Corso per Tecnici e manutentori dell industria elettrica, elettronica e meccanica Prof.Ing.Giovanni Musio

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1 Corso per Tecnici e manutentori dell industria elettrica, elettronica e meccanica Prof.Ing.Giovanni Musio I.P.I.A. A.Volta Guspini Dirigente scolastico Prof.Giancarlo Vinci sede I.P.I.A. A.Volta Guspini laboratori di elettronica I.P.I.A. A.Volta Guspini 1

2 I CONVERTITORI C.A.-C.C. (RADDRIZZATORI) Premessa In elettrotecnica ed elettronica il raddrizzatore o rectifier è un dispositivo che serve a raddrizzare un segnale bipolare (bidirezionale) e quindi a trasformarlo in un segnale unipolare (monodirezionale). Il raddrizzatore, collegato ad altri componenti, è usato per trasformare la corrente alternata in corrente continua. Raddrizzatore ad una semionda Il segnale d'ingresso, sinusoidale, viene applicato ad un diodo 1 in serie alla resistenza di carico. Se il catodo è rivolto verso il carico, esso consente il passaggio delle sole semionde positive lasciando uno spazio tra semionda positiva e semionda positiva perché il raddrizzatore a semionda non trasforma le onde negative in positive. L onda in uscita è una semionda sinusoidale di tipo pulsante (manca la semionda negativa, tagliata dal diodo) con valor medio diverso da zero, il cui valore può essere calcolato con la formula seguente, Figura 1 Raddrizzatore a semplice semionda dove V è il valore efficace e VM è la tensione massima o di pico (Vp), (per le correnti sinusoidali VM = 2 *V): VM 2*V Vm = = 0,45 V π π Raddrizzatore a doppia semionda Utilizzando un trasformatore con il secondario dotato di una presa a metà avvolgimento o anche detto trasformatore a presa centrale, è possibile ottenere due tensioni sfasate di 180º, che possono 1 Vedi Capitolo Approfondimenti IL DIODO 2

3 essere singolarmente raddrizzate per mezzo di due diodi. La tensione totale del secondario è doppia rispetto a quella che si ha per il raddrizzamento ad una semionda. Figura 2 raddrizzatore a doppia semionda Il valor medio Vm è dato da: 2VM 2 2*V Vm = = 0,90 V π π Raddrizzatore a ponte di diodi (ponte di Graetz) Il raddrizzatore a doppia semionda più usato è senz altro quello detto a ponte di Graetz, costituito da 4 diodi (Figura 4). Figura 3 Ponte raddrizzatore Adottando quattro diodi disposti in configurazione a ponte di Graetz (dal nome del suo inventore, il fisico tedesco Leo Graetz), è possibile ottenere un segnale che è la somma di una semionda positiva più la semionda negativa capovolta (doppia semionda). Figura 4 Ponte di Graetz a doppia semionda 3

4 Questa soluzione, molto usata negli alimentatori, rende molto più semplice il successivo filtraggio e livellamento della tensione fino ad ottenere una corrente continua, non richiedendo peraltro un trasformatore con doppio avvolgimento a presa centrale. Nella semionda positiva della V1 conducono i diodi 1-2 portando in uscita nel morsetto + la V1 decurtata della caduta di tensione sui due diodi pari a circa 0,85x2=1,7 V. Durante la semionda negativa sul morsetto + in uscita si ritrova la stessa semionda dovuta alla conduzione dei diodi 3-4. Il valor medio Vm della tensione pulsante in uscita, in relazione alla V max (VM) e alla V efficace (V), è la stessa ricavata al punto precedente: Vm=2*VM/π =2* 2*V */π = 0,90 V Principale svantaggio di questo metodo è di avere una caduta di tensione pari a quella di due diodi in serie, quindi quasi 2 volt. Questo circuito, sfruttando di conseguenza anche le semionde negative, porterà ad un aumento della frequenza. Infatti collegando un trasformatore alla tensione di rete, con primario 230V e secondario con tensione scelta a seconda delle nostre esigenze, la frequenza passa da 50 Hz, che è la frequenza standard della corrente di rete, a 100 Hz, in quanto il periodo è quello di una sola semionda e quindi la metà (10ms) rispetto all onda sinusoidale (20ms) e dunque la frequenza della semionda è doppia (100 Hz) rispetto all onda sinusoidale (50Hz). Dall'uscita del ponte raddrizzatore si ricaveranno quindi solo le semionde positive con frequenza doppia e altrettanto il valore medio della tensione in uscita è doppio rispetto al semplice semionda. Il segnale pulsante in uscita da un raddrizzatore può essere considerato come la sovrapposizione di una componente alternata e una componente continua che ne trasla il valore medio. Per questo, per livellare la corrente continua prodotta, si pone all'uscita del raddrizzatore un circuito RC passa basso, che ha lo scopo di aumentare il valor medio. Figura 5 Raddrizzatore a doppia semionda con filtro di livellamento 4

