OSSERVATORIO SULLA GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA AGGIORNATO AL 30 NOVEMBRE 2012 A CURA DI GIUSEPPE LONERO

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1 OSSERVATORIO SULLA GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA AGGIORNATO AL 30 NOVEMBRE 2012 A CURA DI GIUSEPPE LONERO Corte Costituzionale, sentenza n. 258 del 22 novembre 2012: la Consulta uniforma le modalità di notificazione degli atti di accertamento e delle cartelle di pagamento nel caso di irreperibilità relativa del destinatario. La Corte Costituzionale ha dichiarato l illegittimità costituzionale del terzo comma (corrispondente all attualmente vigente quarto comma) dell art. 26 del d.p.r. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), nella parte in cui stabiliva che la notificazione della cartella di pagamento «Nei casi previsti dall art. 140 del codice di procedura civile [ ] si esegue con le modalità stabilite dall art. 60 comma 1, lettera e) del d.p.r. 29 settembre 1973, n. 600». La vicenda trae origine dalla notifica di una cartella di pagamento relativa a debiti previdenziali emessa da Equitalia spa, per conto dell Inps, a seguito della quale la Società contribuente ha proposto ricorso al giudice del lavoro del Tribunale di Padova, che a sua volta ha promosso un giudizio di legittimità costituzionale con ordinanza del 26 luglio Secondo il Giudice delle leggi, il procedimento di notifica di una cartella deve essere allineato a quello previsto per gli accertamenti fiscali. Nel caso in specie, se il soggetto al quale viene notificata una cartella è temporaneamente irreperibile (magari perché si trova fuori per lavoro o per altre ragioni), il solo deposito dell atto nella casa comunale non assicura l effettiva conoscenza dell atto da parte del contribuente, poiché è necessaria la comunicazione del deposito al destinatario con l affissione alla porta e con l invio di una raccomandata informativa, così come avviene per gli atti di accertamento. La Consulta riconosce che, secondo la normativa vigente nel caso di contribuenti irreperibili temporaneamente, la cartella di pagamento vada notificata secondo le formalità previste per la notificazione di atti di accertamento a contribuenti irreperibili in maniera assoluta (contribuente che, ad esempio, muta residenza senza dirlo all Anagrafe), con la conseguenza che l avvenuto deposito nella casa comunale non avviene affatto comunicato al destinatario. 1

2 Tale modalità di notifica, nei casi di irreperibilità relativa o temporanea, da luogo a disparità di trattamento, tra i destinatari degli avvisi di accertamento e delle cartelle di pagamento. In altri termini, siffatta evidente diversità della disciplina di una medesima situazione non appare riconducibile ad alcuna ragionevole ratio, con violazione dell evocato art. 3 della Cost. Corte di Cassazione, Sez. trib., ordinanza n del 26 ottobre 2012: le sanzioni dell Antitrust sono indeducibili dal reddito d impresa. Per i giudici della Suprema Corte, la sanzione ha solo una funzione afflittiva e deflattiva, essendo un deterrente per futuri possibili analoghi illeciti. La Cassazione ribadisce che la sanzione dovuta a causa della violazione di un divieto da parte di un impresa non deriva da un attività connessa al corretto esercizio dell impresa stessa e, quindi, non può qualificarsi come fattore produttivo, trattandosi di una condotta autonoma ed esterna rispetto alla normale vita dell azienda, ma antitetica rispetto al corretto svolgimento di tale attività. Non è dunque ammissibile che l entità di tale sanzione costituisca un costo deducibile dal reddito imprenditoriale, giacchè significherebbe neutralizzare interamente la ratio punitiva della penalità, trasformandola in un risparmio d imposta, cioè in un premio per le imprese che abbiano agito in violazione delle norme antitrust. Dal punto di vista tributario, la sanzione in oggetto ex art. 15 L , n. 287 non può considerarsi nemmeno una sopravvenienza passiva, in quanto non si collega né al reddito dell anno in cui la violazione è stata commessa né a quello degli esercizi precedenti. Infine, secondo i giudici, l illecito spezza, in ogni caso, il nesso di inerenza, atteso che la spesa non nasce più nell impresa, ma in un atto o fatto, quello antigiuridico, che per sua natura si pone al di là della sfera aziendale. Corte di Cassazione, Sez. VI civ., ordinanza n del 12 ottobre 2012: non si sospende il termine di impugnazione a seguito di istanza di definizione successivamente rinunciata dal contribuente. 2

