CONFERENZA DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO NAZIONALE DELL ECONOMIA E DEL LAVORO PROF. ANTONIO MARZANO IL BREVE E IL LUNGO PERIODO: IL RUOLO DELLE RIFORME

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1 CONFERENZA DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO NAZIONALE DELL ECONOMIA E DEL LAVORO PROF. ANTONIO MARZANO IL BREVE E IL LUNGO PERIODO: IL RUOLO DELLE RIFORME SCUOLA DI PERFEZIONAMENTO PER LE FORZE DI POLIZIA Roma, 18 novembre 2010

2 Avverto, per maggiore chiarezza, che nella mia esposizione, userò alcune parole chiave : breve periodo, lungo periodo, economia chiusa, economia aperta, politiche della domanda, politiche della competitività 1. Il breve e il lungo periodo in economia. In economia il breve e il lungo periodo non sono definiti in relazione a un intervallo di tempo, ma in relazione al fatto se i fattori produttivi si considerano dati oppure possono variare. Per definizione il breve periodo è una situazione dell economia in cui sono dati tutti i fattori della produzione, ossia sono dati il numero di lavoratori, l ammontare di capitale e di terra, la capacità imprenditoriale e la tecnologia (non c è progresso tecnico). Al contrario il lungo periodo è un periodo di tempo sufficientemente lungo in cui la dotazione di fattori produttivi può cambiare. Quindi nel lungo periodo può variare il numero dei lavoratori, la dotazione di capitale fisico e immateriale e può cambiare la tecnologia per mezzo del progresso tecnico. Se nel breve periodo l ammontare dei fattori produttivi è un dato, si potrebbe dedurre che il livello del reddito prodotto non può cambiare e che l economia presenta un andamento stazionario. Invece si osservano delle fluttuazioni del livello del reddito anche nel breve periodo. 2. Strumenti nel breve periodo in un economia chiusa: le politiche della domanda. Keynes ha spiegato il ciclo di breve periodo osservando che, pur essendo dato il numero di lavoratori disponibili, anche nel breve periodo può variare il numero di lavoratori occupati, ossia il numero di lavoratori effettivamente coinvolto nei processi produttivi. Ciò si verifica perché anche nel breve periodo può cambiare il livello della domanda dei beni o perché le 1

3 imprese variano l ammontare degli investimenti o perché le famiglie variano il livello dei consumi. Quindi - conclude Keynes - le fluttuazioni della domanda aggregata determinano le fluttuazioni del reddito e dell occupazione nel breve periodo. Le imprese, che si accorgono di una diminuzione della domanda aggregata osservando l aumento delle scorte di magazzino, reagiscono riducendo la produzione e quindi l occupazione e il reddito, mentre se si accorgono di un aumento della domanda aggregata attraverso una diminuzione delle scorte aumentano la produzione e per questa via il livello dell occupazione e del reddito. Ne consegue che nel breve periodo gli strumenti di politica economica sono politiche dal lato della domanda. Ad esempio si può sostenere la domanda aggregata per conseguire più elevati livelli di occupazione e di reddito oppure nelle situazioni in cui i consumi delle famiglie e gli investimenti delle imprese non sono sufficienti a garantire un desiderato livello dell occupazione e del reddito. Oppure occorre intervenire riducendo la domanda aggregata nelle situazioni in cui questa diventa eccessiva rispetto alla capacità produttiva delle imprese ad esempio a causa di una politica monetaria espansiva provocando inflazione. In breve contro l inflazione si contiene la domanda aggregata, contro la disoccupazione e la depressione si sostiene la domanda aggregata. Per sostenere la domanda aggregata ci sono parecchi strumenti disponibili. In questo momento negli Stati Uniti si sta facendo una politica monetaria espansiva e ci sono alcuni economisti che temono che tale politica possa portare ad un aumento dell inflazione. Keynes proponeva una politica fiscale espansiva che consiste nell aumento della spesa pubblica congiuntamente o in alternativa alla diminuzione delle imposte. Nel primo caso si aumentano i consumi e gli investimenti pubblici e nel secondo caso si aumenta il reddito disponibile delle famiglie per favorire un aumento dei consumi privati. In entrambi i casi aumenta il deficit dello Stato. Keynes 2