5 Permangono comunque delle oscillazioni attorno al valor medio: L ampiezza delle oscillazioni è detta tensione di Ripple (Vr). Questo fattore negativo, anche se molti circuiti non ne risentono apprezzabilmente (piccoli motori in c.cc., lampade, etc..), può essere risolto con filtri più complessi che annullano quasi totalmente l oscillazione residua. Il filtro più semplice può essere costituito da una condensatore elettrolitico di capacità calcolata, che consente di immagazzinare la corrente quando sarà presente un'onda positiva e di restituirla al circuito quando l'onda tornerà a livello di 0 Volt, in questo modo si aumenta il valore medio della tensione. Se si vuole ricavare il valore del condensatore di livellamento è necessario ricordare che nel raddrizzatore a doppia semionda la frequenza da considerare è di 100Hz, pertanto la C si ricarica ogni 10 ms anziché 20mS. Esiste il seguente legame tra il valore della capacità C, della frequenza del segnale f e del valore della corrente erogata e la tensione di ripple (Vr) che per un raddrizzatore a doppia semionda vale: C=0,173*I/(f*Vr) dove C in Farad, f in Hertz, I Corrente in uscita (A), Vr (V ripple) in Volt. Per raddrizzatori a due semionde utilizzati negli alimentatori funzionanti a frequenza di rete di 50Hz con un ripple Vr pari a circa 1,7 Vpp, si può ricavare (sostituendo nella formula) che C vale circa 1.000µ F per ogni amper prelevabile in uscita. 5

6 Raddrizzatore Trifase semplice Un miglioramento nel fattore di ondulazione e del valore medio raddrizzato si ottiene facendo ricorso ad uno schema di raddrizzatore trifase a semplice semionda (vedi figura 6 a e b ). Si nota che l ondulazione è ridotta ad un terzo del periodo ed il valor medio di uscita è per la parte positiva il valor massimo tra i valori positivi di ea, eb ed ec e il valore minimo è maggiore di zero essendo state tagliate le semionde negative, pertando il valor medio è appena inferiore a EM. Figura 6 Raddrizzatore trifase Vm=3* 3* VM/2π 0,83*VM 1,17*V Il valor medio può essere determinato con: Con un filtro capacitivo (o meglio LC se si è in presenza di elevate correnti) Vm in uscita si avvicina a VM. Raddrizzatore trifase a ponte di Graetz In figura 7a è riportato lo schema di un raddrizzatore trifase a ponte di Graetz. In figura 7b è riportato in funzione del tempo l andamento delle correnti nelle varie coppie di diodi e sul carico. Si nota che l ondulazione è ridotta ad un sesto del periodo ed la tensione d uscita è per la parte positiva dato dai valori massimi tra i valori positivi di ea, eb ed ec e ed il valore minimo è il minimo tra i valori negativi di ea, eb ed ec, pertando il valor medio è pari circa Vm 3* 3* VM/π 1,65 VM 2,33 V Figura 7 Raddrizzatore trifase a ponte 6

