Titerno. Piano di Sviluppo Socio-Economico. Comunità Montana. - Aggiornamento- Redatto da: Agenzia di Sviluppo Consorzio G.A.L.

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1 Comunità Montana Titerno Piano di Sviluppo Socio-Economico - Aggiornamento- Redatto da: Agenzia di Sviluppo Consorzio G.A.L. Titerno Piazza Mercato Guardia S. (Bn) tel Fax info@galtiterno.it - web: Cerreto Sannita (BN) Luglio 2001

2 INDICE 1. Premessa La struttura del Piano... 8 PARTE I Analisi conoscitiva del sistema locale Profilo territoriale Aspetti morfologici ed idrografici Inquadramento geologico Aree di particolare interesse scientifico Inquadramento idrogeologico Inquadramento idrografico ed idrologico Vulnerabilità geologica del territorio Aspetti naturalistici Profilo storico-culturale Profilo socio-demografico L andamento demografico Le componenti del bilancio demografico Popolazione residente per sesso ed età La composizione dei nuclei familiari Il grado di istruzione nel territorio Il lavoro, l occupazione e la disoccupazione La distribuzione degli addetti per settore Ipotesi di sviluppo dell offerta di lavoro Reddito e consumi Il patrimonio abitativo e la distribuzione della popolazione sul territorio I sistemi delle infrastrutture e dei servizi I servizi alla popolazione ed alle attività produttive Istruzione Servizi sanitari e sociali Cultura e tempo libero Trasporti pubblici Servizi amministrativi, alle imprese ed alle attività produttive Infrastruttura per la mobilità Le risorse ambientali L economia locale Agricoltura Industria e artigianato Le attività terziarie Analisi SWOT I principali punti di forza e di debolezza dell area Punti di debolezza Punti di forza Le minacce e le opportunità I profili territoriali PARTE II Definizione delle linee di sviluppo socio-economico sostenibile Le linee d indirizzo strategico per uno sviluppo integrato e sostenibile I riferimenti di carattere programmatico Gli obiettivi e le linee strategiche d intervento Individuazione degli indicatori finanziari, fisici, di risultato e d impatto Individuazione del piano integrato degli interventi Misura A Misura A.1.bis Misura A

3 Misura B Misura B Misura B Misura B Misura B5 155 Misura C Misura C Misura D Misura D2 163 Misura D Individuazione dei canali finanziari attivabili in relazione agli strumenti disponibili Elementi di coerenza con altre iniziative Programmazione territoriale Riferimenti bibliografici

4 1. Premessa Il nuovo Piano di Sviluppo socio-economico della Comunità Montana Titerno rappresenta un aggiornamento del precedente Piano 1 elaborato nell Aprile del E, tuttavia, se ne discosta in modo significativo in considerazione non solo dei mutati scenari sociali, economici e normativi ma, soprattutto, in relazione ad una diversa logica di concepire la pianificazione del territorio, non solo in ambito rurale, che deriva dalla svolta impressa dall Unione europea alle politiche territoriali nel corso di tutti gli anni 90. Infatti, anche se le politiche territoriali non figurano tra le competenze settoriali devolute all Unione europea, di fatto l orientamento territoriale delle politiche comunitarie rappresenta il logico postulato del new deal in cui la coesione economica e sociale, in vista anche degli effetti della caduta delle frontiere interne, della creazione dell Unione monetaria, del discusso allargamento dei confini dell Unione (rispetto agli attuali 15 paesi), rappresenta la principale preoccupazione e l obiettivo politico irrinunciabile che informa tutta l attività dell Unione Europea. Il principio della coesione economica e sociale, definito nell Atto Unico del 1987, è poi decisamente ripreso nel trattato di Maastricht del 1992 in termini di sviluppo armonioso volto a ridurre il ritardo di sviluppo delle regioni meno favorite. In ambito rurale, gli orientamenti assunti dalla Comunità Europea fino agli anni 80, così come questi sono stati tradotti nella complessa strumentazione della Politica Agricola Comunitaria, erano prevalentemente indirizzati al sostegno del reddito degli agricoltori. Tale obiettivo, benché in linea di principio condivisibile, non era tuttavia perseguito attraverso un azione sistematica volta a rimuovere i vincoli allo sviluppo delle aree rurali. Pertanto, avulso da un progetto forte di pianificazione territoriale, tale indirizzo ha finito per generare comportamenti distorti rispetto alle regole del mercato alimentando politiche assistenziali insieme a forme di intervento volte a perseguire un modello di sviluppo di tipo urbano. Anche se, ad onore del vero, non sono mancate significative esperienze di pianificazione agricola (bonifica integrale e riordino fondiario) o di alcuni territori rurali, nella fattispecie quelli montani e quelli delle aree protette. Del resto, gli approcci top-down apparivano giustificati in relazione alla interpretazione lineare dei percorsi di sviluppo: la ripetizione di un percorso collaudato in altri ambiti territoriali, maggiormente avanzati, 1 Anche ai fini di un confronto con i dati esposti nel precedente Piano, si ricorda che il territorio della Comunità è stato più volte oggetto di ampliamento, essendo oggi ricompresi anche i Comuni di Castelvenere, Guardia Sanframondi, Ponte e San Lorenzo Maggiore (Cfr. la Legge Regionale n. 31 del 1 Settembre 1994 e, da ultimo, la Legge Regionale n. 6 del 15 Aprile 1998 recante il Nuovo ordinamento e disciplina delle Comunità Montane). 4

