2. MODELLI DI GESTIONE DEI BENI E DEI SERVIZI CULTURALI: IL CONTESTO NORMATIVO

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1 14 2. MODELLI DI GESTIONE DEI BENI E DEI SERVIZI CULTURALI: IL CONTESTO NORMATIVO 2.1. Introduzione Fino ai primi anni Novanta le politiche dedicate al settore dei beni culturali apparivano notevolmente qualificate sotto il profilo tecnico (in particolare, quanto all esercizio delle funzioni di conservazione e di tutela dei beni), ma piuttosto inclini alla chiusura rispetto alle strategie di valorizzazione e, soprattutto, nei confronti dell apporto collaborativo dei privati alla gestione di musei, aree archeologiche e monumenti. Questo non impediva, tuttavia, di avvalersi saltuariamente dei privati per l esecuzione di determinati compiti (ad esempio, per attività di inventariazione e catalogazione o di restauro o per scavi d urgenza), né di ricercare l apporto finanziario delle imprese per la sponsorizzazione di alcune iniziative e per attività promozionali, soprattutto nell ambito del Ministero. Era peraltro sostanzialmente assente la disponibilità a coinvolgere direttamente i privati nella gestione o valorizzazione di beni culturali e nello svolgimento di altre attività culturali sia in ambito locale, sia a livello centrale. Proprio nel corso dei primi anni Novanta si assiste a un cambiamento di rotta nella direzione di una maggiore attenzione verso la gestione dei beni e, allo stesso tempo, di una tendenza al coinvolgimento dei privati, sia no profit, che con finalità di lucro. Tra le ragioni che hanno prodotto la tendenza alla sperimentazione di modelli alternativi alla gestione pubblica tradizionale possono essere evidenziate le seguenti:

2 15 necessità di superare la scarsa efficienza ed economicità degli strumenti gestionali classici, che soffrono di un endemica rigidità decisionale, sono per lo più ancorati a logiche burocratiche poco orientate alla qualità del servizio e alla responsabilizzazione della classe dirigente; necessità di introdurre sistemi di controllo di gestione in grado di garantire un corretto monitoraggio dei costi e dei ricavi; opportunità di individuare formule di finanziamento alternative e aggiuntive rispetto a quelle meramente statali, in un epoca di riduzione della spesa pubblica anche nel settore dei beni culturali; allargare lo spettro dei soggetti chiamati a vario titolo a partecipare alle funzioni di valorizzazione del patrimonio, anche allo scopo di stimolare nuovi stakeholder a investire in forme di mecenatismo legate alla prestazione di servizi o denaro; affermazione sempre più netta di strategie orientate alla sussidiarietà orizzontale, con l idea che i pubblici poteri non debbano necessariamente provvedere alla gestione diretta dei pubblici servizi, ma possano avvalersi, laddove possibile, delle risorse allo scopo rinvenibili nel mercato o nella società civile. In questo quadro si gettano le basi per l avvio di una completa rivisitazione della normativa, soprattutto in tema di gestione, tesa alla ricerca di forme innovative di collaborazione e coordinamento tra il pubblico e il privato, guidate da criteri di efficienza ed economicità, mantenendo strumenti a garanzia della tutela e della conservazione del patrimonio storicoartistico nazionale. In questo documento si tenta di riportare a unità questo complesso processo legislativo, evidenziandone, seppur in maniera sintetica, le principali tappe, a partire dalla legge sulle autonomie locali del 1990 fino alla normativa della Patrimonio dello Stato Spa. Obiettivo finale è quello di definire un elenco dei modelli di gestione disponibili per lo Stato e per gli enti locali, e delle caratteristiche di tali modelli rispetto alle attività di valorizzazione e gestione dei culturali. Ciò che va sottolineato, comunque, è che non esiste un modello gestionale migliore degli altri, ma ognuno è consigliabile a seconda degli obiettivi di mediolungo termine che la struttura museale o l ente preposto alla sua gestione si pone. Troppo spesso il problema gestionale non è correttamente affrontato poiché a monte viene meno la fase di chiara definizione degli obiettivi che, come detto, influenzano direttamente la forma giuridica da privilegiare. Dovendo dunque individuare la veste più appropriata che l ente museale dovrà indossare, andranno sviluppate accurate valutazioni in ottica prospettica, soprattutto relativamente ai soggetti che nel tempo andranno coinvolti nelle diverse attività, alle esigenze finanziarie dell ente, alla garanzia di controllabilità, al profilo fiscale connesso alla forma giuridica, ecc.

