I quadrati di Galileo Galilei

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1 I quadrati di Galileo Galilei di Antonio Rita Premessa Galileo Galilei ( ) ha iniziato giovanissimo i suoi studi di matematica e di fisica, abbandonando quelli di medicina. Ha mostrato per prima interesse per gli scritti di Euclide e successivamente si è dedicato ad approfondire quelli di Archimede. Molti ritengono che gli studi delle opere di Archimede, tradotte in latino da Tartaglia, siano stati determinanti nella formazione dello scienziato pisano, che ha appreso, tra l altro, le nozioni fondamentali per sintetizzare nel Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo(copernicano e tolemaico) il Principio della Relatività, ancora oggi uno dei capisaldi della fisica. Il Dialogo è scritto in modo eccellente sia per il contenuto che per lo stile, ed è consigliabile la lettura a tutti i giovani perché fonte di un sapere semplice, elegante ed immenso. Marco Paolini con il suo bellissimo spettacolo itinerante ITIS Galilei mette lo scienziato pisano sullo stesso piano dei più grandi pensatori e scrittori italiani, anche perché è il primo scienziato a scrivere diffusamente di scienza utilizzando la lingua volgare. Il grande pubblico, invece, conosce meno quello che Galilei ha appreso dalle opere di Euclide e in particolare dagli Elementi perché lo stesso scienziato considerava la matematica, una materia importante ma a servizio della fisica ovvero come elemento indispensabile a spiegare i fenomeni naturali. Rammentiamo che i tredici volumi di cui è composto il libro degli Elementi di Euclide costituiscono la sintesi dei risultati raggiunti dalla matematica in Grecia fino al III a.c., ed in modo originalissimo con definizioni, assiomi e postulati aprono le porte agli studi della matematica moderna. Una sintesi di quanto Galilei ha appreso da Euclide la possiamo trovare in tutti i suoi lavori perché rileva 1

2 sempre che, nelle scienze, è di vitale importanza far riferimento al metodo scientifico (definizioni precise e rigorose dimostrazioni) sviluppato in epoca ellenista. E di Galilei la scoperta della prima e più importante proprietà dell insieme con infiniti elementi: una parte è uguale al tutto. Riferito all insieme dei numeri naturali positivi N, ciò vuol significare che N d, il sottoinsieme dei numeri naturali dispari, ed N p, quello dei numeri pari, sono equivalenti tra loro e allo stesso tempo sono entrambi equivalenti a N stesso. Nei Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze Galilei, come esempio per la sua asserzione, richiama l attenzione sul fatto che, benché intuitivamente si dica che vi siano molti più numeri naturali che quadrati, è indubbio che tra i numeri naturali ed i loro quadrati intercorra una speciale relazione (corrispondenza biunivoca). Questo ragionamento lo ripeteva riferendosi al sottoinsieme dei numeri pari ed a quelli dei numeri dispari sempre con riferimento ai quadrati dei numeri naturali positivi. Tali rilevanti novità nell ambito matematico furono presentate dal giovane Galilei, quando ancora studiava Euclide, e gli consentirono di conoscere i più grandi matematici dell epoca conquistando la loro stima ed in molti casi anche la loro ammirazione. Con Guidobaldo Dal Monte aveva un rapporto speciale ed è ipotizzabile che, tra i due, sia intercorsa una delle prime discussioni sulla numerabilità dei quadrati dei numeri interi. Guidobaldo Dal Monte, infatti, espresse in pubblico le lodi del giovane Galilei e mostrò rammarico quando (1587) l astronomo Magini fu preferito a Galilei per l insegnamento di matematica dell Università di Bologna. Fu l occasione in cui elogiò il giovane amico non solo per il progetto della bilancia idrostatica e degli studi sulle scienze applicate ma anche per le conoscenze teoriche di numerosi teoremi di matematica e per la scoperta di nuove proprietà dei numeri interi. Affermò, infatti, che Galilei rappresentava il vero erede di Niccolò Tartaglia da cui aveva imparato molti segreti sui numeri interi. 2

