Avvocatidifamiglia. n. 3 - luglio-settembre 2013 OSSERVATORIO NAZIONALE SUL DIRITTO DI FAMIGLIA ISSN

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1 ISSN OSSERVATORIO NAZIONALE SUL DIRITTO DI FAMIGLIA n. 3 - luglio-settembre 2013 Avvocatidifamiglia Anno VI - n. 3 - luglio-settembre Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - 70% - DCB Roma L emergenza della violenza di genere La riforma della filiazione L autonomia negoziale nel diritto di famiglia L'atto processuale dell ascolto

2 Avvocatidifamiglia OSSERVATORIO NAZIONALE SUL DIRITTO DI FAMIGLIA LA PROFESSIONE FORENSE NEL DIRITTO DI FAMIGLIA IN ITALIA Avvocati di famiglia Periodico dell Osservatorio nazionale sul diritto di famiglia Nuova serie, anno VI, n. 3 - luglio-settembre 2013 Autorizzazione del tribunale di Roma n. 98 del 4 marzo 1996 Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - 70% - DCB Roma Amministrazione Osservatorio nazionale sul diritto di famiglia Centro studi giuridici sulla persona Via Nomentana, Roma Tel Fax (segreteria@osservatoriofamiglia.it) Direttore responsabile avv. Gianfranco Dosi (gianfrancodosi@studigiuridici.it) Comitato esecutivo dell Osservatorio nazionale sul diritto di famiglia avv. Gianfranco Dosi (Roma) avv. Claudio Cecchella (Pisa) avv. Franca Ferrara (Cagliari) avv. Matilde Giammarco (Chieti) avv. Michela Labriola (Bari) avv. Giancarlo Savi (Macerata) Comitato dei probiviri dell Osservatorio nazionale sul diritto di famiglia avv. Massimo Bisson (Milano) avv. Angela Chimento (Catania) avv. Michela Fugaro (Verona) avv. Francesca Salvia (Palermo) avv. Raffaella Zadra (Bolzano) Redazione Maria Giulia Albiero, Germana Bertoli, Claudio Cecchella, Maria Stella Ciarletta, Emanuela Comand, Gianfranco Dosi, Matilde Giammarco, Michela Labriola, Claudia Romanelli, Francesca Salvia, Giancarlo Savi Coordinamento redazionale avv. Maria Limongi Impaginazione e Stampa EUROLIT S.r.l Roma - Via Bitetto, 39 - Tel (eurolit@eurolit.it)

3 SOMMARIO Avvocati di famiglia luglio-settembre 2013 Sommario Editoriale L emergenza della violenza di genere: i contenuti del decreto legge 13 agosto (Gianfranco Dosi) Legislazione La riforma della filiazione 5 (Giulia Albiero) Giurisprudenza L assegnazione della casa in comodato 15 (Cass. civ. sez. III, 17 giugno 2013, n ) Il punto di vista (Michela Labriola e Arianna Abbruzzese) 26 Tribunale Minorenni di Palermo, decreto 11 aprile (Giuseppe Palazzolo) Studi e ricerche L autonomia negoziale nel diritto di famiglia: l evoluzione giurisprudenziale 35 (Germana Bertoli) L'atto processuale dell'ascolto 40 (Cass. civ. Sez. I, 15 maggio 2013, n ) (Giancarlo Savi) Il punto sulla giurisprudenza in tema di reclamabilità dei provvedimenti temporanei ad urgenti nei procedimenti per separazione e divorzio 52 (Francesca Ferrandi) Iniziative Presentazione Protocollo del Tribunale di Messina per l ascolto del minore 58 (Giulia Albiero) Mediazione penale L attività di mediazione nell ambito della giustizia penale minorile 63 (Matilde Giammarco) Lessico di diritto di famiglia Violazione degli obblighi di assistenza familiare 69 (Gianfranco Dosi) In libreria Consenso e dissenso informati nella prestazione medica 75 (Maria Nefeli Gribaudi) Famiglia e Successioni Eredità e Donazioni. Vademecum. 75 (Maria Teresa Pelle) La famiglia in Italia. Sfide sociali e innovazioni nei servizi. Volume I - Aspetti demografici, sociali e legislativi. Volume II - Nuove best practices nei servizi alle famiglie 76 (A cura di Pierpaolo Donati) Le garanzie patrimoniali nella famiglia Corresponsione diretta, sequestro, ipoteca 77 (Gloria Servetti, a cura di Massimo Dogliotti) Le pratiche per l extracomunitario 78 (Roberto Giovagnoli, Giulia Di Domenico, Cristina Durigon, Sofia Leonardi e Pier Paolo Polese, con il coordinamento di Sara Di Cunzolo) Manuale pratico per la protezione dell incapace 78 (Francesca Sassano) Politiche familiari europee Convergenze e divergenze 79 (A cura di Riccardo Prandini) Prove e procedimenti sommari 80 (Antonio Salvati) luglio-settembre 2013 Avvocati di famiglia 1

4 EDITORIALE L EMERGENZA DELLA VIOLENZA DI GENERE: I CONTENUTI DEL DECRETO LEGGE 13 AGOSTO 2013 GIANFRANCO DOSI, AVVOCATO DEL FORO DI ROMA Adistanza di poco più di quattro anni dal decreto legge 23 febbraio 2009, n. 11, convertito nella legge 23 aprile 2009 n. 38 (misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori) un altro decreto legge (13 agosto 2013 n. 93) introduce nuove ulteriori misure per inasprire e rendere più il sistema di contrasto alla violenza di genere che più si perfeziona e più sembra alimentare anziché ridurre il numero di vittime. Quasi quarantamila denunce in quattro anni. Una escalation impressionante di vittime: il 30% di tutti gli omicidi commessi in un anno. Nel 95% dei casi le vittime conoscevano l aggressore che nel 70% dei casi era il compagno separato o rifiutato. Senza contare chi subisce in silenzio. La violenza è ovunque. Perfino - abbiamo scoperto increduli - tra noi avvocati che dovremmo combatterla. Il decreto in vigore dallo scorso 17 agosto ci ricorda che si tratta di una emergenza che non possiamo ignorare e da cui dobbiamo ripartire. Evidentemente quello che tutti noi abbiamo fatto non è stato sufficiente. Il decreto legge contro la violenza: Modifica ancora una volta l art. 572 del codice penale ( maltrattamenti contro familiari e conviventi che era stato già inasprito dalla legge 1 ottobre 2012, n. 172) portando a 18 anni la soglia di protezione delle vittime minorenni. Introduce - nell articolo 609-ter del codice penale - due ulteriori circostanze aggravanti in caso di violenza sessuale commessa nei confronti di donna in stato di gravidanza (n. 5-ter) e nei confronti di persona della quale il colpevole sia il coniuge, anche separato o divorziato, ovvero colui che alla stessa persona è o è stato legato da relazione affettiva, anche senza convivenza. (n.5-quater). Modifica l art. 612-bis (Atti persecutori) prevedendo l aumento della pena se il fatto è commesso anche dal coniuge separato (non solo allorché è commesso dal coniuge separato, come era prima) e estende l aggravante ai casi in cui il La definizione di violenza domestica data dal decreto legge 13 agosto 2013, n. 93 si intendono per violenza domestica tutti gli atti, non episodici, di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all interno della famiglia o del nucleo familiare o tra attuali o precedenti coniugi o persone legate da relazione affettiva in corso o pregressa, indipendentemente dal fatto che l autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima. fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici. La querela proposta diventa irrevocabile (nuovo quarto comma dell art.612-bis). Il questore dopo l ammonimento deve obbligatoriamente adottare i provvedimenti di sequestro delle armi in possesso del denunciato (nuovo art.8 comma 2 della legge del 2009). Estende la possibilità di emissione dell ordine di allontanamento dalla casa familiare (art. 282-bis cod.proc. pen.) anche in caso di minacce gravi e di lesioni. L ordine di protezione in questione può essere emesso sempre quando il delitto per il quale la misura viene adottata supera nel massimo i tre anni di reclusione (art. 380 cod. proc. pen.). L estensione alle minacce gravi e alle lesioni si comprende quindi perché questi due reati sono puniti con pena massima inferiore. Le richieste di revoca o di sostituzione degli ordini di protezione devono a pena di inammissibilità essere notificate alla persona offesa e al suo difensore ed anche gli eventuali provvedimenti del giudice devono essere comunicati immediatamente alla persona offesa e al suo difensore nonché ai servizi socio-assistenziali del territori (nuovo art. 299 cod. proc. pen.) (nuovo art. 299 cod. proc. pen.). Diventa obbligatorio (nuovo art. 380, secondo comma, cod. proc. pen.) l arresto in flagranza per il delitto di maltrattamenti contro familiari e conviventi (art. 572) e per quello di atti persecutori (art. 612-bis). Viene aggiunto al fermo di polizia giudiziaria (art. 384 cod. proc. pen.) il nuovo provvedimento di polizia di Allontanamento d urgenza dalla casa fa- 2 Avvocati di famiglia luglio-settembre 2013