3 16 Tab. 1.1 Tabella riepilogativa della normativa afferente la gestione dei beni culturali Norma Titolo Note Legge 142 del 8/6/1990 Ordinamento delle autonomie locali Abrogata da D.Lgs 267 del 18/8/2000 D.L. 4 del 14/1/1993 Misure urgenti per il funzionamento dei musei statali Confluita nel T.U. BBCC 490/99 D.M. del 13/4/1993 Disciplina dell apertura al pubblico e del funzionamento dei monumenti, musei, gallerie, aree e parchi archeologici, parchi e giardini storici dello Stato D.M. 174 del 31/1/1994 D.lgs. 77 del 25/2/1995 Legge 85 del 22/3/1995 D.L. 276 del 17/51996 Legge 59 del 15/3/1997 D.M. 139 del 24/3/1997 Legge 78 del 25/3/1997 Legge 352 del 8/10/1997 D.lgs. 460 del 4/12/1997 D.M. 507 del 11/12/1997 D.lgs. 112 del 31/3/1998 D.Lgs 134 del 23/4/1998 D.lgs. 368 del 20/10/1998 Legge 265 del 3/8/1999 D.M. 375 del 28/9/1999 D.lgs 490 del 29/10/1999 Regolamento recante determinazione di indirizzi, criteri e modalità per la gestione del servizio editoriale e di vendita riguardante le riproduzioni di beni culturali e la realizzazione di cataloghi ed altro materiale informativo, dei servizi riguardanti i beni librari e archivistici per la fornitura di riproduzioni e il recapito nell ambito del prestito bibliotecario, nonché dei servizi di caffetteria, ristorazione, di guardaroba e di vendita di altri beni correlati all informazione museale presso i musei, le gallerie, gli scavi archeologici, le biblioteche e gli archivi dello Stato consegnatari dei beni culturali Ordinamento finanziario e contabile degli enti locali Art. 47 quarter Gestione dei beni culturali Soppressione della tassa d ingresso nei musei statali Delega al governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa Regolamento recante norme sugli indirizzi, criteri, modalità di istituzione e gestione dei servizi aggiuntivi nei musei e negli altri istituti del Ministero per i beni culturali e ambientali Abolizione tassa d ingresso beni culturali Disposizioni sui beni culturali Riordino della disciplina tributaria degli enti non commerciali e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale Regolamento recante norme per l istituzione dei biglietti d ingresso ai monumenti, musei, gallerie, scavi di antichità, parchi e giardini monumentali dello Stato Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59 Trasformazione Enti lirici in fondazioni Istituzione del MiBAC, a norma dell articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59. Disposizioni in materia di autonomia e ordinamento degli enti locali. Regolamento recante modifiche al Decreto ministeriale 11 dicembre 1997, n. 507, recante norme per l istituzione del biglietto di ingresso ai monumenti, musei, gallerie, scavi d antichità, parchi e giardini dello Stato. T.U. Beni culturali e ambientali, a norma dell art. 1 della legge 8 ottobre 1997, n. 352 Primo Regolamento attuativo Legge Ronchey Confluita nel T.U. BBCC 490/99 Secondo Regolamento attuativo Legge Ronchey Confluita nel T.U. BBCC 490/99 Capo V Beni e attività culturali Contiene normativa sulla fondazione di partecipazione Art. 10 esternalizzazione compiti amministrativi Riassume tutta la normativa in materia di BBCC D.lgs 267 del 18/8/2000 T.U. delle leggi sull ordinamento degli enti locali Sostituisce la L. 142 L.Cost. 3 del 18/10/2001 D.M. 491 del 27/11/2001 Legge 448 del 28/12/2001 Legge 112 del 15/6/2002 Legge 137 del 6/7/2002 Legge 131 del 5/6/2003 Modifica del Titolo V della C.I. Regolamento attuativo fondazioni MiBAC Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato Disposizioni finanziarie e fiscali Delega per la riforma dell organizzazione del Governo e della Presidenza del Consiglio dei Ministri, nonché di enti pubblici. Disposizioni per l adeguamento dell ordinamento della Repubblica alla Legge Cost. n. 3 del 18/10/2001 di modifica del Titolo V della Costituzione Ripartizione competenze Statoeell in materia di tutela e valorizzazione Descrive unicamente l ipotesi di Fondazione Integrazione del T.U. degli enti locali (113bis) e art 10 D.lgs 368 Art. 789 Istituzione Patrimonio S.p.A. Art. 10 delega al Governo per il riassetto e la codificazione delle disposizioni legislative in materia di beni culturai ed ambientali (lett.a)

4 2.2. Legge n. 142 del 8/6/1990 Ordinamento delle autonomie locali 17 La legge 142 è stata abrogata dalla nuova normativa in materia di autonomie locali (Testo Unico D. Lgs. 267/2000). Nonostante ciò, costituisce uno dei primi tentativi di regolazione e definizione delle modalità gestionali dei servizi culturali locali, la cui sintetica analisi risulta comunque significativa. Il Capo VII (artt. 22 e 23) della legge raccoglieva la disciplina delle possibili forme di gestione dei servizi pubblici degli Enti locali, oggi regolate dal Testo Unico che, abrogando la legge 142/90, in parte ne riprende i contenuti. Per la definizione delle varie forme di gestione dei servizi pubblici locali, dunque, si rimanda alla descrizione della norma oggi vigente 1, bastando qui dedicare poche veloci considerazioni ad alcuni argomenti particolari. La norma descriveva in maniera puntuale le ipotesi di stampo pubblicistico istituzione e azienda speciale tuttora valide. L istituzione costituisce un organismo strumentale dell'ente locale per l'esercizio di servizi sociali, dotato di autonomia gestionale. Non si tratta, quindi, di un ente dotato di personalità giuridica ed esterno all amministrazione locale (come avviene per l azienda speciale), ma di un organismo che, benché autonomo sotto il profilo gestionale, rimane organico all amministrazione stessa. Infatti, si prevede che l ordinamento e il funzionamento delle istituzioni siano direttamente disciplinati dallo statuto e dai regolamenti dell'ente locale da cui dipendono (comma 5). L azienda speciale è invece configurata come un ente strumentale dell ente locale, dotato di personalità giuridica, di proprio statuto e imprenditorialmente autonomo. Ne consegue una maggiore autonomia gestionale e più ampi margini di movimento e autonomia. Nel caso dell istituzione, in effetti, non si riscontra alcun fenomeno di esternalizzazione dei compiti, ma solo la costituzione di un autonomia funzionale organica all amministrazione locale. Sia l istituzione che l azienda speciale devono orientare la propria attività a criteri di efficacia, efficienza ed economicità e hanno l'obbligo del pareggio di bilancio, da perseguire attraverso l'equilibrio dei costi e dei ricavi, compresi i trasferimenti. Il sistema ordinamentale delle autonomie locali prevedeva infine la possibilità per comuni e province di stipulare apposite convenzioni per lo svolgimento coordinato di alcune funzioni, e di costituire consorzi ad hoc per la gestione associata di taluni servizi. Peraltro, tali disposizioni (artt 24 e 25) sono state trasferite senza sostanziali modifiche nella normativa attuale e le due 1 Cfr., infra, par. 8.

