Processi di recupero e smaltimento dei rifiuti solidi urbani

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1 Processi di recupero e smaltimento dei rifiuti solidi urbani

2 Processi di trattamento termico I processi di trattamento termico dei rifiuti nascono come metodologia per: La riduzione dei quantitativi di materia da porre a smaltimento in discarica sia in termini volumetrici (riduzione al 10%) che in termini di massa (riduzione al 30%); La totale riduzione del potere di putrescibilità del rifiuto. Inoltre, a partire dal 1999, i processi di trattamento termico dei rifiuti devono necessariamente assolvere anche la funzione di produzione di energia elettrica e termica. Il DLgs 22/97 (Decreto Ronchi), stabiliva, infatti, che per i RU, al 1 Gennaio 1999 la realizzazione e la gestione di nuovi impianti di incenerimento possono essere autorizzate solo se il relativo processo di combustione è accompagnato da recupero energetico, con una quota minima di trasformazione del potere calorifico dei rifiuti in energia utile. D.Lgs. 152/06 art. 182, comma 4: «Nel rispetto delle prescrizioni contenute nel decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133, la realizzazione e la gestione di nuovi impianti possono essere autorizzate solo se il relativo processo di combustione garantisca un elevato livello di recupero energetico»

3 Processi di trattamento termico In base al potere calorifico ed alla portata dei rifiuti in ingresso all impianto, è possibile calcolare la Taglia Nominale dell impianto (MWt o Kcal/h), che si calcola come: Portata oraria (massima) x Potere Calorifico Inferiore (PCI) dei rifiuti alimentati

4 Processi di trattamento termico Il potere calorifico inferiore medio di un rifiuto urbano si aggira intorno alle kcal/kg. Il CDR, invece, provenendo da un processo di raffinazione della frazione secca attraverso una serie di trattamenti preliminari quali triturazione, essiccamento, addensamento, eventuale miscelazione con rifiuti ad alto potere calorifico, presenta un PCI più elevato (che comunque non può essere inferiore ai KJ/kg, imposti dal DM 5/2/98).

5 Processi di trattamento termico Il recupero di energia da rifiuti può essere effettuato attraverso diverse modalità. Combustione diretta, sia del rifiuto tal quale, che del rifiuto preventivamente trattato. Combustione indiretta: tecnologie di trattamento termico, basate su processi di pirolisi e gassificazione, che permettono la conversione del rifiuto in un combustibile intermedio, liquido o gassoso, da utilizzare poi in normali caldaie, motori alternativi o turbine a gas. Pirolisi : Si denomina Pirolisi la decomposizione per via termica di un combustibile in assenza di apporto di ossigeno (tranne quello eventualmente già presente nel combustibile), con la finalità di produrre idrocarburi solidi ( Char ), liquidi o gassosi. Gassificazione: Il processo di gassificazione consiste nella combustione parziale di un materiale in difetto di ossigeno, che dà luogo da un gas combustibile ricco in ossido di carbonio e idrogeno. Per la sua applicazione richiede l utilizzo di un materiale abbastanza omogeneo, per cui viene spesso ipotizzata come applicabile sul CDR.

6 Tecnologie di trattamento termico SEZIONE DI ACCETTAZIONE STOCCAGGIO FORNO E SEZIONE DI RECUPERO ENERGETICO SCARICO E RAFFREDDAMENTO SCORIE DEPURAZIONE GAS E CENERI

7 Sezione di accettazione e stoccaggio L accumulo serve come polmone per l alimentazione continua dei forni con partite omogenee di rifiuto. Nell ipotesi di RSU si utilizzano fosse con autonomia di 2-3 giorni in modo da sopperire alla mancata raccolta dei rifiuti nei fine settimana. Nelle fosse viene anche attuata l'omogeneizzazione dei rifiuti, in modo da garantire una relativa costanza in qualità dell'alimentazione nei forni. L'omogeneizzazione e l'alimentazione sono attuate mediante gru con benna a polipo, che alimentano i rifiuti alla successiva zona di combustione. Tutta la fossa rifiuti è isolata dal resto dell'impianto e dall ambiente esterno, per evitare inconvenienti igienici. Per impedire fuoriuscite di aria maleodorante dai portelloni di scarico dei rifiuti, la fossa è mantenuta in leggera depressione mediante aspirazione continua dell aria interna. L'aria aspirata viene insufflata nei forni come aria di combustione.

8 Forno I forni per la combustione di RSU sono principalmente di quattro tipologie: Griglia (fissa o mobile); Letto fluido (bollente o ricircolante); Tamburo rotante.

9 Forni a griglia I forni a griglia costituiscono la tecnologia più consolidata e di più largo impiego nella combustione di rifiuti, soprattutto RU, grazie alla flessibilità ed all affidabilità di funzionamento. Anche se tale tecnologia può essere considerata matura, vengono apportati continui miglioramenti mediante l impiego di nuovi materiali o l applicazione dei risultati degli studi sulla fluidodinamica della combustione e dello scambio termico con le pareti del generatore di vapore. La griglia può essere fissa o mobile, su di essa viene formato il letto di rifiuti interessato dal processo di combustione. I forni a griglia fissa sono caratterizzati da potenzialità molto piccole e attualmente sono impiegati di rado nel caso di smaltimento di RSU. I forni a griglia mobile, invece, sono quelli maggiormente utilizzati.

10 Forni a griglia Il movimento della griglia, caratteristico di questo tipo di forni, consente il rimescolamento del rifiuto ed il suo contatto con l aria comburente. Dopo la fase di alimentazione, che avviene mediante la tramoggia di carico, si ha la fase di combustione, che avviene sulla griglia. Sulla griglia viene formato un letto di rifiuti dello spessore di alcune decine di centimetri, sul quale avviene la combustione. Da sotto la griglia viene immessa l aria di combustione primaria, con un lieve eccesso rispetto alla quantità stechiometrica (10-20%). L aria secondaria viene dosata al di sopra della griglia in modo da raggiungere le condizioni richieste per quanto riguarda sia contenuto di ossigeno, che temperatura. Sul fondo della griglia avviene la raccolta delle scorie.

