Il Divulgatore n 1/2009 ACTINIDIA Le avversità da controllare in campo

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1 Il Divulgatore n 1/2009 ACTINIDIA Le avversità da controllare in campo Fra le coltura frutticole l actinidia è una delle meno suscettibili agli attacchi di fitofagi e patogeni. Alcune malattie, però, come la carie e l elefantiasi, sono oggetto di specifiche ricerche riguardanti i microrganismi responsabili e in ultima analisi le migliori strategie di difesa. Paola Nipoti, Antonio Prodi, Stefano Tonti, Silvia Sandalo, Annamaria Pisi, Rino Credi Università di Bologna, Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agroambientali Patologia Vegetale Dal punto di vista sanitario l actinidia si può considerare una specie piuttosto resistente, anche se può essere interessata da diverse malattie crittogamiche e batteriche e dall attacco di fitofagi. Fra le avversità fungine le principali sono il marciume dei frutti o muffa grigia (Botrytis cinerea), il marciume del colletto (Phitophtora cactorum) e il marciume radicale (Armillaria mellea). MALATTIE FUNGINE La muffa grigia si conserva da un anno all altro ad opera del micelio sui rami infetti, sulle foglie cadute a terra e sui residui della vegetazione spontanea. Le infezioni sui frutti si evidenziano durante il periodo di conservazione, ma la loro contaminazione avviene a partire dalla fase post-fiorale fino alla raccolta. L incidenza della malattia varia di anno in anno e da frutteto a frutteto in relazione all andamento climatico e alle condizioni colturali. Le infezioni più gravi si hanno sui frutti prodotti in zone umide e su piante rigogliose. Determinanti risultano essere le misure preventive: vanno evitate le concimazioni eccessive e le potature verdi a partire dalla pre-fioritura e occorre effettuare un razionale apporto idrico. Durante la potatura asportare per quanto possibile gli organi colpiti. Il marciume del colletto colpisce le radici e il decorso della malattia può protrarsi per molti mesi. Si possono applicare interventi agronomici consistenti nella sistemazione idraulica del terreno e nell asportazione delle radici delle colture precedenti. Abbastanza efficaci i trattamenti al colletto con preparati rameici. Il marciume radicale è causa di morie a decorso veloce, che spesso interessano buona parte dell impianto. Importante è la sistemazione idraulica dell impianto. Una malattia a carico del tessuto legnoso oggetto di specifiche ricerche è la carie dell actinidia, - diffusa sul territorio italiano e riscontrata anche in altri paesi come approfonditamente riportato più avanti. Fra le forme di deperimento del legno, inoltre, è stata segnalata in questi ultimi anni anche un altra patologia, l ipertrofia del tronco, per la quale sono state svolte particolari indagini per evidenziare gli agenti fungini coinvolti (si veda sotto). FITOFAGI Fra i fitofagi che interessano la coltura si ricordano la cocciniglia bianca, l eulia e i nematodi. La cocciniglia bianca (Pseudalacaspis pentagona) colpisce soprattutto gli impianti più vecchi, nei quali è necessario spazzolare il tronco ed effettuare una potatura di pulizia eliminando i tralci posti all interno o mal posizionati. I danni consistono nella sottrazione di linfa. In caso di forti attacchi, oltre a colonizzare tronchi e rami, la cocciniglia può colonizzare anche i frutti. Il contenimento delle popolazioni deve essere effettuato mediante l eliminazione, durante la potatura, dei rami colpiti, la spazzolatura per eliminare gli scudetti, l aumento della luminosità all interno della chioma ottenuto attraverso potature verdi. Generalmente i trattamenti vengono effettuati alla ripresa vegetativa contro le forme svernanti; i prodotti più usati sono il polifosfuro di calcio e l olio bianco. Gli oli minerali estivi possono essere impiegati anche nel periodo vegetativo contro le neanidi. Alcuni antagonisti naturali, come Encarsia berlesei, ne limitano efficacemente la diffusione. L eulia (Argyrotaenia pulchellana) è un lepidottero che compie tre generazioni all anno ed è in grado di arrecare in determinate situazioni lesioni più o meno profonde ai frutti. Le larve infatti danneggiano le foglie e compiono erosioni sui frutti. Su actinidia sono pericolose le larve di seconda generazione presenti dall inizio di luglio fino a fine agosto, che possono essere controllate con preparati a base di Bacillus thuringiensis. È importante effettuare una buona bagnatura della vegetazione e ripetere il trattamento dopo 7-8 giorni. La metcalfa (Metcalfa pruinosa) sverna allo stadio di uovo,deposto nella corteccia delle piante ospiti.compie una generazione all'anno, la schiusa della uova ha inizio a metà maggio e prosegue per circa due mesi; sono soggetti all attacco rami, foglie, germogli. I danni sono per lo più indiretti, dovuti alla grande quantità di melata zuccherina prodotta e secrezioni cerose biancastre che imbrattano la vegetazione e la frutta con conseguente annerimento provocato dallo sviluppo di fumaggini e riduzione dell'attività fotosintetica. La frutta imbrattata perde in qualità.

