LA CULTURA DELL INNOVAZIONE: VALORI, COMPORTAMENTI E TERRITORI INNOGENETICI. Riccardo Viale (Fondazione Rosselli, Torino e SSPA, Roma)

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1 LA CULTURA DELL INNOVAZIONE: VALORI, COMPORTAMENTI E TERRITORI INNOGENETICI di Riccardo Viale (Fondazione Rosselli, Torino e SSPA, Roma) Considerata da un punto di vista storico, l innovazione rappresenta sicuramente uno dei fattori fondamentali nello sviluppo delle società e delle economie avanzate. Numerosi studi hanno evidenziato come la supremazia economica e tecnologica che le nazioni occidentali sono venute consolidando nei confronti delle altre zone del pianeta, sia dovuta proprio alla loro capacità di alimentare nel tempo un flusso continuo di innovazioni. Secondo i calcoli di McCloskey (1985), l incremento della produttività annua registrato in Inghilterra tra il 1780 e il 1860 è riconducibile per lo 0.14% a variazioni nel rapporto tra i fattori di produzione (in altre parole, ad una maggiore intensità di capitale), mentre il restante 1.19% annuo deve essere ricondotto all effetto di innovazioni nei modi e nei processi di produzione. Conclusioni analoghe si raggiungono guardando agli incrementi di produttività registrati negli USA tra il 1909 ed il 1949 (Solow, 1971): solo il 12.5% dell aumento totale della produttività può essere attribuito a cambiamenti nell intensità di capitale, mentre il restante 87.5% si deve a cambiamenti della funzione di produzione indotti da innovazioni di processo e prodotto. TERRITORI Come mettono in luce Martinotti e Pozzali (2008) una caratteristica ben nota dell innovazione è la sua forte tendenza a concentrarsi in determinati luoghi: nel corso delle diverse ondate di rivoluzioni tecnologiche che hanno caratterizzato lo sviluppo dell uomo, il ruolo di innovation leader è infatti stato assunto di volta in volta ora da una nazione, ora da un altra, in un ciclo continuo di ascese e ricadute che possono essere agevolmente ricostruite da uno

2 sguardo retrospettivo: Nel sedicesimo secolo, le innovazioni nell agricoltura, nella navigazione, nella finanza e nei servizi bancari, nei trasporti, nel tessile e nella manifattura dei metalli, si concentrarono nel Sud dell Europa, in modo particolare in Portogallo e Italia, a Venezia in primo luogo, e in misura minore lungo la direttrice che dall Italia del Nord portava, lungo il Reno, sino ai centri tessili e minerari delle Fiandre. Nel diciassettesimo secolo, questi stessi settori agricoltura, finanza, trasporti e manifattura fecero registrare una serie di simultanei avanzamenti nei Paesi Bassi, ponendo le basi per l ascesa di questa nazione. Infine, nel diciottesimo secolo la Gran Bretagna divenne il luogo più innovativo del pianeta (Goldstone, 1987, 120). La storia dell innovazione non si esaurisce certo in Gran Bretagna nel diciottesimo secolo: altre nazioni, la Germania prima e gli Stati Uniti in seguito, erano infatti destinate, nel corso del diciannovesimo e ventesimo secolo, a raccogliere dagli inglesi il testimone e a caratterizzarsi come i leader dell innovazione a livello mondiale. Una buona fotografia della situazione attuale è fornita da uno studio promosso dalla rivista Wired nel 2000, che ha identificato i 46 principali hubs of technological innovation nel mondo: 13 di questi luoghi si trovano negli Stati Uniti, con Silicon Valley e Boston in testa alla classifica, poi seguono Gran Bretagna con quattro (Londra, Cambridge, Thames Valley, Glasgow-Edimburgo), Germania con tre (Baviera, Baden- Wurttemberg e Sassonia), Francia, Australia, Giappone e Svezia con due (Hillner, 2000). Al di là di questo ristretto numero di nazioni, intere zone del pianeta sono ancora poco o per nulla toccate dall innovazione (se non nel ruolo, quantomai penalizzante, di consumatori dell innovazione o, peggio ancora, di fornitori di manodopera e servizi a basso costo a favore degli innovation leaders). Oltre ad essere un fenomeno fortemente localizzato, l innovazione presenta una seconda caratteristica: eccezion fatta per pochi, isolati casi veramente eccezionali, essa si configura come un fenomeno essenzialmente urbano. Testimonianze ancora più precise e complete in questo senso si possono trovare all interno dell imponente lavoro di ricostruzione storica che Peter Hall

