y 2 Bµ ψ R 1 ÝÑ W µν ÝÑ W µν Bµν B µν (1.66)

39 1.5 L unificazione elettrodebole 29 con: ÝÑ W µν B µ ÝÑ W ν B νýñ W µ g ÝÑ W µ ÝÑ W ν (1.67) B µν B µ B ν B ν B µ (1.68) I campi di gauge devono trasformarsi sotto SUp2q L ed Up1q Y modo: nel seguente ÝÑ W µ ÝÑ ÝÑ W µ 1 g BµÝÑ α pxq ÝÑ α pxq ÝÑ W µ (1.69) B µ ÝÑ B µ 1 g 1 Bµ βpxq (1.70) La lagrangiana 1.68 è invariante sia sotto SUp2q L che sotto Up1q Y. Inoltre, risulta invariante sotto Up1q em, in quanto continua a valere la conservazione della carica elettrica totale. Scelta del campo di Higgs Per generare le masse dei bosoni di gauge è necessario introdurre un opportuno campo scalare complesso, e dunque un ulteriore termine alla lagrangiana L 1, comunque invariante sotto SUp2q L bup1q Y. Si considerano quattro campi reali organizzati in un doppietto di campi complessi: φ φ? 1 φ 1 iφ 2 2 iφ 4 φ 0 La lagrangiana invariante che descrive il campo φ ha la seguente forma: L 2 B µ φ 3 (1.71) ÝÑ τ ig 2 ÝÑ W µ ig 1 Y 2 2 Bµ V pφq (1.72) Aver supposto φ doppietto di SUp2q L comporta una precisa assegnazione di isospin debole al campo di Higgs. La 1.71 stabilisce anche una assegnazione di carica elettrica e, quindi, di ipercarica debole. Si tratta della scelta fatta da Weinberg nel 1967, ritenendo necessario rompere in maniera spontanea sia SUp2q L che Up1q Y, in modo che Up1q em SUp2q L b Up1q Y non sia rotta ed il fotone si mantenga massless.

40 30 Background teorico Il potenziale V pφq è della forma V pφq µ 2 φ : φ λ φ : φ 2 e per applicare la rottura spontanea della simmetria è necessario considerare µ 2 0 e λ 0. I nuovi stati di minimo giacciono su una superficie sferica di equazione: φ 2 1 φ2 2 φ2 3 φ2 4 µ2 2λ La scelta più appropriata per il nuovo stato di vuoto è: # φ 1 φ 2 φ 4 0 ùñ φ 0 1 0? φ 3 v 2 v (1.73) (1.74) Il nuovo stato di vuoto è sicuramente invariante sotto Up1q em, in quanto è non nulla solo la componente neutra del campo (Q è generatore infinitesimo di Up1q em ), quindi non verrà generata alcuna massa per il fotone. D altra parte, la componente φ 0 ha T 1, T e Y 1, dunque è in grado di 2 rompere sia SUp2q L che Up1q Y, assicurando la generazione delle masse degli altri bosoni di gauge. Masse dei bosoni di gauge e termini di accoppiamento tra campi Secondo il meccanismo di Higgs, il campo φ si riduce al semplice: φpxq? hpxq v (1.75) Sostituendo 1.75 in 1.72 é possibile ottenere il termine cinetico per il campo di Higgs: 1 2 Bµ hpxqb µ hpxq (1.76) e far vedere come il modello fissi esplicitamente i termini di accoppiamento tra hpxq ed i campi di gauge: 1 8 g pw µ 1 iw µ 2 q hpxq v 2 8 gw µ 3 g 1 B µ 0 hpxq v 2 2g 2 W µ W µ W 3 µ B µ g 2 gg 1 gg 1 g 12 W 3µ B µ

41 1.5 L unificazione elettrodebole 31 h2 pxq 2vhpxq v 2 8 2g 2 W µ W µ pa µ Z µ q g 2 g 12 A µ Z µ vg 2 W 2 µ W µ g 2 4 W µ W µ h 2 g 2 v pxq 2 W µ W µ hpxq 1 v pg2 g 12 qz µ 1 g 2 Z µ Z µ Z 8 cos 2 µ h 2 v pxq θ W 4 pg2 g 12 qz µ Z µ hpxq M 2 W W µ W µ g M 2 ZZ µ Z µ 4 W µ W µ h 2 pxq 1 g 2 Z µ Z 8 cos 2 µ hpxq θ W g 2 v 2 W µ W µ hpxq g Z µ Z µ hpxq (1.77) 2 cos θ W Si può notare che la matrice di massa per i campi W 3 µ e B µ non è diagonale. E possibile trovare la trasformazione unitaria che porta ai vettori di base che la diagonalizzano: A µ 1? Z µ g 2 g 12 g g 1 g 1 g Wµ 3 B µ ùñ $ & % A µ g1 Wµ 3 gb? µ g 2 g 12 Z µ gw µ g 3 1 B? µ g 2 g 12 (1.78) Le assegnazioni di massa del modello ai campi di gauge sono: M γ 0, M W vg 2, M Z v a g 2 g 2 12 (1.79) Confrontando con il mixing 1.60 si deduce che le differenze di massa tra i W µ e lo Z µ dipendono dal mixing tra W 3 µ e B µ. La particolare relazione che intercorre tra le due masse porta il modello al valore di ρ voluto: M W M Z cos θ W ùñ ρ Dal potenziale V pφq derivano invece i seguenti termini: M 2 W M 2 Z cos 2 θ W 1 (1.80) V 1 pφq λv 2 h 2 pxq λvh 3 pxq 1 4 h4 pxq (1.81) tra cui è possibile individuare il termine di massa dell Higgs ed i suoi termini di auto-interazione. In 1.77 sono evidenti gli accoppiamenti tra il campo di Higgs ed i campi di gauge. In particolare si nota che i diagrammi trilineari sono proporzionali alla massa dei bosoni di gauge coinvolti, dunque rappresentano canali privilegiati per la scoperta dell Higgs (figura1.4).

42 32 Background teorico h 0 W W Figura 1.4: Diagramma per l accoppiamento del campo scalare di Higgs h 0 con il bosone W nel Modello Standard. Masse dei fermioni e termini di Yukawa Il gruppo SUp2q L agisce solo su stati left-handed, dunque non permette l introduzione nella lagrangiana L 1 di termini massivi nei fermioni, che per loro natura miscelano stati left-handed e stati right-handed. E possibile costruire una lagrangiana invariante sotto SUp2q L b Up1q Y che accoppi i campi fermionici al campo di Higgs, cioè è possibile utilizzare il campo φ per generare anche le masse dei fermioni, attraverso un termine detto di Yukawa. Partiamo dai leptoni. Ricordando che il Modello Standard suppone i neutrini massless, e che quindi non prevede mixing tra le famiglie leptoniche, il termine aggiuntivo assume la forma: φ L 3 G l ν l l l L R lr φ 0 φ φ0 ν l l L (1.82) Una volta rotta la simmetria, l unica componente del campo di Higgs che rimane è quella neutra in 1.75: questo permette di generare le masse del leptone inferiore di una qualsiasi delle tre famiglie. Oltre al termine massivo per i campi leptonici, si generano anche termini di accoppiamento con il campo di Higgs: L 1 3 G l? v l G l L l R lr l 2 L? v l L l R lr l 2 L hpxq m l ll m l v llhpxq, dove m l G lv? 2 (1.83) Anche in questo caso l accoppiamento risulta inversamente proporzionale al valore di v, ma direttamente proporzionale alla massa del leptone stesso (figura 1.5). La generazione delle masse dei quark è un problema più complesso

43 1.5 L unificazione elettrodebole 33 f R f L h 0 Figura 1.5: Diagramma per l accoppiamento del campo scalare di Higgs h 0 con il campo fermionico f nel Modello Standard. in quanto è necessario generare anche la massa del membro superiore della famiglia. Si può trovare una soluzione osservando che il campo φ di Higgs introdotto è una rappresentazione irriducibile del gruppo SUp2q L e che è possibile ottenere una rappresentazione equivalente: φ c iτ 2 φ φ 0 φ (1.84) Il campo φ c trasforma come φ, ma a seguito della rottura spontanea della simmetria, la componente non nulla è quella superiore, così come risulta necessario per generare le masse dei quark u, c, t. Il termine di Yukawa per i quark ha la stessa forma di 1.82; esiste un unica differenza dovuta al mixing presente tra le famiglie di quark: le interazioni deboli coinvolgono doppietti del tipo pu i d 1 i q L, dove gli stati d1 i sono intesi come combinazioni di autostati di flavor. In quest ottica, il termine lagrangiano si presenta come: L 4 G ij d pu i ÝÑ m i d d i d i 1 d 1 i q L h v φ φ 0 m iuū i u i 1 d jr G ij u pu i h v d 1 i q L φ 0 φ u jr h.c. con i,j P t1, 2, 3u (1.85) Come si può vedere, il modello di Weinberg-Salam riesce a spiegare come siano generate le masse dei campi di materia e nei campi di gauge. Tali masse, però, restano parametri liberi della teoria ed il Modello Standard non è in grado di darne una stima: g 1, g, v e le costanti G i sono tutte quantità non note a priori.

44 34 Background teorico 1.6 La massa del bosone di Higgs Così come il Modello Standard non riesce a predire le masse dei campi di materia e dei campi di gauge, allo stesso modo non dà una stima della massa dell Higgs. Il termine massivo che è presente nella 1.81, m 2 h 2λv2, dipende da λ e da v. Il valore di v è noto, ma λ resta un parametro libero. Nonostante ciò, esistono dei limiti ben precisi alla massa del bosone di Higgs dettati da considerazioni teoriche, nonchè valori esclusi dai risultati sperimentali Limiti teorici La costante di accoppiamento λ, come ogni altra costante d accoppiamento in una teoria rinormalizzabile, sarà dipendente dalla scala di energia coinvolta nell interazione. Limiti più stringenti sul suo valore si possono, quindi, ottenere in funzione della scala di energia Λ cui si vuole estendere il Modello Standard. Fissata Λ, la richiesta che la costante rimanga finita fino a tale scala dà un limite superiore alla massa dell Higgs. Studiando le condizioni di rinormalizzazione della teoria con diagrammi di Feynman di ordine successivo al primo e limitandosi allo studio delle correzioni ad un loop, si trova che l accoppiamento di quadrupolo del bosone di Higgs viene corretto da due diagrammi (figura 1.6). Il secondo ed il terzo h 0 h 0 h 0 h 0 h 0 h 0 h 0 t t t h 0 t h 0 h 0 h 0 h 0 h 0 h 0 Figura 1.6: Correzioni ad un loop per l accoppiamento di quadrupolo del bosone di Higgs. diagramma introducono la costante di accoppiamento λ, che diventa funzione della scala di energia Λ. In particolare, il loop di top la spinge a piccoli valori. Per il loop di Higgs si trova che: λ pλq λpvq 1 3λpvq 8π 2 ln Λ v (1.86)

45 1.6 La massa del bosone di Higgs 35 Da questa relazione appare evidente che questa teoria, come la QED, non è asintoticamente libera, nel senso che l accoppiamento cresce con la scala di energia. Infatti, la teoria raggiunge il limite non-perturbativo ad un valore Λ tale che: Λ 8π 2 v exp (1.87) 3λpvq Da 1.87 si capisce che Λ cresce rapidamente al crescere di λpλq. Inoltre, m h è proporzionale a λ 1 2, dunque al crescere di m h il regime non perturbativo si stabilisce sempre prima. Se si volesse conservare il regime perturbativo fino ad una generica scala di energia Λ, si deve allora richiedere che la m h non superi il valore limite: m 2 4π 2 v 2 h 3 ln Λ (1.88) v Per Λ GeV (energia stimata per la GUT) si avrebbe m h 160 GeV. Se però il regime non-perturbativo si instaura a 1 TeV, allora il limite superiore per la massa dell Higgs è 750 GeV. Tuttavia, questo ragionamento è molto approssimativo, in quanto sarebbe necessario valutare il contributo del loop da quark top. In maniera diversa, il limite inferiore alla massa del bosone di Higgs può essere determinato richiedendo che si abbia effettivamente la rottura spontanea della simmetria: per garantire ciò, λ deve rimanere positiva a tutte le scale di energia. Infatti, se λ diventasse negativa, il potenziale di Higgs non sarebbe limitato inferiormente e non si avrebbero stati di minimo di energia. Questa richiesta impone la cosiddetta stabilità del vuoto. E possibile provare che nelle vicinanze di tale limite diventano importanti le correzioni radiative dovute al loop di top del terzo diagramma di figura 1.6. Come detto, questo loop porta λ ad assumere valori piccoli: addirittura, al crescere della massa del top questi valori possono diventare negativi. Quindi, fissata la massa del top, per evitare tale instabilità, la massa dell Higgs deve eccedere un valore minimo. Anche questo limite è comunque funzione della scala di energia Λ. Supponendo di voler estendere il Modello Standard ad energie di almeno 1 TeV, si ottiene: m h? 3v 32π 16G4 t g4 2g 2 g 12 3g Λ ln v (1.89)

46 36 Background teorico dove G t é la costante di accoppiamento tra il bosone di Higgs ed il quark top. Le considerazioni fatte fino ad ora si possono riassumere nel grafico in figura 1.7. Stime più accurate fissano i limiti superiore ed inferiore per m h Figura 1.7: Limiti teorici e relative incertezze sul valore della massa del bosone di Higgs in funzione della scala di energia Λ per cui rimane valido il Modello Standard. L area scura superiore indica la somma delle incertezze teoriche nel limite superiore di M H, considerando fissata m t 175 GeV/c 2. L area tratteggiata mostra un incertezza ulteriore quando si fa variare m t da 150 a 200 GeV/c 2. Il bordo superiore corrisponde a valori di m h per cui il meccanismo di Higgs cessa di essere significativo alla scala Λ, mentre il bordo inferiore indica un valore di m h per il quale la teoria delle perturbazioni risulta affidabile alla scala Λ. L area scura inferiore infine rappresenta le incertezze teoriche nel limite inferiore di m h [9]. rispettivamente a 130 GeV e a 190 GeV, estendendo il regime perturbativo fino a GeV. Inoltre, un bosone di Higgs con massa inferiore a 130 GeV suggerirebbe l esistenza di nuova fisica a partire da una scala di energia minore di Λ GUT [9].

47 1.6 La massa del bosone di Higgs Limiti sperimentali Maggiori informazioni relative al range nel quale individuare la massa del bosone di Higgs vengono dalle ricerche sperimentali. E possibile attuare un check di consistenza del Modello Standard in maniera indiretta, tenendo presente quali siano i parametri del modello: le masse dei bosoni di gauge: M W, M Z, M γ ; la massa del bosone di Higgs: m h ; le costanti di accoppiamento per le interazioni tra bosoni di gauge e fermioni: g, g 1, α s ; le masse dei fermioni; i coefficienti di mixing tra le famiglie di quark: V ij. Inoltre, é indispensabile anche tenere conto delle relazioni che intercorrono tra questi parametri secondo il Modello Standard, ossia 1.61 e Alla luce di questo, il numero di parametri può ridursi ai soli g, sin θ W e M W. Di solito, peró, si tende ad esprimere tali parametri attraverso quantità meglio note, quali α QED, G F, M Z [ref.]: A livello ad albero si ottiene: 1 α QED G F GeV 2 M Z GeV {c 2 (1.90) sin 2 θ W cos 2 θ W M 2 Z M 2 W cos 2 θ W πα QED? 2GF M Z g 2 4πα QED sin 2 θ W (1.91) Lo scopo di una linea di ricerca indiretta è quello di misurare una serie di osservabili fisiche che in generale risultano essere funzione dei parametri in Questo è stato fatto fino al 2000 a LEP (CERN). In quel caso però

48 38 Background teorico la precisione è stata tanto alta da far sì che i calcoli a livello ad albero non riproducessero i risultati sperimentali e fossero necessarie correzioni ad ordini superiori per le osservabili. Quello che si puó far vedere è che le correzioni sono dipendenti da: ρ α π m 2 t MZ 2 α 4π log m2 h M 2 Z (1.92) Quindi, gli n i parametri elettrodeboli al primo ordine mostrano una dipendenza logaritmica da m h : n i f plog m h q (1.93) Invertendo questa relazione e fissando i valori sperimentali di tutti gli altri parametri escluso l i-esimo, è possibile ricavare m h in funzione di n i. Intersecando poi con il valore sperimentale di n i, è possibile ricavare il valore atteso per m h. Combinando tutte le misure di precisione di LEP e SLD con le misure di Tevatron e di altri esperimenti, si può effettuare un test stringente del Modello Standard, ed ottenere infine informazioni sulla massa del bosone di Higgs. Le misure dirette e le misure indirette di alcune quantità possono essere messe a confronto ottenendo un ottimo testo di consistenza. In figura 1.8 sono riassunti tutti i risultati sperimentali e la consistenza con il valore predetto dal Modello Standard. Si vede come ci sia un ottimo accordo tra dati e teoria. Il fit globale può essere espresso in funzione della massa dell unica particella predetta e non ancora osservata sperimentalmente, ovvero il bosone di Higgs. Utilizzando tutti i parametri si può costruire un χ 2 in questa maniera: χ 2 n teor i n sper i (1.94) σn 2 i i dove occorre prestare attenzione alle correlazioni che intercorrono tra essi. I risultati sono visibili in figura 1.9 in cui viene mostrato χ 2 pm h q χ 2 pm h q χ 2 min in funzione di m h, laddove le bande colorate rappresentano l incertezza nel calcolo dovuta al fatto che si sono trascurate correzioni ad ordini superiori al primo. Come illustrato in figura 1.9, dalle misure elettrodeboli di precisione si hanno i seguenti limiti: Gev/c 2 p68% CLq (1.95)