2 I nematodi che attaccano l actinidia (Meloidogyne hapla) producono galle a carico delle radici più giovani, provocando un generale indebolimento della pianta. Occorre un attento controllo del materiale vivaistico utilizzato scartando le piante le cui radici presentano tracce di galle. BATTERIOSI Tra le batteriosi colpiscono l actinidia i seccumi rameali (Pseudomonas spp.). I batteri si conservano durante l inverno nelle gemme. Le infezioni su fiori e foglie avvengono in condizioni ambientali caratterizzate da elevata umidità (pioggia, nebbia, irrigazione) e temperatura mediamente intorno a 16 C. Una concimazione equilibrata rende la pianta meno aggredibile.è da evitare l irrigazione per aspersione e occorre asportare gli organi colpiti mediante la potatura per ridurre l inoculo svernante. Negli impianti in cui la batteriosi è stata osservata si può intervenire con prodotti a base di rame nelle fasi di caduta foglie e di ingrossamento delle gemme.

3 ELEFANTIASI, UN PROBLEMA EMERGENTE L elefantiasi o ipertrofia del tronco non interessa al momento più del 10% delle piante nelle aree di coltivazione dell actinidia, ma la malattia è stata particolarmente indagata per accertare meglio gli agenti fungini responsabili. Gli unici interventi di lotta sono attualmente di tipo preventivo, come l impiego di materiale vivaistico sano. Paola Nipoti, Antonio Prodi, Stefano Tonti, Silvia Sandalo, Annamaria Pisi, Rino Credi Università di Bologna, Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agroambientali - Patologia Vegetale Dall alto, pianta di actinidia affetta da elefantiasi e confronto fra i frutti di piante asintomatiche (a sinistra) e ammalate (a destra). In questo ultimo decennio, negli impianti di actinidia di Italia, Francia, Grecia e Nuova Zelanda, sono state segnalate alcune manifestazioni patologiche riconducibili a forme croniche di deperimento del legno. Per approfondirne le conoscenze, in Emilia Romagna nell ambito di Progetti coordinati dal Centro Ricerche Produzioni Vegetali, è stata avviata una specifica attività di ricerca. A seguito di questa, sono state distinte due malattie: carie e ipertrofia del tronco o elefantiasi. Scopo della presente nota è riassumere i peculiari aspetti sintomatologici e la complessa natura eziologica di quest ultima. I sintomi e gli effetti sulla produzione L elefantiasi è caratterizzata da un abnorme ingrossamento diametrale del tronco, distribuito più o meno uniformemente in tutta la sua lunghezza. Confrontando una pianta sana con una malata della stessa età, usualmente si riscontra una differenza di sviluppo diametrale di circa il 60%. Inoltre la corteccia si presenta molto suberificata e con tipiche spaccature longitudinali. Le piante colpite spiccano in maniera molto appariscente, distinguendosi nettamente da quelle sane. In Emilia Romagna, tale manifestazione è generalmente osservabile nella porzione basale del tronco (elefantiasi basale), nel Lazio è prevalentemente confinata alla sua parte superiore (elefantiasi apicale), mentre in Veneto si rilevano entrambe le tipologie. L ipertrofia del tronco può essere associata o preceduta da sintomi meno specifici a carico della vegetazione, quali scarsa attività vegetativa, foglie più clorotiche e di dimensioni ridotte. La produzione è quantitativamente inferiore alla media e i frutti, in molti casi, assumono forma rotondeggiante rispetto a quelli delle piante asintomatiche. Le osservazioni di campo, principalmente condotte nel Faentino, dove la coltivazione di actinidia è particolarmente diffusa, hanno consentito di raccogliere dati e informazioni riguardo agli aspetti sintomatologici, di incidenza, e diffusione della malattia. I sopralluoghi sono stati effettuati in impianti della cv. Hayward di diversa età e, in molti casi, si è proceduto alla valutazione della sintomatologia interna a livello del colletto. Questi rilievi hanno riguardato circa mille piante.di queste, il 20% mostrava un imbrunimento marcato del legno e/o tacche necrotiche ben definite, le prime cerchia annuali erano configurate regolarmente, mentre le più esterne presentavano un caratteristico andamento irregolare e sinuoso. Circa il 15%, invece, era interessato da imbrunimenti meno marcati a cui non sempre corrispondeva l irregolarità delle cerchia di accrescimento. Procedendo a sezionare trasversalmente a vari livelli i tronchi delle piante con evidente