3 ha compiuto nel suo Cities in Civilization, un viaggio che porta il lettore dall Atene del periodo classico sino a San Francisco e Berkeley, motori della Silicon Valley, passando per la Firenze dei Medici, la Londra elisabettiana, la Manchester e la Londra della Rivoluzione Industriale, la Vienna asburgica e la Parigi ville lumière, la Berlino di Weimar e la New York di Thomas Alva Edison, Nikola Tesla e molti altri ingegneri e inventori che contribuirono in modo determinante allo sviluppo del settore delle trasmissioni radio e telegrafiche. Nella ricostruzione di Hall, sia le grandi capitali culturali del passato che le attuali culle dell innovazione sono contraddistinte da caratteristiche comuni, che in sintesi si possono ricondurre a due aspetti di base: la confluenza in un luogo comune di una massa critica di persone, e quindi di capitale umano e creativo e di talento, e lo sviluppo di fitte reti di relazioni sociali in grado di incoraggiare il confronto tra individui diversi, lo scambio e la circolazione continua di esperienze e punti di vista, facilitando così l emergere di nuove soluzioni e idee. La fitta rete di relazioni tra artisti che è all origine, ad esempio, dello sviluppo senza pari del teatro elisabettiano è considerata da Hall come un analogo diretto dei fitti interscambi tra ricercatori, scienziati, imprenditori e venture capitalist che hanno reso possibile la nascita e lo sviluppo della Silicon Valley. In tutti questi casi, si evidenzia l importanza cruciale delle reti, come meccanismo che consente alle persone di sviluppare forme di collaborazione e interazione complesse e di generare e alimentare una convergenza di contributi diversi e variegati. Quella dell eterogeneità è una caratteristica fondamentale per poter avere innovazione: da questo punto di vista, avere un sistema sociale poco interconnesso è sicuramente un forte handicap, ma non è solo la quantità dei contatti ad essere determinante. Anche la tipologia dei contatti ha infatti un peso importante, come mostra il classico lavoro di Granovetter (1973) sulla forza dei legami deboli. Se reti sociali troppo primitive e inefficaci impediscono infatti alle persone che hanno idee, talento e iniziativa di incontrarsi tra loro, reti sociali troppo stabili ed omogenee non fanno altro che riprodurre e alimentare i rapporti tra persone troppo simili tra loro e non sono in grado di funzionare da generatori di diversità. Non a caso, il processo di

4 innovazione si basa spesso proprio sulla sostituzione di vecchie regole e di pratiche sociali consolidate con un tessuto di relazioni e interazioni completamente nuovo. Questo è ciò che accadde nell Atene classica, come anche in molte altre città che, di volta in volta, hanno conosciuto la loro età dell oro : Nel IV secolo a.c. Atene trasse un enorme vantaggio dalle tensioni personali e collettive portate alla luce da un momento unico di evoluzione sociale: un movimento da una società terriera statica, conservatrice, a una urbana, mercantile, aperta al talento. La vecchia società cedette terreno di fronte alla nuova, ma allo stesso tempo le lasciò in eredità molti dei suoi valori. Troviamo quel genere di società di transizione in altri particolari momenti della storia urbana e quasi sempre si tratta di società altamente creative: la Londra elisabettiana, la Parigi del XIX secolo, la Berlino di Weimar. ( ) Comunque ( ) la creatività di quell ordine non è mai stabile; porta al suo interno i semi della sua stessa distruzione. ( ) La tensione fra il principio dell ordine e quello della libertà porta qualcosa di meraviglioso e unico, ma non dura più di qualche anno dorato, perché la tensione sfocerà nella vittoria di solito, anche se non inevitabilmente, delle forze del cambiamento e in questo modo la sorgente della creatività si inaridirà (Hall, 1998, 68). L osservazione empirica della distribuzione geografica dei fenomeni di innovazione ha poi messo in luce come all interno di una stessa regione gli attori e i processi di innovazione si concentrano in determinate zone, le tecnopoli di cui parlano Castells e Hall (1994), i milieux di innovazione di Aydalot (Aydalot, 1986; Camagni, 1991) o i clusters innovativi di Porter (1999). Secondo l Industrial Performance Center del MIT di Boston( un sistema di innovazione locale è una concentrazione di imprese (..) e di istituzioni non di mercato (università, centri di ricerca, istituti di formazione, enti di certificazione, associazioni locali di categoria, agenzie di regolamentazione, agenzie di trasferimento tecnologico, associazioni imprenditoriali, agenzie e organi di governo, ecc.) che cooperano per creare nuovi prodotti e/o servizi in specifici settori di affari.