49 1.7 Oltre il Modello Standard 39 Figura 1.8: Risultati del fit elettrodebole globale. Il valore 87 GeV/c 2 corrisponde al minimo della curva in nero nella figura 1.9, mentre i limiti sono ottenuti imponendo χ 2 1. Considerando invece un χ per la banda blu, si ottiene: m h 157 GeV/c 2 p95% CLq (1.96) e si riesce a tenere conto sia delle incertezze teoriche, sia di quelle sperimentali. 1.7 Oltre il Modello Standard Nonostante l enorme successo riscontrato nella descrizione dei risultati sperimentali conseguiti fino ad oggi, il Modello Standard è ritenuto in realtà una teoria effettiva valida soltanto a basse energie. Infatti, è un modello che presenta un numero troppo elevato di parametri per una teoria fondamentale, e non tiene conto in alcun modo nè della gravità, nè della massa dei neutrini. Oltre a questo, vi sono almeno tre importanti motivazioni che richiedono il manifestarsi di una nuova fisica a scale di energia del TeV:

50 40 Background teorico Figura 1.9: χ 2 delle misurazioni effettuate a LEP, SLAC e Tevatron in funzione della massa dell Higgs. La curva nera è il risultato del fit ai dati sperimentali, la banda blu è l errore teorico. La curva rossa rappresenta il risultato del fit ai dati sperimentali quando viene variata la costante d accoppiamento elettromagnetica. La banda gialla a sinistra è la zona esclusa al 95% CL dalla ricerca diretta a LEP; la banda gialla a destra è la regione esclusa dalla ricerca diretta a Tevatron [10]. 1 Problema dell unificazione delle interazioni. Sperimentalmente le costanti di accoppiamento per le interazioni forte, debole ed elettromagnetica non sono costanti, ma dipendono dall energia Q a cui esse agiscono. Le equazioni del gruppo di rinormalizzazione mettono in relazione le costanti di accoppiamento a bassa energia α i pqq, i 1,2,3 con il valore della scala di unificazione attraverso l espressione (all ordine pù basso): 1 α i pq 2 q 1 b i log α U Q 2 Λ U (1.97) Dalle misurazioni di alta precisione effettuate da LEP e da altri esperimenti, l evoluzione delle tre costanti di accoppiamento sembra non convergere in un unico punto alle alte energie alle quali ci aspettiamo la GUT (10 16 GeV) (figura 1.10);

51 1.7 Oltre il Modello Standard 41 Figura 1.10: Evoluzione dell inverso delle costanti di accoppiamento nel Modello Standard. 2 Problema della materia oscura. E noto che circa il 25% della materia presente nell universo è costituito da materia non barionica e non luminosa; molte argomentazioni portano a supporre che tale materia sia anche non relativistica. All interno del Modello Standard non esistono possibili candidati per questo tipo di materia. Un problema simile è dato dalla grande asimmetria presente tra materia ed antimateria. 3 Problema della naturalezza e fine tuning. Quando vengono calcolate le correzioni radiative alla massa dell Higgs nel Modello Standard, si incontrano delle divergenze quadratiche nel parametro di cut-off o di scala Λ, oltre il quale il modello cessa di essere valido e dovrebbe apparire nuova fisica. Se scegliamo il cut-off all energia della GUT, la massa dell Higgs (che ci aspettiamo ricada nel range della rottura spontanea della simmetria, v 246 GeV) si assesta ad alti valori della scala, a meno di una innaturale cancellazione o aggiustamento molto fine dei parametri. Si può calcolare che i contributi radiativi ad un loop fermionico possono essere espressi come: δ mh 2 G 2 f Λ 2Λ 2 6m 2 16π 2 f ln m f (1.98)

52 42 Background teorico L equazione 1.98 implica che la scala naturale di massa per il bosone di Higgs nel Modello Standard Minimale (MSM) sia dell ordine del cut-off Λ. Se si indica con m h0 la massa nuda dell Higgs, la massa effettiva m h è data da: m 2 h m2 h 0 δm 2 h (1.99) dove in δm 2 h sono raccolti i contributi di tutte le correzioni radiative. Si capisce quindi, che se Λ Λ GUT, per avere un bosone di Higgs di massa À 1 TeV si dovrebbe supporre una cancellazione di precisione ad ogni ordine perturbativo, che comunque può avvenire anche se molto innaturale, tra termini quadratici e logaritmici. Un problema correlato è quello cosiddetto gerarchico : il Modello Standard non dà alcuna spiegazione del motivo per cui Λ " v. Il problema gerarchico e della naturalezza tendono a manifestarsi in tutte quelle teorie di campo quantistiche con campi scalari elementari (il bosone di Higgs nel MSM) non protetti da una qualche simmetria, tale da evitare che le masse di tali particelle acquistino correzioni radiative, quadraticamente divergenti nel parametro di cut-off con cui si singolarizza la teoria Supersimmetria Una possibile soluzione a tutti questi problemi viene fornita da una estensione supersimmetrica del Modello Standard (SUSY) [ref.]. della SUSY è quello di eliminare il problema della naturalezza. Il principale scopo Il punto fondamentale per farlo è notare la forma del contributo alla rinormalizzazione della massa dell Higgs di una ipotetica particella scalare: δ m 2 G s Λ h 2Λ 2 6m 2 16π 2 s ln m s (1.100) Ammettendo che G 2 f G s le divergenze quadratiche sarebbero cancellate. Per assicurarsi che la cancellazione persista a tutti gli ordini perturbativi, si richiede che m s m f, e quindi l introduzione di una nuova simmetria. Il modello SUSY introduce per ogni particella un partner supersimmetrico con proprietà statistiche opposte; inoltre, è necessario che il superpartner di una data particella abbia i suoi stessi numeri quantici, eccetto lo spin. Una

53 1.7 Oltre il Modello Standard 43 perfetta cancellazione si realizza per una simmetria esatta, ma in realtà è necessaria una teoria supersimmetrica a bassa energia, cioè una teoria che si rompa alla scala elettrodebole. La rottura della simmetria di SUSY, come per ogni altra simmetria, mantiene valide le relazioni tra gli accoppiamenti, ma rompe le relazioni di massa. Si ha che per eliminare il problema della naturalezza deve valere la relazione: TeV/c2 m 2 s m2 f O 1 (1.101) Da questa relazione si capisce come la supersimmetria di bassa energia preveda automaticamente l esistenza di nuove particelle con masse inferiori ad 1 TeV, e quindi in regioni esplorabili ad LHC. Caratteristiche basilari della SUSY La SUSY è una simmetria che mette in relazione particelle a spin intero (0 oppure 1) con particelle a spin semi intero 1 2. I generatori della SUSY trasformano fermioni in bosoni e viceversa: Q Bosony F ermiony, Q : F ermiony Bosony (1.102) Nella versione minimale (MSSM) il gruppo di gauge ridotto adottato è lo stesso del Modello Standard: G SUp3qc b SUp2q L b Up1q Y. Il Modello Standard Supersimmetrico Minimale prevede il minimo spettro di particelle compatibile con l esistenza della supersimmetria ed un numero ridotto di parametri. Quando la simmetria è esatta, i campi bosonici (campi scalari di gauge) ed i campi fermionici hanno la stessa massa e gli stessi numeri quantici, ad eccezione dello spin. I campi sono combinati in supercampi o supermultipletti, ognuno dei quali contiene un fermione ed un bosone, superpartner l uno dell altro. Le due possibilità più semplici sono: un supercampo scalare o chirale, contenente un fermione di Weyl ed un campo scalare complesso; un supercampo di gauge, contenente un bosone vettore di spin 1 ed un fermione di Weyl.

54 44 Background teorico Questi fermioni di Weyl hanno le stesse proprietà di trasformazione per le componenti right-handed e left-handed, e sono detti gaugini. Soltanto i supercampi chirali possono contenere fermioni le cui proprietà di trasformazione siano differenti per componenti right- e left-handed, dunque tutti i fermioni del Modello Standard (quark e leptoni) sono membri di tali supermultipletti. I loro superpartner sono detti rispettivamente squark e sfermioni. Le componenti right- e left-handed di quark e leptoni sono descritte da fermioni di Weyl a due componenti distinte, con differenti proprietà di trasformazione, quindi ad ognuno di essi corrisponde il proprio partner scalare: r fr, rf L. Il bosone di Higgs, scalare, è sicuramente a spin 0, dunque deve far parte di un multipletto chirale. Si può vedere che nel MSSM non è sufficiente un unico supermultipletto chirale, ma che ne serve uno con Y 1 per dare massa ai quark di carica elettrica 2 ed ai leptoni, ed una con Y 1 per 3 dare massa ai quark di caricha elettrica 1. Proprio per questo, i doppietti 3 di campi scalari complessi saranno indicati con H u e H d. Lo scalare neutro che corrisponde al bosone fisico del Modello Standard sarà una combinazione lineare di H 0 u e H 0 d. I bosoni vettori del Modello Standard devono far parte di supermultipletti di gauge. I superpartner dei gluoni sono detti gluini, mentre ai bosoni di gauge elettrodeboli corrispondono i W-ini ( W1, W2, W 3 ) ed il B-ino ( r B). Come nel Modello Standard, dove W µ 3 si miscela con B µ per dare Z e γ, allo stesso modo qui W3 si miscela con r B per dare r Z0 e rγ. Rottura spontanea della SUSY Le tabelle 1.4 e 1.5 riassumono il contenuto in particelle del Modello Standard Minimale Supersimmetrico. Dato che nessuno dei superpartner è mai stato osservato, si deve concludere che è una simmetria rotta. Se, infatti, la SUSY non fosse rotta si sarebbero dovuti osservare, ad esempio, re R o re L di massa m e MeV/c 2. La rottura della simmetria comporta che i doppietti

55 1.7 Oltre il Modello Standard 45 Spin 1 2 Spin 0 SUp3q C SUp2q L Y 2 g rg W 1,2,3 W1,2, B r B Tabella 1.4: Supermultipletti di gauge del MSSM. acquistino valori di aspettazione nel vuoto: H 1 p0q? 1 2 0, H 2 p0q? 1 v 1 2 v 2 0 (1.103) Avere introdotto due doppietti distinti di campi scalari complessi porta all introduzione di otto gradi di libertà. Esattamente come nel caso del Modello Standard, i bosoni W e Z acquistano massa assorbendo tre gradi di libertà. I rimanenti introducono cinque bosoni di Higgs: due neutri scalari (h leggero e H pesante), uno neutro pseudoscalare (A), e due carichi (H ). I valori delle masse di questi bosoni dipendono a livello ad albero da due parametri: tan β v 1 v 2 e m A. Questo modello predice l esistenza di un bosone di Higgs neutro di massa À 130 GeV/c 2 per ogni scelta di questi parametri. Si può vedere che gli stati con stesso spin e carica elettrica possono miscelarsi prevedendo l esistenza di nuovi stati. E quello che accade ai superpartner a spin 1 dei bosoni di Higgs, i cosiddetti higgsini, che possono miscelarsi con 2 il W-ino ed il B-ino, dando origine ad altri tipi di particelle: due chargini, rχ 1,2; quattro neutralini, rχ 0 1,2,3,4. Queste sono le nuove particelle preposte a riempire il vuoto che esiste tra la scala di rottura elettrodebole e la scala della GUT, così come il neutralino è il candidato del MSSM per spiegare il problema della materia oscura.

56 46 Background teorico Spin 1 2 Spin 0 SUp3q C SUp2q L Y 2 pu dq L pru r dql u R ru R d R r dr pν e eq L prν e req L e R re R rh u H r 0 u ph u H 0 u q rh 0 d r H d H 0 d H d Tabella 1.5: Supermultipletti chirali del MSSM Altri modelli Oltre le estensioni supersimmetriche del Modello Standard a cui abbiamo accennato nei paragrafi precedenti, esistono altri modelli che tentano di porre rimedio alle problematiche esposte all inizio di questa sezione. Per completezza ne diamo un accenno: le Teorie di Grande Unificazione (GUT), che considerano il gruppo di gauge del Modello Standard contenuto in un gruppo di gauge G più esteso;

57 1.7 Oltre il Modello Standard 47 le teorie con extra dimensioni, che inseriscono le 4 dimensioni spaziotemporali in un universo con dimensionalità superiore; le teorie di stringa, che incorporano la gravità sostituendo ai campi quantistici degli oggetti matematici unidimensionali (stringhe); le teorie in cui l Higgs viene visto come un condensato di fermioni elementari tenuti insieme da nuove interazioni forti (Technicolor o altri modelli compositi ).

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59 Capitolo 2 LHC e l esperimento CMS 2.1 Il collisore adronico LHC Il Large Hadron Collider (LHC) [11], con una circonferenza di 27 Km, è il più grande collisionatore protone-protone costruito fino ad oggi. Si trova presso i laboratori del CERN (European Organization for Nuclear Research) [12] a Ginevra, e il suo principale scopo è quello di studiare le interazioni fisiche tra particelle, alla scala di energia del TeV. Per raggiungere una tale energia vengono fatti collidere fasci di protoni accelerati fino all energia di 7 TeV, raggiungendo una energia nel centro di massa? s pari a 14 TeV. Si tratta di una macchina progettata per operare a luminosità molto elevate, e quindi aprire la strada all osservazione di eventi rari e di grande interesse prima inaccessibili. Nel seguito verranno descritte le specifiche nominali di LHC. Durante il periodo di presa dati , LHC sta operando a energie dei fasci dimezzate rispetto a quelle nominali (3.5 TeV per fascio). Le prestazioni nominali verranno raggiunte dopo lo stop del 2013, durante il quale verranno migliorate le prestazioni dei magneti superconduttori Struttura della macchina LHC è stato installato nel tunnel sotterraneo già utilizzato per l esperimento LEP; non è una circonferenza perfetta, ma è formato da otto sezioni curvilinee (di raggio 2.84 Km) ed otto sezioni rettilinee in cui i fasci di protoni

60 50 LHC e CMS possono interagire. Le sezioni curvilinee sono equipaggiate con un sistema di deflessione costituito da 1232 dipoli magnetici ed un sistema di collimazione dei fasci costituito da 386 quadrupoli, 360 sestupoli e 3336 ottupoli. I vari sistemi utilizzano magneti superconduttori raffreddati ad elio liquido, fino ad operare ad una temperatura di 1.9 K, in grado di generare campi magnetici molto elevati (ad esempio, nel caso dei dipoli si raggiungono 8.33 T). Le sezioni rettilinee, invece, ospitano cavità superconduttrici a radiofrequenza (400 MHz), che operano ad una temperatura di 4.5 K ed in cui agiscono campi elettrici la cui intensità varia tra i 3 MV/m (nei punti di iniezione dei fasci) e i 16 MV/m, che forniscono ai fasci circa 0.5 MeV/giro. I fasci corrono parallelamente in direzioni opposte, in due tubi contenuti nello stesso criostato, nei quali viene mantenuto un vuoto molto spinto ( torr) per ridurre le collisioni con le molecole di gas presente. Il tempo richiesto dai fasci per raggiungere i 7 TeV di energia si aggira intorno ai 20 minuti: dopo questo lasso di tempo le cavità a radiofrequenza hanno la sola funzione di fornire l energia persa per radiazione di sincrotone, pari a circa 7 KeV/giro. Il limite in potenza di accelerazione di LHC è dato essenzialmente dal campo magnetico generato per mantenere i protoni sulla traiettoria circolare, secondo la relazione usuale: p rt ev s 0.3 B rt s R rkms (2.1) dove p è l impulso di un singolo protone all interno del fascio, B il campo magnetico fornito dai magneti della macchina ed R il raggio dell anello acceleratore ( 4.3 Km). Dalla 2.1 segue quindi che per ottenere un fascio da 7 TeV sarebbero sufficienti circa 5.4 Tesla. In realtà la macchina non è completamente circondata da magneti, quindi l intensità del campo magnetico necessario per raggiungere le energie richieste è pari a 8.33 T Fasci di protoni Lo schema a radiofrequenza prevede l accelerazione della cariche nel solo momento in cui il campo all interno della cavità ha la giusta orientazione,

61 2.1 Il collisore adronico LHC 51 Figura 2.1: Struttura sotterranea di LHC. e questo accade soltanto in momenti precisi; per questo motivo ad LHC i protoni vengono fatti circolare in pacchetti (bunches) ben definiti. In condizioni nominali di funzionamento all interno di ogni fascio sono presenti 2808 pacchetti, ognuno dei quali contenente circa protoni. I pacchetti normalmente sono lunghi alcuni centimetri e larghi alcuni millimetri, ma queste dimensioni non sono costanti nel tempo: infatti, la sezione dei pacchetti tende a restringersi fino a 16 µm in prossimità dei punti di collisione, in modo tale da aumentare la probabilità di avere interazioni. La separazione temporale tra i pacchetti dello stesso fascio è pari a circa 25 ns (equivalente ad una separazione spaziale di circa 7m): questo implica che la frequenza di incrocio dei fasci è pari a 40 MHz. In realtà, per ragioni pratiche vi sono dei gap nella distribuzione dei pacchetti, quindi la frequenza delle collisioni (calcolata come il prodotto del numero di pacchetti per il numero di giri effettuati al secondo) scende fino a 31.6 MHz.

