Strutture del mercato e politiche dei prezzi nell industria del petrolio e del gas: il caso del petrolio

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1 4.1 Strutture del mercato e politiche dei prezzi nell industria del petrolio e del gas: il caso del petrolio Introduzione Il prezzo del greggio e i sistemi usati per determinarlo sono stati oggetto di costante interesse quantomeno a partire dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. A seguito della sconfitta delle forze dell Asse nel 1945, il controllo del petrolio mondiale passò a sette grandi società petrolifere integrate. I prezzi imposti da queste società sui prodotti destinati alle nazioni in via di ricostruzione dopo le distruzioni della guerra scontentarono molti governi (Adelman, 1972; Levy, 1982; Skeet, 1989). L interesse per i prezzi del greggio aumentò enormemente quando questi quadruplicarono, il petrolio iniziò a scarseggiare e i paesi esportatori cominciarono a esercitare un ruolo dominante sul mercato dopo la Guerra del Kippur e l embargo arabo del Nei successivi quarant anni il prezzo del greggio ha continuato a essere al centro dell attenzione anche quando il mercato petrolifero è cambiato, trasformandosi da mercato dominato da un «cartello improvvisato» (Adelman, 1993) in un autentico mercato dei beni in cui i prezzi sono scoperti attraverso gli scambi nei mercati organizzati dei future e nei mercati meno formali over-thecounter. Durante questi anni, un gruppo di produttori di petrolio ha cercato di influenzare i prezzi, a volte con successo a volte senza riuscirvi. In questo contributo ricostruiremo le teorie formulate per spiegare il modo in cui si determina il prezzo del petrolio, mettendole a confronto con gli sviluppi effettivi del mercato. Da questo confronto risulta che tali teorie, elaborate quasi sempre per spiegare eventi passati, non sono in grado di offrire previsioni attendibili per il futuro. Esamineremo innanzitutto alcune teorie economiche relative al modo in cui vengono fissati i prezzi del petrolio. Nel corso di mezzo secolo tali teorie sono diventate sempre più complesse, ma tutte, dalle più semplici alle più sofisticate, presentano una caratteristica in comune: danno luogo a previsioni pessimistiche. Nel paragrafo successivo esamineremo le teorie del coordinamento oligopolistico e dei prezzi amministrati. Le spiegazioni proposte dagli economisti comportamentisti si basano sulla comprensione della struttura del mercato più che su rigorosi modelli teorici. A volte questo approccio ha dato risultati migliori, ma neppure le sue previsioni si sono dimostrate valide. La difficoltà di prevedere l andamento dei prezzi del petrolio deriva dalla trasformazione del petrolio in un bene economico. I teorici che formulano complessi modelli oligopolistici per spiegare la determinazione del prezzo del petrolio trascurano invariabilmente il fatto che i prezzi del greggio sono determinati da un rapporto di arbitraggio tra il greggio e i prodotti derivati. La natura eterogenea del greggio, la dispersione geografica delle riserve, i mutamenti della domanda relativa dei prodotti petroliferi e la mancanza di una completa integrazione verticale rendono quasi impossibile un controllo costante dei prezzi del greggio. Di fatto, i tentativi di controllare i mercati sono destinati a sicuro fallimento quando la capacità eccedente si esaurisce in un qualche punto della catena distributiva. Esamineremo, infine, il modo in cui l OPEC ha reagito al mutare delle condizioni e l influenza che l Organizzazione ha avuto sull andamento dei prezzi Le teorie economiche sulla determinazione dei prezzi nell industria petrolifera Esiste una vasta letteratura sul modo in cui vengono determinati i prezzi del petrolio, ma gran parte degli studi ha perso ogni valore non appena pubblicati. Gli economisti negli ultimi quarant anni hanno proposto vari modelli di determinazione del prezzo del petrolio, mostrando in che modo un cartello petrolifero dovrebbe allocare la VOLUME IV / ECONOMIA, POLITICA, DIRITTO DEGLI IDROCARBURI 239

2 FORME DI MERCATO E POLITICHE DI PREZZO DEL PETROLIO E DEL METANO produzione. Questi modelli saranno sintetizzati di seguito. La nostra analisi però non comincerà con i lavori pubblicati dopo l embargo del 1973, bensì con un testo apparso 27 anni prima. Le prime teorie sulla determinazione del prezzo del petrolio Fu Frankel a individuare il problema fondamentale dei produttori di petrolio: l abbondanza. Egli mostrò come l industria petrolifera si sia in genere trovata in una situazione in cui l offerta di petrolio sul mercato è superiore alla domanda. Frankel riconobbe inoltre un fatto che sfuggì alla maggior parte degli economisti dei trent anni successivi, e cioè che l industria ha bisogno di controllare sia il volume della produzione di greggio, sia la costruzione di raffinerie: «Le grandi società, come abbiamo visto ripetutamente, desiderano sempre una certa stabilità del mercato. In questo particolare caso la desiderano più che mai, in quanto sanno che improvvise impennate del flusso di produzione creano condizioni favorevoli al proliferare nelle vicinanze dei giacimenti di piccole raffinerie, pronte a cogliere al volo l occasione che si offre dove e quando le raffinerie locali abbassino alcuni prezzi al di sotto della media nazionale» (Frankel, 1946). Frankel accenna all esistenza di una fondamentale relazione di arbitraggio alla base dell economia del petrolio: il legame tra il valore dei prodotti petroliferi per i compratori e i prezzi che le raffinerie sono disposte a pagare per il greggio. In un mercato concorrenziale, le raffinerie non dovrebbero essere disposte a pagare per un barile di greggio più di quanto potrebbero ricavare dal valore dei prodotti derivati dal greggio e venduti all ingrosso (Adelman, 1972). 1 Frankel sottolineava come sia nell interesse delle multinazionali impedire che siano costruite e messe in funzione troppe raffinerie. Ciò comporterebbe infatti una diminuzione dei prezzi del prodotto e di conseguenza una diminuzione del prezzo che i raffinatori sono disposti a pagare per il greggio. Frankel osservava inoltre come una certa forma di controllo sulla produzione di greggio sia necessaria al fine di limitare la potenziale caduta dei prezzi del petrolio qualora l offerta da parte dei raffinatori mondiali sia superiore alla domanda attuale ai prezzi correnti. Prima della Seconda Guerra Mondiale, notava Frankel, le grandi multinazionali del petrolio (Standard Oil of New Jersey, Shell e British Petroleum) erano state le grandi livellatrici del mercato: «Il controllo pressoché totale di giacimenti cruciali come quelli del Venezuela, della Persia e dell Iraq rese loro possibile aprire e chiudere i rubinetti della produzione a seconda delle richieste del mercato» (Frankel, 1946). Con grande lungimiranza, Frankel previde già nel 1944 la necessità di un accordo mondiale sul petrolio. Osservando che alcune delle potenze vittoriose avevano proposto di creare un cartello del petrolio, Frankel suggeriva in sostanza un accordo tra produttori e consumatori per mantenere relativamente stabile il prezzo del petrolio. Nel 1944 Gran Bretagna e Stati Uniti stipularono un accordo di questo tipo (che secondo alcuni potrebbe considerarsi un accordo di cartello), contenente il seguente paragrafo: «I Governi degli Stati Uniti e del Regno Unito riconoscono che i rifornimenti di petrolio devono essere assicurati dalle varie aree produttrici del mondo, tenendo in debita considerazione fattori quali le riserve disponibili, l esistenza di pratiche ingegneristiche consolidate, i fattori economici rilevanti nonché gli interessi dei paesi produttori e consumatori, e con l obiettivo di soddisfare pienamente una domanda in espansione» (Frankel, 1946). L idea proposta non era molto diversa da quella avanzata da John Maynard Keynes per stabilizzare il prezzo di vari beni nel secondo dopoguerra. Keynes era interessato alle piccole oscillazioni di breve periodo dei prezzi e ai cicli economici. Egli suggerì di creare delle scorte cuscinetto gestite da una organizzazione internazionale che avrebbe messo sul mercato i beni qualora i prezzi fossero saliti al di sopra di un determinato livello, e li avrebbe invece acquistati dai produttori qualora i prezzi fossero scesi al di sotto di un altra soglia prestabilita. Keynes proponeva di finanziare questi stock di riserve attraverso un unione creditizia internazionale, con caratteristiche simili a quelle del Fondo Monetario Internazionale (fondato due anni dopo la proposta di Keynes; McNicol, 1978). Il Presidente Franklin D. Roosevelt si oppose all idea di un programma di stabilizzazione (Frankel, 1946). Il periodo tra la fine della guerra e il 1960 fu caratterizzato da una diminuzione dei prezzi reali del petrolio a seguito delle scoperte di nuovi giacimenti in paesi come la Libia e l Algeria. Il calo del prezzo indusse nel 1960 un gruppo di grandi nazioni produttrici a formare l Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio (Organization of Petroleum Exporting Countries, OPEC). Come spiegava Levy, lo scopo dei paesi che aderirono all O- PEC era quello «di avere voce in capitolo e possibilmente di acquistare anche il controllo sui prezzi registrati del 1 Thomas (1982) offre una spiegazione dettagliata dei meccanismi di calcolo: il prezzo che un raffinatore sarebbe disposto a pagare per un barile è definito netback (prezzo al netto dei costi di lavorazione e di trasporto). I netbacks sono calcolati in base al valore dei prodotti derivati da un barile di greggio, che si ottiene moltiplicando la quota percentuale di ciascun prodotto per il prezzo a pronti di tale prodotto e poi sottraendo i costi di raffinazione e di trasporto. Se un barile di petrolio produce due derivati, A e B, mescolati fisicamente nella proporzione di 66% per A e 33% per B, si dovrebbe moltiplicare il prezzo di A per 66 e aggiungervi il prezzo di B moltiplicato per ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

