IL RECESSO DEL SOCIO DI S.R.L. Marco Maltoni

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1 IL RECESSO DEL SOCIO DI S.R.L. Marco Maltoni 1. Funzione del recesso nella società a responsabilità limitata e impostazione del lavoro. Le pagine seguenti sono alimentate dall adesione alla tesi per la quale il recesso identifica una tecnica di disinvestimento 1 : svolge quindi la funzione di consentire al singolo socio, al verificarsi di determinate condizioni legali o statutarie, di ottenere la liquidazione anticipata della quota. In tal senso agisce come diritto 2, al punto che, se non si riescono a reperire le risorse patrimoniali per soddisfare l istanza di disinvestimento individuale, le alternative sono due: o si rimuove, se possibile, la ragione fattuale che ne costituisce il presupposto (revoca della delibera), o si procede alla distribuzione integrale a favore di tutti gli investitori di capitale di rischio (soci) dell intero patrimonio netto residuo una volta soddisfatte le ragioni degli investitori di capitale di credito al termine dell ordinario procedimento di liquidazione della società (scioglimento della società ai sensi dell ultimo comma dell art.2473 c.c.). Per tale motivo, ma solo per tale motivo, si condivide l idea per la quale tramite il recesso si fornisce al socio uno strumento di contrattazione con altri soci e con la maggioranza della società 3, un mezzo per costringere la maggioranza a negoziare con lui anche le misure in discussione 4, mediante un attenta valutazione dei costi e benefici concernenti una decisione che vede contrapposti diversi soci 5 : corollari applicativi, conseguenze, della funzione di disinvestimento che svolge il diritto di recesso, nell ambito di, ed in adesione a, una visione sistematica per la quale la disciplina societaria di presta ad essere riguardata come disciplina di un investimento, di un operazione che prende le mosse da una spesa, il conferimento appunto,e si conclude con un risultato: spesa e risultato che rappresentano il momento dell investimento e rispettivamente, del disinvestimento 6. 1 ZANARONE, Della società a responsabilità limitata, Tratt. Schlesinger, I, Milano, 2010, 777; in termini di funzione anche di disinvestimento REVIGLIONO, Il recesso nella società a responsabilità limitata, Milano, 2008, 6, per il quale il recesso da un lato, realizza una fondamentale ed unitaria funzione di disinvestimento della partecipazione, d altro lato è destinato ad assumere diversi significati e a realizzare diverse funzioni in relazione ai diversi assetti che stanno alla base di numerose ipotesi considerate espressamente dal legislatore. Nella medesima logica DE NOVA, Il diritto di recesso del socio di società per azioni come opzione di vendita, in Riv. Dir. Priv., 2004, 329; PISCITELLO, Recesso ed esclusione, Il nuovo diritto delle società, Liber Amicorum Gian Franco Campobasso, 3, Torino, 2006, 734; GARCEA, Profili procedimentali del recesso, in S.r.l. commentario, a cura di Dolmetta Presti, Milano, 2011, Si veda in proposito FERRI JR., Investimento e conferimento, Milano, 2001, Così la Relazione illustrativa della legge di riforma. 4 ANGELICI, La riforma delle società di capitali. Lezioni di diritto commerciale, Padova, 2003, 77 5 Ancora la Relazione Illustrativa alla legge di riforma. Così REVIGLIONO, cit., 12, per il quale in tale prospettiva il recesso non si risolve in una mera attività di disinvestimento della propria partecipazione da parte del socio, ma può tradursi in un operazione più complessa, caratterizzata da una valutazione globale dell assetto e dell andamento economico della società, nella quale sono coinvolti non soltanto i soci, ma anche i potenziali terzi acquirenti della partecipazione e infine i creditori sociali. 6 FERRI JR., cit.,

2 E dunque muovendo da tale visione che si intende proporre non tanto ad un analisi completa ed omogenea dell istituto, già svolta con maestria ed autorevolezza da altri 7, quanto piuttosto l approfondimento di questioni puntuali, empiricamente rilevanti sul piano applicativo. 2. Il conflitto con i creditori sociali, investitori di capitale di debito. Le tecniche di liquidazione della partecipazione. Essendo una tecnica di disinvestimento, il recesso in ambito societario ha da sempre sollevato un problema di conflitto con i creditori sociali. Come efficacemente evidenziato, si assiste ad una duplice concorrente pretesa sul patrimonio sociale: quella degli investitori di capitale di rischio (soci) e quella degli investitori di capitale di credito (creditori sociali). Alla soluzione del permanente conflitto fra essi è indirizzata in particolare la disciplina del patrimonio netto, che si compone infatti di una serie di regole volte appunto ad indicare i tempi, limiti e modalità della distribuzione del corrispondente valore tra i soci.. disciplina che pone questi ultimi in una posizione residuale limitatamente al valore rappresentato da quella parte del patrimonio netto denominata capitale sociale 8. Anticipando la liquidazione di un socio, il diritto di recesso sembra alterare le regole di concorso fra investitori sul patrimonio sociale, ed anche alla luce della potenziale lesione degli interessi del ceto creditorio storicamente se ne era proposta una lettura riduttiva dell ambito di operatività, negando l ammissibilità di cause convenzionali e ritenendo applicabile in via sistematica lo strumento dell opposizione dei creditori in caso di riduzione conseguente del capitale sociale 9. A tale capitolo del conflitto economico fra investitori è dedicata la parte finale dell art.2473 c.c. che pone in sequenza una serie di tecniche di liquidazioni miranti ad allocare il peso economico della soddisfazione del socio recedente innanzitutto sugli altri soci o su terzi; in seconda istanza sul patrimonio sociale, mediante impiego di risorse rappresentate da porzioni del netto diverse dal 7 E sufficiente ricordare, fra molti, senza pretesa di completezza: ZANARONE, cit, 775; REVIGLIONO, cit; MAGLIULO, Il recesso e l esclusione, in La riforma della società a responsabilità limitata, a cura di Caccavale, Magliulo, Maltoni Tassinari,, Milano, 2007; CAGNASSO, commento all art.2473, Il nuovo diritto societario, a cura di Cottino, Cagnasso, Montalenti, Bologna, 2004, II, 1836 ss; GALLETTI, commento all art.2473, in Il nuovo diritto societario, a cura di Maffei Alberti, Padova, 2005, II, 434 ss; ANNUNZIATA, commento all art.2473, in Commentario alla riforma delle società, diretto da Marchetti, Bianchi, Ghezzi, Notari, Società a responsabilità Limitata (a cura di Bianchi), Milano, 2008, 451 ss; PERRINO, La rilevanza del socio nella s.r.l.: recesso, diritti particolari, esclusione, in Giur Comm, 2003, I, 810 ss; DACCÒ, Il diritto di recesso,: limiti dell istituto e limiti all autonomia privata nella società a responsabilità limitata, in Riv. Dir. Comm., 2004, I, 471; STELLA RICHTER, Diritto di recesso e autonomia statutaria, in Riv. Dir. Comm., 2004, I, 389 ss.; TOFFOLETTO, L autonomia privata e i suoi limiti nel recesso convenzionale del società di società di capitali, in Riv. Dir. Comm., 204, I, 347 ss; VENTORUZZO, Recesso da società a responsabilità limitata e valutazione della partecipazione del socio recedente, in Nuova Giur.Civ.Comm., 2005, II, 434 ss; PISCITELLO, cit., 717 e ss; TRIMARCHI, Il recesso del socio dai tipi capitalistici e applicativi notarili, Studio di Impresa n del Consiglio Nazionale del Notariato, Studi e Materiali, 2012, 2, FERRI JR, Il sistema e le regole del patrimonio netto, in RDS 2010, 26 e ss. 9 Per tutti GRIPPO, Il recesso del socio, Trattato delle Società per Azioni, diretto da Colombo Portale, 6*, Torino, 1993, 133 ss; rievoca il principio di conservazione dell integrità del patrimonio sociale come ispiratore della disciplina previgente anche PISCITELLO, cit,,

