solleva, si guarda intorno, fiuta l aria, tira fuori di nuovo la lingua. Guaisce. Un breve, roco lamento. Poi resta fermo a guardare che succede.
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- Gianluca Castelli
- 8 anni fa
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1 Priscilla dei lupi 1 Le luci del pomeriggio rimbalzano sfocate tra i rami. È un momento di assoluto silenzio anche se nel bosco domina il rumore. Un lupo saltella tra la sterpaglia intorno a un rovo di more, razzola tra le foglie, solleva la testa, annusa l aria, spalanca le fauci brune e lascia penzolare una lingua rossa, vermiglia sui lati, come se volesse respirare pure con quella. È un grosso lupo bianco dal pelo fitto, il muso nero, il tartufo ruvido e umido, sporco di terra. Le orecchie sono dritte e tese, gli occhi rossastri. Saltella ancora per qualche metro fino al margine di una scarpata. Guarda in basso, la testa scende sotto la linea delle spalle, la gira appena di lato, l abbassa ancora come se provasse a fiutare qualcosa che galleggia sulle foglie secche. Pochi metri sotto, da un ampia mantella rossa distesa a terra come una coperta, spuntano un mucchio di capelli biondi arruffati e intrecciati di foglie, due gambe protette da lunghi stivali marroni con calzettoni scuri che salgono fin sopra le ginocchia, una gonna arrotolata su una coscia bianchissima e in mezzo ai capelli una piccola mano che sembra lo stelo di un fiore. Il viso è nascosto dal cappuccio della mantella, non si vede. Il lupo scende la scarpata a zig zag, lentamente, tiene le zampe piegate e sollevate a ogni passo, come se non volesse decidersi a spingerle a terra, come se non si fosse ancora deciso se procedere o meno. A poco più di un metro dalla mantella si ferma, abbassa ancora la testa, la 7
2 Marco Sette solleva, si guarda intorno, fiuta l aria, tira fuori di nuovo la lingua. Guaisce. Un breve, roco lamento. Poi resta fermo a guardare che succede. Niente. Il corpo è lì, immobile. Allora si avvicina. Gira due volte intorno al corpo e si allontana di poco. Poi torna. Allunga il muso e fiuta i margini della mantella, procede verso il centro, in mezzo al cespuglio di capelli biondi intrecciati di foglie e sterpi. Con una zampa gratta l apice del cappuccio spingendolo verso di sé ed emerge il viso di una giovane ragazza, per metà nascosto sotto il braccio. È un viso pallido e delicato. Gli occhi sono chiusi. Il lupo fa un passo indietro e si accuccia. Resta così, fermo, per qualche secondo. Di nuovo il guaito. Niente. Allora si rialza e torna ad annusare il corpo ma questa volta più in basso, affonda la grossa testa al centro della mantella. La risolleva. Apre la bocca. La spalanca, sbadiglia, guaisce. Fa un mezzo giro e si ferma dalla parte degli stivali. Con il muso sposta una gamba, prova ad aiutarsi con la zampa ma poi rinuncia e infila di nuovo il muso lì in mezzo. La gamba finalmente si sposta. Spinge il muso sotto la gonna, sulla coscia nuda della ragazza c è una sottile linea di sangue che termina in una goccia. Il lupo la lecca. Poi risolleva la testa. Si guarda ancora intorno, guaisce. Ma più che un lamento sembra un brontolio impaziente. 8
3 2 Torna da un buco profondissimo e lontano. Sente per prima cosa un piacevole calore. Come un fiore che galleggia in un mare assolato. E poi in bocca quel sapore dolce, devono essere le more. È rimasta con il sapore delle more. La bocca dolcissima di more, la bocca piena di more, così tante more che non riesce a muoverla la bocca. Come se fossero spine, more ancora con le spine. Ha la gola secca. Lo capisce adesso. Ha sete. Devo aprire gli occhi, pensa, e se fossi caduta in un cespuglio di more? Le stavo mangiando, pensa, la parola si ripete mille volte nella testa. More. More more more. Forse è caduta in un cespuglio, muove piano una mano ma sente una cosa morbida, l altra mano non la sente proprio ma avverte il braccio fin quasi al gomito. Non è un cespuglio di more, è la mantella, pensa. Ora arriva il rumore. Un rumore assordante nella testa, non lo aveva riconosciuto prima. Un rumore di foglie e quel rollio come di un treno. Continua a muovere la mano in basso nella cosa morbida che non è un cespuglio e neppure la mantella perché è come se la mano affondasse e poi di nuovo quella sensazione di calore e di fiore che galleggia nel mare. Non apre gli occhi. Ora ha paura. Prova a ricordare cosa è successo. Resta ferma, aspetta. Qualcuno a scuola aveva detto che se ti investe una macchina devi restare fermo per terra finché non arrivano i soccorsi. Cos era successo? Raccoglieva le more. Poi il dolore alla pancia. Quella fitta e la sensazione che scivola e scende. Si sarebbe bagnata. 9