62 52 LHC e CMS Luminosità Come detto in precedenza, LHC è stato progettato come una macchina in grado di raggiungere luminosità molto elevate. Per un acceleratore circolare l espressione per la luminosità istantanea è data dalla relazione: L fk BN 2 p 4πσ x σ y (2.2) dove f è la frequenza di rivoluzione, k B il numero di pacchetti, N p il numero di protoni per pacchetto, σ x e σ y le dispersioni medie del pacchetto nelle direzioni ortogonali alla traiettoria. A regime, LHC lavorerà ad una luminosità istantanea di cm 2 s 1. Un valore così elevato della luminosità è raggiungibile grazie alla alta frequenza di collisione dei fasci e ad un eccellente sistema di collimazione, in grado di mantenere dimensioni trasversali dell ordine dei 16 µm. Inoltre, l elevata luminosità dipende anche dalla scelta di accelerare solamente protoni, invece che protoni ed anti-protoni (come al Tevatron), in quanto risulta più difficile accumulare anti-protoni a sufficienza. Circonferenza 26.7 Km Energia nel CM (? s) 14 TeV Luminosità (L) cm 2 s 1 Numero protoni per pacchetto Lunghezza pacchetti (σ z ) 56 mm Dimensione trasversa pacchetti (σ x σ y ) 16 µm Numero pacchetti 2808 Spazio tra i pacchetti 7.48 m 25 ns Tabella 2.1: Principali caratteristiche di LHC (valori nominali) Fisica protone-protone La sezione d urto totale relativa al processo pp ÝÑ X è (110 20) mb, ad una energia nel centro di massa pari a? s 14 TeV. In figura 2.2 viene mostrato l andamento della sezione d urto al variare di? s; il contributo alla

63 2.1 Il collisore adronico LHC 53 sezione d urto totale dei processi anelastici di maggiore interesse è circa 70 mb. E possibile stimare allora il numero di eventi prodotti al secondo in Figura 2.2: Sezioni d urto per collisioni protone-protone in funzione dell energia nel centro di massa [1]. collisioni pp nell ipotesi di massima luminosità: R σ L 10 9 {s (2.3) Tenendo conto della spaziatura tra i pacchetti, ciò significa avere 25 eventi ad ogni incrocio dei fasci. Questi eventi possono essere catalogati in due categorie distinte: interazioni a grande distanza tra protoni, con piccolo impulso trasferito. In questo caso lo scattering delle particelle a grandi angoli è soppresso. Come conseguenza, le particelle prodotte nello stato finale sono

64 54 LHC e CMS contraddistinte da un elevato impulso longitudinale ed un basso impulso trasverso ( 500 MeV), per cui gran parte delle particelle sarà contenuta all interno della beam pipe. Questi eventi vengono detti di minimum bias e non presentano caratteristiche fisiche di particolare interesse, ma possono contribuire a deteriorare in modo piuttosto significativo segnali fisicamente rilevanti. Ci aspettiamo 23 eventi di minimum bias ad ogni incrocio, con conseguente produzione di almeno 1000 tracce cariche; interazioni a breve distanza tra i costituenti dei protoni (quark e gluoni).in questo caso, a causa delle alte energie in gioco, il protone può essere considerato a tutti gli effetti come un fascio di partoni, ognuno dei quali trasporta una frazione dell impulso totale: per questo motivo lo scattering pp in effetti coinvolge i singoli costituenti. Si tratta di interazioni caratterizzate da un grande impulso trasferito, che danno origine a particelle con grandi angoli di diffusione e di alto impulso trasverso. Sono queste le interazioni più interessanti da studiare, che hanno però un rate molto minore rispetto agli eventi di minimum bias. 2.2 L esperimento CMS Le condizioni sperimentali presenti ad un collider adronico come LHC presentano le seguenti problematiche: pile-up: dato l alto rate di produzione di particelle, un problema tipico è il pile-up degli eventi, dovuto soprattutto agli eventi di minimum bias che si sovrappongono agli eventi di interesse; danni da radiazione: l alta energia del fascio e l alta luminosità creano nell ambiente un alto tasso di radiazione in grado di compromettere i rivelatori, soprattutto quelli vicini alla direzione del fascio; fondo da QCD: gli eventi di maggior interesse ad alto p T sono dominati da jet di QCD. Per questi motivi, è necessario che ogni esperimento presente a LHC presenti: alta granularità, quindi elementi sensibili di piccole dimensioni; elettronica

65 2.2 L esperimento CMS 55 di lettura veloce per sopperire ai problemi di pile-up, con tempi di risposta inferiori ai 25 ns; rivelatori resistenti alle radiazioni. Il Compact Muon Solenoid (CMS) è uno dei principali esperimenti presenti ad LHC, ed è stato progettato tenendo conto di tutti i precedenti aspetti. In particolare, l obiettivo di CMS è quello di identificare il maggior numero di particelle possibile, non essendo noto a priori il modo in cui si potrebbe manifestare nuova fisica. Il programma scientifico della collaborazione CMS è ricco e variegato, e spazia dalla ricerca del bosone di Higgs del Modello Standard alla ricerca di particelle supersimmetriche, dalla fisica del quark b allo studio dello stato di plasma di quark-gluoni. In questo senso CMS è un cosiddetto esperimento multi purpose. Per raggiungere gli obiettivi prefissati si è dovuto progettare CMS in modo tale da avere: un sistema ottimale per l identificazione dei muoni con una buona risoluzione sull impulso su ampio range nella regione η 2.5; una buona risoluzione nella ricostruzione della massa invariante di eventi con due muoni nello stato finale (1% a 100 GeV/c 2 ), più la capacità di individuare il segno della carica elettrica del muone fino a p 1 TeV; una buona risoluzione nella misura degli impulsi di particelle cariche ed un alta efficienza di ricostruzione delle tracce; un ottima risoluzione in energia del calorimetro elettromagnetico nella determinazione della massa invariante per eventi con due fotoni o due elettroni nello stato finale (1% a 100 GeV/c 2 ); un ampia copertura geometrica ( η 2.5), la capacità di individuare la direzione di fotoni e la corretta posizione del vertice primario; la possibilità di rigettare il fondo da π 0 e la possibilità di attuare un efficiente isolamento ad alta luminosità; un ottima risoluzione nella ricostruzione dell energia trasversa mancante (MET) e nella ricostruzione della massa invariante di coppie di jet, possibile soltanto usando un calorimetro adronico con un ampia copertura geometrica ( eta 5), una grande ermeticità ed una segmentazione laterale molto fine ( η φ rad).

66 56 LHC e CMS Figura 2.3: Vista prospettica di CMS e dei vari sottorivelatori. La struttura di CMS è rappresentata nella figura 2.3 in cui si possono notare i sottorivelatori più importanti. Il rivelatore è essenzialmente di forma cilindrica, con un diametro di 15 m ed una lunghezza di 21.5 m. Si possono distinguere una regione centrale (barrel) chiusa alle due estremità da due dischi (endcap). All interno è presente il solenoide superconduttore lungo 13 m e con un diametro di 5.9 m. Tale magnete è sufficientemente largo per poter contenere il sistema tracciante, costituito da rivelatori a pixel e silicon strip, ed i calorimetri a forma di cilindri coassiali. All esterno, invece, è presente il sistema muonico, costituito nella regione del barrel da RPC (Resistive Plate Chamber) e DT (Drift Tube); nella regione dell endcap da CSC (Cathode Strip Chamber) e RPC. L ermeticità del rivelatore è garantita anche longitudinalmente da due calorimetri adronici (forward calorimeter) molto vicini alla beam pipe. Sistema di coordinate Il sistema di coordinate adottato da CMS fissa l origine nel punto di interazione nominale, l asse y verticale punta in alto, mentre l asse x punta all interno

67 2.2 L esperimento CMS 57 verso il centro di LHC, e l asse z è posizionato lungo il fascio. Data la geometria cilindrica del rivelatore, si introducono l angolo azimutale ϕ, misurato a partire dall asse x e l angolo polare θ a partire dall asse z. Più spesso, invece che a θ, ci si riferisce alla pseudorapidità, definita come: θ η ln tan 2 (2.4) Il vantaggio di utilizzare la pseudorapidità risiede nel fatto che mediamente la molteplicità delle particelle prodotte è uniforme rispetto a η (dn{dη const.). La figura 2.4 mostra la disposizione dei sottorivelatori di CMS (in particolare del sistema muonico) ed i valori di pseudorapidità ai quali si trovano. R (c m) MB 4 DT eta = RPC 1.2 MB MB 2 MB ME 1 ME 2 ME 3 CSC Z (c m) Figura 2.4: Vista longitudinale di un quarto di CMS, con in evidenza alcuni valori della pseudorapidità η. ME Il magnete solenoidale La necessità di determinare l impulso delle particelle prodotte nelle collisioni richiede l introduzione di un campo magnetico. La risoluzione in impulso che si vuole ottenere fissa anche la sua intensità, secondo la relazione: σp T p T 9 σpxqp T BL 2 (2.5)

68 58 LHC e CMS dove σpxq è l errore sulla misura della sagitta, B il campo magnetico ed L la lunghezza del volume magnetico. Il prodotto BL 2 è detto potere curvante (bending power) del sistema. Quindi, per garantire alta risoluzione e compattezza dell apparato, è necessario un campo particolarmente intenso. La scelta di CMS è stata quella di un unico solenoide superconduttore in grado di generare un campo magnetico di 4 Tesla. Inizialmente è stata valutata anche la possibilità di utilizzare un toroide, ma la scelta è ricaduta sul solenoide principalmente per le seguenti motivazioni: un solenoide permette di avere un campo parallelo al fascio, per cui le tracce di un muone curvano nel piano trasverso. Le ridotte dimensioni trasverse del fascio permettono di determinare la posizione del vertice con un accuratezza migliore di 20 µm [13]. la misura dell impulso in un solenoide può partire in linea teorica a r = 0, mentre per un toroide di solito parte oltre l assorbitore (tipicamente a r 4 m). Questo favorisce la risoluzione in quanto aumenta L. A parità di potere curvante, un solenoide risulta più compatto rispetto ad un toroide. Il solenoide di CMS (figura 2.5) ha una lunghezza di 13 m ed una cavità interna di raggio 5.9 m, sufficientemente larga per contenere sia il sistema di tracciamento che i calorimetri. E composto da 2168 avvolgimenti e lavora ad una temperatura di C. Il flusso di ritorno del solenoide satura un giogo di ferro di spessore 1.55 m nel barrel e 1.45 m nell endcap, costruito in modo tale da poter accogliere le camere a muoni. Il giogo funge anche da filtro in grado di far passare soltanto muoni o particelle che interagiscono debolmente come i neutrini. Il magnete è sufficientemente robusto da sostenere le forze generate dal suo stesso campo magnetico Sistema per muoni Ad LHC sono numerosi gli eventi attesi che presentano muoni nello stato finale: per questo motivo i muoni costituiscono una segnatura tipica. Questa considerazione ha fatto sì che CMS si dotasse di un sistema per il trigger e la ricostruzione di muoni ad alta luminosità. In particolare, il sistema a muoni

69 2.2 L esperimento CMS 59 Figura 2.5: Vista del solenoide e del giogo del barrel. ha il compito di identificare i muoni, misurarne l impulso e determinarne la carica elettrica. La scelta dei sottorivelatori per il sistema a muoni è stata fatta in base al tipo di background atteso ed al valore del campo magnetico nelle varie regioni della macchina. Le principali fonti di background atteso sono: elettroni di bassa energia originati da cattura di neutroni, vicino o all interno delle camere a muoni (tali neutroni sono generati in cascate adroniche nel sottorivelatore o nei componenti dell acceleratore); adroni carichi provenienti da cascate adroniche; muoni provenienti da decadimenti di π e K; particelle generate nel tunnel dell acceleratore a seguito di perdite nel fascio. Per l identificazione dei muoni e le relative misure, il sistema utilizza tre tipi di rivelatori a gas: drift tube (DT) nel barrel, cathode strip chamber (CSC) nell endcap ed infine resistive plate chamber (RPC) sia nell endcap che nel

70 60 LHC e CMS barrel, disposti in modo tale da garantire ermeticità nel range 0 η 2.4. In particolare: i DT del barrel coprono 0 η 1.3, i CSC dell endcap 0.9 η 2.4, mentre gli RPC 0.9 η 2.1. La regione del barrel: Drift Tube La regione del barrel è costituita da quattro stazioni concentriche di camere con tubi a deriva che si alternano agli strati di ferro del giogo di ritorno del magnete. La segmentazione di ogni stazione è dettata dalla segmentazione longitudinale del ferro in cinque anelli, ognuno lungo 2.5 m, dai supporti per il criostato e del calorimetro. In totale, le tre stazioni più interne sono composte da 60 camere, mentre quella più esterna ne contiene 70. Ogni anello Figura 2.6: Uno dei 12 settori del sistema a muoni. è suddiviso in 12 settori di 30 (figura 2.6), ognuno dei quali contiene 4 camere costituite ciascuna da 12 piani di drift tube, per un totale di tubi. I 12 piani di drift tube presenti in ogni camera sono organizzati in tre unità indipendenti (Super-Layer, SL) costituiti da 4 piani con fili paralleli. Due di questi SL misurano la posizione sul piano r φ, in quanto i fili sono paralleli al fascio; l unità rimanente (posizionata centralmente) misura la coordinata z, essendo i fili disposti perpendicolarmente alla direzione del fascio. All interno di ogni SL si trovano quattro layer di DT, sfalsati l uno rispetto all altro in modo tale da poter eliminare l ambiguità destra-sinistra nella determinazione dei punti della traccia (figura 2.7). La risoluzione spaziale raggiungibile è di

71 2.2 L esperimento CMS 61 (a) (b) Figura 2.7: Sezione trasversa di un DT (a). Layout di un DT (b) 250 µm per ogni singolo tubo: 150 µm per la misura della coordinata z effettuata con 3 o 4 punti, mentre per la misura sul piano r-φ, effettuata con 6-8 punti si arriva a 100 µm in r e 1 mrad in φ. La regione degli endcap: Cathode Strip Chamber I due endcap del sistema per muoni ospitano un totale di 468 CSC; ogni endcap contiene quattro gruppi di CSC (figura 2.8). Queste hanno una forma trapezoidale e sono organizzate in una serie di anelli concentrici centrati sulla beam pipe. Le stazioni sono separate dai dischi del giogo di ritorno del campo magnetico. Ogni CSC contiene sei layer di fili tra due pannelli che fungono da catodi (figura 2.9a). I fili presentano una spaziatura pressochè costante, mentre i pannelli sono segmentati in sei piani di strip disposte radialmente (figura 2.9b). Dunque, ogni camera fornisce sei misure dell angolo φ e sei misure della coordinata r (figura 2.10). I fili sono disposti in gruppi da mm di larghezza ed il segnale che forniscono è sufficientemente veloce da essere usato nel trigger L1.

72 62 LHC e CMS Figura 2.8: Visione schematica dell endcap. (a) (b) Figura 2.9: Sezione (a) e struttura (b) di una CSC La misura della coordinata r-φ nell endcap è utile per la determinazione dell impulso del muone. La misura precisa di φ proviene dal calcolo del baricentro delle cariche indotte dalle valanghe sulle strip (figura 2.10). La risoluzione spaziale di ogni camera è di 200 µm. La risoluzione angolare in φ, invece, è di 10 mrad.

73 2.2 L esperimento CMS 63 Figura 2.10: Principio di funzionamento di una CSC. Resistive Plate Chamber Sono stati aggiunti sia nella regione del barrel che dell endcap dei rivelatori RPC per fornire segnali di trigger aggiuntivi. Gli RPC sono rivelatori costituiti da due piani di bachelite ad alta resistività, ricoperti da uno strato di grafite in modo da formare degli elettrodi separati da un volume di gas (figura 2.11a). La separazione tra i piani è di 2 mm. Tipicamente, gli RPC sono posizionati back-to-back in modo tale da formare un doppio gap (figura 2.11b) e tra loro viene posto un piano di strip di acquisizione. Nel caso di CMS gli RPC funzionano in modalità a valanga, il che comporta la formazione di impulsi più piccoli (che quindi richiedono una efficiente catena di amplificazione) ma anche la possibilità di lavorare ad alti rate (fino a 10 khz/cm 2 ). Dunque, gli RPC combinano una buona risoluzione spaziale con un ottima risoluzione temporale. Nel sistema a muoni questi rivelatori coprono all incirca la stessa area dei DT e delle CSC, arrivando fino a η = 2.1.

74 64 LHC e CMS (a) (b) Figura 2.11: Struttura (a) e schema (b) di una RPC Prestazioni del sistema a muoni La misura dell impulso del muone utilizzando il solo sistema per muoni viene effettuata a partire dalla curvatura della traiettoria all uscita del solenoide (B = 4 T), prendendo come origine il punto di interazione (IP), noto con un incertezza di 20 µm. La risoluzione di questa misura (figura 2.12) in generale dipende dalla diffusione multipla coulombiana nel materiale che si trova prima delle stazioni muoniche. Tuttavia, per impulsi trasversi 200 GeV/c predomina la risoluzione delle stazioni muoniche. Per impulsi ancora più bassi ( 20 GeV/c) la risoluzione ottenuta con la misura fornita dal tracciatore è migliore di circa un ordine di grandezza. Le due misure possono essere combinate, estrapolando la traiettoria del muone fino al punto di interazione, migliorando così la risoluzione e compensando gli effetti della diffusione multipla e della perdita di energia. Il muone ricostruito solo a partire dalle informazioni delle camere a muoni viene detto stand-alone muon,

75 2.2 L esperimento CMS 65 mentre se si combinano anche le informazioni del tracker ci si riferisce ad un global muon. Figura 2.12: Risoluzione in impulso dei muoni, ottenuta utilizzando le camere a muoni, solo il tracker oppure entrambi, nel barrel e nell endcap La calorimetria I calorimetri rivestono un ruolo molto importante per utilizzare appieno le possibilità offerte da LHC. Il loro compito è quello di identificare e misurare con precisione l energia di fotoni, elettroni e jet, nonchè garantire una copertura ermetica per la misura dell energia trasversa. Inoltre, i calorimetri sono stati pensati per offrire una eccellente reiezione dal fondo di adroni e jet ed una buona separazione dei decadimenti del τ dal fondo di QCD. Il solenoide scelto permette di inserire nella cavità interna un calorimetro elettromagnetico ad alta risoluzione (ECAL) e più esternamente un calorimetro adronico a campionamento (HCAL). L ermeticità è assicurata dalla presenza dei rivelatori sia nel barrel che nell endcap. Inoltre, un calorimetro in avanti assicura una copertura fino a η = 5.0 (figura 2.13).