3 capitale e solo come terza possibilità, perseguibile esclusivamente in caso di improcedibilità, totale o parziale, delle tre modalità propedeutiche (acquisto da parte degli altri soci, acquisto da parte di un terzo, impiego delle riserve disponibili), mediante riduzione del capitale sociale, previo consenso implicito (alias mancata opposizione) dei creditori sociali. Dato atto di ciò, giova enfatizzare che nella logica prospettata la prevalenza dell interesse dei creditori (investitori di capitale di credito) sull interesse del socio recedente ad essere liquidato (a disinvestire) e degli altri soci a liquidarlo è segnata (solo) da due regole: a) divieto di ridurre il capitale sociale qualora la società possieda riserve disponibili di entità sufficiente a soddisfare le ragioni del recedente; b) diritto di opposizione dei creditori sociali all eventuale riduzione del capitale sociale. E interessante notare, sempre nella medesima prospettiva, che il vittorioso esito del giudizio di opposizione non si traduce nell estinzione del diritto al disinvestimento del recedente, ma nella liquidazione dell intero patrimonio sociale, che coinvolge tutti i soci (ponendo fine all iniziativa economica collettiva) e che, soprattutto, ripristina la corretta sequenza di soddisfazione degli investitori sul patrimonio sociale: prima quelli di capitale di credito, infine quelli di capitale di rischio, cioè i soci, residual claimants. Le considerazioni proposte sono il viatico di due questioni, l una di interpretazione del testo normativo, l altra, sostanziale, afferente il concorso fra soci in sede di rimborso del patrimonio sociale all esito del procedimento di liquidazione indotto dall opposizione dei creditori alla riduzione del capitale sociale. Il dato letterale dell art quarto comma c.c. (ai sensi del quale al rimborso mediante riserve disponibili si può accedere solo qualora non avvenga l acquisto da parte degli altri soci, in proporzione fra loro, o da parte di un terzo, concordemente individuato dai soci medesimi, e, sempre ai sensi del quale, solo in mancanza di riserve disponibili è possibile ridurre il capitale sociale), alimenta la tesi, assolutamente maggioritaria, dell inderogabilità assoluta, in ogni sua scansione, della sequenza procedimentale di liquidazione disegnata dal legislatore. La tesi sembra corroborata dalla valutazione degli interessi coinvolti, e quindi in primis dall indiscutibile indisponibilità degli interessi dei creditori. Ne consegue che non potranno pertanto essere statutariamente invertite né la sopra ricordata sequenza stabilita dal legislatore fra la fase in cui il rimborso della quota del recedente può avvenire da parte degli altri soci o di terzi e quella in cui il medesimo rimborso avviene attingendo al patrimonio sociale, né, all interno di quest ultima, la sequenza fra le sottofasi del ricorso alle riserve disponibili e della riduzione del capitale 10. Secondo tale orientamento, diversamente ragionando, 10 ZANARONE, cit.,

4 infatti, si lederebbero le esigenze di tutela dei creditori sociali, i quali traggono ovviamente vantaggio sia dal fatto che il recedente venga rimborsato a spese non della società loro debitrice ma di altri soggetti, sia dal fatto che ad essere intaccato per ultimo risulti comunque il capitale sociale, atteso il più elevato livello di garanzia che esso presenta rispetto alle riserve 11. Non vi possono essere dubbi sul fatto che alla riduzione del capitale possa ricorrersi solo in assenza di riserve disponibili, al punto da poter desumere, come sopra già evidenziato, un divieto di legge, che si traduce in una norma imperativa idonea a suffragare la nullità della decisione di riduzione del capitale assunta in spregio in quanto avente oggetto illecito, ai sensi dell art.2479 terzo comma c.c.. Non sembra invece giustificabile ugual rigore rispetto alla consequenzialità normativa delle altre tecniche di liquidazione, proprio alla luce di una valutazione sostanziale degli interessi sottesi. E evidente l intenzione del legislatore di fissare un itinerario, come palesato ulteriormente, in chiave sistematica, dalla scelta operata in caso di recesso da s.p.a. (art.2437 quater c.c.); intenzione che va dunque rispettata. Al contempo non si può a far a meno di notare che: a) l accesso alle tecniche di liquidazione attuate mediante impiego di denaro sociale è rimesso all incondizionata disponibilità dei soci; b) durante la vita della società le riserve disponibili, proprio in quanto tali, sono alla mercè delle scelte dei soci senza alcun riguardo per gli interessi del ceto creditorio, almeno nella società a responsabilità limitata 12 : dunque i soci possono legittimamente decidere, in ogni momento, di distribuirle, quindi di sottrarre i corrispondenti (per valore) mezzi patrimoniali alla società, senza che alcuno possa, altrettanto legittimamente, lamentarsi. Rispetto alla prima proposizione, si deve tener presente che i soci hanno il diritto, ma non l obbligo di acquistare, così come non sono tenuti ad accogliere in società terzi estranei (il terzo deve essere prescelto concordemente, quindi all unanimità, dagli altri soci): l istanza di tutela dell equilibrio finanziario e patrimoniale della società è rimessa ad una valutazione degli interessi individuali senza che un rischio di alterazione di tale equilibrio imponga alla maggioranza di tornare sui suoi passi, eliminando il movente del recesso alla stregua di quanto previsto in caso di esclusione del socio, per la cui liquidazione è precluso imperativamente il ricorso a mezzi patrimoniali della società. Nulla impedisce poi che i soci decidano di distribuirsi riserve disponibili o utili accantonati e poi acquistare la partecipazione del receduto con il denaro percepito, qualora, per esempio, solo una 11 ZANARONE, cit., 848. In tal senso anche PISCITELLO, cit., 733; l inderogabilità della sequenza procedimentale è affermata anche da REVIGLIONO, cit, Meno assoluto è il ragionamento per la s.p.a., laddove abbia emesso obbligazioni, stante il disposto degli artt.2412 e 2413 c.c.. 4

