La Matematica. Lavoro realizzato dai ragazzi della classe Quarta sez. A. Anno scolastico 2004/2005. Impaginazione e grafica realizzata
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1 La Matematica Lavoro realizzato dai ragazzi della classe Quarta sez. A Anno scolastico 2004/2005 Impaginazione e grafica realizzata dall Assistente Tecnico sig. Salvatore Cavallaro Web Master Prof. Egidio Vecchio
2 La Matematica E La scienza che studia i numeri e le grandezze con essi rappresentabili, le figure geometriche, nonché le relazioni che intercorrono tra tali quantità e le operazioni logiche con esse eseguibili. In passato la matematica era suddivisa in tre branche ben definite, la geometria, o scienza delle quantità e delle dimensioni geometriche, la aritmetica, o scienza dei numeri e del contare, e l'algebra, cioè la generalizzazione astratta di questi due campi. Verso la metà del XIX secolo questa definizione divenne sempre meno appropriata, essendo ormai la matematica divenuta la scienza delle relazioni, comprendente i nuovi campi della logica matematica e simbolica. Si assistette così all'introduzione di nuovi "segni matematici", per esprimere in forma rigorosa i processi di deduzione e di induzione, e alla formulazione e organizzazione di definizioni, assiomi, postulati e regole per elaborare relazioni e teoremi complessi a partire da concetti elementari e primitivi. Dal punto di vista storico, la matematica è nata con l'uomo, per soddisfare le primitive esigenze del contare e dell'individuare gli oggetti: le prime testimonianze di alcune nozioni di geometria e dell'interesse per le forme geometriche sono state infatti individuate nei disegni del vasellame e dei tessuti, e nelle pitture rupestri d'epoca preistorica. I sistemi di conteggio primitivi, sviluppati in seguito a esigenze pratiche, erano quasi certamente basati sull'uso delle dita di una o di entrambe le mani, come suggerito dalla predominanza del numero 5 e del numero 10 come basi degli attuali sistemi di numerazione. Matematica Antica Le prime testimonianze di una matematica avanzata e organizzata risalgono al periodo della civiltà babilonese e di quella egizia, intorno al III millennio a.c. Allora l'aritmetica e la geometria erano applicate a problemi di natura prettamente empirica, come la definizione dei confini dei campi dopo le inondazioni del Nilo, e non vi era traccia di concetti matematici astratti e complessi quali quelli di assioma e di dimostrazione. I primi testi egizi, elaborati intorno al 1800 a.c., rivelano che era in uso un sistema di numerazione decimale, basato su simboli distinti per indicare le potenze di 10 (ovvero 1, 10, 100 ecc.), simile al sistema adottato in seguito dai romani. In geometria essi giunsero alle formule corrette per il calcolo dell'area dei triangoli, dei rettangoli, dei trapezi e del volume di figure solide, come i parallelepipedi, i cilindri e, naturalmente, le piramidi. L'area del cerchio veniva calcolata eseguendo il quadrato degli 8/9 del diametro, e questa operazione, che corrispondeva ad assumere per pi greco un valore pari a circa 3,16 anziché 3,14, forniva un risultato assai prossimo a quello esatto. I babilonesi adottarono un sistema di numerazione sessagesimale, ossia in base 60, che differiva notevolmente da quello egizio. Col tempo essi svilupparono un sofisticato sistema matematico, mediante il quale potevano determinare le soluzioni positive di qualunque equazione quadratica e le radici di alcune equazioni di terzo grado.
3 I babilonesi disponevano di un gran numero di tavole, comprese quelle per la moltiplicazione e la divisione, quelle dei quadrati e dell'interesse composto. Risolvevano anche complicati problemi applicando il teorema di Pitagora, e una delle loro tavole conteneva addirittura le soluzioni intere dell'equazione a2 + b2 = c2, ordinate in modo che c2/a2 decrescesse con continuità dal valore 2 fino a circa 4/3 La Matematica Greca I greci elaborarono la loro matematica attingendo in parte alla matematica egizia, in parte a quella babilonese. Il fondamentale elemento di novità che introdussero fu l'allontanamento dall'approccio puramente empirico a favore dell'invenzione di una matematica più astratta, fondata su una struttura logica di definizioni, assiomi e dimostrazioni. Secondo testimonianze più tarde, questo sviluppo ebbe inizio nel VI secolo a.c. con Talete di Mileto e Pitagora di Samo. Quest'ultimo fu il fondatore di una scuola di pensiero filosoficoreligioso che predicava l'importanza di studiare i numeri, considerati nel contempo il principio e l'essenza di tutte le cose. Nel V secolo a.c. il filosofo atomista Democrito, tra i più grandi studiosi della geometria, pervenne alla formula corretta per la determinazione del volume di una piramide, e Ippocrate scoprì che l'area delle figure piane delimitate da archi di circonferenza è riconducibile all'area di opportuni triangoli. Verso la fine del V secolo a.c. un matematico d'identità sconosciuta scoprì l'impossibilità di misurare con la stessa unità di misura il lato e la diagonale di un quadrato; in altri termini egli affermò che non esistevano due numeri interi, m e n, il cui rapporto fornisse quello tra questi due segmenti. Fu così riconosciuta l'esistenza di grandezze incommensurabili, cioè di grandezze che, pur appartenendo alla stessa specie, non hanno sottomultipli comuni. Come conseguenza furono riformulati i concetti fondamentali della geometria, in particolare le nozioni di punto, retta, piano e spazio, e si pervenne ad una nuova concezione, più astratta e razionale, della matematica; Si comprese l'importanza dei postulati, a partire dai quali potevano essere dedotti i teoremi necessari per ogni applicazione pratica. La nuova teoria, la cui introduzione risale al IV secolo a.c., fu attribuita a Eudosso di Cnido, e inclusa negli Elementi di Euclide. La prima formulazione ordinata e assiomatica dei contenuti della matematica del tempo si deve comunque a Euclide; i 13 libri che costituiscono i suoi Elementi contengono infatti gran parte delle conoscenze fondamentali del periodo precedente al IV secolo a.c.: la geometria dei poligoni e del cerchio, la teoria dei numeri, quella delle grandezze incommensurabili, la geometria solida, e la teoria elementare delle aree e dei volumi. Il secolo seguente fu particolarmente fecondo per lo sviluppo della matematica, grazie agli studi di Archimede di Siracusa e di un suo più giovane contemporaneo, Apollonio. Archimede determinò l'area e il volume delle figure geometriche ottenibili dalle coniche, sfruttando un metodo basato sulla valutazione teorica del peso di sezioni infinitamente sottili di queste figure. Gli scritti di Archimede, che peraltro contengono discussioni su importanti problemi di fisica, quali la determinazione del centro di massa dei corpi e delle loro condizioni di galleggiamento in acqua, sono i più antichi che ci siano pervenuti. In Grecia, parallelamente agli studi di matematica pura, furono condotte importanti ricerche anche nel campo dell'ottica, della meccanica e dell'astronomia. Molti dei più grandi matematici