3 STRUTTURE DEL MERCATO E POLITICHE DEI PREZZI NELL INDUSTRIA DEL PETROLIO E DEL GAS: IL CASO DEL PETROLIO petrolio greggio» (Levy, 1982). 2 Le nazioni dell OPEC, affermava Levy, cercavano di creare un sistema di «razionamento proporzionale» (prorationing) 3 della produzione per aumentare i prezzi e incrementare i propri redditi. Questi controlli, sosteneva Levy, erano sconsigliabili e non necessari. In un paragrafo singolarmente profetico egli scriveva: «Il petrolio differisce notevolmente da altri beni primari in circolazione sul mercato internazionale, nel caso dei quali la produzione, i prezzi e l occupazione sono incorsi in vistose oscillazioni nel giro di brevi periodi. Il petrolio, per contro, ha conosciuto una rapida e costante crescita della domanda e prezzi relativamente stabili, contribuendo in modo determinante ai profitti dei paesi produttori. Per tutte queste ragioni, e data anche la difficoltà di risolvere una serie di questioni politiche, è improbabile che nel prossimo futuro possa istituirsi uno schema di razionamento proporzionale efficace» (Levy, 1982). Levy e la maggior parte degli autori che scriveva intorno agli anni Sessanta sembravano certi che gli sforzi dei produttori di petrolio per controllare il mercato e imporre prezzi più alti erano destinati al fallimento; avevano ragione. Adelman (1972) stima che i prezzi prevalenti sul mercato diminuirono sino al Tuttavia, non vi era una causa chiara di questo fenomeno. I mercati sembravano essere diventati più competitivi con l ingresso di nuovi paesi produttori come la Libia, e anche i costi sembravano in diminuzione. Ad eccezione di Adelman, comunque, nessuno cercò di spiegare la caduta dei prezzi. Secondo questo autore, il ribasso era dovuto all ingresso sul mercato di produttori a basso costo. I prezzi scesero fino a quando i produttori in questione non decisero di limitare la produzione e di far aumentare i prezzi: «Dalla Seconda Guerra Mondiale al 1973 la crescita della produzione in nuove aree produttrici di petrolio a basso costo superò di gran lunga quella verificatasi nelle aree ad alto costo. Ecco come un sistema concorrenziale agisce per risparmiare risorse. Poi accadde il contrario. I produttori a costo più basso (i membri dell OPEC) ridussero investimenti e produzione, producendo solo i quantitativi che potevano vendere a prezzi correnti» (Adelman, 1995). Adelman osservava, inoltre, che il comportamento delle nazioni produttrici smentiva molte teorie economiche. In particolare, i paesi produttori a suo avviso avrebbero alti tassi di sconto e dovrebbero quindi cercare una gratificazione immediata sotto forma di un aumento del profitto massimizzando la produzione. Egli concludeva mestamente: «Non c è modo di spiegare l innalzamento dei prezzi chiamando in causa l aumento della domanda, l offerta insufficiente, i mutamenti del tasso di sconto, o gli obiettivi politici. L unica spiegazione sensata è che i venditori hanno raggiunto un qualche grado di controllo del mercato: hanno instaurato un monopolio» (Adelman, 1995). Modelli di ottimizzazione della determinazione del prezzo del petrolio Fu l incremento dei prezzi nel 1973 ad attirare l attenzione sul mercato petrolifero con il conseguente proliferare di studi che si proponevano di spiegare l approccio dell OPEC o le strategie che, secondo gli autori, l OPEC avrebbe dovuto mettere in atto. I primi tentativi di utilizzare la teoria economica per prevedere l andamento dei prezzi del petrolio dopo l escalation del applicavano al fenomeno la teoria classica del monopolio. Pindyck (1978) sviluppò un modello del prezzo ottimale nel quale i paesi dell OPEC stabiliscono un piano dei prezzi che ottimizza i profitti attualizzati su un arco temporale dilatato. Nel modello di Pindyck il cartello si trova di fronte a una domanda netta di petrolio data dalla differenza tra una funzione di domanda dinamica per il consumo globale e una funzione di offerta dinamica per la frangia competitiva (costituita dai paesi che non fanno parte dell OPEC e che chiameremo d ora in poi produttori non OPEC). La traiettoria ottimale dei prezzi nel tempo è determinata come somma dei profitti attualizzati. Il modello di Pindyck mette in luce i problemi connessi al tentativo di ottimizzare i prezzi. I risultati sono notevolmente influenzati dal tasso di sconto dei profitti. La previsione dei prezzi dipende chiaramente dal livello delle riserve. Nel modello di Pindyck si assume che le riserve siano note in anticipo, ma è evidente che ciò non accade in realtà. Esso offre anche una descrizione approssimativa del comportamento dell OPEC. Hnyilicza e Pindyck (1976) in un successivo articolo (di fatto pubblicato prima dell articolo di Pindyck discusso sopra) esaminano il comportamento di mercato di un cartello a due parti. Gli autori analizzano un modello in cui il cartello è composto da due gruppi di membri: un gruppo di paesi risparmiatori (saver) e un gruppo di paesi spenditori (spender), che hanno cioè maggiore capacità d investimento. 4 I paesi saver in questo modello avranno tassi di sconto inferiori e probabilmente riserve maggiori delle nazioni spender. Come nel modello proposto da Pindyck nel 1978, i due 2 L articolo fu pubblicato originariamente in «The Economist» del 19 agosto 1961 con il titolo World oil in transition. 3 L espressione «razionamento proporzionale» fu coniata negli anni Trenta, quando alcuni Stati degli Stati Uniti introdussero un sistema di regolamentazioni per il risparmio petrolifero. I produttori erano tenuti a ridurre la produzione di petrolio al di sotto della loro capacità per diminuire l offerta sul mercato e stabilizzare di conseguenza i prezzi. La produzione era razionata da un autorità governativa, nel senso che ai produttori era consentito estrarre solo una frazione della loro capacità produttiva di petrolio (Lovejoy e Homan, 1967). 4 Nel primo gruppo i due autori includevano Arabia Saudita, Libia, Iraq, Abu Dhabi, Kuwait e Qatar, mentre classificavano come spender Iran, Venezuela, Indonesia, Algeria, Nigeria ed Ecuador. VOLUME IV / ECONOMIA, POLITICA, DIRITTO DEGLI IDROCARBURI 241

4 FORME DI MERCATO E POLITICHE DI PREZZO DEL PETROLIO E DEL METANO autori calcolano le traiettorie ottimali dei prezzi, arrivando alla conclusione che saranno assai simili a quelle previste dal modello monopolistico se le quote di produzione sono fisse. I risultati cambiano, però, al variare delle quote. Hnyilicza e Pindyck concludono con la seguente osservazione straordinariamente profetica: «Al fine di predire la reazione del cartello ai futuri tagli della produzione [richiesti dai membri del cartello per raggiungere una determinata traiettoria dei prezzi] è essenziale tener conto del fatto che il cartello è formato da produttori con interessi in certa misura differenti» (Hnyilicza e Pindyck, 1976). Eckbo (1975) offrì una variante del modello di Hnyilicza e Pindyck in cui il percorso ottimale dei prezzi è calcolato considerando l OPEC un monopolista tipico. Tuttavia, l approccio di Eckbo si differenzia dal precedente i quanto egli divide l OPEC in tre gruppi: quello dei massimizzatori del prezzo (per es. Iran, Venezuela, Algeria), una frangia espansionistica (costituita dalle nazioni che hanno bisogno di un maggior reddito e quindi vogliono aumentare la produzione), ossia Indonesia, Nigeria, Iraq ed Ecuador, e il nocciolo duro (per es. Arabia Saudita, Kuwait, Libia). Eliminando l offerta dei primi due gruppi, lo studioso calcola una traiettoria dei prezzi per i membri del nocciolo duro. I prezzi ottimali per paesi come l Arabia Saudita, che hanno risorse cospicue e tassi di sconto inferiori, saranno inferiori a quelli dei paesi del primo o del secondo gruppo. Basandosi sull esperienza dei successivi otto anni, in cui si ebbe il secondo incremento del prezzo del petrolio, e riconoscendo l insuccesso dei modelli di ottimizzazione del tipo di quello formulato da Pindyck, Teece offrì un modello alternativo. A suo avviso «i modelli che assimilano l OPEC a un classico cartello che massimizza la ricchezza, caratterizzato da ampie collusioni e comportamenti coordinati, si sono rivelati insoddisfacenti» (Teece, 1982). Nel modello alternativo proposto da Teece alcuni membri chiave dell OPEC determinano il volume della produzione petrolifera sulla base delle proprie necessità di bilancio. Il modello prevede che queste nazioni diminuiranno la produzione quando i prezzi aumentano al fine di conservare riserve per il futuro. Per alcuni paesi dell OPEC viene quindi prevista una «curva dell offerta inclinata negativamente». Per suffragare la sua teoria Teece fa riferimento alle politiche di produzione di vari Stati dell OPEC dal 1970 al 1980, osservando che le nazioni identificate come membri chiave non hanno violato le quote loro assegnate quando se ne è presentata l opportunità. Inoltre, afferma Teece, questi paesi hanno tenuto riserve maggiori, pur avendo costi di produzione inferiori. 5 Analizzando i vari tentativi di individuare le strategie ottimali dei prezzi del petrolio, Moran dal canto suo arriva alla conclusione che i modelli di ottimizzazione o di massimizzazione della ricchezza per spiegare l aumento del prezzo del petrolio sono irrealistici: «L applicabilità di questi modelli al mondo reale dipende dalla capacità dei membri coinvolti che perseguono il proprio interesse di identificare le traiettorie della produzione e dei prezzi che renderebbero controproducenti le loro attività» (Moran, 1982). Più specificamente, Moran osserva che la strategia dei prezzi bassi raccomandata dai modelli di ottimizzazione per l Arabia Saudita potrebbe creare enormi pressioni sul paese in questione da parte dei paesi che mirano a prezzi più alti. Sebbene Moran non lo dica esplicitamente, uno di questi paesi era l Iran, che sino al 1979 era militarmente in grado di minacciare l Arabia Saudita. La contrattazione politica, secondo Moran, è un fattore altrettanto importante quanto l ottimizzazione nella determinazione dei prezzi. Tuttavia prima di abbandonare totalmente l assunto che i prezzi del petrolio siano fissati mediante un qualche tipo di processo di ottimizzazione, bisognerebbe considerare i fattori che i modelli discussi in precedenza hanno trascurato. Due sono di evidenza immediata: i modelli di ottimizzazione non tengono conto in primo luogo del fattore di incertezza e in secondo luogo delle variazioni delle scorte. Inoltre, tali modelli trascurano l importanza di fattori quali la dispersione geografica dei produttori e l eterogeneità del petrolio grezzo. L incapacità di tener conto dei fattori di incertezza si rivela una carenza fondamentale di quasi tutti i modelli che si prefiggono di indicare la strategia ottimale dei prezzi per i paesi esportatori di petrolio. Nella maggior parte dei casi, essi assumono come costanti fattori quali la domanda, la produzione dei paesi che non fanno parte del cartello, le riserve e la stabilità politica delle nazioni del cartello e degli altri paesi. Di fatto, è possibile mettere in discussione ciascuno di questi assunti. Il grado maggiore di incertezza riguarda il livello della domanda. Nel modello proposto da Pindyck (1978) e Hnyilicza e Pindyck (1976) la domanda globale è sensibile all andamento dei prezzi. Di conseguenza, un aumento del prezzo nei loro modelli di ottimizzazione comporta una riduzione del consumo, che induce i produttori a diminuire la produzione. Ammettere che la domanda sia influenzata dal prezzo è un buon punto di partenza. Tuttavia la domanda globale di petrolio è influenzata da almeno altri due fattori: il livello dell attività economica e la possibilità che il petrolio sia sostituito da fonti energetiche alternative (compreso il risparmio). Nessun modello tiene conto di questi fattori di incertezza. 5 Sotto molti aspetti, i paesi che hanno i costi di produzione più bassi sarebbero i produttori dominanti in termini di quota di mercato in un classico cartello che massimizza la ricchezza. 242 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