11 Forni a griglia All interno del forno è possibile distinguere diverse zone: (1-2) zona di essiccazione in cui i rifiuti vengono a perdere per evaporazione gran parte del contenuto di umidità senza combustione; tale sezione è caratterizzata da temperature ridotte; (3) zona di combustione primaria, in cui si realizzano le reazioni di combustione e formazione di composti volatili che abbandonano il letto. In questa sezione è più visibile l'effetto delle reazioni di combustione con fiamme più alte e maggiori temperature; (4) zona di fine combustione dove proseguono le reazioni di combustione delle frazioni a maggiore dimensione e quindi caratterizzate da cinetiche più prolungate. Qui le temperature tendono a ridursi gradualmente; (5) zona di combustione secondaria delle frazioni volatili prodotte nella sezione di combustione (letto di combustione); tale sezione è posta sopra alla zona di combustione primaria e grazie alle temperature in gioco (fino a C) si realizzano processi di ossidazione dei composti gassosi liberati dalla combustione primaria, mediante l iniezione di ulteriori quantitativi di aria comburente (aria secondaria).

12 Forni a griglia I singoli elementi della griglia possono essere danneggiati a causa delle condizioni operative critiche: temperatura, abrasione da particelle solide, presenza di adesioni di solidi per fusione e solidificazione di materiali basso fondenti. I gradini mobili possono essere raffreddati con aria primaria o ad acqua in circuito idraulico chiuso. Il calore recuperato dal raffreddamento delle griglie è generalmente utilizzato per preriscaldare l aria di combustione.

13 Forni a griglia Sviluppi più recenti: Diminuzione dell inclinazione della griglia correlata alla maggiore facilità di combustione dei rifiuti che quindi richiedono una minore movimentazione; Ottimizzazione della distribuzione dell aria primaria sotto griglia sia per migliorare la combustione e il raffreddamento, sia per ridurre il particolato trascinato; Impiego di griglie raffreddate ad acqua per diminuire l usura con rifiuti ad elevato potere calorifico ( kcal/kg); Possibilità di scaricare le scorie con estrattori a secco per facilitarne la manipolazione e l eventuale recupero di frazioni quali metalli ferrosi e non ferrosi.

14 Forni a tamburo rotante Questa tipologia di forno è costituita da una camera cilindrica leggermente inclinata, che ruota lentamente attorno al proprio asse. Esso è impiegato principalmente per lo smaltimento di rifiuti di origine industriale (solidi, liquidi, pastosi), anche pericolosi. Questa tipologia di forno può essere utilizzata in modo particolare se devono essere smaltiti grossi quantitativi di fanghi, di materiali fini o di frazioni liquide. Viene molto utilizzato per il trattamento di rifiuti sanitari pericolosi e non.

15 Forni a tamburo rotante A fronte di una semplicità costruttiva e di una elevata flessibilità per quanto riguarda la tipologia e le caratteristiche dell alimentazione, esso presenta degli svantaggi, legati essenzialmente al ridotto volume della camera di combustione (che deve essere integrata con una camera di post-combustione separata per il completamento della combustione in fase gassosa), dovuto anche al fatto che si hanno notevoli perdite di calore verso l esterno, per cui è necessario limitare il diametro del tamburo a m. Per sopperire alle scarse caratteristiche di mescolamento si lavora con eccessi d aria del %. Le pareti del cilindro possono essere rivestite con tubi d acqua o con materiale refrattario: in questo caso la temperatura del mantello all esterno raggiunge i 300 C, con notevoli dispersioni di calore. La temperatura di esercizio varia fra gli 850 ed i 1400 C a seconda della pericolosità del rifiuto e del suo potere calorifico

16 Forni a letto fluido I forni a letto fluido sono costituiti da camere cilindriche verticali con pareti refrattariate o membranate all interno delle quali il rifiuto da incenerire viene mantenuto in sospensione da una corrente d aria ascendente. Per fornire maggiore inerzia termica al sistema e favorire i processi di scambio termico viene dosata sabbia o un materiale inerte similare assieme al rifiuto. Il movimento del letto di sabbia, infatti, garantisce un buon contatto comburente-combustibile (rifiuto), oltre che una notevole uniformità di temperatura e di miscelazione, che contribuiscono a garantire una combustione costante e completa. Il forno a letto fluido è indicato soprattutto per il termotrattamento di combustibile derivato da rifiuti (CDR) o di altro rifiuto preventivamente triturato e ridotto alla pezzatura idonea: proprio le problematiche legate ai sistemi di alimentazione hanno limitato la diffusione di tale tipologia di forno per la combustione dei rifiuti urbani.

17 Forni a letto fluido La combustione ha luogo nel letto (usando aria primaria) o nella camera di combustione (usando aria secondaria). Il sistema si basa sull utilizzo dell aria primaria per realizzare un regime aerodinamico di sospensione del letto. Velocità diverse dell aria primaria generano l instaurarsi di diversi condizioni di processo: letto fisso letto bollente letto turbolento letto circolante

18 Forni a letto fluido Nei letti fluidi convenzionali la velocità di fluidificazione è dell ordine dei 1-3 m/s, nei letti fluidi ricircolati invece si possono raggiungere velocità di 8-10 m/s è quindi necessario un sistema di separazione del particolato solido (ciclone), che viene riavviato nel letto principale, prima dell espulsione dei gas. Le potenzialità tipiche per impianti a letto fluido vanno da 150 a 250 t/d

19 Residui solidi da processi di incenerimento L incenerimento rappresenta un trattamento fondamentale all interno della gestione integrata dei rifiuti, permettendo la riduzione del 90% in volume e del 75% in peso del rifiuto da smaltire in discarica Progresso tecnologico e normative sempre più stringenti hanno comportato un progressivo spostamento dei contaminanti dai fumi ai residui solidi di combustione Importanza dei sistemi di trattamento e delle tecniche di minimizzazione degli impatti ambientali

