La comunicazione interna ed esterna nel Modello 231

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1 La comunicazione interna ed esterna nel Modello 231 di Dario Soria (*) e Marcello Soria (**) L attività di comunicazione interna ed esterna rappresenta per i modelli organizzativi la cartina al tornasole per valutare la credibilità e la sponsorizzazione del modello da parte del vertice aziendale e la condivisione dei suoi contenuti all interno dell azienda. Un processo di comunicazione ben pianificato ed efficace nei contenuti e negli strumenti costituisce un valido strumento motivazionale per il personale e per i collaboratori. I modelli organizzativi ex D.Lgs. 231/2011 rappresentano nel nostro Paese una forma di tutela tra le più avanzate attualmente esistenti nel panorama legislativo europeo e probabilmente mondiale. I requisiti di chiarezza, funzionalità eforte afflittività della pena sin nella fase cautelare del procedimento, pongono lo strumento di autoregolamentazione tra i più adatti a tramutare in pratica comportamentale i principi della colpa d impresa e della connessa responsabilità. Certo, affinché sia possibile introiettare in un organizzazione i contenuti di ordine e rispetto delle regole connaturati alla dimensione etica di impresa è necessario un elevato livello di condivisione interna dei principi alla base del modello e dei conseguenti principi di comportamento. Un aspetto di grande valore e rilevanza in tale processo di condivisione riveste indubbiamente, il processo di comunicazione interna ed esterna dei contenuti del modello, aspetto che poi, in un eventuale sede processuale, può influenzare in maniera rilevante il giudizio sull idoneità dello stesso Modello a prevenire i reati presupposto, nonché quello relativo all efficace attuazione dello stesso nell Ente. La comunicazione aziendale La comunicazione, in un azienda, è un attività dalla quale la stessa non può prescindere, echepuòmutare in relazione alle fasi della vita aziendale. Destinatari della comunicazione sono i vari stakeholders dalla stessa, i quali possono essere soggetti passivi, che ricevono il messaggio senza avere la possibilità di interloquire e, quindi, influenzare la formazione del messaggio stesso, o soggetti attivi che, in questo caso, una volta ricevuto il messaggio possono interloquire con il mittente e dare a quest ultimo la possibilità di modificarne il contenuto, con una conseguente maggiore probabilità di efficacia della comunicazione. La comunicazione aziendale è stata definita, da alcuni autori, come il processo attivato allo scopo di modificare gli atteggiamenti di insiemi di soggetti nei confronti dell azienda (1), individuando, in tale processo, essenzialmente due fini: conferire maggiore razionalità ai processi decisionali; promuovere un cambiamento tout court nei comportamenti dei destinatari del messaggio (2). Partendo da tale definizione, si esamineranno le possibili applicazioni e le possibili forme di comunicazione compatibili con i flussi di informazioni, messaggi e dati, nell ambito (*) Amministratore delegato Assocostieri Servizi, Avvocato, Dottore commercialista (**) Assocostieri Servizi, Auditor ambientale interno (1) G. Airoldi, Le comunicazioni aziendali per il cambiamento strategico e organizzativo delle banche, in AA.VV., La comunicazione nelle banche, Il Sole 24 Ore, Milano, 1987 (2) Gina Rossi, La comunicazione Aziendale, Franco Angeli, /

2 della gestione del Modello Organizzativo 231, e la possibilità chelestessepossanoessere ritenute, quindi, idonee alla razionalizzazione dei processi decisionali o atte a determinare un cambiamento nel comportamento dei destinatari. Requisiti per la comunicazione nel Modello Data la definizione di comunicazione del precedente paragrafo, è possibile intuire come nel Modello 231 la comunicazione possa essere uno strumento per cambiare i comportamenti e gli atteggiamenti nei soggetti destinatari in analogia a quanto sopra esaminato, ma anche rivestire una funzione di riporto delle informazioni, allo scopo di consentire un adeguato controllo sui processi