5 STRUTTURE DEL MERCATO E POLITICHE DEI PREZZI NELL INDUSTRIA DEL PETROLIO E DEL GAS: IL CASO DEL PETROLIO A distanza di 30 anni, comunque, gli economisti devono prendere atto del fatto che l attività economica e l uso di carburanti sostituitivi hanno avuto un ruolo importante nel determinare i prezzi del petrolio. Per es., il consumo globale di petrolio al di fuori dell ex Unione Sovietica è diminuito in termini assoluti dal 1979 al 1984 ed è tornato ai livelli del 1979 solo nel Il calo del consumo fu determinato in larga misura dall adozione di politiche monetarie estremamente restrittive da parte dell US Federal Reserve Board (Fed). Le politiche della Fed portarono a una recessione e a una riduzione del consumo petrolifero. La domanda di petrolio fu influenzata negativamente anche dall attuazione di una serie di programmi di risparmio energetico nelle nazioni industrializzate. Qualsiasi cartello che cerchi di ottimizzare i prezzi deve perlomeno ri-ottimizzare di frequente i propri modelli. Un secondo fattore di incertezza riguarda le riserve che si ritiene siano disponibili per il mercato possedute dai paesi del cartello e dai produttori della frangia competitiva. Nel loro articolo del 1976, Hnyilicza e Pindyck osservavano che i mutamenti nel livello delle riserve influenzavano i loro risultati. Tuttavia, né loro né altri analisti, come Eckbo, previdero il radicale cambiamento verificatosi nelle riserve o nella tecnologia tra la metà degli anni Settanta e l inizio del 21 secolo. Come ha ribadito ripetutamente Adelman (1995), il livello delle riserve non è costante, ma aumenta col migliorare delle tecnologie. Le previsioni di un esaurimento della risorsa formulate di frequente in passato si sono invariabilmente rivelate erronee. Un terzo fattore di incertezza che i modelli di ottimizzazione non considerano (e non possono considerare) è costituito dai mutamenti della situazione politica sia nei paesi produttori, sia nei paesi consumatori. Nessuno dei modelli proposti negli anni Settanta previde i mutamenti politici che si verificarono in Iran, né il crollo dell Unione Sovietica. Eppure entrambi gli eventi ebbero un impatto enorme sui mercati petroliferi mondiali. Nel migliore dei casi, i modelli di ottimizzazione sono utilizzabili solo a patto che i membri del cartello sottopongano a frequenti revisioni la strategia ottimale indicata per tener conto delle incertezze relative alla domanda, alle riserve e ai mutamenti politici. Un altro difetto dei modelli di ottimizzazione dei prezzi è che essi non tengono conto dei livelli delle scorte. Gli economisti hanno da tempo riconosciuto che le scorte hanno un ruolo essenziale nel determinare i livelli e le traiettorie dei prezzi. Il rapporto tra prezzi e livelli delle scorte fu analizzato già nel 1949 da Working. Williams (2001) afferma che il tipo di relazione stabilita per la prima volta da Working si può riscontrare per qualsiasi tipo di bene e Verleger (1990) ha quantificato per primo questa relazione per il petrolio. Un importante studio di Williams e Wright evidenzia le complicazioni che incontrano modelli di ottimizzazione quando si tiene conto del livello delle scorte. I due autori esaminano i problemi delle autorità politiche qualora cerchino di stabilizzare, non di ottimizzare, il prezzo di un bene quando i livelli di offerta e domanda sono incerti e il bene in questione può essere accantonato in scorte. Essi dimostrano che le scorte si esauriranno con probabilità 1 e che quando le scorte si esauriscono i prezzi salgono a livelli estremamente alti, se non all infinito (Williams e Wright, 1991). Molti dei risultati presentati da Williams e Wright possono essere applicati alla determinazione della strategia del cartello e all ottimizzazione dei prezzi del petrolio semplicemente cambiando la funzione obiettivo da ottimizzare. Il caso considerato dai due autori è quello di un mercato in cui le autorità ottimizzano il benessere congiunto di produttori e consumatori. Operando una semplice sostituzione con una funzione di ottimizzazione utilizzata da Pindyck o da Hnyilicza e Pindyck si avrà una soluzione per il cartello. Questo modello non produrrà una funzione uniforme del prezzo, ma indicherà deviazioni periodiche a seconda che le scorte diminuiscano o diventino eccedenti a seguito di una caduta della domanda. Un andamento simile si è potuto osservare nei mercati petroliferi per buona parte degli ultimi trent anni. Infine, i modelli di ottimizzazione non tengono conto della dispersione geografica né della natura eterogenea del petrolio grezzo, di cui esistono varietà di diversa qualità. Tuttavia, le differenze geografiche e qualitative imprimono al mercato distorsioni che complicano il processo di ottimizzazione, in particolare per il fatto che le varietà di greggio qualitativamente migliori e più vicine al mercato di solito sono prodotte dai paesi del cartello che hanno maggiori probabilità di disattendere gli accordi stipulati. La Nigeria, per es., rientra nella categoria che Eckbo definisce frangia espansionista, oltre a produrre una varietà di greggio leggero di alta qualità che può essere fatto arrivare ai raffinatori statunitensi ed europei in tempi più brevi rispetto al petrolio di qualità inferiore del Medio Oriente. Ciò consente alla Nigeria di ricavare maggior valore aggiunto dal suo petrolio e costituisce un incentivo per il paese a violare gli accordi relativi alle quote di produzione stipulati con gli altri paesi dell Organizzazione. Un altro esempio è costituito dal Venezuela. Questo paese è ancora più vicino della Nigeria agli Stati Uniti, ma il suo greggio è qualitativamente inferiore a quasi tutti gli altri per la sua pesantezza e l alto tenore di zolfo. A partire dal 1985, il Venezuela ha cercato di ovviare a questo problema qualitativo acquistando raffinerie dagli Stati Uniti e modificandole con un impianto speciale per la lavorazione del suo greggio pesante. Prima dell elezione del presidente Chavez i dirigenti dell industria petrolifera venezuelana affermavano che queste raffinerie VOLUME IV / ECONOMIA, POLITICA, DIRITTO DEGLI IDROCARBURI 243

6 FORME DI MERCATO E POLITICHE DI PREZZO DEL PETROLIO E DEL METANO consentivano loro di aumentare la produzione ignorando le quote imposte dall OPEC. 6 In teoria, il cartello potrebbe superare gli ostacoli rappresentati dalla dispersione geografica e dalla natura eterogenea del greggio, ma nella pratica essi appaiono insormontabili. Come osserva Moran, la realtà della politica e dei rapporti tra gli uomini rende impossibile questo obiettivo, e ciò spiega il fallimento dei modelli di ottimizzazione. Il problema è stato descritto in modo particolarmente pregnante da Adelman nel suo articolo del 1980 The clumsy cartel (Adelman, 1993), in cui spiegava che in periodi di capacità eccedente l Organizzazione subiva il peso negativo delle pressioni da parte degli altri membri. Poiché l Arabia Saudita stava organizzando un cartello con strumenti grossolani Adelman così si esprimeva: «Non sono in grado di indicare il livello del prezzo di monopolio ottimale nel lungo periodo. Se mai si avesse sentore che il cartello vi si avvicina, ciò costituirebbe per esso un pericolo reale. Senza grandi margini per aumentare i prezzi al consumatore, una tariffa ad valorem sul petrolio risulterebbe in una deduzione dai profitti del cartello. Al limite, il flusso di petrodollari potrebbe essere interamente dirottato verso i governi dei paesi consumatori» (Adelman, 1993). Altre teorie per la determinazione dei prezzi del petrolio I modelli di ottimizzazione presentano il vantaggio di offrire una spiegazione semplice e unitaria del modo in cui sono determinati i prezzi. Tuttavia presentano uno svantaggio: non funzionano! L insuccesso dei modelli di ottimizzazione ha indotto gli economisti a cercare approcci meno eleganti ma più efficaci per prevedere il modo in cui vengono determinati i prezzi del petrolio. Queste analisi di solito si focalizzano sulle decisioni di produzione adottate dall OPEC, assumendo implicitamente che l organizzazione cerchi indirettamente di stabilire i prezzi, ma riconoscendo nello stesso tempo le incertezze del mercato. Questo approccio rappresenta un significativo passaggio dal piano della pura teoria a quello della realtà. L approccio adottato dai realisti può essere analizzato attraverso una comparazione con il problema del monopolio nei termini in cui è formulato dalla teoria economica. Nei modelli teorici, i produttori determineranno una sequenza di prezzi (P t ) e di quantità (Q t ) che devono essere prodotte dai singoli membri nel tempo affinché tutti i membri del cartello massimizzino il valore attualizzato dei loro profitti, dati i differenti tassi di sconto dei paesi del cartello, la domanda totale, le riserve e la produzione attesa dei paesi non OPEC. I realisti, d altro canto, assumono che i membri del cartello cercheranno di stabilire la produzione e di osservare l andamento dei prezzi, cambiando le quote di produzione dei singoli membri quando i prezzi osservati si discostano dall obiettivo desiderato. Questo approccio elimina la necessità di prendere in considerazione le differenze geografiche e qualitative menzionate in precedenza, e riconosce altresì la necessità di frequenti adeguamenti della strategia. Griffin (1985) ha esaminato empiricamente quattro ipotesi alternative per spiegare il comportamento dell OPEC nella determinazione dei prezzi. Utilizzando i dati relativi alla produzione dei singoli paesi, egli ha cercato di stabilire se le nazioni seguissero: a) un approccio basato sulle quote di mercato; b) un modello concorrenziale; c) un modello basato sui diritti di proprietà; 7 d) un modello di massimizzazione delle entrate. Griffin trovò che tutti i modelli, tranne quello delle quote di mercato, non si adattavano alla maggioranza dei membri dell OPEC. Il modello delle quote di mercato per contro era valido per dieci degli undici membri. Teece, Sunding e Mosakowski (1993), pur apprezzando l approccio di Griffin, obiettarono che i risultati dipendono dalla specificazione empirica del modello. Come riferisce Gately (1984), una ricerca inedita di Jones, che estendeva l insieme dei dati, arrivava alla conclusione che il modello delle quote di mercato era in grado, nonostante tutto, di spiegare in modo migliore il comportamento del mercato petrolifero. Gately cita anche una ricerca di Moran, secondo il quale il mercato petrolifero si sarebbe trovato in una fase di transizione. L O- PEC aveva ereditato una situazione in cui le società petrolifere multinazionali avevano messo a punto meccanismi di controllo «sovranazionali» per poi «distruggerli sistematicamente». In questo sistema sopranazionale, le società multinazionali (in particolare i proprietari dell Aramco) operavano con un sistema di votazione a maggioranza qualificata che impediva a qualunque membro di aumentare la produzione (Gately, 1984). Gately paragona la situazione dell OPEC a quella dei giocatori di fronte al dilemma del prigioniero. Ogni membro dell OPEC trae vantaggio se tutti gli altri rispettano i livelli di produzione definiti di comune accordo, così come tutti i prigionieri traggono vantaggio se nessuno di essi coopera con le autorità. Se però un numero sufficiente di paesi dell OPEC superasse le quote stabilite, sarebbe più vantaggioso per tutti non rispettare gli accordi. Questa probabilità è peraltro ridotta dal fatto che si 6 In un intervista rilasciata al Weekly Petroleum Argus il 15 dicembre 1997 un anonimo portavoce del Governo dichiarò: «Per anni si è parlato di quote, ma ogni paese dell OPEC fa quello che gli pare. Piuttosto che continuare questo gioco dobbiamo stabilire una nuova agenda». Secondo quanto riferiva l Argus, il Venezuela produceva 3,3 miliardi di barili al giorno, nonostante la sua quota fosse di 2,5 milioni di barili. 7 Il modello si propone di stabilire se la quota di produzione di un paese produttore in termini di percentuale del prodotto nazionale aumenti al crescere della produzione. 244 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