20 Residui solidi da processi di incenerimento Classificazione dei residui secondo l IAWG (International Ash Working Group), con riferimento ad un forno a griglia: Bottom ash Fly ash Grate ash Grate siftings o riddings Heat recovery ash Boiler ash Economizer ash Air pollution control (APC) residues Residuo Produzione specifica [kg/mgru su base secca] Scorie e ceneri di fondo Fly ash + Heat recovery ash Residui da sistemi di trattamento fumi: a secco (calce) a secco (bicarbonato) a semisecco (calce) ad umido con carboni attivi Totale

21 Caratteristiche chimico-fisiche dei residui Passante cumulato [Percentuale in peso] Diametro particelle [mm] Scorie con pezzatura fra sabbie e ghiaie Fly ash (+ Heat recovery ash) fra sabbie e limi APC residues pressoché interamente fra i limi

22 Caratteristiche chimico-fisiche dei residui Quantità confrontabili degli elementi chimici presenti in quantità maggiori (Conc. > 10 g/kg): Si, Al, Fe, Ca, K Fattore discriminante fra diverse frazioni di residui: distribuzione dei metalli pesanti, determinata da meccanismi di arricchimento Predominanza di metalli litofili nelle Bottom Ash (Fe, Cu, Al) Predominanza di metalli volatili nelle ceneri volanti (Hg, As, Cd, Pb e Zn) I microinquinanti organici clorurati si trovano pressoché esclusivamente nelle frazioni fini Element (mg/kg) Bottom Ash Fly Ash Dry/semi-dry APC residues WET APC residues Al 22,000-73,000 49,000-90,000 12,000-83,000 21,000-39,000 Ca ,000 74, , , ,000 87, ,000 Cd Cr Cu Fe ,000 12,000-44, ,000 20,000-97,000 Hg K ,000 22,000-62, , Pb , , , ,000 Si 91, ,000 95, ,000 36, ,000 78,000 Zn , , ,000

23 Trattamento e riutilizzo dei residui Gestione dei residui orientata al riutilizzo diretto o indiretto Opzione concretamente applicabile solo per le scorie e la frazione ferrosa e non ferrosa dei metalli in esse contenuta Principali possibilità di riutilizzo: Industria dei materiali da costruzione; Industria siderurgica; Settore dei sottofondi stradali. In Italia le BA sono normalmente poste in discarica. Possibilità di recupero in procedura semplificata nella produzione di cementi di miscela (DM 05/02/1998 così come modificato dal DM n 186 del 05/04/2006)

24 Trattamento e riutilizzo dei residui Ossidazione completa frazione carboniosa Trattamenti primari Volatilizzazione di Pb, Hg, Cd e As Fissazione elementi non volatili Separazione dimensionale Recupero metalli ferrosi e non ferrosi Trattamenti secondari Maturazione (ageing o weathering) Stabilizzazione/solidificazione con leganti idraulici Trattamento termico Lisciviazione con acidi o solventi

25 Trattamento e riutilizzo dei residui Paese Produzione (t/anno) Utilizzo (%) Vagliatura Tipo di trattamento Recupero ferrosi Austria 232,000 nd X X Recupero non ferrosi Maturazione Belgio 590,000 nd X X talvolta X Danimarca 645, X X X X Finlandia 9,781 nd Francia 2,995, X X spesso X Germania 3,140, X X talvolta X Ungheria 53,000 nd nd nd nd nd Italia 750, X X talvolta Paesi Bassi 1,075, X X X X Norvegia 197, nd nd nd nd Portogallo 178,000 nd Svezia 450,000 9 nd nd nd nd Svizzera 640,000 nd Spagna 250,000 nd nd nd nd nd Regno Unito 725, X X talvolta Portogallo 9,000,000 5 nd nd nd nd Incremento dal 20 al 90% percentuale di recupero Hp densità in mucchio BA = 1500kg/m 3 Risparmio volume in discarica 350,000 m 3 /anno

26 Trattamento e riutilizzo dei residui Vagliatura Miglioramento caratteristiche chimiche Miglioramento caratteristiche fisicomeccaniche (distribuzione granulometrica, permeabilità, ecc.) Recupero metalli (ferrosi 7-15% in peso) (non ferrosi 1-2% in peso) Costo sempre più elevato di materie prime quali Al e Cu Necessità di rimozione Al in caso di recupero (produzione H 2 )

27 Trattamento e riutilizzo dei residui

28 Trattamento e riutilizzo dei residui Maturazione: materiali posti in cumuli all aperto o in capannoni coperti per almeno 12 settimane, allo scopo di promuoverne la naturale trasformazione mineralogica. Principali reazioni: Idratazione di ossidi di Ca, Al, Na, K e di metalli quali Al e Fe CaO Ca(OH) 2 Al 2 O 3 Al(OH) 3 Carbonatazione Ca(OH) 2 +Co 2 CaCO 3 Reazioni di ossido-riduzione Riduzione significativa della tendenza a lisciviazione

29 Trattamento e riutilizzo dei residui Separazione chimica Acqua: riduzione significativa solo di cloruri e ioni alcalini Soluzioni di tipo acido (acido citrico ed ammonio citrato) Applicabile sia a BA che ad APC residues Costi elevati Stabilizzazione/ solidificazione con leganti idraulici Riduzione superficie di contatto rifiuto/acque di percolazione Inglobamento dei contaminanti nella matrice solida Incremento dei quantitativi di materiali da porre in discarica; Durata limitata dell intrappolamento fisico dei contaminanti Scarsi risultati sia per i sali solubili, che per metalli quali Pb e Zn