5 EDITORIALE miliare (art. 384-bis cod. proc. pen.) mediante il quale Gli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria hanno facoltà di disporre, previa autorizzazione del pubblico ministero, l allontanamento urgente dalla casa familiare con il divieto di avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa, nei confronti di chi è colto in flagranza dei delitti di cui all articolo 282-bis, comma 6 [tutti quelli per i quali si può disporre l allontanamento dalla casa familiare (570, 571, 600-bis, 600-ter, 600- quater, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies e 609-octies) ed ora anche minacce gravi o lesioni] ove sussistano fondati motivi per ritenere che le condotte criminose possano essere reiterate ponendo in grave ed attuale pericolo la vita o l integrità fisica della persona offesa. L incidente probatorio (nuovo testo dell art. 398 cod. proc. pen.) potrà svolgersi (oltre che per i delitti di cui agli articoli 600, 600-bis, 600-ter, anche se relativo al materiale pornografico di cui all articolo 600-quater.1, 600-quinquies, 601, 602, 609- bis, 609-ter, 609-quater, 609-octies e 612-bis) anche per il reato di maltrattamenti (come modificato nel 2012 e con il decreto legge dell agosto 2013). Sempre allorché si procede per il reato di maltrattamenti il PM può chiedere una proroga di sei mesi del temine di chiusura delle indagini preliminari (nuovo testo dell art. 406, comma 2-ter, cod. proc. pen.). Uguale notifica il PM dovrà fare con l avviso di chiusura delle indagini ex art. 415-bis cod. proc. pen. Nella stessa ipotesi se il PM ritiene di dover richiedere l archiviazione deve obbligatoriamente notificare l avviso alla persona offesa che avrà venti giorni di tempo (e non più solo dieci) per proporre eventuale opposizione all archiviazione. L attuale articolo 498 cod. proc. pen. prevede che nel corso del processo l esame del minore vittima del reato ovvero del maggiorenne infermo di mente vittima del reato viene effettuato, su richiesta sua o del suo difensore, mediante l uso di un vetro specchio unitamente ad un impianto citofonico quando si procede per una serie specifica di reati (600, 600-bis, 600-ter, 600-quater, 600- quinquies, 601, 602, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-octies e 612-bis del codice penale) ai quali viene ora aggiunto anche il reato di maltrattamenti. Viene introdotta, sempre a proposito dell esame in dibattimento della persona offesa, una norma a tutela delle vittime maggiorenni particolarmente vulnerabili la quale prevede che Quando si procede per i reati sopra indicati, se la persona offesa è maggiorenne il giudice assicura che l esame venga condotto anche tenendo conto della particolare vulnerabilità della stessa persona offesa, desunta anche dal tipo di reato per cui si procede, e ove ritenuto opportuno, dispone, a richiesta della persona offesa o del suo difensore, l adozione di modalità protette. Infine si prescrive che nella formazione dei ruoli di udienza e nella trattazione dei processi è assicurata la priorità assoluta oltre che ai casi già previsti dall attuale art. 132-bis delle norme di attuazione del codice di procedura penale anche ai processi per i delitti previsti dagli articoli 572, da 609- bis a 609-octies e 612-bis del codice penale. luglio-settembre 2013 Avvocati di famiglia 3

6 EDITORIALE Dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge del 13 agosto 2013 le vittime dei reati di cui agli articoli 572 (maltrattamenti), 583-bis (pratiche di mutilazione) e 612-bis (atti persecutori) del codice penale (oltre a quelle - già previste -per i delitti di cui agli articoli 609- bis, 609-quater e 609-octies, nonché, ove commessi in danno di minori, dai reati di cui agli articoli 600, 600-bis, 600-ter, 600-quinquies, 601, 602, 609-quinquies e 609-undecies del codice penale) possono essere ammessa al patrocinio a spese dello Stato anche in deroga ai limiti di reddito previsti (attualmente reddito non superiore a euro ,33 annui). L art. 3 del decreto legge del 13 agosto 2013 prevede - a titolo di misure di prevenzione - che nei casi in cui alle forze dell ordine sia segnalato un fatto che debba ritenersi riconducibile al reato - consumato o tentato nell ambito della violenza domestica - di cui all articolo 582, secondo comma, del codice penale (quindi i maltrattamenti in danno di un minore di 18 anni, limite elevato dal decreto stesso), il questore, anche in assenza di querela [che comunque non sarebbe necessaria per il reato di maltrattamenti ma che finisce sempre per essere un elemento di disturbo nella procedibilità], può procedere, assunte le informazioni necessarie da parte degli organi investigativi e sentite le persone informate dei fatti, all ammonimento dell autore del fatto omettendo sempre le generalità dell eventuale segnalante. Il questore può richiedere al prefetto del luogo di residenza del destinatario dell ammonimento l applicazione della misura della sospensione della patente di guida per un periodo da uno a tre mesi. Il prefetto dispone la sospensione della patente di guida salvo che, tenuto conto delle condizioni economiche del nucleo familiare, risulti che le esigenze lavorative dell interessato non possono essere altrimenti garantite. Il Ministero dell interno viene incaricato di elaborare annualmente un analisi criminologica della violenza di genere che costituirà d ora in avanti un autonoma sezione della relazione annuale al Parlamento. Le misure a sostegno delle vittime del reato di atti persecutori già previste nella legge 23 aprile 2009 n. 38 (obbligo di informazioni sui centri antiviolenza e, se richiesto, di messa in contatto con essi) vengono estese anche alle vittime del delitto di maltrattamenti e delle violenze sessuali. Sempre il medesimo articolo 3 del decreto offre anche una interpretazione del concetto di violenza domestica intendendosi riferire con questa espressione a tutti gli atti, non episodici, di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all interno della famiglia o del nucleo familiare o tra attuali o precedenti coniugi o persone legate da relazione affettiva in corso o pregressa, indipendentemente dal fatto che l autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima. A tutela degli stranieri vittime di violenza domestica l art. 4 del decreto legge del 13 agosto 2013 introduce anche la possibilità di un apposito permesso di soggiorno (nuovo art. 18-bis del testo Unico 286/98) allorché emerga un concreto ed attuale pericolo per incolumità della vittima, come conseguenza della scelta di sottrarsi alla medesima violenza o per effetto delle dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari o del giudizi. In questi casi il questore, anche su proposta del procuratore della Repubblica, o con il parere favorevole della stessa autorità, rilascia un permesso di soggiorno per consentire alla vittima di sottrarsi alla violenza. Il medesimo permesso di soggiorno può essere rilasciato dal questore quando le situazioni di violenza o abuso emergano nel corso di interventi assistenziali dei servizi sociali specializzati nell assistenza delle vittime di violenza. In tal caso la sussistenza degli elementi e delle condizioni è valutata dal questore sulla base della relazione redatta dai medesimi servizi sociali. Le disposizioni in questione si applicano, in quanto compatibili, anche ai cittadini di Stati membri dell Unione europea e ai loro familiari.. Infine viene avviato un piano d azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere. In particolare al Ministro per le pari opportunità viene affidato il compito di elaborare, con il contributo delle amministrazioni interessate, e di adottare un Piano d azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere. Il Piano persegue la finalità di prevenire il fenomeno della violenza contro le donne attraverso l informazione e la sensibilizzazione, di promuovere l educazione alla relazione e contro la violenza nell ambito dei programmi scolastici al fine di sensibilizzare, informare, formare gli studenti e prevenire la violenza nei confronti delle donne e la discriminazione di genere, anche attraverso un adeguata valorizzazione della tematica nei libri di testo; di potenziare le forme di assistenza e sostegno alle donne vittime di violenza e ai loro figli; di garantire la formazione di tutte le professionalità che entrano in contatto con la violenza di genere e lo stalking; di accrescere la protezione delle vittime attraverso un rafforzamento della collaborazione tra tutte le istituzioni coinvolte; prevedere una raccolta strutturata dei dati del fenomeno, anche attraverso il coordinamento delle banche dati già esistenti; di prevedere specifiche azioni positive; di definire un sistema strutturato di rete tra tutti i livelli di governo, che si basi anche sulle diverse esperienze e sulle buone pratiche già realizzate nelle reti locali e sul territorio. 4 Avvocati di famiglia aprile-giugno 2013