5 garantiva il successo degli interventi anche in aree caratterizzate da elementi di arretratezza e marginalità. L analisi dei risultati prodotti da tali politiche ha alimentato, in sede comunitaria, un approfondita riflessione da cui è scaturita una completa revisione degli obiettivi politici comunitari e che ha condotto, nei suoi effetti più immediatamente percepibili, ad un importante processo che modifica radicalmente i criteri di allocazione delle risorse e delle iniziative di spesa dei fondi strutturali i quali, peraltro, sono definiti in modo nuovo con la finalità dichiarata di strumento comunitario di coesione economica e sociale. Ma da questo vistoso processo emergono anche nuove forme di intervento per lo sviluppo territoriale che ha generato metodi sperimentali di programmazione (PIM). Soprattutto, sono state tracciate le linee guida per la riforma della PAC che, nell arco di alcuni anni ( ) ha modificato impostazione e strumenti ed ha favorito l emersione di un nuovo approccio allo sviluppo delle aree rurali che ha trovato, nel documento Il futuro del mondo rurale, elaborato dalla Commissione, un importante codifica. Detta impostazione, ulteriormente rafforzata nel documento conclusivo della conferenza di Cork del 1997, ha trovato momenti di verifica e di sperimentazione nei Programmi di Iniziativa Comunitaria Leader e Leader II le cui finalità specifiche, in sintonia al nuovo corso delle politiche comunitarie, si riconducono alla promozione dello sviluppo locale in ambito rurale dove la logica dell intervento muove dalla diversità concettuale tra semplice crescita e sviluppo. Quest ultimo non è solo un processo economico ma è soprattutto un processo sociale e, in quanto tale, deve tenere in debito conto tutti gli aspetti critici dello scenario locale. Aspetti di natura produttiva, certo, ma anche socio-demografici, culturali, ambientali e localizzativi. Sicché la promozione dello sviluppo in ambito rurale non coincide con la promozione dello sviluppo agricolo: se lo spazio rurale è un concetto territoriale e non settoriale, occorre mantenere una visione integrata dei problemi. Soprattutto, le soluzioni non devono essere semplicemente orientate al soddisfacimento dei bisogni di tipo materiale, ma devono tener conto del sistema di relazioni culturali, sociali, politiche, economiche ed istituzionali sedimentate in un contesto territoriale. Più di recente, la stessa Commissione Europea ha inteso tradurre tale impostazione metodologica anche dal punto di vista normativo attraverso l ampliamento della sfera di applicazione del Feoga nel cofinanziamento degli interventi a favore dello sviluppo rurale 2, riconoscendo in tal modo la necessità di favorire l intervento integrato nelle aree rurali. In sostanza, l attenzione si è spostata sulla dimensione territoriale del processo di sviluppo, attraverso il riconoscimento di un pluralismo tipologico dei modelli territoriali. In questo quadro dinamico appena delineato appare evidente l affermazione di alcuni concetti chiave: 2 Cfr. Regolamento (CE) 1257/99, art

6 lo sviluppo equilibrato di un territorio rurale deve poggiare su politiche ed interventi di natura trasversale ed integrata, in grado di promuovere e valorizzare le risorse disponibili e alimentare un processo autopropulsivo. Viene pertanto riconosciuta l infruttuosità di politiche d intervento monosettoriale come motori della crescita economica dei territori rurali; la programmazione degli interventi su base territoriale deve necessariamente fare leva su un accurata analisi del contesto locale. In tal modo è possibile evidenziare gli elementi di maggiore debolezza della struttura socio-economica locale, proponendo linee d indirizzo in grado di promuovere la valorizzazione dei punti di forza; la partecipazione attiva dei partenariati locali nella fase di programmazione dello sviluppo assume una rilevanza strategica ai fini dell efficacia dell intervento poiché determina una maggiore rispondenza delle strategie proposte rispetto alle effettive e reali esigenze che si manifestano in ambito locale; tale approccio, comunemente denominato bottom-up rappresenta un importante momento di crescita culturale e metodologica poiché favorisce la partecipazione democratica e la condivisione delle strategie di intervento, ma anche l individuazione delle responsabilità politiche ed amministrative, in linea con il principio della sussidiarietà. Sulla base di queste premesse, il Piano di Sviluppo Socio-economico, elaborato dalla Comunità Montana del Titerno, intende proporre un modello di sviluppo fondato sulla logica dell integrazione e della sostenibilità degli interventi secondo un approccio coerente con le nuove metodologie di pianificazione dell intervento integrato in ambito rurale. Ne discende che l impostazione programmatica e la stessa filosofia con la quale sono stati affrontati i problemi dello sviluppo nell area si discostano sostanzialmente dalla precedente elaborazione progettuale. In tal senso, la Comunità Montana ha inteso utilizzare lo strumento della pianificazione allo scopo di individuare linee strategiche di indirizzo programmatico che si traducano, operativamente, in un pacchetto di iniziative ed interventi finalizzati all attivazione di percorsi autopropulsivi di sviluppo sostenibile ed integrato. Il concetto chiave che permea la struttura del Piano è dunque rappresentato dalla integrazione delle iniziative, intesa non solo nel senso della trasversalità settoriale, ma, soprattutto, come aggregazione sinergica delle risorse strutturali, produttive, ambientali, sociali e culturali che il territorio è in grado di esprimere. Tale interpretazione è in linea con le più moderne impostazioni della programmazione in ambito rurale, che superano la logica settoriale dello sviluppo e si rivolgono al territorio, come insieme integrato di risorse di cui il settore primario non è che una componente, sia pure di notevole peso. In linea con tale interpretazione, gli interventi adottati per promuovere lo sviluppo di un territorio vanno rivolti alla valorizzazione di tutti i settori 6

7 produttivi, tenendo conto del contesto storico-culturale, ambientale, territoriale di riferimento. E in tale spirito che si muove il presente piano: l integrazione degli interventi e la necessaria concentrazione degli stessi trovano la loro esplicitazione nell ambito di un piano unico per il territorio della Comunità, le cui linee strategiche d intervento, in quanto fondate sull analisi del contesto locale e basate su momenti partecipativi sviluppati in ambito locale, risultano coerenti con le caratteristiche strutturali, sociali ed economiche del territorio. L obiettivo globale promosso dal Piano, in linea con gli obiettivi che, su scala territoriale più ampia, sono stati fissati nel quadro della programmazione del QCS , è rappresentato dalla soluzione del problema dello spopolamento e dell invecchiamento demografico, da perseguire attraverso la creazione di idonee condizioni che favoriscano la crescita dei livelli occupazionali, il potenziamento e la valorizzazione del sistema economico-produttivo il miglioramento della qualità della vita, nel quadro di un armonico ed equilibrato sviluppo del territorio. In altre parole, attraverso il Piano di Sviluppo Socio-economico la Comunità Montana intende tracciare le linee d indirizzo strategico al fine di innescare un processo capace di attivare meccanismi virtuosi di sviluppo economico integrato e sostenibile, rimuovendo i vincoli che ne ostacolano o limitano la crescita e concorrendo alla valorizzazione delle risorse economico-produttive, umane ed ambientali locali. Il Piano, nelle sue proposte operative, tiene inoltre in debito conto il contesto normativo e programmatico di riferimento, con particolare riferimento alle indicazioni ed alle linee strategiche individuate dalla Regione Campania in sede di elaborazione del Programma Operativo Regionale che rappresenta un importante momento riflessione sulle potenzialità del territorio e sugli indirizzi strategici della programmazione territoriale. In tale quadro viene riaffermato il ruolo centrale della Comunità Montana nella definizione delle linee di intervento programmatico per il territorio, quale ente intermedio di riferimento, contraddistinta da un forte grado di coesione, in grado di esaltare gli obiettivi della programmazione in una logica che assume la centralità del territorio visto quale organizzazione di aree caratterizzate da un insieme variegato di relazioni e di molteplici funzioni. Se messi in relazione organica, questi rapporti consentono di realizzare delle economie o esternalità (complementarità, s inergia e specializzazione) che consentono di superare i costi dovuti alla mancata opportunità di economie di scala significative. L obiettivo del Piano, quindi diventa essenzialmente quello di favorire la realizzazione di tali sinergie in un quadro unico di riferimento che orienti l azione di soggetti pubblici ed operatori locali privati. 3 In particolare il Piano di Sviluppo per il Mezzogiorno, che ispira gli orientamenti strategici ed operativi del POR Campania. 7

