4.2 LA MONTAGNA NEL TURISMO ITALIANO 1

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1 XVII Rapporto sul turismo italiano LA MONTAGNA NEL TURISMO ITALIANO 1 1. L offerta turistica alpina 1.1 La montagna, la vacanza e i fattori evolutivi La montagna come destinazione di vacanza ha interessato nel 2010 quasi un italiano su sei, raccogliendo, secondo la tradizionale indagine dell ISTAT sui viaggi e le vacanze degli italiani, il 17,1 % delle preferenze, una incidenza ben lontana dal 47% del mare (ISTAT 2010). Rispetto al 2005, quando veniva registrato un 20,5%, a fronte di una sostanziale stabilità della vacanza balneare, tale incidenza si è ridotta sensibilmente (ISTAT 2005). Graf. 1 - La montagna nelle vacanze degli italiani (incidenza percentuale) 18,8 20,1 17, Fonte Istat 2001, 2006, 2011 Anche se nell ultimo quinquennio tre punti percentuali non sono pochi, interpretare questi dati come una tendenza al declino della montagna come destinazione turistica, è comunque azzardato. È certamente vero e lo si è frequentemente rilevato che nel corso dell ultimo ventennio le destinazioni turistiche montane sono state oggetto, più di altre località, di una forte pressione da parte di fattori esogeni ed endogeni, che hanno indotto prospettive di cambiamento nella struttura dell offerta (Macchiavelli 2006) 2, non sempre accolte, per mancanza di visione strategica o talvolta per insufficiente capacità di investimento, dagli stessi operatori. Ma è anche vero che alcuni di questi fattori sono ormai entrati nell orizzonte dell operatività quotidiana e, se 1 A cura di Andrea Machiavelli, Università di Bergamo 2 Su esplicita richiesta dell autore, in questo capitolo le note sono all interno del testo

2 500 La montagna nel turismo italiano pur lentamente inducono orientamenti e forme di business nuove, che, come vedremo, cominciano a dare segnali di interesse in una domanda che è sempre più sensibile alle novità. È quindi più realistico considerare la montagna come una destinazione turistica matura, sostanzialmente stabile nelle preferenze del mercato (ONT 2009), per la quale è difficile prevedere sia una ripresa vigorosa, che un declino improvviso. Alcuni dei fattori esogeni che ne hanno condizionato l andamento in questi ultimi decenni hanno un impatto lento, che opera sul lungo periodo e talvolta evidenziano effetti di ritorno che inducono a pensare che il trend annunciato non sia poi così irreversibile. È il caso del cambiamento climatico, ad esempio, tanto analizzato e discusso nell ultimo decennio. Dopo qualche anno di scarsità di neve ( e ) che aveva fatto temere un declino irreversibile di alcune stazioni sciistiche a bassa quota, vi sono stati alcuni anni di buon innevamento che hanno riportato sul mercato anche piccole stazioni che solo qualche anno fa avremmo considerato senza prospettive. Ma il riscaldamento del clima è pur sempre un fatto oggettivo, definito da un aumento medio delle temperature valutato in Trentino negli ultimi 100 anni attorno a +0,6 C ±0,16 C. E per le località di montagna di media e bassa altitudine questo significa comunque una riduzione della stagione sciistica e, per contro, un possibile incremento della domanda nella stagione più calda; parimenti, gli anni di scarsità di neve hanno indotto la maggior parte delle stazioni ad attrezzarsi con impianti di innevamento artificiale, la cui ampia dotazione oggi consente di garantire un offerta sciistica comunque più stabile e continuativa. E comunque un fatto oggettivo l avvenuta uscita dal mercato di alcune piccole stazioni che oggi non avrebbero più le condizioni per essere competitive. La scarsità di spazio per l ampliamento delle aree sciabili è un altro fattore che caratterizza stabilmente l offerta alpina, anche in ragione della stazionarietà del mercato. In alcuni paesi (Austria, Svizzera) la limitazione all ampliamento delle aree sciabili è un fatto ormai irreversibile; in altri, come nel nostro caso, è piuttosto un tema oggetto di discussione e di contrattualità a livello locale. Ma con uno sguardo meno localistico, appare chiaro a tutti che le condizioni per prevedere ampliamenti consistenti delle aree sciabili non ci sono più, anche in forza di una domanda di qualità ambientale che è oggettivamente crescente. Anche l invecchiamento della popolazione costituisce un fattore di cambiamento della domanda, soprattutto in inverno quando le motivazioni tradizionali della vacanza in montagna erano esclusivamente legate alla pratica dello sci alpino. Se ciò non determina automaticamente una contrazione della domanda, implica però modalità diverse di comportamento da parte dei frequentatori, che esigono attrezzature e condizioni diverse di offerta; basti pensare a quanto sono diventati importanti in questi anni nelle località alpine i centri benessere, oppure quanto sono cresciute le attività escursionistiche con le ciaspole, un modo dolce di fruire della neve. Ma la causa principale della contrazione della domanda nelle località alpine sta nella concorrenza delle altre destinazioni. Se un tempo la montagna in estate rappresentava l unica alternativa (o spesso la complementarietà) alla vacanza balneare e in inverno ha rappresentato, con la settimana bianca, la prima forma di seconda vacanza, oggi le alternative di vacanza breve e lunga sono pressoché infinite, sia nelle aree di prossimità delle grandi aree urbane, sia nelle destinazioni più lontane e in questo caso la forte diminuzione dei costi del trasporto aereo ne costituisce il fattore di spinta maggiore. Accanto a questi, che possono essere considerati i fattori esogeni del cambiamento del mercato, vi sono fenomeni che hanno origine nel mercato stesso; i fattori di cambiamento sociale che agiscono sul comportamento del turista, sul tempo della vacanza, sull impegno nello svolgimento di una attività fisica, sul desiderio di attività ludiche o sulla percezione di stati emozionali come condizione fondamentale della vacanza, sono solo alcuni dei fattori che hanno contribuito a caratterizzare l evoluzione del mercato tradizionale della vacanza in montagna, a