3 Questa presentazione consentì a Galilei, nel 1589, di ottenere la nomina a lettore di matematica presso l Università di Pisa. Non conoscendo i termini esatti delle discussioni tra Galilei e Guidobaldo Dal Monte, ma, partendo dagli elogi sulle nuove conoscenze delle proprietà dei numeri interi, risulta evidente ed interessante approfondire l argomento e ricostruire quel dialogo. Così com è presentata (senza dimostrazione formale) nei Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze, la congettura sulla numerabilità dei quadrati incuriosisce il lettore per almeno due aspetti che presentano delle lacune meritevoli di qualche esauriente risposta: 1) Galilei e altri matematici o discepoli dell epoca non hanno saputo dare un significato pratico alla sconcertante (ma anche semplice ed elegante) corrispondenza tra i numeri naturali ed i loro quadrati; 250 anni dopo, Cantor e Zermelo hanno costruito la loro fama di grandi matematici partendo dalle intuizioni di Galilei; 2) Galilei non presentava teoremi o applicazioni pratiche senza una esauriente dimostrazione. Quando lo scienziato pisano afferma (Il Saggiatore) che il libro della natura è scritto in termini matematici, egli vuole intendere che è un libro conoscibile solo per via razionale, purché la ragione usata sia quella matematica e non quella puramente dialettica. Egli ripete sempre che è indispensabile, a conferma dei teoremi scoperti, addurre qualche esperienza o esercitazione che si accordi con le conclusioni dimostrate. Partendo da queste considerazioni si può intuire che il padre della scienza moderna aveva una valida dimostrazione delle sue affermazioni e quindi contava i quadrati dei numeri interi in modo molto semplice ed accessibile a tutti, tale da non richiedere calcoli o commenti particolari. Il teorema di Galilei concernente la numerabilità dei quadrati dei numeri interi è, infatti, una rielaborazione di quello con cui Euclide dimostra che le terne pitagoriche (tre numeri interi primi tra loro con cui si può costruire un triangolo rettangolo) sono infinite. 3

4 La numerabilità dei quadrati di Galilei La dimostrazione completa dell enunciato è riportata più avanti ed è proposta nella stessa identica versione di quella contenuta in una ricerca dal titolo La funzione dei numeri primi, scritta da Antonio Rita la cui pubblicazione è in corso a cura della casa editrice di Rosalba Fiore di Potenza. Galileo Galilei contava i quadrati dei numeri interi (G 2 ) con il sottoinsieme dei numeri dispari N d nel senso che a ogni quadrato di un numero intero associava un numero dispari: a 1 associava lo stesso 1, a quattro associava 3, a 9 associava 5, ecc. Il lettore si renderà facilmente conto che ci troviamo di fronte ad una semplice proprietà dei numeri interi per cui la dimostrazione di Galilei poteva semplicemente essere considerata una verità risaputa ovvero una di quelle conoscenze la cui scoperta non può essere attribuita ad alcun matematico perché risulta una proprietà dei numeri interi. Il fatto che già Euclide avesse proposto concetti simili rendeva il lavoro di Galilei un semplice approfondimento. Le proprietà dei numeri sono interessanti e suscitano entusiasmi quando sono presentate a un pubblico che ne ignora l esistenza, trovano vigore quando sono applicate per la dimostrazione di teoremi, altrimenti sono poco utilizzate e facilmente dimenticate, nel senso che vengono riprese raramente e solo quando sono necessarie. La scoperta di Galilei non ha trovato applicazioni pratiche immediate e quindi è rimasta una nozione teorica, anche se tali conoscenze si possono riscontrare negli scritti in cui lo scienziato descrive le traiettorie dei proiettili ed il moto della caduta dei gravi. Chiunque dedica, con impegno, un po del suo tempo allo studio di G 2, l insieme dei quadrati dei numeri naturali, può apprendere facilmente nozioni matematiche molto interessanti. Ad esempio, se indichiamo con nn il generico elemento di N e con n 2 G 2 quello dei quadrati dei numeri interi positivi, 4