7 LEGISLAZIONE LA RIFORMA DELLA FILIAZIONE AVV. GIULIA ALBIERO RESPONSABILE SEZIONE MESSINA DELL OSSERVATORIO Con la L.219/2012 ( ), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 293 del 17/12/2012, il legislatore italiano ha definitivamente equiparato il trattamento giuridico dei figli nati fuori dal matrimonio e dei figli adottivi a quello dei figli legittimi. È stata sancita dunque l unicità dello stato giuridico di figlio, sicché d ora innanzi i figli avranno gli stessi diritti e gli stessi doveri nei confronti dei loro genitori, nonché dei parenti del genitore, a prescindere dalla circostanza che la loro nascita sia avvenuta all interno del matrimonio o fuori di esso. Si tratta di una riforma storica, a più voci definita epocale; certamente rappresenta una rivoluzione culturale, che come è stato osservato, dà finalmente risposta alle tante attese sia della società civile che degli operatori del diritto, i quali auspicavano da molto tempo un intervento normativo che spazzasse finalmente via la dicotomia non solo terminologica tra figli naturali e figli legittimi, ma soprattutto eliminasse le molte discriminazioni tra le allora diverse categorie di figli. Un processo di modernizzazione del diritto di famiglia, rispondente all evoluzione della nostra società, che un legislatore moderno e attento non poteva più ignorare: ogni anno in Italia il 23% dei bambini nascono infatti fuori dal matrimonio. Se consideriamo che i figli naturali nel codice del 1942 venivano definiti illegittimi, contrapponendo la categoria a quella dei figli legittimi, cioè nati all interno del matrimonio, dopo oltre settanta anni siamo finalmente giunti all obiettivo di dare pari dignità e pari diritti a tutti i figli, questione che d altra parte rappresentava ormai un punto fermo e acquisito, sia nella giurisprudenza che in dottrina. Il processo di modernizzazione e di avvio del percorso per giungere alla parificazione dello status giuridico è stato avviato in Italia nel 1970, con l introduzione del divorzio nel nostro ordinamento, poi proseguito con la riforma del diritto di famiglia nel 1975 e infine con la legge 54/2006, con la quale com è noto è stato non solo introdotto l affidamento condiviso dei figli, ma inoltre è stato dato un forte impulso al processo di unificazione delle stato giuridico dei figli, sancendo espressamente con l art. 4 comma 2, l applicabilità delle disposizioni ivi contenute anche ai figli naturali, assimilandoli in tal modo sul piano processuale ai figli legittimi e avvicinando il procedimento di cui all art. 317bis c.c., al procedimento di separazione e divorzio, per quanto riguardava la disciplina relativa alla regolamentazione delle questioni riguardanti i figli. Mi piace ricordare che l Avvocatura e in particolare le Associazioni di avvocati familiaristi tra le quali l Osservatorio sul Diritto di Famiglia, hanno anch esse indubbiamente contribuito a giungere a questa tanto attesa riforma, non solo esprimendo consenso verso il principio di unificazione dello stato giuridico dei figli, ma inoltre proponendo, come ha fatto l Osservatorio, un progetto di riforma per l attuazione di un giusto processo di famiglia, con l unificazione e la semplificazione dei riti, e la istituzione delle sezioni specializzate presso i Tribunali ordinari che trattassero l intera materia, compreso il processo minorile. In tal modo è stata anticipata la riforma della filiazione di cui oggi parliamo, ed anzi ci si è spinti oltre, rispetto a quanto non abbia fatto il Legislatore italiano con la novella del Con la riforma della filiazione è stato operato infatti un intervento significativo anche sulla distribuzione dell attività giurisdizionale e quindi sulla competenza funzionale del Tribunale ordinario e del Tribunale per i minorenni, intervenendo sull art. 38 delle disposizioni di attuazione, trasferendo al Tribunale Ordinario, in via esclusiva tutte le vicende separative, nonché la regolamentazione dei rapporti personali ed economici tra genitori coniugati e non coniugati e figli, ma non è stato ancora completata la riforma ordinamentale che l Osservatorio da molti anni chiede, con l istituzione delle sezioni specializzate per la famiglia e i minori, presso ogni Tribunale ordinario e la conseguente soppressione del Tribunale per i minorenni. Ai Tribunali per i minorenni restano invero i procedimenti incidenti sulla potestà genitoriale (tranne il caso di pendenza di un giudizio di separazione o divorzio), i giudizi di adottabilità e quelli relativi alle adozioni. È stato però affermato il principio di parità assoluta tra figli naturali, figli legittimi e figli adottivi, dando finalmente attuazione completa alla disposizione di cui all art. 30 Costituzione, che consacra il principio di pari responsabilità genitoriale, riferendolo a tutti i figli, sia legittimi che naturali. La riforma della filiazione, approvata il 27/11/2012 a larga maggioranza e quindi condivisa trasversalmente dalla maggior parte delle forze politiche, en- aprile-giugno 2013 Avvocati di famiglia 5

8 LEGISLAZIONE trata in vigore il 1 gennaio 2013, rappresenta pertanto una decisiva ulteriore tappa del processo di modernizzazione del diritto di famiglia. La nuova legge è intervenuta riformando sia disposizioni di legge sostanziale che processuale. Il mio contributo si limiterà ad un approfondimento che riguarda la disciplina sostanziale e dunque la disamina delle disposizioni del codice civile modificate o interamente novellate, e dei principi più rilevanti posti alla base della delega al Governo. La L consta di sei articoli, che modificano il codice civile, le disposizioni per l attuazione del codice civile, le disposizioni transitorie, e le norme regolamentari in materia di stato civile, interventi tutti ispirati al principio tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico quindi tutti i figli sono uguali. La L.219/2012 contiene inoltre, all art. 2, un ampia delega al Governo (il cui termine di esercizio è stabilito in 12 mesi dall entrata in vigore della legge e quindi 1 gennaio 2014) per la modifica e la revisione di tutte le disposizioni vigenti, al fine di eliminare ogni residua discriminazione tra figli legittimi naturali e adottivi, in attuazione al principio di unificazione dello stato giuridico, tra questi quello che la filiazione può essere accertata con ogni mezzo. Le principali modifiche al codice civile sono contenute nell art.1 della L.219/2012, che interviene modificando parzialmente o integralmente le disposizioni del I Libro del codice civile agli artt. 74, 250, 251, 258, 276, 315. L art. 1 della nuova legge ha poi introdotto ex novo l art. 315bis c.c. e l art. 448bis c.c. Ha infine abrogato l intera sezione II del Capo II del Titolo VII del Libro I del codice civile, relativa alla legittimazione dei figli naturali. In particolare: Viene riscritto l art.315 c.c. e viene affermato il principio tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico Viene introdotto il nuovo art.315 bis c.c. che sostituisce il precedente art.315 c.c. che affianca ai doveri del figlio verso i genitori (rispettare i genitori e contribuire al mantenimento della famiglia in relazione al proprio reddito e alle proprie capacità) i diritti: ad essere mantenuto, educato, istruito ed assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni, a crescere in famiglia e a mantenere rapporti significativi con i parenti, ad essere ascoltati in tutte le questioni che lo riguardano, se ha compiuto 12 anni o anche di età inferiore se capace di discernimento. Viene introdotto l art.448 bis c.c.. I figli vengono sottratti all obbligo di prestare gli alimenti nei confronti del genitore decaduto dalla potestà. La stessa disposizione inoltre permette ai figli del genitore decaduto dalla potestà di escluderlo dalla successione. Vengono abrogate le disposizioni sulla legittimazione dei figli naturali. Viene interamente novellata la disciplina della parentela con il nuovo art.74 c.c. Viene novellato anche l art.258 c.c. che prevede che il riconoscimento non si limita a produrre effetti per il genitore che l ha effettuato, ma estende la propria efficacia anche sui parenti del genitore; Viene modificato l art.250 c.c. 5 co. introducendo la possibilità per il giudice di autorizzare l infrasedicenne a riconoscere il di lui figlio, valutate le circostanze e avuto riguardo all interesse del figlio; Viene riformulato l art.251 c.c.. ampliando la possibilità di riconoscere i figli incestuosi. Viene riformulato l art.276 c.c. relativo alla legittimazione passiva nel giudizio per la dichiarazione di paternità o maternità naturale, introducendo l ipotesi della morte dei genitori nonché dei loro eredi, parimenti legittimati passivi rispetto alla domanda. La nuova disposizione prevede che il figlio naturale può proporre l azione nei confronti di un curatore, nominato dal giudice davanti cui il giudizio deve essere promosso. È tuttavia opportuna una disamina più dettagliata delle singole disposizioni, oggetto dell intervento di riforma. Art. 74 c.c. L art. 74 del codice civile è stato interamente riformulato dal Legislatore del 2012, ed è stata data una nuova definizione della nozione di parentela, stabilendo espressamente che il vincolo di parentela riguarda le persone discendenti dallo stesso stipite, qualunque provenienza abbia il vincolo di consanguineità e anche nell ipotesi in cui il vincolo discenda da un rapporto giuridico estraneo a un legame di sangue. La nozione di parentela dunque, non solo prescinde dal legame biologico essendo ormai estesa non solo ai figli nati fuori dal matrimonio, ma anche a quelli minori di età adottati e dunque anche alla filiazione adottiva. La parentela cui si riferisce l art. 74 c.c. è tanto quella in linea retta, che in linea collaterale. Ciò si desume dalla lettura combinata delle disposizioni di cui all art 74 e del successivo art. 75 c.c., che è rimasto invariato. I figli nati fuori dal matrimonio e i figli adottivi, saranno nipoti dei genitori dei propri genitori e nipoti dei fratelli e delle sorelle dei propri genitori, nonché cugini dei figli degli zii e così via. Anche per i figli incestuosi, il Legislatore del 2012 compie un passo in avanti nel percorso di eliminazione delle discriminazioni tra le varie categorie di figli, prevedendo che potranno essere riconosciuti, previa autorizzazione del Tribunale (Ordinario o per i minorenni a seconda che siano maggiorenni o minorenni), avuto riguardo al loro interesse e alla necessità di evitare loro qualsiasi pregiudizio. 6 Avvocati di famiglia luglio-settembre 2013

9 LEGISLAZIONE Il Legislatore del 2012, ha raccolto dunque l esigenza emersa ormai da molti anni, di privilegiare i valori e i diritti della persona umana, di eliminare ogni forma di discriminazione tra figli legittimi e figli naturali, con la parificazione di tutte le forme di filiazione, in attuazione ai principi costituzionali e alle norme internazionali. Nonostante esistessero già una serie di disposizioni nel nostro ordinamento che davano espressa rilevanza alla parentela naturale, quali nel codice civile, l art. 87 c.c. relativo al divieto di contrarre matrimonio, l art. 433 c.c. che estendeva l obbligo alimentare ai figli naturali e adottivi e ai discendenti naturali, l art. 468 e 737 c.c. in materia successoria che prevedevano che la rappresentazione e la collazione riguardano anche i discendenti naturali del de cuius, l impostazione prevalente, sia nell interpretazione della Suprema Corte (cfr. Cass. N. 5747/1979) che in quella anche più recente della Corte Costituzionale (cfr. Corte Costituz.. 23/11/2000 n. 532 e Corte Costituz. 18/11/2009 n. 535), era un impostazione di tipo tradizionale, secondo cui la parentela andava riconosciuta limitatamente all ambito della famiglia legittima, mentre il riconoscimento del figlio naturale o l accertamento giudiziale della filiazione naturale, instaurava un rapporto di parentela solo tra il genitore e il figlio. Sia il giudice di legittimità che la Corte Costituzionale, hanno affermato che dall art. 30 della Costituzione non discendeva la parificazione di tutti i parenti naturali ai parenti legittimi e dunque la parentela in senso proprio, era solo ed esclusivamente la discendenza scaturente dalla generazione in costanza di matrimonio. Invero la Corte Costituzionale, adita dal Tribunale di Bolzano che sollevò la questione di illegittimità costituzionale dell art. 276 c.c. comma 1, per contrasto con gli artt. 3,24 e 30 della Costituzione, nella parte in cui non prevedeva nel caso di morte, sia del genitore, sia degli eredi di questo, la possibilità per colui che voleva fare accertare la propria paternità o maternità naturale, di agire comunque nei confronti di un curatore speciale nominato dal giudice, oppure nei confronti degli eredi degli eredi del presunto genitore, non aveva ravvisato elementi di illegittimità costituzionale nell art. 276 c.c.(ordinanza n. 80 del 20/03/2009 Corte Costituzionale) ed aveva dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, sollevata dal Tribunale di Bolzano. Elemento decisivo, che non consentiva una interpretazione costituzionalmente orientata, era il disposto di cui all art. 258 c.c., secondo il quale il riconoscimento non produce effetti che riguardo al genitore da cui fu fatto, salvi i casi previsti dalla legge. Con una serie di interventi giurisprudenziali tra il 2006 e il 2009, la Corte di Cassazione ha poi anticipato i contenuti della riforma del 2012, rilevando che mancava nel nostro ordinamento una norma positiva che riconoscesse e si basasse su un unico status filiationis, e veniva auspicato si pervenisse a una concezione della parentela, nella quale fosse in- luglio-settembre 2013 Avvocati di famiglia 7