3 XVII Rapporto sul turismo italiano 501 fronte dei quali più urgentemente si rendono necessari i cambiamenti nell offerta. Se questi non sempre si riscontrano, non è solo perché mancano le risorse per nuovi investimenti, ma più spesso perché non si coglie ancora la portata di questi cambiamenti; ne manca la consapevolezza, anche perché troppo spesso non vengono adeguatamente utilizzati gli strumenti di lettura e di analisi dei cambiamenti in corso. Ma la frequentazione della montagna, e quindi l andamento turistico, è strettamente dipendente anche da condizioni congiunturali proprie del turismo alpino ed è per questo che occorre usare molta cautela prima di attribuire disfatte o successi. Il caldo d estate e la neve d inverno possono rappresentare solide ragioni di scelta o di rinuncia per una vacanza in montagna. Ne è una conferma l andamento delle vendite di paia di sci, per quanto riguarda la stagione invernale (Graf.2). Graf. 2 - Paia di sci venduti dalle aziende italiane in Italia (migliaia) 398,1 375,6 327,1 220,2 240,9 247, Fonte: Pool Sci Italia (90% del mercato italiano) Come si vede, nel giro di qualche anno si è passati dai 398 mila paia dell annata , ai 220 mila del , con un decremento di quasi il 45%. Il calo non è evidentemente attribuibile solo al fattore climatico; in questi anni si è verificata una progressiva disaffezione allo sci e parallelamente si è sempre più diffusa la pratica del noleggio, oltre a scontare l avvenuto ricambio delle attrezzature avvenute negli anni precedenti. Non vi è dubbio invece che la ripresa evidente che si scorge negli anni successivi (247 mila paia venduti nel ) rifletta il buon livello di innevamento delle ultime stagioni invernali. I dati più recenti confermano che il mercato si è oggi assestato ad un livello di vendite che si aggira attorno alle 250 mila paia. Alla stabilità del turismo alpino concorrono peraltro motivazioni di tipo culturale e sociale. Alla frequentazione continuativa della montagna come luogo di vacanza concorrono spesso due fattori che si rivelano decisivi ai fini della continuità di presenza sul territorio: la cultura famigliare, che tende a tramandare la consuetudine alla frequentazione della montagna tra generazioni, e la disponibilità di case di vacanza. Questo secondo fattore, di cui ci occuperemo più avanti, caratterizza una buona parte delle aree alpine e prealpine e rappresenta uno delle ragioni che maggiormente lega al territorio montano per ragioni di vacanza una consistente quota della popolazione che lo frequenta. La montagna come destinazione turistica gode quindi più del mare di una frequentazione in qualche modo alimentata da fattori culturali e sociali che almeno in parte la preservano da repentini cambiamenti connessi ai cambiamenti di moda e di comportamento, anche se ciò non

4 502 La montagna nel turismo italiano basta a metterla al riparo dalla necessità di adeguarsi, come tutte le altre località turistiche, alla mutate aspettative della sua clientela. 1.2 Le caratteristiche dell offerta turistica italiana Uno dei pochi studi prodotti recentemente sul turismo montano, per iniziativa dell Osservatorio Nazionale del Turismo (ONT), presenta un quadro che attribuisce al turismo montano un ammontare complessivo di presenze (al 2006) di oltre 47 milioni, pari a circa il 13% del turismo ufficialmente registrato in Italia (ONT 2009). Si tratta di un turismo in larga prevalenza interno, essendo composto per il 63% da Italiani, un incidenza che peraltro sarebbe ben più elevata se non fosse per l alta percentuale di stranieri presenti in Alto Adige. Complessivamente l offerta di posti letto viene stimata in 7 milioni. L ammontare complessivo di presenze va peraltro considerato per difetto. Lo studio infatti analizza le presenze turistiche effettivamente registrate in località montane in quanto ubicate ad una certa quota, ma è pur vero che esistono molte località, che pur collocandosi a fondo valle rispondono ad una domanda di turismo comunque montano, in quanto collocate in un contesto alpino e comunque facilmente collegate a piste di sci o a percorsi escursionistici alpini; basti pensare ai 300 metri di altitudine di Merano o agli 800 di Brunico. Così, solo in provincia di Bolzano, a cui viene automaticamente associata la vacanza in una destinazione montana, le presenze nelle località in quota risultano poco più del 70% del totale, mentre in Trentino non raggiungono il 67%. La distribuzione delle presenze turistiche nelle regioni si presenta come dal grafico seguente: Graf. 3 - Distribuzione percentuale del movimento turistico nelle località montane per regioni Fonte: CISET su ONT Tale distribuzione offre alcuni spunti di riflessione: In primo luogo si constata che oltre il 60% del movimento interessa il Trentino Alto Adige con un incidenza del 40% nella sola provincia di Bolzano; se aggiungiamo l 11% del Veneto (che per lo più coincide con la provincia di Belluno) e il Friuli, dobbiamo constatare che tre quarti del turismo montano italiano si concentra nell area dolomitica. Un attribuzione un po approssimativa, ma di immediata interpretazione, potrebbe portare a queste entità in relazione alla tipologia delle montagne:

5 XVII Rapporto sul turismo italiano 503 o Dolomiti: 70-75% del turismo montano o Alpi Occidentali e centrali: 15-20% o Appennini: 5-10% Il turismo montano si concentra quindi principalmente nel nord-est del Paese e in due province l offerta turistica ha oggi raggiunto livelli di sviluppo di gran lunga superiori a quello delle altre. Si tratta in entrambi i casi di Province Autonome e a questo molti operatori delle altre aree attribuiscono gran parte del successo. Ciò è vero solo in parte, anche perché in tale condizione si trovano pure la Valle d Aosta e il Friuli V.G., dove comunque l area montana ha dimensioni molto minori. Nelle province del Trentino Alto Adige si riconosce quindi uno sviluppo che, oltre ad essere sostenuto dalla oggettiva alta qualità delle risorse naturali e ambientali (le Dolomiti), trova i suoi fondamenti in un solido modello organizzativo e gestionale che riconosce nel turismo la risorsa economica primaria attorno alla quale ruota lo sviluppo regionale. Tutte le località che offrono turismo montano in Italia sono caratterizzate da un modello gestionale basato sulla comunità residente (Community Model), così come del resto in Austria e in Svizzera. Ciò significa e non è irrilevante nel confronto con le località di altri paesi concorrenti che lo sviluppo turistico è solidamente legato alla gestione locale; questo ha forti implicazioni sull utilizzo del territorio, sul livello di coordinamento degli stakeholders e quindi sull efficacia delle azioni intraprese, sulle capacità di investimento, sul livello di imprenditorialità e, in ultima analisi, sulla qualità del prodotto offerto. La gestione della destinazione turistica nel suo insieme è sensibilmente condizionata dall esistenza di una comunità che sul turismo vive e che di fatto solo dal turismo dipende; questo da un lato porta necessariamente ad enfatizzare il ruolo dell Amministrazione Pubblica (Flagestad 2000), ma dall altro porta a stimolare l innovazione per adeguarsi al cambiamento imposto dal mercato. Graf. 4 - Intensità delle abitazioni di vacanza nelle province alpine (Abitazioni di vacanza x 1000 abitanti ) 255,9 228,6 142,2 138,8 28,5 AO SO BL TN BZ Fonte: elaborazioni su dati Mercury e ISTAT In molte regioni, in particolare in quelle in cui le località turistiche sono più vicine alle grandi aree urbane, il modello di offerta è fortemente caratterizzato dalla presenza di abitazioni turistiche, per lo più di proprietà di non residenti (seconde case). Apparentemente la presenza di abitazioni di vacanza non dovrebbe influenzare il