8 2. La struttura del Piano Il Piano è stato articolato in due sezioni. La prima sezione accoglie la descrizione degli aspetti territoriali, sociodemografici ed economici del territorio. Viene inoltre brevemente esposto un quadro di riferimento storico del territorio e l indicazione delle principali caratteristiche ambientali e culturali del comprensorio del Titerno. Esaminato l ambito di interesse, ed esposti i dati più significativi riguardo alle tematiche trattate, viene successivamente affrontata l analisi degli SWOT territoriali. Tale analisi è seguita da una diagnosi volta all individuazione di profili territoriali omogenei in base ad alcuni aspetti territoriali, socio-demografici e produttivi e ad individuare le specificità e le vocazioni di singoli ambiti. L individuazione del profilo socio economico del territorio e delle vocazioni di ciascun ambito rappresentano la base per la conseguente individuazione delle linee di indirizzo strategico che la Comunità Montana del Titerno intende proporre per garantirne uno sviluppo economico equilibrato, integrato e sostenibile. Nella seconda sezione si identificano gli obiettivi globali fissati dal Piano e, conseguentemente, si propone un pacchetto di interventi giudicati strategici ai fini del raggiungimento degli obiettivi, compatibilmente con le linee d indirizzo e gli strumenti della Programmazione Regionale contenuti nel Programma Operativo Regionale (POR) e nel Piano di Sviluppo Rurale (PSR) della Campania. Le fonti informative e le metodogie di analisi sono di volta in volta indicate in testo. Principalmente, si è fatto riferimento alle indagini censuarie dell Istat e della Camera di Commercio di Benevento. Indagini tematiche più specifiche sono state integrate con le più recenti informazioni pubblicate a cura dell Assessorato regionale alla Ricerca Scientifica, Statistica, Sistemi Informativi, Informatica e dall Istituto G. Tagliacarne. Ulteriori fonti informative sono indicate nell allegato bibliografico in appendice. La ricerca on desk si è infine arricchita di elementi conoscitivi di tipo qualitativo, attraverso una ricognizione diretta nel corso della quale sono stati consultati opinion leaders rappresentanti del mondo delle istituzioni e dell imprenditoria locale, della ricerca e dell Università. 8

9 PARTE I Analisi conoscitiva del sistema locale 9

10 3. Profilo territoriale L analisi che segue assume come ambito d indagine il comprensorio della Comunità Montana del Titerno, nel quale ricadono 12 comuni della provincia di Benevento: 1. Castelvenere, 2. Cerreto Sannita, 3. Cusano Mutri, 4. Faicchio, Guardia Sanframondi, 6. Pietraroja, Ponte, 8. Pontelandolfo, 9. San Lorenzello, 10. San Lorenzo Maggiore, San Lupo, 12. San Salvatore Telesino. Il comprensorio è situato nel settore nord-occidentale della provincia di Benevento ed occupa un area dell Appennino Campano tra il Massiccio del Matese, i Colli del Tammaro e la Valle Telesina. Il territorio è connotato da una dominanza di aree collinari e montane, da condizioni geo-pedologiche poco favorevoli allo sviluppo di attività agricole intensive e da un armatura urbana scarsamente robusta. Le condizioni di accessibilità generale sono in parte soddisfacenti, soprattutto riguardo ai collegamenti con l esterno della fascia a ridosso della Valle Telesina, ma non particolarmente brillanti per quanto riguarda le comunicazioni all interno della Comunità, con particolare riferimento ai centri rurali della fascia collinare e montana, nei quali si è prodotta una progressiva marginalizzazione rispetto alle dinamiche dello sviluppo sociale ed economico rilevate nel corso degli ultimi decenni sullo scenario nazionale, ma anche rispetto alle aree costiere pianeggianti della regione. Gli effetti indotti da tale marginalizzazione, sul territorio e sulle condizioni socio-economiche delle popolazioni, sono piuttosto evidenti e si traducono in un progressivo abbandono delle attività agro-silvo-zootecniche tradizionali 10

11 ed in un allarmante impoverimento demografico. A tali effetti sono collegati fenomeni di degrado e dissesto dei terreni e dei versanti, di dequalificazione del patrimonio insediativo e della struttura dei centri urbani presenti, di assestamento su condizioni di autoconsumo e di ristagno delle produzioni e delle attività economiche. In sintesi, dunque, si è nel tempo verificata una diminuzione del ruolo funzionale e dell identità complessiva dei territori della Comunità Montana, che non risultano più sufficientemente attrattivi rispetto alle aree costiere e di pianura, stentando a trovare un nuovo rapporto rispetto alle aree forti della regione Campania. 3.1 Aspetti morfologici ed idrografici Il territorio della Comunità Montana si estende su una superficie di circa 317,9 kmq. Dal punto di vista altimetrico oltre il 45% della superficie è classificata come area montana, mentre il 45% è rappresentata da territori collinari. Fatta eccezione per alcune aree di collina, il comprensorio non presenta elevati indici di urbanizzazione. Alcuni comuni (prevalentemente quelli della fascia pedemontana) presentano una struttura urbana relativamente disgregata, con una significativa presenza di case sparse (Cerreto Sannita, Pontelandolfo e San Lorenzello, in particolare). In altre aree, invece, si rileva la presenza di una concentrazione abitativa nel nucleo urbano (in particolare, Guardia Sanframondi). Tabella 1: Superficie dei comuni per zone altimetriche Comune Superficie (kmq) Altitudine Montagna Collina Pianura Totale Max Min Castelvenere 15,23 15, Cerreto Sannita 33,26 33, Cusano Mutri 58,86 58, Faicchio 43,88 43, Guardia Sanframondi 21,00 21, Pietraroja 35,60 35, Ponte 17,79 17, Pontelandolfo 28,91 28, San Lorenzello 13,88 13, San Lorenzo Magg. 16,17 16, San Lupo 15,18 15, S. Salvatore Telesino 18,15 18, Comunità Montana 127,72 190, , Fonte: Regione Campania - Informatore Statistico Campano,