10 LEGISLAZIONE cluso il rapporto del figlio naturale con la famiglia del genitore, non ostando in tal senso l art. 258 c.c. che escludeva non il rapporto parentale, bensì solo gli effetti di tale rapporto. Con la riforma del 2012, si è poi optato per la soluzione di individuare in un curatore speciale, il contraddittore necessario nel giudizio per la dichiarazione di paternità o di maternità naturale. L unica esclusione contenuta nell art. 74 c.c. è quella che riguarda i casi di adozione di persone maggiori di età di cui agli artt. 291 c.c. e segg., che non rientrano nella nuova nozione di parentela. La ratio di questa esclusione, va ricercata nella natura e nella funzione proprie dell adozione di persone maggiori di età, che com è noto è quella di dare a una persona che ne sia priva, dei discendenti ed assicurare così la trasmissione del cognome e del patrimonio. Inoltre, non va dimenticato che l art. 300 c.c. prevede espressamente che l adottato conserva tutti i diritti e i doveri verso la sua famiglia di origine e dunque dall adozione del maggiore di età, non deriva alcun rapporto tra l adottato e la famiglia dell adottante e alcun rapporto tra l adottante e la famiglia dell adottato. Art. 250 c.c. Riconoscimento La legge di riforma del 2012, ha fortemente inciso sull istituto del riconoscimento dei figli nati fuori dal matrimonio, ed infatti ha novellato tre disposizioni del codice civile che sono gli artt. 250, 251 e 258 c.c., il primo relativo appunto al riconoscimento dei figli naturali, il secondo relativo al riconoscimento dei figli incestuosi e il terzo relativo agli effetti del riconoscimento. La disposizione dell art. 250 è stata modificata, nel primo comma eliminando l aggettivo naturale e sostituendolo con la locuzione nato fuori dal matrimonio, poi invertendo l ordine dei soggetti legittimati al riconoscimento (padre- madre; madre -padre), poi ancora prevedendo l abbassamento dai sedici ai quattordici anni, quale soglia di età, per l assenso del figlio al riconoscimento e infine prevedendo che il consenso del genitore che ha effettuato per primo il riconoscimento, è necessario per il figlio infraquattordicenne. In buona sostanza, il riconoscimento del minore infraquattordicenne, non potrà avvenire senza il consenso dell altro genitore. La ratio di questi interventi va ricercata in primo luogo nell abbandono di ogni forma di discriminazione, poi nella da presa d atto da parte del Legislatore, che il processo di maturazione del minore avviene oggi in modo sicuramente anticipato e da qui la necessità di un maggiore coinvolgimento dello stesso nelle decisioni che lo riguardano, anche alla luce della legislazione sovranazionale che com è noto attribuisce al minore il diritto ad essere ascoltato in tutti i procedimenti che lo riguardano (Convenzione di New York art. 12 sui diritti del fanciullo ratificata in Italia nel 1989 e la Convenzione 8 Avvocati di famiglia luglio-settembre 2013

11 LEGISLAZIONE di Strasburgo del 25/01/1996 ratificata in Italia il 20/03/2003 sull esercizio dei diritti del fanciullo). In buona sostanza, viene senza dubbio valorizzata la volontà del figlio minore di età. Sotto tale ultimo profilo, rimando all esame del nuovo art. 315bis c.c. relativo ai diritti e doveri del figlio, norma nella quale viene per la prima volta generalizzato, il diritto del minore che abbia compiuto 12 anni ed anche infradodicenne purché capace di discernimento, ad essere ascoltato in tutte le procedure che lo riguardano. In ordine al comma 4 dell art. 250 c.c., che è relativo all opposizione al riconoscimento del figlio da parte del genitore che per primo ha effettuato il riconoscimento, occorre rilevare che la riforma ha apportato modifiche sostanziali e significative all iter procedurale delle quali vi parlerà il prof. Claudio Cecchella; mi limito dunque a rilevare che nel nuovo procedimento, il Legislatore ha cercato innanzitutto di rendere più spedito l iter procedurale ed in secondo luogo ha cercato di agevolare la manifestazione diretta della volontà da parte del minore. Invero sotto il primo profilo, basti osservare che oggi il giudizio che segue al rifiuto del genitore è solo eventuale, mentre prima delle riforma il rifiuto dava luogo subito a un vero e proprio giudizio tra i due genitori di natura contenziosa, e in ordine al secondo, non si può non evidenziare l importanza che oggi ha assunto nell istruttoria l audizione del minore, che è divenuta certamente parte essenziale del procedimento. In realtà l ascolto del minore, nel corso dell istruttoria del procedimento di riconoscimento, era già prevista e non rappresenta dunque un novum, come d altra parte com è noto era già prevista nel nostro ordinamento in diverse disposizioni di legge, prima fra tutte ricordo l art. 155sexies c.c., introdotta dalla L.54/2006 e in diverse disposizioni di legge sovranazionali, nonché infine nelle Linee Guida approvate dal Consiglio d Europa nel 2010, per una giustizia child-friendly cioè per una giustizia amichevole nei confronti dei minori. Tuttavia, oggi la rilevanza ed anzi la centralità del momento dell ascolto del minore, deriva proprio dall importanza che l audizione del minore ha assunto negli ordinamenti europei ed internazionali nonché nelle citate Linee Guida, non prevedendo la disposizione di cui all art.250 c.c. una formulazione cogente o vincolante per il giudice, se non nella stessa misura della disposizione di cui all art. 155sexies c.c. L unica novità in tema di audizione del minore nella disposizione di cui all art. 250 c.c., è rappresentata dal riferimento all età (dodici anni o di età inferiore purché capace di discernimento), allineandosi in tal modo a quanto già previsto dall art. 155sexies c.c., dedicato all audizione del minore da parte del giudice della separazione. È evidente dunque la ratio: valorizzare l opinione del minore, dare voce al minore in merito alle decisioni destinate a condizionare la vita familiare o la propria identità nel caso di riconoscimento. Non è casuale il richiamo alle Linee Guida del 2010 per una giustizia child-friendly nei confronti dei minori, in sede di inaugurazione dell anno giudiziario 2012, da parte del Primo Presidente della Corte di Cassazione, il quale ha sottolineato che dette Linee Guida, impongono un ripensamento globale dei sistemi normativi civili e penali e che in ogni caso devono essere.utilizzate immediatamente come strumento ermeneutico fondamentale nella lettura della disciplina vigente, dando attuazione alle vigenti norme vincolanti universali ed europee a tutela e promozione dei diritti dei minori. La previsione dell età di dodici anni nel 4 comma dell art. 250 c.c., accorcia dunque l intervallo temporale tra età in cui è previsto l ascolto del minore (dodici anni, 4 comma art. 250 c.c.) e l età in cui l opinione del minore condiziona la possibilità stessa riconoscimento (quattordici anni 3 comma art. 250 c.c.). Tale differente previsione, potrebbe tuttavia comportare possibili disparità di trattamento tra due minori pressoché coetanei; non può sfuggire infatti che tra due minori, uno tredicenne ma ormai prossimo al compimento dei quattordici anni, e l altro quattordicenne, l opposizione del primo, anche nell ipotesi di opposizione ferma e decisa non vincolerebbe il giudice, mentre il diniego del secondo, magari poco convinto vincolerebbe in ogni caso il giudice. Nella stessa direzione della valorizzazione dell autodeterminazione e della maggiore consapevolezza del minore, va letto poi l ultimo comma dell art. 250 c.c. così come novellato, nel quale viene fatta un apertura al riconoscimento del genitore infrasedicenne, che prima della riforma non era previsto. Il divieto infatti non è più assoluto, in quanto viene prevista la possibilità di ottenere l autorizzazione al riconoscimento da parte del giudice valutate le circostanze e avuto riguardo all interesse del figlio. Sebbene la procreazione in età adolescenziale non sia molto frequente, il Legislatore del 2012 ha voluto evidentemente attenuare gli ostacoli all esercizio delle genitorialità, ed evitare l avvio della procedura di adottabilità e la conseguente incertezza relativa allo status e alla identità personale del figlio. Nonostante infatti l art. 11 della L. 183/1984 preveda la sospensione della procedura di adottabilità fino al compimento del sedicesimo anno di età da parte del genitore, la procedura adottiva veniva comunque nel frattempo avviata. Invece oggi, quando interverrà l autorizzazione del giudice al riconoscimento da parte del genitore infrasedicenne, verrà impedita all origine la procedura adottiva. luglio-settembre 2013 Avvocati di famiglia 9