3 La Consulta, con la pronuncia in esame, ha stabilito che il rifiuto all instaurazione del contradditorio significhi abbandonare il procedimento, e di conseguenza, far venir meno la sospensione del termine di impugnazione ex artt. 6 e 12 del D. Lgs n. 218 del 19 giugno In tema di accertamento con adesione, la sospensione del termine di impugnazione dell atto impositivo per 90 giorni conseguente alla presentazione dell istanza di definizione da parte del contribuente, non è interrotta dal verbale di constatazione del mancato accordo tra questi e l Amministrazione finanziaria, poiché, secondo un interpretazione costituzionalmente orientata della disposizione, diretta a favorire il più possibile la composizione amministrativa della controversia, deve ritenersi che solo l univoca manifestazione di volontà del contribuente possa escludere irrimediabilmente tale soluzione compositiva, attraverso la proposizione di ricorso avverso l atto di accertamento, oppure di formale ed irrevocabile rinuncia all istanza di definizione con adesione, facendo perciò venir meno la sospensione del termine di impugnazione. In tal senso già la Corte si era espressa con le pronunce Cass. Sez. V Sent. n.2857 del 24 febbraio 2012, Cass. Sez. V Sent. n del 9 marzo Corte di Cassazione, Sez. trib., sentenza n del 5 ottobre 2012: nullità dell avviso di accertamento emanato prima della scadenza del termine di 60 giorni dal verbale di chiusura delle operazioni ispettive senza motivata urgenza. Con la superiore pronuncia, la Corte di Cassazione ribadisce un proprio principio puntualizzato con sentenza n del 3 novembre 2010, e peraltro condiviso anche dalla Corte Costituzionale con ordinanza n. 244 anno La Suprema Corte ha, infatti, cassato la decisione della commissione Tributaria Regionale del Piemonte, nella quale il contribuente non si era visto accogliere la deduzione di violazione delle prescrizioni di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, poiché per i giudici di secondo grado l emanazione degli avvisi di accertamento impugnati era, comunque, avvenuta dopo la presentazione di osservazioni da parte dello stesso contribuente. Nella specie, la richiamata disposizione recita: Nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L avviso di accertamento non può 3

4 essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza. Per il Supremo Consesso la previsione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, secondo cui l avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del termine di sessanta giorni dal verbale di chiusura delle operazioni ispettive, salvo casi di particolare e motivata urgenza, implica - in applicazione della L. n. 212 del 2000, art.7, comma 1, L. n. 241 del 1990, artt.3 e 21 septies, nonché D.P.R. n. 600 del 1973 art.42, commi 2 e 3, e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 56, comma5, - la sanzione di nullità dell avviso di accertamento emesso in violazione del termine dilatorio e in assenza di motivazione sull urgenza che ne ha determinato l adozione. Peraltro, aggiungendo che al criterio non possa derogarsi nel caso in cui il contribuente presenti osservazioni prima dello scadere del termine previsto dalla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, posto che ai sensi di tale disposizione, solo con lo spirare di detto termine, si consuma la sua facoltà di esporre osservazioni e richieste dall Ufficio impositore. Corte di Cassazione, Sez. trib., sentenza n del 26 settembre 2012: validità della cartella di pagamento riemessa entro i termini decadenziali. La Cassazione ribadisce un principio di diritto, in linea con un consolidato orientamento in tema di notificazione e atto notificando, ovvero che la mancanza della notificazione di un atto amministrativo d imposizione tributaria non influisce sulla sua esistenza in quanto gli atti amministrativi d imposizione tributaria sono sottoposti ad un regime procedimentale, che, pur nelle sue peculiarità rispetto a quello generale dell atto amministrativo, lascia ben distinta la fase di decisione, o di perfezione dell atto, rispetto alla fase integrativa della sua efficacia. Ne consegue che l'inesistenza della notificazione non determina in via automatica l'inesistenza dell'atto, quando ne risulti inequivocabilmente la piena conoscenza da parte del contribuente entro il termine di decadenza concesso all'ufficio per adottare e notificare il provvedimento amministrativo tributario. 4