12 Dal punto di vista orografico si rilevano variazioni altimetriche poco accentuate nella fascia collinare del comprensorio, ma nelle aree montane la morfologia è molto aspra, con accentuate variazioni altimetriche e stretti valloni e canyons che solcano i versanti. Il corso d acqua principale è il torrente Titerno, che scorre da Nord a Sud e confluisce nel Volturno in comune di Faicchio; si hanno briglie nel tratto a monte del corso principale e lungo alcuni tributari nei pressi di Petraroja, Cusano Mutri, Cerreto Sannita e S. Lorenzello. Una leggenda racconta che Quinto Fabio Massimo, mentre attraversava queste gole nel corso della II Guerra Punica, appresa la notizia della nascita del figlio Tito, avrebbe esclamato: Tu Titus Aeternus, da cui deriverebbe il nome attuale del torrente : Titerno appunto. Gli affluenti principali del Titerno sono i torrenti Torbido, Reviola, Vallantica, Tullio e Cervillo, che scorrono e confluiscono tutti nel territorio della Comunità Montana. Confluiscono invece sul Calore i torrenti che scorrono nel settore sud-orientale del comprensorio, tra cui lo Janare, l Alenticella e l Alente. La natura generalmente calcarea del substrato provoca inoltre una notevole idrovia a discapito dello scorrimento superficiale, favorendo una diffusa circolazione idrica sotterranea, alimentando le falde acquifere e originando numerose polle e sorgenti di montagna, che scaturiscono nei punti di brusco cambiamento di pendenza o di contatto con strati poco o per nulla permeabili. I limiti territoriali della Comunità Montana del Titerno sono rappresentati a settentrione dal Monte Tre Confini nel Comune di Pietraroja (Latitudine Nord di ), a meridione dal Fiume Calore nel Comune di Ponte (Latitudine Nord di ), ad oriente dalla località Zingara Morta nel Comune di Pontelandolfo (Longitudine Est di ) e ad occidente dalla confluenza del Torrente Titerno nel Fiume Volturno in tenimento di Faicchio (Longitudine Est di ). Il territorio si sviluppa tra la quota minima di 46 m s.l.m. della Piana del Volturno e la quota massima di 1823 m s.l.m. del Monte Mutria. Dal punto di vista morfologico è possibile distinguere una cinta di rilievi appartenenti ai Monti del Matese (a Nord ed a Nord-Ovest), una zona altocollinare e montuosa delle propaggini matesine (a Nord-Est), una zona collinare pedemontana (porzione mediano-orientale), la sviluppata Valle del Titerno (valle intramontana di Cusano a Nord, media valle nella porzione mediano-occidentale e bassa valle a Sud-Ovest), la Valle in destra idraulica del Fiume Calore (a Sud-Est) e la Piana Telesina s.l. (a Sud-Ovest). I centri abitati sono ubicati principalmente nella fascia pedemontana dei Monti del Matese lungo la media Valle del Titerno (Cerreto Sannita-m 300 s.l.m., San Lorenzello-m 230 s.l.m. e Faicchio-m 210 s.l.m.), nella fascia pedemontana mediano-orientale (Guardia Sanframondi-m 420 s.l.m., San Lorenzo Maggiore-m 350 s.l.m., San Lupo-m 500 s.l.m. e Pontelandolfo-m 510 s.l.m.) e nelle contigue piane del Calore e Telesina (Ponte-m 90 s.l.m., 12

13 San Salvatore-m 90 s.l.m. e Castelvenere-m 120 s.l.m.); limitato a Pietraroja l insediamento nella zona montana (m 820 s.l.m.) mentre Cusano Mutri (m 450 s.l.m.) occupa l ampia depressione dell alta valle del Titerno. 3.2 Inquadramento geologico La cinta di rilievi appartenenti ai Monti del Matese (Monte Mutria, Civita di Cusano, Civita di Pietraroja, Monte Pastonico, Monte Erbano, Monte Monaco di Gioia), comprensiva delle propaggini meridionali (rilievi isolati di Monte Acero, Rocca di San Salvatore e Monte Pugliano), è costituita da SEDIMENTI CARBONATICI DI PIATTAFORMA, di età principalmente Mesozoica (dal tardo Triassico-200 milioni di anni fa al Cretacico Superiore- 70 milioni di anni fa), ed in subordine Cenozoica (Periodo Miocene: milioni di anni fa). Tali rocce si sono deposte in un ambiente marino poco profondo, in un clima tropicale, lungo il margine del continente africano in via di separazione da quello europeo (prima di allora uniti nel supercontinente Pangea). Nel Mesozoico l ambiente, nell area mediterrane, doveva essere molto simile a quello delle attuali Bahamas o della Grande Barriera Corallina australiana e, nell intero periodo di deposizione, protratto per circa 150 milioni di anni, si sono create le condizioni per l accumulo di qualche migliaio di metri di sedimenti calcarei. I monti del Matese, lateralmente (ad oriente), lasciano il posto ad una zona alto-collinare e montuosa (dorsali M. Moschiaturo-M. Defenza-Pesco Finocchio-Montalto, Monte Pagliarelle-Colle Spione-Monte Coppe e Monte Calvello-Monte Forgioso), costituita dai SEDIMENTI CALCAREI e MARNOSO-CALCAREI in facies di Transizione, del Cretacico Superiore- Oligocene (70 25 milioni di anni fa). Eteropici ai Calcari del Matese, tali Sedimenti si sono deposti in un ambiente marino di scarpata, transizione tra la Piattaforma Carbonatica del Matese ed il Bacino Molisano. I SEDIMENTI CARBONATICI di Piattaforma e quelli CALCAREI e MARNOSO-CALCAREI di Transizione, a seguito di una inversione delle condizioni dinamiche dell area mediterranea (dal Cretacico in poi il margine del continente africano e di quello europeo cominciano ad avvicinarsi per poi collidere), con l orogenesi alpina-appenninica, vengono smantellati e, ridotti in blocchi di notevoli dimensioni (falde), impilati a formare l ossatura della futura catena appenninica. Durante l orogenesi, nel Miocene medio-superiore (15 5 milioni di anni fa), nelle zone di avanfossa (ambiente marino da prossimale a profondo in continua evoluzione spaziale) si depongono i SEDIMENTI ARENACEO- PELITICI in facies di Flysch (Formazione di Pietraroja ed Arenarie di 13