4 di cui ci restano gli scritti, come Euclide e Archimede, si dedicarono anche a osservazioni e a studi astronomici. Poco dopo Apollonio, gli astronomi greci adottarono il sistema babilonese per la rappresentazione delle frazioni e, pressoché nello stesso periodo, compilarono le tavole delle corde di circonferenza che segnarono la nascita della trigonometria e che sono equivalenti alle moderne tavole dei seni. Data una circonferenza di raggio fissato, esse fornivano la lunghezza di tutte le corde sottese da archi di lunghezza crescente a intervalli fissi. Nelle tavole di Ipparco, che risalgono al 150 circa a.c. e che probabilmente furono le prime compilate, gli archi considerati crescevano a intervalli di 7,5, da 0 a 180. La matematica nel Medioevo e nel Rinascimento Intorno al 900, gli studiosi islamici poterono iniziare a costruire i loro edifici matematici sulle fondamenta greche e indiane. Così il sistema aritmetico decimale posizionale indiano venne esteso fino a includere le frazioni decimali e, nel XII secolo, il matematico persiano Omar Khayyam generalizzò i metodi di estrazione delle radici quadrate e cubiche alle radici di indice superiore. In algebra, Al-Karaji perfezionò l'algebra dei polinomi di Muhammad al-khuwarizmi, introducendo anche lo studio dei polinomi costituiti da infiniti termini. (Tra l'altro, proprio dal nome di Al-Khuwarizmi deriva il termine algoritmo e dal titolo di uno dei suoi libri il termine algebra.) Alcuni geometri, tra cui Ibrahim ibn Sinan, continuarono le ricerche di Archimede sulle aree e sui volumi, e Kamal al-din e altri applicarono la teoria delle coniche per risolvere problemi di ottica. Dalla funzione seno dell'india e dal teorema di Menelao, i matematici, da Habas al-hasib a Nasir ad-din at-tusi, crearono le discipline matematiche della trigonometria sferica e della trigonometria piana. In Occidente la trigonometria assunse la dignità di disciplina matematica solo dopo la pubblicazione del De Triangulis Omnimodibus (Sui triangoli di tutti i generi) dell'astronomo tedesco Regiomontano. Nel periodo tardo-medievale alcuni autori, ad esempio Nicole Oresme, fecero interessanti considerazioni sul problema dell'infinito in matematica; tuttavia la prima scoperta veramente importante dell'occidente risale solo all'inizio del XVI secolo. Tale scoperta, una formula algebrica per la soluzione delle equazioni di terzo e quarto grado, venne pubblicata nel 1545 dal matematico italiano Gerolamo Cardano nella sua Ars Magna. Il XVI secolo vide anche la nascita dei moderni simboli matematici e algebrici, come pure l'importante lavoro sulle soluzioni delle equazioni del matematico francese François Viète, i cui scritti influenzarono illustri matematici del secolo successivo, tra cui Pierre de Fermat in Francia e Isaac Newton in Gran Bretagna. Il secolo XVII I primi progressi rilevanti, a partire dai tempi di Archimede e Apollonio, vennero compiuti durante il XVII secolo, che si aprì con la scoperta dei logaritmi da parte del matematico scozzese John Napier, altrimenti noto come Nepero. L'utilità del risultato fu riconosciuta quasi due secoli più tardi dall'astronomo francese Pierre-Simon Laplace che affermò come, dimezzando il lavoro degli astronomi, il matematico scozzese ne avesse raddoppiato la vita.
5 Lo sviluppo della teoria dei numeri, trascurata dal Medioevo in avanti, illustra come i progressi del XVII secolo poggiassero sulle basi delle conoscenze dell'antichità. Fu l'aritmetica di Diofanto che stimolò Fermat a portare un grosso impulso alla teoria dei numeri; infatti il più importante contributo del matematico francese fu un'affermazione scritta a margine della sua copia dell'aritmetica, secondo cui non esisterebbe alcuna soluzione dell'equazione an +bn = cn con a, b e c interi positivi, per valori di n maggiori di 2. Questa proposizione, nota come ultimo teorema di Fermat e dimostrata solo recentemente, impegnò numerosi matematici e fu l'argomento di importanti lavori nel campo dell'algebra e della teoria dei numeri. Nel corso del secolo si ebbero due importanti scoperte riguardanti la geometria pura. La prima venne dalla pubblicazione del Discorso sul Metodo (1637) di Cartesio, che conteneva i primi importanti studi sulla geometria analitica e che, insieme ai brevi trattati che l'accompagnavano, fornì le basi per gli studi matematici iniziati intorno al 1660 da Isaac Newton. La seconda importante conquista della geometria avvenne nel 1639 quando l'ingegnere francese Gérard Desargues pubblicò gli studi che lo avevano condotto alla scoperta della geometria proiettiva. Un passo di estrema importanza fu poi la nascita della teoria delle probabilità, inaugurata in un carteggio tra Pascal e Fermat a proposito di un problema di gioco d'azzardo, chiamato il problema dei punti. Questo lavoro inedito stimolò lo scienziato olandese Christiaan Huygens a pubblicare un breve trattato sulle probabilità nel gioco dei dadi, che fu in seguito riproposto dal matematico svizzero Jakob Bernoulli nel suo Arte della Congettura. Bernoulli, e anche il francese Abraham De Moivre, nell'opera Dottrina delle Possibilità del 1718, applicarono il calcolo infinitesimale, di recente scoperta, alla teoria delle probabilità, compiendo importanti progressi che subito trovarono ampia applicazione. L'evento matematico più importante del secolo XVII, comunque, fu senza dubbio la nascita, tra il 1664 e il 1666, del calcolo infinitesimale, differenziale e integrale, da parte di Newton. Dopo circa otto anni dagli studi di Newton, che tuttavia non erano ancora stati pubblicati, anche il tedesco Gottfried Wilhelm Leibniz giunse autonomamente alla teoria del calcolo infinitesimale, che pubblicò nel 1684 e nel 1686, dando inizio a una lunga disputa sulla paternità della scoperta. Alcune delle notazioni di Leibniz, ad esempio dx, sono tuttora usate nel calcolo infinitesimale moderno. Il Secolo XVIII Nel corso degli ultimi anni del secolo XVII e all'inizio del XVIII si delinearono anche nuove aree della matematica. Ad esempio, Johann e Jakob Bernoulli posero le basi per il calcolo delle variazioni, e il matematico francese Gaspard Monge introdusse la geometria differenziale. Sempre in Francia, Giuseppe Luigi Lagrange elaborò un trattato di meccanica puramente analitico, intitolato la Meccanica analitica e pubblicato nel 1788, in cui furono scritte le famose equazioni di Lagrange per un sistema dinamico. Egli contribuì anche allo sviluppo delle equazioni differenziali e della teoria dei numeri, e inaugurò gli studi sulla teoria dei gruppi. Il suo contemporaneo Laplace scrisse La teoria analitica delle probabilità (1812); inoltre l'opera Meccanica celeste classica ( ) gli valse il titolo di "Newton francese".