a rischio ed il tempestivo intervento nei casi di rilevazione di criticità, nonchél obiettivo di dimostrare, in una eventuale sede giudiziaria, l effettiva attuazione del modello nell organizzazione aziendale. Il D.Lgs. 231/2001, nella sua sinteticità, non fornisce indicazioni dettagliate sulle modalità di comunicazione nelle aziende che intendono adottare un Modello di Organizzazione idoneo a prevenire i reati. L unico riferimento in materia è, contenuto all art. 5, comma 2 lettera d) del Decreto che prevede: «obblighi di informazione nei confronti dell organismo deputato a vigilare sul funzionamento e l osservanza dei modelli». Il decreto prevede, ai fini dell efficacia esimente del Modello, l obbligo di trasmettere all OdV flussi di informazioni, relative ai processi sensibili individuati, prodotti dalle varie aree aziendali, con lo scopo di tenerlo informato sulla effettiva idoneità del Modello nella prevenzione dei reati e dargli la possibilità di intervenire in caso di criticità/opportunità di miglioramento. Secondo le linee-guida di Confindustria la comunicazione riveste un ruolo importante ai fini del buon funzionamento del modello; in particolare secondo Confindustria la comunicazione deve «riguardare il codice etico, ma anche i poteri autorizzativi, le linee di dipendenza gerarchica, le procedure, i flussi di informazioneetuttoquantocontribuiscaadaretrasparenza nell operare quotidiano.» Inoltre, la comunicazione deve essere: capillare efficace, autorevole, chiara e dettagliata, periodicamente ripetuta. Per quanto riguarda le indicazioni della giurisprudenza, questa si è espressa evidenziando come la comunicazione, con particolare riferimento ai flussi informativi obbligatori nei confronti dell OdV, sia un elemento imprescindibile, la cui eventuale carenza nel modello organizzativo è tale da comprometterne l idoneità a prevenire i reati presupposto (3). Le regole interne per l implementazioneditalicomunicazioni,datalaloroobbligatorietà, ai fini di un giudizio positivo da parte degli organi inquirenti, dovrebbero prevedere, altresì, esplicite sanzioni per il mancato rispetto degli obblighi di comunicazione nei confronti dell Organismo di Vigilanza (4). Pianificazione della comunicazione Nelle fasi iniziali di adozione di un modello 231, l obiettivo principale è quello di progettare una struttura non troppo invasiva nei confronti dell organizzazione, che accompagni eventuali cambiamenti senza andare a sconvolgerne il funzionamento. Questo per minimizzare eventuali resistenze al cambiamento, presenti già nei soggetti apicali, che potrebbero inficiare gli sforzi effettuati. Il top management può e deve, al livello di politica aziendale, dettare le linee guida ed i principi per la migliore diffusione del modello, nonché il rispetto dello stesso, con particolare riferimento alle aree a rischio-reato ai sensi del D.Lgs. 231, da parte dell azienda, ma anche da parte di terzi soggetti che operano con la stessa. Nel dettaglio, le attività di pianificazione dell alta direzione potrebbero consistere: nell individuazione dei destinatari della comunicazione e dei contenuti delle varie comunicazioni. Ad esempio, i componenti degli organi sociali, tutti i dipendenti, clienti, fornitori e partner possono essere destinatari di un informativa generale sull adozione del modello; i soggetti coinvolti delle aree a ri- (3) Cfr. Ordinanza del Tribunale di Milano, 20 settembre (4) Cfr. Ordinanza del Tribunale di Napoli, 26 giugno /2012