5 Corte di Cassazione, Sez. trib., sentenza n del 19 settembre 2012: IRAP, l esistenza di un solo presupposto comporta l assoggettamento ad imposizione. Per il Supremo consesso, in tema di Irap, il presupposto per l applicazione dell imposta, ex art. 2 del D. Lgs 15 dicembre n. 446, è l esercizio abituale di un attività autonomamente organizzata, diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi, che ricorre qualora il contribuente sia il responsabile dell organizzazione ed impieghi beni strumentali, eccedenti per quantità o valore, il minimo generalmente ritenuto indispensabile per l esercizio della professione, ovvero si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui. L esistenza di una sola delle predette condizioni comporta l assoggettamento al tributo. Nel caso esaminato dalla sentenza in rassegna, è stato considerato soggetto passivo dell Irap un professionista il quale, pur disponendo di un capitale finanziario minimo, tuttavia aveva inserito stabilmente nella propria struttura organizzativa dei soggetti esterni avvalendosi della loro opera, come è emerso dai compensi corrisposti a terzi ed esposti nella dichiarazione dei redditi. Corte di Cassazione, Sez. trib., sentenza n del 5 settembre 2012: illegittima la notifica della cartella di pagamento al liquidatore di una società estinta. Secondo la giurisprudenza della Corte, una volta liquidata e cancellata la contribuente società di capitali dal Registro delle imprese, il processo tributario non può proseguire né nei confronti della persona giuridica, non più esistente, né nei confronti dell'ex liquidatore o dell'ex socioamministratore, atteso che la legge non prevede alcun subentro automatico di costoro nei rapporti con l'amministrazione finanziaria. Infatti, la cancellazione dal registro delle imprese di una società determina l'estinzione del soggetto giuridico e la perdita della sua capacità processuale. Ne consegue che, nei processi in corso, anche se essi non siano interrotti per mancata dichiarazione dell'evento interruttivo da parte del difensore, la legittimazione sostanziale e processuale, attiva e passiva, si trasferisce automaticamente, ex art. 110 cod. proc. civ., ai soci, che, per effetto della vicenda estintiva, divengono partecipi della comunione in ordine ai beni residuati dalla liquidazione 5

6 o sopravvenuti alla cancellazione, e, se ritualmente evocati in giudizio, parti di questo, pur se estranei ai precedenti gradi del processo. Infatti, nel caso concreto, la cartella erroneamente è stata notificata al liquidatore, perché obbligati erano i soci partecipi della comunione dei beni residuati o sopravvenuti alla estinzione. In applicazione di tale principio, la Corte ha chiarito che un contenzioso tra una Agenzia fiscale ed il liquidatore di una società estinta, al quale sia stata erroneamente notificata, come nella specie, una cartella esattoriale per debiti della società, ha ad oggetto una lite sostanzialmente "improponibile", perché la cartella a suo tempo notificata è priva di efficacia a cagione della già avvenuta estinzione del soggetto passivo dell'obbligazione afferente. Corte di Cassazione, Sez. trib., sentenza n del 19 settembre 2012: Iva, fatture per operazioni soggettivamente inesistenti e "frodi carosello" a confronto. La Suprema Corte premette che l ipotesi di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti è concettualmente diversa da quella delle c.d. frodi carosello e tale diversità si riflette sull oggetto e sull onere della prova. Le due ipotesi si verificano spesso congiuntamente nella pratica ma, ai fini della trattazione giuridica delle stesse è importante tenerne presente la distinzione. La fatturazione per operazione soggettivamente inesistente si ha quando la fornitura è stata acquisita effettivamente dal contribuente, ma essa è stata fornita da soggetto diverso dal fatturante. L Iva che il cessionario assume di aver pagato al cedente per l operazione soggettivamente inesistente (e cioè per la cessione non effettuata da quel preteso cedente) non è detraibile in quanto pagata ad un soggetto che non era legittimato alla rivalsa né era assoggettato all obbligo di pagamento dell imposta. Unica eccezione alla non detraibilità in questi casi potrebbe essere che l acquirente non sapesse che il fornitore effettivo non era il fatturante ma un altro. Ipotesi non impossibile ma meramente di scuola e l onere di provarla grava ovviamente sul contribuente che fa valere la detrazione. Al di fuori di tale caso, nell ipotesi di fatturazione per operazioni soggettivamente inesistenti il fisco, per escludere la detraibilità, ha solo l onere di provare e può farlo anche mediante 6