5 possiamo facilmente verificare che la terna ordinata di tre numeri interi consecutivi qualsiasi (n-1), n, (n+1) quando viene divisa per 3 presenta come resti 0, 1 e 2. Se consideriamo invece la terna (n-1) 2, n 2, (n+1) 2 di tre numeri consecutivi qualsiasi di G 2 abbiamo invece che i resti sono 0 e 1. La dimostrazione formale può essere elaborata sia facendo riferimento semplicemente alle proprietà dell ordinamento naturale di N che applicando il principio di ricorrenza. In sintesi si ottiene una proprietà notevole per G 2 : i resti della divisione n 2 /3 sono solo 0 (zero) ed 1. Tale divisione ha resto 0 quando n 2 è multiplo di 3 (ovvero n è multiplo di 3) e resto 1 negli altri casi. Anche questa proprietà per chi si dedicava alla matematica applicata, come Galilei ed i suoi allievi, era solo un principio teorico, molto semplice e che tutti potevano conoscere ma poco utile dal punto di vista pratico. In Francia, nel frattempo, gli studi di Galilei erano approfonditi e trovavano applicazioni notevoli sia in campo matematico sia fisico. Cartesio trasformava la geometria in algebra utilizzando i disegni dei cerchi e delle parabole elaborate da Galilei stesso e dai suoi allievi (dopo la retta ed il cerchio, la parabola è la terza figura geometrica cui viene assegnata una formale equazione algebrica). Pierre de Fermat, invece, utilizzava le nozioni teoriche di Galilei per formulare le sue due più famose congetture. Quella concernente l Ultimo teorema di Fermat è stata formulata in latino nel 1637, così tradotta: E impossibile separare un cubo in due cubi, o una potenza quarta in due potenze quarte, o in generale, tutte le potenze maggiori di due come somma della stessa potenza. Dispongo di una meravigliosa dimostrazione di questo teorema, che non può essere contenuto nel margine troppo stretto della pagina. L enigma è stato dimostrato nel 1995, con un trattato voluminoso di matematica superiore, da sir Andrew Wiles. Risulta comunque evidente che la meravigliosa dimostrazione è ancora un segreto e quindi è necessario proseguire le ricerche per farla emergere anche per 5

6 rispondere ad una semplice domanda: quali proprietà possiede il 2 che permette ad alcune potenze di numeri interi con esponente 2 di poter essere espresse come somme di due potenze di 2, mentre per il cubo, le potenze quarte, ecc. ciò non è mai possibile? E verosimile ipotizzare che Fermat abbia ricavato la risposta a questa domanda dai quadrati di Galilei. La congettura relativa al piccolo teorema di Fermat, formulata nel 1636, può essere così sintetizzata: se n>2 è un numero primo qualsiasi, ed a>1 un intero positivo diverso da n, abbiamo che la differenza tra a n -a=a(a n-1-1) è sempre divisibile per n. La prima dimostrazione è avvenuta ad opera di Eulero che ha utilizzato l algebra modulare (a n-1 congruo 1, modulo n). Fermat e Galilei Esiste, quindi, un forte indizio che Fermat, per formulare i suoi enigmi, abbia utilizzato gli studi di Galilei per ricavare alcune caratteristiche particolari dei quadrati dei numeri interi e di conseguenza quelle delle potenze di tutti i numeri primi. E noto a molti che Galilei e Cavalieri studiavano parabole, i cui disegni erano riprodotti numerosi in Francia. Non a caso Fermat, a margine delle pagine dell Arithmetica di Diofanto disegnava cerchi e parabole. Molti studiosi ritengono che Fermat abbia espresso sotto forma di equazioni algebriche alcune figure geometriche prima di Cartesio e quindi la necessità di disegnarle derivava da queste esigenze. E giunto il tempo di pensare che le parabole, disegnate negli appunti di Fermat, siano state anche i riferimenti più importanti per formulare le sue congetture perché nascondevano proprietà dei numeri eccezionali. Dalle proprietà elementari dei quadrati dei numeri interi (G 2 ), ricaviamo con facilità che la parabola y=x 2 +1 non possiede alcuna ordinata multipla di 3; di contro, quella di equazione y=x 2-1 ha sempre un valore multiplo di 3 quando x non è multiplo di 3. Queste semplici conoscenze sono, infatti, alla base delle congetture di Fermat. 6