7 Raddrizzatore semplice controllato Il diodo usato nel raddrizzatore semplice viene sostituito da un diodo controllato (Tiristore) 2. Questo oltre all anodo ed al catodo presenta un terzo morsetto (gaite), che ne determina o meno l istante di conduzione. Fino a quando non viene fornita la necessaria corrente ig al gate, il tiristore permane in stato di blocco. Nel momento in cui viene fatta circolare una corrente ig opportuna, il tiristore si comporta come un diodo e se polarizzato direttamente va in conduzione. Il valore medio della corrente raddrizzata sul carico è funzione dell angolo di accensione del "gate", in questo modo si ha un controllo della corrente trasferita al carico, sia pure a spese della formazione di un certo numero di armoniche. In modo analogo in un ponte di graetz si può avere un raddrizzatore controllato su doppia semionda, sostituendo due diodi (non sullo stessi circuito serie) con 2 tiristori. Controllando l istante di innesto dei tiristori si può variare il valor medio della Vcc in uscita e quindi la corrente e la potenza sul carico, ad esempio regolando la velocità se si tratta di un motore o la luminosita per una lampada. Raddrizzatore doppio controllato Nell avviamento e regolazione di velocità dei motori in c.c. di picola potenza viene usato un alimentatore con ponte monofse semicontrollato come in figura 9a e 9b. Nel caso di motori in c.c. di grande potenza si fa ricorso ad un alimentatore trifase con ponte semicontrollato o controllatto come quello in figura 10. Figura 8 Raddrizzatore monofase controllato Figura 9a Schema di un raddrizzatore monofase a ponte controllato Figura 9b Tensioni e correnti di un raddrizzatore monofase a ponte controllato 2 Vedi Capitolo Approfondimenti IL TIRISTORE 7

8 Ponte controllato trifase Figura 10 Raddrizzatore trifase a ponte controllato I CONVERTITORI C.C.-C.A. (INVERTITORI) Invertitore monofase La soluzione oggi più usata per la conversione è quella che utilizza convertitori statici (non hanno parti in movimento), basati sull impiego di interruttori elettronici allo stato solido (diodi, tiristori, transistor, IGBT) 3. I convertitori statici utilizzano uno più interruttori le cui aperture e chiusure vengono controllate in modo da operare la conversione desiderata. Nel caso degli invertitori (inverter) si converte un ingresso in c.c. in una uscita in c.a. monofase o trifase. In figura e 11 è riportato l andamento della tensione in uscita di un inverter con regolazione PWM (modulazione a larghezza di impulsi). I transistori (funzionano da interrutori controllati) S1-S4 ed S2-S3 funzionano in coppia (fig.11b). Con opportuni circuiti si può rendere più sinusoidale la forma d onda in uscita sul carico (Filtri). Figura 10 Uscita di un invertitore PWM FigurFigura 11 Invertitore monofase tipo PWM 3 Vedi Capitolo Approfondimenti IL TRANSISTOR - IGBT 8

9 Invertitore trifase In questo caso il controllo va effettuato su ogni ramo dell'inverter, e per un inverter trifase si utilizzano tre modulanti sfasate tra loro di 120º, in modo da ottenere tre sinusoidi, come in figura 12, sfasate di 120 (sistema trifase). Un campo classico di utilizzo dei raddrizzatori e inverter è quello degli azionamento delle macchine elettriche, degli alimentatori, dei Figura 12 Inverter trifase tipo PWM gruppi statici di continuià o UPS (Uninterruptible Power Supply) 4 e in particolare nella conversione c.c.-c.a. nel campo degli impianti eolici e fotovoltaici. 4 Vedi capitolo Approfondimenti - UPS 9

10 Segue in figura 13 uno schema funzionale di un inverter monofase della Power-one per fotovoltaico. Figura 13 Schema a blocchi di un inverter fotovoltaico monofase con 2 MPPT 10