6 Il più grande matematico del XVIII secolo fu probabilmente lo svizzero Leonhard Euler, che portò contributi fondamentali al calcolo infinitesimale e a molti altri rami della matematica pura e applicata. Il Secolo XIX Nel 1821 il matematico francese Augustin-Louis Cauchy propose un approccio al calcolo infinitesimale, formulato in funzione di sole quantità finite e del concetto di limite, che soddisfece tutte le esigenze di rigore precedentemente emerse, ma che pose il problema della definizione logica di "numero reale". Nell'ambito degli studi sul moto della corda vibrante si sviluppò l'esigenza di una definizione rigorosa di funzione. Eulero, Lagrange e Jean-Baptiste Fourier contribuirono a risolvere la questione, ma fu il matematico tedesco Peter G.L. Dirichlet a proporre la definizione tuttora riconosciuta, secondo cui una funzione è una relazione matematica mediante la quale si stabilisce una corrispondenza tra gli elementi del dominio (l'insieme di definizione) e quelli del codominio, o range, della funzione. All'inizio del secolo Carl Friedrich Gauss diede una spiegazione esauriente dei numeri complessi, che in seguito costituirono un nuovo campo dell'analisi, al quale lavorarono Cauchy, Weierstrass e il matematico tedesco Georg B. Riemann. Un'altra conquista dell'analisi fu lo studio di Fourier delle serie infinite a termini trigonometrici. Note ora come serie di Fourier, esse rappresentano ancora potenti strumenti della matematica pura e applicata. Inoltre, la ricerca delle funzioni, che ammettessero la rappresentazione in serie di Fourier, portò Cantor allo studio degli insiemi infiniti e di un'aritmetica dei numeri infiniti. Un'altra importante scoperta del XIX secolo, pure accolta con accuse di astrattismo e inutilità, fu quella delle geometrie non euclidee, nate dalla negazione del quinto postulato di Euclide, secondo cui per un punto esterno a una retta passa una e una sola retta parallela a quella data. Il primo matematico a interessarsi dello sviluppo delle geometrie non euclidee fu il tedesco Carl Friedrich Gauss, che però temette le controversie che la pubblicazione dei suoi studi avrebbero potuto suscitare. Di grande importanza fu la trasformazione dell'algebra, nel XIX secolo, da studio dei polinomi a studio della struttura dei sistemi algebrici. Un rilevante passo avanti in questa direzione fu lo sviluppo dell'algebra simbolica che ebbe luogo in Inghilterra, per merito di George Peacock. Di grande rilievo fu anche la scoperta dei sistemi algebrici che hanno molte delle proprietà, ma non tutte, dei numeri reali. Nel corso del XIX secolo furono addirittura le fondamenta della matematica a essere dapprima poste in discussione, poi perfezionate e completate, in particolare per opera di George Boole, con le sue Laws of Thought (Leggi del pensiero, 1854) e di Georg Cantor con la sua teoria degli insiemi. Il Novecento
7 Agli inizi del secolo, in particolare per opera di Bertrand Russell, venne osservato che la teoria di Cantor, e il concetto stesso di insieme, portavano ad alcune contraddizioni. Le ricerche dei matematici si volsero quindi alla formulazione di una teoria degli insiemi basata su condizioni sufficientemente restrittive, così da evitare ulteriori paradossi, lasciando però aperta la questione sulla sua coerenza e completezza. Alla II Conferenza Internazionale dei matematici tenuta a Parigi nel 1900, prese parte il matematico tedesco David Hilbert. Nella sua relazione Hilbert propose una rassegna dei 23 problemi matematici che egli credeva avrebbero guidato il lavoro dei matematici durante il secolo che si inaugurava. Di importanza pari a questi problemi è stato un evento che sembra destinato a ricoprire un ruolo anche maggiore nello sviluppo futuro della matematica: l'invenzione del computer digitale programmabile. Sebbene le radici del computer vadano ricercate nei calcolatori a ingranaggi di Pascal e di Leibniz del XVII secolo, fu Charles Babbage, nel XIX secolo, il primo a progettare una macchina che avrebbe eseguito autonomamente dei calcoli in base a un programma di istruzioni immagazzinate su opportune schede o nastri. La matematica del mondo moderno sta avanzando a ritmo più rapido rispetto al passato. Teorie un tempo indipendenti sono state incorporate in teorie più ampie e più astratte. Sebbene siano stati risolti molti importanti problemi, ne rimangono altri tuttora irrisolti e, col procedere delle conoscenze, ne sorgono di nuovi.