7 Il lemma del 3 Anche se non l ha scritto da alcuna parte, Fermat ha, molto probabilmente, elaborato un teorema semplice e comprensibile a molti che può essere così sintetizzato: se a, b sono due numeri interi non multipli di tre il prodotto notevole a 2 -b 2 =(a-b)(a+b) è un intero multiplo di 3. Con le stesse ipotesi la relazione a 2 +b 2 non presenta mai un risultato multiplo di 3. Per ogni numero primo n>2 si può elaborare un lemma in cui il prodotto notevole a n-1 -b n-1 risulta divisibile per n (è opportuno tener conto che esistono infiniti falsi primi ovvero numeri composti che si comportano come primi). Partendo da queste considerazioni, si riescono a ricostruire tutte le tappe percorse dal genio francese che l hanno portato ad affermare possiedo una meravigliosa dimostrazione del perché i quadrati di molti numeri interi si possono ottenere come somma di due quadrati di numeri interi, mentre per un cubo, per una potenza quarta, quinta e così via, ciò non è mai possibile. Dimostrazione e applicazioni dei quadrati di Galilei Prima di allargare ulteriormente il discorso ai numeri primi n>2, è opportuno soffermarci e approfondire con l ausilio dei lettori, sia in termini di critiche sia di suggerimenti, le conoscenze (partendo da Euclide) che ci ha messo a disposizione Galileo Galilei. E noto a tutti che negli Elementi di Euclide ci sono due libri dedicati ai pitagorici, per cui Galilei può aver fatto un lungo percorso di studi e di ricerche prima di arrivare alle conclusioni sopra riportate. In effetti, il sottoscritto, per arrivare alle proprietà di G 2, è partito dal teorema di Pitagora perché la scuola pitagorica aveva inventato numerose tecniche di calcolo che potevano essere applicate in diverse circostanze permettendo di risolvere questioni pratiche o semplicemente enunciati teorici. Tra i discepoli di Pitagora, oltre al più famoso Ippase da Metaponto che per primo e contro il parere del maestro avanzò l ipotesi dell esistenza dei numeri irrazionali (concetto del tutto inaccettabile per Pitagora), c era anche Occello Lucano che elaborò in 7

8 modo semplice ed in tempi brevi moltissime terne pitagoriche (tre numeri interi primi tra loro adatti a costruire un triangolo rettangolo). Ippase morì giovanissimo durante un nubifragio, mentre Occello Lucano, per sfuggire al tiranno di Taranto che era interessato a conoscere (con le buone e con la forza) gli sviluppi degli studi della scuola pitagorica, si rifugiò nelle aree interne della Basilicata risalendo le valli di uno dei cinque fiumi che scendono dall Appennino e attraversano la pianura del metapontino per riversarsi nel mar Jonio. La ricerca sul teorema di Pitagora, così com è successo a Galilei, ha condotto il sottoscritto a scoprire una relazione organica tra i numeri dispari e le terne pitagoriche rendendo semplice ed elegante collegare i quadrati dei numeri interi positivi (G 2 ) ai numeri dispari. Tutto ciò si evince dai tre seguenti paragrafi. Essi sono estratti dalla ricerca La funzione dei numeri primi, scritta dal sottoscritto, la cui pubblicazione è curata da Roberta Fiore. Nel primo troviamo la sintesi delle proprietà fondamentali delle terne pitagoriche (alcune di queste erano certamente note ad Occello Lucano) in cui si riepiloga il contenuto di alcuni lemmi e proprietà dei numeri interi, semplici da dimostrare. Tali lemmi da soli non aggiungono molto alle nostre conoscenze ma letti in sequenza e con attenzione rivelano interesse e curiosità. Troviamo inoltre il lemma fondamentale dei numeri dispari e quello concernente i quadrati di Galilei ) Sintesi delle proprietà fondamentali delle terne pitagoriche Se (a,b,c)n 3 è una terna pitagorica qualsiasi, abbiamo che i tre lati, interi e senza fattori comuni, del triangolo rettangolo legati dalla relazione a 2 +b 2 =c 2, godono delle seguenti proprietà: 1) l ipotenusa c non risulta mai multipla di 3, 2) l ipotenusa c non risulta mai pari, 8