7 STRUTTURE DEL MERCATO E POLITICHE DEI PREZZI NELL INDUSTRIA DEL PETROLIO E DEL GAS: IL CASO DEL PETROLIO gioca più di una volta e i giocatori finiscono per imparare a conoscere il comportamento delle controparti. Smith (2002) esamina l evoluzione dell andamento dei prezzi e il comportamento dei membri dell OPEC. Analizzando i test di verifica delle ipotesi alternative sulla struttura del mercato, lo studioso arriva alla conclusione che nessuna di esse è soddisfacente. Il mercato del petrolio, a suo avviso, non è un mercato concorrenziale, né presenta le caratteristiche dei modelli standard sviluppati dagli economisti, quale può essere un oligopolio o un monopolio di Stackelberg o di Cournot. Servendosi di ingegnosi e potenti test statistici, Smith arriva alla conclusione che la produzione petrolifera dell OPEC è stata dominata da un cartello burocratico e che non vi sono elementi sufficienti per suffragare l ipotesi che l Arabia Saudita abbia avuto il ruolo di produttore dominante all interno del cartello. Il concetto di cartello burocratico introdotto da Smith per caratterizzare l OPEC costituisce un nuovo, stimolante punto di partenza. Come spiega lo stesso Smith: «Anziché un cartello privo di attriti tra i suoi membri, immaginiamo un sindacato di produttori collusi che devono sostenere l onere dei costi di transazione, ossia un cartello burocratico. In questo modello, le difficoltà di raggiungere il consenso su eventuali proposte di cambiamenti della produzione (e della conseguente redistribuzione dei profitti) costituisce un costo supplementare. Tali costi di transazione potrebbero avere maggior peso di qualsivoglia beneficio raggiunto mediante una riallocazione della produzione, a meno che la riallocazione proposta non sia sostanziale e si preveda durevole. Inoltre, è probabile che i costi del raggiungimento del consenso siano maggiori quando gli adeguamenti proposti sono di tipo compensativo anziché andare in direzioni parallele» (Smith, 2002). Smith verifica tale ipotesi esaminando la frequenza con cui i paesi dell OPEC modificano la propria produzione per compensare i cambiamenti di quella di altri paesi membri e per controbilanciare le oscillazioni della produzione dei paesi non OPEC. A suo avviso, è improbabile che un cartello burocratico attui molte modifiche tra i propri membri, mentre reagirebbe a eventuali mutamenti da parte dei paesi non OPEC. «Molti shock temporanei che potrebbero indurre i membri di un cartello privo di attriti a modificare i livelli di produzione saranno a buon diritto ignorati fino a quando non si accumulano raggiungendo un livello tale da giustificare il costo di una decisione cooperativa di modificare lo status quo» (Smith, 2002). I calcoli di Smith confermano questo risultato, ed egli conclude: «L OPEC è molto più che un oligopolio non cooperativo, ma molto meno di un cartello concorde. È necessario respingere con fermezza tutte le spiegazioni tradizionali del comportamento dell OPEC (come il modello competitivo, di Cournot, dell azienda dominante, ecc.) tranne l ipotesi che l OPEC agisca come un cartello burocratico, ossia come un impresa cooperativa gravata dai costi di ottenere il consenso tra i membri, e quindi parzialmente ostacolata nel perseguimento del bene comune» (Smith, 2002). Chi ha seguito attentamente gli sviluppi intervenuti nei mercati petroliferi mondiali negli ultimi trent anni concorderà con questa analisi, ma troverà inverosimile la conclusione relativa al ruolo dell Arabia Saudita. Secondo Smith: «Non vi sono elementi sufficienti per suffragare l ipotesi che l Arabia Saudita abbia avuto il ruolo di produttore dominante all interno del cartello, sebbene tale possibilità non possa essere formalmente esclusa. Se l Arabia Saudita ha effettivamente svolto tale ruolo, si può perlomeno affermare che non lo ha fatto con sufficiente vigore o costanza da risultare evidente nei dati» (Smith, 2002). Questa conclusione è palesemente errata. Di fatto, sebbene infrequenti, le azioni dell Arabia Saudita hanno esercitato un enorme influenza sull evoluzione dei prezzi del petrolio dopo il 1973, in particolare a partire dal In realtà esiste una correlazione precisa tra i cambiamenti nelle politiche petrolifere dell Arabia Saudita e i mutamenti chiave nei regimi dei prezzi. Dal 1973 al 1985 i paesi esportatori di petrolio seguivano la prassi dei prezzi registrati o ufficiali per il greggio. Tranne che nei periodi di perturbazioni nel mercato (come ciò che si verificò nel 1979 in concomitanza con il crollo della produzione iraniana), i membri dell organizzazione in genere stabilivano prezzi ufficiali del petrolio nell ambito dei loro incontri ufficiali. Nel tentativo di sostenere questo sistema dei prezzi registrati, tra il 1981 e il 1985 l Arabia Saudita concesse quote di mercato ad altri produttori. In questo periodo, la produzione saudita diminuì da oltre 10 milioni di barili al giorno a 2,3 milioni di barili al giorno, mentre il contributo del paese alla produzione totale dell OPEC scese dal 42% al 16%. 8 Nel 1985, l Arabia Saudita abbandonò unilateralmente la politica dei prezzi registrati e offrì petrolio agli acquirenti sulla base del principio to arrive, cioè da concordare. 9 Il paese adottò questo sistema per recuperare parte della quota di mercato che aveva perduto quando non era riuscito a ottenere la cooperazione degli altri membri OPEC per diminuire la produzione. Questa decisione portò a un crollo dei prezzi, che in sei mesi passarono da oltre 30$ a meno di 10$ al barile. Quando i prezzi scesero a meno di 10$ al barile all inizio del 1999, l Arabia Saudita costrinse altri paesi dell OPEC a ridurre la produzione: «Non v è dubbio che 8 Il declino della produzione saudita i termini di quota di produzione OPEC in questi anni sembra contraddire l idea di Smith secondo cui i membri di un cartello burocratico in genere non modificano la propria produzione per compensare i mutamenti nella produzione degli altri paesi membri. 9 To arrive pricing è un espressione gergale usata nel mercato delle merci (Williams, 1986). VOLUME IV / ECONOMIA, POLITICA, DIRITTO DEGLI IDROCARBURI 245

8 FORME DI MERCATO E POLITICHE DI PREZZO DEL PETROLIO E DEL METANO Riyadh architettò l accordo per la riduzione della produzione, raggiunse un intesa con l Iran, e persuase gli altri ad accettare. Ma per sicurezza, il Ministro del Petrolio Ali Naimi lasciò intendere che l alternativa, e cioè che Riyadh aprisse semplicemente il rubinetto, non era una vuota minaccia. Si avviò un intensa attività diplomatica quando il principe Abdullah in persona si rivolse ai membri del Gulf Cooperation Council in occasione dell inaugurazione del giacimento di Shaybah, e contribuì a far sottoscrivere il patto alla maggior parte dei membri dell OPEC, nonché al Messico, alla Norvegia e all Oman» (Saudi [ ], 1999). La cooperazione forzata (frutto di un ricatto) degli altri paesi dell OPEC e di tre paesi produttori al di fuori dell organizzazione, che accettarono una riduzione della produzione del 10%, è una prova definitiva del fatto che l Arabia Saudita ha dominato il mercato mondiale del petrolio in momenti cruciali. Il successo dell intervento saudita emerge chiaramente dai dati relativi ai prezzi. Da un analisi dei movimenti giornalieri dei prezzi del petrolio dal 1985 al 2003, risulta che dal 1985 al marzo del 1999 i prezzi ufficiali del WTI e del Brent hanno seguito un processo di regressione verso la media senza scostamenti. Il greggio WTI regredì verso una media di 18,84$ al barile, il Brent verso una media di 17,10$. A seguito dell intervento dell Arabia Saudita, il processo si è interrotto e i prezzi sono rimasti ben al di sopra dei due range di deviazione standard stabiliti nello studio in questione (Verleger, 2001). La conclusione che i prezzi del petrolio nel periodo in esame avevano registrato una regressione verso una media confermava altri risultati pubblicati da Dixit e Pindyck (1994). L interpretazione del comportamento dell OPEC offerta da Smith, quindi, sembra essere la spiegazione migliore del modo in cui sono fissati i prezzi del petrolio, con una eccezione. Secondo Smith, i membri dell OPEC cooperano in un cartello burocratico in cui vengono fissate periodicamente le quote di produzione e gli adeguamenti di tali quote sono relativamente costosi per i partecipanti. La produzione totale dell Organizzazione è stabilita in modo tale da raggiungere nel tempo il livello dei prezzi desiderato. Questa soluzione cooperativa funziona con l acquiescenza dell Arabia Saudita. Tuttavia, in almeno due occasioni i Sauditi sono intervenuti sul mercato quando il patto non raggiungeva obiettivi consoni con i loro interessi La trasformazione dell industria petrolifera: dal coordinamento ai mercati dei beni Nei trentacinque anni intercorsi tra il 1970 e il 2005, il mercato petrolifero mondiale si è trasformato, passando dalla relativa stabilità creata dalle società petrolifere multinazionali costituite in cartello, secondo la definizione di Blair (1976) allo status di un mercato dei beni in cui grandi istituzioni finanziarie, fondi di investimento e speculatori hanno voce in capitolo nella determinazione dei prezzi non meno dei consumatori, dei raffinatori e dei membri dell OPEC. All inizio del 21 secolo il ruolo dei produttori di petrolio, compreso l OPEC, è diminuito d importanza. Riducendo la produzione, l OPEC potrebbe riuscire a sostenere i prezzi molto al di sopra del valore d equilibrio di lungo periodo. Tuttavia l OPEC e altri produttori hanno rifiutato di intraprendere passi per impedire ai prezzi di lievitare oltre tale livello. Di conseguenza, si è avuto un aumento del prezzo del petrolio che ha molte delle caratteristiche di una bolla speculativa. La trasformazione ebbe inizio con la nazionalizzazione delle attività produttive possedute teoricamente dalle multinazionali che le avevano sviluppate. 10 Le grandi multinazionali avevano lavorato gran parte delle riserve mondiali prima della metà degli anni Sessanta, operando spesso in consorzi che producevano congiuntamente il petrolio estratto da un determinato paese. Per es., secondo i calcoli di Adelman (1972) nel 1950 le sette società producevano essenzialmente il 100% del petrolio estratto al di fuori dell America del Nord e dell Unione Sovietica. La quota controllata da queste società scese al 70% nella prima metà del Nella maggior parte dei paesi la produzione era gestita da una società operativa posseduta congiuntamente dalle multinazionali che avevano concessioni in quel paese. Per es., Esso, Chevron, Texaco e Mobil possedevano l Aramco, la società che operava in Arabia Saudita, mentre BP e Gulf possedevano congiuntamente la società che operava in Kuwait. Secondo Blair (1976) le regole stabilite dalle società per operare nei singoli paesi crearono un autentico, classico cartello attraverso un sistema di accordi restrittivi. I possessori di una data concessione avrebbero stabilito congiuntamente la produzione totale di un paese e a ogni azienda sarebbe stata assegnata una quota basata sulla sua proprietà. Ai membri era vietato estrarre quantitativi di petrolio superiori alla quota loro assegnata, oppure dovevano pagare un premio proibitivo per ogni 10 Molti studiosi (tra cui Blair, 1976) concordano nel ritenere che il controllo del mercato avveniva attraverso le concessioni cedute alle sette grandi multinazionali del petrolio: Standard Oil of New Jersey (Exxon o Esso), Standard Oil of California (Chevron), Royal Dutch Shell (Shell Transport and Trading), Mobil, Gulf, British Petroleum (BT) e Texaco. Adelman (1972) ne aggiungeva una ottava, la Company National Francais (Total). Secondo alcuni studiosi dopo il 1973 un certo numero di società minori come Atlanic Richfield (Arco), Occidental, Standard Oil of Indiana (Amoco), Elf, Sun e Petrofina raggiunsero il rango delle major. 246 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