3 schio, in particolare, saranno destinatari di comunicazioni specifiche e mirate; nell indicazione delle modalità di divulgazione del modello organizzativo, a seconda dei destinatari della specifica comunicazione. Ad esempio, per la comunicazione verso i dipendenti può essere prevista una riunione informativa, l affissione in bacheca del modello, la previsione di una sezione dedicata nella rete intranet aziendale; nella previsione ed individuazione dei flussi informativi destinati all OdV; nella previsione ed individuazione dei flussi informativi dall OdV verso il vertice aziendale; nell individuazione dei canali di comunicazione, prevedendo ad esempio la forma scritta per le comunicazioni riguardanti i processi sensibili. Le azioni sopra elencate dovrebbero essere ben definite ed il loro processo di adozione ed attuazione registrato, tracciato e ricostruibile a posteriori, in modo da poter dimostrare che il management ha pianificato ed attuato ogni misura affinché il sistema di gestione delle comunicazioni e delle informazioni non comprometta l idoneità del modello organizzativo adottato ad sia volto ad evitare la commissione di reati. Le azioni di cui ai primi due punti possono essere assimilate ad interventi di comunicazione che abbiano l obiettivo di divulgare ai destinatari i principi del modello e diffondere, all interno dell organizzazione, una cultura di eticità e di controllo, ai fini della creazione di un idoneo ambiente di controllo (5). Le restanti azioni, invece, contribuiscono ad attuare il principio di tracciabilità (6) dei flussi informativi, essenziale per poter consentire all Organismo di Vigilanza ed agli altri organi di controllo sull organizzazione, ancheadistanzaditempo,laricostruzione di un processo e la verifica della gestione dello stesso in conformità ai principi ed alle procedure adottate dall organizzazione con particolare riferimento ad eventuali verifiche a posteriori in occasione di eventuali violazioni del Modello; la corretta applicazione di questo principio rende più agevole risalire alle cause che ne hanno determinato l evento. Comunicazione e coinvolgimento Con riferimento agli obiettivi di cambiamento dei comportamenti nella direzione della conformità e condivisione dei principi del D.Lgs. 231/2001, possono essere comprese, in questo ambito, tutte le attività volte alla diffusione, a livello generale nei confronti di tutti i de- Nelle fasi iniziali di adozione di un modello 231, stinatari ed a livello particolare l obiettivo principale nelle diverse aree a rischio, del è quello di progettare modello da parte dell organizzazione e dei conseguenti obblighi una struttura non troppo invasiva nei confronti e vincoli discendenti per i singoli dell organizzazione. destinatari. Tali azioni, adottate nella fase di implementazione iniziale del Modello organizzativo nell organizzazione, possono comprendere, a titolo esemplificativo: comunicazione formale del modello ai soggetti apicali da parte dell Organismo di Vigilanza, con sottoscrizione, da parte degli stessi, di una dichiarazione di adesione ai principi del modello; affissione in bacheca di comunicazioni ed estratti del Modello, distribuzione del Codice Etico ai dipendenti e relativa pubblicazione sul sito internet dell azienda, pianificazione di riunioni informative ed azioni formative mirate sui temi inerenti l applicazione del D.Lgs. 231 all organizzazione ed alle aree aziendali a rischio; comunicazioni formali a fornitori, clienti, collaboratori e partner, in merito all adozione del modello, con richiesta di sottoscrizione dei principi dello stesso ai soggetti aventi rapporti con la società nell ambito dei processi a rischio. Uno degli obiettivi della comunicazione può (5) L ambiente di controllo è definito come «l insieme di valori, idee, motivazioni, convinzioni e comportamenti il cui riconoscimento e la cui condivisione da parte dell organizzazione ne orienta in misura significativa il modo di operare, con particolare riferimento all attività di controllo» (COSO Report). (6) Secondo quanto dettano le Linee Guida di Confindustria per la costruzione dei modelli di organizzazione, gestione e controllo ex D.Lgs. 231/2001, «per ogni operazione vi deve essere un adeguato supporto documentale su cui si possa procedere in ogni momento all effettuazione di controlli che attestino le caratteristiche e le motivazioni dell operazione ed individuino chi ha autorizzato, effettuato, registrato, verificato l operazione stessa». 8/