9 3) i cateti a e b sono sempre uno pari e l altro dispari, 4) uno tra i due cateti (a oppure b) è sempre multiplo di 3, 5) il cateto pari risulta sempre con grado di parità multipla ( ovvero è un multiplo di 4, di 8, ecc), 6) i numeri pari con grado di parità semplice (2,6,10,14, ) non appartengono ad alcuna terna pitagorica, 7) I due parametri di Pitagora che sono le differenze c-a=t e c-b=h+t (ovvero c-a=h+t e c-b=t) risultano uno pari e l altro dispari. Considerando la scomposizione degli stessi in fattori primi, si evidenzia quanto segue: il parametro pari ha il fattore 2 solo con esponenti dispari (2 i, con i 1 dispari) e gli altri fattori primi con esponenti pari, nel parametro dispari troviamo solo e sempre esponenti pari, 8) tutti i numeri dispari maggiori di 1 appartengono ad almeno una terna pitagorica (a>1 numero dispari qualsiasi, b=(a 2-1)/2 e c=b+1). 9) tutte le terne pitagoriche soddisfano la condizione t<x/2 e, quindi, t 2 <x 2 /4. E semplice verificare che da una terna di numeri interi che soddisfa tutte queste proprietà, è possibile ricavare sempre un triangolo rettangolo. E inoltre semplice verificare anche il seguente lemma ) Lemma fondamentale dei numeri dispari Ogni numero intero dispari n è associabile ad un quadrato(1 è associato a se stesso). Tre quadrati consecutivi sono separati da due numeri dispari consecutivi. In sintesi, i quadrati dei numeri interi positivi, ordinati in modo crescente, sono separati da numeri dispari a partire da 3 ordinati in modo crescenti; Le differenze tra i quadrati di due numeri interi consecutivi descrivono, in modo completo ed ordinato, il sottoinsieme dei numeri dispari a partire da 3. 9

10 La differenza tra il quadrato di 2 e quello di 1 è pari a 3=4-1. Tra i quadrati di 3 e di 2 c è il 5=(9-4) mentre tra quello di 4 e quello di 3 c è il 7=(16-9). Poi abbiamo i numeri dispari 9, 11, 13, associati ai quadrati di 5, 6, 7, e così via. In generale al variare di a, tra (a+1) 2 e a 2 abbiamo il numero dispari 2a+1 che descrive ordinatamente, facendo variare a in N, proprio a partire da 3 (a=1) l insieme dei numeri dispari (N d ). In questo lemma vengono riproposti gli stessi concetti espressi da Euclide per dimostrare che le terne pitagoriche sono infinite. Quanto sopra ci invita a riflettere sul fatto che Galileo Galilei, buon conoscitore di Euclide, fosse in possesso di una vera e semplice dimostrazione dell esistenza di una tale applicazione (biunivoca) tra i quadrati dei numeri interi positivi (G 2 ) e l insieme N. Il mondo scientifico riconosce al padre della scienza moderna solo la formulazione di una congettura mentre la dimostrazione completa è assegnata al tedesco, nato in Danimarca, Cantor. E da ritenere che alla base del ragionamento di Galilei ci sia stata una vera e propria dimostrazione che riportiamo qui di seguito ) I quadrati di Galileo Galilei Indicando con Q 2 l insieme dei quadrati degli interi positivi e con N d l insieme dei numeri dispari, Galileo potrebbe aver numerato i quadrati ad uno ad uno utilizzando proprio i numeri dispari per contarli così come riportato nell esempio: G 2 = 1, 4, 9, 16, 25, 36, 49,, (n-1) 2, n 2, (n+1) 2,. N d = 1, 3, 5, 7, 9, 11, 13,., 2n-3, 2n-1, 2n+1, Euclide, a suo tempo, aveva trattato anche la speciale relazione tra N ed i suoi sottoinsiemi dei numeri pari e dispari arrivando quasi alle stesse conclusioni che la matematica moderna chiama applicazioni biunivoche. Per 10

11 Euclide il concetto di numerabilità era semplice (primitivo) e legato alla sola possibilità di contare mentre Cantor ne ha dato una definizione formale e completa: un insieme infinito è numerabile quando si può stabilire una corrispondenza biunivoca tra tale insieme e quello dei numeri naturali N. In effetti, Cantor quando dimostra la numerabilità dei quadrati associa ad ogni elemento an il suo quadrato a 2 e costruisce così tale insieme. Galilei ha dedotto che anche la funzione sopra costruita f: n 2 G 2 (2n- 1)N d avesse tutte le condizioni per essere biunivoca quando ha formulato la congettura inerente i quadrati. L approfondimento del caso potrebbe portare a riconoscere a Galilei la paternità di un teorema semplice con una dimostrazione elegante ed accessibile a molti; i ragazzi delle scuole medie possono studiarlo senza difficoltà. Infatti, ogni quadrato di un numero intero positivo può essere contrassegnato da un pedice che è il numero dispari di riferimento secondo la funzione sopra scritta e costruire l insieme G 2 = {1 1, 4 3, 9 5, 16 7, 25 9,...,a 2 2a- 1,., n 2 2n-1, }. L insieme dei quadrati così scritto descrive anche infinite terne pitagoriche perché quando il pedice è un quadrato si costruisce facilmente una terna pitagorica: con 2n-1=c 2 abbiamo la terna c, (n-1),n. Il lemma dei quadrati di Galilei può essere anche così enunciato. Se a è un intero positivo qualsiasi, a 2 può essere ottenuto come somma dei primi a numeri dispari. Infatti, abbiamo: 1=1, 2 2 =1+3, 3 2 =1+3+5, 4 2 = , ecc. La elaborazione di una formale dimostrazione non presenta alcuna difficoltà. Conclusioni Molti lettori s interrogheranno sull utilità di quest articolo che presenta una verità risaputa risalente al III secolo a.c. e che non ha ancora trovato spazio per affermarsi sia da un punto di vista teorico che applicativo. Non esiste una risposta esauriente, ma per chi, come Euclide e Pitagora, ritiene che la ricerca delle verità 11