ipertrofia, risultava che l intensità dell alterazione cromatica era sempre costante. In sezione longitudinale, le aree necrotiche diminuivano diametralmente assumendo una forma conica.tale imbrunimento era rilevabile anche a livello delle radici primarie; nelle branche, invece, appariva meno evidente fino a scomparire completamente nei rami più giovani.a volte, nelle piante colpite veniva rilevata anche la presenza di carie del legno. In generale, in base ai dati finora raccolti, l incidenza media di piante con sola elefantiasi è stata stimata attorno al 10%. Gli effetti dell elefantiasi sulla produzione sono stati valutati considerando i frutti prodotti da piante sintomatiche e da piante sane. I dati raccolti hanno evidenziato differenze significative nella pezzatura, soprattutto per quanto riguarda il parametro altezza che, risultando minore, conferisce a tali frutti una forma più arrotondata. Tuttavia, la significativa perdita di produzione nelle piante ammalate sembra maggiormente indotta dal numero inferiore di frutti prodotti. Coinvolte numerose specie fungine Le prime indagini eziologiche su piante con i tipici sintomi hanno escluso la presenza di virus, citoplasmi e batteri fitopatogeni. Gli studi sono così proseguiti indirizzando le analisi di laboratorio alla ricerca dell eventuale presenza di agenti fungini. Queste sono state effettuate su porzioni di tronchi sezionati trasversalmente a vari livelli, branche di diversa età, radici e polloni. I miceti collezionati sono stati classificati sia mediante osservazione al microscopio ottico

4 delle strutture riproduttive, sia molecolarmente con la tecnica PCR (polymerase chain reaction) e successivo sequenziamento degli amplificati ottenuti. I generi fungini, associati alla malattia e maggiormente riscontrati, sono stati in ordine decrescente: Fusarium, principalmente della specie solani (21,9%), Phialophorasimili (14,1%), Cylindrocarpon (2,8%) e Phomopsis (0,4%). Oltre a questi, è risultata pure una presenza media del 6,5% di basidiomiceti. I dati ottenuti hanno anche evidenziato che i funghi del gruppo Phialophora-simili veniva no isolati in tutte le parti vegetali, ad eccezione delle radici. Il genere Fusarium non veniva riscontrato nei polloni, mentre Phomopsis spp. era occasionalmente presente solo a livello delle varie ramificazioni. Gli isolati di Phialophora-simili, analizzati molecolarmente, sono stati identificati in tre generi: Phaeoacremonium, Cadophora e Lecythophora. Nell ambito del genere Phaeoacremonium sono state classificate le specie aleophilum e mortoniae; nel genere Cadophora, le specie luteo-olivacea e melinii; in quello Lecythophora, la specie luteoviridis. I ceppi di F. solani sono stati caratterizzati sotto l aspetto filogenetico per stabilire la loro eventuale appartenenza a forme speciali. L allineamento delle sequenze ha evidenziato un ampia variabilità fra i ceppi; tuttavia il 21% degli isolati non rientrava in nessuna forma specialis di riferimento.analisi biochimiche sono state inoltre effettuate mediante tecniche chimico-fisiche, quali la gascromatografia associata alla spettrometria di massa (GC-MS), per evidenziare la presenza di sostanze ormoniche stimolanti la crescita come l acido indolacetico (IAA). Queste sono state condotte su 14 isolati di F. solani diversi sotto l aspetto morfo-biologico. I risultati hanno confermato una loro variabilità pure nella produzione di tale ormone. Recentemente sono state effettuate analisi micologiche anche su materiale di propagazione. Molti degli astoni (85%) risultavano esenti dai miceti implicati nell elefantiasi, mentre il 15% evidenziava la stessa micoflora associabile a piante adulte con le manifestazioni della malattia. Dal punto di vista quali-quantitativo, il gruppo dei funghi Phialophora-simili è stato riscontrato con la stessa incidenza (1%) negli astoni e nelle piante adulte, mentre la presenza di F. solani è risultata differente: 7% e 22%, rispettivamente. Negli astoni tali miceti non sono mai stati isolati assieme, mentre negli impianti produttivi erano Sez ioni trasversali di un tronco ipertrofico con evidente imbrunimento e irregolarità delle cerchia annuali di accrescimento. frequentemente associati nella stessa pianta ammalata. Infine, Cylindrocarpon é stato isolato in entrambe le tipologie di materiale con valori inferiori al 10%. Alcuni funghi appartenenti al