8 Trigonometria INTRODUZIONE La Trigonometria è quel ramo della matematica che studia le relazioni che sussistono tra i lati e gli angoli di un triangolo; si suddivide in trigonometria piana, che ha per oggetto le proprietà delle figure piane, e trigonometria sferica, che si occupa invece delle proprietà di triangoli su superfici sferiche. STORIA Benché alcuni studi sulle relazioni tra gli angoli e i lati dei triangoli siano riportati in antiche opere egiziane e babilonesi, deve essere riconosciuto prevalentemente ai greci il merito di aver fondato la trigonometria. Nel II secolo a.c. l'astronomo Ipparco compilò una tavola trigonometrica, che si rivelò in seguito del tutto simile a una moderna tavola dei seni: data una circonferenza di raggio fisso r, essa forniva infatti la lunghezza della corda sottesa da tutti gli angoli minori di 180 e multipli di un determinato valore. Non si conosce con certezza il valore che Ipparco scelse per il raggio r, ma il criterio utilizzato per determinare la misura delle corde venne successivamente ripreso da Tolomeo ed è esposto nel celebre trattato astronomico Almagesto. Nella stessa opera, Tolomeo propose una tavola per la misura delle corde sottese da angoli multipli di 1 e compresi tra 0 e 180, e fornì diversi esempi di consultazione della tabella, mostrando come fosse possibile trovare tutti gli elementi non noti di un triangolo a partire da diverse combinazioni di elementi noti; inoltre enunciò il teorema per la soluzione dei triangoli sferici, oggi noto come teorema di Menelao, ed espose concetti di trigonometria che per molti secoli rappresentarono la base imprescindibile di ogni studio astronomico. Più o meno nello stesso periodo, gli astronomi indiani svilupparono un sistema trigonometrico diverso, basato non sulla corda, ma su una funzione seno, definita non propriamente come quella attualmente in uso, bensì come la lunghezza del lato opposto all'angolo, in un triangolo rettangolo di ipotenusa fissata. Verso la fine dell'viii secolo gli astronomi islamici, avvalendosi dei risultati di greci e indiani, perfezionarono le tavole basate sulla funzione seno, e svilupparono una trigonometria fondata più sull'uso dell'aritmetica e dell'algebra che sulle nozioni di geometria. Negli ultimi anni del X secolo, essi scoprirono diversi teoremi fondamentali della trigonometria piana e sferica e sostituirono il valore r = 1 a quello di derivazione babilonese r = 60, anticipando con questa
9 innovazione le moderne definizioni delle funzioni trigonometriche. Oltre che in campo astronomico, i risultati ottenuti trovarono svariate applicazioni pratiche: famoso, ad esempio, è l'uso della trigonometria per individuare la direzione della Mecca, a cui rivolgere le preghiere giornaliere prescritte dalla religione islamica. Gli scienziati islamici compilarono tavole particolarmente precise, tra le quali sono degne di nota quelle per il seno e la tangente, costruite per multipli di 1/60 di grado, e accurate fino a una parte su 700 milioni. Questi progressi, benché derivanti da una linea di studio già inaugurata dai greci, portarono alla prima formulazione sistematica della trigonometria: il celebre Trattato sul quadrilatero, opera dell'astronomo Nasir ad-din at-tusi, si può infatti considerare il primo trattato di trigonometria piana e sferica concepita come disciplina matematica indipendente. L'Occidente latino conobbe la trigonometria islamica solo a partire dal XII secolo, grazie alle traduzioni dei manuali astronomici arabi. Non furono tuttavia compiuti passi significativi fino al XIII secolo, quando Georges Joachim, detto Retico, modificò la definizione delle funzioni trigonometriche attribuendo loro il moderno significato di rapporti, anziché quello di lunghezze di segmenti. Il primo lavoro di rilievo sul tema fu scritto, nel XV secolo, dall'astronomo e matematico tedesco Giovanni Regiomontano. Nel XVI secolo François Viète introdusse le coordinate polari in trigonometria sferica, stabilì le formule per la determinazione di sen(nq) e cos(nq) in funzione delle potenze di sen(q) e cos(q) e introdusse le relazioni per la risoluzione dei triangoli piani. All'inizio del XVII secolo i calcoli trigonometrici vennero notevolmente semplificati grazie all'introduzione dei logaritmi per merito del matematico scozzese John Napier. Egli trovò inoltre alcune leggi mnemoniche da applicare alla soluzione dei triangoli sferici, e alcune proporzioni (dette analogie di Nepero) per la soluzione dei triangoli sferici obliqui. Circa mezzo secolo dopo la pubblicazione dei risultati di Napier, Isaac Newton introdusse il calcolo infinitesimale differenziale e integrale, che fornì la possibilità di rappresentare le funzioni come serie di potenze della variabile indipendente. Newton stesso determinò l'espansione in serie di potenze delle funzioni trigonometriche sen(x), cos(x) e tg(x), e inaugurò in questo modo lo studio analitico delle funzioni trigonometriche, il cui ruolo nella matematica pura e applicata è tuttora di importanza fondamentale. Infine, nel corso del XVIII secolo, il matematico svizzero Eulero stabilì una relazione fra le funzioni trigonometriche e i numeri complessi. Questo processo trasformò la trigonometria in una delle innumerevoli applicazioni della teoria dei numeri complessi, e le sue leggi fondamentali poterono dunque venire interpretate come conseguenze di semplici operazioni aritmetiche fra questi numeri.