30 Trattamento e riutilizzo dei residui Trattamenti termici Vetrificazione Fusione Sinterizzazione (Temperatura > 1400 C, Aggiunta di additivi) Temperatura > 1400 C, nessuna aggiunta, produzione di un materiale multifase, con separazione dei metalli fusi Riscaldamento del materiale a circa 900 C, riconfigurazione strutturale, maggiore densità, minore tendenza alla lisciviazione Riduzione volumetrica Distruzione del 95% delle diossine Riduzione della disponibilità a lisciviazione di Cr, Cu, Zn e Pb Elevato consumo di energia Mobilizzazione dei metalli volatili Possibile alternativa: impianti di incenerimento di nuova generazione operanti a temperature prossime a 1600 C

31 Emissioni in atmosfera Il controllo delle emissioni è parte integrante del processo di gestione di un impianto di conversione termica dei rifiuti. Le emissioni, intese come output del sistema, sono di carattere sia solido (scorie, ceneri) che liquido (eventuali reflui dai processi di abbattimento ad umido) che gassoso e per ognuna di queste fasi devono essere previsti opportuni sistemi di trattamento e di gestione.

32 Emissioni in atmosfera Ai sensi del D.Lgs 152/06 art. 268 è definito inquinamento atmosferico: Ogni modificazione dell aria atmosferica dovuta all introduzione nella stessa di una o più sostanze in quantità o con caratteristiche tali da ledere o da costituire un pericolo per la salute umana o per la qualità dell ambiente oppure tali da ledere i beni materiali o compromettere gli usi legittimi dell ambiente. Gli inquinanti possono essere distinti in Inquinanti primari ed Inquinanti secondari e poi in macroinquinanti e microinquinanti: Inquinanti primari: sono immessi direttamente in atmosfera da fonti sia naturali che di origine antropica; Inquinanti secondari: sono prodotti da reazioni chimiche tra più inquinanti primari, ovvero tra questi ed i normali costituenti dell atmosfera. La formazione di inquinanti secondari può avvenire, nelle normali condizioni di temperatura presenti in atmosfera, eventualmente a seguito di attivazione fotochimica;

33 Emissioni in atmosfera Macroinquinanti: sono inquinanti presenti in concentrazioni dell ordine delle p.p.m. (parti per milione), originati dalla trasformazione chimica di talune macrocomponenti del rifiuto (ceneri, Cl, S, N e P), da trasformazioni secondarie non desiderate e dall ossidazione incompleta del carbonio organico. Le specie principali di macroinquinanti, in genere denominate big five, sono rappresentate da: Monossido di carbonio (CO); Ossidi di azoto (NOx); Ossidi di zolfo (SOx); Particolato solido totale (TSP); Ozono e composti organici volatili. Microinquinanti: sono inquinanti presenti in concentrazioni molto basse, dell ordine delle p.p.b. (parti per bilione), ma già pericolosi per gli ecosistemi spesso anche a causa di fenomeni di bioaccumulo. Di questa categoria fanno parte specie di natura sia organica che inorganica; tra i microinquinanti organici si annoverano i BTX (benzene, toluene, xilene), gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA) ed i microinquinanti organoclorurati (policlorobifenili (PCB), policlorodibenzodiossine (PCDD) e policlorodibenzofurani (PCDF)), mentre fra gli inorganici vanno citati i metalli pesanti (As, Cd, Cr, Cu, Hg, Ni, Mo, Sb, Tl).

34 Ossidi di azoto (NOx) Gli ossidi di azoto che destano maggiore preoccupazione a causa degli effetti dannosi che possono provocare sugli ecosistemi sono rappresentati principalmente dalle specie monossido NO e diossido NO 2. Entrambi si generano per reazione dell azoto con l ossigeno, secondo le reazioni: N + O 2NO 2 2 2NO + O NO 2 2 sia per effetto della combustione di combustibili contenenti composti azotati, sia per reazione tra l azoto e l ossigeno contenuti nell aria nel corso di combustioni che si svolgono a temperature superiori ai 1100 C, cui consegue essenzialmente la formazione di NO. L NO, tuttavia, tende a reagire molto rapidamente e anche a bassi livelli di concentrazione, con gli ossidanti atmosferici (per esempio l ozono), per dare NO 2 quale inquinante secondario: è per tale ragione che la concentrazione di NO 2 ed NO viene espressa come NO 2 equivalente ed indicata come NO x. 2

35 Ossidi di azoto (NOx) Dal punto di vista ambientale, il controllo degli ossidi di azoto è importante per prevenire fenomeni quali smog fotochimico e piogge acide. Smog fotochimico Con il termine Smog si indica un fenomeno che si origina in condizioni atmosferiche che favoriscono il ristagno dell aria e di fumi di origine antropica. In queste condizioni si possono avere una scarsa visibilità ed una irritazione degli occhi e delle prime vie respiratorie. Gli inquinanti che partecipano al fenomeno sono l NOx e gli idrocarburi. NO2 + Fotone UV NO. + O O2 + O O3 O3 + NO O2 + NO2 Il complesso delle tre reazioni sopra descritte, pur generando composti come NO e O3, senza l introduzione di ulteriori contaminanti risulterebbe bilanciato, e chiuderebbe con un rapido ricambio di NO2, attraverso un formarsi e distruggersi di NO ed O3.

36 Ossidi di azoto (NOx) Quando, però, sono introdotti nel sistema idrocarburi come molecole incombuste, o solo parzialmente combuste, si assiste ad uno sbilanciamento del ciclo sopra descritto. Dalla reazione fra tali idrocarburi e ossigeno si ottiene un prodotto, che può essere genericamente indicato come R-O2 e che fa parte della famiglia dei Perosso Acil Nitrati (PAN). I PAN, oltre ad essere potenti irritanti degli occhi e delle mucose nasali, sono sostanze altamente reattive, in grado, quindi, di dare luogo a successive reazioni con l NO. In questo modo il monossido di azoto viene eliminato dal ciclo fotolitico, impedendo il normale consumo di O3, che si verifica in assenza di vapori di idrocarburi. Il risultato finale di una tale interazione con il ciclo fotolitico dell NO2 consiste in un accumulo nell aria di O3 e PAN.