genere Phaeoacremonium, gruppo Phialophora-simili, sono segnalati quali agenti debilitanti in piante di vite con mal dell esca e in piante di actinidia con carie. Su queste basi, si è ipotizzato l insediamento di questi funghi nelle fasi iniziali di sviluppo delle piante, riducendone la vigoria e facilitando così la successiva infezione da parte di altri miceti, quali Fusarium e Cylindrocarpon. La loro penetrazione potrebbe avvenire attraverso ferite prodotte da tagli di potatura o altre soluzioni di continuità presenti nelle piante, sia sulla parte aerea che radicale. Su tale ipotesi sono state allestite specifiche prove di patogenicità su piante di 1-2 anni allevate in vaso. Dopo 3 mesi dall inoculazione artificiale sono stati prelevati frammenti di tessuto dalla zona d inoculo e a circa 3 cm sopra e sotto questa. Le analisi di laboratorio hanno consentito di accertare la vitalità dei funghi inoculati. Alcune piante, suddivise in diverse tesi, sono state poi trasferite in pieno campo per verificare, nel corso degli anni, l eventuale espressione dell ipertrofia del tronco. La lotta è preventiva L elefantiasi dell actinidia si configura come una fitopatia ad eziologia complessa e, seppure presente nelle aree di coltivazione con valori medi di incidenza generalmente inferiori al 10%, c è stato un forte interessamento al fine di approfondirne gli aspetti che la caratterizzano. Le ricerche condotte hanno riguardato in maniera particolare i funghi maggiormente isolati da piante adulte. La loro presenza è stata stabilita anche in giovani astoni, facendo supporre un possibile ruolo epidemiologico dei materiali di propagazione. La reale eziologia del fenomeno fitopatologico resta comunque ancora da accertare. Riguardo a ciò, si ritiene che l ipertrofia del tronco possa essere messa in relazione alla capacità di alcuni isolati di F. solani di produrre ormoni promotori della crescita, come IAA. Infatti, in letteraura è noto che alte concentrazioni di IAA possono indurre manifestazioni simili a quelle associate all infezione di alcuni funghi fitopatogeni, fra queste la formazione di tumori e anomalie a danno di organi della pianta. Precise strategie di intervento per contrastare la malattia non sono ancora proponibili, per cui al momento è consigliabile solamente l adozione di misure di lotta di tipo preventivo; fra queste rientrano sicuramente l utilizzo di materiali di moltiplicazione sani e una corretta conduzione agronomica degli impianti.

5 LA CARIE CONTINUA A COLPIRE La malattia è molto diffusa e la stima della sua presenza è resa difficoltosa dal possibile mascheramento dei sintomi. Il danno sulla produzione è rappresentato non solo dalla minor quantità di frutti commercializzabili, ma anche dall alterata maturazione di quelli destinati alla conservazione. Fabio Osti, Stefano Di Marco Istituto di Biometeorologia - CNR, Bologna La carie dell actinidia è una malattia cronica ad eziologia complessa che provoca deperimento del legno. Le prime segnalazioni sono scaturite nella seconda metà degli anni Novanta, da impianti emiliano-romagnoli dove la distribuzione si è rivelata subito importante. Tali osservazioni sono state motivo di immediata preoccupazione nei confronti della malattia, tanto da renderla oggetto di progetti di ricerca promossi dal Crpv e finanziati dalla Regione Emilia-Romagna. Grazie all attività di ricerca, è stato possibile evidenziare un processo patogenetico complesso che in tutti i casi vede un alterazione del legno attraverso la partecipazione di funghi vascolari, quali Phaeoacremonium aleophilum, Phaeoacremonium parasiticum e Cadophora malorum e del basidiomicete Fomitiporia mediterranea. La molteplicità dei microrganismi fungini coinvolti si riflette anche in una varietà di alterazioni del legno, dalla carie bianca, di norma diffusa e prevalente, alle necrosi brune e dure, che possono essere presenti anche su piante giovani. Attualmente gli sforzi della ricerca sono volti a meglio definire il ruolo e l importanza dei microrganismi coinvolti, al pari di alcuni aspetti dell epidemiologia. Lo scopo scopo ultimo è quello di giungere allo sviluppo di una strategia di contenimento della malattia e dei suoi effetti, che possa rivelarsi efficace nella salvaguardia sia della qualità e quantità della produzione, sia della sanità e longevità degli impianti. Come si espande la malattia L esordio stagionale