14 Caiazzo) e giungono, come coltri trasmigrate da altri domini paleogeografici, i SEDIMENTI CALCAREO-MARNOSO-ARGILLOSI di provenienza alloctona. Tali sedimi occupano le principali depressioni morfologiche del territorio della Comunità Montana del Titerno (l intera valle del Titerno e la fascia pedemontana a nord del Fiume Calore) ed in particolare i Sedimenti Arenaceo-Pelitici risultano, in affioramento, i terreni maggiormente rappresentati nell intero territorio. Gli sforzi di compressione, intensi durante gran parte del Miocene e localmente ancora oggi in atto, via via si attenuano e dal Pliocene (5 milioni di anni fa) la catena appenninica si solleva (fasi di neotettonica connesse ad un riequilibrio isostatico delle masse crostali) fino a raggiungere l attuale conformazione. Il sollevamento della Catena definisce delle aree ribassate (zone vallive) che rappresenteranno, durante il Quaternario, il substrato di accumulo di DEPOSITI CONTINENTALI costituiti da sedimenti alluvionali, piroclastici e detritici. In particolare l ampia Valle del Fiume Calore è stata interessata da almeno due cicli di sedimentazione Pleistocenici in cui si riconoscono Depositi Fluviali Antichi (Pleistocene Medio-circa anni fa) con caratteristico paleoterrazzo sommitale intorno ai 170 m s.l.m. ed Alluvioni Sabbioso-Ghiaiose (Pleistocene superiore), terrazzate fino a metri 20 circa sull alveo attuale. L ultimo ciclo di sedimentazione (recente) caratterizza sia la Valle del Calore che le altre principali aree vallive (Torrente Titerno, Torrente Seneta, Piana Telesina) ed è costituito da depositi di fondovalle e di riempimento degli alvei abbandonati, da alluvioni distali del sistema Titerno-Volturno-Calore e da depositi fluvio-palustri, con episodi travertinosi, della Piana Telesina. I DEPOSITI PIROCLASTICI affioranti sono connessi ai numerosi episodi eruttivi della vicina cinta vulcanica tirrenica Somma-Vesuvio, Campi Flegrei e Roccamonfina; in particolare, nell area sud-occidentale della Comunità Montana del Titerno è presente una copertura piroclastica costituita dal Tufo Grigio Campano derivante dall ignimbrite, eruzione parossistica che circa anni fa si sviluppò dalla zona Campi Flegrei. Ad ammantare i principali rilievi (Monte Mutria, dorsale Monte Pastonico-Monte Pesco Lombardo-Civita di Cusano-Civita di Pietraroia, Monte Monaco di Gioia, Monte Acero, Monte Croce), infine, si rinvengono DEPOSITI DETRITICI, di falda e di conoide, connessi alla degradazione (soprattutto crioclastica) delle unità carbonatiche costituenti il monte. 3.3 Aree di particolare interesse scientifico Nell area della Comunità Montana del Titerno il gioiello naturalisticoscientifico è rappresentato dal Parco Geopaleontologico di Pietraroja; esso occupa l alta porzione (Civita di Pietraroja - m 960 s.l.m.) di una monoclinale 14

15 che pone in affioramento, per circa 400 metri, una parte della serie mesozoica. Gli ultimi strati di tale serie sono costituiti dai "Calcari ad Ittioliti di Pietraroja dove si rinvengono, da circa 200 anni, resti ben conservati di pesci fossili, anfibi, rettili, gasteropodi e piante. I resti fossili rinvenibili sono di inestimabile valore paleontologico e rappresentano un particolare episodio sedimentario di un ambiente lagunare nell ambito di una Piattaforma Carbonatica posta al largo del Continente Africano. In particolare la laguna veniva ciclicamente isolata dal mare aperto e, grazie allo sviluppo di gas tossici (idrogeno solforato) dai fondali, con periodicità, si verificavano catastrofici processi di mortalità di massa (tanatocenosi) degli organismi in essa presenti. I resti, poi, ricoperti da sedimenti, fossilizzavano. Simili fortuiti eventi hanno in natura un carattere di eccezionalità e permettono, attraverso uno studio geologico e paleontologico, di ricavare innumerevoli e preziose informazioni paleoecologiche, paleoambientali ed evoluzionistiche. Un giacimento di così grande importanza scientifica ha richiamato, nel tempo, la presenza di numerosi e valenti studiosi (italiani e stranieri) che hanno dedicato interi lustri per la ricerca e lo studio dei reperti. I primi scavi e studi sistemati furono effettuati da O.G. COSTA per circa un ventennio ( ) ma bisogna attendere la stesura della magistrale monografia di G. D ERASMO ( ) per la definizione della stratigrafia della località Cavere e per una dettagliata descrizione di 400 esemplari tra pesci, anfibi, rettili e crostacei. E del 1982, poi, una campagna di scavi da parte dell Istituto di Paleontologia dell'univestità di Napoli (in collaborazione col Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino) che ha permesso di catalogare altri duecento esemplari di ittioliti nonché rettili, gasteropodi e resti di vegetali. Anche se esistono altre località di grande importanza scientifica per la presenza di pesci fossili, il giacimento fossilifero di Pietraroja, conservando tracce di vita di circa 110 milioni di anni fa, rappresenta un patrimonio unico nel suo genere e, unitamente all'intera Civita, costituisce un vero e proprio "monumento geologico" in quanto vi si conservano le testimonianze dei grandi eventi geologici che hanno costruito prima e modellato poi la Catena Appenninica. Recentemente il giacimento fossilifero di Pietraroja é rimbalzato di nuovo nella cronaca nazionale ed internazionale per il rinvenimento di Scipionyx Samniticus, un fossile di dinosauro simpaticamente battezzato Ciro, primo ed unico fossile del suo genere venuto alla luce in Italia. La presenza di un dinosauro imprigionato nei sedimenti della Laguna di Pietraroja rappresenta un evento eccezionale che ha aperto seri interrogativi nel mondo scientifico circa le conoscenze finora maturate sull evoluzione dell area mediterranea durante il Mesozoico. 15