11 Approfondimenti Il Diodo Dal punto di vista fisico-strutturale, il diodo è costituito da una giunzione "p-n", ovvero da un semiconduttore contenente, adiacenti l'una all'altra, due regioni, drogate una con impurità di tipo "p" ed una con impurità di tipo "n". Se polarizzato direttamente, cioè con una tensione che ha il positivo sulla zona drogata "p" (chiamato anodo) ed il negativo sulla zona drogata "n" (Catodo) conduce (si comporta come un interruttore chiuso), nel caso opposto non conduce (si comporta come un interruttore aperto). Il diodo è un componente elettronico a due terminali, uno chiamato ANODO e uno CATODO (Fig.14). Il suo simbolo è il seguente: Figura 15 Caratteristica I-V del diodo Figura 14 simbolo e identificazione del diodo Il CATODO in pratica viene identificato sul corpo del diodo con una striscia nera su corpo chiaro o viceversa. Il diodo conduce, cioè lascia passare la corrente elettrica, in un solo senso; più precisamente quando il terminale ANODO è a potenziale elettrico più positivo del CATODO di almeno 0,6V. L'andamento della corrente che scorre in un diodo in funzione della tensione è del tipo (vedi figura14): Si osserva che per tensioni inferiori a 0,6V la corrente è praticamente nulla mentre diventa molto alta (dell'ordine di A) quando la tensione fra anodo e catodo raggiunge e supera gli 0,8V. È da ritenere che la tensione massima di un diodo al silicio in conduzione non possa mai superare gli 0,85 0,9 V altrimenti la giunzione si fonderebbe per l'eccessiva corrente. Il Diodo Controllato Il tiristore (vedi figura 16) è un semi-conduttore controllato composto da quattro strati alternati:p-n-p-n. Sono presenti tre morsetti: A =anodo; C =catodo; G = gate (porta) È un dispositivo raddrizzatore e/o di commutazione di potenza che può assumere, su comando tramite "gate": La conduzione è possibile solo se l'anodo è ad una tensione più positiva del catodo e arriva il comando sul gate. Il tiristore si blocca quando la corrente che lo attraversa si annulla (VAC<0). L'energia di accensione da fornire sulla porta non è collegata alla corrente da commutare e non è necessario mantenere una corrente nella porta durante la conduzione del tiristore. Figura 16 Simbolo e schema costruttivo ed elettrico del diodo controllato (tiristore) La caratteristica I-V del tiristore è mostrata nella figura

12 a) Quando l anodo è positivo rispetto al catodo, il tiristore ha due stati stabili di funzionamento. Il passaggio da una curva all altra avviene perchè si inietta corrente di controllo attraverso il gate (sbloccaggio). b) Lo sbloccaggio può avvenire anche con impulsi di tensione Vg (4 8V) purchè diano luogo ad impulsi di corrente compresi fra mA per qualche millisecondo. Le principali applicazioni di questo componente sono i Chopper per motori in dc, oppure l inverter per gli UPS (Uninterruptible Power Source). Figura 17 Caratteristica I-V del tiristore Il Transistor o Bjt Bjt significa transistor bipolare a giunzione. Giunzione poichè è un ulteriore sviluppo della giunzione PN dei comuni diodi, si tratta ora di una doppia giunzione, che può essere N-P-N o P-N- P, vedi figura 18. Figura 18 Transistor o Bjt I tre piedini del transistor vengono chiamati Emettitore, Base, Collettore. In poche parole rispetto al diodo normale, dispone di un ulteriore polo, quindi diventa una giunzione a tre strati PNP oppure NPN. La configurazione più utilizzata è la NPN, poichè permette di lavorare con correnti alla Base positive. Si può immaginare la composizione del Bjt simulata attraverso comuni diodi. Le giunzioni presenti all'interno del transistor agiscono infatti esattamente come diodi: per polarizzare correttamente il diodo fra C e B nel caso NPN, servirà una tensione in Base superiore a 0,7V rispetto alla tensione sul Collettore. Gli 0,7V sono la tensione di soglia neccessaria per attivare una comune giunzione PN e renderla conduttrice. Allo stesso modo, applicando all'emettitore una tensione di 0,7 volt inferiore rispetto alla Base, si polarizza il diodo tra B ed E. Nel caso PNP avviene semplicemente l'opposto. Prima di tutto memorizziamo il simbolo del BJT: la freccia nel simbolo indica l'unico verso in cui può scorrere la corrente durante il suo funzionamento, come potete constatare anche notando la direzione della corrente Ie e la corrente Ic in figura 18. In figura 19 a) è riportata la rappresentazione circuitale schematica di un transistore col carico sul collettore. Poichè il transistor è un elemento di "commutazione", il circuito semplificato in fase di conduzione è quello di figura 19 b) (on) e in fase di interdizione (off) il circuito è quello di figura 19 c). Al transistore di commutazione è richiesto di avere due stati stabili (ON e OFF), operando sulla base si passa da uno all altro con un transitorio di brevissima durata. Figura 19 Simbolo e schema del transistor 12