37 Ossidi di azoto (NOx) Piogge acide La composizione chimica delle piogge e delle altre precipitazioni atmosferiche è determinata da una serie di composti che, miscelandosi con diverse modalità chimiche e fisiche all acqua che giunge nell aria per evaporazione e per traspirazione, può condurre ad una miscela con ph piuttosto vari. In condizioni di normalità, l incontro del vapore d acqua con la CO 2, naturalmente presente nell aria, dà origine alla formazione di piccole quantità di acido carbonico, che conferisce alle precipitazioni un ph attorno al valore 5.6 L immissione in atmosfera di NO x e soprattutto di SO x provoca un sostanziale incremento di tale fenomeno: in particolare, nel caso degli ossidi di azoto, si ha la reazione dell NO 2 con l acqua piovana per dare luogo ad una soluzione di acido nitrico e nitroso: 2NO 2 ( g ) + H 2O HNO3( aq) + HNO2( aq) In termini di impatto ambientale, le piogge acide possono interagire con il sistema dando luogo a fenomeni indesiderati quali: danni estetici e al patrimonio; fenomeni avversi alla salute umana; alterazioni di alcuni ecosistemi.

38 Ossidi di azoto (NOx) Controllo ossidi di azoto Azioni primarie (controllo della combustione) Azioni secondarie (trattamento degli effluenti gassosi) Interventi sulla combustione Interventi sui bruciatori Controllo del contenuto di azoto nel combustibile Riduzione selettiva non catalitica (SNCR) Riduzione selettiva catalitica (SCR)

39 Ossidi di azoto (NOx) Interventi di tipo primario: riduzione dei Fuel NOx mediante controllo del combustibile in ingresso: selezionando il flusso dei rifiuti ed andando ad eliminare la frazione organica. Volendo intervenire, invece, sulla quota parte di Thermal NOx è possibile prevedere un incremento della quota di aria secondaria associato ad una diminuzione di quella primaria, in modo da limitare la presenza di ossigeno nella zone a temperatura elevata. Questo, tuttavia, richiede un accurato controllo del processo, per evitare la formazione di prodotti incombusti. Un ulteriore possibilità è quella di ricircolare una certa quantità dei gas di scarico (in genere circa il 30%) nella zona di combustione, andando a creare un ambiente con più bassi tenori di ossigeno. Interventi di tipo secondario: sono utilizzabili i processi di riduzione selettiva non catalitica (SNCR) o di riduzione selettiva catalitica (SCR): in entrambi i casi è necessario utilizzare agenti riducenti quali ammoniaca in soluzione acquosa o additivi di processo contenenti urea. Il termine "selettiva" si riferisce alla capacità dell'ammoniaca di reagire con NO invece di essere direttamente ossidata dall'ossigeno dell'aria; tale caratteristica è specifica dell'ammoniaca in quanto non è stata osservata per altri riducenti quali idrocarburi, H 2 o CO.

40 Riduzione selettiva catalitica (SCR) Questo processo consiste nell iniezione di ammoniaca nel flusso di gas di combustione, a monte di un letto catalitico. La reazione chimica che ne deriva è la seguente: O NO + 4 NH 3 4 N H 2 O NO x e NH 3 si combinano sulla superficie del catalizzatore, formando una sale di ammonio intermedio che, successivamente, si decompone per produrre azoto elementare ed acqua. Il catalizzatore ha il compito di abbassare l energia di attivazione della reazione di decomposizione degli NO x, consentendo l uso della tecnologia a temperature più basse: l intervallo ideale è C.

41 Riduzione selettiva catalitica (SCR) Questo processo rimuove il 70 90% degli NO x con un residuo di ammoniaca non reagita comunque inferiore alle 10 ppm. Un sistema di riduzione catalitica è formato dai seguenti componenti: reattore catalitico; griglia di iniezione dell ammoniaca; unità di stoccaggio dell ammoniaca; eventuale post riscaldamento dei fumi.

42 Riduzione selettiva catalitica (SCR) L ammoniaca può essere iniettata sotto forma anidra o come soluzione acquosa. I tempi di residenza devono essere tali da garantire una adeguata miscelazione NOx NH 3 prima del letto catalitico e variano da 0,5 a 1 secondo. Per quanto riguarda i catalizzatori, in commercio sono disponibili in una vasta gamma di materiali e di forme; i materiali più utilizzati sono i metalli, quali titanio, vanadio e platino, le zeoliti e le ceramiche. Tutti sono caratterizzati dall avere una elevata superficie specifica; le forme più utilizzate sono quelle con piatti a nido d ape, paralleli, a spigolo, ad anelli o a palline. Gli inconvenienti principali dei catalizzatori derivano dalla loro ostruzione da parte di polveri di particelle fini, dall avvelenamento da parte di sostanze chimiche, in particolare SO2, e dalla conversione di SO2 a SO3 con conseguenti problemi di corrosione nella sezione a valle dell impianto e formazione di bisolfito di ammonio sul catalizzatore. Per questo motivo è opportuno prevedere tale sezione di trattamento a valle dei diversi sistemi di trattamento dei fumi, dove è più bassa la concentrazione degli agenti avvelenanti per il catalizzatore.