12 LEGISLAZIONE È ancora troppo presto tuttavia per valutare gli effetti di questa apertura, che varieranno a seconda dell interpretazione più o meno ampia verrà data alla previsione dell art. 250 c.c. Per quanto riguarda il silenzio della norma di cui all art. 250 c.c. circa l individuazione del giudice competente, dell atto introduttivo, e del tipo di procedimento che si sviluppa in seguito all opposizione al riconoscimento, trattandosi di aspetti processuali, rimando alla trattazione del prof. Cecchella. Art. 251 c.c. Con lo stesso art. 1 sopra citato, il Legislatore del 2012 è intervenuto sull art. 251 c.c., riformulandolo. La riformulazione ha prima di tutto interessato la rubrica di detta disposizione, che non si chiama più Riconoscimento dei figli incestuosi ma semplicemente Autorizzazione al riconoscimento. Scompare quindi del tutto la parola incestuosi, limitandosi il Legislatore a fare riferimento ai figli nati da persone legate tra loro da vincolo di parentela in linea retta all infinito o in linea collaterale nel secondo grado, ovvero da un vincolo di affinità in linea retta. Detta modifica è stata per molto tempo osteggiata da talune forze parlamentari, le quali hanno presentato una questione pregiudiziale di costituzionalità, assumendo che mediante la modifica dell art. 251 c.c., si sarebbe di fatto a consentito, nelle ipotesi in cui oltre all incesto si fosse verificata anche una violenza sessuale (padre-figlia, suoceronuora, zio-nipote) un ulteriore atto di violenza, consentendo di effettuare il riconoscimento all abusante, contro il volere della madre-abusata. È tuttavia prevalsa l opinione che era necessario optare per una soluzione che consentisse il più possibile, di cancellare una colpa di cui questi figli non avevano alcuna responsabilità, e di cui invece fin dalla nascita ne dovevano portare il peso, si otteneva infatti l effetto paradossale di trasformarli da vittime a responsabili di un comportamento contrario al nostro codice morale, non messo in atto da loro. La Corte Costituzionale con la pronuncia n. 494 del 28/11/2002, era intervenuta sottolineando l impossibilità per i figli incestuosi di assumere uno status filiationis, con conseguente violazione degli artt. 2, 3 e 30 della Costituzione. Veniva anche osservato che paradossalmente il cd. figlio incestuoso, nell ipotesi in cui volesse ottenere l adempimento dei doveri di mantenimento, istruzione ed educazione nei suoi confronti ex art. 279 c.c., doveva egli stesso proclamare la propria condizione di discriminato, salvo rinunciare a tali diritti riconosciuti invece ad ogni figlio. La sentenza sopra citata aprì la strada alle indagini relative alla paternità e alla maternità, superando il divieto di indagini e aprendo la strada all accertamento giudiziale del rapporto di filiazione, anche se continuava ad essere vigente il divieto di riconoscimento. La novella del 2012 ha dunque eliminato tale disparità di trattamento, consentendo il riconoscimento da parte del genitore incestuoso, seppure previa autorizzazione del giudice. Pertanto, la differenza che oggi permane tra figlio nato fuori dal matrimonio e figlio incestuoso, è che mentre il primo può essere riconosciuto dal genitore senza dover ottenere alcuna autorizzazione preventiva da parte del giudice, il riconoscimento del figlio nato da persone appartenenti alla medesima cerchia familiare, dovrà essere preceduto da una valutazione da parte del giudice, la quale potrebbe anche essere negativa e comportare dunque un diniego da parte dell organo giurisdizionale. L intento è quello di preservare l interesse del minore ed evitargli qualsivoglia tipo di pregiudizio ( avuto riguardo all interesse del figlio e alla necessità di evitare allo stesso qualsiasi pregiudizio ); il Legislatore del 2012, sotto tale profilo lascia dunque inalterata la previgente disposizione. La ratio di questa scelta va ricercata nella necessità, nei casi di violenza e di abusi sessuali a danno della madre, di evitare pregiudizio al figlio, nato da un rapporto incestuoso caratterizzato da violenza, e nei cui confronti quindi la madre potrebbe aver maturato un netto rifiuto. In questi casi, la valutazione del giudice dovrà essere molto cauta, poiché il riconoscimento potrebbe essere pregiudizievole per il bambino, non essendo in tal caso opportuno fare emergere l esistenza di quel rapporto di filiazione. Diversi invece sono i casi in cui la relazione incestuosa, pur essendo di dominio pubblico, non generi o non abbia generato scandalo, né riprovazione sociale, non essendo in tal caso ravvisabili gli estremi del reato di incesto, non sussistendo l elemento del pubblico scandalo di cui all art. 564 c.p. Tale disposizione di legge sanziona il padre incestuoso che sia stato condannato per violenza sessuale, con la decadenza della potestà genitoriale. Si potrebbe verificare in tal caso che il giudice autorizzi il riconoscimento da parte di un padre che non può esercitare la potestà genitoriale; va tuttavia sottolineato che il riconoscimento assicurerebbe al figlio il mantenimento a carico del genitore, laddove detto obbligo non cessa né viene sospeso dalla limitazione della potestà genitoriale. La competenza per l autorizzazione al riconoscimento, è stata riservata al Tribunale per i minorenni dall ultimo comma dell art. 251 c.c., per i minori di età. Art. 258 c.c. Le modifiche apportate all art. 258 c.c. riguardano solo il primo comma, restando invariati il comma 2 10 Avvocati di famiglia luglio-settembre 2013

13 LEGISLAZIONE e 3 di detta disposizione di legge, dedicata agli effetti del riconoscimento. Non è passata infatti al Senato la previsione che il figlio riconosciuto tardivamente dal padre, potesse solo aggiungere il cognome paterno a quello della madre ma non potesse sostituirlo ad esso. Ciò avrebbe infatti vanificato l obiettivo della riforma che è quello pervenire ad un unico status filiationis. Le variazioni apportate dalla riforma sono due: la prima attiene alla riformulazione della norma che prima era contraddistinta da una formulazione negativa ( il riconoscimento non produce effetti che riguardo al genitore da cui fu fatto ) e passa oggi ad una formulazione positiva, immediata e diretta ( il riconoscimento produce effetti riguardo al genitore da cui fu fatto ). La seconda modifica riguarda l estensione degli effetti del riconoscimento ai parenti del genitore che lo ha effettuato. Detta modifica va collegata strettamente alla riformulazione dell art. 74 c.c., che nel testo novellato, allarga la parentela agli ascendenti e discendenti del figlio nato fuori dal matrimonio, eliminando in tal modo tutte le disparità tra figli legittimi e figli naturali, anche sotto il profilo del vincolo di parentela. Con il riconoscimento, si stabilirà il medesimo vincolo di parentela derivante dalla filiazione nell ambito del matrimonio, con inevitabili riflessi sul piano delle regole successorie, che registreranno una devoluzione ereditaria anche ai parenti cd. naturali fino al sesto grado. In ordine al cognome del figlio riconosciuto, va rilevato che la novella ha lasciato invariato l art. 262 c.c. comma 2, con la conseguenza che il figlio riconosciuto prima dalla madre e poi dal padre, il cognome paterno potrà essere aggiunto a quello materno assumendo un cognome doppio, oppure sostituito ad esso, assumendo il solo cognome del padre. Rimangono invariate anche le disposizione di cui al 3 e ultimo comma dell art. 262 c.c., le quali rimettono al giudice la decisione circa l assunzione del cognome paterno, quando il figlio sia minore di età. Il giudice è investito di un potere-dovere di decidere per quale delle possibilità previste dall art. 262 c.c. comma 2 e 3 optare, con esclusione di qualsivoglia automaticità nell attribuzione del cognome. La giurisprudenza di legittimità anche più recente (cfr. Cass. Sez. I, 15/12/2011 n e Cass. Sez. I, 3/2/2011 n. 2644), ha espresso il principio che l interesse del minore è centrale e non sono configurabili regole di prevalenza temporale, dovendosi valutare caso per caso; in alcuni casi infatti potrà essere più opportuno aggiungere il cognome paterno a quello materno se il riconoscimento è avvenuto dopo molti anni dalla nascita del figlio e questi abbia portato per molti anni il solo cognome materno. Nello stesso modo il giudice potrebbe valutare più conveniente per il minore sostituire il cognome paterno a quello materno qualora, il minore potrebbe trarre vantaggio dal fatto di portare il solo cognome paterno. luglio-settembre 2013 Avvocati di famiglia 11

14 LEGISLAZIONE Art. 276 c.c. In ordine al giudizio di dichiarazione di paternità e maternità, disciplinato dagli artt c.c., l unica disposizione sulla quale è intervenuta la riforma del 2012, è quella dell art. 276 c.c.. la quale viene integrata, come sopra già rilevato, con una previsione molto importante, in ordine alla legittimazione passiva nel giudizio di dichiarazione della paternità o maternità naturale. La novità consiste nella previsione che, in mancanza di eredi del genitore nei cui confronti la domanda deve essere proposta, essa vada rivolta nei confronti di un curatore nominato dal giudice, davanti al quale il giudizio deve essere promosso. In tal modo, il Legislatore ha garantito al minore l attuazione del diritto all accertamento della filiazione, sia nel caso in cui il genitore sia deceduto e altresì nel caso in cui, premorto il genitore non vi siano eredi superstiti. Il Legislatore ha così colmato una lacuna legislativa, recependo le indicazioni della Consulta che si occupò della questione di incostituzionalità dell art. 276 c.c., per contrasto con l art. 3, 24, e 30 della Costituzione (cfr. ordinanza n. 80 del 20/03/2009), nella parte in cui nel caso di morte del genitore e dei suoi eredi, non prevedeva la possibilità di agire comunque nei confronti di un curatore speciale nominato dal giudice, oppure nei confronti degli eredi degli eredi del presunto genitore, non sussistendo la legittimazione passiva degli eredi degli eredi nel giudizio di accertamento della paternità, non essendo questi ultimi contemplati quali contraddittori necessari. Art. 315 c.c. La disposizione dell art. 315 c.c., prima dedicata ai doveri dei figli verso i genitori, con il comma 7 della legge di riforma, viene riformulata già nella rubrica che ora si chiama Stato giuridico della filiazione. L art. 315 c.c. sancisce espressamente : Tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico. È evidente la portata innovatrice di questa disposizione, la quale modifica profondamente il sistema, introducendo una condizione unitaria di figlio, senza più alcuna distinzione né nominale né sostanziale tra le varie categorie di figli. In buona sostanza non esistono più figli legittimi, naturali e adottivi, essendo stato proclamato il principio di parità assoluta tra figli naturali, legittimi, e figli adottivi. L unificazione dello stato giuridico dei figli, trova riscontro anche nell ultimo comma dell art. 1 della L.219/2012, il quale dispone che nel codice civile, le parole figli legittimi e figli naturali ovunque ricorrono, sono sostituite dalle seguenti figli. Si può senz altro affermare che la disposizione dell art. 315 c.c., rappresenta il nucleo centrale della riforma, anticipato in qualche modo dalla L.54/2006 che ha inciso fortemente sul processo di unificazione dello stato giuridico dei figli, con la previsione che le disposizioni ivi contenute dovessero trovare 12 Avvocati di famiglia luglio-settembre 2013