13 Il transistore si porta nello stato ON solamente in corrispondenza della presenza del relativo segnale sulla base (IB > 0 ON) o per segnali sulla base assenti o negativi permane in OFF (IB 0 OFF). Oltre ai transistor di tipo bipolare (BJT) si possono impiegare i transistor unipolari ad effetto di campo (MOSFET: Metal Oxide Semiconductor Field Effect Transistor), che rispetto ai primi presentano maggiore semplicità costruttiva e maggiore rapidità di commutazione ON-OFF. Si possono avere anche transistor di potenza (IGBT). Questi sono comandati da una tensione applicata ad un elettrodo chiamata griglia o «gate» isolata dal circuito di potenza, da cui il nome «Insulated Gate Bipolar Transistor». Viene utilizzato come interruttore ON/OFF per correnti elevate. Questo componente infatti richiede delle energie minime per far circolare delle correnti elevate. Le sue caratteristiche tensione corrente sono simili a quelle dei transistori bipolari, ma le sue prestazioni in energia di comando e frequenza di commutazione sono nettamente superiori a tutti gli altri semi-conduttori. I transistor (IGBT) di commutazione possono arrivare a 500A, ma con tensioni al massimo di qualche centinaio di volt. I gruppi statici di continuità o UPS Il gruppo statico di continuià o UPS (Uninterruptible Power Supply) è un'apparecchiatura utilizzata per mantenere costantemente alimentati elettricamente in corrente alternata apparecchi elettrici. Si rivela necessario laddove le apparecchiature elettriche non possono in nessun caso rimanere senza corrente (ad esempio in luoghi pubblici come ospedali, centrali ecc..) evitando di creare un disservizio più o meno grave. Tecnologia costruttiva È un apparecchio costituito da almeno tre parti principali: un primo convertitore alternata/continua che, grazie a un raddrizzatore e a un filtro, converte la tensione alternata della rete elettrica in tensione continua; una batteria o più batterie di accumulatori in cui viene immagazzinata l'energia fornita dal primo convertitore; un secondo convertitore continua/alternata (invertitore) che Figura 20 UPS per uso domestico prelevando energia dal raddrizzatore o dalle batterie in caso di mancanza di rete elettrica, fornisce corrente al carico collegato. Esistono gruppi di continuità di varie potenze, a partire dai piccoli apparecchi per uso casalingo (300/400 watt), tipicamente usati per alimentare personal computer, fino ad apparecchiature industriali da varie centinaia di kilowatt. Sono in produzione anche Figura 21 Componenti funzionali del modulo UPS UPS alimentati a media tensione, in container autonomi contenenti anche le batterie, per potenze di alcune decine di megawatt, in grado di sostenere fabbriche intere fino all'avviamento di un gruppo elettrogeno diesel. Un gruppo di continuità semplice (tralasciando la parte raddrizzatore e batterie), consiste in un inverter in cui un oscillatorea onda quadra genera il segnale che poi amplificato da una batteria di transistor alimentati dalla tensione continua rende la potenza necessaria attraverso un trasformatore per il necessario innalzamento in tensione. Gruppi di continuità avanzati hanno cominciato a usare componentistica più moderna, come gli IGBT, i MOSFET, o altri ancora, al fine di ottenere un'efficienza superiore. 13