10 Numeri Reali 01 - Introduzione. Diamo qui solo una breve ed essenziale presentazione dei numeri reali dal punto di vista squisitamente algebrico (come sistema algebrico). Si presuppone che le regole e le proprietà di calcolo dei suddetti siano note in quanto appresi a livello scolastico medio Numeri naturali N. I numeri naturali 1, 2, 3 sono alla base della teoria dei numeri. Essi non sono definibili e per essi valgono i tre assiomi di Peano. Una loro esposizione intuitiva è la seguente : - 1 assioma di Peano : esiste il numero 1 e l insieme N-{1} non è vuoto - 2 : ogni numero naturale possiede un successivo - 3 : ogni numero naturale si ottiene da 1 contando in successione Questi tre assiomi costituiscono la base logica di tutta la teoria dei numeri. Da questi tre assiomi discende immediatamente il principio di induzione matematica che assicura che una affermazione è vera per ogni n appartenente ad N se è vera per n = 1 ed, essendo vera per n, lo è anche per n+1. Questo principio può essere utilizzato ogni volta in cui si vuole dimostrare l esattezza di una affermazione legata ai numeri naturali. L insieme dei numeri naturali dotato delle operazioni di somma (+) e moltiplicazione (*) e della relazione d ordine di minore (<) è un sistema algebrico e viene denotato con (N; +, *, <) Numeri interi I. Consideriamo il prodotto cartesiano N2 = N x N formato dalle coppie ordinate di numeri naturali (a,b) che indichiamo per comodità a b (qui il simbolo - è usato per comodità e non indica ancora la sottrazione). Introduciamo in N2 la relazione di equivalenza definita da : (a b c d) (a + d = b + c) Essa introduce intuitivamente l operazione di sottrazione (-) come operazione inversa della somma. Per esempio : (5,3) = 5 3 (8,6) = 8 6 (10,8) = 10 8 (1,1) = 1 1 (4,4) = 4 4 (12,12) = (2,5) = 2 5 (3,6) = 3 6 (8,11) = 8 11
11 La relazione di equivalenza induce in N2 una partizione in classi di equivalenza ciascuna delle quali definisce un numero intero. Il loro insieme è detto l insieme dei numeri interi I ed è uguale all insieme quoziente N2 /. Dall esempio precedente : 5 3 = 8 6 = 10 8 = = [2] = 2 (le parentesi quadre indicano una classe di equivalenza) 1 1 = 4 4 = = = [0] = = 3 6 = 8 11 = = [-3] = -3 Un numero intero è quindi una classe di equivalenza, ovvero l insieme di tutte le coppie ordinate fra loro equivalenti ad una data che si ottiene dalla differenza (inverso della somma) fra due numeri naturali qualunque. Per comodità ogni numero intero viene indicato non dalla sua classe ma da un numero naturale preceduto dal segno + oppure - (il segno + può essere omesso). L insieme dei numeri interi è quindi I = {, -3, -2, -1, 0, +1, +2, +3, } e su di esso sono definite le operazioni di somma (+), sottrazione ( -, l operazione inversa della somma) e moltiplicazione (*). Il sottoinsieme dei numeri interi positivi è indicato da I+, mentre quello dei numeri negativi è indicato da I- per cui : I = I+ U {0} U I- (il simbolo U indica l unione) L insieme I dotato delle operazioni somma (+) e moltiplicazione (*) e della relazione d ordine minore (<) costituisce il sistema algebrico dei numeri interi (I; +, *, <). Il sistema (I+; +, *, <) è algebricamente isomorfo ad (N; +, *, <) per cui I rappresenta una estensione di N : 04 - Numeri razionali Q. Consideriamo il prodotto cartesiano I x {I - {0}} formato dalle coppie ordinate di numeri interi (m,a) che indichiamo per comodità m / a (qui il simbolo / non indica ancora la divisione). La seconda coordinata deve essere diversa da zero. Introduciamo in I x {I - {0}} la relazione di equivalenza definita da (m / a n / b) (m * b = n * a) Essa introduce intuitivamente l operazione di divisione (/) come operazione inversa della moltiplicazione.
12 Per esempio : (3,4) = 3/4 (6,8) = 6/8 (-12,-16) = 12/16 (1,1) = 1/1 (3,3) = 3/3 (4,4) = 4/4 (-3,1) = -3/1 (6,-2) = -6/2 (-9,3) = -9/3 (0,2) = 0/2 (0,3) = 0/3 (0,-4) = -0/4 La relazione di equivalenza induce in I x {I - {0}} una partizione in classi di equivalenza ciascuna delle quali definisce un numero razionale. Il loro insieme è detto l insieme dei numeri razionali Q ed è uguale all insieme quoziente I x {I - {0}} /. Dall esempio precedente : 3/4 = 6/8 = 12/16 = = [3/4] = 3/4 (le parentesi quadre indicano una classe di equivalenza) 1/1 = 3/3 = 4/4 = = [1] = 1-3/1 = -6/2 = -9/3 = = [-3] = -3 0/2 = 0/3 = 0/4 = = [0] = 0 Un numero razionale è quindi una classe di equivalenza, ovvero l insieme di tutte le coppie ordinate fra loro equivalenti ad una data che si ottiene dalla divisione (inverso della moltiplicazione) fra due numeri interi qualunque. Per comodità ogni numero razionale viene indicato non dalla sua classe ma da un numero frazionario preceduto dal segno + oppure - (il segno + può essere omesso e se una frazione è una divisione esatta si può indicare col solo numero intero corrispondente). L insieme dei numeri razionali è quindi Q = {, tutte le frazioni positive e negative di numeri interi, } e su di esso sono definite le operazione di somma (+), sottrazione ( -, l operazione inversa della somma), moltiplicazione (*) e divisione ( /, l operazione inversa della moltiplicazione ). Ribadiamo che il denominatore di queste frazioni non può mai essere nullo. L insieme Q dotato delle operazioni somma (+) e moltiplicazione (*) e della relazione d ordine minore (<) costituisce il sistema algebrico dei numeri razionali (Q; +, *, <). Indichiamo con Q il sottoinsieme dei numeri razionali per cui la divisione fra numeratore e denominatore è esatta. Inoltre il sottoinsieme dei numeri razionali positivi si denota con Q+ e quello dei numeri razionali negativi con Q-. Il sistema (Q ; +, *, <) è algebricamente isomorfo ad (I; +, *, <) per cui Q rappresenta una estensione di I :