5 I sistemi locali di innovazione traggono quindi la loro forza dall essere il luogo di aggregazione di conoscenze localizzate, legate all esperienza, condivise da produttori, consumatori locali e lavoratori e difficilmente trasferibili all esterno dato il loro forte contenuto tacito. L importanza del luogo non è poi legata solo al fatto che certe forme di conoscenza sono altamente context specific e non possono essere trasmesse a distanza, ma deriva anche dalle caratteristiche stesse dei processi innovativi. Per una serie di motivi, alcuni dei quali di natura economica (tra cui la necessità crescente di customizzare i prodotti e i servizi sulle particolari esigenze dei singoli consumatori, che non possono più essere considerati come una massa impersonale di soggetti accomunati da preferenze omogenee, ma che sempre più considerano il consumo come un mezzo per esprimere e costruire la propria identità), altri di natura scientifica e tecnologica (con il passaggio dalla little science alla big science e lo sviluppo di nuovi settori sempre più interdisciplinari, la ricerca è sempre più un lavoro di gruppo, che richiede il contributo di tanti differenti soggetti), l innovazione al giorno d oggi necessita infatti di processi organizzati di apprendimento collettivo, che si basano sulla necessaria collaborazione tra diversi soggetti, come è bene esemplificato dal modello della Tripla Elica (Leydesdorff e Etzkowitz, 1996; Viale e Etzkowitz, 2009) o dal concetto del learning through interacting (Lundvall e Johnson, 1994). Processi di questo tipo possono prendere piede solo in determinati luoghi, che diventano i catalizzatori delle esternalità positive prodotte dall azione degli operatori sia pubblici che privati, e rese possibili grazie alla contiguità fisica e alla condivisione del contesto comune in cui gli attori si trovano ad operare. I luoghi acquisiscono quindi una loro importanza innogenetica in quanto permettono alle persone di partecipare a forme collettive di apprendimento e scoperta. In essi si incrociano non solo flussi economici e materiali, ma anche interscambi di saperi, di esperienze, tutta una serie di fattori immateriali e intangibili difficili da cogliere a prima vista, ma strettamente funzionali allo sviluppo locale. L economista Alfred Marshall fu il primo a parlare di