5 parte di essi sia intenzionata a incrementare l investimento nell impresa sociale ma non abbia i mezzi economici per farlo. Atteso ciò, la tutela del ceto creditorio in definitiva risulta molto timida, come pure la pretesa tutela dell equilibrio patrimoniale della società. Se così è, sul piano sostanziale non mi pare che i creditori sociali soffrano alcuna lesione da una clausola che inverta l ordine della sequenza, imponendo in primo luogo il ricorso alle riserve disponibili e poi al tentativo di vendita ai soci e al terzo, unici limiti sembrando quelli i) della insopprimibilità delle quattro fasi e ii) della necessaria subordinazione della riduzione del capitale alla carenza di riserve disponibili 13. Con riferimento alla seconda questione annunciata, si è già rilevato che il vittorioso esperimento dell opposizione alla riduzione del capitale da parte dei creditori conduce alla liquidazione della società, ai sensi dell inciso finale del quarto comma dell art.2473 c.c. ( qualora sulla base di esso non risulti possibile il rimborso della partecipazione del socio receduto, la società viene posta in liquidazione ). Si tratta di capire come si collochi la liquidazione del socio receduto rispetto agli altri soci. Data per scontato, infatti, stante la sua qualità di investitore di capitale di rischio, la postergazione rispetto alla soddisfazione dei creditori sociali, la questione attiene in definitiva all entità del valore di liquidazione spettante al receduto. La sua posizione in tale fase deve intendersi equivalente a quella degli altri soci, così che concorre proporzionalmente al residuo attivo dopo il soddisfacimento dei creditori sociali, oppure deve essere considerata in qualche misura privilegiata, nel senso che il valore di liquidazione è cristallizzato al momento della dichiarazione di recesso, a prescindere dalle successive vicende, anche liquidatorie, della società, fermo il rispetto della prelazione dei creditori sociali? La questione, dunque, è riconducibile all alveo del conflitto fra interessi dei soci. L ultimo comma dell art.2473 c.c. sancisce la sopravvenuta inefficacia del recesso qualora sia deliberato lo scioglimento della società, con l effetto di porre tutti i soci in posizione equivalente. Si potrebbe dunque desumere che in ogni caso di scioglimento della società, anche non volontario, si determini il medesimo effetto. Entrambi gli orientamenti albergano in dottrina. Si è sostenuto, infatti, che sembra estranea alla scelta legislativa di liquidare la società a seguito dell opposizione dei creditori ogni intenzione di conciliare l interesse del socio recedente anche 13 REVIGLIONO, cit., 343, per il quale le tecniche di rimborso fondate sull acquisto da parte degli altri soci o di terzi costituiscono una fase che, nella prospettiva del legislatore, risulta tutt altro che eventuale, essendo anzi la condizione perché possano legittimamente essere post in essere quelle modalità di rimborso che, per loro natura, risultano potenzialmente idonee a destabilizzare la struttura finanziaria e patrimoniale dell ente. 5

6 con quello degli altri soci, in quanto la messa in liquidazione ex lege della società conseguente all infruttuosità del tentativo di ridurre il capitale non comporta affatto, a differenza della tempestiva deliberazione di scioglimento di cui all ultimo comma dell art.2473, che il recesso sia assolutamente privo di efficacia; con la conseguenza che il socio recedente godrà ugualmente di una posizione privilegiata rispetto agli altri soci in sede di riparto finale dell attivo, dove la misura della sua partecipazione a tale riparto finale dell attivo non sarà in ogni caso inferiore (ovviamente nei limiti di capienza di tale attivo) al valore di liquidazione stabilito ai sensi dell art.2473, terzo comma. 14. Sull altro versante si pongono coloro per i quali ogni causa di scioglimento contemplata nell art.2473 c.c. conduce all inefficacia del recesso, e quindi alla conversione del diritto alla liquidazione della quota in un diritto alla quota di liquidazione sul patrimonio residuo. Come già rilevato, il conflitto verte sul piano dell entità della liquidazione del socio receduto. Se così è, mi pare più corretto domandarsi se il recesso legale sia diretto a consentire al socio di disinvestire in un momento di mercato favorevole o se la sua funzione sia diversa. In altri termini, la questione deve essere affrontata sul piano degli interessi che il legislatore ha inteso privilegiare accordando il diritto. Sotto tale profilo mi pare che la soluzione non possa essere univoca. Riferendoci alle cause legali previste nell art.2473 c.c., con esclusione dell ipotesi di società contratta a tempo indeterminato, sembra chiaro che l interesse tutelato è quello di uscire dall investimento allorché la maggioranza modifichi determinate regole che possono mutare il rischio o le modalità di partecipazione. Dunque, il socio non decide quando disinvestire, in base ad una valutazione di opportunità di mercato, in quanto deve essere provocato da una decisione non condivisa assunta dagli soci, i quali possono poi tornare sui loro passi, e impedire il disinvestimento, anche se fruttuoso, revocando la delibera che vi aveva dato adito. In tali circostanze l unico interesse tutelato sembra quello di non partecipare ad un organizzazione non più condivisa, a prescindere dal valore della quota di liquidazione: poiché lo scioglimento della società soddisfa tale istanza, non vedrei motivo per privilegiare sul piano economico, ovvero sul piano della determinazione dell entità della liquidazione, il socio recedente. La conclusione sembra dover essere diversamente articolata qualora il socio abbia facoltà di scegliere il momento del recesso, alla luce della regola per la quale il valore della partecipazione è determinato tenendo con del suo valore di mercato al momento della dichiarazione di recesso (art.2473 terzo comma c.c.). 14 ZANARONE, op.cit.,

7 Mi riferisco all ipotesi del recesso da società contratta a tempo indeterminato, che può essere esercitato dal socio in ogni momento; mi pare vengano in gioco, nella medesima prospettiva, le cause di recesso di cui all art.2469 c.c., operanti se l accesso al mercato delle partecipazioni è reso particolarmente difficoltoso dalle regole statutarie e dalla conseguente applicazione che ne fanno gli altri soci o gli organi sociali. In tali casi, nonché in quelli che la prassi negoziale eventualmente escogiterà (si pensi al recesso ad nutum, sulla cui ammissibilità si tornerà), l esercizio del diritto non è condizionato da una scelta altrui, imponderabile nell an, ma sembra ispirato da valutazioni di opportunità economica del disinvestimento, cosicché solo una decisione di scioglimento assunta tempestivamente, ai sensi dell ultimo comma dell art.2473 c.c., può rimettere i soci in posizione di parità liquidativa, per il ridotto impatto sull entità del quantum che può generare, ma non il verificarsi della diversa causa di scioglimento rappresentata dall opposizione dei soci, dovuta al dilatorio tentativo degli altri soci di liquidare la quota del receduto. 3. In ordine all entità della riduzione del capitale sociale deciso ai sensi dell art.2473 c.c. Per assonanza al tema sopra trattato, ed in coerenza con la promessa disorganicità della trattazione, si può rilevare che uno dei temi più dibattuti attiene alle modalità tecniche di attuazione della riduzione del capitale sociale al servizio della liquidazione del socio receduto 15. Il tema non è nuovo, in quanto già presente nella letteratura prima della riforma, e può sintetizzarsi in un quesito: dato atto che il valore di liquidazione della partecipazione per la quale è stato esercitato il recesso può essere superiore al valore nominale della stessa, quale deve essere l entità della riduzione del capitale sociale prevista nell art.2473 c.c.? Pari al valore nominale e pari al valore di liquidazione? Un orientamento 16 si esprime chiaramente per la prima opzione, ritenendo che l operazione sul capitale sia funzionale solo all annullamento della partecipazione del socio receduto, mentre la restante parte del valore di liquidazione si traduce in una passività cui non corrisponde 15 Non si ritiene necessario affrontare, nella logica delle presenti pagine, il tema della derogabilità/inderogabilità dei criteri di valutazione della quota, già oggetto di tutti gli interventi in materia di recesso, a cui si rinvia: ex multis, MAGLIULO, cit., 279 ss; ANNUNZIATA, cit., 523; ZANARONE, cit., 828 ss. Più di ogni altro, VENTORUZZO, Recesso e valore delal partecipazione nelle società di capitali, Milano, 2012; in precedenza, VENTORUZZO, Recesso da società a responsabilità limitata e valutazione della partecipazione del socio recedente, in Nuova Giur.Civ.Comm., 2005, II, 434 ss. 16 Orientamento del Consiglio Notarile dei Distretti Riuniti di Firenze, Pistoia e Prato, Massima del 13 luglio 2009, per il quale qualora, a seguito del recesso, il rimborso del socio receduto debba essere eseguito, ai sensi degli artt.2437 quater, sesto comma, c.c. e 2473, quarto comma, c.c., mediante riduzione del capitale sociale, la misura della riduzione imposta dal legislatore in tale occasione è pari al valore nominale della partecipazione del socio receduto che viene annullata e non all importo che deve essere liquidato al receduto. Qualora, a seguito di tale riduzione, il capitale sociale si riduca al di sotto del minimo legale, la società può procedere a tale riduzione purché contestualmente deliberi la trasformazione in un diverso tipo sociale compatibile con la ridotta misura del capitale ovvero proceda alla ricostituzione del capitale alla misura minima richiesta. 7