13 05 - Numeri reali R. Fin dai tempi dell antica Grecia era noto che certe relazioni fra grandezze non possono essere espresse come frazioni di numeri interi (ovvero come numeri razionali). Esempi classici di ciò sono il rapporto fra diagonale e lato del quadrato ( 2) ed il rapporto fra la circonferenza ed il diametro di un cerchio (π). Vi sono quindi dei numeri che non sono razionali ma che sono approssimabili da successioni convergenti di numeri razionali. Questi numeri, detti irrazionali, assieme ai razionali formano l insieme dei numeri reali. Introduciamo il concetto di numero reale attraverso la definizione di taglio di Dedekind. Un taglio di Dedekind è un sottoinsieme di Q+ (numeri razionali positivi) che soddisfa le seguenti proprietà : L insieme A così definito è un taglio di Dedekind e rappresenta un insieme di numeri razionali con la particolare fondamentale proprietà (la terza) di avere sempre un elemento maggiore di un qualunque prefissato suo elemento. Consideriamo il taglio di Dedekind così definito : Esso definisce intuitivamente il numero irrazionale 2 (radice quadrata di 2 ) in quanto si può facilmente dimostrare che preso un qualunque numero razionale il cui quadrato è minore di 2 si può sempre trovare un altro numero razionale maggiore del precedente il cui quadrato sia ancora minore di 2. Questo processo può essere intuitivamente protratto all infinito. In questo modo i numeri razionali presi così in successione tenderanno ad avvicinarsi sempre più al numero irrazionale 2. Il concetto può essere illustrato dal seguente grafico : nel quale, con scala arbitraria, abbiamo posto alcuni numeri razionali che costituiscono il taglio di Dedekind in questione su di una retta orientata. Si può notare anche che la successione di numeri razionali che tende a 2 è stata rappresentata dai corrispondenti numeri decimali
14 scegliendoli via via con un decimale in più. Si può così notare che un numero irrazionale non è rappresentabile da un numero decimale con finiti decimali né da un numero periodico (ogni numero razionale è rappresentabile da un numero decimale con finiti decimali o con infiniti decimali ma a ricorrenza periodica). Sia T l insieme dei tagli di Dedekind e consideriamo il prodotto cartesiano T2 = T x T formato dalle coppie ordinate dei tagli (a,b) che indichiamo per comodità a b (qui il simbolo - non indica ancora la sottrazione). Introduciamo in T2 la relazione di equivalenza definita da (a b c d) (a + d = b + c) Essa introduce intuitivamente l operazione di sottrazione (-) come operazione inversa della somma. Per esempio : (1, 2) = 1 2 (4,3+ 2) = La relazione di equivalenza induce in T2 una partizione in classi di equivalenza ciascuna delle quali definisce un numero reale. Il loro insieme è detto l insieme dei numeri reali R ed è uguale all insieme quoziente T2 /. Dall esempio precedente : 1 2 = = = [1 2] = 1 2 (le parentesi quadre indicano una classe di equivalenza) Un numero reale è quindi una classe di equivalenza, ovvero l insieme di tutte le coppie ordinate fra loro equivalenti ad una data che si ottiene a partire dalla sottrazione di due tagli di Dedekind qualunque (serve una sottrazione fra due tagli per avere un numero reale negativo o nullo perché un singolo taglio rappresenta un singolo numero reale positivo). Per comodità ogni numero reale viene indicato non dalla sua classe ma da un numero razionale od irrazionale preceduto dal segno + oppure - (il segno + può essere omesso). L insieme dei numeri reali è quindi R = { numeri razionali e numeri irrazionali, } e su di esso sono definite le operazioni di somma (+), sottrazione ( -, l operazione inversa della somma), moltiplicazione (*) e divisione ( /, l operazione inversa della moltiplicazione). Sull insieme dei numeri reali è definito anche il modulo o valore assoluto nel seguente modo : a = a a = -a se a è positivo o nullo se a è negativo Importanti proprietà del modulo sono : -a = a ab = a b a + b <= a + b detta anche disuguaglianza triangolare L insieme R dotato delle operazioni somma (+) e moltiplicazione (*) e della relazione d ordine minore (<) costituisce il sistema algebrico dei numeri reali (R; +, *, <). Indichiamo con R il sottoinsieme dei numeri reali rappresentabili da numeri razionali. Inoltre il sottoinsieme
15 dei numeri reali positivi si denota con R+ e quello dei numeri reali negativi con R-. Il sistema (R ; +, *, <) è algebricamente isomorfo ad (Q; +, *, <) per cui R rappresenta una estensione di Q : Riassumendo, i numeri reali sono una estensione dei numeri razionali, che a loro volta sono una estensione dei numeri interi che a loro volta sono una estensione dei numeri naturali :
16 La teoria degli insiemi Il fondatore della teoria degli insiemi, fu Georg Cantor, che in particolare si occupò degli insiemi infiniti. Nella ricerca matematica di tutto l'ottocento già emergeva l'esigenza di descrivere le proprietà che distinguevano i vari insiemi numerici, dall'insieme N dei numeri interi positivi a quello dei numeri irrazionali e dei numeri reali R; nel 1872, quasi contemporaneamente, diversi studiosi tra cui lo stesso Cantor e Dedekind proposero tre definizioni diverse ma equivalenti di numero reale.tra i problemi sorti dallo studio di questi insiemi si pone quello della loro numerosità : Sono "di più" i numeri interi positivi o i numeri pari? Sono "di più" i numeri interi positivi o i quadrati perfetti? Sono "di più" i numeri interi positivi o le frazioni? Sono "di più" i numeri interi positivi o i numeri reali? Le risposte a queste domande avevano portato, già dai tempi di Galilei, a risultati apparentemente in contrasto con l'intuizione comune, detti paradossi.i risultati della ricerca di Cantor diedero una risposta rigorosa a questi problemi. Esponiamo di seguito i risultati più interessanti: Se A è un insieme finito o infinito e P(A) indica l'insieme delle parti di A, cioè l'insieme di tutti i suoi sottoinsiemi, allora P(A) è "più numeroso" di A (in termini rigorosi si dice che la cardinalità di P(A) è maggiore della cardinalità di A). L'insieme delle parti di un insieme numerabile (cioè numeroso come l'insieme N) ha la "potenza del continuo" (cioè è numeroso come l'insieme R) I diversi livelli di numerosità degli insiemi infiniti possono essere trattati come se fossero nuovi numeri che Cantor definisce numeri cardinali e che rappresenta con la prima lettera dell'alfabeto ebraico "aleph".si possono così costruire diverse "aritmetiche dell'infinito", ciascuna coerente, nelle quali l'ipotesi del continuo può essere vera o falsa.nel XX secolo esistono quindi più aritmetiche, come del resto esistono più geometrie: quella di Euclide che si fonda sulla verità del postulato delle parallele e due altre geometrie, dette geometrie non euclidee, che si basano sulle negazioni di questo postulato.