6 504 La montagna nel turismo italiano successo o l insuccesso dell offerta ricettiva imprenditoriale di una destinazione turistica, ma è ormai appurato che la presenza e le modalità di gestione degli appartamenti turistici condizionano sensibilmente anche la dinamicità imprenditoriale dell offerta. Consideriamo l intensità delle abitazioni di vacanza in cinque delle province maggiormente interessate dal turismo alpino (Graf.4). Come si vede, le differenze sono notevoli ed in buona parte sono legate alla vicinanza alle grandi aree urbane. Fa certamente eccezione l Alto Adige nelle cui decisioni di pianificazione del suolo concorrono molti altri fattori, alla cui base sta la specificità etnica della comunità locale. Non è difficile constatare che l ordine di graduatoria delle province considerate in questa classifica è esattamente inversa a quella della consistenza delle presenze turistiche registrate nelle strutture ricettive (Graf.3). 1.3 L offerta alberghiera Consideriamo l offerta alberghiera delle 5 province/regioni precedentemente analizzate 3 (Tab.1): Tab. 1 - Caratteristiche dell offerta alberghiera in 5 province alpine Alberghi 2009 P.l Dim.media 2009 (pl) Var.alb.%. 09/01 Var.%p.l 09/ 01 Dim.media 2001 (pl) Valle d'aosta ,3 1,84 1,47 47,5 Sondrio ,6-0,75-1,22 47,8 Bolzano ,2-4,15 2,99 32,8 Trento ,8-4,96 0,15 57,7 Belluno ,1-10,28-6,58 44,2 Fonte Istat e Uffici statistici provinciali Vari anni In primo luogo constatiamo la differenza quantitativa dell offerta, che vede nelle due province del Trentino Alto Adige, congiuntamente considerate, un ammontare di quasi 250 mila posti letto, pari a 4 volte la somma delle altre 3 province. A queste vanno poi aggiunte l offerta piemontese, che consta di circa 30 mila posti letto alberghieri nelle sole aree montane (Gaido 2009) e quella molto modesta del Friuli. Più interessante è analizzare il modello di offerta e le dinamiche dell ultimo decennio, relativamente alle quali possiamo fare le seguenti considerazioni: la dimensione media è ovunque molto bassa, decisamente più bassa della media nazionale, che oggi si colloca sui 67 posti letto, corrispondente ad una tipologia alberghiera a forte frammentazione, caratterizzata senza dubbio da oggettive difficoltà nel perseguire condizioni di produttività accettabili, ma anche da condizioni di forte flessibilità gestionale; condizione che peraltro non è dissimile da quella della montagna svizzera o austriaca. Fanno parziale eccezione alla media proprio le province di Trento e di Bolzano,se pure con tendenze opposte; la prima che, con 60,8 posti letto, tende a inseguire livelli più simili alla media nazionale, la seconda che, con soli 35,2 posti letto per albergo, al contrario, presenta un modello gestionale unico, caratterizzato da grande flessibilità, da forti integrazioni con altre attività complementari (inclusa l agricoltura) e certamente da un ruolo di sostegno insostituibile dell Amministrazione Pubblica; 3 Su queste si baserà l analisi successiva, dal momento che ci consentono un quadro più aggiornato dei dati e che, pur comprendendo anche località non in quota, possono ritenersi rappresentative delle più significative aree montane dell intero arco alpino.

7 XVII Rapporto sul turismo italiano 505 rispetto al 2001 non si notano variazioni molto significative in alcuna provincia, il che rappresenta la più evidente conferma di un panorama di offerta sostanzialmente definito e privo di cambiamenti in corso. Solo nel Bellunese, l offerta alberghiera presenta una contrazione degna di nota (oltre il 10% in termini di strutture e del 6,6% in termini di posti letto); negli altri casi si avvertono dinamiche molto modeste che tuttavia vanno nella direzione di una razionalizzazione dell offerta nel caso delle province di Bolzano e di Trento, mentre lasciano le cose immutate nel caso di Aosta e Sondrio. Nelle province del Trentino A.A. infatti la contrazione del numero di strutture si accompagna ad un incremento (Bolzano) o ad una tenuta (Trento) dei posti letto, mentre ad Aosta e Sondrio le variazioni vanno nella stessa direzione; conseguentemente la tendenza all aumento della dimensione media alberghiera è riscontrabile solo nell area dolomitica, dove è quindi possibile scorgere come, pur nell ambito di caratteristiche ben definite dell offerta, sia in atto un processo di razionalizzazione verso condizioni di maggiore efficienza aziendale. Nel caso del Bellunese sembra che la rincorsa sia maggiore, nel tentativo di recuperare condizioni di partenza più arretrate. La produttività del sistema alberghiero, è comunque meglio evidenziata dall indice di utilizzo lordo, che indica il livello di impiego delle strutture. Sebbene tutte le aree offrano, in misura più o meno simile, una stagione estiva ed una invernale, i valori che emergono dal calcolo dell indice sono alquanto diversi; mentre in Alto Adige l indice supera oggi il 40% (il che equivale a 149 giorni di utilizzo pieno all anno, nella provincia di Belluno e in Valle d Aosta (dove tra l altro la stagione sciistica può durare più a lungo grazie all altitudine delle piste) ci si limita al 26%, pari a 95 giorni all anno. In posizioni intermedie si collocano Sondrio (29%) e Trento (33,1%). Graf. 5 - Indice di utilizzo lordo alberghiero in alcune province alpine 28, , ,8 33,1 30,6 28,2 26 AO SO BZ TN BL Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT e Uffici statistici provinciali Va però sottolineato che i diversi risultati non sono conseguenti solo all efficienza gestionale dei diversi sistemi, ma anche a condizioni di mercato connesse alle caratteristiche dell offerta. In primo luogo alla possibilità di sfruttare a pieno la stagione invernale, che non è omogenea in tutte le aree, e soprattutto ai mercati a cui le diverse aree si rivolgono; il livello di utilizzo molto più alto della Provincia di Bolzano è attribuibile soprattutto al fatto che il sistema ricettivo lavora per quasi

8 506 La montagna nel turismo italiano il 50% con il mercato tedesco e che gran parte di questo mercato è molto sensibile anche ai mesi non di punta; maggio ed ottobre ad esempio raccolgono un ammontare di presenze non molto lontane da quelle di dicembre o di febbraio, come mostra chiaramente il Graf. 6. Graf. 6 - Distribuzione percentuale delle presenze per mesi in Alto Adige Fonte: ASTAT Provincia di Bolzano La distribuzione delle presenze in Alto Adige si presenta senza forti picchi stagionali, come invece avviene in tutte le altre province ed è significativo anche che la distribuzione della domanda in relazione ai mercati di provenienza risenta fortemente del periodo stagionale. La clientela tedesca è molto presente nei mesi di maggio, giugno, settembre e ottobre, mentre quella italiana si concentra in agosto, in luglio e nei mesi sciistici. Il Graf. 5 evidenzia comunque che non tutte le province hanno migliorato il loro livello di utilizzo nell arco di 8 anni. È pur vero che questo risente dell andamento congiunturale, ma è comunque indicativo che tre province l abbiamo aumentato (BZ, TN e SO) e due lo abbiano diminuito (AO e BL) 1.4 Le tendenze della domanda Avendo ormai appurato la diversa consistenza della domanda nelle province alpine, con il Trentino Alto Adige in posizione di forte preminenza rispetto alle altre, è certamente significativo osservarne ora l evoluzione (Graf. 7). Come si vede, nel corso dell ultimo decennio, l andamento mostra situazioni alquanto diverse; la performance migliore viene registrata in Alto Adige,dove le presenze sono aumentate di quasi il 15% in otto anni, con una media annua di 1,8. Altrettanto positivo è stato l andamento della Valtellina (prov. Sondrio) e del Trentino, con un incremento complessivo per entrambi del 11,7%. La Valle d Aosta ha perso poco meno del 4%, mentre la provincia di Belluno registra una forte contrazione della domanda con un calo di quasi il 15% delle presenze, peraltro già anticipata dal calo dell offerta ricettiva, rilevata precedentemente. I fattori congiunturali in questo caso sembrano poco rilevanti, in tutte le province infatti si è registrato un buon andamento nel 2003, anno di buon innevamento, ma non tutte hanno potuto godere del buon innevamento delle annate più recenti, anche perché non per tutte il peso della domanda invernale assume la stessa consistenza.