8 necessariamente una perdita di capitale, qualora la società sia dotata, per esempio, di riserve indisponibili di capienza sufficiente. In tal modo si evita che altresì che la liquidazione sia di fatto pagata dagli altri soci, che diversamente vedrebbero ridotto il valore nominale delle loro partecipazioni, intaccate dalla riduzione del capitale funzionale alla liberazione di risorse dell attivo necessarie per liquidare il receduto. La proposta interpretativa è stata di recente criticata 17. Si è obiettato che nella circostanza dell assenza di utili o riserve disponibili, tanto per la S.p.a. che per le S.r.l., la legge obbliga alla riduzione del capitale sociale: il che vale quanto dire che l operazione di liquidazione della quota deve coincidere e segnatamente essere seguita da un opportuno riadattamento dei valori nominali del capitale sociale ai valori del patrimonio i quali verranno alterati in misura significativa proprio dalla liquidazione della quota del recente 18. Nella prospettiva segnata la riduzione del capitale sociale è una necessità legale al fine di palesare immediatamente la grave perdita patrimoniale, così da consentire l attivazione delle regole di tutela dei creditori, e segnatamente il rimedio dell opposizione, per ripristinare la corretta regola di ripartizione del patrimonio netto. Dunque, la riduzione del capitale dovrebbe essere di entità equivalente al valore della quota di liquidazione 19. A ben vedere, la tesi da ultimo prospettata appare convincente. Infatti, poiché rappresenta un ipotesi di disinvestimento anticipato, il recesso può coinvolgere solo quella parte del patrimonio sociale, il patrimonio netto, che sarebbe di spettanza degli investitori di capitale di rischio, cioè i soci. Il diritto al disinvestimento non può trasformare l investitore di capitale di rischio in investitore di capitale di credito: ammettendo invece che il capitale sociale si riduca solo per il valore nominale, ne consegue che la restante parte del valore di liquidazione della partecipazione del receduto dovrebbe essere collocata fra i debiti della società alla stregua di quella degli altri creditori, concorrendo a formare il cd. passivo reale, quasi che l investimento iniziale di capitale di rischio fosse una sorta di finanziamento soci, in controtendenza con la regola della postergazione fissata nell art.2467 c.c.. In altri termini, se l eccedenza del valore di rimborso rispetto al valore nominale della partecipazione del receduto gravasse la società come debito, il peso economico finirebbe per essere condiviso con i creditori sociali, che verrebbero a trovarsi un concorrente ulteriore TRIMARCHi,, Studio Consiglio Nazionale del Notariato n , 548 ss. 18 TRIMARCHI, cit., Così anche ZANARONE, cit., In tal senso TRIMARCHI, cit. 559, per il quale la riduzione non deve mai essere tale da determinare una preferenza del socio recedente, creditore della quota di liquidazione, rispetto ai creditori anteriori alla delibera di 8

9 Pertanto, sembra da condividere la tesi per la quale la riduzione del capitale deve essere di entità pari al valore della quota di liquidazione. Il corollario applicativo più rilevante che consegue all adesione all una o altra tesi emerge qualora l entità della riduzione richiesta per liquidare il socio receduto sia tale portare il capitale sociale ad una cifra inferiore al minimo legale. E infatti evidente che per i fautori della prima tesi, secondo i quali, in definitiva, l eccedenza del valore di liquidazione della quota del receduto si traduce in una passività, è ben possibile adottare le tecniche previste nell art.2482 ter c.c., ovvero la riduzione ed il contestuale aumento del capitale sociale o la trasformazione 21. La logica della seconda tesi, invece, è rappresentata dall impossibilità di creare un concorso paritario fra creditori sociali e socio receduto (investitore di capitale di rischio che disinveste) e pertanto, qualora di verifichi l evenienza indicata, non potrà deliberarsi la riduzione del capitale e la società dovrà essere posta in liquidazione 22, a meno che i soci di maggioranza non preferiscano tornare, se possibile, sui loro passi 4. Questioni e soluzioni in materia di attuazione delle tecniche di liquidazione della quota del socio receduto. Come più volte ricordato, il rimborso delle partecipazioni per cui è stato esercitato il recesso può avvenire anche mediante acquisto da parte degli altri soci proporzionalmente alle loro partecipazioni (art.2473 c.c.). E tesi diffusa che la norma si limiti ad attribuire ad ogni socio una sorta di diritto legale di opzione all acquisto della partecipazione del recedente, con facoltà peraltro di esercitare la prelazione sull inoptato, a somiglianza della soluzione proposta nell art.2437 quater c.c. 23, senza al contempo riconoscere altresì un diritto individuale alla proporzionalità dell acquisto, tale per cui riduzione. Quanto censurato dalla ratio legis sarebbe, invece, raggiunto, proprio se si consentisse alla società di ripristinare il capitale sociale o di trasformarsi nel caso in cui l esito della riduzione fosse tale da portare il valore nominale al di sotto del minimo prescritto dalla legge per quel tipo sociale, e fosse, ovviamente maggiore di un terzo dello stesso. Nel primo caso, infatti, ripristinato il capitale sociale, la riduzione precedente il ripristino avrebbe consentito la liquidazione del recedente, e quindi la sua soddisfazione con provvista rinveniente da valori corrispondenti al capitale sociale, prima degli altri creditori. Nel secondo caso, esso concorrerebbe quale creditore della trasformata società, avvantaggiandosi della responsabilità illimitata dei soci (cfr. art.2500 sexies c.c.). Laddove, al contrario, le prescrizioni degli artt.2437 quater e 2473 c.c. declinano un ben diverso principio consistente, appunto, nel diritto del recedente ad essere liquidato anche con provviste reperite dal capitale sociale attraverso il meccanismo della riduzione, ma cessando tale diritto di fronte a quello dei creditori cui l ordinamento riconosce il diritto di opporsi alla riduzione, facoltà di fatto vanificata ove si obliterasse il potere della società di ricapitalizzare o trasformarsi. 21 Orientamento del Consiglio Notarile dei Distretti Riuniti di Firenze, Pistoia e Prato, cit. 22 Vedi TRIMARCHI, cit., TRIMARCHI, cit., 546; REVIGLIONO, cit., 350, per il quale si deve ritenere che non sia affatto necessario il consenso unanime dei soci per realizzare un acquisto non proporzionale della quota del recedente; quindi che l eventuale percentuale rimasta inoptata può essere acquistata dagli altri soci. In tal senso anche VENTORUZZO, cit. 462; ANNUNZIATA, cit., 526, per il quale la tutela che è connessa con la regola della proporzionalità non può, infatti, che esaurirsi all atto della prima offerta della partecipazione del socio receduto. 9