17 Introduzione L avvenimento più importante che si verificò nella cultura europea tra Cinquecento e Seicento e che diede inizio, dopo il Rinascimento, all età propriamente moderna, fu la cosiddetta rivoluzione scientifica. Ciò significa che se anche nell antichità e nel medioevo esistevano delle vere e proprie scienze, all inizio dell età moderna nacque un tipo nuovo di scienza, la scienza moderna appunto, che non si poneva più in continuità con le scienze precedenti, ma costituiva nei confronti di esse un mutamento radicale, cioè una vera e propria rivoluzione.la differenza principale tra la scienza medioevale, che si collocava in un rapporto di continuità con quella antica ed era dominata dalla fisica di Aristotele, e la scienza moderna sta nel fatto che la prima è essenzialmente qualitativa e finalistica, cioè ricerca soprattutto l essenza delle cose e il loro fine, mentre la seconda è esclusivamente quantitativa e meccanicistica, cioè indaga soltanto gli aspetti misurabili della realtà e si serve di cause efficienti, in particolare di quelle che spiegano il movimento meccanico, cioè lo spostamento di corpi nello spazio, cercando di ridurre a quest ultimo tutti i tipi di mutamento.l attenzione per gli aspetti quantitativi della realtà, fu dettata agli iniziatori della scienza moderna dalla constatazione che l unica scienza strutturata secondo dimostrazioni capaci di pervenire a conclusioni necessarie era la matematica, in particolare la geometria. Il desiderio di ottenere in tutte le altre scienze lo stesso tipo di dimostrazioni proprie della matematica, indusse i primi scienziati moderni ad applicare la matematica allo studio della natura. Per assicurare la verità delle premesse, cosa che la matematica non prevedeva, gli scienziati oltre alle osservazioni dirette delle realtà sensibili, iniziarono a servirsi di nuovi strumenti di osservazione capaci di aumentare le capacità degli organi di senso e soprattutto di esperimenti, cioè tentativi di riprodurre i fenomeni già osservati in condizioni di maggiore osservabilità.la sintesi di queste due procedure, cioè della dimostrazione matematica applicata alla natura e dell esperimento, costituisce il metodo matematico-sperimentale, che ha permesso alla scienza moderna di compiere notevoli progressi rispetto a quella antica e medioevale.secondo alcuni storici, la rivoluzione scientifica è stata resa possibile dalla nascita, dopo la fine del feudalesimo, di una nuova classe sociale, la borghesia, formata da individui che lavorano per se stessi e quindi sono interessati ad arricchirsi sempre più attraverso lo sfruttamento delle forze della natura. Questo intento pratico di dominare la natura, pressochè sconosciuto all antichità ed al medioevo, avrebbe pertanto favorito lo sviluppo della scienza moderna. Altri storici sostengono invece che la rivoluzione scientifica sia dipesa dall imporsi della concezione cristiana sulla concezione pagana della realtà, resa possibile soprattutto dalla Riforma protestante, la quale ha portato a escludere dalla natura ogni residuo di divinità, rendendola disponibile all intervento trasformatore dell uomo. Nella concezione ebraico-cristiana, infatti,
18 solo Dio è sacro, ma Dio è totalmente trascendente, mentre la natura non ha nulla di sacro ed è a disposizione dell uomo. Entrambe queste spiegazioni possono essere vere, così come ne possono esistere anche altre, altrettanto vere. E un fatto tuttavia, che la rivoluzione scientifica si è verificata solo nell Europa cristiana e borghese e che da questa, successivamente, si è propagata al mondo intero, investendo e trasformando tutte le altre culture e civiltà. Oltre alla Riforma e allo sviluppo economico dovuto alla nascita della nuova classe sociale, un altro fattore che rese possibile la rivoluzione scientifica nel Nord Europa fu la presenza in questa zona di numerose corti, i cui sovrani erano dei grandi mecenati. Accogliendo presso di se scienziati e artisti, e finanziando il loro lavoro, permettevano la divulgazione di scoperte, teorie, tendenze.
19 Benché tradizionalmente considerato modello di rigorosa teoria deduttiva e di organizzazione scientifica del sapere, il sistema euclideo è stato oggetto di una secolare discussione critica, che ha avuto inizio con i commentatori greci degli Elementi e si è conclusa nella seconda metà dell'ottocento. E' proprio all'interno degli sviluppi settecenteschi di questa discussione che si trovano le origini della geometria non euclidea.il quinto postulato, o postulato di Euclide, afferma che «se una retta venendo a cadere su due rette forma gli angoli interni e dalla stessa parte minori di due retti (= tali che la loro somma sia minore di due retti), le due rette prolungate illimitatamente verranno ad incontrarsi da quella parte in cui sono gli angoli minori di due retti (= la cui somma è minore di due retti» Esso è comunemente noto come il "postulato della parallela", in quanto è equivalente all'affermazione che «per un punto fuori di una retta passa una sola parallela alla retta stessa». Rispetto agli altri quattro, questo postulato appare anomalo: infatti, presenta una complessità di formulazione che lo apparenta molto più ai teoremi che ai postulati, togliendogli quel carattere di evidenza che, come abbiamo visto, è un requisito essenziale dei postulati di un sistema assiomatico classico. Si noti che la critica al quinto postulato non verteva affatto sul suo carattere di proposizione vera, ma soltanto sul suo carattere di proposizione evidente, e quindi sulla necessità di assumerlo tra i fondamenti, tra le proposizioni indimostrate del sistema. Si poneva così il problema di dare una dimostrazione del quinto postulato. Ottenuta la dimostrazione, si sarebbe avuta la prova della non indipendenza del quinto postulato e, quindi, la possibilità di eliminarlo dai fondamenti del sistema, emendando quest'ultimo da quella che sembrava una lacuna logica. La storia dei tentativi di dare una dimostrazione del quinto postulato, a partire dai Greci e fino all'ottocento, è una storia fallimentare.in nessun caso infatti si è riusciti nell'intento. Euclide insomma aveva ragione: il postulato della parallela è veramente uno dei fondamenti ineliminabili del sistema. Fra tutti i tentativi di mostrare la possibilità di non assumere tra i fondamenti del sistema euclideo il quinto postulato, ve n'è tuttavia uno, quello compiuto da Saccheri in Euclides ab omni naevo vindicatus, particolarmente importante, perché pur fallendo l'obiettivo finisce di fatto, grazie al metodo adottato, per elaborare i primi frammenti di geometria non euclidea.saccheri ritiene che il quinto postulato sia vero, ma non evidente, e che -come tale- sia possibile eliminarlo dalla serie dei postulati e derivarlo dagli altri quattro. Anch'egli, insomma, è convinto che il quinto postulato non sia indipendente dagli altri, ma dipendente, derivabile da questi. Infatti egli pensa di dare una