16 Un evento fortuito ha voluto che il piccolo Scipionyx cadesse nella laguna, restasse intrappolato nei fanghi calcareo-selciosi del fondale e successivamente, ricoperto da altri sedimenti, fossilizzasse conservandosi in maniera quasi intatta fino ai nostri giorni. Rinvenuto da un certo Todisco agli inizi degli anni ottanta, è stato studiato dai Paleontologici Dal Sasso e Signore che ne hanno determinato anche l età in 113 milioni di anni; l eccezionalità dell evento è stata, poi, consacrata dalla prestigiosa rivista scientifica Nature che ne ha pubblicato un resoconto. Oltre al Giacimento di Pietraroja, altre aree della Comunità Montana del Titerno conservano interessanti resti fossili. In particolare si ricordano le calcareniti bioclastiche mioceniche (Formazione del Cusano), che abbondano di resti di Litotamni (alghe rosse incrostanti), Pecten ed Ostreidi (Lamellibranchi), Briozoi (organismi simili ai caralli) ed Echinodermi, nei pressi di Pietraroja e calcareniti con diffusi denti di pesci alla località Regia Piana; ancora, i calcari a Rudiste del Cretacico Superiore alle località Pesco Rosito, Regia Piana, Monte Cigno, i calcari a Requienie nei pressi di Cerreto Sannita e le argille a Discocicline, Oligoceniche, nei pressi di San Lupo. Oltre alle predette emergenze, il territorio offre altre zone di particolare interesse naturalistico-scientifico legate alle peculiarità dell evoluzione geomorfologica locale. Esempi sono la forra tra la Civita di Pietraroja e la Civita di Cusano e quella alla base del Monte Cigno che rappresentano delle profonde incisioni vallive a pareti subverticali formatasi a seguito della continuata azione erosiva e dissolutrice del Torrente Titerno nel corso di migliaia e migliaia di anni; ancora, le caratteristiche conche tettono-carsiche (piane di alta quota completamente circondate da monti), tra cui le più estese sono quelle di Selvapiana (a sud del Monte Pastonico), de il Campo (a nord del Monte Monaco di Gioia) e del Lagospino (ad est di Monte Calvello), le numerose doline (presenti nei rilievi matesini e particolarmente concentrate sul Monte Pugliano) e le diffuse grotte (tra cui le Grotte dei Banditi, di San Michele e Pirella lungo il versante meridionale del Monte Monaco di Gioia, la Grotta di Monte Cigno, quella della Leonessa e delle Ripe del Corvo e la Grotta del Ciesco) rappresentano le forme più evidenti di quel processo morfogenetico (Carsimo) che, connesso a più cicli di dissoluzione delle rocce ad opera delle acque superficiali e sotterranee, ha così intensamente interessato ed interessa tuttora i principali rilievi carbonatici del territorio; i paleoterrazzi sommitali dei Sedimenti Alluvionali Antichi del Fiume Calore, infine, elevati di circa 100 metri dall attuale piana, fanno bella mostra di ciò che resta di un ampia superficie su cui, in un periodo interglaciale ( anni fa), scorreva il Calore. 3.4 Inquadramento idrogeologico 16

17 Il territorio della Comunità Montana del Titerno, seppur in modo non omogeneo, è interessato da cospicue circolazioni idriche sotterranee. Il principale acquifero è rappresentato dai SEDIMENTI CARBONATICI MESOZOICI caratterizzati da una elevata permeabilità per fratturazione e carsismo. In particolare nei rilievi carbonatici, dal Monte Mutria a nord fino al Monte Pugliano a sud, è impostata, a quote comprese tra 58 e 70 m s.l.m., una circolazione idrica profonda che corrisponde alla copiosa falda di base del Matese Orientale. La zona di recapito finale di tale circolazione è rappresentata dal Gruppo Sorgentizio del Grassano che, con una portata minima pari a circa 4.5 mc/sec ed una portata massima pari a circa 6.0 mc/sec, rappresenta una delle principali sorgenti dell Italia Meridionale. La predetta falda è captata da diversi pozzi profondi localizzati nei territori di San Lorenzello, Faicchio e San Salvatore mentre parte delle acque della sorgente vengono utilizzate ai fini irrigui. La profondità della circolazione idrica ed i lunghi tempi di percorrenza sotterranea garantiscono una scarsa vulnerabilità dell acquifero ma per contro sono responsabili di un alta mineralizzazione delle acque. Un altro rilevante acquifero è costituito dalla falda di subalveo del Fiume Calore. Esso è impostato, ad una quota di circa 40 m s.l.m., all interno dei Sedimenti Alluvionali della piana s.s. caratterizzati da una permeabilità da medio-alta ad alta per porosità ed è alimentato soprattutto da travasi da acquiferi adiacenti (Massiccio del Camposauro). Lo sviluppo sotterraneo della falda è complesso e strettamente legato alla eterogeneità granulometrica dei sedimenti alluvionali mentre per quanto concerne la sua potenzialità, pur mancando dati quantitativi legati ad una sistematica campagna di rilievi, è valutabile in almeno diverse decine di litri al secondo. Allo stato tale falda è in parte captata (attraverso pozzi profondi) ai fini irrigui ed in subordine ai fini potabili. La profondità di rinvenimento della falda garantisce un suo buon isolamento e quindi una scarsa vulnerabilità dell acquifero. Acquiferi meno copiosi dei precedenti ma comunque di rilevante importanza comunale o sovracomunale sono quelli rinvenibili nella fascia alto-collinare e montuosa nord-orientale ed orientale del territorio, impostati all interno dei Sedimenti Calcarei di Transizione caratterizzati da una medio-alta permeabilità per fratturazione/fessurazione. Tali acquiferi, posti a medie profondità, alimentano una ventina di sorgenti principali caratterizzate da portate massime anche di alcune decine di litri al secondo e minime sempre superiori ai 2 litri al secondo. Le portate non trascurabili e l ubicazione a quote generalmente superiori a quelle dei centri abitati più vicini hanno reso tali sorgenti la principale fonte locale di approvvigionamento idrico ai fini potabili. Per quanto concerne la vulnerabilità di detti acquiferi, essendo relativamente breve e veloce il deflusso idrico sotterraneo, elevata la permeabilità e spesso obsolete le opere di captazione, essa è da rit enersi alta. 17