76 66 LHC e CMS Figura 2.13: Vista di un quadrante del sistema calorimetrico e del barrel. Il calorimetro elettromagnetico Il calorimetro elettromagnetico di CMS è costituito da cristalli di tungstenato di piombo (PbWO 4 ) nella regione del barrel e da 7324 cristalli in ognuno dei due endcap. La sua funzione principale è la misura dell energia di elettroni, fotoni e componenti elettromagnetiche di jet adronici e τ-jet. La caratteristica principale dei cristalli di PbWO 4 è quella di avere una densità particolarmente alta (8.28 g/cm 3 ); inoltre sono omogenei ed hanno buona ermeticità, permettendo una risposta particolarmente veloce. Altre caratteristiche importanti sono la buona granularità (in figura 2.14 viene mostrata la segmentazione del calorimetro), dovuta ad una lunghezza di radiazione piuttosto corta (89 mm) e ad un piccolo raggio di Molière (22 mm), una buona risoluzione in energia ed una elevata resistenza alle radiazioni. Inoltre, il tempo di decadimento della luce di scintillazione è paragonabile al tempo di attraversamento del fascio: circa l 80% della luce viene emessa in 25 ns. La luce di scintillazione (i cristalli hanno un tasso di produzione di 30 fotoni/mev) viene quindi amplificata e rivelata da fotodiodi di silicio nella regione del barrel e da fototriodi negli endcap, in grado di operare all interno di elevati campi magnetici e circondati da forti radiazioni.

77 2.2 L esperimento CMS 67 I dischi di ogni endcap sono completati da un rivelatore preshower in grado di identificare i pioni neutri, al fine di discriminare meglio gli elettroni e le coppie di fotoni rispetto alle particelle al minimo di ionizzazione, e per migliorare la precisione delle misure di posizione grazie alla elevata granularità. La disposizione dei cristalli varia in base alla regione in cui si trovano: Nel barrel ( η 1.479) essi sono raggruppati in 18 supermoduli che sottendono un angolo φ = 20. Ogni supermodulo comprende quattro moduli, di cui uno contiene 500 cristalli, mentre i restanti tre 400. Per semplicità di costruzione e assemblaggio i cristalli sono organizzati in array di 2 5 cristalli. Il gruppo di 10 cristalli è contenuto in una struttura alveolare che costituisce quello che viene chiamato sottomodulo. Nei due endcap i cristalli sono disposti in gruppi da 5 5, detti supercristalli. In totale 268 supercristalli ricoprono la superficie di alluminio di ogni endcap, più 64 supercristalli per il perimetro interno ed esterno. L endcap ha la tipica forma a doppia D (figura 2.15). Figura 2.14: Segmentazione del calorimetro elettromagnetico. La risoluzione in energia del calorimetro può essere parametrizzata come funzione dell energia (in GeV): σ E 2 a? E 2 ` 2 N ` C 2 (2.6) E

78 68 LHC e CMS dove a è un termine stocastico che tiene conto della statistica dei processi d interazione (contenimento laterale della cascata, statistica dei fotoni, preshower), N tiene conto del rumore dovuto all elettronica (importante ad alte energie) e del rumore in generale (incluso il pile-up, trascurabile per bassi valori della luminosità); C è una costante che dipende dalle caratteristiche del calorimetro (calibrazione, non linearità). Si può notare che la precisione della misura aumenta al crescere di E. I test condotti sul fascio hanno stabilito che è possibile ottenere una risoluzione di: σ E 2.9%? ` 0.12% ` 0.30% (2.7) E E Figura 2.15: Forma dell endcap. Il calorimetro adronico Il calorimetro adronico (HCAL) di CMS ha il compito di ricostruire i jet adronici e l energia mancante, che rappresenta una segnatura molto importante in molti canali di fisica oltre il Modello Standard. Per questo motivo la sua risoluzione deve garantire una buona ricostruzione della massa invariante dei di-jet ed una misura efficace dell energia mancante. Anche questo calorimetro presenta una struttura centrale a simmetria cilindrica, l Hadron Barrel Calorimeter (HB), con una copertura η 1.4, e due

79 2.2 L esperimento CMS 69 endcap (HE) che chiudono la struttura estendendo la copertura fino a η 3.0. Sia HB che HE sono immersi nel campo magnetico di 4 T, e questo ha comportato il non utilizzo di materiali magnetici nella loro fabbricazione. Oltre a questi elementi, sempre nella regione del barrel ma fuori dal magnete ( η 1.26), è presente un array di scintillatori detto Outer Barrel Calorimeter (HO), la cui funzione è quella di migliorare il confinamento della cascate adroniche. Altri due calorimetri, detti Hadron Forward Calorimeters (HF), sono posti nella regione in avanti, ed estendono ulteriormente la copertura fino a η 5. Il calorimetro adronico è un calorimetro a campionamento, ed in quanto tale è formato da materiale attivo inserito tra strati di materiale assorbitore. Nella descrizione dei dettagli è utile distinguere tra le varie componenti. Il calorimetro HB è diviso in due metà, costituite in totale da 36 cunei (wedge) identici, ognuno dei quali presenta una copertura di φ = 20 (figura 2.17a). I cunei sono ulteriormente segmentati in quattro settori azimutali da φ = 5. Lo scintillatore è diviso in 16 settori in η, con una segmentazione totale di η φ = (figura 2.16). L assorbitore consiste di un Figura 2.16: Segmentazione longitudinale di HCAL [2]. primo strato d acciaio spesso 40 mm seguito da otto piani di ottone spessi 50.5 mm seguiti da altri sei da 56.5 mm, più uno strato finale di acciaio da 76 mm. Lo spessore totale dell assorbitore a 90 è di 5.82 lunghezze di interazione (λ I = cm). Lo spessore effettivo di HB aumenta con l angolo

80 70 LHC e CMS polare raggiungendo 10.1 λ I a η = 1.3. Il componente attivo è costituito da circa piastrelle (tiles) di scintillatore più fibre di Wave-Length Shifter (WLS). Le piastrelle relative alla stessa regione sono organizzate in singole unità scintillanti, dette tray (figura 2.17b). Il primo layer (layer-0) è posto subito dopo il supporto d acciaio, ed ha uno spessore di 9 mm, così come l ultimo (layer-16), mentre tutti gli altri sono da 3.7 mm. (a) (b) Figura 2.17: Vista isometrica di un cuneo di HB (a); vista di una megatile (b). Il calorimetro HE è formato da 14 torri che si sviluppano in η, con una segmentazione di 5 in φ e di in η per le cinque più esterne, ed una segmentazione di 10 in φ e variabile tra 0.09 e 0.35 in η per le otto più interne. Anche questo è un calorimetro a campionamento: presenta strati di ottone di 79 mm che si alternano a gap da 9 mm per lo scintillatore (fi-

81 2.2 L esperimento CMS 71 gura 2.18a). Quello che cambia rispetto a HB è la geometria dei tray, che diventa trapezoidale (figura 2.18b). (a) (b) Figura 2.18: Scintillator Tray in HE (a); vista frontale di uno Scintillator Tray. In questi due calorimetri il segnale luminoso prodotto nel materiale scintillante viene convogliato verso fibre ottiche e convertito da fotodiodi ibridi multipixel (HPD), caratterizzati da una bassa sensibilità ai campi magnetici. Il calorimetro HO è posizionato al di fuori del magnete, sempre però all interno della regione del barrel (figura 2.16). La struttura è suddivisa in cinque anelli lungo η. L anello centrale è fisso, ed ha due layer di scintillatori su entrambi i lati dell assorbitore di ferro di spessore 18 cm. Gli altri anelli sono mobili ed hanno un unico layer. Ogni anello copre 2.5 m nella coordinata z. Gli scintillatori di HO hanno la stessa geometria di quelli del barrel. La

82 72 LHC e CMS necessità di un ulteriore stadio dipende dall esiguo spessore di HB in termini di lunghezze di interazione. HO aumenta tale spessore fino ad oltre 10 λ I per assicurare il completo contenimento degli sciami adronici: questo riduce le code nell andamento della risoluzione in energia ed inoltre migliora la risoluzione dell energia trasversa mancante (MET ). I calorimetri HF, infine, sono collocati esternamente al sistema muonico, nella zona ad alti valori di rapidità. Questa posizione fa sì che siano soggetti ad una elevata dose di radiazione. Si tratta sempre di calorimetri a campionamento ma, diversamente da altre situazioni, per resistere alle condizioni di cui si è detto, il materiale assorbente scelto è acciaio con fibre di quarzo. La struttura, di forma essenzialmente cilindrica, è suddivisa in 13 torri in η, ciascuna di dimensione η 0.175, tranne per quella con η più basso, che ha η 0.1 e per quella con η più in alto, che ha η 0.3. La segmentazione nel piano azimutale è di 10, ad eccezione della torre a più alto η, che copre 20 (figura 2.19b). Lo spessore dell assorbitore è di 1.65 m, ed il diametro delle fibre di quarzo è di 0.6 mm. Queste ultime sono disposte lungo la direzione del fascio ed hanno due lunghezze differenti (1.43 m e 1.65 m): questo tipo di disposizione permette di distinguere gli elettroni dai fotoni (figura 2.19b). Il segnale si origina dalla luce Cherenkov emessa nei cristalli di quarzo e convogliata a dei fotomoltiplicatori (PMT). Vari vantaggi avvalorano la scelta dell utilizzo di luce Cherenkov: segnale fortemente correlato alla traiettoria della particella; emissione sostanzialmente istantanea; vengono rivelate solo particelle oltre una certa soglia di energia. La risoluzione in energia per il calorimetro adronico è stata parametrizzata nello stesso modo di quella per il calorimetro elettromagnetico; da test condotti sul fascio è stato inoltre stabilito che è possibile ottenere una risoluzione di: σ E 100%? E ` 0.05% (2.8)

83 2.2 L esperimento CMS 73 (a) (b) Figura 2.19: Segmentazione in φ di una tower di HF (a); disposizione delle fibre all interno dell assorbitore (b) Il sistema di tracciamento Il rivelatore più interno è il sistema di tracciamento (tracker): utilizzando il campo magnetico generato dal solenoide, consente di ricostruire le tracce delle particelle cariche, di misurarne l impulso e di ricostruirne i vertici di decadimento, primari e secondari, nella regione η 2.5. In fase di progettazione, particolare attenzione è stata dedicata alle caratteristiche ed alla geometria del materiale utilizzato. Oltre agli ingombri meccanici, è importante aver sviluppato una struttura che limiti le perturbazioni sulle particelle prodotte nelle interazioni dovute al rivelatore stesso (multiple scattering e bremsstrahlung) in grado di deteriorare la qualità delle misure. Un altro limite stringente imposto al tracciatore è la quantità di materiale usato per la sua costruzione, che non deve essere eccessiva, in modo da permettere una buona misura dell energia nei calorimetri situati all esterno del sistema tracciante. La struttura di questo sistema ha una forma cilindrica (barrel), in cui sono

84 74 LHC e CMS posizionati vari strati di rivelatori al silicio, coassiali alla direzione dei fasci di particelle; lateralmente, invece, è chiusa da dischi (endcap) che coprono la restante zona in pseudorapidità. Il campo magnetico estremamente elevato di CMS condiziona la topologia degli eventi, confinando le tracce delle particelle di basso p T a traiettorie di piccolo raggio. In base a considerazioni sul flusso di particelle cariche, si possono distinguere tre regioni, al variare della distanza dalla beam pipe, nelle quali saranno utilizzate tecnologie differenti: una zona vicina al vertice di interazione, dove il flusso è più elevato ( 10 7 {s a 10 cm) ed in cui vengono utilizzati sottorivelatori a pixel [14]; una regione intermedia (20 r 55 cm) dove il flusso è abbastanza basso da consentire l utilizzo di piccole microstrip di silicio [3] [14]; una regione più esterna (r 55 cm) dove il flusso è ancora più basso ed è possibile utilizzare microstrip di silicio più ampie [3] [14]. La disposizione degli elementi attivi del tracker è mostrata in figura 2.20; la struttura ha un raggio esterno di 110 cm, ed una lunghezza totale di 540 cm. Figura 2.20: Il layout del tracker [3].

85 2.2 L esperimento CMS 75 Il rivelatore a pixel Il rivelatore a pixel è di fondamentale importanza per il tagging del quark b e del τ, e per la misura del parametro d impatto. Inoltre, rappresenta il punto di partenza nel processo di ricostruzione delle tracce di particelle cariche. E un rivelatore costituito da tre layer di pixel ibridi nel barrel, e da due dischi laterali come endcap. I tre layer sono posizionati rispettivamente ad una distanza di 4.4, 7.3 e 10.2 cm dall asse z, ed hanno una lunghezza di 53 cm. I due endcap hanno un raggio interno di 6 cm ed un raggio esterno di 15 cm, e si trovano da entrambi i lati ( z 34.5, 46.5 cm). Per ottenere una buona risoluzione nella misura della posizione del vertice, si utilizzano dei pixel di dimensione µm 2. Il barrel comprende 768 moduli di pixel, organizzati in quattro settori montati su due semi-cilindri; vi è una sovrapposizione pari al 6% in φ (figura 2.21b), per beneficiare dell effetto della forza di Lorentz sulla risoluzione spaziale. Gli endcap sono assemblati con una struttura che ricorda quella di una turbina (figura 2.21a) con 24 pale ruotate di 20. In totale i dischi comprendono 672 moduli a pixel, con sette moduli per pala (figura 2.22). La risoluzione spaziale ottenuta dal rivelatore a pixel è di 10 µm sul piano r-φ e di circa 20 µm per la misura di z. (a) (b) Figura 2.21: Layout dei rivelatori a pixel nel tracker(a); struttura meccanica del primo layer di pixel nel barrel (b).

86 76 LHC e CMS Figura 2.22: I due lati di una delle pale dell endcap del rivelatore a pixel. Silicon Strip Questo rivelatore è costituito da moduli (figura 2.23a) composti da due sensori (quattro per i double-sided) posti su un supporto in fibra di carbonio, insieme all elettronica di lettura. I sensori sono costituiti da un substrato di silicio di tipo n, con impiantate le strip di tipo p (figura 2.23b). Nel silicon tracker vengono utilizzati sensori one- e double-sided: i primi presentano strip parallele al fascio, mentre i secondi hanno dei sensori aggiuntivi posizionati dall altro lato del supporto, con strip disposte a formare un angolo di 100 mrad rispetto al fascio. I sensori one-sided permettono la misura della coordinata r-φ; i double-sided anche la misura della coordinata z. Dal punto di vista delle strip di silicio, il barrel è diviso in due regioni: una interna detta TIB (Tracker Inner Barrel), ed una esterna detta TOB (Tracker Outer Barrel). Per evitare che le particelle incidano sui rivelatori ad angoli troppo piccoli, la regione interna del barrel è più corta di quella esterna, e nello spazio compreso tra il bordo della regione interna e l endcap sono stati posti tre strati addizionali, a forma di disco. Il TIB è formato da quattro layer di strip di silicio con sensori spessi 320 µm, che coprono fino a z 65 cm con un pitch da 80 a 120 µm. I primi

87 2.2 L esperimento CMS 77 (a) (b) Figura 2.23: Tipico modulo one-sided (a); schema del principio di funzionamento di un rivelatore a microstrip (b). due layer hanno sensori one-sided mentre gli altri due double-sided. Questo porta ad una risoluzione per singolo punto di µm nel piano R φ e 230 µm nella coordinata z. I moduli del TIB sono inclinati di 9 per compensare l effetto della forza di Lorentz ed è presente una sovrapposizione in φ e z in modo da eliminare zone morte e tener conto dello spread del vertice primario. Il TOB, invece, comprende sei layer di semilunghezza z 110 cm. Ogni layer è formato da due moduli (rod) contenenti sei (per i single-sided) o dodici (per i double-sided) rivelatori rettangolari disposti lungo z. Poichè il livello di radiazioni in questa regione non è molto elevato, si usano sensori con uno spessore maggiore (500 µm), per mantenere un buon rapporto S{N con strip più lunghe e pitch maggiori. Il pitch delle strip nel TOB va da 120 a 180 µm. La risoluzione per singolo punto è di µm nella direzione r-φ e 530 µm nella coordinata z. Gli endcap sono divisi in Tracker Endcap (TEC) e Tracker Inner Disks (TID). I TEC consistono in nove dischi di moduli silicon strip ciascuno (figura 2.24) e si estendono nella regione 120 cm z 280 cm. Ogni TID invece compren-

88 78 LHC e CMS de tre dischi più piccoli, che riempiono il gap tra TIB e TOB (figura 2.20). I moduli di TID e di TEC sono organizzati in anelli centrati sulla beam pipe Figura 2.24: Visione di uno dei dischi di TEC ed hanno strip che puntano verso di essa, quindi con un pitch variabile. Ogni disco di TID è costituito da tre anelli, mentre ogni disco di TEC è costituito da 18 petali che si sovrappongono nella coordinata φ. Ogni petalo è formato da sette anelli che si sovrappongono radialmente. E opportuno precisare che negli endcap la geometria dei moduli cambia, assumendo una forma trapezoidale. Lo spessore dei sensori è di 320 µm per TID ed i tre anelli più interni di TEC, 500 µm per tutti gli altri del TEC. Prestazioni del tracker In figura 2.25a viene mostrata la risoluzione in impulso trasverso p T ottenuta con il sistema di tracciamento. Si può notare che la risoluzione è inferiore al 2 % per p T 100 GeV/c fino a η La figura 2.25b invece presenta l andamento della risoluzione nel parametro di impatto d 0. Per un impulso trasverso di 1 GeV/c si ha una risoluzione compresa tra 0.1 e 0.2 mm, mentre per impulsi trasversi più elevati la risoluzione varia nell intervallo µm.