20 prova della non indipendenza di esso in modo indiretto, ossia non più cercando di dedurlo dagli altri, ma mostrando l'insostenibilità della tesi della sua indipendenza. Il metodo seguito da Saccheri è noto come "reductio ad absurdum". Egli nega per assurdo la verità del quinto postulato e cerca di giungere a una contraddizione che mostri l'impossibilità di ammettere la falsità dei quinto postulato e con ciò l'insostenibilità della tesi della sua indipendenza. Saccheri ritenne di essere effettivamente riuscito nell'intento, e il titolo stesso del suo libro sta a indicare questa convinzione. Ma in realtà il suo deve considerarsi un tentativo fallito, anche se, perseguendo un obiettivo impossibile, conseguì l'importante risultato di dimostrare un certo numero di teoremi di una geometria non euclidea, corrispondente a quella che successivamente sarà costruita da Lobacevskij.Se Saccheri era inconsapevolmente arrivato a elaborare alcuni frammenti di geometria non euclidea, la costruzione consapevole e sistematica delle geometrie non euclidee fu possibile solo nella prima metà dell'ottocento, allorché ci si convinse che il quinto postulato di Euclide era indipendente dagli altri. Ciò significava infatti riconoscere che dal punto di vista logico era possibile assumere postulati contrastanti con quello euclideo e sviluppare, su questa nuova base, sistemi di geometria alternativi e nello stesso tempo coerenti al loro interno. Era insomma la scoperta della possibilità di una pluralità di sistemi geometrici.la comprensione di questo stato di cose fu comune a diversi matematici del primo Ottocento, ma la prima effettiva costruzione di un sistema di geometria non euclidea si deve a Gauss. Questi però non pubblicò i risultati delle sue ricerche perché era certo che non sarebbero stati compresi e che non ne sarebbe stata riconosciuta l'importanza. Le prime pubblicazioni di sistemi di geometrie non euclidee si devono perciò a Lobacevskij e Bolyai, che indipendentemente l'uno dall'altro elaborarono una geometria basata sull'ipotesi che per un punto fuori di una retta passa più di una parallela alla retta data (geometria iperbolica), e a Riemann che invece elaborò un sistema basato sull'ipotesi che per un punto fuori di una retta non passa alcuna parallela alla retta data (geometria ellittica).la costruzione dei sistemi di geometria non euclidea era avvenuta, ovviamente, nella convinzione che fossero logicamente coerenti. Gauss espresse questa convinzione in una lettera affermando che la curiosa e del tutto nuova geometria cui conduceva la negazione del postulato euclideo, per quanto potesse apparire paradossale, era tuttavia «assolutamente coerente». Il problema che subito si pose e che si dovette affrontare per dare credibilità alla nuova scoperta fu quello di dimostrare la coerenza dei sistemi non euclidei. Questo problema non si era mai posto per la geometria euclidea in quanto i suoi postulati erano considerati proposizioni vere e da esse, deducendo rigorosamente, altro non si poteva ottenere che proposizioni vere: si aveva in tal modo la garanzia che il sistema fosse coerente. Diversa invece era la situazione dei sistemi non euclidei, per le cui proposizioni controintuitive e apparentemente paradossali non vi era alcuna garanzia a priori che fossero vere. Perché tali sistemi potessero avere diritto di cittadinanza entro la matematica era perciò necessario dimostrarne la coerenza.
21 La soluzione del problema fu trovata nella seconda metà dell'ottocento da Klein, il quale riuscì a elaborare una dimostrazione relativa di coerenza dei sistemi non euclidei.egli, in sostanza, riuscì a coordinare sistematicamente i concetti della geometria non euclidea con i corrispondenti concetti di quella euclidea, di modo che a ogni proposizione dell'una corrispondesse una proposizione dell'altra. Così, data la non contraddittorietà della geometria euclidea e data la perfetta riduzione a essa della geometria non euclidea, quest'ultima doveva considerarsi coerente. Con la dimostrazione della loro coerenza, i sistemi non euclidei entrarono a far parte della matematica, determinando una situazione del tutto nuova nel campo della geometria; ora infatti non vi era più una sola geometria, ma una pluralità di sistemi geometrici (quello euclideo e quelli non euclidei), tutti equivalenti dal punto di vista logico e perciò tutti ugualmente legittimi: insomma, una vera rivoluzione scientifica.
22 Con gli Elementi di Euclide la geometria perde il suo precedente carattere di conoscenza frammentaria per acquisire la forma di un sapere rigorosamente sistematico. Modello di questa elaborazione della geometria come sapere metodicamente organizzato è la teoria del sistema assiomatico formulata da Aristotele nei Secondi Analitici.Un sistema assiomatico è costituito da un insieme di proposizioni ("postulati" o "assiomi") che ne forma la base, il fondamento, e da un altro insieme di proposizioni ("teoremi") che viene derivato dal primo per via puramente logica. La struttura formale del sistema assiomatico è quindi di tipo deduttivo, tale cioè che la validità delle proposizioni derivate non dipende da altro che dai nessi puramente formali che le connettono alle premesse: dati i postulati, i teoremi seguono necessariamente. Requisito essenziale del sistema assiomatico classico è che le proposizioni che ne costituiscono il fondamento siano evidenti, ossia immediatamente vere. Il sistema assiomatico è perciò un sistema di proposizioni vere, deduttivamente concatenate e fondate su poche proposizioni la cui verità è evidente. Rigorosa struttura deduttiva e verità delle proposizioni conferiscono al sistema assiomatico lo status di episteme.sulla base di questo modello, Euclide negli Elementi ricostruisce la geometria ponendo a fondamento del sistema una serie di definizioni degli enti geometrici fondamentali (punto, linea, superficie, angolo, cerchio, ecc.), cinque postulati e cinque nozioni comuni. Le definizioni introducono gli enti geometrici che sono oggetto della teoria. Per Euclide non si tratta di semplici costrutti concettuali; gli enti geometrici sono realmente esistenti fuori di noi e sono dati alla nostra intuizione, le definizioni hanno solo il compito di individuarli. I postulati sono proposizioni primitive che esprimono proprietà e relazioni degli enti geometrici fondamentali. Le nozioni comuni, infine, sono proposizioni che esprimono proprietà generali delle relazioni di identità (uguaglianza) e di ordine (maggiore, minore). Esse sono dette "comuni" perché, a differenza dei postulati che sono principi propri della geometria, appartengono anche ad altre scienze. A partire da questi fondamenti vengono poi elaborate le dimostrazioni dei teoremi.
23 Con la ricostruzione della geometria come sistema rigorosamente deduttivo di proposizioni vere, come episteme, Euclide porta a compimento i precedenti tentativi di organizzare in una struttura unitaria le conoscenze geometriche già acquisite e fissa quello che per molti secoli sarà considerato il miglior esempio di teoria deduttiva e il modello del sapere, il paradigma cui non soltanto le altre scienze ma anche la stessa filosofia cercheranno di uniformarsi. Tale carattere di paradigma del sapere la geometria lo conserverà fino a che con la scoperta delle geometrie non euclidee, con la nuova sistemazione assiomatica di Hilbert e con l'indagine critica sui fondamenti di questa scienza, essa non acquisirà nuova struttura formale e nuovo status epistemologico.
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