9 STRUTTURE DEL MERCATO E POLITICHE DEI PREZZI NELL INDUSTRIA DEL PETROLIO E DEL GAS: IL CASO DEL PETROLIO quantitativo extra. Adelman (1972) fornisce maggiori dettagli sull Arabia Saudita, affermando che non vi erano sanzioni per chi estraeva quantitativi inferiori alla quota assegnata, mentre l estrazione di un quantitativo superiore veniva multata. Blair afferma che si verificava una situazione di controllo sulla produzione mondiale totale di petrolio in quanto ciascuna delle otto società operava in diversi paesi, creando una vera e propria rete attraverso cui i partecipanti potevano scambiare informazioni sull offerta e sulla domanda. Di fatto, questa comunicazione mantenne i prezzi al di sopra dei costi, e ben al di sopra del livello che Blair riteneva avrebbe prevalso in condizioni di libero mercato. È questo il meccanismo che secondo Levy portò alla creazione di prezzi stabili (v. sopra). I dati relativi al mercato indicano che tale metodo stabilizzò i prezzi, conservando domanda e offerta in equilibrio. Come spiegava Adelman: «I governi sono meno in grado delle società di far funzionare con successo un cartello. Non solo non hanno l esperienza delle aziende, ma mancano loro anche i contatti intersocietari a due livelli: quello della produzione e delle vendite del greggio (le joint ventures) e quello dei mercati del prodotto raffinato» (Adelman, 1972). La nazionalizzazione degli interessi posseduti dalle multinazionali mise fine a questo fattore di stabilizzazione. A partire dalla metà degli anni Settanta, e soprattutto dopo il 1979, il freno alla produzione mondiale che in passato aveva garantito l equilibrio tra domanda e offerta venne a mancare. I membri dell OPEC cercarono di sostituire la struttura creata dalle società multinazionali con accordi per limitare la produzione. Per un certo periodo, questo tentativo ebbe successo. I paesi esportatori avrebbero offerto rifornimenti principalmente alle aziende che in passato avevano posseduto concessioni a prezzi ufficiali o con sconti sui prezzi ufficiali e, in generale, le società avrebbero acquistato il petrolio. Fadhil Al-Chalabi, vicesegretario dell OPEC dal 1978 al 1989, spiegava che a partire dal 1973 l OPEC stabilì un prezzo di base o di riferimento. Il meccanismo di determinazione dei prezzi dell OPEC sino alla fine del 1985 consistette nel fissare un prezzo minimo per il greggio di riferimento (sino ad allora l Arabian Light 34 API ex Ras Tanura, chiamato il greggio di mercato dell OPEC), al di sotto del quale nessun paese membro avrebbe dovuto vendere il suo greggio. Tale prezzo fu definito prezzo ufficiale di vendita, in base al quale erano fissati i prezzi di altri tipi di greggio, tenendo conto del valore relativo delle diverse varietà basato sulle differenze di qualità e provenienza geografica (Al-Chalabi, 1991). Il sistema restò in funzione sino al Tuttavia, durante i 12 anni in cui i membri vi aderirono, ebbe scarso successo. Durante la recessione subito dopo il 1973, e nei quattro anni e mezzo successivi, molti paesi OPEC ebbero difficoltà a vendere il loro petrolio, in quanto il rallentamento dell economia ridusse la domanda globale. Al-Chalabi (1982) descrive la confusione che regnò tra il 1978 e il 1981, quando il sistema dei prezzi ufficiali divenne sostanzialmente irrilevante a seguito del crollo della produzione iraniana e lo scoppio della guerra tra Iran e Iraq. In questo secondo periodo, alcuni paesi approfittarono della rigidità dei mercati petroliferi mondiali per aumentare i prezzi ben al di là del prezzo di mercato teorico fissato dall OPEC. Una serie di burrascose riunioni intercorsero tra i membri dell organizzazione tra il 1980 e il 1982, quando i prezzi salirono da 15$ a 40$ al barile. Durante e dopo questi incontri, l Arabia Saudita cercò di attuare un programma di moderazione dei prezzi, mentre altri membri continuarono a perseguire prezzi più elevati. Quando i prezzi arrivarono al massimo, l Arabia Saudita fissò un prezzo di 32$ a barile, mentre l Iran fissò un prezzo di 37$ a barile. I prezzi elevati, associati allo sforzo della Federal Riserve di arrestare l inflazione globale, determinarono un calo dell attività economica e della domanda mondiale di petrolio. Il tasso di crescita mondiale del PIL, che si era attestato su una media del 3,5% tra il 1975 e il 1980, scese all 1,6% nel 1981 e allo 0% nel La stessa tendenza si registrò nel consumo mondiale di petrolio. Dal 1975 al 1980 il consumo di petrolio al di fuori dell ex Unione Sovietica aumentò a un tasso del 2%. Nei due anni successivi il consumo diminuì a un tasso superiore al 3% annuo. Il calo della domanda mondiale mise sotto pressione l OPEC. Nel 1982 i paesi si accordarono nuovamente per unificare i loro prezzi attorno a un unico prezzo di mercato. Nello stesso tempo, decisero di diminuire la produzione nel tentativo di ridurre la spinta al ribasso. Al-Chalabi così descrive le misure adottate dall organizzazione: «Poiché il mercato continuava a deteriorarsi, la politica di difesa dei prezzi impose all OPEC di ridurre con successo il suo tetto di produzione da 18 Mb/g del marzo 1982 a 17,5 Mb/g nel 1983 e poi a 16 Mb/g nell ottobre del 1984» (Al-Chalabi, 1982). L ex vicesegretario generale dell OPEC spiega che questi tagli crearono delle tensioni all interno dell Organizzazione e alcuni membri rifiutarono di aderirvi. Nel tentativo di ripristinare l accordo, l Arabia Saudita accettò il ruolo di produttore calmieratore (swing producer). Come scrive Al-Chalabi: «Quando l OPEC concordò un tetto globale di 17,4 Mb/g nell accordo menzionato (riunione dell OPEC del marzo 1983), all Arabia Saudita non venne assegnata una quota specifica come era stato fatto per tutti gli altri paesi membri, le cui quote nazionali totali ammontavano a 12,5 Mb/g. La differenza di 5 Mb/g tra il tetto di produzione complessivo dell OPEC pari a 17,5 Mb/g e il totale della produzione di questi dodici paesi (12,5 Mb/g) fu considerata una produzione oscillante da assegnare all Arabia Saudita, VOLUME IV / ECONOMIA, POLITICA, DIRITTO DEGLI IDROCARBURI 247