nell impianto dei sintomi di carie dell actinidia è di norma regolare e può essere posizionato a inizio estate, circa 30 giorni dopo la piena fioritura. La manifestazione è piuttosto aspecifica ed era stata inizialmente confusa con alterazioni della nutrizione (carenza di potassio): su alcune foglie compaiono piccole decolorazioni clorotiche sparse per la lamina fogliare; successivamente la decolorazione necrotizza formando un areola poligonale dal contorno definito. Nel corso della stagione le areole possono fondersi tra loro e interessare l intera foglia, che si accartoccia, dissecca e cade prematuramente. Nei casi più gravi i tralci colpiti si defogliano completamente e possono subire fenomeni di disseccamento. Durante la stagione vegetativa la manifestazione sintomatologica si espande in campo, interessando sempre più piante nell impianto e sempre più tralci nell ambito di una stessa pianta sintomatica (fig. 1). Generalmente i frutti mostrano mostrano una pezzatura inferiore alla norma pur essendo privi di sintomi esterni e spesso commercializzabili, dunque sottoposti al regolare processo di conservazione. I frutti provenienti da piante sintomatiche sono tuttavia soggetti a uno sviluppo anomalo e presentano un processo di maturazione differenziato rispetto a quanto avviene per i frutti da piante non sintomatiche, con possibili alterazioni di caratteristiche legate alla qualità del prodotto finale (tab. 1). Tab. 1 EVOLUZIONE BIOCHIMICA DEI FRUTTI DI PIANTE SANE Provenienza dei frutti Valori alla raccolta Valori dopo la frigoconservazione Acidità totale Pianta apparentemente sana 1,64 0,71 Pianta con sintomi di carie 1,49 1,09 Zuccheri riducenti (%) Pianta apparentemente sana 2,8 7,70 Pianta con sintomi di carie 3,1 3,93 Tale danno non manifesto si aggiunge alla perdita di produzione derivante dai frutti che non raggiungono una pezzatura commercialmente accettabile. L esistenza di un ampio periodo stagionale in cui la condizione dell impianto peggiora a causa della malattia, porta a una riflessione più generale sulla gravità del problema, soprattutto in termini di uniformità della produzione proveniente da piante con tralci colpiti a diversi livelli di gravità.

6 Alterazioni a carico del legno I sintomi che la pianta manifesta esteriormente sono il risultato di processi promossi dai microrganismi fungini responsabili della carie. Tali processi hanno origine nel legno, zona di elezione dell infezione, e si protraggono nel tempo senza che la pianta palesi alcuna sintomatologia. L alterazione più evidente all interno del cordone permanente o del tronco della pianta è la carie bianca (da cui il nome attribuito alla malattia), dovuta a F. mediterranea, in cui il legno deteriorato si presenta di colore chiaro e di consistenza spugnosa. Sezioni longitudinali del tronco o del cordone permanente hanno permesso di evidenziare che il processo di alterazione del legno prende generalmente avvio dai tagli di potatura e si espande in senso basipeto con un fronte spesso cuneiforme di avanzamento continuo. Il completo deterioramento dei vasi conseguente alla carie è tale da compromettere la corretta funzionalità degli organi attaccati. L area cariata appare spesso separata dal tessuto sano da una sottile zona di confine bruno-nerastra, verosimilmente dovuta alla reazione della pianta nei confronti dell infezione. Strie longitudinali visibili in sezione trasversale sotto forma di punteggiature più o meno estese sono dovute all azione dei funghi vascolari, che, nonostante la limitata area colonizzata, possono rivestire un ruolo molto importante, al pari di quanto accade nel mal dell esca della vite, per molteplici aspetti assai simile alla carie dell actinidia. Il pericolo dei sintomi mascherati Le segnalazioni di carie di actinidia in Italia e all estero si susseguono con preoccupante frequenza. In Italia, in particolare, sono recenti il caso particolarmente grave del Veneto e segnalazioni che giungono dalla Basilicata. Un indagine realizzata nel 2003 in un centinaio di impianti romagnoli con un età variabile dagli 8 ai 24 anni ha mostrato che la malattia era presente pressoché in tutti gli impianti monitorati, con valori di incidenza piuttosto variabili. In Emilia Romagna la carie si rende visibile in impianti di oltre 9-10 anni e presenta decorso cronico poliennale, caratterizzato da manifestazione erratica del sintomo sulla