4 sosteneva, in relazione alla crisi del 1929, che nelle politiche di deficit spending non fosse importante quale tipo di spesa finanziare, quanto piuttosto la tempestività della decisione di spesa, per evitare che gli stimoli alla domanda aggregata per via fiscale giungessero troppo tardi. Con una battuta affermava che ogni fumata di pipa di Mr. Baldwin - l allora premier inglese - costava disoccupazione. Keynes avanza la proposta di intervenire con politiche della domanda in un contesto di economica chiusa, in cui gli scambi con l estero sono assenti o comunque limitati, ad esempio perché sono imposti dazi o contingentamenti delle quantità delle merci importate, ricorrendo ad apposite politiche protezionistiche. 3. Politiche della domanda e politiche della competitività in un economia aperta. Al contrario in un economia aperta si ragiona sotto l ipotesi di libertà degli scambi commerciali. Tra i Paesi aderenti al WTO (World Trade Organization) sussiste il divieto di mettere barriere agli scambi commerciali. Ovviamente qualche limitazione agli scambi tra le economie sussiste tuttora, a volte si tratta di limitazioni su specifiche merci su cui non sono stati ancora raggiunti accordi di limitazione o eliminazione di dazi o contingentamenti, a volte si tratta di barriere surrettizie presentate formalmente come esigenza di standard di qualità. La questione diventa quindi se in un economia aperta la politica della domanda è sempre efficace per aumentare l occupazione e il reddito. Che effetti hanno in un economia aperta politiche quali gli incentivi alla rottamazione delle automobili o degli elettrodomestici, l aumento della spesa pubblica oppure l aumento della spesa privata attraverso le detrazioni fiscali alle famiglie? 3

5 In un economia aperta la domanda può essere soddisfatta sia da imprese nazionali sia da imprese estere. In breve le politiche della domanda saranno efficaci per aumentare l occupazione e il reddito nazionale nella misura in cui le imprese nazionali sono competitive, altrimenti la domanda sarà soddisfatta da imprese estere che, se più competitive, saranno in grado di offrire merci e servizi a prezzi più bassi e/o di qualità più alta. Il vantaggio di un economa aperta è che è più semplice contenere le pressioni inflazionistiche, in quanto una famiglia o un impresa nazionale può acquistare una merce in Italia o all estero. Tuttavia in un economia aperta le politiche della domanda non possono essere mai disgiunte alle politiche per la competitività, che sono delle tipiche politiche di lungo periodo, in quanto sono finalizzate ad aumentare e migliorare la disponibilità e la qualità di tutti i fattori produttivi, nonché la tecnologia. Il legame tra politiche della domanda e politiche della competitività è vero per tutti i paesi in economia aperta, ma in particolare per paesi come l Italia che non dispongono di materie prime, che possono essere comprate all estero solo se si dispongono delle risorse ottenute con la vendita all estero di prodotti nazionali. Il vero miracolo economico dell Italia degli anni 50 e 60 è consistito proprio in questo: essere riusciti a diventare una delle prime economie del mondo anche senza materie prime ma grazie alla capacità di raggiungere elevati livelli di competitività. A dire il vero una risorsa naturale l Italia ce l ha: il patrimonio culturale, quello artistico, ma anche il patrimonio paesaggistico con alcune aree naturali di famosa bellezza. Si tratta di un patrimonio prodotto dalla natura o prodotto dalle passate generazioni di Italiani che oggi è il presupposto dei flussi turistici che contribuiscono in modo sensibile al nostro prodotto interno lordo. 4

6 4. Strumenti nel lungo periodo: riforme di struttura. 4.1 Ricerca e sviluppo. Per aumentare la competitività nel lungo periodo è necessario in primo luogo favorire il progresso tecnico, che si consegue con le attività di ricerca e sviluppo. Una prima politica è la leva fiscale, ossia la detassazione delle spese per ricerca e sviluppo sostenute dalle imprese. Le università dovrebbero inoltre essere spinte a specializzarsi e mettersi in rete tra loro e con le imprese in modo analogo alle reti di impresa dei distretti industriali in modo da affrontare meglio le questioni più rilevanti per la competitività delle imprese. 4.2 La concorrenza. Le politiche per la concorrenza sono un secondo esempio di politiche per la competitività. In un assetto concorrenziale prevalgono le aziende più competitive ed escono dal mercato le aziende che lo sono meno, che offrono beni e servizi a prezzi più alti o di qualità minore. Ad esempio in qualità di Ministro delle Attività Produttive ho cercato di favorire la concorrenza nel settore dell energia con il cosiddetto decreto sblocca centrali, che aveva l obiettivo di aumentare la capacità produttiva, grazie all accesso sul mercato di nuovi operatori, mentre la legislazione preesistente in tema di concorrenza nel settore energetico era più finalizzata a ridistribuire tra gli operatori la capacità produttiva esistente. In altri settori dell economia nazionale non c è ancora abbastanza concorrenza, come ad esempio nei servizi pubblici soprattutto a livello locale. 4.3 La contrattazione decentrata. Anche la contrattazione salariale deve essere orientata all efficienza, in particolare premiando il merito. Con questo principio si può migliorare in particolare l efficienza della Pubblica Amministrazione. 5