10 l indisponibilità anche di uno solo dei soci ad acquistare e a rinunciare, anche parzialmente, a tale diritto costringerebbe ad attivare la seconda modalità, ossia l offerta a terzi, per non alterare i reciproci rapporti di forza interni 24. La tesi accolta dalla dottrina dominante ha senza dubbio il pregio di non subordinare la modalità di attuazione meno invasiva per il patrimonio sociale al veto individuale, anche se, con riferimento alla facoltà di acquisto dell inoptato, non pare strettamente coerente all ambiente sistematico della s.r.l., nel quale la rilevanza del socio sul piano della conservazione degli assetti proprietari sembra ribadita a più riprese 25. Significativa in tal senso appare soprattutto la disciplina in tema di aumento del capitale sociale a pagamento, che non riconosce alcun diritto agli altri soci sulla parte di aumento del capitale non sottoscritto se non in forza di espressa decisione in tal senso assunta dai soci medesimi. Ne deriverebbe che il rifiuto di un socio ad acquistare la quota di partecipazione del receduto a lui spettante non legittima l acquisto di detta quota da parte di alcuni o anche di tutti gli altri soci, salvo che non intervenga un accordo unanime in tal senso 26. Certamente legittima, ed anche auspicabile 27, sarebbe la regola statutaria che, al fine di evitare incertezze, chiarisca che al socio spetta il solo diritto di acquistare proporzionalmente, senza facoltà di precludere l acquisto da parte degli altri soci in caso di sua indisponibilità, disciplinando altresì in maniera puntuale l esercizio del diritto di prelazione sull inoptato. Qualora i soci non acquistino in tutto o in parte la partecipazione del receduto, gli amministratori potranno procedere all alienazione a terzi solo se espressamente autorizzati in tal senso dai soci medesimi. La disposizione è nitida, ed induce a ritenere che il terzo debba essere scelto all unanimità, con indicazione nominativa. Sul piano della prassi è più probabile che il nominativo sia proposto dall organo amministrativo, che in definitiva presiede alla procedura, e che il consenso dei soci si traduca in un gradimento all unanimità. 24 In tale ultimo senso sembra orientato MAGLIULO, cit. 288, per il quale la cessione anche a favore di tutti i soci dovrebbe essere contestuale o comunque non perfezionabile fino a che l ultimo non ha sottoscritto il contratto di acquisto. 25 In tale prospettiva, pur cogliendo l esigenza di tutela del patrimonio sociale sottesa alle ricostruzioni proposte, non convince pienamente l affermazione per cui dall omessa previsione della possibilità di acquistare la quota rimasta inoptata non pare in alcun modo possibile inferire alcun divieto di utilizzare quella possibilità: REVIGLIONO, cit, ZANARONE, cit. 838, per il quale nella s.r.l.,in difetto di una rinuncia espressa da parte del socio che non può o non vuole acquistare, gli altri non sono legittimati a procedere al suddetto acquisto al posto suo; ne discende, poiché tutti i soci diversi dal receduto sono titolari della medesima pretesa, che solo con decisione unanime degli stessi, se l atto costitutivo non dispone diversamente, si può addivenire ad un acquisto non proporzionale della partecipazione dismessa. Così anche MAGLIULO, cit., Per l opportunità si esprimono anche REVIGLIONO, cit., 350; ZANARONE, cit,

11 Occorre precisare, in termini generali, che l adozione della tecnica di liquidazione succedanea non pretende il fallimento integrale di quella precedente, essendo sufficiente che permanga la necessità di reperire anche parzialmente risorse per rimborsare il socio receduto. Dunque, può darsi che la collocazione sul mercato riguardi solo parte della quota del receduto, ovvero quella non acquistata per rinuncia da parte degli altri soci 28. Ciò detto, la decisione in ordine al terzo potrà essere assunta con metodo extra assembleare e dovrà essere all unanimità 29 ; si conviene altresì che i soci potranno non solo esprimersi su di un nominativo puntuale, ma anche deferire all organo amministrativo la possibilità di collocare la partecipazione del receduto a terzi purchessia 30. Non si può pensare, tuttavia, che la cessione delle partecipazioni sia attività negoziale rimessa necessariamente al socio receduto, poiché rende la società schiava degli umori e dell interesse di quest ultimo. La cessione è atto dovuto; il receduto è obbligato in tal senso per effetto della dichiarazione di recesso ed ha solo diritto a percepire il valore di liquidazione, diritto azionabile giudizialmente, alla stregua di un qualunque creditore, se non soddisfatto entro il termine legale di 180 giorni dal ricevimento della comunicazione di recesso da parte della società. Non è quindi plausibile ipotizzare la necessità della sua collaborazione che potrebbe tradursi in azioni emulative. Il trasferimento potrà quindi essere attuato anche dagli amministratori, sia ai soci sia ai terzi, in forza di una legittimazione legale fondata sulle ragioni indicate 31, alla stregua di quanto avviene in caso di vendita delle quote del socio moroso 32. Né può temersi un conflitto di interessi qualora gli amministratori siano anche soci, come sovente accade, poiché la predeterminazione dell entità del corrispettivo esclude tale possibilità anche ai sensi dell art.1395 c.c., in quanto sono definite a priori le condizioni del contratto con sé stesso. Il prezzo peraltro verrà percepito dalla società, che provvederà a liquidare il socio. Debitore della liquidazione è e resta sempre la società, nei cui confronti il receduto dovrà agire se non soddisfatto tempestivamente In tal senso anche REVIGLIONO, cit., 351; ANNUNZIATA, cit., Tesi pacifica: per tutti REVIGLIONO, cit., 354; ANNUNZIATA, cit., 526; MAGLIULO, cit., TRIMARCHI, cit., TRIMARCHI, cit., Contra REVIGLIONO, cit., 347, secondo il quale il tessuto normativo dell art.2473 c.c. non legittimerebbe una conclusione analoga a quella cui si perviene de plano per le s.p.a. in virtù del disposto dell art.2437 quater c.c., norma di natura eccezionale in quanto determina una limitazione delle prerogative proprietarie; in tal senso si esprime anche ZANARONE, cit., p.839, per il quale la mancata attribuzione agli amministratori di s.r.l. di un potere dispositivo sulla partecipazione del recedente simile a quello previsto in materia di s.p.a. dall art.2437 quater c.c. generi un vero e proprio obbligo di contrarre (coercibile ex art.2932 c.c.) a carico del recedente. 33 In ordine al riconoscimento della posizione di debitore solo in capo alla società e all indifferenza per socio receduto creditore delle modalità di liquidazione REVIGLIONO, cit