89 2.2 L esperimento CMS 79 (a) (b) Figura 2.25: Risoluzione in p T (a) ed in d 0 (b) per il tracker Il sistema di trigger Il trigger è il punto di partenza per la selezione degli eventi di interesse e, date le caratteristiche di LHC già discusse, la decisione di tenere un evento deve essere presa mediamente ogni 25 ns. La luminosità massima di LHC permette di avere 10 9 eventi al secondo che devono essere ridotti almeno di un fattore 10 7 per scendere ad una frequenza di 100 Hz. I sottorivelatori di CMS, infatti, producono 1 MB di dati per incrocio, quindi un rate di dati ben oltre le possibilità dell analisi on-line e dell archiviazione. CMS ha scelto di ridurre questo rate in due passaggi successivi: il primo è svolto da un sistema hardware ed ha il compito di accettare eventi con un rate che non superi i 100 khz (trigger di livello 1); il secondo è svolto da una batteria di CPU commerciali su cui girano un insieme di algoritmi dedicati all ulteriore scrematura degli eventi forniti dal trigger L1 [15] e che costituiscono HLT (High Level Trigger) [16], [17]. Trigger L1 I 25 ns che separano due bunch crossing costituiscono un tempo troppo breve per poter permettere una lettura di tutta l informazione prodotta dai sottorivelatori. Per questo motivo il trigger L1 immagazzina i dati in memorie

90 80 LHC e CMS pipeline il cui tempo di scrittura è pari a 3.2 µs, corrispondente a 128 bunch crossing. In realtà, 2 µs sono spesi per trasmettere i dati al trigger, dunque i calcoli del trigger L1 devono essere svolti in meno di 1 µs. Il tempo disponibile per l analisi non permette l utilizzo di algoritmi iterativi. Se L1 stabilisce che l evento deve essere accettato, i dati vengono spostati in un buffer per la lettura e l analisi da parte di HLT. Il limite di 3.2 µs permette l utilizzo delle informazioni provenienti dai sottorivelatori più veloci, per cui il trigger L1 utilizza soltanto i calorimetri e le camere a muoni, nonchè alcune correlazioni tra le informazioni provenienti da tali sottorivelatori. Sono esclusi i segnali del tracciatore che richiedono troppo tempo per essere analizzati. Si possono distingure un L1-Trigger del calorimetro, un L1-Trigger dei muoni ed un L1-Trigger globale (Global Trigger). I primi due sistemi di trigger (calorimetro e camera per muoni) possono lavorare in parallelo ed analizzano i dati localmente a livello di singolo rivelatore. Quindi, L1 lavora principalmente su oggetti locali come elettroni, muoni, fotoni e jet. Gli unici oggetti globali usati sono l energia trasversa totale e quella mancante. Tali oggetti vengono ricostruiti utilizzando l informazione dei calorimetri e del sistema a muoni in una determinata regione η-φ a ridotta granularità e risoluzione. Il rate massimo del trigger L1 è fissato dal tempo medio che HLT impiega per leggere e processare le informazioni. High Level Trigger Per ridurre il rate di eventi di un ulteriore fattore 10 3, è necessario utilizzare tutte le informazioni del rivelatore, compreso il tracciatore, con la massima risoluzione e granularità, ed utilizzare algoritmi di selezione sofisticati quasi quanto quelli dell analisi off-line. HLT opera a livello software su macchine commerciali. Da una stima della velocità dei processori usati si può dire che in media sono necessari 40 ms per analizzare un evento, fino ad arrivare a punte di 1 s. Ciò implica una significativa capacità di buffering. HLT ha accesso a tutte le informazioni del trigger L1 che può combinare per effettuare altri calcoli topologici. Inoltre, può usare anche tutti i dati che non sono stati disponibili al tempo di decisione di L1. La ricostruzione e la selezione in HLT

91 2.2 L esperimento CMS 81 è strutturata in più passaggi, nei quali vengono applicati una serie di filtri di alto livello. Si possono suddividere tali passaggi in tre livelli di trigger virtuali: livello 2 E costituito dagli algoritmi che utilizzano informazioni solo dai calorimetri e dalle camere a muoni come il trigger di primo livello, ma questa volta con piena granularità e risoluzione, in modo da non saturare il sistema con la grande quantità di informazioni provenienti dal tracker; livello 2.5 Utilizza un informazione parziale del tracciatore, quella proveniente dai rivelatori a pixel; livello 3 utilizza la piena informazione proveniente dall intero apparato di CMS. La strategia esposta viene denominata Reconstruction on demand : si raffina la ricostruzione degli oggetti solo se necessario e quando il livello di ricostruzione precedente non ha già rigettato l evento Panoramica sul sistema di computing Le operazioni di immagazzinamento, trasferimento e manipolazione dei dati accumulati durante i run dell esperimento vengono effettuate dal sistema di computing offline di CMS [18]. Più in dettaglio: attraverso il sistema di acquisizione dati il sistema accetta in tempo reale le informazioni provenienti dal detector, elabora nella maniera più sicura i dati non trattati, applica filtri agli eventi e riduce la grande mole di dati iniziale, supporta le attività di analisi della collaborazione. Il sistema supporta inoltre la produzione e la distribuzione di dati simulati, ed ha accesso alle informazioni riguardanti le condizioni dell apparato, le informazioni sulla calibrazione e altri dati non riguardanti la sola fisica dell evento. Il sistema sfrutta un network molto sviluppato di centri di calcolo in tutto il mondo, interconnessi tra loro da una rete ad alta velocità. Viene utilizzato il sistema Grid [19], con i servizi più comuni definiti e gestiti attraverso il progetto WLCG (Worldwide LHC Computing Grid), una collaborazione

92 82 LHC e CMS globale che coinvolge più di 170 centri in 34 paesi. Il compito del progetto WLCG è quello di costruire e mantenere una infrastruttura di raccolta ed analisi dati per l intera comunità di fisica delle alte energie che lavorerà con LHC. La natura del programma sperimentale di CMS propone molte sfide per il sistema di computing offline: la richiesta di analizzare dataset con una grande statistica pur ricercando un segnale decisamente raro, insieme alla granularità molto fine del rivelatore di CMS, implica la gestione di una elevata mole di dati; la necessità di avere un sistema dotato di alta flessibilità, in modo da permettere ad ogni utente di accedere a qualsiasi dato registrato o elaborato durante la vita dell esperimento, ha portato allo sviluppo di una struttura software che supporti varie metodologie di analisi dati, in modo consistente con gli obiettivi dell esperimento. Poichè il programma di fisica di CMS è focalizzato sulla scoperta di nuovi fenomeni sotto condizioni sperimentali nuove, non tutti i requisiti possono essere definiti in anticipo. la richiesta di semplicità di utilizzo sia delle risorse di computing per la fisica, sia del software distribuito su larga scala: la longevità del sistema (stimata oltre i 15 anni) implica l utilizzo di generazioni diverse di componenti hardware e software. Per queste ragioni le componenti fondamentali del sistema di computing comprendono: un modello di dati e la corrispondente struttura di applicazioni; un insieme di servizi di computing, in grado di fornire gli strumenti per localizzare, trasferire e processare grandi quantità di dati; servizi Grid basilari che diano accesso alle risorse di calcolo distribuito; centri di calcolo che gestiscano ed assicurino la disponibilità di spazio disco e di CPU a livello locale.

93 2.2 L esperimento CMS 83 Formati dei dati Per ridurre l ammontare dei dati da immagazzinare nei centri di calcolo di CMS, per permettere agli utenti di accedere facilmente ai dati e per mantenere una certa semplicità di gestione, la collaborazione CMS ha definito vari tipi di dati, per differenti livelli di dettaglio e precisione: formato RAW. Contiene tutte le informazioni rilevate dal detector, compreso una registrazione delle decisioni del trigger. Un estensione del formato RAW è utilizzata per conservare l output delle simulazioni Monte Carlo di CMS. I dati RAW occupano circa 1.5 MB per evento (2 MB per evento per i dati MC). formato RECO. I dati ricostruiti vengono prodotti applicando algoritmi CPU-consuming ai dati RAW. Questi algoritmi includono: filtri sulle specifiche del rivelatore; ricostruzioni dei vertici primari e secondari; identificazione delle particelle. Questi dati occupano circa 0.5 MB per evento, e contengono informazioni sufficienti per permettere nuove calibrazioni e applicazioni successive senza ricorrere ai dati RAW. formato AOD (Analysis Object Data). Questo è il formato più compatto, progettato per permettere un ampia possibilità di analisi occupando comunque uno spazio disco sufficientemente piccolo (100 kb per evento) da permettere la copia completa dei dati sperimentali in formato AOD nei centri di calcolo Tier-2 al di fuori del CERN. Organizzazione dei Tier L ammontare dei dati registrati e immagazzinati su disco in un esperimento come LHC è molto elevato. Per questo motivo un singolo centro di calcolo non può essere sufficiente ad ospitare l intero sistema di computing. Le risorse ed i dati vengono equamente distribuiti tra i vari istituti che compongono la collaborazione in tutto il mondo, e che vanno a formare una vera e propria struttura gerarchica a strati (Tier), collegati tra loro attraverso un network quale Grid. Sono stati definiti differenti tipi di Tier, ciascuno con diverse caratteristiche e diverse funzioni:

94 84 LHC e CMS Tier-0. Nella comunità CMS esiste soltanto un centro Tier-0 (T0), e si trova al CERN. La sua funzione principale è quella di ricevere i dati direttamente dal sistema online del rivelatore, e copiarli su dei supporti permanenti, in modo da poter realizzare una prima ricostruzione e poter spostare i dataset ai centri Tier-1. Tier-1. Ogni Tier-1 (esistono 7 T1 in tutto il mondo) riceve i dati nei formati RAW e RECO direttamente dal T0, ed è responsabile della diffusione di una seconda copia di questi tra i vati Tier-2. Anche i T1 ospitano una grande quantità di dati riprocessati. Tier-2. I dati vengono trasferiti dai T1 ad una cinquantina di centri T2 sparsi per il mondo. Questi centri immagazzinano i dati e li rendono utilizzabili sia per gli utenti locali che per quelli remoti. I dati nei T2 non sono immagazzinati in maniera definitiva, ma sono destinati ad essere analizzati e periodicamente rimpiazzati a seconda delle richieste degli utenti, del rivelatore e del calcolo. Circolazione dei dati In figura 2.26 è schematizzata la circolazione dei dati tra i vari centri di calcolo di CMS. La online farm di CMS (HLT) processa gli eventi dal sistema Data Figura 2.26: Circolazione schematica dei dati attraverso il sistema di computing di CMS. Acquisition (DAQ) che hanno superato con successo il trigger L1. Quindi,

95 2.2 L esperimento CMS 85 i nodi HLT accettano o rigettano gli eventi sulla base del fatto che abbiano passato o meno uno o più criteri di selezione, e scrivono i dati RAW. Il trasferimento dei dati da HLT a T0 deve avvenire ad una velocità di 300 MB/s. La prima ricostruzione degli eventi viene realizzata alla farm T0, che scrive i dati in formato RECO. Gli eventi nei formati RAW e RECO sono immagazzinati nel T0, ma anche copiati e archiviati in un T1. L eventuale trasferimento ad altri T1 è soggetto alla disponibilità di banda della rete. Anche una prima versione dei dati AOD derivata dagli eventi RECO viene realizzata nel T0, per essere poi distribuita a tutti i T1. I T1, a loro volta, possono produrre altre versioni del formato AOD, e ridistribuirle. Processi addizionali come, ad esempio lo skimming dei dati RAW, RECO e AOD è soggetto alle specifiche richieste dei gruppi di ricerca. Questi dati, gli AOD e soltanto una piccola parte dei RECO e dei RAW viene trasferita ai centri T2, che supportano l analisi di gruppi di utenti autorizzati. Il raggruppamento, infine, è realizzato non soltanto sulla base di questioni geografiche, ma anche e soprattutto su una base logica: gli utenti che lavorano alla stessa analisi, o ad analisi simili saranno affiliati allo stesso T2.

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97 Capitolo 3 Fisica a LHC In questo capitolo viene presentata la fisica elettrodebole, con particolare attenzione verso i processi che coinvolgono il bosone W ed il leptone τ. Viene inoltre descritta la fisica dell Higgs a LHC, nel caso del Modello Standard e nel caso della sua estensione supersimmetrica minimale (MSSM). 3.1 Fisica elettrodebole Il settore elettrodebole del Modello Standard costituisce un campo di ricerca molto importante per LHC: nonostante le ricerche svolte fino ad oggi, lo spazio per ulteriori misure di precisione delle osservabili elettrodeboli è ancora molto. In particolare si vuole: migliorare la precisione nella determinazione di parametri elettrodeboli quali la massa del bosone W M W, la massa del quark t m t, il valore di sin 2 θ; migliorare le misure di self-interaction dei bosoni di gauge; ricercare il bosone di Higgs e studiarne le proprietà; ricercare nuova fisica oltre il settore elettrodebole del Modello Standard. Le predizioni sulla massa del W e sull angolo di mixing sono strettamente legate alla precisione con cui è nota la massa del quark t, e la massa dell Higgs dipende fortemente da queste tre quantità. Quindi, una buona misura di

98 88 Fisica a LHC esse diventa fondamentale nella comprensione della rottura spontanea della simmetria elettrodebole e quindi del Modello Standard. Inoltre non è da escludere il fatto che la rottura spontanea della simmetria coinvolga altre particelle non ancora note: proprio in quest ottica è possibile utilizzare il quark t ed i bosoni W e Z per evidenziare l eventuale esistenza di nuova fisica, in base all osservazione di deviazioni delle loro proprietà rispetto alle predizioni del Modello Standard. E quindi fondamentale una buona conoscenza delle segnature tipiche per il quark t e per i bosoni vettori ai collider adronici: leptoni carichi, energia trasversa mancante, jet, risonanze nelle distribuzioni Meccanismi di produzione dei bosoni W e Z Ad LHC si osserva una larga produzione di bosoni vettori W e Z, attraverso svariati meccanismi. I più importanti sono: produzione di singoli bosoni vettori: pp ÝÑ Z{W {γ X (3.1) Questo è il processo principale utilizzato per la determinazione dei parametri elettrodeboli. In particolare, per la produzione di W e Z, le sezioni d urto valgono: σ pw Xq 190 nb; σ pzxq 60 nb. produzione di coppie di bosoni vettori: pp ÝÑ V V 1 X dove V, V 1 γ, W, Z (3.2) Questi processi si utilizzano per verificare le predizioni del Modello Standard sugli accoppiamenti tra i tre bosoni di gauge. Le sezioni d urto per questo tipo di processi valgono: σ pw W q 100 nb; σ pw Zq nb; σ pw Xq 15 nb; scattering tra bosoni vettori: V V 1 ÝÑ V V 1 dove V, V 1 γ, W, Z (3.3) Questo processo è utile per l osservazione degli accoppiamenti a quattro bosoni di gauge. Per un generico scattering di tipo WW, la sezione d urto vale 7 fb.

99 3.1 Fisica elettrodebole Canali di decadimento dei bosoni W e Z I bosoni W possono decadere in una coppia di quark o di leptoni: per la conservazione dell energia il decadimento in quark t è escluso. Si possono distinguere due canali di decadimento: adronico e leptonico. Nel canale adronico il W decade in una coppia di quark-jet (W Ñ jj), e più precisamente: # # W dū du Ñ s c, W Ñ (3.4) sc Nel canale leptonico invece il W decade in un leptone massivo e nel neutrino della corrispondente famiglia: W Ñ l ν l W Ñ l ν l (3.5) dove l e, µ, τ. I valori dei branching ratio per tutti questi canali di decadimento sono riportati in tabella 3.1. Il canale di decadimento di interesse per Decadimento BR (%) W Ñ q q W Ñ e ν e W Ñ µ ν µ W Ñ τ ν τ Tabella 3.1: Branching Ratio per i vari canali di decadimento del bosone vettore W questo lavoro di tesi è il canale W Ñ τν. I decadimenti del τ determinano i prodotti finali del decadimento del W, ed in base alla loro natura i decadimenti del W vengono denominati semileptonici o completamente leptonici. Il bosone neutro Z decade in una coppia di fermioni, ed i vari possibili canali di decadimento sono mostrati in tabella Proprietà e decadimenti del leptone τ Il τ è un leptone di massa GeV/c 2 ed ha una vita media pari s. I diagrammi di Feynman dei suoi decadimenti leptonici e sempilep-

100 90 Fisica a LHC Decadimento BR (%) Z Ñ e e Z Ñ µ µ Z Ñ τ τ Z Ñ X (non riv.) Z Ñ q q Tabella 3.2: Branching Ratio per i vari canali di decadimento del bosone vettore Z tonici sono mostrati in figura 3.1. I decadimenti di tipo leptonico possono Figura 3.1: Diagrammi di Feynman per il canale leptonico (a) e per quello adronico (b) del decadimento del τ. essere riconosciuti attraverso l identificazione del leptone (e o µ) nello stato finale. Più interessanti sono sicuramente i decadimenti semileptonici (detti anche adronici), che costituiscono circa il 65% di tutti i decadimenti del τ (tabella 3.3). Questi decadimenti nello stato finale producono un cosiddetto τ-jet, normalmente costituito da un certo numero di adroni (carichi e neutri) e da neutrini. I jet sono caratterizzati da una molteplicità piuttosto bassa di tracce, che rilasciano una consistente frazione di energia nel calorimetro elettromagnetico (a causa dei fotoni prodotti dal decadimento dei π 0 ), e nel

101 3.2 Fisica dell Higgs a LHC 91 Decadimento BR (%) Decadimenti Leptonici τ Ñ eν e ν τ τ Ñ µν µ ν τ Decadimenti Adronici τ Ñ π ν τ τ Ñ π ν τ Nπ 0 pn 1q τ Ñ π π π ν τ Nπ 0 pn 0q τ Ñ K Xν τ 3.74 τ Ñ π π π π π ν τ π Tabella 3.3: Principali decadimenti del τ con i relativi branching ratio. calorimetro adronico (dovuta ai π ). Queste proprietà vengono utilizzate nell esperimento sia a livello di trigger, sia offline, al fine di distinguere i vari τ-jet dal background. Inoltre, quando l impulso del τ è maggiore della sua massa viene prodotto un jet altamente collimato e gli adroni carichi presentano un impulso trasverso piccolo nel piano trasverso all asse del τ-jet. Per esempio, se consideriamo un τ con impulso trasverso p T 50 GeV/c, circa il 90 % dell energia sarà contenuta in un cono di apertura R = 0.2, dove R è definito come: R b p ηq 2 p φq 2 (3.6) dove η e φ rappresentano rispettivamente la pseudorapidità e l angolo azimutale. 3.2 Fisica dell Higgs a LHC Sarà LHC a chiarire definitivamente il settore di Higgs. Grande importanza riveste, in questo tipo di sfida, lo studio dei meccanismi di produzione e di decadimento del bosone di Higgs.