10 FORME DI MERCATO E POLITICHE DI PREZZO DEL PETROLIO E DEL METANO che avrebbe provveduto ad aumentarla o a diminuirla a seconda degli sviluppi del mercato e nei limiti del tetto globale della produzione OPEC» (Al-Chalabi, 1982). L accordo fallì in quanto la diminuzione della domanda per il petrolio dell OPEC costrinse l Arabia Saudita a ridurre la propria produzione da 6 milioni di barili al giorno del 1983 a meno di 2,5 milioni di barili al giorno nell estate del Quando gli altri paesi dell OPEC rifiutarono di negoziare quote di produzione per ripartirsi l onere del declino della domanda, l Arabia Saudita scelse unilateralmente di adottare un nuovo sistema dei prezzi basato sulle quotazioni dei prodotti derivati dal greggio. 11 Il mutamento di strategia dell Arabia Saudita permise una ripresa delle vendite, ma determinò un crollo dei prezzi. L OPEC abbandonò definitivamente il sistema dei prezzi ufficiali in favore di un programma di tetti di produzione mirati a raggiungere il livello dei prezzi desiderato. Tra i principali fattori che contribuirono al crollo dei prezzi del vi furono lo sviluppo di giacimenti di petrolio greggio nel Mare del Nord e la decisione del Governo britannico di adottare politiche atte a costringere i produttori a condurre transazioni a pronti. Il petrolio fu scoperto nel Mare del Nord nel 1969 e la produzione cominciò negli anni Settanta. I giacimenti si trovavano per la maggior parte in territori appartenenti al Regno Unito e alla Norvegia (Mabro et al., 1986). I due paesi svilupparono i loro giacimenti in modo diverso. Entrambi si affidarono principalmente a grandi multinazionali del petrolio private, ma crearono anche società nazionali per sovrintendere e in alcuni casi controllare la produzione. La Norvegia creò Statoil, mentre il Regno Unito creò la BNOC (British National Oil Company). I ruoli assegnati a queste compagnie nondimeno erano molto diversi. La Statoil divenne una società come le altre e non ha rilevanza ai fini del nostro discorso. La BNOC, invece, ebbe un ruolo determinante nell evoluzione del mercato petrolifero. Il Parlamento britannico creò la BNOC nel 1975, dopo che le società multinazionali rifiutarono di cooperare con il Regno Unito dirottando rifornimenti in questo paese durante la crisi del Mabro et al. spiegano che la BNOC fu creata per assicurare il controllo del governo sulla disponibilità del proprio petrolio nei momenti di emergenza. La BNOC ricevette o acquistò interessi nella maggior parte dei giacimenti. Quando questi entrarono in funzione, la BNOC incassò parte della produzione. La società dovette vendere immediatamente il suo petrolio in quanto non disponeva di impianti di stoccaggio. Inizialmente, vendette il petrolio con contratti a termine. Come riferiscono Mabro et al., la BNOC fissò i prezzi ai livelli ufficiali dell OPEC, soprattutto durante il periodo tra l inizio della produzione e l ottobre del All epoca la BNOC non riuscì a vendere il proprio petrolio, in quanto questi livelli erano superiori ai prezzi a pronti. Nel marzo del 1982, all inizio del 1983 e nell ottobre del 1984 la società dovette vendere alcuni cargo al prezzo a pronti inferiore, mettendo in crisi la struttura dei prezzi a termine stabilita dall OPEC. 12 La BNOC esercitò un altra influenza destabilizzatrice sul mercato mondiale del petrolio, che fu probabilmente più seria delle occasionali vendite a pronti di alcuni cargo. Sotto il regime fiscale adottato dal governo britannico, le società produttrici venivano tassate in base al prezzo di vendita del petrolio. Quando i prezzi aumentarono, aumentarono anche le aliquote di imposta, diventando di fatto meccanismi di appropriazione di rendita. A un certo punto, i tassi marginali raggiunsero il 75%, e per un certo periodo le imposizioni fiscali si basarono sul prezzo ufficiale della BNOC se le società sceglievano di raffinare questo petrolio nei loro impianti, mentre le tasse sul petrolio venduto a terzi erano calcolate sul prezzo ricevuto (Horsnell e Mabro, 1993). Di conseguenza, una società come la Shell era soggetta a una tassa marginale di oltre il 100% se il petrolio proveniente dai giacimenti di sua proprietà era lavorato in una raffineria Shell quando i prezzi a pronti del greggio erano inferiori ai prezzi della BNOC Il sistema era detto netback pricing (prezzo al netto dei costi di lavorazione). L acquirente di un barile di greggio dell Arabia Saudita pagava letteralmente un prezzo legato al valore dei prodotti raffinati dal greggio al momento in cui era stato venduto il petrolio. Così se un raffinatore riceveva 30$ per la benzina e i prodotti della distillazione ricavati da un barile di Arabian Light, pagava all Arabia Saudita 30$. Se il raffinatore riceveva 10$ per i suoi prodotti, pagava all Arabia Saudita 10$. Il sistema trasferiva tutti i rischi associati al mutamento dei prezzi al produttore (l Arabia Saudita), rovesciando una tradizione che sussisteva da almeno 100 anni. Prima dell introduzione del netback, i raffinatori acquistavano il greggio a un prezzo fisso, sperando di vendere i loro distillati a un prezzo sufficientemente elevato da coprire i costi sostenuti. Di fatto, tuttavia, gli studi economici dimostrano che tra i prodotti e il greggio esiste un arbitraggio. Verleger (1982) ha quantificato tale arbitraggio. Nel 1985 gli acquirenti rifiutarono di comprare il greggio saudita in quanto il paese insisteva nel chiedere un prezzo molto superiore al valore dei prodotti derivati, dato che non volevano o non potevano permettersi perdite finanziarie. Gli acquisti ripresero quando l Arabia Saudita passò al sistema del netback, che eliminava il rischio di perdite. 12 Il Petroleum Intelligence Weekly (1 marzo 1982) riferiva che i compratori facevano pressioni sulla BNOC perché abbassasse i prezzi al di sotto dei livelli ufficiali dell OPEC. L articolo spiegava che la BNOC non trovava compratori per i suoi 1,1 milioni di barili di petrolio ed era esposta alla concorrenza di un crescente mercato a pronti per il greggio del Mare del Nord. Il governo britannico rifiutò inoltre di diminuire la produzione (cosa che avrebbe ridotto il rifornimento di petrolio alla BNOC), in quanto le entrate derivate dalle vendite del petrolio erano necessarie per raggiungere gli obiettivi di bilancio del governo. 13 Se per es. il prezzo a pronti era di 30$ al barile e il prezzo della BNOC di 34$, alla Shell sarebbe stata imposta una tassa aggiuntiva di 3$ al barile se raffinava il petrolio prodotto dai suoi giacimenti del Mare del Nord nelle proprie raffinerie. 248 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

11 STRUTTURE DEL MERCATO E POLITICHE DEI PREZZI NELL INDUSTRIA DEL PETROLIO E DEL GAS: IL CASO DEL PETROLIO Le società naturalmente cercarono di evitare la tassazione vendendo la loro produzione sul mercato a pronti quando i prezzi a pronti erano inferiori al prezzo di riferimento della tassazione. In questo modo crearono un vasto mercato a pronti molto liquido per il petrolio là dove in precedenza non ne era esistito alcuno (Verleger, 1987). I mutamenti introdotti nel sistema fiscale dopo il 1984 incentivarono ancor di più le società a collocare la produzione sul mercato a pronti, scardinando ulteriormente il sistema integrato che per decenni era stato utilizzato per controllare i prezzi. In particolare, la tassa imposta dal Regno Unito diede un enorme incentivo alla vendita del greggio sul mercato a pronti. L Oil Taxation Office (OTO) determinava il valore prevalente del greggio che una società integrata tratteneva per raffinarlo nei propri impianti, consentendo invece alle aziende di prendere le vendite effettuate nell arco di un periodo di trenta giorni come prezzo di riferimento per un cargo venduto a terzi. Questo sistema incentivò le società a optare per transazioni con contratti forward ogniqualvolta il livello del prezzo globale diminuiva. Secondo i dati riportati da Mabro et al. (1986), il numero di transazioni di questo tipo passò da 450 nei primi tre mesi del 1984 a oltre negli ultimi mesi del Molte di queste transazioni erano operazioni di compravendita fittizia, in cui la società A vendeva a B, che poi vendeva alla società C. Quest ultima avrebbe poi rivenduto alla società A, cosicché alla fine la società A raffinava il petrolio prodotto nei suoi giacimenti ma evitava un imposta elevata. 14 In base ai calcoli di Horsnell e Mabro (1993) il numero di transazioni raggiunse un picco di nei primi mesi del 1987, quando il Governo britannico decise di cambiare il regime fiscale. Tuttavia il cambiamento arrivò troppo tardi per salvare un sistema ufficiale dei prezzi. La creazione di un mercato a pronti visibile rendeva impossibile per i paesi produttori come l Arabia Saudita chiedere che i compratori pagassero il petrolio a un prezzo notevolmente diverso da quello concorrenziale praticato dai venditori sul mercato a pronti. Come afferma Verleger (1987), il petrolio era diventato un bene economico Il petrolio come bene economico: le politiche dell OPEC e la dinamica dei prezzi Il petrolio greggio e i suoi derivati sono sempre stati prodotti o merci nell accezione comune del termine. Tuttavia, né il greggio né i derivati del greggio potevano essere classificati come beni economici prima del Come spiega Verleger (1987), un bene può essere definito bene economico solo se soddisfa le seguenti condizioni: a) devono esistere molti produttori; b) devono esistere molti compratori; c) il bene fisico deve essere omogeneo; d) il bene deve muoversi liberamente sul mercato; e) è preferibile che sia conservabile; f ) non vi deve essere un controllo monopolisitico della produzione né un controllo monopsonico sulla domanda. Il petrolio soddisfaceva tutte le condizioni tranne l ultima. Tuttavia, come osservavano Adelman (1972) e Blair (1976), le principali multinazionali petrolifere controllarono i termini delle vendite e il flusso di petrolio al mercato fino a quando le loro attività non vennero nazionalizzate nei paesi produttori. Una volta eliminate queste società, il controllo del mercato venne a mancare e il petrolio divenne un bene economico. L introduzione del meccanismo di fissazione dei prezzi noto come netback e l affermarsi del petrolio come bene economico hanno trasformato definitivamente il mercato petrolifero. Prima di questa svolta avvenuta nel 1986 l OPEC aveva insistito nel fissare un prezzo ufficiale e quote di produzione per i singoli membri dell organizzazione. Dopo il 1986, l OPEC abbandonò ogni tentativo di imporre prezzi ufficiali, dirigendo i propri sforzi sulla gestione della produzione e delle scorte per raggiungere un determinato prezzo. Il mutamento di strategia fu reso necessario dall incapacità del cartello di conservare la stabilità dei prezzi durante la prima metà del decennio e dalla crescente dipendenza dalle multinazionali petrolifere per creare scorte non necessarie quando l organizzazione non era in grado di adeguare la produzione per garantire l equilibrio tra domanda e offerta ai livelli del prezzo ufficiale. Per es., quando nel 1985 comparvero i prezzi a pronti, le società multinazionali rifiutarono di estrarre greggio dai giacimenti nigeriani ai prezzi ufficiali. Altri membri dell OPEC cercarono di costringere le multinazionali a comprare il petrolio dalla Nigeria, ma senza successo. Infine, i paesi esportatori dovettero abbandonare i contratti a prezzi fissi, per adottare formule di indicizzazione ai prezzi dei principali mercati internazionali di materie prime. I prezzi del petrolio venduto agli Stati Uniti avevano come greggio di riferimento il West Texas Intermediate (WTI), smerciato nel New York Mercantile Exchange (NYMEX). I prezzi del greggio venduto all Europa dall OPEC o da altri paesi, come la Russia, avevano come greggio di riferimento il Brent, prodotto nel Mare del Nord e ampiamente smerciato. I prezzi del petrolio venduto ai paesi asiatici avevano in genere come greggio di riferimento il Dubai o l Oman, venduti nei mercati a pronti del Medio Oriente. 14 Mabro et al. (1986) offrono un interessante descrizione del modo in cui funziona questo tipo di vendita fittizia, noto come daisy chain. Essi forniscono anche un calcolo matematico dei guadagni ottenuti aggirando le tasse. VOLUME IV / ECONOMIA, POLITICA, DIRITTO DEGLI IDROCARBURI 249