12 In proposito val la pena rimarcare che il contratto di cessione non potrà essere arricchito, a mio avviso, da alcuna garanzia se non quella sulla proprietà della partecipazione e sulla sua libertà da gravami, in quanto si tratta di tecnica di reperimento delle risorse per liquidare il receduto rimessa alla discrezionalità della società, e non alla scelta del cedente/ receduto, che sotto tale profilo è indifferente, unico suo interesse tutelabile essendo quello di percepire il quantum, a prescindere dalla provenienza. Con la conseguenza che l inserzione impropria di clausole di indennità nel contratto di vendita può cagionare solo una responsabilità patrimoniale della stessa società e non anche del receduto formalmente cedente. La società potrà provvedere alla liquidazione, totale o parziale, della partecipazione del receduto anche avvalendosi delle riserve disponibili. Poiché l art.2484 c.c. preclude alle s.r.l. l acquisto di proprie quote si deve ritenere che si produca nella circostanza un effetto accrescitivo delle partecipazioni già detenute dagli altri soci, (in deroga all art.2474 c.c.), effetto a cui si tende ad ascrivere valore traslativo agli effetti dell art.2470 c.c., con la conseguenza che il relativo atto dovrà essere depositato presso il registro delle imprese dopo essere stato redatto nelle forme idonee 34. Il punto peraltro non è pacifico. Si è ritenuto che nella circostanza sia ravvisabile un trasferimento in senso tecnico assimilabile ad una compravendita, operato dagli amministratori sia in nome e per conto del receduto, sia in nome e per conto degli altri soci, i quali potranno anche non intervenire all atto e men che meno inibire l acquisto proporzionale, stante la circostanza per cui tale attribuzione è imposta dalla legge e non comporta a carico loro alcun danno 35. Sul piano applicativo la differenza fra le due ricostruzioni proposte riverbera sull identificazione dei soggetti che devono partecipare all atto: solo gli amministratori secondo la ricostruzione da ultimo proposta; sia il recedente sia gli altri soci secondo la tesi dell accrescimento, in funzione della stipula di un atto ricognitivo mediante il quale il primo accetta e riceve la corresponsione della somma dovuta a titolo di rimborso della propria quota, e dall altro lato, le parti danno atto dell avvenuto acquisto della partecipazione in capo ai restanti soci, secondo la regola della proporzionalità REVIGLIONO, cit, 357, per il quale l unica modalità concretamente utilizzabile per il rimborso della partecipazione del recedente nella situazione in esame è dunque costituita da un meccanismo di accrescimento proporzionale e gratuito della quota a favore degli altri soci; tale accrescimento si realizza nel momento e per effetto della distrazione degli elementi patrimoniali necessari al rimborso (a cui segue l effettiva corresponsione della somma al socio recedente). Nello stesso senso anche ZANARONE, cit.,840, ove ampi rinvii; LUPETTI, RUOTOLO E PAOLINI, Recesso nella s.r.l., presenza di riserve disponibili, aumento della quota di partecipazione degli altri soci e necessità dell atto autentico, in Studi e Materiali, Quaderni semestrali del Consiglio Nazionale del Notariato, Milano, 2, 2007, 1519 ss. MAGLIULO, cit., 293; ANNUNZIATA, cit, TRIMARCHI, cit., REVIGLIONO, cit

13 Non vi è dubbio, peraltro, qualunque tesi si segua, che l atto dovrà essere redatto in forma idonea a consentire la pubblicità presso il Registro delle Imprese del mutamento di titolarità della partecipazione per la quale è stato esercitato il recesso. 5. Cause di recesso ed autonomia statutaria. A chi serve il recesso ad nutum? L incipit dell art.2473 c.c. consegna espressamente all autonomia privata il compito di definire le cause di recesso dalla società ( L atto costitutivo determina quando il socio può recedere dalla società e le relative modalità ), soccorrendo la legge, quasi in via residuale, a stabilire la soglia minima del diritto di exit di cui il socio non può essere privato ( In ogni caso il diritto di recesso compete ai soci.. ). Dunque, i soci sembrano legittimati a contrattare liberamente le regole di disinvestimento, affiancando la disciplina sulla circolazione delle partecipazioni con ipotesi convenzionali di recesso 37. La definizione dell ampiezza dello spazio concesso all autonomia privata rappresenta, secondo taluno, un ulteriore capitolo del conflitto fra investitori di capitale di rischio (soci) e investitori di capitale di credito (creditori sociali) 38. La ricorrenza di tale problema nell ambito specifico è opinabile, ma consente agli interpreti di aprire un ampio dibattito sulla legittimità di talune possibili cause statutarie di recesso, fra cui quella cosiddetta ad nutum o discrezionale. In estrema sintesi, si ritiene che gli effetti patrimoniali potenzialmente scaturenti dal recesso (ovvero la liquidazione del receduto mediante risorse patrimoniali della società) coinvolgano l interesse dei creditori sociali che dovrebbe trovare salvaguardia quantomeno nella possibilità di conoscere anticipatamente e con sufficiente precisione le circostanze suscettibili di farli incorrere nel rischio di depauperamento del patrimonio sociale 39. Emergerebbe dunque, anche in tale ambito, il conflitto fra soci e creditori, fra l interesse dei primi a precostiturisi negozialmente possibilità di disinvestimento anticipato ed l interesse dei secondi ad essere soddisfatti prioritariamente sul patrimonio sociale; interesse, quest ultimo, che conoscerebbe un ulteriore strumento di tutela nella preventiva conoscibilità delle cause di recesso, nel senso che il 37 Rileva PISCITELLO, cit., 728, che la possibilità di prevedere ulteriori fattispecie di recesso consente di modulare le ipotesi di dismissione delle partecipazioni sociali in relazione alle caratteristiche di una determinata impresa, permettendo ai soci di realizzare una disciplina conforme alle peculiari esigenze della stessa. 38 In tal senso, ZANARONE, cit., 781; DACCÒ, Il diritto di recesso,: limiti dell istituto e limiti all autonomia privata nella società a responsabilità limitata, cit, 477 e ss.; REVIGLIONO, cit, 29 e ss.; PISCITELLO, cit., 729, per il quale le conseguenze di una siffatta previsione appaiono tuttavia preoccupanti e foriere di gravi pericoli per il patrimonio sociale e, di riflesso, per i diritti dei creditori : 39 ZANARONE, cit.,