5 18 figure descritte costituiscono strumenti di frequente utilizzo per la gestione di sistemi museali e reti culturali Legge n. 4 del 14 gennaio 1993 (L. Ronchey) Conversione in legge con modificazioni del D.L. 433/92, recante misure urgenti per il funzionamento dei musei statali La legge Ronchey costituisce il primo tentativo concreto di miglioramento degli aspetti operativi della gestione dei musei e dei servizi culturali statali. A partire da questa norma, e soprattutto in seguito all ampio dibattito da cui è scaturita, si è avuto un progressivo spostamento dell attenzione verso gli aspetti organizzativi e le modalità di offerta al pubblico del prodotto cultura, in un settore tradizionalmente più attento alle funzioni di tutela e conservazione. Si è avviato, inoltre, un processo critico circa l esclusività della competenza pubblica nel campo dei beni culturali, perlomeno in materia di servizi aggiuntivi e valorizzazione. La normativa è suddivisa in tre blocchi: 1. aspetti operativi del servizio (custodia e orari di apertura al pubblico); 2. servizi aggiuntivi; 3. regime dei beni affidati alla gestione del Ministero BAC. L introduzione dei cd. servizi aggiuntivi rappresenta una delle principali innovazioni introdotte nel sistema di gestione delle istituzioni museali statali. I servizi aggiuntivi, offerti al pubblico a pagamento, concernono, ai sensi della legge: il servizio editoriale e di vendita di riproduzioni, cataloghi, e altro materiale informativo; i servizi di caffetteria, ristorazione, guardaroba e vendita di altri beni correlati all informazione museale. Questa legge è stata successivamente integrata e modificata da successive disposizioni che ne hanno specificato l ambito e i termini di applicazione. L insieme di queste norme è confluito nella stesura del Testo Unico in materia di Beni Culturali del 1999 (D.lgs 490). Tale processo, che ha lasciato pressoché invariata la logica delle disposizioni originali, ha riguardato, oltre alla Ronchey, la legge n. 85 del 22/3/1995 (conv. del D.L. 41 del 1995) che indica nella fruizione di beni artistici, archeologici, librari e archivistici, storici e culturali in genere l ambito di istituzione dei servizi aggiuntivi, prevedendone

6 19 l affidamento in concessione a fondazioni culturali e bancarie, società o consorzi istituiti a tal fine. Nella stessa norma, l elenco dei servizi è ampliato, con l aggiunta delle attività di accoglienza, informazione, guida, didattica, gestione dei punti vendita, pulizia, vigilanza e biglietteria. A questa integrazione si accompagnano l introduzione di due requisiti per l affidamento dei servizi: la convenienza economica e la mancanza di risorse finanziarie e umane interne, introdotti dalla stessa legge 85 e dal regolamento attuativo della Ronchey (D.M. 24/03/1997 n. 139). Quest ultima norma, infine ha introdotto un ulteriore opportunità di esternalizzazione, in particolare per le attività di organizzazione delle mostre e di altre iniziative promozionali. Il principale merito della Ronchey e delle norme successive consiste nell aver introdotto il privato nello svolgimento di attività imprenditoriali legate alla fruizione museale, in vista del miglioramento complessivo dell offerta e con l obiettivo congiunto di agevolare un ritorno economico per i musei dalla stessa gestione dei servizi aggiuntivi. In merito a quest ultimo aspetto, si segnala che in seguito all abolizione della tassa d ingresso (Legge 78/97) è stato possibile introdurre la prenotazione dei biglietti, la cui gestione è oggetto di uno specifico servizio (a reddito) D.Lgs. n. 112 del 1998 Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle Regioni ed agli Enti Locali Al capo V della legge di riordino dei compiti amministrativi teso al decentramento delle funzioni dallo Stato agli enti locali sono affrontati i temi della tutela, valorizzazione e gestione dei beni culturali. La norma rileva in maniera particolare poiché fornisce una definizione delle attività di tutela, gestione, valorizzazione e promozione dei beni e delle attività culturali, individuando gli enti competenti per ciascuna funzione. Il decreto ribadisce la competenza dello Stato in materia di tutela, non limitatamente ai beni di interesse nazionale, ma anche per quelli di rilievo regionale o locale. L'esercizio unitario in sede centrale è posto a garanzia di eventuali squilibri tra le Regioni. Sono previsti il concorso delle Regioni e degli enti locali all'attività di conservazione dei beni culturali, la cooperazione delle Regioni in attività relative alla catalogazione ed al restauro, nonché poteri propulsivi di Regioni ed enti locali in materia di apposizione di vincoli, espropriazioni ed esercizio del diritto di prelazione. Le altre funzioni in materia di tutela, gestione, valorizzazione e promozione dei beni e delle attività culturali rimangono allo Stato o vengono trasferite, ai sensi del principio di sussidiarietà, a Regioni, Province e Comuni, con l'individuazione dei beni da trasferire da parte di una Commissione

7 20 paritetica. Con il trasferimento si provvede altresì a trasferire beni, risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative. Per la gestione l'art. 150, comma 4, specifica che il trasferimento "riguarda, in particolare, l'autonomo esercizio delle attività concernenti: l'organizzazione, il funzionamento, la disciplina del personale, i servizi aggiuntivi, le riproduzioni e le concessioni d'uso dei beni; la manutenzione, la sicurezza, l'integrità dei beni, lo sviluppo delle raccolte museali; la fruizione pubblica dei beni, concorrendo al perseguimento delle finalità di valorizzazione di cui all'art. 152, comma 3." Per la valorizzazione e la promozione non è previsto l'autonomo esercizio da parte di un livello di governo, ma, piuttosto, la competenza di ciascun ente nel proprio ambito, mediante forme di cooperazione strutturali e funzionali tra Stato, regioni ed enti locali, attuate per mezzo di una Commissione per i beni e le attività culturali da istituire in ogni regione. L'art. 152 del d.lgs. 112/1998, al comma 1, dispone inoltre che "la valorizzazione [sia] di norma attuata mediante forme di cooperazione strutturali e funzionali tra Stato, regioni ed enti locali", ossia tra gli enti titolari di funzioni in materia di beni culturali, previsione analoga a quella contenuta nel d.lgs. 368/99 2. Secondo l art. 148 del D.Lgs. 112: la tutela è "diretta a riconoscere, conservare e proteggere i beni culturali e ambientali"; la gestione consiste in "ogni attività diretta, mediante l'organizzazione di risorse umane e materiali, ad assicurare la fruizione dei beni culturali e ambientali, concorrendo al perseguimento delle finalità di tutela e di valorizzazione"; valorizzazione, infine, è "ogni attività diretta a migliorare le condizioni di conoscenza e di conservazione dei beni culturali e ambientali e ad incrementarne la fruizione". Alle funzioni descritte è da aggiungere la promozione, che nella norma si riferisce esclusivamente alle attività culturali e che consiste in "ogni attività diretta a suscitare e a sostenere le attività culturali". 2 Art. 1: il Ministero "favorisce la cooperazione con le regioni e gli enti locali, con le amministrazioni pubbliche, con i privati e con le organizzazioni di volontariato"