9 XVII Rapporto sul turismo italiano 507 Graf. 7 - Evoluzione delle presenze in 5 province alpine - Anni (Numeri indice =100) 140,0 120,0 100,0 80,0 60,0 40,0 20,0 0,0 a 2002 a 2003 a 2004 a 2005 a 2006 a 2007 a 2008 a 2009 Aosta Sondrio Bolzano Trento Belluno Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT e Uffici statistici provinciali Anche le caratteristiche della domanda tuttavia mostrano alcune significative differenze. La permanenza media, in primo luogo, che oggi va dai 5,4 giorni della provincia di Belluno ai 3,4 della Valle d Aosta (Graf. 8). Nel primo caso la permanenza piuttosto lunga è spiegata da una consistente incidenza delle presenze extralberghiere registrate (più del 50%), che tendono notoriamente a fare soggiorni più lunghi, nel secondo caso la breve durata è da mettersi in relazione con la vicinanza alle grandi aree urbane di Torino e di Milano, e quindi alla facile raggiungibilità, favorevole per brevi soggiorni. Graf. 8 - Durata media del soggiorno in alcune province alpine nel 2001 e nel 2009 (gg.) 6,7 4,1 3,4 4,5 4 5,7 5,1 5,1 4,8 5,4 AO SO BZ TN BL Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT e Uffici statistici provinciali Le province di Bolzano e Trento hanno oggi una permanenza media molto simile:

10 508 La montagna nel turismo italiano rispettivamente 5,1 e 4,8 giorni, tipica da turismo di vacanza, seppur breve. La provincia di Sondrio, con una durata media più breve (4 giorni) sembra anch essa risentire della vicinanza con l area metropolitana milanese. Tutte le province avvertono il calo della permanenza media, così come si verifica per qualsiasi tipo di turismo di vacanza, ma anche nella riduzione si notano differenze significative, dal momento che in provincia di Trento e relativamente contenuta (rispettivamente 6 e 12%) mentre in Valle d Aosta raggiunge il 17% e nel Bellunese il 19%. Il turismo montano in Italia è per tradizione un turismo prevalentemente interno; nella stagione invernale sono soprattutto i paesi privi di offerta sciistica ad alimentare la domanda estera delle località dell arco alpino, nella stagione estiva la presenza di stranieri risente soprattutto della prossimità ai confini. Come si è detto, fa eccezione l Alto Adige in cui la presenza di Tedeschi, oltre che di altri stranieri germanofoni, è particolarmente consistente per ragioni di lingua e di affinità culturale. In Provincia di Bolzano si raggiungono oggi perciò quasi i due terzi di presenze straniere (Graf. 9). Non è irrilevante anche l incidenza degli stranieri in Valtellina (41,4%) che risente della prossimità e dei buoni collegamenti con la Svizzera e con la Germania, mentre prevalentemente interno è il turismo del Bellunese. In tutte le province l incidenza degli stranieri è aumentata nel periodo , con la sola eccezione di Bolzano, che invece ha visto un incremento, seppur modesto, degli italiani. Graf. 9 - Livello di internazionalizzazione di alcune province alpine (incidenza presenze straniere su presenze totali - Anni 2001 e 2009) 100% 80% 60% 74,9 68,6 71,0 58,6 34,8 37,0 66,7 63,4 82,3 79,5 40% 20% 0% 25,1 V.A ,4 29,0 V.A 2009 SO ,4 SO ,2 63,0 BZ 2001 BZ ,3 36,6 TN 2001 TN ,7 20,5 BL 2001 BL 2009 Stranieri Italiani Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT e Uffici statistici provinciali L incidenza della domanda nella stagione invernale è fortemente dipendente dalla disponibilità dell offerta sciistica; nell intera provincia di Bolzano la stagione invernale, intesa come i 4 mesi sciistici (dic-mar) incide per il 33% delle presenze annuali, mentre in provincia di Trento, dove i mesi intermedi sono meno sfruttati, l incidenza arriva al 37,4%; in Valle d Aosta dove la concentrazione stagionale è ancora più accentuata si supera il 40%. In provincia di Trento e in quella di Bolzano vengono effettuate analisi sulla spesa turistica. I risultati non sono molto dissimili; in Alto Adige la spesa turistica giornaliera procapite si aggira sui 119 mediamente nell anno, mentre in Trentino si attesta sui 112 quella del periodo invernale,

11 XVII Rapporto sul turismo italiano 509 tendenzialmente più alta di quella estiva; si riscontrerebbe quindi una maggiore spesa in Alto Adige rispetto al Trentino, sebbene la tipologia di offerta sia molto simile. La differenza potrebbe essere messa in relazione alla diversa incidenza di appartamenti turistici nelle due province. 2. Il turismo della neve 2.1 Uno sguardo internazionale Nelle Alpi il turismo della neve presenta un quadro sostanzialmente statico, con un ammontare di giornate - sciatore che si colloca attorno ai 160 milioni (Vanat 2010). La stagione invernale nei paesi alpini, malgrado il buon innevamento, si è chiusa complessivamente con un decremento del 5,7%; un calo attorno al 3% è stato registrato anche nei paesi europei non alpini e in Asia, mentre nell America del Nord si registra un incremento del 3,4% (Vanat 2011). Nel contesto mondiale l Italia, con giornate sciatore rappresenterebbe l 8% circa del mercato: nel mercato alpino, a cui appartengono con noi Francia, Austria e Svizzera l Italia rappresenterebbe invece il 16,7%, una quota più o meno simile a quella della Svizzera (17,3%) ma ben inferiore a quella delle Francia e dell Austria che detengono circa i due terzi del mercato. Tab. 2 - Il turismo della neve nei paesi alpini - Anno 2010 Stazioni Impianti Giornate sciatore G.S./ impianto % sciatori stranieri G.S/ abitante N. % N % ( 000) % Austria , , , % 1,55 Francia , , , % 0,19 Italia , , , % 0,09 Svizzera , , , % 1,61 TOTALE , , , Fonte: Laurent Vanat La Tab. 2 fornisce alcuni dati significativi 4 per una comparazione dell offerta italiana con quella dei paesi concorrenti. Possiamo sintetizzare le indicazioni più significative attraverso le seguenti considerazioni: In primo luogo osserviamo che l Italia dispone del maggior numero di stazioni tra i Paesi alpini (349), a fronte del quale vi è però un numero di impianti decisamente minore degli altri Paesi (2006). Questo indica la presenza di una forte frammentazione delle stazioni, molte delle quali sono evidentemente povere di offerta sciistica, se individualmente considerate. Va però considerato che il modello delle stazioni fondato sulle comunità locali, rende difficile la considerazione dell offerta sulla base della singola località; gran parte di queste sono tra loro collegate e di fatto l offerta è ben più ampia. Con il maggior numero di stazioni, la nostra offerta raggiunge una domanda di poco meno di 27 milioni di giornate sciatore, pari a meno della metà della Francia e a circa la metà dell Austria. In termini di volume di attività, l Italia si colloca sullo stesso livello della Svizzera, la quale però lo raggiunge con un numero di stazioni di un terzo inferiore. Nella sostanza emerge una scarsa produttività delle singole stazioni italiane, diretta 4 Si tratta di un analisi quantitativa del mercato mondiale che viene effettuata annualmente dall esperto svizzero Laurent Vanat e che costituisce ormai un punto di riferimento per gli operatori di ogni paese. I dati sono certamente utili e attendibili per un quadro interpretativo della situazione a livello internazionale. Le singole cifre vanno comunque prese con una certa cautela, dal momento che in Italia non vengono raccolte sistematicamente tali informazioni e sono quindi spesso frutto di stime.