12 matematiche sia elemento fondamentale per la crescita dell individuo, la risposta è evidente. Qualcuno che, per passione, dedica qualche ora di studio alle novità sulle terne pitagoriche si accorge subito che il 2 gode di un altro privilegio notevole rispetto agli altri numeri interi: è l unico numero primo che può appartenere alla somma ed alla differenza di due numeri interi, primi tra loro (lemma del 2). Poi si accorgerà che non è una proprietà da sottovalutare e come prima applicazione può elaborare una facile soluzione all Ultimo Teorema di Fermat per il caso di n=4, diversa e più semplice di quella elaborata dalla coppia Pascal-Fermat con la tecnica di calcolo della discesa infinita. L obiettivo del sottoscritto è di coinvolgere molti; è necessario approfondire l argomento sia per chiarire dal punto di vista storico alcuni passaggi, ma anche per accendere un dibattito in cui ognuno può fornire un contributo per ampliare le conoscenze sui numeri interi. Questo è un campo con numerose lacune, ma ritengo che partendo proprio dai concetti espressi nell antichità dal mondo ellenico, dalla cultura cinese, araba ed elaborati da Tartaglia, Galilei, Fermat ed altri si possono scoprire quelle proprietà dei numeri (verità risapute) rimaste nascoste perché nessuno le ha mai collegate ad applicazioni pratiche importanti. Sono ancora troppe le congetture che riguardano i numeri interi che devono essere ancora dimostrate e questo vuol dire semplicemente che i numeri interi celano ancora molti segreti. Se sarà riscontrato un minimo d interesse per l argomento trattato, nel prossimo articolo, parleremo di come il piccolo teorema di Fermat fornisce gli elementi per risolvere l Ultimo Teorema di F. Si parte sempre dalla grande scuola di matematica italiana del XVI e XVII secolo D.C.S. per rilevare che le nozioni teoriche di Tartaglia, Galilei erano note in Francia ed ampiamente apprezzate da Fermat. Gli articoli, infatti, vogliono sottolineare anche che è giunto il momento di rivalutare il ruolo della nostra scuola di matematica. 12

13 Ruvo del Monte (PZ) 8/10/2012 P.S. Mi chiamo Antonio Rita, sono in pensione dal 2007 e mi occupo da qualche anno e per pura passione di ricerche per comprendere il perché la matematica è ritenuta la materia scolastica più difficile. Sono laureato in matematica ed ho lavorato per quaranta anni nel campo della pianificazione e gestione di una grande azienda acquisendo buona conoscenza dei numeri sia essi misurino quantità e valori sia indichino solo tendenze e fenomeni. Mi dedico alla ricerca della distribuzione dei numeri primi utilizzando solo l aritmetica e l algebra elementare e quindi metto insieme ed elaboro solo teoremi semplici e comprensibili a molti; raramente si possono trovare traccia degli stessi concetti in lezioni o testi scolastici. Il presente articolo è pubblicato anche sul sito Rudy Mathematici nella sezione bookschelf. La consultazione di tale sito è gratuita ed ha come obiettivo principale quello di rendere affascinante lo studio della matematica diffondendo, in modo semplice e chiaro, studi e ricerche comprensibili a molti. I responsabili del sito conoscono a fondo molte branche della matematica e sono anche titolari, sulla prestigiosa rivista Le Scienze ( della rubrica dal titolo Rudi matematici. 13

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