7 presunzioni essendo principio di carattere generale che la prova dei fatti può essere data anche mediante presunzioni che la cessione non è stata effettivamente operata dal fatturante. Diverso è il caso in cui il fatturante è, quanto meno formalmente, il fornitore effettivo ma l operazione si iscrive per quanto riguarda quel trasferimento o per quanto riguarda i passaggi precedenti in una combinazione negoziale fraudolenta di cui l acquirente era o partecipe o consapevole e che contempla l avvalimento in vario modo da parte dei cessionari successivi del non versamento dell IVA da parte di un cedente. Anche in questa ipotesi l iva che figura pagata al cedente in via di rivalsa non è detraibile dato che ad essa con la consapevolezza o la partecipazione del cessionario non solo non corrisponde un versamento all erario ma non corrisponde un attività economica effettiva ed il trasferimento all intermediario formale ha il solo scopo abusivo di avvantaggiarsi della detrazione. In tale ipotesi è peraltro il fisco ad avere l onere di provare anche mediante presunzioni gli elementi di fatto che concretizzano la frode e la partecipazione ad essa o la consapevolezza di essa da parte del contribuente. Sul tema va richiamata la sentenza della Cassazione n. 867 del 20 ottobre 1010 secondo cui nelle c.d. frodi carosello -fondate sul mancato versamento dell imposta incassata da società cartiere a seguito di acquisti intracomunitari, o altrimenti esenti, e successive rivendite anche attraverso l interposizione di una o più società filtro ( buffers ) il meccanismo dell operazione e gli scopi che la stessa si propone (acquisizione di materiali a prezzi più contenuti al fine di praticare prezzi di vendita più bassi, con alterazione a proprio favore del libero mercato), fanno presumere la piena conoscenza della frode e la consapevole partecipazione all accordo simulatorio del beneficiario finale, con la conseguenza che, in applicazione del relativo principio sancito dall art. 17 della direttiva 17 maggio 1977, n. 77/388/CEE, l IVA assolta dal medesimo beneficiario nelle operazioni commerciali con la società filtro non è detraibile ai sensi dell art. 19 del d.p.r. 26 ottobre 1972, n. 633, anche se le predette operazioni siano state effettivamente compiute e le relative fatture, al pari dell intera documentazione contabile, sembrino perfettamente regolari. Corte di Cassazione, Sez. trib., ordinanza n del 5 settembre 2012: Contenzioso, notificazione a mezzo posta, timbro postale e avviso di ricevimento. In tema di notificazioni a mezzo posta, quando debba accertarsi il perfezionamento della notificazione nei confronti del destinatario, posto che la data del timbro postale sulla busta corrisponde a quella di smistamento del plico presso l ufficio postale e non dell effettivo recapito al 7

8 destinatario, che può anche avvenire in data successiva, l unico documento attestante la consegna a questi e la sua data è l avviso di ricevimento della raccomandata, la cui produzione in giudizio è onere che grava sulla parte notificante, e alla cui mancanza salva l ipotesi di rilascio di un duplicato, ai sensi del D.P.R. 29 maggio 1982, n. 655, art. 8 in caso di smarrimento non è dato supplire con atti equipollenti, quali la dichiarazione di consegna rilasciata dal dirigente dell ufficio postale (Cass. nn del 1995, del 2009, del 2010). La Cassazione ribadisce che la correttezza del procedimento di formazione della pretesa tributaria è assicurata mediante il rispetto di una sequenza procedimentale di determinati atti, con le relative notificazioni, allo scopo di rendere possibile un efficace esercizio del diritto di difesa del destinatario. Pertanto, l omissione della notifica di un atto presupposto costituisce un vizio procedurale che comporta la nullità dell atto consequenziale notificato; posto che tale nullità può essere fatta valere dal contribuente mediante la scelta, consentita dal d.lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 3, di impugnare solo l atto consequenziale notificatogli (avviso di mora, cartella di pagamento, avviso di liquidazione), facendo valere il vizio derivante dall omessa notifica dell atto presupposto, o di impugnare cumulativamente anche quello presupposto non notificato, facendo valere i vizi che inficiano quest ultimo per contestare radicalmente la pretesa tributaria, spetterà al giudice di merito, interpretando la domanda, verificare la scelta compiuta dal contribuente. Con la conseguenza che, nel primo caso, dovrà verificare solo la sussistenza o meno del difetto di notifica al fine di pronunciarsi sulla nullità dell atto consequenziale (con eventuale estinzione della pretesa tributaria a seconda se i termini di decadenza siano o meno decorsi), nel secondo la pronuncia dovrà riguardare l esistenza, o no, di tale pretesa (Cass., Sez. un., n del 2008). 8

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