8 21 Dunque, la tutela è rivolta alla conservazione del bene, la gestione attiene alla fruizione, la valorizzazione è finalizzata alla fruizione e ad accrescere l'accessibilità dei beni. Tuttavia, la distinzione tra le funzioni non presenta contorni netti. In particolare, risultano difficilmente separabili la gestione e la valorizzazione. Quest ultima, inoltre, contiene anche elementi della tutela, quali "il miglioramento della conservazione fisica dei beni e della loro sicurezza, integrità e valore" (art. 152, comma 3, lettera a). Il comma 3 dell art. 152 definisce il contenuto dell attività di valorizzazione. In essa si comprendono: a) il miglioramento della conservazione fisica dei beni e della loro sicurezza, integrità e valore; b) il miglioramento dell'accesso ai beni e la diffusione della loro conoscenza anche mediante riproduzioni, pubblicazioni ed ogni altro mezzo di comunicazione; c) la fruizione agevolata dei beni da parte delle categorie meno favorite; d) l'organizzazione di studi, ricerche ed iniziative scientifiche anche in collaborazione con università ed istituzioni culturali e di ricerca; e) l'organizzazione di attività didattiche e divulgative anche in collaborazione con istituti di istruzione; f) l'organizzazione di mostre anche in collaborazione con altri soggetti pubblici e privati; g) l'organizzazione di eventi culturali connessi a particolari aspetti dei beni o ad operazioni di recupero, restauro o ad acquisizione; h) l'organizzazione di itinerari culturali, individuati mediante la connessione fra beni culturali e ambientali diversi, anche in collaborazione con gli enti e organi competenti per il turismo". L elencazione puntuale dei contenuti della valorizzazione, peraltro, non sembra risolvere adeguatamente il problema della non netta distinzione tra questa attività e l attività di gestione dei beni, su cui persistono alcune perplessità da parte dei soggetti interessati D.Lgs. 134 del 23/4/1998 Trasformazione in fondazione degli enti lirici e delle istituzioni caratteristiche assimilate Il decreto legislativo dispone, all art. 1, la trasformazione degli enti lirici (e delle istituzioni concertistiche assimilate) in fondazioni, perseguendo ope legis, con caratteri di imperatività e immediatezza, l obiettivo già all oggetto di un precedente atto normativo: il D. Lgs. n. 367 del Con il

9 22 provvedimento appena citato, infatti, non furono raggiunti i risultati che il legislatore si poneva, in particolare quello di una maggiore efficienza gestionale degli enti lirici, da ottenere, senza discapito della qualità artistica dei servizi offerti, con il coinvolgimento di risorse private, reso possibile dalla trasformazione del regime giuridico degli enti stessi. I motivi del fallimento del D. Lgs. 367/96 sono molteplici: l uniformità della norma, applicata a situazioni affatto differenti tra loro ma, di fatto, ritagliata su misura per un caso particolare (non a caso l unico per il quale la disposizione ha poi funzionato), una affrettata regolazione delle forme di partecipazione dei privati alla nascita e al governo delle neofondazioni (a volte con eccessi di ottimismo, come emerge dalla previsione di un tetto posto a limitare il coinvolgimento dei capitali privati) e, last but not least, la sostanziale mancanza di incentivi, in particolare di vantaggi di natura fiscale, effettivamente capaci di incoraggiare la partecipazione di fondatori privati. Il legislatore del 1998, dunque, ha inteso sopperire a queste mancanze, da una parte disponendo imperativamente la trasformazione degli enti lirici in fondazioni alla data dell entrata in vigore della norma, senza sottoporre a tempi d attuazione e condizioni sospensive di alcuna natura l obiettivo in oggetto alla disposizione normativa, dall altra semplificando l accesso dei privati alle neofondazioni così create. La privatizzazione coatta degli enti lirici, d altronde, ha rappresentato in sé un primo elemento di incentivo alla partecipazione dei privati, i quali hanno potuto disporre, una volta precostituiti i soggetti giuridici, di un quadro di riferimento chiaro sulla natura dei propri referenti. A questo si sono aggiunti ulteriori nuovi elementi in grado di semplificare il coinvolgimento di soggetti privati, quali la riduzione del contributo richiesto per poter designare un proprio rappresentante nel consiglio d amministrazione della fondazione, nonché la previsione di forme di premialità per le fondazioni attivamente impegnate nella ricerca di partners non pubblici. Deficienza principale della nuova normativa, peraltro, è stata la mancata predisposizione di meccanismi di incentivazione destinati ai soggetti privati D.Lgs. n. 368 del 1998 Istituzione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Il D.Lgs 368/98 ha formalmente istituito il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, definendone poteri, competenze e responsabilità. Nel quadro complessivo della norma, l aspetto che più rileva ai fini della trattazione investe gli aspetti gestionali e organizzativi dei beni culturali statali. In particolare, all art. 10 si prevede per il Ministero la facoltà di concludere