43 Riduzione selettiva non catalitica (SNCR) Riduzione selettiva non catalitica: Nella riduzione selettiva non catalitica dell ossido di azoto i radicali amminici (ottenuti dalla reazione dell ammoniaca con i radicali OH) reagiscono con il monossido di azoto a temperature comprese fra gli 850 C ed i 1050 C a formare azoto e vapore acqueo. Reazioni attese: 4NO + 4NH3 + O2 4N2 + 6H2O 2NO2 + 4NH3 3N2 + 6H2O

44 Riduzione selettiva non catalitica (SNCR) L equilibrio della reazione selettiva non catalitica è fortemente dipendente dalla temperatura e dalla concentrazione di partenza dei reagenti: a temperature più elevate rispetto all intervallo sopra citato, infatti, si potrebbe favorire l ossidazione dell ammoniaca con conseguente incremento di ossidi di azoto: NH 5O 2 4NO 6H 2O viceversa, a temperature più basse, l ammoniaca potrebbe non reagire nella camera di combustione (ammonia slip), dando luogo, successivamente, ad incrostazioni per la formazione di Sali (solfato e cloruro di ammonio).

45 Gas acidi Generalità I principali gas acidi sono l anidride solforosa (SO 2 ), l acido cloridrico (HCl) e l acido fluoridrico (HF), che derivano dalla combustione di sostanze contenenti zolfo, cloro e fluoro. Gli ossidi di zolfo, insieme a quelli di azoto, sono tra i principali responsabili del fenomeno delle piogge acide: il biossido (SO 2 ), generato da processi di combustione, ma anche il triossido (SO 3 ), che deriva dall ossidazione fotochimica del primo, si trovano nell aria sotto forma di gas ed, in relazione alla presenza di vapor d acqua, possono dare origine alla formazione di H 2 SO 3 ed H 2 SO 4. Gli effetti diretti degli ossidi di zolfo sulla salute dell uomo consistono essenzialmente in fenomeni di irritazione dell apparato respiratorio.

46 Gas acidi Per il controllo dei gas acidi sono disponibili svariati metodi: è possibile, da un lato, intervenire separando a monte i rifiuti contenenti frazioni significative di cloro e zolfo; dall altro si può intervenire a valle, per mezzo di sistemi di trattamento fumi, che essenzialmente sono di tre tipi: assorbimento ad umido; assorbimento a secco; assorbimento a semisecco. Di norma i trattamenti dei gas acidi sono preceduti da una depolverazione primaria, per limitare il carico di polveri in arrivo e per separare le polveri di combustione da quelle derivanti dai processi di abbattimento dei gas acidi, provvedendone una diversa destinazione.

47 Gas acidi Processi ad umido: I processi ad umido rappresentano una tecnologia convenzionale ormai consolidata. La rimozione delle componenti inquinanti d interesse si basa sul loro trasferimento in fase liquida; ciò si ottiene ponendo in contatto il gas con opportuni liquidi assorbenti, in installazioni in grado di ottimizzare il contatto stesso e massimizzare le cinetiche di scambio. La scelta del liquido di lavaggio e della configurazione delle apparecchiature è legata alle caratteristiche di solubilità dell'inquinante. Per gli acidi alogenidrici (HCl ed HF), che sono composti altamente idrofili, si utilizza di norma acqua come solvente all interno di torri a spruzzo. Queste sono costituite da una colonna verticale, chiamata assorbitore, in cui il gas di alimentazione entra dal basso e fluisce verso l alto mentre il liquido solvente, iniettato dall alto, scorre verso il basso in controcorrente. Normalmente sono utilizzati piatti a griglia o ad impiccamento, per favorire un buon contatto tra il solvente e il gas. Nel momento in cui il gas ha raggiunto la testa della colonna, la maggior parte dei componenti che si desidera eliminare si è sciolto nel solvente e il gas pulito passa nell atmosfera o ad un altro impiego. Il solvente carico, che contiene la maggior parte del componente che si vuole rimuovere dal gas, può eventualmente essere ricircolato previo trattamento di strippaggio.

48 Gas acidi Nel caso dell'so 2, che presenta una solubilità in acqua assai più scarsa, si ricorre, di norma, ad un assorbimento di tipo chimico con soluzioni alcaline di soda. Tale processo è condotto tramite installazioni che consentano adeguati tempi di permanenza per lo sviluppo delle reazioni di neutralizzazione. Nelle realizzazioni più recenti il sistema utilizzato è rappresentato da una colonna di assorbimento a due stadi neutro-acido. La colonna, in pratica, risulta suddivisa in due sezioni, di cui quella superiore alimentata con soda, quella inferiore con acqua.

49 Gas acidi Processi a secco o a semisecco: I processi a secco sono basati sull assorbimento chimico-fisico dei gas acidi da parte di calce idrata (o bicarbonato di sodio) in polvere fine, iniettata pneumaticamente nei fumi. Nel caso che i reagenti siano iniettati come sospensione acquosa concentrata si parla di sistema a semisecco: in entrambi i casi, i prodotti delle reazioni si ritrovano sotto forma di polveri nella corrente gassosa e richiedono quindi ulteriori operazioni di depolverazione per completare la rimozione. Il reagente di più comune utilizzazione è costituito dalla calce idrata, che neutralizza i gas secondo le seguenti reazioni principali: Ca( OH ) 2 + 2HCl CaCl 2 + 2H2O Ca( OH ) 2 + 2HF CaF 2 + 2H2O Ca( OH ) 2 + SO 2 CaSO 3 + H2O In alternativa alla calce, come reagente neutralizzante può essere usato anche il bicarbonato di sodio (NaHCO 3 ). In particolare esso dimostra una maggiore affinità nei confronti di HCl e SO 2, il che consente di operare con eccessi di reagente più contenuti; la sua maggiore efficacia, tuttavia, è bilanciata da un maggior costo, solo in parte compensato dalla minore produzione di residui solidi e quindi da una riduzione del costo di smaltimento.