12 510 La montagna nel turismo italiano conseguenza di un offerta frammentata e meno efficiente. Non è così però in termini di produttività degli impianti; il numero di giornate sciatore per impianto è superiore a quello della Svizzera e non molto inferiore a quello di Francia e Austria, il che indica che a livello di singolo impianto l offerta italiana riesce ad essere discretamente efficiente. Si presenta quindi un quadro complessivo che vede l Austria e la Svizzera (paesi esclusivamente alpini) con una intensità di domanda sciistica (giornate sciatore per abitante) molto elevata, ma con una sensibile differenza di offerta sia sul piano della produzione che su quello dell efficienza; l Austria raggiunge quasi il doppio delle giornate sciatore della Svizzera, con un maggiore livello di efficienza per stazione e anche per impianto, tanto da superare, in entrambi i rapporti, anche la Francia, che notoriamente gode di grandi stazioni artificiali. L offerta italiana si presenta certamente più frammentata e quindi certamente meno efficiente sotto il profilo economico a livello di stazione. Ma nel nostro caso suppliscono le reti di collaborazione e integrazione tra operatori e stazioni; basti pensare a Dolomiti Superski, il più grande ed efficiente consorzio di operatori sciistici del mondo, che aggrega circa 130 società di operatori, con 450 impianti complessivi e circa 1200 km di piste. Non è un caso che circa il 40% delle giornate-sciatore dell offerta italiana vengano effettuate nell ambito delle aree di Dolomiti Superski. 2.2 L offerta sciistica nazionale Il panorama degli impianti di risalita, secondo i dati del Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture, si presenta come riportato nella Tab.3. 5 L offerta è concentrata per il 78,7% nelle regioni alpine; nell area appenninica solo l Abruzzo, L Emilia e la Toscana presentano un offerta degna di nota (Graf.10). Graf Distribuzione percentuale degli impianti di risalita nelle regioni italiane Fonte: elaborazioni su dati Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture Come è risultato evidente nel confronto internazionale precedentemente proposto, non è tanto il numero degli impianti a decretare la consistenza dell offerta, quanto la loro qualità in termini di innovazione tecnologica, misurabile dalla tipologia e quindi dalla velocità, dal comfort e dalla portata. La maggiore incidenza delle funivia è da mettersi in relazione anche alla disponibilità di quote elevate in cui si effettua lo sci e al dislivello da superare per scopi turistici oltre che sciistici, ma anche al numero di impianti complessivi di cui dispone l area: si riscontra così una maggiore 5 La non piena coincidenza con i dati della Tab.2 è soprattutto dovuto al fatto che in questa tabella sono contenuti anche impianti di risalita non destinati ad attività sciistiche. Si tratta comunque di una percentuale molto modesta che non altera il quadro complessivo.

13 XVII Rapporto sul turismo italiano 511 incidenza di funivie in Valle d Aosta e nel Veneto (Tab.4) e in misura minore in Alto Adige, dove tuttavia il numero in valore assoluto è di gran lunga superiore (23 funivie contro 14 della Valle d Aosta e 12 del Veneto). Tab. 3 - Gli impianti di risalita nelle regioni italiane - Anno 2011 Ad agganciamento automatico Regione Funivie Seggiovie Cabinovie Totale N. lungh. N N. N. lungh. Piemonte Valle d'aosta Lombardia Trento Bolzano Veneto Friuli V.G Liguria Emilia R Toscana Umbria Marche Lazio Abruzzo Molise Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna TOTALE A collegamento temporaneo Sciovie TOT.IMPIANTI Regione Seggiovie Cabinovie Totale N. N. N. lungh. N. N. Piemonte Valle d'aosta Lombardia Trento Bolzano Veneto Friuli V.G Liguria Emilia R Toscana Umbria Marche Lazio Abruzzo Molise Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna TOTALE Fonte: Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture

14 512 La montagna nel turismo italiano Nelle stesse aree in cui vi è la maggiore incidenza di funivie si riscontra la minore incidenza delle sciovie (skilift); queste ultime sono ancora molto consistenti, rispetto al parco complessivo, laddove l offerta sciistica è meno innovativa: è il caso di tutte le regioni appenniniche, ma anche del Friuli e del Piemonte e, se pure in minor misura, della Lombardia. Lo skilift è un mezzo di risalita che tende ad essere sostituito con impianti più avanzati (e naturalmente più costosi), con il vantaggio di un minore impatto sul territorio, dal momento che più skilift vengono generalmente sostituiti con un solo impianto. Un altro elemento significativo in ordine al livello di qualità degli impianti è dato dall incidenza degli impianti ad agganciamento (ammorsamento) automatico, che sono più confortevoli e consentono il trasporto di un maggior numero di persone. Come si vede nella tab.4, le regioni in cui questo tipo di impianti è maggiormente presente sono quelle che hanno anche l offerta sciistica più ampia; in Alto Adige, in Trentino, in Valle d Aosta, ma sorprendentemente anche in Friuli, questo tipo di impianti supera il 30% del numero complessivo, mentre rappresenta solo il 14,6% in Lombardia, l 11,5% nel Veneto e il 7% in Piemonte. Tab. 4 - Distribuzione percentuale degli impianti per tipologia - Anno 2011 Regioni Funivie Agg. Automatico Agg.Temporaneo Segg. Cabin. Sciovie TOTALE Piemonte 2,1 5,1 1,9 27,1 0,5 63,3 100,0 Valle d'aosta/ Vallé d'aoste 10,5 19,5 12,0 33,8 0,8 23,3 100,0 Lombardia 4,1 10,1 4,5 32,8 1,9 46,6 100,0 Trentino-Alto Adige 4,5 20,2 9,9 37,2 1,2 26,9 100,0 Bolzano/Bozen 6,2 16,9 13,4 26,9 0,8 35,8 100,0 Trento 4,5 10,4 0,7 24,2 1,1 58,7 100,0 Veneto 9,8 24,4 7,3 31,7 0,0 26,8 100,0 Friuli-Venezia Giulia 2,1 5,1 1,9 27,1 0,5 63,3 100,0 Emilia-Romagna 0,9 3,8 0,0 26,4 0,0 68,9 100,0 Toscana 2,9 2,9 1,4 20,3 2,9 69,6 100,0 Abruzzo 0,9 7,0 3,5 34,8 0,9 53,0 100,0 Fonte: elaborazioni su dati Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture Ma l indicatore che esprime maggiormente, in forma sintetica, la qualità dell offerta è dato dalla portata oraria degli impianti. Come è noto gli impianti più recenti raggiungono portate molto elevate (fino a 4000 persone/ora nel caso di alcune seggiovie o cabinovie ad ammorsamento automatico) e la portata oraria media è quindi indice di un buon upgrading dell offerta sciistica. Come evidenzia il Graf. 11, vi è una notevole differenza tra la portata media degli impianti della Valle d Aosta e quella delle altre regioni considerate. La portata media più alta viene registrata in Friuli con oltre 1900 persone/ora; il Friuli dispone di pochi impianti (solo 41), ed evidentemente si tratta in buona parte di impianti di recente rinnovo. Le due province di Trento e Bolzano presentano un livello molto simile (attorno alle 1350 persone/ora); considerato che l incidenza delle sciovie (che hanno una portata più bassa) è più alta in Trentino, ciò porta per conseguenza ad una maggiore portata media degli altri tipi di impianti, rispetto alla provincia di Bolzano. La Lombardia con circa 1200 persone/ora offre un buon livello qualitativo degli impianti sciistici, considerato che ha una alta incidenza di sciovie, ma soprattutto che non è una regione a statuto speciale, come le maggiori concorrenti, dove vi è una maggiore disponibilità di fondi pubblici per questo tipo di infrastrutture. La Valle d Aosta appare decisamente come la più debole tra le aree considerate, con un livello di portata media per impianto pari a circa la metà di quella del Trentino Alto Adige (600 persone/ora). Tenuto conto che vi è la più bassa incidenza di sciovie, ne consegue che gli impianti di maggiore capacità siano mediamente più datati rispetto a quelli delle altre regioni.