4 essere quello di coinvolgere i dipendenti nel processo di implementazione del Modello organizzativo. Affinché essi siano coinvolti, è necessario che, oltre ad essere ben informati e trovare interessanti gli argomenti trattati, siano partecipi in maniera attiva ed entusiastica. Il coinvolgimento dei dipendenti può far meglio attecchire, nell ambiente di lavoro, uno spirito di entusiasmo verso le attività di miglioramento dei processi. Per creare tali condizioni, bisogna evitare di creare ambienti ostili al cambiamento ed alle iniziative da parte dei dipendenti. In primo luogo, ogni persona dovrebbe essereinteressataesaperriconoscereselasituazione corrente non è idonea alla corretta applicazione delle procedure aziendali, ed avere una visione della possibilità di cambiamento della situazione apportandone un miglioramento. A questo punto, coerentemente con i vari livelli di responsabilità e con le competenze, ognuno dovrebbe essere sufficientemente responsabilizzato e motivato a pianificare ed attuare iniziative per migliorare la situazione. Infine, attuate le azioni di miglioramento, sarà necessario riesaminarle ed individuare i vantaggi che queste hanno eventualmente apportato all organizzazione. Un riconoscimento nei confronti delle persone che hanno reso possibile il miglioramento è fondamentale per ottenere un loro maggiore coinvolgimento e stimolarle ad ulteriori proposte di miglioramento. Nel caso l azione non abbia ottenuto l effetto desiderato, se l ambiente non si dimostra ostile, è possibile ripartire e procedere con un tentativo più appropriato tenendo conto degli errori commessi precedentemente e delle cause che possono averli provocati. Quanto sinteticamente esposto contribuisce al coinvolgimento e quindi alla partecipazione attiva dei dipendenti al miglioramento dell organizzazione; in ogni caso è necessario che ognuno lo faccia ad un livello appropriato, che può essere definito «quello al quale il dipendente può fornire utili conoscenze e competenze e può contribuire al conseguimento della visione» (7). La comunicazione contribuisce in maniera significativa a rendere efficienti i controlli interni. Gestione delle comunicazioni e OdV Come già accennato, la comunicazione contribuisce in maniera significativa a rendere efficienti i controlli interni. In questo caso ci si riferisce al flusso di informazioni inviate dalle varie aree aziendali e dirette alle funzioni di controllo. Nella gestione di tali informazioni, nell ambito del Modello 231, riveste un ruolo centrale l Organismo di Vigilanza, destinatario, come specificato dal Decreto, di comunicazioni obbligatorie da parte delle funzioni aziendale coinvolte nei «processi sensibili». La gestione di tali comunicazioni è assicurata dall organizzazione attraverso regole generali, procedure e specifiche istruzioni atte adisciplinaretantoiflussiinformativiprovenienti dagli uffici e dalle unità operative e diretti all OdV, quanto quelli prodotti dall OdVedirettiagliorganidiamministrazione e controllo. È opportuno, altresì, chela comunicazione da e verso l OdV sia specificata anche nel regolamento sul funzionamento dello stesso. In ottemperanza al principio di tracciabilità è opportuno che tali comunicazioni siano scritte ed accuratamente conservate dallo stesso OdV. A tal proposito, l organo dirigente potrebbe predisporre un opportuno canale per consentire il flusso delle informazioni (ad esempio, prevedere un indirizzo destinato all OdV). Flussi informativi nei confronti dell OdV Obiettivo delle comunicazioni verso OdV è quello di informarlo in ordine a fatti che potrebbero comportare una responsabilità della società ai sensi del D.Lgs. 231 ed agevolare l attività di vigilanza sull efficacia del modello (8). Tali flussi informativi possono riguardare reportperiodicirelativiaiprocessiarischiodi commissione dei reati. I report, provenienti (7) Jim Hopwood, Il coinvolgimento del personale nella gestione ambientale, Milano, UNI, 2002 (8) Malavasi M., La regolamentazione dei flussi informativi nel Modello Organizzativo ex D.lgs. 231/2001, /2012