7 Il merito e la premialità sono criteri adeguati per riformare il sistema della contrattazione sindacale e tali obiettivi si possono conseguire meglio con la contrattazione decentrata. La contrattazione nazionale è adeguata per definire un quadro di regole di riferimento comuni e i livelli retributivi minimi, ma la produttività si premia più adeguatamente a livello decentrato: laddove si possono introdurre le innovazioni di processo, prodotto e organizzative che portano all incremento della produttività, le innovazioni si possono favorire con premi e forme di salario di produttività. Personalmente sono favorevole anche a forme di partecipazione agli utili da parte dei lavoratori, perché è uno strumento che favorisce la produttività. 4.4 Lotta agli sprechi e riduzioni fiscali. La riforma della spesa pubblica è un altro tema centrale. Nel bilancio dello Stato ci sono molti sprechi. Ad esempio, non è detto che un provvedimento approvato anni fa ed al tempo utile o necessario, sia ancora giustificato. Per i Governi è più semplice ridurre la spesa pubblica per mezzo di tagli lineari, perché non pone loro il problema di selezionare le priorità di spesa e quindi di confrontarsi con quanti erano beneficiari delle voci di spesa ritenute non prioritarie. Ma il taglio mirato di voci di spesa divenute improduttive o non più prioritarie libera risorse finanziarie per provvedimenti prioritari o per la riduzione delle imposte ad imprese o famiglie. Un altra via per il recupero di risorse necessarie per le politiche valutate come prioritarie è la lotta all evasione fiscale. E comunque un punto fermo che le politiche della competitività si basano su una società orientata alla conoscenza e al merito, ma non sono incompatibili con un welfare che intervenga per sostenere persone che rimangono indietro per ragioni oggettive. 6

8 4.5 Semplificazioni burocratiche. Un altra importante politica per la competitività è quello delle semplificazioni burocratiche. Anche a questo riguardo, possono essersi accumulate regolamentazioni delle attività economiche che potevano avere serie ragioni di tutela di interessi pubblici nel momento in cui furono introdotte. Tuttavia nel tempo si è verificata una stratificazione di norme che hanno portato a complicazioni burocratiche delle attività di impresa che, come è stato recentemente calcolato, costano al sistema delle imprese 2 miliardi e 700 milioni di euro all anno. Gli oneri burocratici pesano maggiormente sulle piccole e medie imprese, che non dispongono delle strutture di back office delle grandi imprese. Avanzare proposte di semplificazione non è agevole, perché laddove un regolamento prevede un nulla osta o un autorizzazione si crea un centro decisionale che esercita un potere di influenza. Allo stesso tempo, però le semplificazioni sono provvedimenti che non costano allo Stato ed anzi, rendendo l attività di impresa più libera, consentono alle imprese un maggiore sviluppo e quindi in prospettiva un maggiore gettito fiscale. Ovviamente si deve procedere ad una deregolamentazione mirata che adegui la regolamentazione esistente alle effettive esigenze di tutela di interessi pubblici eliminando adempimenti puramente formali o non più necessari. 4.6 Infrastrutture, trasporti, energia. Un prodotto che esce competitivo dalla fabbrica può diventare non competitivo per l inefficienza di trasporti, della logistica, delle infrastrutture che nel tragitto dalla fabbrica al mercato ne fanno aumentare il prezzo al di sopra del prezzo dei concorrenti. Inefficienze in questo campo possono portare a ritardi nella consegna delle merci rendendole così non competitive. Ovvero, aumenti dei costi di produzione possono derivare da una rete di 7