15 LEGISLAZIONE applicazione anche per i figli di genitori non coniugati. Da qui l avvicinamento del procedimento di cui all art. 317bis c.c. al giudizio di separazione tra i coniugi, e le note diatribe in ordine a tale disposizione, e cioè se la stessa dovesse ritenersi tacitamente abrogata o meno a seguito della L.54/2006. Pertanto il Legislatore del 2012, dopo aver riformato l art. 315 e aver introdotto il principio della parificazione tra figli naturali, legittimi e adottivi, avrebbe dovuto coerentemente sancire formalmente l abrogazione dell art. 317bis c.c.. Non possiamo comunque dimenticare che il Legislatore del 2012, ha conferito una delega al Governo per l adozione di uno o più decreti legislativi, per il definitivo adeguamento e conseguente modifica delle disposizioni vigenti in materia di filiazione. Art. 315bis c.c. Nella nuova norma di cui all art. 315bis c.c., rubricato Diritti e doveri del figlio, è stato trasfuso l intero contenuto del vecchio art. 315 c.c. relativo prima solo ai doveri del figlio verso i genitori, e inserendo nella nuova disposizione la previsione organica dei diritti del figlio, rappresentando ora la stessa un vero e proprio statuto dei diritti e doveri del figlio. La disposizione dell art. 315bis c.c. è speculare alla disposizione di cui all art. 147 c.c. relativa ai doveri verso i figli. La nuova disposizione sancisce al primo comma i corrispondenti diritti dei figli, tuttavia con una previsione aggiuntiva relativa al diritto del figlio ad essere assistito moralmente dai genitori. Il diritto all assistenza morale, era già contemplato nel nostro ordinamento come obbligo coniugale dall art. 143 c.c.. Si tratta comunque di un obbligo coniugale verso la famiglia e quindi anche verso i figli, ma la circostanza che il Legislatore del 2012 lo abbia previsto espressamente, inserendolo nell elencazione relativa ai diritti del figlio, è molto importante e significativo, considerato che sono sempre più frequenti i casi di disinteresse affettivo e morale dei genitori verso i figli. Anche sotto tale profilo, la giurisprudenza di merito ha fatto da apri strada all intervento riformatore con cui è stata integrata l elencazione dei diritti dei figli nei confronti dei genitori, riconoscendo in più occasioni il diritto al risarcimento nei confronti dei figli, che avevano patito il disinteresse dei propri genitori (cfr. Corte di Appello di Bologna 10/02/2004; Trib. Pordenone 29/07/2009 e Trib. Messina 11/09/2009). L assistenza morale viene dunque stata elevata a rango di diritto del figlio, conferendogli una valenza corrispondente al soddisfacimento delle esigenze materiali dei figli. Nella nuova disposizione di cui all art. 315bis c.c. al comma 2, viene inserita la previsione di un altro diritto del figlio, non riconosciuto finora come diritto vero e proprio, se non nella legge speciale sull adozione L.183/1984, così come modificata dalla L.149/2001: il diritto a crescere in famiglia. Tale diritto, è stato qualificato dalla migliore dottrina come diritto soggettivo assoluto e come tale tutelabile erga omnes. Il nostro ordinamento prevede specifiche norme che sostengono l interesse del minore alla crescita nella famiglia di origine che sono la L.n.285/1997 Disposizioni per la promozione di diritti e di opportunità per l infanzia e l adolescenza, la L. n. 328/2000 legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali, la L.53/2000 Disposizioni per il sostegno della maternità e paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi della città. Il Legislatore ha voluto pertanto proclamare solennemente che il distacco del bambino dalla propria famiglia, è giustificabile solo se le carenze del proprio nucleo familiare siano tali da poter arrecare pregiudizio al minore, e l interesse del minore a crescere nella sua famiglia deve essere perseguito anche a costo di impegnare le strutture sociali, con azioni di sostegno non solo economiche ma anche di ordine psicologico e pedagogico. Infine, nell elencazione dei diritti del figlio compare nel nuovo art. 315bis c.c., il diritto del figlio a mantenere rapporti significativi con i parenti, già prevista dall art. 155 c.c. come modificato dalla L.54/2006. Non si può non apprezzare l intervento del Legislatore del 2012, che ha sentito la necessità di raggruppare ed elencare espressamente tutti i diritti dei figli, anche quelli già previsti da altre disposizioni, recependo le indicazioni della giurisprudenza e valorizzando diritti fondamentali del minore, che tuttavia non avevano ancora avuto il necessario riconoscimento. Art. 448bis c.c. Si tratta di una nuova disposizione introdotta dal comma 9 dell art. 1 della legge di riforma, rubricato Cessazione per decadenza dell avente diritto dalla potestà sui figli. Con detta norma, il Legislatore ha previsto che il figlio, anche adottivo, e, in sua mancanza anche i discendenti prossimi, vengono esonerati dall obbligo a prestare gli alimenti nei confronti del genitore decaduto dalla potestà. Prima della riforma, l art. 448 c.c. prevedeva la sospensione dell obbligo alimentare, in alcune ipotesi legate a fatti oggettivi quali il sopravvenuto venir meno dello stato di bisogno dell alimentato, la sopravvenuta impossibilità economica dell obbligato, nonché infine la morte dell obbligato. Con la novella legislativa, a dette ipotesi si aggiunge la previsione di cui all art. 448bis c.c., che potremmo definire di natura sanzionatoria, che a sua luglio-settembre 2013 Avvocati di famiglia 13

16 LEGISLAZIONE volta va a collocarsi accanto alla previsione di perdita del diritto alimentare, quale sanzione accessoria, per il genitore nei cui confronti sia intervenuta una condanna penale per i delitti previsti dagli artt. 609bis, 609ter, 609quater, 609quinque, 609octies c.p., nonché l esclusione dalla successione della persona offesa. Invero l art. 609nonies c.p., prevede come pena accessoria per i delitti sopra elencati, oltre alla perdita della potestà genitoriale, per il genitore autore dei suddetti delitti, la perdita dal diritto agli alimenti e l esclusione dalla successione. Il Legislatore ha dunque ritenuto, con l introduzione dell art. 448bis c.c. di inserire anche nell ambito del codice civile, le stesse pene accessorie che il codice penale prevedeva nelle ipotesi di condanna per i reati di cui agli arrt. 609bis-609quinques c.p. nonché 609octies. Cambia evidentemente l ambito di operatività, dovendosi ritenere che l esonero dall obbligo alimentare potrà essere invocato dal figlio, ogniqualvolta sia stata pronunciata la decadenza dalla potestà a carico del genitore e dunque nelle fattispecie contemplate dall art. 330 c.c. di competenza del Tribunale per i minorenni o del Tribunale Ordinario, nell ipotesi in cui sia in corso un giudizio di separazione o divorzio. La pronuncia di decadenza dalla potestà genitoriale non sempre, com è noto consegue alla commissione di un reato, essendovi molti casi in cui segue all accertamento di condotte pregiudizievoli, messe in atto da uno dei genitori nei confronti dei figli minori e in generale condotte che violano i doveri genitoriali o peggio costituiscono abuso nell esercizio degli stessi, ed evidenzino una inidoneità o inadeguatezza genitoriale, tale da procurare pregiudizio alla prole. La dottrina si interroga già sulla natura del previsto esonero dall obbligo alimentare e cioè se debba intendersi avere natura sanzionatoria nei confronti del genitore, o compensativa nei confronti del figlio esonerato, che in tal modo riceverebbe una riparazione indiretta per avere a suo tempo subito pregiudizio, a causa della condotta del genitore, poi dichiarato decaduto dalla potestà. Artt c.c. In linea con l obiettivo e il nucleo centrale della riforma del 2012, e cioè l eliminazione di ogni forma di differenziazione tra figli legittimi e naturali, l intera II Sezione del I Libro del codice civile, ovvero la sezione rubricata Della legittimazione dei figli naturali è stata abrogata. Attraverso la legittimazione, il figlio nato fuori dal matrimonio, acquisiva la condizione di figlio legittimo, per effetto di susseguente matrimonio o per provvedimento del giudice. Detto istituto ha tuttavia trovato scarsa applicazione, a partire dalla riforma del 1975 in poi, stante i vari interventi legislativi che hanno via via eliminato le differenze tra i figli naturali e i figli legittimi. Art. 2 DELEGA AL GOVERNO Allo scopo di dare piena attuazione ai principi della riforma, il Legislatore ha conferito un ampia delega al Governo. I criteri direttivi cui dovrà attenersi il decreto legislativo di attuazione della delega, riguardano in primo luogo la disciplina delle successioni e donazioni. È noto infatti che una delle differenze più significative di trattamento giuridico tra figli legittimi e figli naturali, riguarda proprio l ambito successorio. L art. 537 c.c. prevede infatti il cd. potere di commutazione dei figli legittimi, che possono soddisfare in denaro o in beni immobili la porzione spettante ai figli naturali. Anche l art. 566 c.c. nella successione legittima, prevede la facoltà di commutazione, come diritto potestativo, sebbene mitigato, stante la possibilità di opposizione da parte dei coeredi- fratelli naturali. Tra i vari principi contenuti nella suddetta delega, in tema di prova della filiazione, viene introdotto quello secondo cui, la filiazione fuori dal matrimonio, può essere accertata con qualunque mezzo. Atro principio che merita menzione è quello del rimodellamento del concetto di potestà genitoriale, che viene adeguato al lessico psicologico- giuridico moderno, delineando il concetto di responsabilità genitoriale, ponendo l accento sull aspetto di cura, piuttosto che di potere sul minore. Apprezzabile da parte del legislatore il richiamo anche nella delega, del diritto del minore ad essere ascoltato in tutte le procedure che lo riguardano, nonché la previsione della regolamentazione delle modalità di ascolto, che viene demandato al presidente del Tribunale o al giudice delegato, ma in ogni caso al giudice. La previsione della regolamentazione delle modalità di ascolto è particolarmente significativo, laddove dopo l introduzione dell art. 155sexies c.c. che prevede l audizione del minore nei procedimenti di separazione, senza tuttavia indicarne le modalità, nell intento condiviso e comune di trovare linee giuda e uniformare le prassi, sono stati nei vari Fori stilati e sottoscritti, su iniziativa delle associazioni forensi di avvocati familiaristi, numerosi protocolli per l ascolto del minore, alla cui stesura hanno partecipato sia la magistratura che i servizi sociali. Concludo osservando, e non certo per autocelebrazione, che il progetto di riforma per un giusto processo della famiglia, elaborato nel 2011 dall Osservatorio sul Diritto di Famiglia, più volte citato, prevedeva che l ascolto del minore venisse effettuato dal giudice, anche se nei casi più complessi coadiuvato da un esperto-ausiliare. Sicché dico con soddisfazione che anche sotto tale profilo, tale progetto ha anticipato la riforma della filiazione. 14 Avvocati di famiglia luglio-settembre 2013