10 23 accordi con altre amministrazioni e con privati e la possibilità di costituire o partecipare ad associazioni, fondazioni e società, al fine di rendere più efficace l esercizio delle sue funzioni e in particolare per la valorizzazione dei beni culturali. Per quanto riguarda lo strumento societario, pur in mancanza di espresso riferimento, è da ritenere che si tratti esclusivamente di società di capitali, nella fattispecie di Spa e Srl, dovendosi escludere, in funzione dei soggetti partecipanti e dei conferimenti, il ricorso a società di persone (nelle quali vige la responsabilità illimitata per le obbligazioni assunte dalla società). La previsione normativa in questione permette dunque al Ministero di rivolgersi a organismi esterni, anche privati, per lo svolgimento di alcune funzioni, in special modo nella gestione dei beni culturali, configurando una delle possibili forme di esternalizzazione di attività finora riservate esclusivamente alla competenza pubblica, in questo caso statale. L art. 10, tra l altro, registra, codifica e indirizza un processo già in atto, che aveva trovato parziale riconoscimento in alcune disposizioni legislative precedenti (l. 14/1/1993 n. 4, l. 22/3/1995 n. 85, art. 10 l. 8/10/1997 n. 352) e che trova nel d.lgs 368 una più ampia formalizzazione, risultato di una crescente tendenza all apertura dei servizi pubblici al mercato, e con l obiettivo di una maggiore efficienza gestionale. Per tale motivo, la norma assume più che altro un carattere programmatorio. La prima parte dell art. 10 prevede per il Ministero la possibilità di stipulare accordi per l assegnazione sia dei servizi aggiuntivi, sia di attività riguardanti la valorizzazione, la gestione e la promozione dei beni culturali. La questione centrale riguardo a tale disposizione è inerente alla possibilità per il Ministero di affidare in concessione a privati la gestione complessiva di un bene culturale (global service). Sul questo punto l art. 10 si limita a prevedere genericamente accordi con privati ma non ne esemplifica il contenuto. Tralasciando l ampio dibattito sulla natura giuridica e sulle possibilità di applicazione di tale previsione normativa, il secondo strumento proposto vede la possibilità di esternalizzare parte dell attività del Ministero attraverso la costituzione o la partecipazione ad associazioni, fondazioni e società. Tale soluzione organizzativa consente al Ministero, rispetto all accordo, di concorrere più incisivamente alla gestione del servizio, mantenendo funzioni direzionali e di controllo. Probabilmente proprio per tale motivo, rispetto alle tre forme associative previste dal decreto, il regolamento attuativo, emanato a tre anni dall approvazione del 368/1998, descrive dettagliatamente la sola ipotesi della fondazione, come figura maggiormente rispondente alle esigenze del Ministero di esternalizzazione dei servizi, da un lato, e di mantenimento di compiti direzionali, dall altro.

11 D.Lgs n. 490 del 29/10/1999 Testo Unico in materia di Beni Culturali e Ambientali Il Testo Unico costituisce un tentativo di definizione e di sintesi organica della normativa esistente in materia di beni culturali (e ambientali). Per questo motivo, non introduce particolari innovazioni sul quadro gestionale, ma rileva piuttosto per la funzione di razionalizzazione della complessa materia. Oltre alle disposizioni che definiscono l ambito di applicazione e riportano la definizione di bene culturale, peraltro ripresa dalla normativa precedente (l. 1089/39), il Testo Unico riporta una riorganizzazione della normativa in tema di servizi aggiuntivi, integrando, riassumendo e razionalizzando le numerose leggi vigenti in materia. Marginale modifica rispetto alle disposizioni precedenti è costituita dalla nuova accezione dei servizi aggiuntivi, definiti nel Testo Unico come servizi di assistenza culturale e di ospitalità. Tale modifica non comporta tuttavia particolari variazioni sostanziali sull assetto gestionale. Per il resto, nel Testo Unico confluiscono sia le disposizioni della legge Ronchey, sia della legge 85/1995. Ne risulta un lungo elenco di servizi culturali e museali di cui si permette l affidamento in gestione, suddivisi tra servizi aggiuntivi e altri servizi di accoglienza e valorizzazione D.Lgs 267 del 18/8/2000 Testo Unico delle leggi sull ordinamento degli enti locali La lunga, importante evoluzione della normativa sugli enti locali cominciata a partire dalla legge 142/90, abrogata dal D. Lgs. 267/2000, che ne riprende e supera (almeno in parte) i contenuti ha creato le premesse per sperimentare nuove forme di gestione dei musei. In un contesto assai complesso e difficile, in molte realtà locali sono stati utilizzati gli strumenti legislativi per avviare esperienze significative e innovative sia per quanto riguarda la gestione che gli strumenti di controllo. La condivisione di queste esperienze può rappresentare un utile strumento sia per le soprintendenze, chiamate in ogni caso a svolgere la funzione di tutela, che per gli amministratori locali. Le principali innovazioni riguardano le forme di gestione dei servizi pubblici locali. In seguito all entrata in vigore della nuova normativa, si prevede che i servizi pubblici locali, senza distinzione tra rilevanza industriale o meno, possano essere svolti:

12 25 in economia, quando per le modeste dimensioni o per le caratteristiche del servizio non sia opportuno costituire un istituzione o un azienda; in concessione a terzi, quando sussistano ragioni tecniche, economiche e di opportunità sociale; a mezzo di azienda speciale, anche per la gestione di più servizi di rilevanza economica e industriale; a mezzo di istituzione, per l esercizio di servizi sociali senza rilevanza imprenditoriale; a mezzo di società per azioni o a responsabilità limitata a prevalente capitale pubblico locale, costituite o partecipate dall ente titolare del servizio, qualora sia opportuna in relazione alla natura o all ambito territoriale del servizio la partecipazione di più soggetti pubblici o privati; a mezzo di società per azioni, anche senza il vincolo della maggioranza pubblica, per la realizzazione di opere necessarie al corretto svolgimento del servizio, nonché per la realizzazione di infrastrutture e altre opere d interesse pubblico. Novità di rilievo rispetto alla normativa previgente è rappresentata dal possibile affidamento della gestione a società a responsabilità limitata, con il vincolo del prevalente capitale pubblico. Questa norma integra il precedente elenco che, tra le società di capitali, prevedeva il solo ricorso alla Spa. L ultima voce dell elenco dei possibili modelli proposti dalla legge ipotizza inoltre il ricorso a società per azioni, anche senza il vincolo della maggioranza pubblica, completando un ventaglio di opportunità gestionali piuttosto vasto e diversificato, in grado di proporre alternative idonee alle diverse esigenze organizzative locali. In seguito all introduzione della normativa in questione, infatti, si può affermare che pressoché qualsiasi forma funzionale, pubblica o privata, individuale o collettiva, no profit o a scopo lucrativo risulti ammessa per la gestione dei servizi culturali. A tale molteplicità tipologica corrispondono diversi regimi di affidamento dei servizi. Mentre infatti per le aziende speciali e per le varie forme associative (associazioni, fondazioni e società) è previsto l affidamento diretto, rispetto a soggetti terzi e in caso di società con partecipazione pubblica minoritaria è necessario il ricorso a procedure di evidenza pubblica. Per la regolazione dei rapporti tra ente locale e soggetto affidatario, la legge 267 introduce la disciplina dei contratti di servizio, destinati ad assicurare adeguati standard qualitativi, contenuti e condizioni dei servizi da erogare. All art. 119, la legge 267/2000 prevede inoltre la possibilità da parte degli enti locali, al fine di favorire una migliore qualità dei servizi prestati di stipulare contratti di sponsorizzazione, accordi di collaborazione e convenzioni con soggetti pubblici e privati diretti a fornire consulenze o servizi aggiuntivi. A questi strumenti si aggiunge il rinnovo della previsione di

13 26 convenzioni e consorzi per la gestione coordinata di funzioni e servizi, così come precedentemente disciplinato in materia di enti locali. In merito alle convenzioni tra enti pubblici, infine, è espressamente prevista la possibilità di costituire uffici comuni che operano con personale distaccato dagli enti partecipanti, ai quali affidare l'esercizio delle funzioni pubbliche in luogo degli enti partecipanti all'accordo, ovvero la delega di funzioni da parte degli enti partecipanti all'accordo a favore di uno di essi, che opera in luogo e per conto degli enti deleganti. La figura dell unico ufficio dei comuni partecipanti a una convenzione, non prevista dalla normativa precedente, si rivela particolarmente interessante sul fronte della gestione dei beni culturali, in particolare, può costituire uno strumento flessibile e agile per il coordinamento interno di reti e sistemi di offerta culturale complessi Legge costituzionale n. 3 del 2001 Riforma del Titolo V della Costituzione (Ordinamento delle Regioni, delle Province e dei Comuni) Con la legge costituzionale n 3 del 18 ottobre 2001 è stato completamente riformato il Titolo V della seconda parte della Costituzione, recante norme sulle Regioni, le Province e i Comuni. La riforma giunge a conclusione di un lungo cammino verso il decentramento amministrativo e legislativo avviato con la Legge n 59/1997 (Legge Bassanini), con il D. Lgs. n 469/1997 e il D. Lgs. n 112/1998. Il nuovo testo costituzionale, infatti, opera una nuova e diversa ripartizione delle competenze normative e amministrative tra Stato, Regioni ed Enti locali, in ossequio al principio comunitario di sussidiarietà. Il riformato dettato costituzionale delinea un nuovo assetto istituzionale, nel quale alle Regioni è attribuita potestà legislativa concorrente con quella dello Stato in una serie di materie fondamentali, tassativamente elencate dal nuovo art.117 Cost. In particolare, l'art. 117 Cost., dopo aver stabilito che la potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione e dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali, distingue tra materie di legislazione esclusiva dello Stato, materie oggetto di legislazione concorrente tra Stato e Regioni, 3 materie di legislazione esclusiva delle Regioni. 3 Nelle materie oggetto di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.

14 27 Tale suddivisione della potestà normativa è operata tramite l elencazione tassativa delle materie rientranti in ognuno dei tre campi appena citati, con un rafforzamento di tono federalista laddove lo stesso art. 117 specifica, al comma 4, che "spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato". Occorre sottolineare come alla potestà legislativa, così ripartita tra Stato e Regioni, si affianchi la potestà regolamentare. 4 La tassatività nell elencazione delle materie ricadenti nell una o nell altra delle sfere di potestà normativa viene meno nel solo caso dei beni culturali e ambientali, laddove si distingue tra la tutela (art. 117, comma 2, lett. s) e la valorizzazione (art. 117, comma 3) degli stessi, riservando la prima alla legislazione esclusiva dello Stato, la seconda alla legislazione regionale concorrente. Questa separazione tra le funzioni distinte di tutela e valorizzazione, direttamente ereditata da precedenti provvedimenti normativi in materia di decentramento di funzioni statali (D. Lgs. 112/1998), è alla base di un intenso dibattito dottrinale e già di alcune pronunce giurisprudenziali (Corte Cost. 94/2003). La distinzione tra le due funzioni contenuta nel testo del D. Lgs. 112/98, in effetti, soffre di ambiguità e sovrapposizioni, ancora non risolte né da interventi di interpretazione autentica da parte del legislatore, né da definitive pronunce della giurisprudenza. A questo nodo critico si aggiunge quello della rottura del principio del parallelismo tra competenza legislativa e competenza amministrativa, operata dal testo del nuovo art. 118, il quale istituisce un sistema amministrativo (potenzialmente) fortemente decentrato e non disegnato sulla ripartizione della potestà normativa disegnata all art Al dibattito sull assegnazione della potestà legislativa in materia di beni e attività culturali sul crinale incerto che divide i concetti di tutela e valorizzazione si intreccia, dunque, il dibattito sull attribuzione delle relative competenze esecutive, con una forte spinta al decentramento da parte, soprattutto, degli enti locali subregionali. L impatto che il nuovo dettato Titolo V della Costituzione potrebbe avere in tema di gestione dei beni culturali è tutto sotteso allo scioglimento dei due nodi critici appena ricordati, scioglimento che non sembra preventivabile a breve termine. Nelle sedi deputate, infatti, non si osserva attualmente un 4 L'art.117, a tal riguardo, stabilisce che la potestà regolamentare spetta allo Stato solo per le materie di propria legislazione esclusiva, salva la possibilità di delegare tale competenza alle Regioni; mentre per tutte le altre materie (vale a dire sia quelle oggetto di legislazione concorrente tra Stato e Regioni che quelle a legislazione regionale esclusiva), il potere regolamentare compete alle Regioni, salva la potestà regolamentare delle Province, dei Comuni e delle Città Metropolitane in ordine alla disciplina dell'organizzazione e dello svolgimento delle funzioni a loro attribuite.