15 XVII Rapporto sul turismo italiano 513 Graf Portata oraria media per impianto in alcune regioni (persone/ora) Valle D'Aosta Lombardia Trento Bolzano Friuli Fonte: elaborazioni su dati Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture e statistiche regionali Come abbiamo visto precedentemente la Valle d Aosta è anche la regione dove si registra la maggiore intensità di abitazioni di vacanza, gran parte delle quali sono di proprietà di non residenti (Graf.4). La minore qualità degli impianti di risalita non è estranea al fenomeno della forte incidenza delle seconde case; gran parte della clientela turistica dell area è infatti già acquisita attraverso l acquisto degli immobili e questo certamente non stimola quella vivacità imprenditoriale, indispensabile a chi deve vendere il proprio prodotto annualmente ad un domanda sempre più sensibile alla qualità e all innovazione. Uno dei fattori esogeni che venivano precedentemente messi in evidenza a proposito dell evoluzione in atto nel turismo montano è quello della scarsità di spazio per un eventuale possibile ampliamento dell offerta. Questo fattore incide soprattutto sulla quantità degli impianti sciistici, oltre che delle piste, che quindi non solo non aumenta, ma tende ovunque a diminuire, per effetto della sostituzione di piccoli impianti obsoleti con nuovi impianti di portata e dimensione maggiore. Questo, ben inteso, non porta ad alcuna riduzione delle aree sciabili, che tendono, seppur di poco, ad aumentare, ma quantomeno ha un effetto positivo sull impatto ambientale. Il fenomeno è ben visibile nel caso delle province di Trento e di Bolzano (Tab. 5) relativamente all ultimo ventennio. Tab. 5 - Evoluzione degli impianti di risalita - Anni Imp Port. Var. Port. Var. Var. Port. Oraria Imp. % imp. Oraria % port. Imp. % imp. Oraria media 2000/90 media 2000/ /90 media Var. % port. 2000/90 Prov.Trento , , , ,2 Prov.Bolzano , , , ,2 Fonte: elaborazioni su dati Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture e statistiche regionali Il numero degli impianti a partire dal 1990 si è sensibilmente ridotto, soprattutto per effetto della sostituzione delle sciovie; in Trentino il decremento è stato del 17,2% nel primo decennio e del

16 514 La montagna nel turismo italiano 6,9% nel secondo, meno accentuato è stato il processo in Alto Adige, con una diminuzione complessiva nel ventennio del 12,5%. In entrambe le situazioni si è riscontrato comunque un forte aumento della portata oraria, che, mediamente per impianto, nel ventennio è sostanzialmente raddoppiata. In sostanza, oggi gli impianti sono in condizione di portare, nel medesimo tempo, un ben maggiore numero di sciatori in quota e questo è uno dei fattori che concorrono a porre l esigenza di nuovi spazi per la discesa, e che quindi spingono gli operatori a sostenere la domanda di nuove piste. Secondo i responsabili delle maggiori società di impianti di risalita (Guilpart 2008), i prossimi anni non vedranno radicali cambiamenti in termini di innovazione tecnologica negli impianti, mentre l attenzione sarà prevalentemente rivolta al marketing, alla commercializzazione e alla comunicazione con il cliente; sono i segnali di un mercato che non si attende più radicali cambiamenti di quote, ma che tende piuttosto a conservare quelle esistenti. 2.3 Le tendenze del mercato Le ultime due stagioni invernali ( e ) sono state particolarmente positive per il turismo montano invernale, grazie ad un abbondante innevamento e grazie alla complicità della crisi economica che ha favorito il turismo di prossimità, anche attraverso un maggiore utilizzo delle seconde case. La positività della stagione è stata però avvertita più dai gestori degli impianti che non dagli albergatori, per i quali ha comunque prevalso il clima di contrazione dei consumi indotto dalla crisi, che ha portato soprattutto ad una riduzione della durata dei soggiorni e quindi ad un contenimento delle presenze. Queste buone annate hanno portato a guardare al turismo della neve con un rinnovato ottimismo ed hanno spinto qualcuno a interpretare il trend di mercato come in decisa ripresa, prospettiva che invece riteniamo debba essere valutata con molta cautela, come d altra parte i dati sulla vendita di sci stanno a dimostrare (Graf.2) Una recente indagine effettuata da Astra Ricerche per conto della F.I.S.I. indica nel 42% la percentuale di italiani adulti tra i 18 e i 65 anni che avrebbe uno stretto rapporto con la montagna e nel 16,2% coloro che praticherebbero con continuità gli sport invernali 6. A livello internazionale viene attribuito agli Italiani un tasso di partecipazione allo sci di circa il 10% sull intera popolazione, pari a quasi 6 milioni di persone (Vanat 2010), un dato che è coerente con il precedente, se rapportato all universo. Ma naturalmente tutto dipende da che cosa si intende per montagna e cosa si intende per continuità. La principale caratteristica della frequentazione della montagna negli ultimi decenni sta proprio nella poca continuità, oltre che nella scarsa disciplina con la quale la montagna viene affrontata e vissuta: in termini di durata dei soggiorni, per cui il rapporto Skipass può parlare di scioglimento delle settimane bianche (Skipass Panorama Turismo, 2010), che vengono sempre più sostituite da week end più o meno lunghi; in termini di continuità dell attività sulla neve, che diventa sempre più saltuaria nel tempo e nel tipo di attività svolta; in termini di regolarità di fruizione della superficie nevosa, che diventa sempre più un terreno di sperimentazione di nuove esperienze e sensazioni. La contrazione del mercato interno è stata peraltro compensata dall incremento del mercato estero, che trova le sua alimentazione incrementale più significativa nei paesi dell Est europeo, dove lo sviluppo dell offerta sciistica, sebbene in corso (non si dimentichi che le prossime Olimpiadi invernali si svolgeranno a Sochi, in Russia), non ha ancora raggiunto livelli di competitività tali da impensierire l offerta alpina. 6 FISI, Gli italiani la montagna e gli sport invernali. Principali evidenze delle tre ricerche condotte da AstraRicerche per FISI, maggio 2011