102 92 Fisica a LHC Processi di produzione dell Higgs predetti dal MS Nel Modello Standard, il processo dominante di produzione del bosone di Higgs è il processo di gluon-fusion: gg ÝÑ HX (3.7) attraverso un loop intermedio di quark top (figura B.1a). Questo processo, per valori di m h piccoli o intermedi, deve però competere con l enorme background adronico, in quanto l Higgs decade principalmente in una coppia b b. Il secondo processo in ordine di importanza è la weak vector boson fusion: qq ÝÑ V V ÝÑ qqh (3.8) che ha una sezione d urto 10 volte inferiore al meccanismo di gluon fusion (figura B.1b). Questi eventi, pur avendo una sezione d urto minore rispetto ad altri, producono una topologia facilmente riconoscibile. Essendo un processo nel canale t, infatti, i quark nello stato finale verranno emessi prevalentemente lungo la direzione del fascio. Si verranno così a formare due jet a piccolo angolo, utilizzabili per la ricostruzione dell evento. Altri processi particolarmente importanti ad LHC sono la produzione associata con W e con Z (figura B.1c): q q ÝÑ V ÝÑ V H (3.9) e la produzione associata con quark top (figura B.1d): gg ÝÑ t th (3.10) In figura 3.2 sono riportate le sezioni d urto dei vari processi di produzione dell Higgs a LHC in funzione della sua massa Canali di decadimento per l Higgs predetto dal MS In base al range di massa dell Higgs che si vuole investigare, si hanno differenti canali di decadimento per il bosone di Higgs. In figura 3.3 sono mostrati

103 3.2 Fisica dell Higgs a LHC 93 Figura 3.2: Sezioni d urto di produzione del bosone di Higgs in funzione della sua massa [4]. i vari modi possibili di decadimento con i corrispondenti branching ratio, in funzione della massa m h. Maggiori dettagli sono descritti in appendice A. Va segnalato che recenti risultati presentati da Atlas e da CMS alla conferenza Lepton-Photon 2011 [20] hanno escluso, al 95% C.L., l esistenza del bosone di Higgs Standard Model nell intervallo di massa GeV [21] Processi di produzione dei bosoni Higgs predetti dal MSSM Bosoni di Higgs neutri I meccanismi di produzione dei bosoni di Higgs neutri h, H ed A sono essenzialmente quelli già visti per l Higgs del MS: produzione associata di h, H con W, Z: q q Ñ V h{h; vector boson fusion: qq Ñ V V Ñ qq h{h;

104 94 Fisica a LHC Figura 3.3: Branching ratio dei principali canali di decadimento del bosone di Higgs in funzione della sua massa [4]. gluon fusion: gg Ñ h{h{a; produzione associata con quark pesanti: gg, q q Ñ Q Q h{h{a. Il bosone pseudoscalare A non può essere prodotto in associazione con bosoni di gauge o attraverso processi di weak boson fusion a livello albero, poichè l accoppiamento diretto di A con i bosoni di gauge è proibito nel MSSM dall invarianza CP. Esistono anche meccanismi di produzione di ordine più elevato, come la produzione di due bosoni di Higgs: q q, gg ÝÑ φ i φ j (3.11) Altri meccanismi di produzione di ordine più elevato sono: gg ÝÑ AZ (3.12) gg ÝÑ gφ (3.13)

105 3.2 Fisica dell Higgs a LHC 95 Figura 3.4: Sezioni d urto di produzione dei bosoni di Higgs neutri e carichi del MSSM a LHC. Bosoni di Higgs carichi Il Modello Standard Supersimmetrico Minimale (MSSM) prevede l esistenza di due bosoni di Higgs carichi H. Il modo di produzione più importante nel caso in cui m H m top è la produzione in eventi t t (figura 3.4), attraverso i decadimenti: t ÝÑ H b (3.14) t ÝÑ H b (3.15) Le coppie t t sono abbondantemente prodotte nei processi di annichilazione q q e gluon fusion gg. Inoltre, il processo gluon fusion risulta dominante a LHC. Nel Modello Standard, il quark t decade subito in un bosone W ed in un quark b, ed a causa dell universalità dei leptoni il branching ratio BR(W Ñ lν) è lo stesso per le tre famiglie (l e, µ, τ). Questa osservazione cessa di essere valida in presenza di un bosone di Higgs carico, poichè, se questo esistesse, decadrebbe preferibilmente in un leptone τ e nel neutrino associato,

106 96 Fisica a LHC per valori di tan β 20 (dove tan β v 2 v 1, rapporto tra i valori di aspettazione nel vuoto dei due doppietti del bosone di Higgs). Questo comportamento altera la predizione del Modello Standard rispetto alla produzione di leptoni τ predetta, portando ad un eccesso di questi negli eventi t t. Il modo di decadimento dominante per il bosone di Higgs carico leggero, nella regione teoricamente favorita tan β 1 è il decadimento nella coppia τν τ, addirittura con BR 1 per tan β 5. Esistono quattro stati finali che possono essere utilizzati nella ricerca del bosone di Higgs carico nei modi di produzione t t Ñ tbh : stato finale semileptonico, dove si osserva un leptone isolato dal decadimento del t, ed un τ-jet dal decadimento H Ñ τν; un ulteriore stato finale semileptonico, in cui si osserva un leptone isolato originato dal decadimento H Ñ τν Ñ lν τ ν τ ν l, con il t associato che decade adronicamente; stato finale leptonico, dove si osserva un leptone isolato sia dal decadimento H Ñ τν Ñ lν τ ν τ ν l associato; che dal decadimento del quark t stato finale adronico, dove viene osservato un τ-jet dal decadimento H Ñ τν, ed il quark t associato decade adronicamente. Lo stato finale adronico rappresenta il 49% della produzione t t Ñ bh bw, con H Ñ τν. I processi dominanti per la produzione del bosone di Higgs carico leggero sono mostrati in figura 3.5. Se invece la massa di H supera quella del quark t, si passa alla produzione diretta, attraverso processi del tipo: gb fusion (figura B.2a): pp ÝÑ gbpg bq ÝÑ th p th q; (3.16) gg fusion con contributo da annichilazione q q (figura B.2b): pp ÝÑ gg, q q ÝÑ th b th b (3.17)

107 3.2 Fisica dell Higgs a LHC 97 (a) (b) (c) Figura 3.5: Diagrammi di Feynman dominanti ( 87%) per il processo t t Ñ H bw b a LHC: gluon-gluon fusion nel canale s (a), nel canale t (b) e nel canale u (c) [22]. Un processo molto semplice per la produzione di H ai collider adronici è la single production attraverso l annichilazione di quark leggeri (figura B.3): q 1 q 2 ÝÑ H ÝÑ f 1 f 2 (3.18) Si tratta di un canale difficoltoso da usare per il fondo del processo concorrente, che prevede lo scambio di un W. Oltre questi meccanismi di produzione, ne esistono altri: produzione di coppie in annichilazioni di q q (figure B.4b e B.4c); gluon-gluon fusion (figura B.5a); vector-boson fusion (figura B.4d); produzione associata con Higgs neutri in annichilazioni di q q (figura B.4a);

108 98 Fisica a LHC produzione associata con bosoni W attraverso gg fusion e annichilazioni q q (figure B.5b e B.5c) Processi di decadimento per gli Higgs predetti dal MSSM Gli schemi di decadimento degli Higgs supersimmetrici dipendono fortemente dalla scelta fatta sui parametri m A e tan β, che parametrizzano il settore di Higgs nel MSSM. Possono influire anche le masse di altre particelle supersimmetriche (gluini, squarks,...), dipendentemente dal fatto che gli Higgs possano decadere o meno in particelle supersimmetriche. Il golden channel in quattro leptoni del MS (decadimento A.9) continua ad essere un canale interessante anche per il MSSM: in questo caso però risulta fortemente soppresso rispetto al MS. L osservabilità di questo canale è limitata al range 2m h m H 2m t. Per il bosone H il canale più promettente è: H ÝÑ τ τ (3.19) poichè è caratterizzato da un BR piuttosto elevato in un ampia regione dello spazio dei parametri. Quest ultimo canale è il più promettente anche per l Higgs pseudoscalare A. Per quanto riguarda il bosone di Higgs carico, la figura 3.6 mostra i BR di alcuni decadimenti. Quello in τ ν è il decadimento dominante, fino alla soglia di produzione di t b.

109 3.2 Fisica dell Higgs a LHC 99 Figura 3.6: Branching ratio per i decadimenti del bosone di Higgs carico in funzione della propria massa.

110

111 Capitolo 4 Analisi 4.1 Ricostruzione degli eventi a CMS Con il termine ricostruzione in un esperimento di fisica si intende l elaborazione dei dati immagazzinati dall esperimento per ricavarne quantità fisiche utili all analisi finale; il processo di ricostruzione degli eventi a CMS può essere diviso in tre fasi principali: una fase di ricostruzione locale che avviene nel contesto del singolo rivelatore; una fase di ricostruzione globale a livello dell intero apparato; una combinazione finale dei risultati ottenuti per ottenere degli oggetti di tipo high-level. Le unità che provvedono alla ricostruzione locale utilizzano in input i dati reali provenienti dal sistema di acquisizione o, in alternativa, i dati simulati. In entrambi i casi, questi dati vanno sotto il nome di digis. L output sono i cosiddetti RecHits, hit ricostruiti che tipicamente consistono in misure di posizione nel tracciatore e nel sistema a muoni, oppure in cluster calorimetrici per quel che riguarda i calorimetri. Le RecHits vengono poi utilizzate come input nella fase successiva della ricostruzione. Nella fase di ricostruzione globale vengono elaborate tutte le informazioni

112 102 Analisi provenienti dai differenti moduli di uno stesso rivelatore, senza combinare insieme le informazioni di rivelatori differenti. Ad esempio, le Tracker RecHits vengono utilizzate per ricostruire le tracce delle particelle cariche, mentre le Muon RecHits per ricostruire le tracce dei candidati muoni. La fase finale della ricostruzione combina gli oggetti ricostruiti in ogni singolo rivelatore per produrre degli oggetti ricostruiti di tipo high-level, utili nell high-leve trigger (HLT) e nell analisi dati. Ad esempio, si combinano le tracce ricostruite nel Tracker con quelle ricostruite nel sistema per muoni, per ottenere i candidati muoni finali. In figura 4.1 viene mostrato come vengono combinate le differenti unità per ricostruire un oggetto di tipo high-level. Figura 4.1: Schema della ricostruzione di un muone, utilizzando le informazioni del Tracker e del sistema per muoni.

113 4.1 Ricostruzione degli eventi a CMS Ricostruzione locale Come accennato in precedenza, la ricostruzione locale nel singolo modulo di un sottorivelatore porta ad avere le RecHit, oggetti che contengono informazioni tipo l energia depositata e la posizione della particella che ha interagito nel rivelatore. Tracker Nel tracciatore (strip e pixel), gli algoritmi di ricostruzione locale cercano quelle strip e quei pixel in cui il segnale supera un certo valore di soglia, utilizzandoli poi come seed per i cluster. Infine, i cluster saranno formati mettendo insieme gli elementi vicini. Sistema per muoni Nelle Muon Drift Chamber con la ricostruzione locale si ricava la posizione di un muone nella cella, determinabile misurando il tempo e la velocità di deriva. In un superlayer è possibile ricostruire un segmento di traccia tridimensionale utilizzando i singoli hit in ogni layer. Nelle Muon Cathode Strip Chamber si utilizza la ricostruzione locale per ottenere la posizione ed il tempo di arrivo della hit di un muone dalla distribuzione di carica indotta sulle strip del catodo. In ogni layer è possibile ottenere hit bidimensionali, da combinare per creare segmenti di tracce tridimensionali all interno di ogni camera (comprendente sei layer). Nelle Muon Resistive Plate Chamber, la ricostruzione locale dà la posizione della hit di un muone ricavandola dalla posizione dei cluster delle strip. Sistema calorimetrico Nel calorimetro elettromagnetico la ricostruzione locale identifica la posizione, il tempo di arrivo e l energia dei rilasci elettromagnetici di energia. Similmente, nel calorimetro adronico questo avviene per i rilasci di energia da parte degli adroni.

114 104 Analisi Ricostruzione globale Gli algoritmi di ricostruzione globale utilizzano gli oggetti creati dalla ricostruzione locale all interno dei singoli moduli di un rivelatore, combinandoli con gli oggetti provenienti dalla ricostruzione in altri moduli dello stesso rivelatore: in questo modo vengono prodotti degli oggetti più complessi che rappresentano la migliore misura ottenibile nel contesto del singolo rivelatore. A questo livello non si cerca ancora di mettere in relazione tra loro le varie informazioni provenienti da rivelatori differenti. Tracker In un contesto come quello delle collisioni pp ad LHC, dove è presente una alta molteplicità di particelle cariche, un approccio globale alla tracciatura non porterebbe sicuramente ad un utilizzo efficiente delle risorse di calcolo: approcci più specializzati, invece, risultano più utili di fronte alle varie casistiche che si possono presentare. La ricostruzione delle tracce può essere suddivisa in cinque passaggi logici: ricostruzione delle hit, che consiste nel determinare la posizione di ogni hit con la relativa incertezza; generazione dei seed; costruzione della traiettoria a partire dai seed; risoluzione delle ambiguità, nel caso in cui alcuni hit siano condivisi da più tracce; fit finale della traccia, con l ottimizzazione dei parametri. Ricostruzione delle hit. Nelle silicon strip la ricostruzione parte dai cluster, individuando le varie strip attivate da una stessa particella. Si individuano inizialmente quelle strip che abbiano un rapporto segnale-rumore S{N 3: queste hanno il ruolo di seed. Le strip adiacenti a queste vengono incluse soltanto se soddisfano la condizione S{N 2. Infine, vengono accettati solo i cluster per i quali il segnale soddisfa: S 5 d i N 2 i (4.1)

115 4.1 Ricostruzione degli eventi a CMS 105 dove N i è il rumore nella strip i-esima. Nei rivelatori a pixel gli algoritmi di ricostruzione dei cluster richiedono come seed un pixel con rapporto segnale-rumore S{N 6, aggiungendo i pixel limitrofi se soddisfano S{N 5. La posizione del cluster è stimata in entrambe le direzioni in maniera del tutto indipendente, basandosi sulla carica raccolta sulla superficie del pixel e sulla l angolo di incidenza della traccia sul pixel. Seeding delle tracce. Con la generazione dei seed si ottengono dei candidati iniziali per la traiettoria, da utilizzare nella completa ricostruzione della traccia. I seed forniscono un stima iniziale dei parametri e degli errori che caratterizzano la traccia. Ogni seed è composto da un insieme di hit che vengono supposti provenire da una particella carica; questa associazione di hit per ricavare le tracce prende il nome di seeding. Costruzione della traiettoria. La ricostruzione delle tracce è basata su un algoritmo iterativo (algoritmo di Kalman [23]) che parte dal seed e dalle prime, anche se poco precise, stime che esso dà sui parametri della traccia. Di volta in volta vengono aggiunte le informazioni che provengono dai layer dei sottorivelatori più esterni, migliorando la precisione con cui sono noti i parametri. Risoluzione delle ambiguità. In più casi può capitare che varie tracce condividano alcuni hit: risulta necessario risolvere questa ambiguità per evitare doppi conteggi delle tracce. Per ogni coppia di tracce viene valutata la seguente quantità: f N shared min pn 1, N 2 q (4.2) dove N shared è il numero di hit condivise, N 1 il numero di hit della prima traccia, N 2 quello della seconda. Se f 0.5, allora la traccia con minor numero di hit viene scartata; nel caso in cui le tracce abbiano lo stesso numero di hit, si scarta quella con χ 2 più elevato. Questa procedura viene applicata due volte: prima alle tracce provenienti dallo stesso seed, poi a tutte le tracce ricostruite. Fit delle tracce. La ricostruzione della traccia prosegue aggiungendo di volta in volta gli hit individuati nei layer dei sottorivelatori ed aggiornando di conseguenza i suoi parametri caratteristici. Le informazioni sono comple-