15 28 interesse fattivo per la piena attuazione dei nuovi articoli della Costituzione, quanto una spinta verso ulteriori, nuove revisioni costituzionali. Nel 2003, tuttavia, con Legge n.131 del 5 giugno 2003, sono state dettate le prime norme per l adeguamento dell ordinamento della Repubblica alle nuove modifiche costituzionali; mentre nel 2002, già la Legge n. 137 del 6 luglio 2002 ha previsto l esercizio della delega al governo per (art. 10) il riassetto e la codificazione delle disposizioni legislative (tra le altre) in materia di beni culturali ed ambientali (lett. a) D.M. n. 491 del 27 novembre 2001 Regolamento recante disposizioni concernenti la costituzione e la partecipazione a fondazioni da parte del Ministero per i beni e le attività culturali La prima bozza di regolamento per l attuazione del D. Lgs. 368/98 prevedeva che il Ministero per i Beni e le attività culturali potesse costituire società di capitali ed assumere partecipazioni in società già costituite, detenendo anche l intero pacchetto azionario, anche attraverso il conferimento in uso dei beni culturali. Tale bozza, ricevuto parere negativo da parte del Consiglio di Stato, ha subito alcune modifiche, come risulta dalla versione definitiva approvata con D. M. 491 del 27/11/2001. Nella versione finale del regolamento si definiscono termini e forme organizzative delle fondazioni. La preferenza del legislatore regolamentare verso la fondazione, rispetto al ventaglio di proposte offerto dal D. Lgs. 368/98, è insita nella natura giuridica della figura e, in particolare, nella capacità di rispondere, rispetto all associazione e alla società di capitali, alle esigenze di indirizzo e controllo e di limitare l applicazione tout court di logiche di mercato al settore culturale, senza scoraggiare la partecipazione dei privati. L obiettivo principale, infatti, è consentire la partecipazione di soggetti privati alla gestione dei servizi culturali, in ossequio al processo di privatizzazione avviato dalla legge Ronchey. Tuttavia, mentre per la legge 4/93 si trattava di servizi prevalentemente market oriented (ristorazione, caffetteria, ecc.), l introduzione delle fondazioni per la gestione dei beni culturali si inserisce in una sfera orientata verso il no profit, anche privato, in grado di fornire soprattutto apporti di carattere tecnico (competenze specifiche in tema di conservazione, gestione e promozione di beni culturali), di mantenere la mission culturale e di orientare la gestione a criteri di efficienza ed economicità, tipici del settore privato. Da parte del Ministero, nel regolamento attuativo è previsto il conferimento in uso dei beni culturali oggetto della gestione alla fondazione. Tale possibilità è finalizzata a obiettivi di:

16 29 acquisizione di risorse sufficienti a garantire la conservazione dei beni conferiti; miglioramento della fruizione pubblica, con garanzia della conservazione dei beni; integrazione delle attività di gestione e valorizzazione con altri beni culturali. In caso di estinzione della fondazione, si prevede il ritorno automatico dei beni conferiti in uso nella disponibilità del Ministero Legge n. 448 del 2001 (legge finanziaria per il 2002) La legge Finanziaria per il 2002 prevede numerose norme dedicate alla modalità di gestione dei beni culturali, sia in ambito statale sia a livello locale. Per quanto riguarda lo Stato, l art. 33 integra il D. Lgs. 368/98, introducendo ulteriori forme di esternalizzazione di servizi e modelli gestionali. All art. 10, comma 1, della legge di istituzione del Ministero dei Beni Culturali si aggiunge una lettera b)bis, nella quale si riconosce al Ministero la possibilità di dare in concessione a soggetti diversi da quelli statali la gestione dei servizi finalizzati al miglioramento della fruizione pubblica e alla valorizzazione del patrimonio artistico, secondo criteri da stabilire con regolamento. La norma prevede che l affidamento dei servizi avvenga tramite licitazione privata e che il regolamento stabilisca i criteri di scelta dei soggetti affidatari, tenendo conto degli obiettivi di crescita culturale degli utenti e di garanzia della tutela e della valorizzazione dei beni. Questa disposizione ha provocato un ampio dibattito, in particolare per la previsione di un potere regolamentare dello Stato in un ambito la valorizzazione che il nuovo titolo V della Costituzione assegna alla competenza regionale. In attesa della risoluzione della complessa questione, la legge 448/2001, ove disciplina l ambito statale, si segnala comunque per la previsione di forme di esternalizzazione delle attività legate al patrimonio culturale assimilabili a quelle da tempo permesse a livello locale. La maggiore spinta innovatrice proviene tuttavia dagli articoli destinati a disciplinare i servizi pubblici locali. All art. 35, comma 15, la legge 448/2001 disciplina la gestione dei servizi pubblici locali privi di rilevanza industriale, distinguendo tale materia rispetto alle altre attività, cui era assimilata nella precedente versione del TUEL. Tale disposizione, che introduce l articolo 113 bis nel Testo Unico delle Autonomie Locali, è accompagnata da un ulteriore