6 atmosfera industriale per cercare di riassumere in un concetto l insieme dei fattori locali non tangibili che possono, con la loro presenza o assenza, contribuire a fare la fortuna di certi luoghi e distretti produttivi rispetto ad altri. Versioni più aggiornate di questa stessa idea possono ad esempio essere considerate l embeddedness di Granovetter (1985), o il lash-up di Molotch (2005). Pur nella differenza dei vari approcci, è rintracciabile una sorta di filo denominatore comune, in base al quale l introduzione di innovazioni è considerata come un processo estremamente complesso, che deve essere alimentato dalla convergenza di numerosi fattori e dal contributo di molti differenti attori e saperi. La funzione fondamentale del luogo è allora quella di permettere che simili convergenze e collaborazioni possano effettivamente prendere atto: In tutti questi casi per i prodotti ordinari come per le più sofisticate biotecnologie le cose si realizzano grazie a connessioni potenziali che diventano reali. Le diverse sfere entrano in contatto, non perché siano intrinsecamente correlate, ma perché la natura del luogo fa in modo che entrino in correlazione. Un luogo entra nelle cose attraverso il modo in cui i vari elementi riescono a combinarsi fra loro (Molotch, 2005, 237). IMPRESE Territori innogenetici sono quelli dove si possono sviluppare imprese innovative. Quali sono, però, i fattori che determinano il successo innovativo in un impresa? Luigi Marengo (2008) cerca di rispondere a questa complessa domanda ed individua quattro grandi categorie. La prima ha a che fare con la capacità di percepire le opportunità ed i pericoli dell ambiente. Un azienda è in grado di innovare se riesce ad approfittare delle nuove conoscenze tecnologiche generate all interno o all esterno; se riesce a cogliere i cambiamenti di gusto o i bisogni latenti dei consumatori; se riesce a tallonare in modo efficace l attività dei concorrenti; se riesce a occupare nuove nicchie di mercato locale o internazionale; se riesce ad approfittare delle opportunità generate da nuovi vincoli o incentivi legali e dal quadro istituzionale e politico generale. La

7 necessità di monitorare l ambiente esterno in modo efficace porta a sviluppare forme organizzative più decentrate e meno gerarchiche. Questa maggiore distribuzione delle sorgenti informative permette all impresa di avere stimoli periferici per superare inerzie cognitive e conservatorismi culturali. Ciò da origine ad apprendimento e cambiamento organizzativo, che è la seconda categoria dei fattori di successo. Quanto più una impresa è in grado di cambiare la sua organizzazione ed i suoi valori istituzionali in modo da adattarsi all ambiente, tanto più essa avrà successo. Questi fenomeni, però, non sono facili in quanto l organizzazione è composta da conoscenze disperse, spesso di natura tacita e da routine decisionali, in parte automatiche, che sono difficilmente modificabili. Più un azienda è in grado di apprendere per adattarsi al mercato di riferimento più sarà in grado di sviluppare innovazioni che abbiano un ritorno economico. L equazione però non è lineare. Infatti molti sono i fattori di incertezza che limitano una strategia razionale di successo. Innanzitutto è difficile prevedere se l innovazione troverà il gradimento del mercato. Diventa fondamentale, quindi, cogliere la psicologia del consumatore ed i suoi bisogni latenti. Inoltre le stesse applicazioni della tecnologia sono spesso ignote agli stessi innovatori (si pensi ai recenti multipli usi del computer inimmaginabili al tempo dei primi mainframe), soprattutto quando siamo in presenza di innovazioni complesse, cioè composte da varie tecnologie elementari. Un fattore vincente è la capacità di elaborare un design del prodotto che diventi dominante, cioè che sia in grado di battere la concorrenza di altri design e rappresentare lo standard strutturale per le innovazioni successive. Si pensi all automobile, all aeroplano o allo stesso computer di oggi che non si discostano molto dai primi prodotti di successo, ma che sono molto diversi dai vari tentativi falliti proposti in precedenza dai vari inventori e pionieri. Avere successo significa, in molti casi, arrivare prima dei concorrenti ad occupare una certa nicchia di mercato in modo da plasmare la psicologia di consumo, imporre il proprio standard tecnologico e sfruttare le cosiddette esternalità di rete. Queste ultime si hanno quando il valore di una merce cresce all aumentare del numero degli utilizzatori. Ad esempio il valore economico di