14 Tutti i gruppi di continuità che non generano un'onda perfettamente sinusoidale fanno sì che certi carichi, come i motori elettrici (ventilatori, per esempio), operino in maniera meno efficiente. Gruppi di continuità più sofisticati usano la tecnica detta modulazione di larghezza di impulso (in inglese Pulse Width Modulation o PWM) con unaportante ad alta frequenza: ciò permette di approssimare più da vicino una funzione sinusoidale. Negli UPS di qualità, l'onda sinusoidale in uscita può essere addirittura migliore di quella fornita in ingresso. Alimentazione L'alimentazione del gruppo di continuità è data da una o più batterie, normalmente al piombo. Per gruppi di continuità piccoli si usa una tensione di 12 volt, mentre con il crescere della potenza del gruppo di continuità il fabbricante richiede che si usino tensioni sempre maggiori, spesso multiple di 12. Si può arrivare e superare anche a serie di 20 batterie, equivalenti ad una tensione di 240 e più volt. Il numero di batterie quindi aumenta all'aumentare della potenza richiesta in uscita e al tempo per cui dovrà erogarla. Per avere autonomie più lunghe bisogna disporre di più serie di batterie in parallelo, in maniera da aumentare la capacità di immagazzinamento di energia. Le batterie che si usano con i gruppi di continuità sono le cosiddette batterie a ciclo profondo, che, a differenza delle batterie al piombo comuni, sopportano molti cicli di scarica profondi. All'installazione di un gruppo di continuità bisogna quindi corredarlo del numero di batterie adeguato per coprire la necessità di potenza e tempo. Bisogna inoltre assicurarsi che i periodi in cui le batterie si ricaricano siano sufficientemente lunghi da permettere loro di reimmagazzinare l'energia necessaria. Carica delle batterie Molti gruppi di continuità sono corredati dal circuito che carica le batterie. Tale circuito fornisce alle batterie una tensione sui 13,6 volt per monoblocco (monoblocco = batteria) con un amperaggio che dev'essere limitato al 10-20% della capacità della batteria montata; per esempio, montando una serie di batterie da 150 Ah (Ampere ora) dovremmo ricaricarla con un amperaggio compreso tra 15 e 30 A. I circuiti di ricarica sono progettati in modo tale da ridurre la corrente a valori di mantenimento quando rilevano che la batteria è carica. In alcuni modelli di UPS la carica avviene in modo ancor più intelligente, regolando la tensione in base alla temperatura delle batterie, oppure sottoponendo le batterie a continui cicli di carica e di rilassamento. Tutto questo al fine di migliorare il rendimento e la durata degli accumulatori. Funzionamento Esistono due principali categorie di UPS: gli on-line e gli off-line. I gruppi di continuità on-line al momento del black-out prelevano sempre energia dagli accumulatori ricaricandoli costantemente con la fonte di corrente principale continuando a fornire tensione in uscita in modo assolutamente continuativo e trasparente al carico. Questo tipo di gruppi di continuità è il migliore e spesso è anche il più costoso. Gli UPS in grado di erogare potenze superiori a 2, 3 kilowatt sono quasi tutti di questo tipo. I gruppi di continuità off-line hanno un comportamento lievemente diverso in quanto iniziano a sintetizzare l'onda solo qualche millisecondo dopo il black-out, creando quindi un piccolo "buco", della durata di pochi millisecondi, di tensione in uscita durante il quale il carico non viene alimentato. Per ovviare a questo problema vengono utilizzati dei condensatori in uscita, non sempre però sufficienti a mantenere l'alimentazione del carico. Questo tipo di UPS è più economico, più facile da costruire, spesso impiegato per alimentare singoli computer o comunque utenze non troppo delicate. Spesso gli UPS di piccola taglia sono di questo tipo. All'interno degli UPS per generare la corrente alternata vengono usati gli inverter che prelevano l'energia dalle batterie. Spesso e volentieri generano l'onda sinusoidale modificata, simile a quella originale ma a gradini, che ha la stessa area della sinusoidale pura e quindi la stessa energia. Dopo l'inverter il segnale viene passato a dei filtri che gli smussano gli angoli facendola assomigliare maggiormente a una sinusoide. Spesso e volentieri 14