116 106 Analisi tamente note soltanto nel momento in cui viene considerato l ultimo hit. Per questo motivo si esegue un nuovo fit della traccia utilizzando l algoritmo di Kalman partendo dai sottorivelatori più esterni; successivamente viene inizializzato un secondo algoritmo con le informazioni ottenute dal primo, che procede dall esterno verso la linea del fascio. Sistema per muoni Standalone Muon. La ricostruzione globale Level-2 nel sistema muonico viene spesso chiamata anche Standalone Muon, in quanto non fa uso delle hit del sistema di tracciatura: utilizza le tracce ricavate nei moduli delle varie camere (CSC, RPC, DT) nella fase locale della ricostruzione. La procedura consiste nell utilizzo dei segmenti di traccia ottenuti nella ricostruzione locale come seed delle traiettorie dei muoni: i risultati ottenuti con un algoritmo di Kalman dall interno verso l esterno vengono confrontati con le misure esistenti. La propagazione di questi risultati avviene tenendo conto dei materiali che separano le varie stazioni, e quindi degli effetti dello scattering multiplo, della perdita di energia da parte dei muoni e del campo magnetico non uniforme. Si tratta di un processo iterativo che si conclude nel rivelatore più esterno. Anche in questo caso si applica nuovamente un algoritmo di Kalman in senso inverso, dall esterno verso l interno. L ultimo step di questa procedura consiste nell estrapolazione della traccia fino al punto di interazione nominale e nell applicazione di un fit sui parametri con un constraint nel vertice. Global Muon. Un ulteriore livello della ricostruzione globale (Level-3 ) dei muoni viene detto Global Muon : consiste nell estensione delle traiettorie determinate nel sistema a muoni utilizzando gli hit del tracker. Si parte da un muone di tipo Standalone e si estrapola la traccia dalla superficie più interna della stazione fino alla superficie più esterna del tracker, tenendo conto anche in questo caso dello scattering multiplo e della perdita di energia nell materiale attraversato. Successivamente si determinano i layer del tracker compatibili con la traiettoria del muone: questi individuano una regione ben precisa del sottorivelatore, nella quale è possibile effettuare la ricostruzione della traccia. I criteri di questa ricostruzione sono analoghi a quelli della ricostruzione che viene attuata nel tracker. L unica differenza sta nel fit finale:

117 4.1 Ricostruzione degli eventi a CMS 107 in questo caso non vengono coinvolti soltanto gli hit del tracker, ma anche quelli del sistema a muoni. Sistema calorimetrico. I cluster corrispondenti nel calorimetro elettromagnetico ed in quello adronico vengono collegati tra loro da una cosiddetta Calorimetric Tower (Calo- Tower), al fine di avere delle torri proiettive che attraversano l intero sistema calorimetrico. Queste torri hanno una posizione ben definita nel piano (η, φ), e possono essere utilizzate nella ricostruzione dei jet Ricostruzione combinata La fase finale della ricostruzione combina gli oggetti ottenuti nella ricostruzione globale con le informazioni provenienti da ogni sottorivelatore, creando degli oggetti basati sull intero apparato CMS. Di seguito vengono illustrati alcuni esempi di questa ricostruzione. Identificazione di fotoni ed elettroni La selezione globale di elettroni e fotoni procede in tre fasi. La prima utilizza solamente le informazioni provenienti dal calorimetro elettromagnetico. Nella seconda, invece, si richiedono delle hit nel rivelatore a pixel consistenti con un candidato elettrone. Se il matching tra il cluster calorimetrico e le hit nel rivelatore a pixel ha successo, allora viene identificato un elettrone; in caso contrario il candidato viene identificato come un fotone. Nella fase finale, la selezione degli elettroni utilizza la ricostruzione della traccia completa; invece, per selezionare i fotoni si utilizzano dei tagli di isolamento e di rigetto nei confronti dei π 0, basandosi sulla forma laterale dello sciame. Identificazione dei muoni L identificazione di un muone si effettua partendo da un muone di tipo standalone, aggiungendo le hit associate nel tracciatore e applicando un fit finale sulla traccia. Ai candidati muoni possono essere applicati dei criteri di isolamento valutando il numero di tracce nella regione introno alla traiettoria del

118 108 Analisi muone. Così facendo si riescono a sopprimere i muoni nonprompt rispetto a quelli provenienti dai decadimenti di b, c e K. Ricostruzione dei jet Nei processi di collisione pp è particolarmente elevata la possibilità che emerga un partone di alto impulso trasverso e che questo determini per adronizzazione la comparsa di jet particolarmente collimati. E possibile pensare ad un jet come ad un accumulo di particelle o energia in una regione angolare ristretta. Inoltre, molte particelle hanno tra i prodotti dei loro decadimenti dei quark in grado di generare dei jet (come nel caso del decadimento del τ). L energia trasversa gioca un ruolo fondamentale nella ricostruzione dei jet. Per la rivelazione e la ricostruzione di questi vengono utilizzate le informazioni provenienti dal calorimetro adronico, coadiuvate da quelle provenienti da quello elettromagnetico. Il punto di partenza per la ricostruzione dei jet è sempre il clustering: considerato che i jet risultano particolarmente collimati lungo la direzione del partone iniziale, l algoritmo di ricostruzione si basa sul clustering dei depositi energetici in coni. Ricostruzione dell energia trasversa mancante Molti canali di scoperta a LHC presentano come chiara segnatura per nuova fisica una grande quantità di energia trasversa mancante. Grande sforzo è stato compiuto nella progettazione dei calorimetri per avere una copertura in η il più possibile completa, in modo da permettere la necessaria accuratezza nelle misure Strumenti utilizzati CMSSW Il principale strumento utilizzato per la simulazione dei processi fisici e la risposta del rivelatore è CMSSW, il software ufficiale della collaborazione CMS. CMSSW di fatto costituisce la struttura portante dell analisi, poichè è costituito da un insieme di software con un architettura modulare in grado

119 4.1 Ricostruzione degli eventi a CMS 109 di sopperire a tutte le richieste necessarie per l analisi dei dati nell esperimento, dalla simulazione degli eventi alla ricostruzione. Il nucleo centrale di questa struttura è rappresentato dell Event Data Model (EDM): i differenti tipi di dati che riguardano gli eventi simulati (dall output del rivelatore ai dati ricostruiti) vengono immagazzinati nell EDM e processati attraverso i differenti moduli. Questi possono essere caricati in maniera dinamica ma anche regolati singolarmente, il che facilita lo sviluppo del software e la sua personalizzazione secondo le necessità del singolo utente. In figura 4.2 viene mostrata una schematizzazione della struttura di EDM. Figura 4.2: Diagramma della struttura di EDM [5, 6]. CRAB All interno della collaborazione CMS sono stati sviluppati molti strumenti per garantire agli utenti un facile accesso a Grid, selezionando automaticamente i siti che ospitano i dati richiesti e le versioni di CMSSW necessarie.

120 110 Analisi CRAB (CMS Remote Analysis Builder) [24] è l interfaccia per creare e sottomettere i job di CMSSW a risorse di calcolo distribuito. Utilizzando CRAB, e attraverso DBS [25], è possibile accedere ai sample MC ed ai dati di CMS, distribuiti tra i vari Tier di CMS, riuscendo ad ottimizzare le risorse di storage e l utilizzo delle CPU dei vari centri di calcolo. Il funzionamento di CRAB è basato sulla sottomissione diretta dei job da parte dell utente dalla User Interface (UI) su cui sta lavorando. Questo modo di lavorare (detto standalone) ha sicuramente il vantaggio della semplicità, ma manca di alcune funzionalità che invece possono essere fornite da un client-server dall architettura più avanzata, il quale fa sì che tra utente e Grid vi sia un server in grado di eseguire svariate azioni. Il principale obiettivo di questa architettura è quello di automatizzare il più possibile l intera analisi. Dal punto di vista dell utente l implementazione di questo client-server è del tutto trasparente: l interfaccia, le procedure di installazione e di configurazione e l utilizzo rimangono del tutto invariate. Un altra utility molto importante di CRAB fornisce la possibilità di monitorare costantemente lo status dei job sottomessi anche attraverso una pagina web e una volta terminati, di recuperare l output di questi con tutte le relative informazioni. In figura 4.3 è mostrata una visione schematica della struttura lavorativa di CRAB, ed il percorso seguito da un tipico job. 4.2 Analisi del decadimento W Ñ τν Il leptone τ costituisce un importante mezzo di indagine per processi di nuova fisica a LHC: le segnature sperimentali che coinvolgono i decadimenti del τ sono di importanza cruciale nella ricerca di bosoni di Higgs leggeri e nello studio di fenomeni di Supersimmetria. I τ sono leptoni che generalmente decadono in leptoni più leggeri, oppure in jet adronici e neutrini-τ. La segnatura dei modi di decadimento adronici (τ had, sezione 3.1.3) è data da un τ-jet altamente collimato ed è caratterizzata da una bassa molteplicità di particelle: questo permette una buona separazione dal segnale dei jet di QCD. Nella struttura del Modello Standard, i leptoni τ vengono prodotti dal decadimento dei bosoni vettori dell interazione elettrodebole attraverso i canali

121 4.2 Analisi del decadimento W Ñ τν 111 Figura 4.3: Schematizzazione del flusso, durante l analisi, dei dati e dei job sottomessi a Grid via CRAB [7]. Z Ñ τ τ e W Ñ τ ν. Questi processi possiedono una sezione d urto relativamente alta e costituiscono la più proficua sorgente di leptoni τ a LHC. In particolare, il canale W Ñ τν ha una sezione d urto di produzione maggiore del canale Z Ñ ττ di circa un ordine di grandezza. Nonostante questo, sperimentalmente la segnatura di un τ-jet e di un neutrino (non rivelabile) è più impegnativa e richiede una buona comprensione dell identificazione del τ e dell energia trasversa mancante. Lo studio della produzione di W Ñ τν τ nello stato finale τ had ν τ dà un contributo molto importante allo studio della fisica del τ a LHC, essendo un importante processo di background in molte ricerche di nuova fisica. In par-

122 112 Analisi ticolare, costituisce il principale background nella ricerca del bosone di Higgs carico nello stato finale τν. Lo studio della produzione di W Ñ τ had ν in questo lavoro è stato condotto utilizzando pb 1 di dati, ottenuti dai run di LHC nel 2010, ad una energia nel centro di massa dei fasci? s 7 TeV e registrati dal rivelatore CMS Campioni Monte Carlo Procedure di simulazione Gli eventi generati dalle simulazioni MC devono riprodurre i dati reali nel modo più realistico possibile, basandosi sulle attuali conoscenze della fisica. La struttura teorica alla base della descrizione delle interazioni tra particelle è la meccanica quantistica, dove molte proprietà delle particelle (come ad esempio l impulso) sono distribuite in modo stocastico. Per questo motivo, l output di un generatore di eventi MC presenterà delle fluttuazioni: proprio queste fluttuazioni rappresentano l aspetto più caratterizzante di ogni generatore. Le collisioni pp presentano di per sè una natura piuttosto complessa, ed il generatore di eventi suddivide il processo in varie componenti; gli step fondamentali nella generazione di eventi sono: Distribuzione dei partoni: quando particelle non elementari (nel nostro caso i protoni) collidono, le interazioni a cui sono soggette, e quindi i parametri della simulazione, dipenderanno dalla frazione di impulso portata da ogni partone. Sottoprocessi hard. Con questo termine ci si riferisce alla descrizione di eventi basata sulla teoria perturbativa, la quale viene applicata in questo caso poichè la generazione e il successivo decadimento di particelle pesanti avviene in una scala di tempo minore di quella della generazione dello sciame partonico. Sciame partonico. Effetti di QCD sono considerati nella descrizione dello sciame partonico: i generatori MC descrivono l evoluzione della

123 4.2 Analisi del decadimento W Ñ τν 113 radiazione (showering) dello stato iniziale dei partoni fino a quando non viene raggiunta una certa soglia; a causa di questo showering, i jet dei quark ed i gluoni sono prodotti nella direzione del partone primario, e possono essere rivelati abbastanza facilmente. Adronizzazione. A causa del confinamento, i quark ed i gluoni prodotti nello sciame non possono esistere come particelle libere. Questo porta alla formazione di coppie q q nel momento in cui la separazione di due particelle colorate supera una certa distanza. Per questo motivo i partoni nei jet devono essere raggruppati in oggetti non colorati, e quindi in adroni che possono essere rivelati. Questo fenomeno, che prende il nome di adronizzazione, è piuttosto delicato da trattare, ed i vari generatori utilizzano modelli differenti per simularlo. Segnale e background Tutti i campioni MC utilizzati in questa analisi sono stati prodotti ufficialmente dalla collaborazione CMS, e sono disponibili pubblicamente. Come segnale viene utilizzato un sample di W Ñ τ ν simulato utilizzando PYTHIA [26]; i decadimenti del τ sono stati simulati utilizzando il pacchetto TAUOLA [27]. Il background è dato da due tipi di processi: processi di tipo elettrodebole (EWK) e fondo da QCD. I contributi al fondo EWK sono dati dai processi W Ñ eν, W Ñ µν e Z Ñ ττ. Il fondo da QCD è costituito da jet con una traccia di alto impulso trasverso nello stato finale. Per questo sample è stato applicato un filtro al livello di generatore che richieda almeno una traccia con η 2.5 e p T 12 GeV/c. Anche questi campioni sono stati prodotti utilizzando PYTHIA. Questo background, se non rigettato in modo corretto, riesce a nascondere il segnale interessante per l analisi. In tabella 4.1 sono riassunte tutte le caratteristiche dei campioni utilizzati in questa analisi. Per i processi elettrodeboli sono state utilizzate sezioni d urto al next-to-next-to-leading order (NNLO), mentre per la QCD sezioni d urto al leading order (LO). Tutti i sample Monte Carlo sono normalizzati alla luminosità misurata.

124 114 Analisi Dataset MC σ ɛ f (pb) Eventi W Ñ τν W Ñ eν W Ñ µν Z Ñ ττ Tabella 4.1: Sample MC utilizzati nell analisi, con le corrispondenti sezioni d urto Algoritmo Particle-Flow L algoritmo di ricostruzione Particle Flow (PF) [28] permette di ottenere una descrizione globale dell evento attraverso la ricostruzione individuale di ogni singola particella, sfruttando le informazioni che arrivano dai vari sottorivelatori di CMS. La lista di particelle che possono essere ricostruite ed identificate comprende i muoni, gli elettroni (con la ricostruzione e l identificazione di fotoni da bremsstrahlung), fotoni (convertiti o meno), adroni carichi (anche se hanno subito interazioni nucleari dal materiale presente nel tracciatore) e adroni neutri (stabili o instabili). Questo algoritmo viene utilizzato per l identificazione dei τ: le particelle ottenute con il PF vengono raggruppate in jet, a cui successivamente si applicano dei criteri di selezione basati sulle proprietà tipiche dei τ-jet. Ricostruzione delle tracce. Nel contesto del Particle Flow è stato sviluppato un algoritmo di tracciatura iterativo, al fine di ottenere una buona efficienza di tracciatura pur mantenendo limitato il fake-rate. Questo algoritmo iterativo prevede inizialmente la ricostruzione di tracce utilizzando seed di elevata purezza (ottenuti richiedendo tre hit nel rivelatore a pixel, un numero minimo di hit nel tracciatore di silicio ed un constraint molto restrittivo sul vertice): questa prima iterazione porta una moderata efficienza ed un fake-rate molto basso. Nel passo successivo si richiedono criteri di selezione meno severi sulla qualità delle tracce, aumentando l efficienza pur mantenendo praticamente inalterato il fake-rate. In questo modo, le particelle cariche con meno di tre hit ed un impulso trasverso minore di 300 MeV/c possono essere ricostruite con una efficienza più grande ed un

125 4.2 Analisi del decadimento W Ñ τν 115 fake-rate simile a quelle ricostruite inizialmente, a cui erano richiesti almeno otto hit ed un impulso trasverso maggiore di 900 MeV/c. Le tracce che nascono da vertici secondari (per esempio dall interazione nucleare di un adrone nel tracker oppure dal decadimento di un adrone neutro instabile) vengono invece ricostruite con algoritmi specifici utilizzando gli hit che rimangono dopo i primi step. Procedura di clustering. La procedura di clustering utilizzata nell algoritmo PF è concettualmente identica sia per i cristalli di ECAL che per le celle di HCAL: i cluster vengono scelti individuando i massimi locali di energia rilasciata, e aggregando i cristalli (o le celle) che abbiano almeno un lato in comune (topological cluster). Da queste aggregazioni avranno origine i cosiddetti particle flow cluster. Linking e ricostruzione I collegamenti tra i cluster di ECAL, quelli di HCAL e le tracce vengono effettuati valutando le possibili compatibilità tra essi, sia a livello spaziale sia a livello di energia. L algoritmo PF opera per gradi, associando cluster e tracce alle segnature attese per le diverse particelle. Inizialmente, le tracce ed i cluster associati agli hit nelle camere a muoni vengono identificati appunto come muoni, e rimossi dalla lista delle particelle non identificabili. Subito dopo le tracce ed i cluster associabili agli elettroni vengono identificati con essi e rimossi da analisi ulteriori. Successivamente viene confrontata l energia nei cluster in HCAL con gli impulsi delle tracce collegate ad essi. Se gli impulsi sono compatibili con le energie, per ogni abbinamento viene creato un adrone con un energia data dalla media pesata dell energia nel cluster e dell impulso della traccia. Se invece esiste una differenza tra l energia e l impulso, ed è consistente, viene creato un adrone neutro di energia pari all energia in eccesso. Nel caso in cui un cluster di HCAL ed uno di ECAL sono collegati insieme ad una stessa traccia, viene valutata la compatibilità tra le energie e l impulso, e si procede ugualmente con la procedura appena descritta. Dopo aver rimosso anche questi cluster e queste tracce dalla lista di oggetti non associabili ad alcuna particella, rimangono solamente i cluster per cui non è stato possibile il collegamento con una traccia. Di questi cluster, quelli in ECAL si assumono