17 GIURISPRUDENZA L ASSEGNAZIONE DELLA CASA FAMILIARE IN COMODATO Cassazione civile, sez. III, Sentenza 17 giugno 2013, n Presidente Francesco Trifone Relatore Luigi Alessandro Scarano Svolgimento del processo Con sentenza del 20/11/2006 la Corte d Appello di Lecce ha respinto, seppure con diversa motivazione, il gravame interposto dal sig. V.G. in relazione alla pronunzia del Tribunale di Lecce di rigetto della domanda proposta nei confronti della nuora sig. Ve.Ma.Lu. di declaratoria di cessazione del comodato precario avente ad oggetto immobile sito in (OMISSIS), concesso al figlio C. perchè vi abitasse con la famiglia, successivamente in sede di giudizio di separazione personale assegnatole quale affidataria del figlio minore P.. Con conseguente condanna al rilascio del medesimo, nonchè al pagamento di compenso per il relativo godimento. Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito il V. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 3 motivi, illustrati da memoria. L intimata non ha svolto attività difensiva. Motivi della decisione Con il 1 motivo il ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 1803, 1809 e 1810 c.c., art. 155 c.p.c., in riferimento all art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia, in riferimento all art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Lamenta che così come i limiti soggettivi ed oggettivi del provvedimento di assegnazione non possono consentire una compressione dei diritti vantati dal dominus, che non è parte del giudizio nel quale il provvedimento stesso è emesso, per converso non può configurarsi un ampliamento della posizione giuridica del coniuge assegnatario, nei confronti dello stesso proprietario, rispetto a quella vantata dall originario comodatario. Si duole non essersi dalla corte di merito considerato che nel dare in comodato l abitazione sita in (OMISSIS) al figlio C. ed alla sig.ra Ve. non ha, certamente, inteso concederla perchè vi si costituisse quel centro di interessi e di relazioni tali da considerarla quale casa familiare, bensì, quale semplice sistemazione temporanea e provvisoria e con riserva di poterne ritornare in possesso nel caso di necessità per i bisogni della famiglia, sicchè il contratto in essere stipulato tra le odierne parti del presente giudizio deve qualificarsi come comodato precario e non come comodato a termine e che, in conseguenza del recentissimo arresto di codesta Suprema Corte di Cassazione (decisione n. 3179, del 13 febbraio 2007), ove un bene immobile concesso in comodato sia destinato a casa familiare, il successivo provvedimento di assegnazione in favore del coniuge affidatario di figli minori (o convivente con i figli maggiorenni non autosufficienti senza loro colpa), emesso nel giudizio di separazione o di divorzio, non modifica nè la natura nè il contenuto del titolo di godimento dell immobile. Pertanto ove si tratti di comodato senza la fissazione di un termine predeterminato (c.d. precario), il comodatario è tenuto a restituire il bene non appena il comodante lo richieda. Con il 2 motivo il ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 1803, 1809 e 1810 c.c., art. 147 e 155 c.p.c., art. 42 Cost., in riferimento all art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia, in riferimento all art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Lamenta che dal quadro globale nel quale il contratto di che trattasi si è perfezionato... appare all evidenza, come la volontà delle parti, nel momento in cui l immobile è stato concesso in godimento, fosse quella di condizionare la concessione dell immobile medesimo alla indipendenza economica e patrimoniale dei coniugi comodatari ovvero alla sopravvenuta necessità, per il comodante, di rientrare in possesso del bene per soddisfare anche i bisogni dell altra figlia e non alla indipendenza economica degli eventuali nascituri dei coniugi comodatari. Con la conseguenza che detto termine, se esistente, deve ritenersi comunque ormai maturato atteso che la sig.ra Ve.Ma.Lu., che in seguito al menzionato provvedimento presidenziale è succeduta nel rapporto di comodato al marito V.C., è oggi del tutto economicamente autosufficiente e indipendente. È risultato, infatti, nel corso dell istruttoria del giudizio di primo grado, come la resistente sia proprietaria di un immobile, unitamente alla di lei madre, sito sempre in (OMISSIS); è risultato, ancora, che la stessa percepisce un reddito proprio in quanto impiegata in una società privata e che ella è beneficiaria dell assegno di mantenimento (sia per se che per il figlio) posto dal Presidente del Tribunale di Lecce a carico dell ex marito, V.C.. luglio-settembre 2013 Avvocati di famiglia 15

18 GIURISPRUDENZA Si duole che tali circostanze non siano state per nulla valutate dalla Corte d Appello di Lecce la cui sentenza, nella parte motiva, appare carente ed insufficiente anche per tale aspetto. Lamenta che l individuazione, all interno del contratto di comodato, del termine di scadenza coincidente con il raggiungimento dell indipendenza economica dei figli conviventi con l assegnatario, appare... anche in contrasto con lo spirito dell art. 147 c.c., atteso il rischio che il coniuge assegnatario della casa coniugale possa ostacolare le inclinazioni ovvero le aspirazioni del figlio al fine di conservare quanto più è possibile la casa concessa in comodato. Con il 3 motivo il ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione dell art. 345 c.p.c. in riferimento all art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Si duole che erroneamente la corte di merito abbia inteso non prendere in considerazione le esigenze degli altri familiari dell istante, diversi da quelli destinatari del godimento del bene in forza dell originario contratto di comodato, in quanto dette esigenze sarebbero state rappresentate in contrasto con le preclusioni proprie del rito, laddove la situazione di urgente ed imprevisto bisogno che legittimerebbe il sig. V.G. a richiedere il rilascio dell immobile concesso in comodato, ex art c.c., è stata rappresentata, per la prima volta, innanzi alla Corte d Appello di Lecce semplicemente perchè detta circostanza è sopravvenuta in un momento storico successivo a quello in cui venne notificata la domanda introduttiva dell odierna controversia. La questione posta dal ricorrente all attenzione della Corte attiene alla sorte del contratto di comodato c.d. precario di immobile concesso dal genitore al figlio in vista del suo matrimonio, e successivamente assegnato, in sede di giudizio di separazione personale dei coniugi, alla moglie di quest ultimo, affidataria del figlio minore nel frattempo nato. In particolare, avuto riguardo all an, al quomodo e al quando il comodante possa ottenerne la restituzione. Nel caso in esame, nel confermare la pronunzia del giudice di prime cure di rigetto della domanda del comodante, la corte di merito ha peraltro precisato di volersi discostare dall orientamento seguito dal giudice di prime cure e già delineato da Cass., 10/12/1996, n , intendendo uniformarsi ai principi viceversa successivamente enunziati da Cass., Sez. Un., 21/7/2004, n Va al riguardo posto in rilievo come la suindicata Cass., 10/12/1996, n avesse affermato che, in caso di assegnazione della casa familiare in sede di procedimento di separazione o divorzio, il titolo del godimento dell assegnatario è costituito non più dall originario contratto di comodato ma dal provvedimento di assegnazione, in quest ultimo il diritto dell assegnatario trovando autonoma e (in caso di precedente titolarità del medesimo sul bene) nuova fonte, sia sotto il profilo del tipo di diritto attribuito, sia sotto il profilo della funzione e delle modalità di relativa disciplina, ivi ricompreso l aspetto della durata. La scadenza del rapporto e del godimento non è più pertanto, secondo tale interpretazione, quella contrattualmente prevista bensì quella rideterminata o determinata (in ipotesi di comodato senza determinazione di termine) con riferimento al momento della venuta meno o esaurimento della destinazione funzionale dell immobile a casa familiare. Oltre che dall art c.c. (secondo cui Nei casi previsti dalla legge, l autorità giudiziaria può costituire, modificare o estinguere rapporti giuridici, con effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa : in ordine a tale specifico richiamo v. già Cass., 2/4/1992, n. 4016), si è al riguardo argomentato essenzialmente dalla ravvisata opponibilità del provvedimento ai terzi, ai sensi dell art c.c., entro il novennio se avente data certa e non trascritto ed oltre il novennio se trascritto. Con la successiva pronunzia n del 2004 le S.U. di questa Corte hanno peraltro disatteso il suindicato orientamento, pervenendo ad affermare i seguenti principi di diritto. Quando un terzo (nella specie: il genitore di uno dei coniugi) abbia concesso in comodato un bene immobile di sua proprietà perchè sia destinato a casa familiare, il successivo provvedimento - pronunciato nel giudizio di separazione o di divorziodi assegnazione in favore del coniuge (nella specie: la nuora del comodante) affidatario di figli minorenni o convivente con figlio maggiorenni non autosufficienti senza loro colpa, non modifica nè la natura nè il contenuto del titolo di godimento sull immobile, atteso che l ordinamento non stabilisce una funzionalizzazione assoluta del diritto di proprietà del terzo a tutela di diritti che hanno radice nella solidarietà coniugale o postconiugale, con il conseguente ampliamento della posizione giuridica del coniuge assegnatario. Infatti, il provvedimento giudiziale di assegnazione della casa, idoneo ad escludere uno dei coniugi dalla utilizzazione in atto e a concentrare il godimento del bene in favore della persona dell assegnatario, resta regolato dalla disciplina del comodato negli stessi limiti che segnavano il godimento da parte della comunità domestica nella fase fisiologica della vita matrimoniale. Di conseguenza, ove il comodato sia stato convenzionalmente stabilito a termine indeterminato (diversamente da quello nel quale sia stato espressamente ed univocamente stabilito un termine finale), il comodante è tenuto a consentire la continuazione del godimento per l uso previsto nel contratto, salva l ipotesi di sopravvenienza di un urgente ed impreveduto bisogno, ai sensi del- 16 Avvocati di famiglia luglio-settembre 2013