17 XVII Rapporto sul turismo italiano 515 La moltiplicazione delle attività sulla neve è un fenomeno che ha caratterizzato gli ultimi decenni; l indagine FISI ne ha prese in considerazione ben 14, comprese il bob, il biathlon o lo slittino su strada, ma le più praticate attualmente (Graf.12), oltre allo sci alpino (85,4%), sono il carving (26,5%), lo sci di fondo ( 21,6), lo sci-alpinismo (20,5%), e lo snowboard (10,8). Il carving è, come si vede, il fenomeno di moda, che ha ormai ampiamente superato lo snowboard, ormai fermo attorno al 10%, al quale però si aggiunge un 6,5% di praticanti il freestyle; il dato è peraltro molto simile a quanto rilevato nelle stazioni francesi un paio di inverni orsono (ODIT France 2009), quando allo snowboard veniva attribuito un 11,9% dei praticanti. Graf Principali attività praticate sulla neve (Incidenze percentuali sui praticanti 2011) Sci alpino 85,4 Carving 26,5 Sci di fondo 21,6 Sci aplinismo 20,5 Snowboard 10,8 Freestyle 6,5 Fonte: AstraRicerche per FISI Ciò che caratterizza il turismo montano oggi, e non solo quello invernale, è la varietà delle opzioni sollecitate dal turista, o più spesso indotte dall offerta. Il frequentatore della montagna si muove tra attività sportive e attività ricreative, che tuttavia pratica con grande estemporaneità, variando l attività e cercando sempre nuove occasioni di emozioni. L aumento dell età dei frequentatori ha portato allo sviluppo di molte attività soft, sia sulla neve che all interno delle località; passeggiate sulla neve, terme, wellness e naturalmente shopping, sono diventati ingredienti sempre più strutturali dell offerta alpina, anche per coloro che la frequentano - e restano la maggioranza per praticare il più tradizionale sci alpino. Tutto questo comporta una sempre più ampia gamma di servizi da offrire al turista e questo è ciò che finisce per determinare la competitività delle località montane; non vi è dubbio che la piccola dimensione di molte delle nostre località e la difficoltà a sviluppare forme di integrazione e a produrre modalità di gestione efficienti della destinazione turistica rendano più difficile garantire un offerta di qualità a livelli altamente competitivi. E forse anche per questo che nella classifica stilata annualmente da BAK di Basilea sulle 15 mete dell arco alpino preferite dai turisti, tra le località italiane compaiono solo la Val Badia e la Val Gardena d inverno, rispettivamente al 12 e 14 posto, mentre d estate al 2 e 3 posto troviamo l Alto Garda Trentino e il Meranese. L interpretazione di destinazione alpina è, come si vede, molto ampia in questa graduatoria, ma è comunque significativo osservare che, mentre d inverno, il fattore di competitività è ovunque dato dall offerta sciistica e quindi dal sistema infrastrutturale e organizzativo che la caratterizza, d estate sembra giocare un ruolo determinante il paesaggio come fattore di attrazione, e

18 516 La montagna nel turismo italiano nell ambiente alpino i laghi e le città ne sono l interpretazione più autentica. Tab. 6 - TOP Index Le 15 mete preferite dell arco alpino Le 15 mete preferite in inverno Grad. Destinazione Regione Top Index Lech-Zürs Vorarlberg Skiregion Obertauern Salisburgo Rennwe am Katschberg Carinzia 4,8 4 Paznaun Tirolo Tux Finkenberg Tirolo St.Anton am Arlberg Tirolo 4,7 7 Sefauss-Fiss-Ladis Tirolo 4,6 8 Zermatt Vallese Samnaun Grigioni Grossarltal Salisburgo Ötztal Tourismus Tirolo 4,5 12 Alta Badia Alto Adige 4,4 13 Saalbach-Hinterglemm Salisburgo Val Gardena Alto Adige 4,4 15 Arosa Grigioni 4.3 Le 15 mete preferite in estate Grad. Destinazione Regione Top Index Lucerna Svizzera Centrale 5,1 2 Garda Trentino Trentino 4,9 3 Merano e dintorni Alto Adige 4,8 4 Achensee Tirolo Interlaken Oberdan bernese 4,7 6 Kleinwalsertal Vorarlberg Salisburgo e dintorni Salisburgo 4,7 8 Bodensee Voralberg 4,6 9 Lago Maggiore e Valli Ticino 4,5 10 Mieminger Plateau Tirolo 4,4 11 Engelberg Svizzera Centrale 4,4 12 Imst-Gurgltal Tirolo 4,4 13 Grossarltal Salisburgo Oberstdorf Algovia Garmisch-Partenkirchen Baviera sud orientale 4,3 Fonte BAKBASEL 3. Problematiche e prospettive dell offerta alpina In un contesto statico, sotto l aspetto quantitativo, ma assai dinamico, sul piano qualitativo, gli aspetti problematici sono molti; a quelli avvertiti da tutte le aree si aggiungono poi quelli tipicamente italiani, non esclusivi delle località montane, ma talvolta aggravati dalle condizioni di isolamento o di frammentazione che le destinazioni montane avvertono con maggior peso. Problemi quindi che si traducono nell esigenza di un approccio più scientifico e più industriale (nel senso del metodo e non certo del prodotto) alla gestione del turismo, che costituisce, in sintesi, da sempre il fattore di maggior debolezza dell offerta italiana rispetto alle località concorrenti dell arco alpino. In questa sede tuttavia prescindiamo dai problemi storici della gestione dell offerta turistica per concentrarci esclusivamente sulle problematiche e le prospettive che emergono alla luce delle dinamiche più recenti evidenziate dal mercato del turismo montano, identificando tre filoni di riflessione.