5 dalle varie funzioni aziendali, dovrebbero essere strutturati in modo tale da consentire un costante controllo dei processi; in particolare dovrebbero contenere tutte le informazioni necessarie che consentano di «intercettare» eventuali anomalie del processo. In linea generale, per ogni processo regolato da un protocollo o da una procedura che ne regoli lo svolgimento al fine di prevenire eventuali reati, dovrebbe esserci la previsione di una reportistica obbligatoria che dia evidenza dell avvenuto controllo. Con riferimento alle principali aree aziendali, a titolo esemplificativo, possono essere prodotti i flussi informativi raffigurati in Tavola 1. Nel caso alcune aree a rischio siano gestite da personale esterno all organizzazione (consulenti, collaboratori esterni, ecc.), può essere opportuno prevedere anche per questi ultimi l obbligo di informazione nei confronti del OdV sull esito del loro operato. Nell espletamento delle sue funzioni, l OdV dovrebbe effettuare anche un controllo sull operato degli organi sociali, per i quali è opportuno prevedere flussi informativi nei confronti di quest ultimo (esito dei controlli da parte del Collegio Sindacale e/o del Revisore/Società di Revisione, delibere del CdA e dell Assemblea dei soci che portino a modifiche sostanziali nell organizzazione aziendale). Oltre all invio di report periodici, deve essere previsto l obbligo di informazione da parte di chiunque (compresi gli organi di controllo quali il Collegio Sindacale o il Revisore Contabile), appartenente ad una delle categorie disoggettisopraelencati,vengaaconoscenza: di fatti o notizie relativi ad eventi che potrebbero, anche solo potenzialmente, determinare la responsabilità della società, aisensi del D.Lgs. 231/2001; di procedimenti o anche contestazioni a carico di soggetti dell impresa o ad essa collegati, in relazione alla commissione di reati previsti dal D.Lgs. 231/2001; di violazioni delle prescrizioni del modello o comportamenti che possano essere in contrasto con i principi del codice etico; di fatti rilevanti in relazione all assetto societario. Flussi informativi dall OdV verso gli organi di amministrazione e controllo Essendo un organismo indipendente, ma sempre appartenente all ente, l OdV dovrebbe trovarsi nella posizione gerarchica più al- Tavola 1 - Esempi di flussi informativi nei confronti dell OdV 8/

6 ta possibile e riportare al CdA (9) in merito al suo operato. In particolare, l OdV dovrebbe informare il CdA periodicamente: 1) in merito all attività di vigilanza svolta su: efficacia del modello nella sua funzione di presidio dal rischio di commissione di reati; effettiva attuazione del modello, tramite l esame della reportistica, delle eventuali segnalazioni e verifiche effettuate in situ; 2) sulle eventuali criticità emerse durante l attività di vigilanza e proposte per modifiche del modello organizzativo; 3) sulle attività di verifica e controllo pianificate per il periodo successivo (ferma restando la possibilità per l OdV di effettuare verifiche a sorpresa). In ogni caso dovrebbe essere previsto l obbligo, per l OdV, di informare tempestivamente il CdA qualora durante la sua attività emergano violazioni del codice etico o del modello organizzativo che comportino la necessità di provvedere all erogazione di provvedimenti disciplinari, o comunque problemi di entità significativa inerenti l applicazione del modello all organizzazione, dai quali possa emergere l esigenza di procedere a variazioni/aggiornamenti del Modello organizzativo. La comunicazione esterna 28 La commissione dei reati presupposto della responsabilità dell ente da parte di soggetti esterni allo stesso non è un ipotesi remota. Con particolare riferimento ai reati di omicidio colposo e lesioni colpose, le vicende giurisprudenziali, tra l altro, hanno considerato, quali fattori di efficienza del modello organizzativo della società committente, la previsione di «cautele e regole per evitare che dipendenti di terzi possano subire lesioni o perdere la vita per infrazioni commesse dai loro datori di lavoro» e di specifiche procedure «per assicurare il passaggio di informazioni sui rischi... nelle relazioni commerciali con altre società che potrebbero essere chiamate, anche per il tramite di altri affidatari, ad operare