50 Gas acidi Gas Acidi Trattamento Vantaggi Svantaggi Nessun refluo liquido Efficienze ridotte rispetto ai sistemi ad umido Calce Minor costo del reagente Richiede maggiori quantità di reagente S E C C O Bicarbonato di sodio Semplicità impiantistica Nessun refluo liquido Efficienze paragonabili ai sistemi ad umido Richiede minori quantità di reagente Prestazioni inferiori ai sistemi ad umido Maggior costo del reagente Minor produzione residui Semplicità impiantistica U M I D O Acqua + Soda Elevata efficienza Basso consumo reattivi (soda) Maggiori costi di gestione rispetto ai sistemi a secco Presenza di reflui liquidi da smaltire

51 Particolato Le polveri in un processo d'incenerimento si producono principalmente attraverso due vie: all'atto della combustione, per la produzione di incombusti o a causa della presenza di inerti nelle varie matrici combustibili per condensazione di sostanze prodotte o evaporate alla temperatura della camera di combustione, come ad esempio alcuni metalli pesanti ed i loro sali. Per fenomeni di volatilizzazione e condensazione su particolato fine ad elevato rapporto superficie/massa, i composti più tossici come As, Pb, Cd si concentrano nelle ceneri volanti a più piccola granulometria. A seconda delle loro dimensioni, le particelle vengono classificate con le sigle PM ed un numero che ne identifica la dimensione massima in micron: PM20, PM10, PM2.5 Dal punto di vista degli effetti sulla salute umana, le PM10 e le PM2.5 sono le più pericolose perchè possono infiltrarsi fino negli alveoli polmonari. La deposizione alveolare è particolarmente importante perché in questa parte dei polmoni non ci sono ciglia, che consentono la rimozione del particolato: le particelle depositate vi rimangono e possono fissarsi permanentemente nel tessuto alveolare, risultando possibile causa di malattie polmonari.

52 Particolato La depolverazione consiste nella separazione della fase solida da quella gassosa. Le esigenze del rispetto dei limiti impongono rimozioni spesso superiori al 99%, ottenibili attraverso due tipologie di processo: a secco e ad umido. Controllo del particolato Sistemi a secco Sistemi ad umido Cicloni e multicicloni Filtrazione a tessuto Filtri elettrostatici o elettrofiltri Scrubber (a nebulizzazione, a riempimento, a piatti forati, a venturi) Precipitatori elettrostatici ad umido

53 Particolato Cicloni e multicicloni: I cicloni sono dei sistemi di abbattimento che, senza utilizzo di organi in movimento e sfruttando ingressi opportunamente sagomati, permettono di separare le particelle contaminanti solide contenute in un flusso d aria; queste precipitano per gravità andando a depositarsi in un contenitore fino alla successiva fase di trattamento. Un ciclone può essere rappresentato da una struttura cilindrica con uscita ad imbuto, costituita da una bocca di entrata del gas da trattare e da una di uscita. Solitamente il contaminante viene raccolto sul fondo del dispositivo mentre il gas trattato esce dall alto (configurazione convenzionale). La capacità di trattare particelle con granulometria più o meno fine dipende dal diametro del ciclone.

54 Particolato I cicloni possono essere impiegati anche come parti di unità modulari in parallelo che prendono il nome di multicicloni. In questo caso si utilizzano elementi di piccolo diametro (dai 15 ai 50 cm). Per elevate quantità di gas da trattare i multicicloni possono essere formati anche da centinaia di elementi: questo comporta costi di trattamento molto elevati (sia di installazione che di esercizio); in queste situazioni si preferiscono sistemi formati da uno o più cicloni disposti in parallelo e di diametro maggiore così da avere una riduzione dei costi del sistema a scapito però di un decremento della capacità di separazione delle polveri fini.

55 Particolato La filtrazione dell aria mediante filtri a tessuto è un processo dedicato al trattamento dei fumi e/o di effluenti gassosi in cui siano presenti inquinanti sotto forma di particelle di piccole dimensioni. I dispositivi filtranti a tessuto impiegati sono generalmente formati da un mezzo filtrante e una struttura di supporto, da un involucro esterno a tenuta, da un sistema di pulizia del tessuto dallo strato di polvere accumulatosi e da una serie di tramogge per la raccolta delle polveri. I filtri si suddividono, in base alla disposizione del tessuto, secondo le seguenti principali configurazioni: a maniche: si tratta di una serie di tubi di tessuto chiusi ad un estremità; a tasche: singoli filtri a forma di busta, con un estremità aperta; a pannelli; pieghettati: filtri a sezione stellare, la cui peculiarità è quella di offrire una maggiore superficie a disposizione per il filtraggio.

56 Particolato Il principio di funzionamento è tuttavia analogo, e si articola nei seguenti aspetti: il flusso di gas attraversa il tessuto, che blocca e cattura le polveri; queste, a loro volta, formano uno strato di particolato sulla superficie del filtro; lo strato crescente di polvere sul tessuto determina un aumento dell efficienza filtrante, ma per contro anche un incremento delle perdite di carico; sono necessari periodici interventi di pulizia per liberare i tessuti. In generale, l aria carica di polveri entra dalla parte inferiore, poco sopra le tramogge e risale lungo i filtri attraversandoli dall esterno all interno. Il passaggio attraverso il tessuto determina, grazie all azione congiunta di diversi meccanismi, il depolveramento della corrente gassosa in uscita dagli scarichi, posti nella parte superiore dell apparecchiatura.

57 Particolato La scelta del materiale filtrante è legata alle caratteristiche chimiche e fisiche dell effluente gassoso da trattare: alte temperature, ad esempio, portano ad escludere le fibre naturali ed alcune fibre sintetiche. Negli ultimi anni, le entità di rimozione, già piuttosto elevate, ottenibili attraverso l utilizzo di tessuti in fibra sintetica (polipropilene, Teflon, Rylon) sono state ulteriormente aumentate con l adozione delle fibre microporose (Goretex e simili).