14 fatto generante il diritto di exit del socio dovrebbe poter essere preventivamente apprezzabile anche dai terzi, e quindi oggettivamente definito e non rimesso alla volontà discrezionale del socio stesso. L impostazione e la soluzione della questione non convincono nemmeno parte dei detrattori del recesso ad nutum 40. Già se si osserva il fenomeno con un angolo di prospettiva pratico, focalizzato ai risultati applicativi delle regole di soluzione dei conflitti di interessi (forse definibile anche criterio interpretativo basato sulle conseguenze 41 ), non risulta facile cogliere la sottile differenza fra recesso esercitato in virtù di una clausola che lo autorizza in via discrezionale (cioè ad nutum, salvo il principio di correttezza nell esecuzione del contratto, che però interessa solo gli altri soci 42 ) e recesso esercitato, per esempio, ai sensi dell art.2469 c.c., per la presenza di una regola di intrasferibilità assoluta delle partecipazioni sociali o di una regola che ne subordina la trasferibilità al mero gradimento; oppure, ai sensi dell art.2473, secondo comma, c.c., per l assenza del termine di durata della società. Se è vera, come da più parti sostenuto 43, l interpretazione per la quale, ai sensi dell art.2469 c.c., la sola presenza di una clausola di contenuto siffatto autorizza ogni socio a recedere in qualsiasi momento, se e quando gli aggrada (e quindi ad nutum), a prescindere dalla concreta possibilità di trasferire ad altri la propria partecipazione (e quindi di disinvestire indirettamente), quale maggior livello di tutela ottengono i terzi, sul piano della certezza, rispetto ad una clausola schiettamente ad nutum? Sul piano proposto, il risultato della causa di recesso legale sembra identico a quello della clausola convenzionale: non preventivabile né nell an, né nel quando. Anzi, a ben vedere, l autorizzazione normativa ad inserire ad libitum clausole di intrasferibilità assoluta delle partecipazioni, con l inevitabile corollario del diritto legale di recesso, e quindi la licenza concessa all autonomia privata di impedire il disinvestimento mediante ricorso al mercato dei beni di secondo grado (con sostituzione di altri a sé nell iniziativa economica), scaricando potenzialmente la soddisfazione di colui che disinveste sul patrimonio sociale, dimostra che il legislatore non ha attribuito alcuna rilevanza nella fase di selezione delle cause di recesso all interesse dei creditori, la cui tutela è completamente affidata alle regole di liquidazione della partecipazione. 40 TOFFOLETTO, L autonomia privata e i suoi limiti nel recesso convenzionale del socio di società di capitali, cit.,, DACCÒ, cit., ANNUNZIATA, cit., ANNUNZIATA, cit., 497; MAGLIULO, cit., 262, per il quale quantomeno nel caso in cui sia prevista l intrasferibilità della partecipazione il recesso non è dunque ancorato all assunzione, da parte della società di una determinata deliberazione, ma è nella sostanza un recesso ad nutum che deriva dal solo fatto che il socio non possa alienare la propria quota ; ZANARONE, cit., 589, nt

15 A prescindere dalle suggestioni del senso pratico, tenuto conto che in ogni caso la liquidazione della partecipazione del socio receduto discrezionalmente deve avvenire nel rispetto della procedura stabilita nel quarto comma del medesimo art c.c., che differenza può.. esistere, nella prospettiva della tutela dell integrità del patrimonio e della tutela dei creditori sociali tra il caso in cui il recesso può essere esercitato liberamente e quello in cui la causa di recesso è collegata ad un fatto specifico ma estraneo alla vita della società? 44 ; ipotesi, quest ultima, ritenuta generalmente legittima, se l unico limite all autonomia privata è quello di descrivere puntuali e specifiche situazioni o fatti che legittimano il diritto di recesso 45. Non ci si può infatti che ritrovare con chi ritiene che nella prospettiva della tutela dei creditori sociali, qualunque causa di recesso finisce per avere le stesse implicazioni negative e dunque il profilo della tutela dei creditori non consente di discriminare le clausole ammissibili da quelle non ammissibili 46. Così come, di contro, non sembra corretto argomentare l esigenza di (apparente) anticipazione della tutela del ceto creditorio sulla base di un asserita inefficienza del rimedio dell opposizione previsto nello stesso art.2473 c.c. 47, come pure si è fatto, perché l interpretazione non può essere basata su di un giudizio di valore delle scelte legislative. In definitiva, sembra che il conflitto fra soci (investitori di capitale di rischio) e creditori sociali (investitori di capitale di credito) trovi compiuta soluzione nella disciplina già descritta della liquidazione della partecipazione del receduto, e non assuma quindi rilevanza come potenziale limite alla facoltà concessa all autonomia privata di forgiare cause di recesso convenzionali. Ciò detto, bisogna peraltro precisare che non convincono nemmeno le tesi che argomentano sotto il profilo degli interessi tutelati l illegittimità del recesso ad nutum, e, di contro, la legittimità del solo diritto di recesso collegato a situazioni di dissenso del socio. Si sostiene infatti che la capacità disgregatrice del recesso, specialmente quando scollegato da presupposti rigidi, rispetto al progetto imprenditoriale, l interesse delle parti alla redditività degli investimenti, l interesse delle parti alla minimizzazione dei rischi, l interesse dei terzi alla stabilità della struttura della propria controparte contrattuale e/o del proprio debitore, l interesse del sistema all afflusso dei capitali di rischio verso le imprese e alla crescita di queste ultime per lo sviluppo sociale, dimostrano, anche alla luce delle esperienze del passato, come ricorso al recesso 44 TOFFOLETTO, cit., REVIGLIONO, cit., 43; ZANARONE, cit., 784; 46 TOFFOLETTO, cit, DACCÒ, cit, 478 e ss., per la quale, in ogni caso si tratta però di valutare se, effettivamente, gli strumenti apprestati dal legislatore siano in grado di eliminare (o, almeno, attenuare) le conseguenze negative derivanti dall ampio utilizzo dell istituto in esame ; in proposito ricorda che è stato opportunamente indicato che la tutela accordata ai creditori sociali mediante lo strumento dell opposizione è meno incisiva di quanto in apparenza possa sembrare, essendo limitata, eventuale e circoscritta, oltreché., anche controproducente. Nello stesso senso anche REVIGLIONO, cit,

16 nell ambito delle società di capitali non possa essere fatto senza tenere conto di tutte le implicazioni che da ciò derivano. La scelta del legislatore sembra dunque operata alla luce di un oculato temperamento degli interessi in gioco 48. Le considerazioni esposte sono certamente condivisibili sul piano dell opportunità, ma non sembrano sufficienti a suffragare l antigiuridicità della clausola in esame. Quelle stesse argomentazioni possono validamente spiegare, dal punto di vista economico, la scelta di contenere il novero delle cause legali di recesso, tramite le quali è riconosciuto imperativamente al socio un diritto insopprimibile di disinvestimento; le stesse, tuttavia, non sembrano poter ergersi a motivo di illegittimità di scelte che le parti, nell espressione della loro libertà di iniziativa economica, hanno contrattato, consapevoli delle conseguenze e dei rischi derivanti 49. Ogni opzione interpretativa tesa a sostituirsi ai soci nella valutazione del bene loro e della società sembra in contrasto con la scelta di riconoscere all autonomia privata, e quindi alla valutazione delle parti stesse, la possibilità di stabilire quando il socio può recedere. Non convince, in altri termini, l idea di una sorta di tutela legale offerta ai soci di s.r.l. ( immaginati sistematicamente come contraenti e non meri investitori anonimi) contro la loro stessa incapacità di apprezzare gli effetti nefasti dell inserzione di simile clausola nei patti sociali 50. Al contrario, un minimo di esperienza pratica insegna che i soci hanno ben presente quei rischi e quegli effetti, al punto che non solo è rarissimo l impiego della clausola di recesso ad nutum (circoscritto a pochi casi specifici e con previsione limitata a soci determinati), ma è altresì centellinato, per il medesimo timore, il ricorso a clausole di gradimento mero o, ancora di più, di intrasferibilità assoluta delle partecipazioni con vigenza superiore a due anni (visto che l art.2469, alinea finale, c.c., consente di escludere il diritto di recesso per due anni dalla costituzione della società o dalla sottoscrizione della partecipazione ). Peraltro, non si può far a meno di rilevare che in talune circostanze la possibilità di gratificare il singolo socio 51 del recesso ad nutum può risultare non solo opportuna, ma anche necessaria. Si 48 TOFFOLETTO, cit., Sulla stessa linea di pensiero sembra porsi anche PISCITELLO, cit., 730, per il quale, non essendo possibile per la società procedere alla revoca della deliberazione, ne consegue un rischio imprevedibile collegato all esercizio del recesso, che potrebbe portare ad una dispersione delle risorse destinate all impresa. 49 In tal senso anche ANNUNZIATA, cit., 506, per il quale in ogni caso, addurre l inconveniente che potrebbe essere il portato della clausola di cui si discute non equivale certo a sancirne l invalidità, fermo restando che anche la presunta inefficienza della medesima deve essere provata, poiché, al contrario, in taluni casi potrebbe essere idonea ad attrarre investitori. 50 Per questo non convince la visione espressa da DACCÒ, cit., 481, per la quale appare lecito dubitare che il recesso, nel permettere al socio di uscire dalla società, sia realmente lo strumento che più si confà alle esigenze di questo ultimo, mentre, al contrario, lo strumento del recesso può, in molteplici casi, allontanarsi dall interesse precipuo del socio di tali società. Sulla stessa linea si pone anche REVIGLIONO, cit., 29, al quale sembra che l assoluta libertà di recedere e quindi la possibilità per il socio di sottrarsi in qualsiasi momento e al di fuori di qualunque presupposto agli impegni derivanti dallo svolgimento dell attività sociale risulti contraddittoria con gli stessi interessi dei soci, venendo comunque a pregiudicare la serietà, la stabilità e la continuità di quel progetto imprenditoriale che gli stessi soci si sono impegnati a realizzare in comune e mediante una partecipazione tendenzialmente attiva e diretta. 16