18 Le altre aree della Comunità Montana del Titerno (più del 50% dell intero territorio) sono generalmente povere di risorse idriche. Trattasi di aree di affioramento di terreni a media oppure a bassa/nulla permeabilità che possono essere sede soltanto di modesti acquiferi alimentanti pozzi e sfiori sorgentizi a potenzialità mai rilevante oppure interessate da pozzi superficiali e da emergenze stagionali. Alcune delle sorgenti perenni presenti in tali aree risultano comunque captate ai fini potabili; ciò pone serie problematiche igienico-sanitarie in quanto, essendo alta la vulnerabilità idrogeologica di detti acquiferi, le relative emergenze idriche subiscono periodici inquinamenti in connessione ad eventi metereologici di particolare intensità in quanto le acque di dilavamento superficiale riescono a penetrare in tempi brevi all interno dell acquifero ed a mescolarsi con le acque della sorgente. Negli ultimi anni gli sforzi per un uso più razionale delle risorse idriche, bene sempre più prezioso, sono stati apprezzabili ma certamente ancora insufficienti tant è che stagionalmente l acqua in alcuni centri è razionata e le sorgenti ancora non sono completamente salvaguardate dall inquinamento. Allo stato le problematiche più urgenti da affrontare sono legate alla gestione troppo diversificata della rete da parte degli Enti, alla vetustà di ampie porzioni della rete e delle captazioni e alle carenze negli interventi di protezione e salvaguardia degli acquiferi ad alta vulnerabilità. 3.5 Inquadramento idrografico ed idrologico Il territorio della Comunità Montana del Titerno si sviluppa ad est del medio corso del Fiume Volturno ed a nord del basso corso del Fiume Calore. Il Fiume Volturno riceve le acque del Torrente Titerno che drena la porzione settentrionale e mediano-occidentale del territorio per una superficie di circa 167 Kmq. Il Fiume Calore riceve, invece, le acque dei numerosi e spesso modesti corsi d acqua (Torrenti Truono-Portella-Grassano, Seneta, Ratello-Capuano, Acquafredda, Ianare, Lente e Valloni Codachio, la Cerasa, Lago, del Corpo, Fornace) che drenano la porzione meridionale ed orientale del territorio per una superficie complessiva di circa 113 Kmq. Nell ambito del Bacino Idrografico del Torrente Titerno è possibile distinguere un alto bacino, a monte della Forra di Ponte Lavello, un medio bacino, fino all abitato di Faicchio, ed un basso bacino, fino alla confluenza nel Volturno. Nell alto bacino, a monte della forra tra la Civita di Cusano e quella di Pietraroia è presente la testata del Titerno costituita dalla terna di impluvi del Fosso Acqua Calda, Fosso Santa Crocella-Fosso Pertosa-Rio Fosco e Rio Selva; nell ampia valle intramontana di Cusano, poi, il T. Titerno riceve, in sinistra, le acque del Rio Torbido (sottobacino esteso per circa 8 Kmq) e del Torrente Vallantica (sottobacino esteso per circa 17 Kmq) 18

19 ed in destra quelle del Fosso Acqua Paradiso (sottobacino esteso per circa 9 Kmq), immediatamente a valle della Civita di Cusano, e del Torrente Reviola (sottobacino esteso per circa 21 Kmq), a valle del centro abitato di Cusano Mutri. Nella medio-valle il Torrente Titerno riceve, in sinistra orografica, altri importanti affluenti quali: il Torrente Tullio (sottobacino esteso per circa 10 Kmq) ed il Vallone Selvatico (sottobacino esteso per circa 9 Kmq), rispettivamente a monte e a valle dell'abitato di Cerreto Sannita, e il Torrente Cervillo (sottobacino esteso per circa 8 Kmq), tra le località S. Donato e Addone. Nella bassa valle gli affluenti del Torrente Titerno hanno un ruolo secondario in quanto trattasi in gran parte di aste torrentizie di modesto sviluppo e di tipo effimero. Il bacino idrografico del T. Titerno è separato da quello del basso corso del Fiume Calore tramite i crinali di Monte Valluccio-Monte Coppe-Ripe del Corvo e Colle Pezzente-Colle Calce-Monte Acero. Tra gli affluenti del Fiume Calore un particolare rilievo assumono il Torrente Lente (il cui sottobacino interessa il territorio della CMT per circa 42 Kmq), il Torrente Seneta (con un sottobacino esteso per circa 16 Kmq), il Torrente Ianare (con un sottobacino esteso per circa 11 Kmq) ed il Torrente Ratello (con un sottobacino esteso per circa 11 Kmq). I predetti corsi d acqua risultano in gran parte allungati in direzione Nord-Sud e sono caratterizzati da elevate pendenze. I restanti affluenti, fatta eccezione per il Torrente Portella che riceve le acque delle copiose Sorgenti del Grassano, sono per lo più effimeri e di modestissimo sviluppo. Per quanto concerne le caratteristiche del reticolo idrografico assolcante il territorio della Comunità Montana del Titerno, esso si presenta a densità da media a scarsa ed a forme dentritico-parallele e parallelo-pinate sui versanti di testata dei principali rilievi calcarei mentre si presenta a densità da media ad elevata e con forme dentritiche, talora spinte a calanchi, nelle aree dove affiorano litotipi a prevalenza di "fine". In relazione alle condizioni orografiche, inoltre, l intero reticolo dei medio-alti sottobacini, manifesta una spiccata attività erosiva. Le cinque Stazioni Pluviometriche distribuite all interno del territorio (Faicchio, Cerreto Sannita, Civitella Licinio, Cusano Mutri e San Lorenzo Maggiore) ed una sesta ubicata immediatamente a ridosso (Telese Terme), rilevano condizioni di media e medio-alta piovosità. In particolare è possibile individuare due subzone, con peculiarità altimetriche ed orografiche, corrispondenti alla fascia pedemontana e montana percorsa dal Torrente Titerno (subzona Titerno) ed alla fascia pedemontana tra il territorio di San Salvatore e quello di Pontelandolfo (subzona Calore). Nella prima gli annali del Servizio Idrografico dello Stato, relativamente al trentennio , 19