servizi di qualunque genere nell interesse della medesima società», considerando il fatto che «il controllo dei rischi... deve essere esteso anche all osservanza delle medesime regole da parte dei soggetti che entrano, direttamente o indirettamente, in contatto» con sostanze, macchinari o impianti della società appaltante (10). Il modello organizzativo, pertanto, deve prevedere idonei strumenti per il controllo e prevenzione in tali aree. A tal proposito, è opportuno che l adozione del modello da parte dell ente sia comunicata, oltre che a dipendenti, anche a chi, esterno all ente, opera nel suo interesse, e che sia imposto, a tali soggetti, quantomeno nelle attività svolte nell ambito dei processi a rischio, il rispetto delle stesse regole di condotta a cui devono attenersiidipendentidell ente. Al momento dell adozione del modello, è buona regola prevedere l invio di una comunicazione formale a fornitori, consulenti, ed in generale soggetti che intrattengono relazioni contrattuali con la società, informandoli dell avvenuta adozione del modello e richiedendo la sottoscrizione di clausole contrattuali che prevedano l adesione, con riferimento all attività oggetto del contratto, ai principi del codice etico e del modello organizzativo, pena la risoluzione del rapporto contrattuale. In ogni caso, è bene prevedere uno specifico canale di comunicazione per la gestione in talsensodeirapporticonisoggettiesterni, in modo da consentire una proceduralizzazione di tali flussi di informazioni e comunicazioni e rendere ricostruibile il processo, sia da parte dell OdV nel corso delle sue verifiche, che da parte di organi inquirenti nel caso di giudizio. Al fine di rendere nota al pubblico l adozione del modello è, inoltre, possibile prevedere la pubblicazione, sul sito web aziendale, di estratti del codice etico e del modello organizzativo. Conclusioni La gestione delle informazioni, è opportuno sia pianificata ed attuata secondo un preciso disegno da parte dell organizzazione, che non voglia correre il rischio di rendere vane (9) Cfr. Linee Guida di Confindustria per la costruzione dei modelli di organizzazione, gestione e controllo ex D.Lgs. 231/2001. (10) Tribunale di Trani, sezione di Molfetta, sentenza 26 ottobre /2012

7 le risorse impiegate nell adozione di un modello organizzativo. In primo luogo, è fondamentale la sensibilizzazione dei dipendenti verso i valori ed i temi dell eticità della gestione degli affari, al fine di incentivarli ad assumere comportamenti corretti ed a segnalare situazioni che violino i codici di condotta adottati dall azienda. Questo può essere ottenuto con delle campagne di formazione/informazione. È sicuramente responsabilità del top management, inoltre, dimostrare che l adozione del Modello 231 non costituisca una semplice operazione «di facciata», ma sia determinata da una convinzione e da una fede nei valori trasmessi ai dipendenti e gli altri soggetti collegati all organizzazione. Per questo motivo, è opportuno che venga dato, a tutti i destinatari, l esempio, investendo anche tempo e risorse aggiuntive per dare evidenza che tali principi sono applicati nell operato quotidiano. In secondo luogo, l efficienza nella gestione delle informazioni e delle comunicazioni, in ottemperanza anche a quanto stabilito dalle leggi (es. sulla sicurezza sul lavoro), deve essere mantenuta costantemente ad un livello elevato, attraverso un costante monitoraggio e riesame delle procedure adottate, sia da parte dell OdV, organismo posto a presidio del modello, che da parte di tutta l organizzazione. Come è possibile intuire, infatti, l efficacia di un modello organizzativo, può essere legata al filo di un informazione adeguata. L esempio del management e l adozione di comportamenti da parte del medesimo che sposino principi e regole del modello rappresentalacartinaditornasolepercomunicare credibilità al medesimo e contribuire a creare un clima aziendale di fiducia e motivazione destinato ad aumentare produttività emotivazione delle risorse aziendali. 8/

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