19 GIURISPRUDENZA l art c.c., comma 2. - Ove il comodato di un bene immobile sia stato stipulato senza limiti di durata in favore di un nucleo familiare (nella specie: dal genitore di uno dei coniugi) già formato o in via di formazione, si versa nell ipotesi del comodato a tempo indeterminato, caratterizzato dalla non prevedibilità del momento in cui la destinazione del bene verrà a cessare. Infatti, in tal caso, per effetto della concorde volontà delle parti, si è impresso allo stesso un vincolo di destinazione alle esigenze abitative familiari (e perciò non solo e non tanto a titolo personale del comodatario) idoneo a conferire all uso - cui la cosa deve essere destinata - il carattere implicito della durata del rapporto, anche oltre la crisi coniugale e senza possibilità di far dipendere la cessazione del vincolo esclusivamente dalla volontà, ad nutum, del comodante. Salva la facoltà di quest ultimo di chiedere la restituzione nell ipotesi di sopravvenienza di un bisogno, ai sensi dell art c.c., comma 2, segnato dai requisiti della urgenza e della non previsione. In caso di comodato avente ad oggetto un bene immobile, stipulato senza la determinazione di un termine finale, l individuazione del vincolo di destinazione in favore delle esigenze abitative familiari non può essere desunta sulla base della mera natura immobiliare del bene, concesso in godimento dal comodante, ma implica un accertamento in fatto, di competenza del giudice del merito, che postula una specifica verifica della comune intenzione delle parti, compiuta attraverso una valutazione globale dell intero contesto nel quale il contratto si è perfezionato, della natura dei rapporti tra le medesime, degli interessi perseguiti e di ogni altro elemento che possa far luce sulla effettiva intenzione di dare e ricevere il bene allo specifico fine della sua destinazione a casa familiare. Le S.U. del 2004 hanno, al riguardo, in particolare: escluso che il provvedimento giudiziale di assegnazione, pur costituendo nuovo ed autonomo titolo di godimento per l assegnatario, sia idoneo a modificare la natura ed il contenuto del titolo di godimento sull immobile ; osservato che il diritto del coniuge assegnatario resta nel suo contenuto modellato dalla disciplina del titolo negoziale preesistente, con la conseguenza che è alla normativa regolatrice dell originaria convenzione che occorre fare riferimento al fine di delineare il complesso dei diritti e dei doveri di detto coniuge nei confronti del proprietario contraente; affermato che l applicabilità della disciplina relativa al titolo contrattuale preesistente non esclude e anzi necessariamente comporta che la conces- luglio-settembre 2013 Avvocati di famiglia 17

20 GIURISPRUDENZA sione in comodato del bene nella specifica prospettiva della sua utilizzazione quale casa familiare assuma decisiva rilevanza, specificamente in ordine al termine finale, per la determinazione del quale è alla destinazione della cosa che deve aversi riguardo; escluso che il vincolo a casa familiare rimanga automaticamente caducato per il sopravvenire della crisi coniugale ; sostenuto che, trattandosi di comodato senza determinazione di durata (c.d. precario), così come il comodante non può esercitare il recesso ad nutum nella fisiologia del rapporto nei confronti del comodatario del pari non può farlo nei riguardi dell assegnatario all esito dell emissione del provvedimento in sede di giudizio di separazione personale dei coniugi o di divorzio, la durata del diritto di godimento dell immobile rimanendo determinata in relazione alla persistenza o meno della destinazione funzionale dell immobile a casa familiare, in ragione delle esigenze da questa tutelate; ritenuto che il contenuto proprio del comodato risulta determinato ai sensi dell art c.c., comma 2, con termine di durata cioè implicitamente fissato in ragione dell uso cui il bene concesso è destinato, e non già ai sensi dell art c.c., prevedente per il comodatario l obbligo di restituire la cosa al comodante non appena questi la richieda; a tale stregua sostanzialmente negandosi che, in presenza di funzionale destinazione a casa familiare (e solamente in tale caso), la figura stessa del precario sia in effetti configurabile, giacchè un termine non può non sussistere, rimanendo esso, laddove non convenzionalmente fissato dalle parti, implicitamente determinato alla stregua di tale uso, cui il bene è destinato; disatteso l orientamento secondo cui la durata del comodato può desumersi dalla destinazione abitativa cui per sua natura un immobile è adibito (in tal senso v. Cass., 8/10/1997, n. 9775; Cass., 8/3/1995, n. 2719; Cass., 22/3/1994, n. 2750; Cass., 18/1/1985, n. 133; Cass., 20/1/1984, n. 491; Cass., 23/5/1992, n. 6213), e diversamente statuito che la destinazione dell immobile a fungere da casa familiare, essendo non già genericamente connessa alla natura immobiliare bensì profilantesi in termini di marcata specificità come finalizzata ad assicurare che il nucleo familiare già formato o in via di formazione abbia un proprio habitat, come stabile punto di riferimento e centro di comuni interessi materiali e spirituali dei suoi componenti, realizza un vero e proprio vincolo di destinazione dell immobile; affermato, senza invero indicare quando esso venga a concretamente insorgere, che avendo le esigenze abitative (e a fortiori quelle di una famiglia) naturale tendenza a durare indefinitamente nel tempo il vincolo di destinazione dell immobile alle esigenze abitative familiari è idoneo a conferire all uso in qualità di casa familiare il carattere di termine implicito di durata del rapporto; correlato, escludendosi che il vincolo a casa familiare rimanga automaticamente caducato per il sopravvenire della crisi coniugale, il termine finale dell attribuzione al raggiungimento dell indipendenza economica dell ultimo dei figli conviventi con l assegnatario ; riconosciuto al concedente (nell avvertire che un opzione interpretativa la quale privasse in modo assoluto il comodante proprietario, che ha già rinunciato ad ogni rendita sul bene in favore della comunità familiare, della possibilità di disporne fino al momento, peraltro imprevedibile all atto della conclusione dell accordo, del raggiungimento dell indipendenza economica dell ultimo dei figli conviventi con l assegnatario, si risolverebbe in una sostanziale espropriazione della facoltà e dei diritti comuni alla sua titolarità sull immobile, con evidenti riflessi sulla sfera costituzionale della tutela del risparmio e della sua funzione previdenziale ) la facoltà di esigere la restituzione del bene esclusivamente nell ipotesi di sopravvenienza di un suo urgente ed impreveduto bisogno, ai sensi dell art c.c. Intendendo - come detto - fare applicazione dei suindicati principi, la corte di merito ha nell impugnata sentenza argomentato dal rilievo: che il provvedimento di assegnazione della casa familiare come nella specie emesso in sede di separazione personale dei coniugi è inidoneo a governare in maniera difforme rispetto all originaria pattuizione la durata dell originario rapporto di comodato, laddove come nel caso instaurato senza determinazione di durata ; che il bene è comunque vincolato finché permanga la funzione realizzata mediante il provvedimento giudiziale... non potendo ipotizzarsi una funzionalizzazione assoluta del diritto di proprietà del terzo a tutela d altrui interessi d ordine familiare ; che non è ipotizzabile un ampliamento della posizione giuridica del coniuge assegnatario rispetto a quella vantata dall originario comodatario, sicché il diritto del coniuge assegnatario resta modellato nel suo contenuto dalla disciplina del titolo negoziale preesistente, con la conseguenza che occorre far riferimento all originaria convenzione al fine di delineare il complesso dei diritti spettanti al coniuge assegnatario nei confronti del comodante ; che il provvedimento di assegnazione determina una concentrazione nella persona dell assegnatario, in quanto componente del nucleo familiare in favore del quale il godimento era stato concesso, del titolo originario ; 18 Avvocati di famiglia luglio-settembre 2013

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