9 collegamento, per il trasporto di materie prime o semilavorati, a sua volta inefficiente. Come posizione geografica il nostro Paese ha la possibilità di diventare una impostante base logistica per i flussi di traffico tra Asia ed Europa, e Africa ed Europa, a patto che abbia un sistema portuale efficiente. Un paese può non essere competitivo anche perché l energia costa troppo. Questo è un tema particolarmente rilevante per l Italia, paese privo di materie prime. Si può migliorare la competitività energetica del paese con la diversificazione delle fonti di produzione dell energia includendo anche il nucleare. E ovvio che occorre garantire alle popolazioni che ospitano centrali di produzione di energia gli standard più alti di sicurezza. Inoltre si può venire incontro alle loro specifiche esigenze di sviluppo con una ottica di scambio e quindi offrendo compensazioni. 4.7 Politiche di efficienza delle città. E un tema che ho sviluppato in qualità di Presidente della Commissione per il futuro di Roma Capitale. Le nostre città possono diventare veri e propri distretti produttivi e sociali. L efficienza delle città va vista non solo come tema di qualità della vita, ma anche come strumento di politica industriale. 4.8 I giovani Senza i giovani che si sentano impegnati in un progetto non c è futuro. Nelle nostre città dobbiamo creare luoghi e occasioni di aggregazione attorno allo sport, alla musica, alla cultura e dobbiamo spingerli a conoscere la città in cui vivono. Non dobbiamo lasciarli nell illusione che la padronanza di internet significhi conoscere la realtà. 8

10 4.9 Reputazione, illegalità, immagine all estero, società civile. Gli economisti nelle loro analisi spesso danno per scontato il tema della reputazione. Questa, in primo luogo, significa rispetto delle leggi. Senza reputazione non c è lo scambio, che avviene solo se tra le parti c è fiducia. Fin dall origine dei tempi alla base dello scambio c è la fiducia reciproca e una componente fondamentale per la fiducia è la reputazione. Le forze di polizia, alle quali sto rivolgendo queste mie considerazioni, devono avvertire l importanza fondamentale delle loro azioni, e la classe politica dovrebbe valorizzarle. L illegalità altera anche la concorrenza, che è una gara tra imprese nel rispetto delle regole per vendere un servizio o un prodotto. Ma se la gara viene vinta esercitando pressioni di tipo illecito, si hanno effetti più gravi di quelli che si hanno in presenza di concentrazioni monopolistiche. Ovunque ci siano delle concentrazioni di potere non costituzionale ma illegale, si può essere sicuri che non si sviluppa la concorrenza. Questo è uno dei punti cruciali anche per la competitività. Uno dei motivi per cui le imprese estere non fanno volentieri investimenti in alcune zone del paese è per evitare di fare i conti con l illegalità. Si hanno effetti simili a quelli che si osservano in quei paesi in cui non c è libertà economica, ma regimi che controllano e pianificano la produzione. L illegalità può assumere forme diverse. Ad esempio, come Ministro delle Attività Produttive ho istituito 12 Corti dedicate esclusivamente alla lotta alla contraffazione e ho promosso il codice della proprietà industriale, che ha l obiettivo di proteggere le idee e i brevetti dalla contraffazione. Quando un impresa italiana va all estero e i suoi prodotti sono bene accolti, si rafforza l immagine del paese. E un dovere di tutti lavorare in questa direzione, perché il nostro non è un Paese come un altro. Abbiamo una storia straordinaria, gli uomini che sono entrati nella storia scientifica, artistica, culturale mondiale provenendo dall Italia sono tantissimi. 9

11 Siamo riusciti a diventare la seconda economia manifatturiera d Europa dopo la Germania senza materie prime, e grazie alla creatività, allo spirito di impresa che ha portato molti operai a diventare imprenditori, e grazie allo spirito di sacrificio dei lavoratori e delle famiglie risparmiatrici. Nelle missioni internazionali l Italia è accolta meglio di altri paesi perché è ammirata la creatività delle nostre imprese, e perché non è temuto il rischio di ingerenza ed influenza nelle questioni politiche interne. E la via giusta per rafforzare la reputazione italiana. Non sempre questa esigenza è avvertita dai media che tendono a presentare l Italia con un immagine parziale, senza accompagnare il necessario rilievo degli aspetti negativi con il richiamo simultaneo di quelli positivi. Un esempio di questi, che caratterizza la società italiana è l impegno della società civile, anche attraverso il fenomeno del volontariato. La crisi economica e finanziaria sta diventando crisi politica in diversi paesi. Quando i paesi sono in difficoltà cresce il ruolo della società civile, che può contribuire a stimolare il confronto democratico su temi e progetti, piuttosto che su polemiche personali. Istituzioni come il CNEL e i Comitati Economici e Sociali, che ormai sono presenti in più di sessanta paesi, possono contribuire a individuare percorsi e soluzioni: oltretutto, garantendo un confronto trasparente in alternativa all azione delle lobby. E proprio con tale spirito di confronto su idee e progetti per individuare soluzioni, che i Consigli Economici e Sociali dell area euromediterranea stanno costituendo l Assemblea della società civile euromediterranea, come contributo al superamento delle crisi politiche che si vanno prospettando lungo la costa africana. 10

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