17 30 integrazione a tale assetto: si prevedono espressamente i servizi culturali e del tempo libero e se ne consente l affidamento diretto 5 ad associazioni e fondazioni costituite o partecipate dagli enti locali titolari del servizio, e la possibilità di dare in concessione i servizi locali a terzi, quindi anche privati, quando sussistano ragioni tecniche, economiche o di utilità sociale. In entrambi i casi non è richiesto, per la concreta operatività di tali soluzioni gestionali, l'emanazione di alcun regolamento, ma solo, per ciò che attiene all'affidamento a soggetti terzi, un rinvio alle normative di settore. Questo aspetto non è di poco conto poiché, non subordinando l impiego di tali figure alla successiva emanazione di un regolamento ministeriale, ne facilita l adozione da parte degli enti locali interessati. Per quanto riguarda la materia delle fondazioni, occorre segnalare che è in corso un ampio dibattito circa la legittimità o meno delle cd. fondazioni in partecipazione. Secondo il parere di alcuni, tale figura sarebbe espressamente prevista dalla legge appena descritta, mentre secondo altri la maggioranza, supportata da alcune pronunce giurisprudenziali tale modello costituirebbe una formula atipica, di conseguenza non applicabile. Il modello in partecipazione si connoterebbe, nello specifico, come una formula mista tra la fondazione e l associazione, in grado di coniugare l elemento patrimoniale proprio della prima con quello prevalentemente personale del secondo modello. Su questo punto, come accennato, il dibattito è in pieno sviluppo, in attesa di un auspicabile intervento, anche interpretativo, da parte del legislatore. Quello che appare al momento certo è che il modello della fondazione di partecipazione non è espressamente previsto dall ordinamento, e che limitati casi di applicazione di forme analoghe rappresentano modelli di diritto speciale, assetti organizzativi stabiliti con atti di legge Legge n. 112 del 2002 Conversione in legge, con modificazioni, del D. L. n. 63/2002, recante disposizioni finanziarie e fiscali urgenti La legge n. 112 del 15 giugno 2002, che ha convertito e in parte modificato il decreto legge n. 63 dello stesso anno, contiene all art. 7 la disciplina riguardante l istituzione, l oggetto e il funzionamento della Patrimonio dello Stato S.p.A., società costituita per la valorizzazione, 5 Contrariamente a quanto avviene nell'art. 33, l art. 35 non qualifica come concessione l'affidamento del servizio culturale. Si deve ritenere, in ogni caso, che tra i due istituti concessione e affidamento non sussista in questo caso alcuna differenza.

18 31 gestione e alienazione del patrimonio dello Stato e nel rispetto dei requisiti e delle finalità propri dei beni pubblici (art. 7 della legge in parola). Il successivo art. 8 raccoglie le norme relative ad altra società, istituita allo scopo di assicurare nuove e maggiori risorse per finanziamento delle infrastrutture, denominata per l appunto Infrastrutture S.p.A. e strettamente collegata, per modalità di funzionamento, con la società istituita e regolata nell articolo precedente. La stessa legge 112/02, all art. 9, dispone anche in materia di privatizzazione, liquidazione e finanziamento di enti pubblici e di società interamente controllate dallo Stato, nonché di cartolarizzazione di immobili. Le norme contenute nei tre articoli citati della legge 112/02 impattano sull universo giuridico riguardante i beni e le attività culturali in quanto incidono, quantomeno potenzialmente, sul regime proprietario di beni di interesse storico, archeologico, artistico, monumentale e ambientale appartenenti al patrimonio disponibile e indisponibile dello Stato e finanche al demanio. Il Governo, infatti, con decreto del Ministro dell economia e delle finanze, può trasferire 6 alla Patrimonio S.p.A. società, questa, di totale partecipazione pubblica beni patrimoniali o demaniali passibili di una successiva alienazione da parte della società stessa, come esplicitamente previsto proprio al primo comma dell articolo 7. La dottrina non ha raggiunto considerazioni univoche sulla possibilità e sulle forme di tali alienazioni, che, per previsione della stessa legge 112/02, devono essere effettuate nel rispetto dei requisiti e delle finalità propri dei beni pubblici. Suscita perplessità, in particolare, la possibilità che possano configurarsi forme di privato demaniale, nelle quali la proprietà di beni che conservano a tutti gli effetti i profili propri della demanialità, in particolare per quanto riguarda i limiti di destinazione e d uso, sia acquistata da privati. Il comma 10 dell art. 7 della legge in esame prevede esplicitamente una tutela particolare per i beni di particolare valore artistico e storico, il cui trasferimento alla Patrimonio dello Stato S.p.A. deve essere effettuato d intesa con il MiBAC. Il comma 12 dell art. 7 della legge 112/2002 prevede esplicitamente la possibilità, da parte della Patrimonio dello Stato S.p.A., di alienare, esclusivamente a titolo oneroso, alla società Infrastrutture S.p.A. i beni acquisiti dallo Stato. La Infrastrutture S.p.A., disciplinata al successivo art. 8 6 Sulle modalità di trasferimento dei beni dallo Stato alla Patrimonio S. p. A. la norma contiene una prima, vistosa ambiguità: il comma 10 dell art. 7, infatti, mentre prevede che il trasferimento non modifica il regime giuridico, previsto dagli artt 823 e 829, primo comma, del codice civile, dei beni demaniali trasferiti dispone anche che il trasferimento stesso può essere operato con le modalità e con gli effetti previsti dall art. 3 [...] del decretolegge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, in forza del quale, in contrasto con quanto affermato prima, i beni passerebbero al patrimonio disponibile. Tale contraddizione è stata notata e segnalata al Governo, peraltro, dal Presidente della Repubblica, in sede di promulgazione della legge.

19 32 della stessa legge 112/2002, potrà utilizzare tali beni come assets per il perseguimento dei fini propri della società, in particolare attraverso operazioni di finanza derivata. La stessa Patrimonio S.p.A., peraltro, ha facoltà (a norma del comma 11 dell art. 7) di effettuare operazioni di cartolarizzazione sulle attività da essa possedute.

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