4 Marco Sette Non ci aveva messo molto a capirlo. Si era innervosita perché non aveva niente con sé per evitare di sporcarsi. Ed era corsa via. Poi quel buco profondissimo e lontano. Il rumore che sente non è un treno, non è un fischio, non è un aeroplano nel cielo e neppure qualcuno che parla, il rumore che sente è un ringhio sordo che sembra un brontolio... Riesce a muovere l altra mano, si era addormentata, la spinge vero il basso o almeno ci prova. Apre gli occhi, piano. Guarda in alto. I raggi di sole che s infilano tra i rami e trafiggono le foglie, cambiano colore, gli spicchi di cielo lassù, dove non passa nessun aereo perché quel rollio è in basso... dove lei tiene le mani... quel rollio che è un brontolio... un ringhio. Quando abbassa lo sguardo è come se la pancia si rivoltasse nella gola. Non respira. La bocca rimane semiaperta, congelata. La prima cosa che pensa è che non deve fare assolutamente niente. Non si deve muovere. Glielo ha detto suo fratello. Se vedi un lupo non muoverti. Non scappare. Se puoi arrampicati su un albero. E quello è un lupo. Un grosso lupo bianco. Che la guarda con occhi di fuoco e ringhia piano, come se brontolasse. E la sua testa, dio mio pensa Priscilla, dio mio, la testa del lupo è tra le sue gambe aperte, spalancate, la gonna che forma un mucchietto di panno scozzese, non vede oltre, non vede più in basso. È come se la testa di Priscilla fosse lontanissima dal resto del corpo. Vorrebbe nascondersi nella sua testa, in quel buco profondissimo e lontano da dove è tornata. Mi sta mangiando, pensa. Solo il pensiero la terrorizza al punto che vorrebbe morire. Sparire lì. Subito. Il lupo la fissa negli occhi poi s infila sotto la gonna arruffata, fino al collo. 10
5 Priscilla dei lupi Priscilla vede le spalle robuste attraversate da una striscia di pelo nero, tra le sue cosce bianche. Muoio, pensa. Abbassa piano la testa e con la bocca aperta, non riuscendo a gridare, per paura di gridare, non sapendo cosa fare, così, come paralizzata, piange, perché non vuole morire, in silenzio piange. Poi chiude gli occhi e aspetta il dolore. Aspetta. Ma nel buio della sua testa il dolore non arriva. Nel buio confuso della testa di Priscilla non arriva nessun dolore ma galleggia un fiore. Il fiore che galleggia nel mare. Un fiore cullato dal mare. Mi sta leccando, pensa Priscilla. E riprende a respirare lentamente e mentre respira sente quella cosa che si apre, sente quello che ha provato svegliandosi, quel piacevole calore, come se sprofondasse nella terra, sente la lingua del lupo che lecca lì sotto e lei che è come se si sciogliesse dal basso, come un gelato nel sole, sente che diventa di un calore liquido e a ogni leccata sale un gradino che la porta più in alto, come se salisse un gradino per ogni respiro e più sale più diventano corti i gradini e vicini l un l altro e stretti e salgono sempre più in alto e il respiro torna a farsi corto ma adesso non ha paura, adesso prova solo gioia ed è come se fosse un fiore pieno di sole, caldo di sole, bruciante di sole, come se la lingua del lupo fosse il sole, come se la testa del lupo che si muove di lato che lecca tra le sue gambe fosse un sole che la scioglie lì, in basso, la scioglie e la sospinge più in alto, verso il cielo, oltre i rami, oltre i cespugli di more, oltre le cime degli alberi, sempre più in alto e velocissima nel cielo... Priscilla solleva la testa, affonda le mani nel pelo del lupo, preme il mento sul collo, spinge fuori la lingua come se fosse quella del lupo, la sua piccola lingua tra le labbra, come se volesse bere perché ha sete, tantissima sete, e tutto quello che riesce a bere è il calore che la scioglie dentro e sente di 11
6 Marco Sette bruciare come se prendesse fuoco, come se invece dei capelli avesse un esplosione di lingue di fuoco ma non può bere, non può bagnarsi se non lì sotto, dove tutto si apre e si scioglie e scotta e sale ancora di corsa sulla scala sempre più veloce e in alto nel cielo che pensa di non riuscire a farcela, sente il cuore che lotta forte nel petto come se volesse uscire, i gradini aumentano, aumentano e il fiato sempre più corto che non riesce a respirare... Improvvisamente Priscilla è in cima alla scala più alta del mondo. Da lì vede tutto. Da lì ha tutto il mondo dentro. E quando finalmente cade è come se si rivoltasse nel mondo, è come se tutto il mondo uscisse dalla sua pancia, dalle sue cosce, dalla sua bocca. E come se da quel buco profondissimo e lontano partorisse il mondo. Ed esplode pure la voce spinta fuori dal fiato in un grido. Ma la lingua del lupo non si ferma fino a che Priscilla non grida ancora più forte e comincia a tremare e stringe le cosce e il lupo è costretto a tirare indietro la testa perché Priscilla esce da se stessa tra le cosce e vuole tenersi stretta tutto il mondo dentro e il fiato e il piacere e il calore che invece spingono per uscire e il lupo sente la stretta forte intorno al collo e deve alzare la testa, la lingua penzoloni, il muso sporco di sangue, vede il grido di Priscilla, le piccole mani che gli stringono forte le orecchie, strattona la testa e si libera e allunga il collo e ulula al cielo. Un lungo, interminabile ululato come solo i lupi lo fanno. 12
E LE CANDELE A COSA SERVONO?
Con un phon Spingendo le eliche con la mano Con un ventilatore Soffiando Girando il perno Con il vento Spingendo i personaggi cl. cl. 3 e e Goldoni ins. ins. E.De Biasi Tolgo le eliche, tengo il perno
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