singola pianta, nell ambito di un progressivo e costante aggravamento delle condizioni dell impianto. Il monitoraggio avviato nel 2003 è proseguito per un quinquennio su una dozzina di impianti di circa 10 anni, evidenziando una crescente diffusione negli anni della malattia nell impianto. La carie è inoltre parsa caratterizzata dal fenomeno di mascheramento dei sintomi, per cui piante attaccate in un dato anno possono non manifestare alcun sintomo nell anno successivo, pur rimanendo, ovviamente, malate. La malattia si rivela così assimilabile al mal dell esca della vite, con cui la carie dell actinidia condivide, peraltro, anche buona parte degli agenti eziologici. Il fenomeno del mascheramento risulta molto pericoloso per la stima della presenza della malattia in campo. Infatti ad ogni rilievo ciascuna pianta mascherante apparirà completamente non sintomatica e, pur essendo malata, non sarà considerata tale, inducendo una sottostima della reale presenza e pericolosità della malattia. Solamente la registrazione puntuale dello stato patologico di ciascun individuo e la conservazione di tale informazione negli anni, ad esempio attraverso bandellature o annotazioni in mappe di campo, può permettere di giungere alla miglior stima delle condizioni dell impianto, attraverso il calcolo della percentuale di piante malate, indipendentemente dal loro stato sintomatologico. Per il contenimento mastici e capitozzature Un efficace lotta contro questa malattia è al momento di difficile attuazione a causa della complessità eziologica, della permanenza dei patogeni all interno del tessuto legnoso della pianta e, infine, dell andamento cronico e della erraticità del sintomo fogliare. La possibilità di giungere a strategie di lotta veramente efficaci dipende strettamente dal progredire delle conoscenze sugli aspetti eziologici ed epidemiologici fondamentali della malattia. Le ferite di potatura rappresentano una fondamentale via di penetrazione, particolarmente nei centri vegetativi dei cordoni permanenti, caratterizzati da numerose e ravvicinate superfici di taglio. La protezione di tali superfici con mastici risulterebbe perciò fondamentale, pur se resa difficoltosa da pratiche agronomiche che prevedono operazioni di potatura protratte lungo l intera stagione fredda ed ulteriormente ripetute in piena stagione vegetativa. La pratica della capitozzatura del tronco di soggetti infetti e la successiva ricostruzione della pianta a partire da getti dell anno sembra, al momento, fornire risultati interessanti, anche se l attuazione di tale pratica andrebbe valutata di volta in volta in funzione dello stato generale dell impianto su cui effettuare la capitozzatura, della possibilità di gestire l impianto dopo l operazione, della sostenibilità economica dell operazione, ecc. In alcuni casi, infatti, la capitozzatura dell intero imfunghi pianto può essere consigliata, al fine di avere un risultato più facilmente gestibile, in termini di fertirrigazione e altri interventi agronomici, con piante paragonabili per età. Ulteriori ricerche sono volte alla verifica dei seguenti aspetti: l applicazione di prodotti biologici per la protezione di ferite fresche di potatura, il ruolo di alcuni nutrienti, ferro in particolare, sulla malattia e sullo sviluppo dei deterioramenti del legno, l eventuale effetto di alcuni parametri del suolo sulla manifestazione della malattia e infine la comprensione degli effetti della malattia sulla produzione. Fine ultimo di tali sforzi sarà quello di conseguire il contenimento della manifestazione della malattia e il danno alla produzione, fornendo utili strumenti decisionali per la gestione dell impianto in presenza della malattia. In conclusione, i risultati ottenuti in questi anni nello studio della carie dell actinidia hanno delineato un quadro di preoccupante espansione della malattia. Indicazioni importanti sono scaturite circa un effetto della malattia sulla qualità e sulla omogeneità della produzione, così come su aspetti epidemiolgici e ambientali. Queste ultime indicazioni sono meritevoli di ulteriori approfondimenti finalizzati a una più attenta gestione del frutteto dall impianto alla commercializzazione del frutto, al fine di migliorare le condizioni dell impianto e di garantire la qualità della produzione anche in presenza di carie dell actinidia.

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