8 internet, del telefono o della Borsa sarebbe nullo se pochi li usassero e cresce con il numero delle persone utilizzatrici. Prima un innovatore riesce a vendere il suo prodotto a più persone, più esternalità di rete riuscirà a generare, quindi la merce varrà di più con possibilità di nuovi investimenti migliorativi che la renderanno sempre più irraggiungibile dai prodotti della concorrenza. Il lead time, cioè il tempo in cui un innovatore è l unico, senza imitatori, a sviluppare una nuova tecnologia è fondamentale per il successo economico di un prodotto. La tutela della proprietà intellettuale dell invenzione ha proprio la funzione di permettere questo vantaggio competitivo all innovatore e rappresentare così un incentivo selettivo ad innovare. Altri però possono essere i fattori motivazionali ad innovare. La psicologia della decisione è molto più complessa ed articolata rispetto a ciò che pensa chi sostiene che il monopolio temporaneo dell invenzione, garantito dal brevetto, sia l unico incentivo valido. Infine non basta inventare ed innovare per avere successo economico. Come dimostrano i fallimenti di molte piccole imprese innovatrici, ciò che fa la differenza sono le capacità di sviluppo, di organizzazione, di distribuzione, di marketing, di comunicazione e finanziarie che consentono ad una buona idea di diventare un prodotto di successo. Essere un innovatore, però, è una capacità che sta diventando sempre più dipendente dalla rete dei rapporti che l impresa riesce a creare all esterno. Questo è un fenomeno che inizia ad accentuarsi già agli inizi del XX secolo negli Stati Uniti, soprattutto per il varo delle leggi antitrust e di quelle a tutela della protezione dei diritti di proprietà intellettuale che danno impulso alla competizione tecnologica. Ciò porta ad un accentuarsi della specializzazione industriale che ha come conseguenza la necessità crescente di trovare all esterno competenze e conoscenze non disponibili né generabili all interno. L azienda viene spinta ad interfacciarsi con varie organizzazioni esterne: università, centri di ricerca, altre imprese, istituzioni finanziarie, studi legali, consulenti di varia natura, etc.. Comunicare con l esterno e trasferire all interno conoscenza utile per innovare diventa a poco a poco uno dei precetti fondamentali dell impresa innovatrice, come mette in luce Pier Paolo Patrucco

9 (2008). Come veniva prima evidenziato varie e crescenti sono le esternalità che possono rafforzare la capacità innovativa e competitiva di un impresa. Quelle di rete e quelle di tipo conoscitivo sono le principali. Per quanto riguarda le seconde esse fanno riferimento alle due proprietà di non escludibilità e di non rivalità tipiche della conoscenza. Secondo la prima proprietà essa tende a sfuggire all utilizzo esclusivo di chi la genera. La sua fuga dalle mani del suo creatore va a beneficiare l ambiente esterno. Altri possono utilizzarla per derivare altra conoscenza o per applicarla nella generazione di nuovi prodotti o processi produttivi. D altra parte ciò è possibile anche per la seconda proprietà, la non rivalità, secondo cui l utilizzo della conoscenza non ne diminuisce la sua disponibilità. Una legge scientifica o una tecnica produttiva possono essere consumate innumerevoli volte senza che si esauriscano. La tendenza a comunicare all esterno dell impresa feconda l ambiente che la circonda. Pezzi di conoscenza sfuggono dal controllo privato e diventano patrimonio collettivo. Nuovi algoritmi, idee brevettali, know how, intuizioni estetiche ed organizzative si ricombinano nelle teste di inventori isolati od organizzati e possono dare origine ad innovazioni di successo. Gli ambienti più prolifici a livello innovativo sono proprio quelli che permettono questa contaminazione e ricombinazione concettuale. Si pensi al successo di aree industriali come quelle intorno alla Università di Stanford, al MIT, alla Università di Cambridge. Da questo punto di vista le scelte di politica pubblica e la governance che le ispira devono essere attente a questo nuovo profilo sistemico e collettivo della conoscenza tecnologica. Una buona politica dovrebbe incentivare, a livello istituzionale, la creazione di forme ibride di generazione della conoscenza - come è spesso messo in luce dalla tesi della tripla elica di sostegno alla creazione di relazioni organizzative fra università, impresa e governo per promuovere la capitalizzazione della conoscenza (Viale & Etzkowitz, 2009). Deve essere promossa la nascita di consorzi università-impresa, campus company, club tecnologici, centri di trasferimento tecnologico, programmi cooperativi di R&S&I, etc.. Inoltre non si deve cercare di neutralizzare troppo la non escludibilità della conoscenza tecnologica attraverso leggi di tutela della proprietà intellettuale, troppo restrittive e monopolizzanti. Senza mortificare