12 FORME DI MERCATO E POLITICHE DI PREZZO DEL PETROLIO E DEL METANO I fattori chiave che hanno contribuito al mutamento definitivo dell approccio dell OPEC alla fissazione dei prezzi del petrolio sono stati la perdita di fiducia nell organizzazione, il declino della domanda per la produzione OPEC, che costrinse l organizzazione a utilizzare meno della metà della sua capacità produttiva, la disponibilità di varietà di greggio non OPEC assai simili a quelle prodotte dai membri più vulnerabili dell organizzazione e l affermarsi di un premio temporale per i greggi cosiddetti short haul, che richiedono cioè trasporti a breve distanza. Questi fattori hanno costretto l OPEC ad adottare metodi di marketing più trasparenti. La perdita di fiducia nella capacità dell OPEC di sostenere i suoi prezzi ufficiali è stato senza dubbio il principale fattore che ha indotto il cartello ad abbandonare il tentativo di imporre prezzi di questo tipo. Dal 1973 alla metà del 1985, i membri dell OPEC attuarono una politica aggressiva per conservare un sistema di prezzi ufficiali o registrati simile a quello adottato dalle principali società petrolifere dalla fine della Seconda Guerra Mondiale alla nazionalizzazione delle loro attività nei paesi dell OPEC. Dopo il crollo del prezzi nel 1986, i paesi esportatori fecero uno sforzo disperato per ripristinare prezzi ufficiali. Nel corso di un incontro tenuto nel dicembre del 1986 le 13 nazioni concordarono il ritorno a un sistema di prezzi fissi (OPEC wins [ ], 1986). Il tentativo fallì nel giro di un anno, in quanto i compratori non credevano che i paesi membri avrebbero modificato la produzione per mantenere i prezzi di mercato in linea con quelli ufficiali che l OPEC cercava di imporre. Questa mancanza di fiducia impedì ai compratori di accumulare scorte da utilizzare in caso di insufficienza dell offerta. Storicamente, le società petrolifere avevano seguito la prassi di tenere ingenti scorte. Dai dati pubblicati dalla IEA nel 1990 risulta che le società operanti nelle nazioni appartenenti all OCSE avevano avuto scorte in grado di soddisfare la domanda per almeno 90 giorni. Il crollo dei prezzi mutò questa prassi. Ritenendo che l OPEC fosse incapace di sostenere i prezzi, le società petrolifere diminuirono radicalmente le scorte. Come si può osservare dai dati pubblicati dalla IEA nel 1990, dal 1981 al 1988 il periodo di copertura del fabbisogno assicurato dalle scorte scese da 83 giorni a 66 giorni. La riduzione delle scorte fu fatta dai compratori, principalmente raffinatori, che avevano subito grosse perdite con gli acquisti di greggio. Per es., i raffinatori statunitensi che avevano acquistato greggio Arabic Light nel gennaio e nel febbraio del 1987 avrebbero perso almeno 1$ a barile, in quanto i derivati prodotti non erano in grado di coprire il prezzo ufficiale (Updated [ ], 1987; The key [ ], 1988). I compratori diminuirono gli acquisti e ridussero le scorte, mentre un tempo avrebbero tollerato tali perdite confidando nel fatto che l OPEC avrebbe ovviato al problema diminuendo la produzione. La tendenza dei compratori a ridurre l acquisto e il possesso di scorte nel 1987 fu senza dubbio incoraggiata dalla consapevolezza che i paesi OPEC avevano una cospicua capacità eccedente ed erano gravati da seri problemi finanziari. La capacità eccedente creava infatti una situazione economica tale da incoraggiare i membri dell OPEC a produrre più della quota loro assegnata. Molti si comportarono esattamente in questo modo. La spinta a una sovrapproduzione fu rafforzata dalla diminuzione del prezzo del petrolio, che dal 1984 al 1986 passò da 40$ al barile a poco meno di 10$, indebolendo la situazione finanziaria di tutti i paesi dell OPEC. A un certo punto, la produzione dell OPEC diminuì fin quasi al 50% della capacità. Nel dicembre del 1986 la produzione dell OPEC era di 17,5 milioni di barili al giorno, mentre la capacità produttiva era di 27,5 milioni di barili al giorno (OPEC production [ ], 1986). La produzione toccò il livello più basso nel marzo del 1987, con 15 milioni di barili al giorno, il 54% della capacità. I compratori avevano ottime ragioni per acquistare solo i quantitativi di cui avevano bisogno, e così fecero. Il terzo fattore che vanificò lo sforzo dell OPEC di tornare al sistema dei prezzi fissi fu la disponibilità di varietà di greggio non OPEC simili a quelle prodotte dai membri più vulnerabili dell organizzazione. L anello debole della catena per l OPEC era la Nigeria. Alla fine degli anni Ottanta, la situazione finanziaria del paese era precaria (non era molto migliore anche nel 2005) e il governo tanto debole da subire un colpo di stato militare. La posizione della nazione sul mercato petrolifero mondiale fu ulteriormente indebolita dalla disponibilità (su mercati trasparenti e competitivi) del petrolio del Mare del Nord, molto simile a quello prodotto dalla Nigeria (leggero e a basso tenore di zolfo). Il governo nigeriano non poteva mettere sul mercato la sua produzione al prezzo ufficiale quando i compratori potevano vedere in tempo reale le quotazioni di varietà di greggio equivalenti attraverso un sistema elettronico di monitoraggio del mercato. Invariabilmente, il petrolio nigeriano risultava o troppo a buon mercato o troppo caro (Nigeria [ ], 1987). La soluzione della Nigeria fu quella di adottare un sistema dei prezzi indicizzati al mercato. Il governo accettò di abbassare i prezzi praticati ai compratori ogniqualvolta il prezzo di mercato scendeva al di sotto del prezzo ufficiale per garantire loro un profitto di almeno 1$ al barile (Government [ ], 1987). Nel corso del 1988 altri paesi esportatori di petrolio seguirono l esempio della Nigeria, sebbene all inizio vi fu palesemente una grande varietà di strategie. Gradualmente, il mercato mondiale stabilì una serie di formule dei prezzi indicizzate alle quotazioni delle principali varietà di greggio vendute sul mercato mondiale: Brent, Dubai e WTI. Come osservano Horsnell e Mabro: «L adozione di formule dei prezzi indicizzati al mercato si affermò quindi come l unica alternativa possibile 250 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

13 STRUTTURE DEL MERCATO E POLITICHE DEI PREZZI NELL INDUSTRIA DEL PETROLIO E DEL GAS: IL CASO DEL PETROLIO allo screditato sistema del prezzo amministrato e al disastroso esperimento del netback» (Horsnell e Mabro, 1993). Secondo Horsnell e Mabro, il sistema delle formule di indicizzazione dei prezzi fu adottato per i seguenti motivi: sollevare i paesi esportatori dall onere di scoprire il prezzo economico del petrolio; garantire che l esportatore applicasse prezzi che riflettevano l andamento del livello generale delle quotazioni del petrolio sul mercato mondiale; assicurare la competitività del greggio esportato da un paese rispetto ad altri sostituti a disposizione del compratore. La formula del prezzo era piuttosto semplice. Il prezzo di un greggio di esportazione, supponiamo l Arabian Heavy dell Arabia Saudita (PE), era determinato in base alla quotazione di mercato di un greggio di riferimento, poniamo WTI (PWTI), sottraendo o aggiungendo un differenziale, D: PE PWTI D I paesi esportatori fissarono formule differenti per lo stesso greggio a seconda dei mercati di destinazione. Per es., il prezzo dell Arabian Light era indicizzato al WTI se destinato agli Stati Uniti, al Brent se destinato all Europa e al Dubai se esportato in Asia. Ciò portò a una situazione in cui i prezzi dello stesso greggio variavano notevolmente da un mercato all altro. Il prezzo dell Arabian Light spedito franco a bordo nel gennaio 1989 dall Arabia Saudita costava 17,65$ al barile se la destinazione era l Asia, 18,44$ se il paese destinatario erano gli Stati Uniti e 18,32$ se era esportato in Europa (Updated [ ], 1990). L Arabia Saudita poté conservare questa discriminazione dei prezzi in quanto i compratori si impegnavano per contratto a portare il petrolio verso destinazioni specifiche. L adozione di formule che indicizzavano i prezzi del greggio OPEC a indicatori di mercato consentiva ai compratori una copertura dei rischi connessi alle variazioni di prezzo della merce acquistata. Un compratore che acquistava petrolio dall Arabia Saudita a un prezzo indicizzato al WTI poteva vendere future sul WTI per tutelarsi dal rischio di una diminuzione del prezzo nel periodo in cui il petrolio era in transito. L introduzione delle formule di indicizzazione risolveva i problemi creati dalle differenze tra prezzi a termine e condizioni di mercato. I compratori non si trovavano più di fronte a prezzi a termine che non avevano nessun rapporto con il valore di mercato del greggio. Inoltre, collegando i prezzi a mercati liquidi di beni, i paesi esportatori offrivano ai compratori uno strumento di copertura del rischio. Il sistema si è dimostrato così efficace che è rimasto il principale strumento di commercializzazione del greggio per almeno vent anni. La diminuzione dei livelli delle scorte alterò il tradizionale rapporto tra varietà di greggio analoghe prodotte in località differenti. Gli economisti sanno da tempo che quando le scorte sono scarse i compratori sono disposti a pagare per rifornimenti immediati un prezzo maggiore di quello che sarebbero disposti a pagare quando le scorte sono abbondanti. È questo il comportamento seguito dai mercati petroliferi a fronte di una diminuzione delle scorte. Per es., quando le scorte diminuirono, il greggio del Mare del Nord per i raffinatori valeva più di quello nigeriano. 15 Alcuni paesi produttori dell OPEC, in particolare nell area dell Atlantico (Nigeria, Algeria, Libia) trovarono compratori disposti a pagare il loro greggio più di quello di analoga qualità prodotto nel Medio Oriente. In certi periodi, la differenza superava i 2$ al barile. Le fluttuazioni di questi sovrapprezzi resero impossibile conservare un sistema di prezzi a termine fissi o registrati. I mutamenti delle condizioni di mercato misero i membri dell OPEC nell impossibilità di fissare un sistema equo e permanente di differenziali di prezzo basati solo sulle differenze qualitative delle varietà di greggio. L OPEC affrontò il problema modificando molte delle formule utilizzate per determinare i prezzi. Così il prezzo del greggio era stabilito al momento dell arrivo a destinazione e non quando era caricato su una nave cisterna. In base a questo meccanismo di differimento della fissazione dei prezzi, il prezzo di un cargo di greggio saudita che arriva a una raffineria di Houston è determinato lo stesso giorno (detto pricing day) in cui viene determinato il prezzo di un cargo di greggio che arriva da un paese più vicino, come la Nigeria o il Venezuela. Per es., la formula per l Arabian Light (PAL) spedito dall Arabia Saudita agli Stati Uniti nell estate del 1989 era: PAL t 45 t 35 (PANS t )/10 $1,05 vale a dire, il prezzo dell Arabian Light caricato il 1 settembre 1989 era determinato dalla media dei prezzi a pronti quotati sul mercato per il greggio Alaskan North Slope 16 nel Golfo del Messico tra il 5 e il 14 ottobre L adozione di questo meccanismo di differimento della fissazione dei prezzi rese i paesi dell OPEC competitivi con gli altri paesi esportatori. 15 La differenza di valore varia al variare del deporto (la differenza tra il prezzo per una consegna differita e il prezzo per una consegna odierna). Quanto maggiore è il deporto, tanto maggiore sarà il valore del greggio short haul rispetto a quello del greggio localizzato in aree più distanti. 16 L Arabia Saudita inizialmente stabilì i prezzi del greggio utilizzando come riferimento il prezzo a pronti dell Alaskan North Slope (ANS) inviato nel Golfo del Messico, in quanto l ANS era simile al greggio saudita ed era venduto nel Golfo. Tuttavia, la produzione di ANS diminuì nel corso del tempo e dopo il 1994 esso non fu più venduto né esportato nel Golfo del Messico, e fu sostituito dal WTI nella formula per l Arabian Light. VOLUME IV / ECONOMIA, POLITICA, DIRITTO DEGLI IDROCARBURI 251