20 evidenziano condizioni di medio-alta piovosità con precipitazioni medie annue di circa 1600 mm (valori variabili da 1310 mm per la Stazione di Faicchio a 1830 mm per quella di Civitella Licinio) e con punte annuali massime di mm 2783 (Cerreto Sannita - anno 1937) e minime di mm 739 (Faicchio - anno 1932),; in tale zona le correnti umide occidentali perdono in modo marcato e repentino la loro umidità, sotto forma di pioggia, nel risalire gli imponenti rilievi. Nella seconda gli annali del Servizio Idrografico dello Stato, per lo stesso periodo, evidenziano condizioni di media piovosità con precipitazioni medie annue di circa 1200 mm e con punte annuali massime di mm 1407 (San Lorenzo Maggiore - anno 1940) e minime di mm 633 (Telese - anno 1932); per questa zona l orografia è tale da permettere un più rapido, in quanto poco ostacolato, passaggio delle correnti umide occidentali. La distribuzione delle piogge presenta una marcata differenziazione stagionale: la maggiore concentrazione è relativa al periodo autunnoinvernale (con concentrazioni massime in novembre-dicembre) e primaverile (con concentrazioni massime in febbraio-marzo) mentre nel periodo estivo giugno-agosto si ha una marcata siccità. In particolare, nella subzona Titerno, nel trimestre giugno-agosto si sono registrare precipitazioni medie minime di mm 27 con soli 3 giorni piovosi nel mese di luglio a Cerreto Sannita (decennio ) contro precipitazioni intense e frequenti di novembre e dicembre con piogge di mm di Cusano Mutri (media decennio ) con punte massime di mm 598 di Cusano Mutri (novembre 1925); nella subzona Calore, invece, nel trimestre giugno-agosto si sono registrare precipitazioni medie minime di mm 18 con un solo giorno piovoso nel mese di luglio a Telese (decennio ) contro precipitazioni in novembre e dicembre di mm (media decennio ) e punte massime di mm 322 a San Lorenzo Maggiore (novembre 1933). L'andamento pluviometrico dal 1950 ad oggi, i cui dati non sono stati ancora riepilogati in forma tabellare dal competente Servizio Idrografico del Ministero dei Lavori Pubblici, mostra valori non molto dissimili rispetto al trentennio precedente anche se è da rilevare che qualche annata dell ultimo decennio è risultata meno piovosa. Tale regime pluviometrico (precipitazioni variabili da un anno all'altro e spesso concentrate con elevate intensità orarie e giornaliere) ha come conseguenza una variabilità delle condizioni idrologiche, tanto nel regime dei corsi d'acqua (regime torrentizio), quanto nella circolazione idrica nel suolo e nel sottosuolo. Per quanto concerne, infine, le precipitazioni massime giornaliere, quelle a cui possono essere maggiormente legate fenomenologie di dissesto (alluvionamenti, erosioni, frane), dall analisi degli Annali del Servizio Idrografico, si evidenziano valori abbastanza marcati a Cusano Mutri (287 mm) e Cerreto Sannita (240 mm), intermedi a Civitella Licinio (202 mm) e San Lorenzo Maggiore (174 mm) e relativamente bassi a Telese Terme (110 mm) e Faicchio (103 mm). 20

21 3.6 Vulnerabilità geologica del territorio I maggiori rischi a cui il territorio della Comunità Montana è sottoposto sono di natura sismica ed idrogeologica, quali dissesti della rete idrografica e fenomenologie franose. Dal punto di vista sismico il territorio ricade tra grossi affioramenti di formazioni calcareo-dolomitiche (Massiccio del Matese, Gruppo Montuoso del Taburno Camposauro) costituenti una porzione di Catena Appenninica che, ancora in fase prevalente di sollevamento rispetto al margine tirrenico, è caratterizzata dalla presenza di strutture sismogenetiche lungo le quali si verificano numerosi eventi sismici. Un lavoro del C.N.R. ("Catalogo dei terremoti italiani dall'anno 1000 al 1980"), per l'area compresa nel Foglio 173 e nel Foglio 162, ha messo in evidenza riapettivamente una frequenza medio-alta e media di eventi sismici aventi un'intensità massima dell' XI grado della scala Mercalli e profondità epicentrali massime di 60 Km. Nel corso dei secoli l'area in oggetto è stata colpita da numerosi sismi (847, 894, 990, 1125, 1349, 1456, 1688, 1702, 1732, 1794, 1805, 1814, 1927, 1962, 1980 e 1981); tra essi si ricordano i terremoti catastrofici del 1456 e del 1688 (XI grado della scala M.C.S.), con epicentro all interno o prossimo al territorio in esame. Circa l entità degli eventi, per il terremoto del 1456 alcuni manoscritti rilevano che Cerreto Sannita e Guardia furono in gran parte distrutte ed il numero di vittime fu rispettivamente di 400 e 100 persone; con il terremoto del 1688 (epicentro nel Matese) vi fu la distruzione pressochè totale dei centri abitati di Cerreto Sannita, San Lorenzello, Pietraroia, Faicchio e Cusano Mutri, e, per alcuni centri, un numero di vittime pari all'incirca al 50% della popolazione. Gli studiosi, su base statistica, sono concordi nel ritenere che l area matesina sia oggi una delle aree a più alta pericolosità sismica perché è da trecento anni circa (dal 1688) che non si verifica un terremoto di particolare intensità. Attualmente tutti i comuni della Comunità Montana sono inseriti in una zona sismica di Seconda Categoria (S=9); per tali zone si prevedono sismi di Intensità massima pari 8.5 gradi della Scala Mercalli. La vulnerabilità sismica del territorio, grazie ai nuovi criteri di costruzione in zone sismiche adottati dagli anni 70, ai nuovi strumenti di pianificazione urbanistica (microzonazione sismica dei Piani Regolatori Comunali) ed agli interventi statali di cui alla legge 219/81, si è notevolmente ridotta; permangono però centri storici con case non adeguate sismicamente ed inoltre si ricorda che un evento sismico può essere il fattore determinante per il verificarsi o l'accentuarsi dei numerosi fenomeni di dissesto idrogeologico presenti nel territorio. 21

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