10 gli incentivi privati degli inventori si deve trovare un giusto trade-off fra salvaguardia degli interessi economici interni e promozione di quelli conoscitivi esterni. La capacità innovativa di un impresa deriva, quindi, da vari fattori esogeni ed endogeni. L ambiente esterno all impresa con la rete di relazioni con altre aziende, centri di ricerca, università, istituzioni finanziarie pubbliche e private e la possibilità di intercettare pezzi di conoscenza utile a per innovare. L ambiente interno istituzionale ed organizzativo con le sue tipologie di decision-making, problem-solving, la sua cultura tecnologica, la sua capacità di cogliere le opportunità di mercato e di saper reagire ai pericoli di un nuovo concorrente che presenta un prodotto più competitivo. La capacità innovativa di un azienda si gioca in questa interfaccia dinamica fra interno ed esterno. E questa interfaccia che fissa il sentiero da cui dipende la capacità di cambiamento tecnologico e di innovazione dell impresa (David, 1975). Ogni impresa ha una sua spinta inerziale derivante dai modelli organizzativi, dalle competenze tecnologiche tacite ed esplicite, dai valori istituzionali e dal suo curriculum di successi e fallimenti. Lo stesso ambiente esterno spesso determina delle architetture di relazione e comunicazione sociale che tendono a perpetuarsi nel tempo, costituendo in tal modo degli universi chiusi e limitanti la possibilità stessa di cambiamento. Questi imprinting genetico ed ambientale sembrerebbero determinare una tendenza irreversibile dell azienda a comportarsi in modo tradizionale e routinario, a perpetuare il sentiero tracciato nel passato, senza capacità di cambiare e trasformarsi. Non è così però sempre nella realtà. Il mercato spesso produce delle vere e proprie dissonanze cognitive fra i modelli tradizionali di comportamento e di business e la loro efficacia competitiva. Sono dei veri e propri allarmi che squarciano il paravento dell universo autoreferenziale che sostiene la miopia decisionale dell azienda. In base alla capacità reattiva a questi allarmi ed alle soluzioni innovative che la creatività interna all azienda, o quella esterna che si riesce a reclutare, rende possibili, essa sarà più o meno in grado di deviare dalla dipendenza di sentiero e vincere la sfida del mercato. Uno dei terreni in cui si manifesterà la capacità creativa dell azienda sarà proprio nel cambiare localmente la sua

11 posizione nella rete di rapporti con gli altri soggetti al fine di intercettare e trasferire al suo interno pezzi di conoscenza utile ai processi innovativi o di plasmare a suo vantaggio la stessa generazione di conoscenza da parte dell ambiente stesso. Al contrario quando un azienda rimane intrappolata nel sentiero tracciato nel passato e interagisce con un ambiente scarso di segnali di cambiamento e di feedback ( o se presenti ne sottovaluta la portata) è destinata a non dare più risposte adeguate al mercato. La fine della grande impresa italiana ne è un esempio: aziende che perpetuavano traiettorie tecnologiche tradizionali in un ambiente povero di stimoli, in quanto protetto a livello finanziario e normativo, si sono trovate progressivamente fuori dal mercato con prodotti non competitivi con quelli di aziende che avevano concorso sui mercati internazionali VALORI Territori ed imprese innovative sono tali in quanto sono permeate da valori che favoriscono i processi innovativi. Quali sono le variabili cruciali della conoscenza di sfondo o collegati ad essa, in grado di stimolare il comportamento innovativo? Tre sembrano gli elementi rilevanti in tal senso (Pozzali, 2008). Innanzitutto l assenza di un atteggiamento di sudditanza di fronte alla tradizione ed ai modelli culturali del passato. Nelle società dove non si deifica o istituzionalizza il passato è più facile avere la possibilità di introdurre idee, modelli, oggetti, comportamenti nuovi. Quando invece il fondamento dell autorità intellettuale, morale e conoscitiva è di tipo storico ipse dixit et ipse fecit allora è molto difficile che si creino organizzazioni capaci di generare innovazioni e mercati in grado di accettarle. Questo peso dato alla tradizione è collegato ad un altro elemento che ostacola la propensione innovativa, la presenza di uno stile cognitivo che potrebbe definirsi antifalsificazionista. In base ad esso le ipotesi sul mondo naturale e sociale non sono premesse che devono essere sottoposte al vaglio della critica e del controllo empirico e concettuale e, quando si dimostrano non adeguate, superate. Ciò è evidente nella cultura cinese tradizionale, dove alcuni valori