126 116 Analisi essere fotoni mentre quello in HCAL adroni neutri Strategie di identificazione off-line del τ Le caratteristiche e le proprietà dei τ-jet sono alla base dello sviluppo di numerosi criteri di selezione per l identificazione off-line utilizzati in questo lavoro; in particolare, viene utilizzato il concetto di isolamento in due algoritmi che fanno uso dei coni a raggio fisso: CaloTau e PFTau. L algoritmo CaloTau Questo algoritmo è costituito principalmente da due fasi: prima si richiede l isolamento rispetto ai depositi di energia nel calorimetro elettromagnetico ECAL, successivamente si richiede l isolamento rispetto alle tracce. Isolamento calorimetrico. I decadimenti adronici del τ producono depositi di energia ben localizzati nei calorimetri. Per sfruttare questa caratteristica vengono definiti dei parametri di isolamento in grado di dare una misura dell energia presente in un anello intorno al nucleo centrale del jet: ci si aspetta che i candidati τ reali rilascino soltanto una piccola frazione della loro energia in questo anello. Il parametro che è stato scelto è il seguente: P iso R 0.40 E T R 0.13 E T (4.3) dove la somma viene effettuata su tutte le celle del calorimetro contenute nel cono di raggio R rispetto alla direzione del jet. Isolamento della traccia carica. Le poche ma ben collimate tracce cariche contenute in un τ-jet sono gli ingredienti alla base di un potente algoritmo di selezione basato sull isolamento. Il principio di funzionamento di questo algoritmo è mostrato in figura 4.4. La direzione del τ-jet è definita dall asse del jet nel calorimetro. La ricerca del segnale viene effettuata tra le tracce aventi energia superiore ad una certa soglia PT min, contenute in un cono di raggio R m (matching cone) intorno alla direzione del jet. La traccia con più alto P T viene definita come leading track (tr 1 ); inoltre, si assume che ogni altra traccia presente nel signal cone di raggio R s intorno alla leading track con parametro di impatto simile provenga dal decadimento del τ. Le tracce

127 4.2 Analisi del decadimento W Ñ τν 117 Figura 4.4: Schema di isolamento del τ. distanti dalla leading track oltre un certo valore di cut-off e con impulso superiore ad una certa soglia vengono ricostruite all interno di un cono più grande, di raggio R i. Se all interno di questo cono non vengono individuate tracce (oltre a quella già presente nel signal cone) allora questo criterio di isolamento è soddisfatto. L algoritmo PFTau Al fine di aumentare l efficienza di identificazione dei τ è stato ideato un nuovo algoritmo basato sui risultati del Particle Flow: PFTau. Come già accennato in sezione 4.2.2, l algoritmo di identificazione prevede che le particelle ottenute con il Particle Flow vengono organizzate in jet utilizzando coni di apertura R = 0.5. Le particelle che costituiscono questi jet vengono selezionate nei modi seguenti: vengono richiesti fotoni con p T 1.5 GeV/c, mentre per gli adroni si chiede p T 1 GeV/c, χ sulle corrispondenti tracce ed un parametro di impatto inferiore a 200 µm. Infine, tutti gli adroni

128 118 Analisi neutri vengono ignorati. Per selezionare i τ-jet si ricorre nuovamente al criterio di isolamento, individuando inizialmente una leading track (adrone carico o fotone) contenuta in un matching cone di apertura R = 0.1 intorno all asse del jet. Vengono considerate leading track soltanto quelle tracce con p T superiore ad una certa soglia (che dipende dall analisi). I costituenti del jet possono ricadere all interno di uno stretto signal cone di raggio variabile, oppure all esterno, comunque sempre all interno dell isolation cone. L isolamento del jet è soddisfatto se tutti i costituenti dell isolation cone sono contenuti anche nel signal cone: nel caso in cui si verifiche questa eventualità, il jet viene identificato come τ-jet Ricostruzione degli oggetti fisici Per l identificazione dei jet, dei muoni, degli elettroni, dei tau e dell energia trasversa mancante viene utilizzato l algoritmo di ricostruzione Particle Flow (PF). L insieme finale delle particelle (adroni carichi, neutri, fotoni, elettroni, muoni) è utilizzato per risalire agli oggetti fisici più complessi, come τ had, jet, E miss T. Tipicamente, il τ had è un jet altamente collimato che comprende uno o tre mesoni carichi (principalmente π ) e zero, uno o due pioni neutri che decadono nel canale π 0 Ñ γγ. L identificazione del τ had dal decadimento del bosone W richiede un algoritmo piuttosto efficiente, affiancato da altrettanto efficienti criteri di selezione, soprattutto per discriminare il segnale di interesse dal grande fondo di eventi di QCD. L algoritmo utilizzato in questa analisi per l identificazione del τ had prende il nome di Hadrons Plus Strips Algorithm (HPS). Questo algoritmo parte da un adrone carico di alto p T e lo combina con un altro adrone vicino (carico o neutro) al fine di ricostruire i vari modi di decadimento del τ. L identificazione dei π 0 è migliorata raggruppando gli elettroni ed i fotoni (ricostruiti con il Particle Flow) in strip lungo il piano di curvatura, in modo da tener conto di possibili prolungamenti delle segnature dei calorimetri causate dalla conversione dei fotoni.

129 4.2 Analisi del decadimento W Ñ τν Trigger Nell analisi di un canale di decadimento come quello studiato in questo lavoro è necessario effettuare un trigger sui τ-jet. Il trigger procede a livelli successivi: al livello L1 la selezione dei τ è basata esclusivamente sulle informazioni provenienti dai calorimetri, ricercando cluster di depositi molto stretti e con alto grado di isolamento. Per aumentare l efficienza, i jet che non soddisfano la richiesta di isolamento a questo livello vengono comunque presi in considerazione, ma con una soglia di energia trasversa più elevata; al livello HLT (High Level Trigger), gli eventi che superano la selezione precedente vengono analizzati in maggiore dettaglio. Al livello L2 viene ricostruito un jet all interno del calorimetro, e si richiede una corrispondenza con un oggetto ricostruito a livello L1. Viene applicato un taglio di 20 GeV/c 2 alla energia trasversa del τ-jet, e si richiede che soddisfi una richiesta su un parametro di isolamento: in particolare, si richiede che la somma dei depositi energetici nel calorimetro sia minore di 5 GeV/c 2. Al livello L2.5, si effettua un taglio sull impulso della leading-track del τ-jet, e si richiede che questo superi i 15 GeV/c. A questo seguono il tracking e l isolamento applicati nel livello L3. La selezione del trigger applicata ai dati 2010 può essere riassunta in questo modo: un τ-jet con E T 20 GeV/c 2 oppure un jet con E T 30 GeV/c 2 al livello L1; E miss T 25 GeV/c 2 per gli eventi che passano il livello L1; il jet al livello L2 ricostruito all interno di un cono di raggio R 0.2 in corrispondenza con l oggetto ricostruito al livello L1, E T 20 GeV/c 2, η 3 al livello L2.5 il cono ricostruito con l algoritmo Particle-Flow in corrispondenza con il jet al livello L2; inoltre, per il τ-jet: p T 35 GeV/c 2, η 2.5

130 120 Analisi individuazione di una leading track al livello L2.5, con p T 20 GeV/c 2 al livello L3 si richiede un isolamento di tipo Tight da parte delle tracce contenuta in un matching cone di raggio R 0.2, in un signal cone di raggio R 0.15 and isolation cone di raggio R 0.5. Infine si considerano solo le tracce con p T 1 GeV/c, ed E T 1.5 GeV/c Selezione degli eventi Per la selezione finale degli eventi sono stati applicati i seguenti criteri di selezione offline: deve esserci almeno un candidato τ had secondo l algoritmo HPS, con p T 30 GeV/c e η 2.3, e la leading track deve avere p T 15 GeV/c; il candidato deve essere isolato nel seguente senso: non devono esserci candidati PF (adroni carichi e fotoni) non associati alla segnatura del decadimento del τ con p T 0.8 GeV/c all interno di un isolation cone di apertura R 0.5; al fine di ridurre la contaminazione muonica nel sample τ had, il candidato τ had non deve avere hit nella camera a muoni; al fine di ridurre la contaminazione da parte degli elettroni nel sample τ had il candidato τ had non deve essere identificato come elettrone da parte dell algoritmo PF, la frazione di energia rilasciata all interno del calorimetro elettromagnetico deve essere minore di 0.85, e si pone un veto sui candidati τ had nelle regioni in η che non sono coperte dal calorimetro elettromagnetico; viene posto un veto a quegli eventi che, insieme al candidato τ had, presentano un muone, oppure un elettrone avente p T 15 GeV/c nella regione η 2.4, con un isolamento relativo I rel 0.2. L isolamento relativo è definito dalla relazione: I rel p charged T p gamma T p neutral T p l T (4.4)

131 4.2 Analisi del decadimento W Ñ τν 121 dove p charged T, p gamma T e p neutral T si riferiscono rispettivamente agli adroni carichi, ai fotoni ed agli adroni neutri, mentre p l T si riferisce al muone, all interno di un isolation-cone di raggio R 0.3; viene posto un ulteriore veto quegli eventi che contengono candidati elettroni che superano il criterio di identificazione simpleeleid80reliso [29], con in aggiunta la richiesta che il candidato τ had abbia p T 15 GeV/c e η 2.4; si richiede E miss T 35 GeV/c 2 ; nello stato finale si richiedono jet ricostruiti dall algoritmo Particle Flow che abbiano p T 15 GeV/c e η 3: si calcola il rapporto R HT tra il p T del candidato τ had e la somma dei p T di tutti i PF-jet. La richiesta finale su R HT è: R HT Stima del fondo QCD Nello stato finale gli eventi di QCD costituiscono il contributo fondamentale al background. Questo fondo non può essere stimato in maniera soddisfacente dalla simulazione Monte Carlo, e per questo motivo si utilizza un metodo data-driven. Nel metodo applicato in questa analisi, il cosiddetto metodo ABCD, vengono individuate quattro regioni nello spazio delle fasi delle variabili R HT e E miss T. Le quattro regioni considerate in questo spazio delle fasi sono individuate da: regione A: R HT 0.65 e E miss T 30 GeV. regione B: R HT 0.65 e E miss T 30 GeV. regione C: R HT regione D: R HT 0.65 e E miss T 30 GeV e E miss T 30 GeV. La regione A è quella dominata dal segnale, e quindi quella in cui si vuole andare a stimare il contributo della QCD. Per applicare questo metodo è necessario che gli eventi nelle regioni B, C e D siano dominati dal fondo QCD, e che non vi sia correlazione statistica tra

132 122 Analisi le variabili R HT e E miss T. In figura 4.5 sono illustrate le distribuzioni della massa trasversa nelle regioni B, C e D. Il contributo del segnale e dei fondi di tipo elettrodebole in queste regioni è stimato dal Monte Carlo. Come si può vedere le regioni B,C,D sono effettivamente dominate da eventi QCD. La contaminazione del segnale e dei fondi di tipo elettrodebole in queste regioni è: 6% nella regione B; 1% nella regione C; 15% nella regione D. La figura 4.6 invece mostra (a) (b) (c) Figura 4.5: Distribuzioni della massa trasversa del candidato τ had e di E miss T nelle regioni B, C e D dello spazio delle fasi. I punti rappresentano la distribuzione dei dati, gli istogrammi colorati le distribuzioni del segnale e dei fondi elettrodeboli simulati. che l assunzione che le variabili R HT e ET miss non siano correlate è corretta: il grafico mostra il valor medio di R HT in funzione di ET miss.

133 4.2 Analisi del decadimento W Ñ τν 123 Figura 4.6: Valor medio di R HT in funzione di E miss T. Utilizzando questo metodo è possibile stimare il numero di eventi di QCD nella regione A del segnale, dal numero di eventi osservati nelle altre tre regioni. In particolare, si può assumere che, in base alle ipotesi fatte sinora: da cui segue che: N A N B N D N C (4.5) N A N D N B N C (4.6) dove N X in queste relazioni rappresenta la differenza tra il numero di eventi ottenuti dai dati e il contributo elettrodebole, nella regione X. Dalla relazione 4.6 si stima un contributo della QCD al background pari eventi nella regione A, dove l incertezza è solamente statistica Sistematica L incertezza sistematica sulla stima finale della sezione d urto di decadimento W Ñ τν ha varie origini: la simulazione del trigger; la stima del numero di eventi di fondo che contribuiscono alla selezione finale; l identificazione di τ had ;

134 124 Analisi l effetto delle incertezze sulla scala di energia dei jet e su quella tau-jet nella stima dell efficienza ε; l effetto dei generatori MC nel modellizzare la radiazione nello stato finale ed in quello iniziale, ed una conoscenza poco precisa delle funzioni di distribuzione dei partoni nella stima della accettanza A; la luminosità integrata del dataset utilizzato. La stima del numero di eventi di background QCD è stata ottenuta attraverso il metodo ABCD descritto in sezione Poichè il contributo di tipo elettrodebole al background è stato stimato direttamente da dati simulati, si assume una incertezza relativa del 40% sulla somma del background elettrodebole. L incertezza relativa risultante sul numero totale di eventi di background è del 14.6%. L efficienza nell identificazione del τ adronico è stata misurata dai dati con una incertezza pari al 7%, utilizzando eventi Z Ñ ττ. Le incertezze nella scala di energia dei tau-jet e in quella degli altri jet presenti in ogni evento influisce sull efficienza del passaggio dei criteri di selezioni elencati in sezione 4.2.6; in particolare l incertezza sulla scala di energia del tau-jet influenza le richieste in p T del candidato τ had, in ET miss e in R HT, mentre l incertezza sulla scala di energia dei jet influenza solamente le richieste in ET miss e in R HT. I valori numerici delle incertezze risultanti sono stati ottenuti variando, in base alla propria incertezza, l impulso dei tau-jet e degli altri jet presenti in ogni evento, ricostruendo l evento dopo ogni variazione e rivalutando completamente la selezione. La differenza nella efficienza di selezione viene presa come incertezza sistematica. L incertezza sulla scala di energia dei jet è stata determinata analizzando il bilancio del p T tra i fotoni e i jet di rinculo in eventi di tipo γ L incertezza sull accettanza del segnale, risultanti dalla modellizzazione della radiazione nello stato iniziale (ISR) e nello stato finale (FSR), è stata stimata utilizzando gli strumenti sviluppati dal gruppo EWK di CMS. Le incertezze sulle funzioni di distribuzione dei partoni (PDF) sono state invece stimate seguendo le istruzioni di PDF4LHC [30]. E stata assegnata un incertezza jet.

135 4.2 Analisi del decadimento W Ñ τν 125 del 2%. L incertezza sulla luminosità misurata è pari al 4%. Tutte le incertezze sistematiche considerate nella misura della sezione d urto W Ñ τν sono riassunte in tabella 4.2. Sorgente Incertezza Trigger 12% Background 14.6% Identificazione τ had 7% Scala energia tau-jet 15.1% 14.2% Scala energia jet 9.5% 10.6% ISR+FSR+PDF 2% Luminosità 4% Tabella 4.2: Incertezze sistematiche sulla misura della sezione d urto di decadimento di W Ñ τν Risultati Come già precisato, l analisi condotta consiste nell applicazione dei criteri di selezione elencati e descritti precedentemente, ai campioni che sono stati presentati in In tabella 4.3 sono mostrati gli eventi che sopravvivono ad ogni criterio di selezione; in tabella 4.4 sono mostrate invece le corrispondenti efficienze cumulative e l efficienza di ogni selezione rispetto alla precedente. Per efficienza cumulativa si intende l efficienza calcolata rispetto al numero totale di eventi processati. Istogrammi finali Di seguito vengono presentate le distribuzioni di alcune quantità di interesse ottenute dopo aver applicato i vari criteri di selezione preliminari e poi alla fine della catena di tagli. In particolare, vengono mostrate le distribuzioni delle variabili R HT e E miss T prima dei tagli finali (figure 4.7b e 4.7a) e dopo

136 126 Analisi aver applicato tutti i tagli (figure 4.9 e 4.8); infine, viene mostrata la distribuzione della massa trasversa, anche in questo caso dopo aver applicato l intera catena di selezione (figura 4.10). In queste ultime distribuzioni la forma della QCD è stata stimata dai dati. Per farlo sono stati rilasciati i tagli su R HT e sul parametro di isolamento del τ: in questo modo la distribuzione dei dati è dominata dal background di QCD. In ogni distribuzione poi la forma così ottenuta è stata riscalata per il numero di eventi stimato con il metodo ABCD (sezione 4.2.7). (a) Figura 4.7: Distribuzioni delle variabili ET miss tagli finali. (b) (a) e R HT (b) prima dei Stima della sezione d urto La sezione d urto per il decadimento W Ñ τν si ottiene dalla formula: σ ppp Ñ W Xq B pw Ñ τνq N A ɛ L (4.7) in cui N è il numero di eventi di segnale estratti con l analisi, A e ɛ sono rispettivamente l accettanza e l efficienza per gli eventi di segnale, e L è la luminosità integrata. Una stima del numero N di eventi di segnale che entra al numeratore si ottiene sottraendo al numero finale di eventi selezionati dal sample di dati reali, la stima del background elettrodebole ottenuta dai sample simulati

137 4.2 Analisi del decadimento W Ñ τν 127 Figura 4.8: Distribuzione di E miss T alla fine dei tagli. Figura 4.9: Distribuzione di R HT alla fine dei tagli. (W Ñ µν, W Ñ eν, Z Ñ ττ) e la stima del background di QCD, ottenuta con il metodo ABCD: N N dati pn EW K N QCD q (4.8) Il prodotto A ɛ si può stimare con il rapporto tra il numero di eventi di segnale rimasti dopo l intera selezione ed il numero totale di eventi di segnale processati; quindi, in altre parole, con l efficienza cumulativa finale per il

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