19 3.1 La questione ambientale XVII Rapporto sul turismo italiano 517 La problematica dell uso dello spazio nelle Alpi è ormai un tema che ha assunto un forte peso nelle iniziative connesse allo sviluppo turistico; il livello di saturazione del territorio è tale che pone una forte domanda di limitazione sia ad interventi edificatori, sia a nuovi impianti sciistici, che come si è ricordato, in alcuni paesi sono definitivamente banditi. Più facile è stato assistere in questi ultimi anni di buon innevamento a qualche prospettiva progettuale in Appennino, dove l offerta sciistica è ancora modesta e dove quindi si guarda allo sci ancora come una opportunità di sviluppo per qualche territorio. Senza entrare nel merito di specifiche situazioni, riteniamo sia opportuno in questa sede riprendere alcuni criteri di affronto della situazione ambientale connessa alle attività sciistiche. Pur trattandosi di una tendenza ben nota, è bene sottolineare nuovamente quanto sia cresciuta negli ultimi anni la sensibilità ambientale da parte della domanda turistica, ivi compresa (e forse più di altre) quella che frequenta la montagna. Questa affermazione non mette in discussione né il fatto che lo sci continui a costituire lo zoccolo duro della fruizione turistica della montagna invernale, né il fatto che chi viene in montagna per sciare cerchi innanzitutto impianti, servizi e spazi per poterlo fare nel modo più soddisfacente possibile. Ma vi è pur sempre una soglia critica al di la della quale anche il fruitore più affezionato reagisce negativamente di fronte ad un offerta che non salvaguarda più i fattori di produzione tipici del turismo montano, quali la natura e il paesaggio. Questa soglia critica è generalmente più bassa laddove l offerta sciistica si colloca come nel caso italiano in contesti caratterizzati dalla presenza di nuclei abitativi storici, i quali a loro volta costituiscono una componente fondamentale dell offerta, soprattutto in estate. Ne è una prova che le grandi stazioni sciistiche alpine, molto frequentate in inverno, devono offrire una amplissima quantità di servizi e di divertimenti in estate per potersi garantire almeno una quota di occupazione dei numerosissimi posti letto. La crescita della sensibilità ambientale offre peraltro ampie opportunità di fruizione della montagna con modalità diverse da quello dello sci da discesa, che ancora non sono state valorizzate adeguatamente, essendo i Parchi di cui disponiamo ancora prevalentemente (pur con alcune lodevoli eccezioni) uno strumento vincolistico piuttosto che uno strumento di valorizzazione delle risorse del territorio e dell ambiente. Come si è visto nell analisi, il numero totale degli impianti di risalita esistenti negli ultimi anni è diminuito per effetto della sostituzione di impianti minori con impianti di maggior lunghezza è portata. Ciò non può che essere considerato un fatto positivo, per gli effetti di minore impatto ambientale che la cosa comporta, anche se ciò non significa un ritorno alla natura da parte delle aree interessate. La realizzazione di nuovi impianti è da mettere strettamente (e seriamente) in relazione agli obiettivi per i quali se ne prospetta la realizzazione; posto che oggi nessuno immagina di realizzare nuove aree sciistiche, il problema generalmente si pone per eventuali collegamenti tra aree (Liguori, 2010). Il vero problema quindi è, in primo luogo, quello di valutare con rigore e adeguato metodo scientifico gli effetti previsti dalla realizzazione di un impianto o di una pista e, prima ancora, l esistenza di condizioni che ne consentano il raggiungimento; una volta che questi siano accertati, si potrà valutare l opportunità di alcuni sacrifici ambientali in nome di un effettivo e ragionevolmente certo incremento di competitività turistica dell area. Ciò che lascia maggiormente perplessi è che nella maggior parte dei casi si prendono decisioni senza che questo processo avvenga, con conseguenti effetti economici negativi, oltre che con conseguenze ambientali.

20 518 La montagna nel turismo italiano Un terzo ordine di riflessioni riguarda le condizioni che possono supportare la realizzazione di un nuovo impianto. Sono diverse e di diversa natura; da quelle di altitudine (innevamento sufficiente) a quelle climatiche; da quelle territoriali a quelle di mercato. Qui si vogliono sottolineare le condizioni strettamente connesse al mercato turistico; troppo spesso si finisce per credere che basti costruire nuovi impianti per garantire più sciatori, e quindi più presenze, nell area; tutto ciò non è affatto automatico. Occorre innanzitutto valutare le condizioni dell intero sistema turistico territoriale nella capacità di farsi carico di un incremento di turisti; in termini di quantità e soprattutto di qualità dei posti letto alberghieri, dei servizi complementari e della disponibilità e qualificazione del personale. Troppo spesso queste condizioni non ci sono e quindi l eventuale incremento aggiuntivo di presenze indotto dall ampliamento dell area sciabile determina al più un incremento di pendolarismo sciistico nei week end. In tema di uso dello spazio alpino, occorre spendere qualche riga anche a proposito delle abitazioni turistiche che, come si è visto, costituiscono una peculiarità di molte valli, con le implicazioni negative a cui abbiamo accennato. Il grande sviluppo delle seconde case si è verificato negli anni 70 e non solo nelle valli montane; tuttavia, se pure con tassi di crescita minori, il processo è continuato nei decenni successivi. Oggi rileviamo una forte relazione tra l elevata intensità di abitazioni turistiche e il declino della destinazione (Osservatorio Turistico della Provincia di Bergamo, 2011), di fronte al quale non si avvertono decisi interventi correttivi. Il problema dunque non è solo ambientale, ma di natura strettamente turistica, nel senso che dalla forte presenza di abitazioni turistiche, per lo più vuote salvo pochi giorni all anno (Becheri e altri 2005), deriva un impoverimento di servizi e anche di offerta alberghiera. La scarsità di risorse a disposizione delle Amministrazioni Pubbliche e l allettante apporto derivante dagli oneri di urbanizzazione per i Comuni, fa ritenere che, se non si pongono vincoli ai livelli amministrativi superiori, nei prossimi anni assisteremo ad un ulteriore sviluppo delle abitazioni turistiche nelle aree alpine. 3.2 Caratterizzazione e integrazione per le località turistiche montane Le stazioni della neve e di montagna offrono un po tutte la stessa cosa; ciò non permette loro di smarcarsi dai concorrenti e di trarre profitto da strategie di differenziazione (Keller 2010). Questa constatazione, che ha fatto da guida all ultimo Congresso Mondiale del Turismo della Neve e della Montagna, sta in fondo alla base di una tendenza che sembra da qualche tempo dare segnali positivi anche in Italia. La differenziazione, che può assumere la forma della caratterizzazione e della specializzazione, costituisce da sempre l unica arma di cui dispongono le piccole unità commerciali, di fronte alle più potenti ed efficienti concorrenti di grandi dimensioni; una strategia aziendale può diventare analogamente una strategia per le destinazioni turistiche. Dal momento che la clientela si aspetta, in inverno come in estate, una grande varietà di servizi e di attività ricreative e che da ciò quindi deriva il vantaggio competitivo delle località turistiche 7, è evidente che le piccole località si trovano strutturalmente deboli, date le modeste risorse, non solo economiche, a disposizione. L incremento delle opportunità per il turista è comunque una strada che va, per quanto possibile, percorsa, ma tende ad avere, come contropartita molto evidente, una scarsa qualità e una poca economicità dei servizi offerti. L orientamento verso alcuni servizi particolari o verso un particolare target, può rappresentare una possibile alternativa che sembra 7 Uno sguardo al sito web di Whistler restituisce un idea della varietà di opportunità che può essere offerta da una grande stazione di montagna (

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