15 gli UPS hanno due tipi di prese. Un gruppo collegato alle batterie (e all'inverter) e un gruppo di prese collegate solo ai filtri, in caso di mancanza di corrente quest'ultimo gruppo smette di erogare corrente. Potenza I gruppi di continuità possono sostenere solo carichi limitati. La potenza massima che possono sostenere viene indicata in vari modi: watt voltampere (VA) volt-ampere Informatici (VAI) Dove il valore più corretto per valutare la reale capacità del gruppo è il primo (watt). Il secondo valore (VA) può essere utile a descrivere la capacità del gruppo ma è più soggetto a manipolazione da parte del costruttore del dispositivo per mascherare la reale (scarsa) potenza del gruppo. In realtà i costruttori di UPS, ci forniscono il valore del cosφ di uscita dell'ups, che abbinato a altri dati è in grado di fornirci la reale potenza del Gruppo. Esempio: 5 kva di potenza a cosφ 0,8 (il più classico), realmente ci possono fornire 4000 Watt di potenza reale, che poi a seconda di quanto il carico è sfasato rispetto alla sinusoide di uscita può ulteriormente declassarsi, quindi avremo realmente anche una corrente disponibile minore. Si ricorda che il cosφ che viene dichiarato è considerato induttivo. Il terzo valore (VAI) ed ogni altro metodo di fantasia vengono utilizzati esplicitamente per mascherare la reale potenza del gruppo di continuità e farla apparire maggiore di quella reale. Ad esempio il VAI è tipicamente il doppio del VA che è a sua volta tipicamente il doppio della potenza effettiva in watt. Dato che la capacità di un gruppo di continuità in termini di VA e VAI può essere calcolata in diverse maniere, possiamo avere due gruppi con potenza dichiarata di 1500 VAI ma potenza reale molto differente; in linea generale, un gruppo da 400 watt è più potente di uno da 1500 VAI. Il voltampere viene indicato nei gruppi di continuità, non perché si vuole mascherare la reale potenza dello stesso, ma perché la potenza varia a seconda del carico che andremmo a mettere. Cioè, se abbiamo un gruppo UPS di 1 kva (1000 VA) significa che avremmo in uscita 1kW (1000W) se il carico che andremmo ad applicare non crea nessun sfasamento sinusoidale, ciò significa che il cosφ è pari a 1. Quindi la potenza effettiva dipende dal carico, induttivo o resistivo. Infatti per calcolare la potenza in uno stadio alternata si usa la seguente formula: P=E I cosϕ Dove la E indica la tensione del generatore [V], I la corrente [A] e cosϕ è lo sfasamento (che i costruttori di gruppi di continuità non possono mai sapere cosa andremmo a mettere come carico). Lo stesso valore (VA) viene dato anche per indicare la potenza dei gruppi elettrogeni, trasformatori, ecc. 15

16 SOMMARIO I CONVERTITORI C.A.-C.C. (RADDRIZZATORI) 2 PREMESSA 2 RADDRIZZATORE AD UNA SEMIONDA 2 RADDRIZZATORE A DOPPIA SEMIONDA 2 RADDRIZZATORE A PONTE DI DIODI (PONTE DI GRAETZ) 3 RADDRIZZATORE TRIFASE SEMPLICE 6 RADDRIZZATORE TRIFASE A PONTE DI GRAETZ 6 RADDRIZZATORE SEMPLICE CONTROLLATO 7 RADDRIZZATORE DOPPIO CONTROLLATO 7 PONTE CONTROLLATO TRIFASE 8 I CONVERTITORI C.C.-C.A. (INVERTITORI) 8 INVERTITORE MONOFASE 8 INVERTITORE TRIFASE 9 APPROFONDIMENTI 11 IL DIODO 11 IL DIODO CONTROLLATO 11 IL TRANSISTOR O BJT 12 I GRUPPI STATICI DI CONTINUITÀ O UPS 13 Bibliografia: Raddrizzatore - Tomasso Raddrizzatore - Wikipedia I convertitori - Mapelli I convertitori - Kari Elettronica di potenza - Alessandrini I convertitori statici - Taponecco I convertitori di potenza - Di Napoli I diodi raddrizzatori - Crappella 16

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