58 Particolato Filtri Elettrostatici o Elettrofiltri: I precipitatori elettrostatici basano il loro funzionamento sul principio della separazione elettrostatica, ottenuta caricando artificialmente le particelle solide all interno di un campo elettrico. Il sistema è composto, schematicamente, da un elettrodo di emissione (costituito da un cavo elettrico) e da un elettrodo di raccolta, tra i quali si fanno fluire i fumi. A causa del diverso potenziale degli elettrodi, si determina un passaggio di corrente attraverso l aeriforme (che funge da dielettrico), con le particelle solide che si caricano elettricamente. Queste, all interno dei precipitatori elettrostatici, risultano quindi soggette a tre forze: la forza gravitazionale (in genere trascurabile), la forza trascinamento dovuta al flusso del fluido e l attrazione elettrica. Ne deriva che le particelle assumano un moto irregolare, che le porta ad impattare sull elettrodo di raccolta. Da qui le particelle vengono allontanate con sistemi meccanici (vibrazioni, scuotimenti) o per mezzo del passaggio di un film liquido sulla superficie dell elettrodo (in questo caso si parla di precipitatori elettrostatici ad umido).

59 Particolato I precipitatori elettrostatici sono formati in genere da più sezioni (dette campi ) disposte in serie: negli impianti più usuali il numero di campi è compreso tra 2 e 4. Il loro rendimento di rimozione dipende soprattutto dalle dimensioni delle particelle e dall intensità del campo elettrico, ma valori usuali sono dell ordine del 99%, soprattutto per la frazione di particelle con diametro superiore a 10µm; rispetto ai filtri a maniche, i valori delle efficienze risultano in genere inferiori, però gli elettrofiltri consentono di trattare fumi con temperature fino a 700 C ed inoltre danno luogo a perdite di carico molto più contenute

60 Particolato Scrubber: Per quanto riguarda i sistemi ad umido, in essi il particolato viene separato dall aeriforme attraverso l aggiunta di acqua, che, in uscita dal sistema, va opportunamente depurata. L acqua, unendosi alle particelle solide, rende queste ultime più pesanti, quindi, più facilmente separabili. Le diverse soluzioni ingegneristiche hanno condotto alla realizzazione di un elevato numero di sistemi di abbattimento ad umido, soprattutto perchè si dimostrano molto utili quando i flussi contaminati presentano polveri, gas e vapori potenzialmente combustibili o esplosivi. Comunque, semplificando, possono essere individuate, sostanzialmente, quattro diverse tipologie di impianti: le torri a nebulizzazione; le torri a piatti forati; le torri con corpi di riempimento; i sistemi Venturi.

61 Particolato Fra quelli precedentemente elencati, solo i sistemi di tipo Venturi, nei quali la captazione delle polveri fini è resa particolarmente efficace dall'atomizzazione spinta del liquido, presentano efficienze adeguate, seppur generalmente inferiori a quelle dei filtri a tessuto. Uno scrubber Venturi è un tipo di dispositivo che raccoglie le particelle facendo venire a contatto la corrente gassosa accelerata con una superficie umida, tipicamente costituita da gocce d acqua Le gocce contenenti il materiale da raccogliere vengono fatte poi passare in un ciclone, nel quale vengono separate dal flusso gassoso depurato.

62 Metalli pesanti Le caratteristiche dei metalli presenti nei fumi sono ovviamente connesse alla tipologia del rifiuto solido; ne consegue che il sistema più efficace per un loro contenimento è la separazione a monte dell impianto, in particolare di quei materiali con presenze di metalli pesanti quali cadmio, piombo, cromo e mercurio, che, come noto, sono di elevata tossicità. Nel corso della combustione i metalli passano allo stato gassoso, per poi ricondensare, pressoché completamente, nelle sezioni dell impianto in cui la temperatura si riduce a circa 250 C. Viene così a formarsi un particolato metallico, che in buona parte si deposita su altre particelle solide contenute nella corrente gassosa, sopratutto quelle di più piccola dimensione. Il solo mercurio è presente nell effluente allo stato gassoso ancora con alte concentrazioni, in quanto caratterizzato da un elevata volatilità. Per le ragioni sopra esposte la rimozione dei metalli viene di norma condotta unitamente a quella del particolato, spesso con l ausilio di filtri a maniche. Più complessa è la separazione del mercurio, il cui abbattimento richiede un raffreddamento dei fumi intorno a valori di temperatura di C, raggiungibili con uno degli scrubber già descritti. Il mercurio può anche essere rimosso per adsorbimento con carbone attivo.

63 Composti organo-clorurati I composti organo-clorurati sono sostanze organiche in forma alogenata, quali clorobenzene, clorofenoli, policlorodibenzodiossine (abbreviate con la sigla PCDD e note solitamente con il nome di diossine ), policlorodibenzofurani (PCDF, note anche semplicemente come furani ), tutte caratterizzate da elevata tossicità per l uomo. La formazione dei microinquinanti organo-clorurati può essere già contenuta nella camera di combustione, conducendo il processo ad alte temperature ( C), con rilevanti tenori di ossigeno ed elevata turbolenza. La presenza di una camera di postcombustione, peraltro prevista dalla normativa, con temperature dei fumi di 1050 C e tempo di residenza di 2 secondi, svolge un ruolo fondamentale nella pressoché totale decomposizione di tali microinquinanti.

64 Composti organo-clorurati Le tecniche di rimozione dei composti organo-clorurati è strettamente legata alla forma in cui essi sono presenti nella corrente gassosa. Nel caso di un inceneritore per RSU si può ritenere che il 60 80% dei PCDD e PCDF sia contenuto allo stato di gas o vapore mentre la rimanente aliquota si accompagna, allo stato solido, al particolato. La frazione solida di PCDD e PCDF viene controllata mediante i sistemi per l abbattimento del particolato, in particolare quelli efficaci per la rimozione delle particelle più fini. La frazione allo stato gassoso, a sua volta, viene catturata utilizzando anche la tecnica della riduzione catalitica SCR. Tutti i sistemi citati, in presenza di buona combustione, garantiscono, in genere, concentrazioni dei microinquinanti organo-clorurati inferiori ai limiti fissati dalla normativa. Volendo ottenere rendimenti ancora superiori, si può prevedere un processo ad hoc, costituito di solito da un filtro di carbone attivo.

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