12 della conoscenza di sfondo, come l armonia sociale e l assenza del conflitto, fanno prevalere la ricerca del compromesso fra posizioni differenti e la spinta dialettica alla individuazione di sintesi fra tesi opposte. Mentre rimane in secondo piano la critica, la polemica, l affermazione di una ipotesi su un altra, il superamento delle teorie e delle tecnologie tradizionali. Ciò ha degli evidenti effetti deprimenti sul cambiamento concettuale e sulla capacità inventiva ed innovativa. Al contrario, la presenza di valori che demitizzino la tradizione e che incentivino il cambiamento culturale, istituzionale, organizzativo e materiale e di uno stile cognitivo di tipo critico e falsificazionista sono ingredienti fondamentali di una società ed economia portata all innovazione. Terzo elemento è la modalità di trattare il rischio. Vi sono società che propugnano valori a favore di comportamenti sicuri, in cui la probabilità degli esiti sia se non certa almeno altamente probabile. Ad esempio, nel campo delle politiche pubbliche, queste società sono a favore di principi per l accettazione di nuove tecnologie o nuovi prodotti, ispirati all evitamento prudenziale di ogni possibile rischio per la salute e per l ambiente, anche se solo di natura ipotetica. Altre società, invece, assumono il rischio come una componente fondamentale per la dinamica innovativa. Ad esempio sono a favore di modelli di accettazione tecnologica incondizionata a meno che non si sia certi, a livello scientifico, del pericolo potenziale generato dai nuovi prodotti od impianti. Da un punto di vista generale valori culturali verso la sicurezza, la stabilità, la certezza sono antitetici rispetto alla maggior parte dei fenomeni che caratterizzano un sistema innovativo. Non favoriscono l introduzione di nuove tecnologie; non stimolano l individuo a rischiare nell attività imprenditoriale; non spingono l imprenditore ad investire per cercare nuove conoscenze tecnologiche; ostacolano l innovatività del consumatore ad accettare nuovi prodotti; riducono il successo della domanda di nuovi strumenti finanziari legati al capitale di rischio (fondamentali per finanziare la ricerca e la innovazione) e la stessa possibilità che le istituzioni pubbliche ne consentano l introduzione nel mercato.

13 In conclusione perché determinate aree geografiche hanno più successo nello sviluppo industriale e tecnologico? Per un insieme di fattori, di cui quelli culturali sono fra i dominanti. Ad esempio si prenda in considerazione il successo di Silicon Valley in California. In analogia con altri esempi di sviluppo industriale, come i distretti industriali italiani, una delle sue caratteristiche strutturali è la presenza di una fitta rete sociale che collega vari attori dell innovazione. Individui appartenenti ad università, centri di ricerca, grandi e piccole aziende ed istituzioni pubbliche sono interconnessi da relazioni di vario tipo, formale ed informale, avente come obbiettivo comune la ricerca e l innovazione. E una rete particolare e specifica della realtà della California del nord. Innanzitutto essa viene indotta dalla presenza di centri di eccellenza accademica, unici al mondo, come l Università di Stanford, UC di Berkeley e l UC di San Francisco, impegnati da anni in programmi di trasferimento tecnologico verso il mondo dell impresa. Inoltre il sistema industriale, basato sulla microelettronica ed il network computing, era da costruire ex novo. Non vi erano imprese dominanti né tendenza alla concentrazione in grandi gruppi né una domanda monopolizzata dal governo o da grandi buyer industriali (come è invece il caso dell industria dei sistemi elettronici per uso militare del distretto di Boston). Vi erano, quindi, le condizioni per il fiorire di una fitta rete di piccole imprese altamente innovative e dinamiche con un continuo turnover fra vecchie e nuove aziende. Fenomeno reso possibile anche da condizioni istituzionali peculiari: diffusione in larga scala del venture capital, mercato del lavoro altamente flessibile ed aperto alla immigrazione di talenti, politiche di finanziamento statale e federale molto generose nei confronti della ricerca universitaria. Insieme a tutti questi fattori primeggiano però anche quelli di tipo psicologico e simbolico caratterizzanti la cultura locale di Silicon Valley: forte spinta all imprenditorialità individuale; diffuso orientamento positivo nei confronti dell assunzione di rischio; tolleranza se non valutazione positiva dei casi di insuccesso considerati come parte della storia professionale degli innovatori; considerazione positiva nei