14 FORME DI MERCATO E POLITICHE DI PREZZO DEL PETROLIO E DEL METANO L adozione delle formule di indicizzazione dei prezzi risolveva il problema delle differenze di distribuzione geografica e della concorrenza tra i paesi membri dell OPEC, ma non ripristinò il potere di mercato dell organizzazione. I paesi esportatori persero gran parte del loro controllo sul mercato globale del petrolio dopo il crollo dei prezzi del Tra questa data e il marzo 1999, i prezzi nominali ebbero una fascia di fluttuazione relativamente ristretta, attestandosi su una media di circa 15$ al barile. I prezzi aumentarono per breve tempo al di sopra di tale fascia nel 1990, quando l Iraq invase il Kuwait. Tra le cause scatenanti dell attacco militare vi fu l abbassamento dei prezzi del petrolio determinato dalla decisione del Kuwait di non rispettare l accordo di diminuire la produzione stipulato con altri membri dell OPEC. Negli anni Novanta i membri dell OPEC cercarono senza molto successo di attuare tagli alla produzione per far salire i prezzi. Si indissero incontri e si stipularono accordi, ma l effetto fu trascurabile. Tale fallimento si dovette in parte all aumento della produzione dei paesi non OPEC. Tuttavia, la responsabilità fu in gran parte dell OPEC stessa. La produzione e le vendite dell organizzazione aumentarono di oltre il 20% dal 1991 al 1998, allorché i prezzi scesero del 20%. L andamento della produzione e dei prezzi in questo periodo sembra confermare la tesi generale di Smith, secondo la quale l OPEC agisce come un «cartello burocratico, ossia come un impresa cooperativa gravata dai costi del raggiungimento del consenso tra i suoi membri, e quindi parzialmente ostacolata nel perseguimento del bene comune» (Smith, 2002). L andamento dei prezzi e della produzione sembra altresì confermare la sua già citata osservazione, secondo cui «nulla sembra dimostrare che l Arabia Saudita abbia avuto il ruolo di produttore leader o dominante all interno del cartello, sebbene tale possibilità non possa essere formalmente esclusa» (Smith, 2002). Nel marzo del 1999 l OPEC divenne un organizzazione dominata da un solo paese. Fu allora che l Arabia Saudita abbandonò il ruolo passivo descritto da Smith e assunse il controllo, convincendo altri paesi esportatori di petrolio a diminuire la produzione. Per sostenere la richiesta di tagli coordinati della produzione da parte dei membri dell OPEC e di altri paesi esportatori di petrolio, l Arabia Saudita ricorse all esplicita minaccia di aumentare la produzione e di far abbassare i prezzi portandoli a 5$ al barile o ancora meno se tale richiesta fosse stata rifiutata. La mossa saudita giunse in un momento in cui il prezzo a pronti del petrolio era sceso a livelli estremamente bassi. Il WTI era venduto a circa 10$ al barile, mentre il Brent scese per un breve periodo a 9,80$ al barile. Per un paio di mesi il petrolio saudita fu venduto a un prezzo medio inferiore ai 9$ al barile (Saudi [ ], 1999). L eccessiva diminuzione dei prezzi creò gravi difficoltà al paese e lo indusse a mutare la sua strategia in vari modi. In primo luogo, l Arabia Saudita abbandonò la scelta seguita per molto tempo di mantenere la propria produzione petrolifera al di sopra di otto milioni di barili al giorno. In secondo luogo, il Governò differì un progetto di costituire una quota di mercato. Infine, assunse un ruolo attivo all interno dell OPEC, minacciando gli altri produttori di aumentare la propria produzione a 12 milioni di barili al giorno se gli altri non avessero ridotto notevolmente la loro. Il Petroleum Intelligence Weekly descriveva l esplicita minaccia saudita nei termini citati sopra, e aggiungeva: «La riduzione sorprendentemente cospicua di 2 milioni di barili a giorno e il fermo sostegno dell Iran dovrebbero assicurare che, anche in caso di scarsa obbedienza da parte di altri, quantitativi significativi di petrolio sarebbero sottratti al bilancio globale» (Saudi [ ], 1999). La minaccia dell Arabia Saudita sortì il suo scopo. Con grande sorpresa di molti critici dell OPEC, l accordo sulle quote stabilite nel marzo del 1999 fu sostanzialmente rispettato. E con grande sconcerto di molti analisti, i prezzi a pronti salirono del 150% in quell anno, raggiungendo 25$ al barile (per il Brent). Forte di questo successo, Ali Naimi convinse i membri dell OPEC a tenere sotto stretto controllo le scorte nei paesi consumatori. Negli incontri avvenuti tra la fine del 1999 e il marzo 2005, l OPEC ha sottoposto a revisione l equilibrio globale di domanda e offerta e i livelli delle scorte nei paesi consumatori. Dopo di allora, i membri dell OPEC hanno quasi sempre discusso i livelli globali delle scorte nel contesto delle loro decisioni di aumentare o diminuire la produzione. La decisione dell OPEC di seguire le indicazioni saudite sulle scorte ha originato una situazione che ha provocato un aumento quasi sempre costante, e talvolta esplosivo, dei prezzi a pronti del petrolio. Aumentando i prezzi al disopra dei costi di produzione, l OPEC ha funzionato per la prima volta come un autentico cartello dominato da un unico paese Conclusione In questo contributo abbiamo analizzato l evoluzione dei prezzi del petrolio dagli anni Sessanta al 2005, nonché il susseguirsi di tentativi più o meno riusciti di mantenere i prezzi a livelli artificialmente alti. Dalla fine della Seconda Guerra Mondiale al 1973, i prezzi del petrolio furono mantenuti artificialmente al di sopra dei costi di produzione attraverso accordi congiunti di produzione tra un piccolo gruppo di società multinazionali. Dal 1973 al 1986 i paesi esportatori di petrolio riuscirono ancora meglio delle multinazionali a mantenere i prezzi superiori ai costi. I livelli dei prezzi in questo secondo periodo erano scelti dai produttori più o meno ad hoc. Essi non seguivano i modelli di ottimizzazione proposti dagli economisti, ma sembravano stabilire i prezzi in modo disordinato e irregolare. 252 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

15 STRUTTURE DEL MERCATO E POLITICHE DEI PREZZI NELL INDUSTRIA DEL PETROLIO E DEL GAS: IL CASO DEL PETROLIO Gli sforzi per mantenere artificialmente alti i prezzi, tuttavia, fallirono nel 1986, quando la comparsa di nuove istituzioni operanti come mercati organizzati dei beni e la diminuzione della domanda annullarono il controllo dei produttori sul mercato petrolifero. Le nuove istituzioni costrinsero i produttori di petrolio ad abbandonare il sistema dei prezzi ufficiali in favore di un sistema di indicizzazione dei prezzi a quelli di mercato. In questa situazione, i produttori lottarono per riconquistare il controllo del mercato, ma vi riuscirono solo nel 1999, quando l Arabia Saudita cominciò a imporre decisioni relative ai quantitativi di petrolio venduti dai paesi esportatori. Bibliografia generale Adelman M.A. (1982) OPEC as a cartel, in: Griffin J.M., Teece D.J. (editors) OPEC behaviour and world oil prices, London, Allen & Unwin, Cremer J., Weitzman M.L. 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16 FORME DI MERCATO E POLITICHE DI PREZZO DEL PETROLIO E DEL METANO Pindyck R.S. (1978) Gains to producers from the cartelization of exhaustible resources, «Review of Economics & Statistics», 60, Saudis leave no doubt: $18 to $20 oil is the goal (1999), «Petroleum Intelligence Weekly», 22 March, 5. Skeet I. (1989) Paul Frankel. Common carrier of common sense. A selection of his writings , Oxford, Oxford University Press. Smith J.L. (2002) Inscrutable OPEC? Behavioural tests of the cartel hypothesis, Dallas (TX), Southern Methodist University, Working paper. Teece D.J. (1982) OPEC behaviour: an alternative view, in: Griffin J., Teece D.J. (editors) OPEC behaviour and world oil prices, London, Allen & Unwin, Teece D.J. et al. (1993) Natural resource cartels, in: Kneese A.V., Sweeney J.L. (editors) Handbook of natural resource and energy economics, Amsterdam, Elsevier, 3v.; v.iii, The key to unlocking oil market trends (1988), «Petroleum Intelligence Weekly», 5 September, 9. Thomas M. (1982) The ABCs of measuring oil market price trends, in: Verleger P.K. Jr., Oil markets in turmoil, Cambridge (MA), Ballinger, Appendix I. Updated price scorecard for world crudes (1987), «Petroleum Intelligence Weekly», 10 August, 1. Updated price scorecard for key world crudes (1990), «Petroleum Intelligence Weekly», Special supplemental issue, 30 April, 2. Verleger P.K. Jr. (1982) The determinants of official OPEC crude prices, «Review of Economics & Statistics», 64, Verleger P.K. Jr. (1987) The evolution of oil as a commodity, in: Gordon R.L. et al. (editors) Energy, markets, and regulation, Cambridge (MA), MIT Press. Verleger P.K. Jr. (1990) Understanding the 1990 oil crisis, «The Energy Journal», 11, Verleger P.K. Jr. (2001) Expert Report of Dr. Philip K. Verleger, Jr. Prewitt Enterprises, Inc. et al. vs. Organization of the Petroleum Exporting Countries (CV-00-W-0865-S), US District Court for the Northern District of Alabama, Southern Division, 12 January. «Weekly Petroleum Argus» (1997), 15 December, p. 7. Williams J.C. (1986) The economic function of futures markets, Cambridge, Cambridge University Press. Williams J.C. (2001) Commodity futures and options, in: Gardner B.L., Rausser G.C. (editors), Handbook of agricultural economics, New York, Elsevier, 2v.; v.i, Williams J.C., Wright B.D. (1991) Storage and commodity markets, Cambridge, Cambridge University Press. Working H. (1949) The theory of the price of storage, «American Economic Review», 39, Philip K. Verleger Jr. PK Verleger Aspen, Colorado, USA 254 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

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