14 confronti di stili di vita improntati allo stress, alla competizione ed alla polarizzazione sul lavoro. La necessità di dover tener conto del contributo congiunto di un numero elevato e potenzialmente indefinibile di fattori, quali quelli che compongono il lash-up di Molotch, suona come un monito a non sopravvalutare la dimensione puramente tecnica e scientifica della conoscenza, a scapito di altre. Il cammino che porta dall invenzione iniziale alla vera e propria innovazione è infatti tutt altro che semplice e spesso lastricato di clamorosi errori, sbagli, previsioni errate che non sono dovute alla mancanza di determinati know-how di tipo tecnico, ma si legano a più ampie questioni di carattere organizzativo, istituzionale e culturale. Per avere una riprova di come questo possa accadere basta ripensare brevemente alla storia di una delle innovazioni più significative del nostro tempo, uno strumento che ha profondamente cambiato la nostra vita, tanto da finire sulla copertina di Time nel 1982 come uomo dell anno : il personal computer. Molte delle idee che ancora oggi costituiscono parti essenziali del PC, come ad esempio il mouse, i sistemi ad interfacce grafiche, gli editor di testo, l Ethernet e così via furono sviluppati all interno dello Xerox Palo Alto Research Center (PARC), divisione di ricerca della Xerox a Palo Alto, nella Silicon Valley, a 3000 chilometri di distanza dalla sede centrale della compagnia, ubicata nello Stato di New York. Proprio la distanza, non solo geografica ma anche culturale e istituzionale, tra il laboratorio di ricerca e la sede centrale è uno dei fattori che più spesso vengono chiamati in causa nel tentativo di spiegare la clamorosa incapacità della Xerox di sfruttare commercialmente le proprie idee, che come è noto vennero poi fatte proprie da imprese che su di esse costruirono il proprio successo, come Apple e Microsoft. La ricostruzione di Schoemberger (1997) mette bene in luce come il principale ostacolo derivò proprio dalla sostanziale incapacità dei ricercatori del PARC di sviluppare un dialogo produttivo con i manager centrali della Xerox, in quanto la differenza culturale, sociale ed istituzionale tra i due contesti era troppo grande. Imprese più vicine al PARC, operanti nello stesso contesto di Palo Alto,

15 imbevute della medesima cultura aperta al nuovo che era alla base del lavoro dei ricercatori del PARC e al tempo stesso più libere da vincoli centrali e organizzativi, furono così in grado di battere sul tempo la Xerox. L esempio del PARC mette bene in evidenza come, nel momento in cui si vuole ricollegare la competitività dei sistemi economici locali alla loro capacità di sviluppare forme di conoscenza che, dato il loro elevato contenuto tacito, non possono essere facilmente appropriate dall esterno, il concetto di conoscenza tacita che si deve andare a considerare non possa limitarsi al semplice knowhow, ma debba abbracciare in senso lato quegli aspetti culturali e sociali che sono parte essenziale del sapere di un dato territorio (Gertler, 2003).

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