17 pensi al caso, assai diffuso nella prassi (per esempio, nelle società artigiane), di società a responsabilità limitata in cui uno o taluno dei soci intendono obbligarsi a prestare la propria attività lavorativa, ma senza che tale apporto sia capitalizzato (cd. conferimento d opera spurio, secondo la definizione offerta da parte della dottrina 52 ). In tal caso può essere interesse delle parti non fissare un limite temporale all obbligo del socio di prestare la propria attività a favore della società, poiché la sua stessa partecipazione si giustifica per tale apporto. La previsione di una clausola di recesso ad nutum, allora, assume una valenza determinativa della prestazione dell obbligato, a cui è consentito svincolarsi da un obbligo di contenuto indeterminato. Né si dica che a tal fine si dovrebbe provvedere con un congruo termine di durata della società, poiché, da un lato, o l obbligato è titolare di una partecipazione che gli consente di impedire la proroga o la difesa è spuntata (a meno che non sia supportata dal diritto di recesso alla stregua di quanto previsto nell art.2437 c.c., ma allora la questione non cambia); dall altro gli altri soci preferiscono sempre subire il rischio della liquidazione del singolo piuttosto che l inevitabilità della liquidazione dell intero patrimonio sociale, e quindi la fine della vicenda economica collettiva, per volere di uno solo. Può altresì capitare che vi siano soggetti disponibili a partecipare in qualità di meri investitori, per un tempo determinato, volendo acquisire la certezza della possibilità di disinvestire decorso il termine programmato. L esigenza è fortemente sentita, come dimostra il ricorso ai cd. patti parasociali di way out, nei quali si riconosce all investitore un opzione di vendita (clausola put) decorso il tempo convenuto. L interesse dei soci imprenditori è evidente, perché in tal modo riescono a reperire risorse finanziarie per proseguire o potenziare l impresa. In tale situazione il riconoscimento del diritto di recesso ad nutum non farebbe altro che socializzare l opzione di vendita 53. Dunque, si ritrovano spazi di plausibile ed economicamente logica utilizzabilità della clausola di recesso ad nutum, senza che i creditori ne soffrano più del dovuto; senza che le modalità attuative o 51 La dottrina è generalmente favorevole al riconoscimento di un diritto di recesso ad personam; la tesi è condivisibile, in particolare nella versione che non vi riconosce un diritto particolare ex art.2468 c.c., ma che ammette in ogni caso la possibilità di costruire statutariamente situazioni particolari, all unanimità, che, in quanto non rientranti nel novero dei diritti particolari, devono intendersi sottratte alla disciplina del terzo comma dell art.2468 c.c., così che la loro soppressione potrà avvenire a maggioranza con il consenso del socio leso, alla stregua di qualsiasi diritto soggettivo non particolare. Nel senso indicato, CERA, cit., 472; per l ammissibilità di diritti di recesso ad personam anche ZANARONE, cit., 784, nt.17, ove ampi riferimenti; DACCÒ, cit., 486; REVIGLIONO, cit., 185 e ss.; PISCITELLO, cit., TASSINARI, I conferimenti e la tutela dell integrità del capitale sociale, in La riforma della società a responsabilità limitata, a cura di Caccavale, Magliulo, Maltoni Tassinari,, Milano, 2007, , per il quale l indeterminatezza della prestazione d opera o di servizi, che risponde all esigenza oggi diffusa nella maggior parte delle società medio piccole, fondate sull impegno lavorativo dei propri soci, dovrà essere accompagnata, stante lo sfavore con il quale l ordinamento valuta l assunzione di vincoli obbligatori perpetui, dalla previsione di una specifica causa convenzionale di recesso ion capo al socio d opera (in funzione determinativa della consistenza della prestazione assunta), oppure dall assenza di durata in capo alla società, che configura in sé una legittima causa di recesso in capo a ciascuno dei soci, a prescindere dall eventuale obbligazione d opera. 53 Secondo la nota ricostruzione proposta da DE NOVA, Il diritto di recesso del socio di società per azioni come opzione di vendita, in Riv. Dir. Priv., 2004, 329 e ss. 17

18 gli effetti si discostino in maniera plateale da ipotesi legali di recesso, come sopra si è cercato di ricordare 54. Resta tuttavia il dato della crescente ostilità della dottrina per la clausola in esame, e della sempre più diffusa conclusione che la stessa sia illegittima 55, per l idea che si possa disinvestire coinvolgendo il patrimonio sociale solo a seguito di fatti o ragioni puntualmente individuati in statuto, qualunque essi siano. Così come, per coerenza, subisce la medesima sorte la clausola di recesso per giusta causa, mutuata dalla società di persone, che sconta un livello di imprevedibilità assimilabile a quello del recesso ad nutum, 56 dividendo in egual modo, pertanto, la dottrina Note sulle cause legali di recesso. Decisamente meno dibattute sono le cause legali di recesso, siano esse quelle comprese nel catalogo contenuto nel primo comma dell art.2473 c.c. (che rinvia anche alle disposizioni in materia di recesso per le società soggette ad attività di direzione e coordinamento), o quelle racchiuse in altre disposizioni, segnatamente nell art.2469 c.c. e nell art.2481 bis primo comma, c.c.. Talune di esse sembrano di applicazione intuitiva, nella loro nitida oggettività (cambiamento del tipo, alias trasformazione purchessia, omogenea o eterogenea; fusione o scissione della società; revoca dello stato di liquidazione, trasferimento della sede all estero, eliminazione di una o più cause di recesso previste dall atto costitutivo, e, ex art.2481 bis c.c., aumento del capitale sociale con esclusione del diritto di sottoscrizione); per altre conviene spendere qualche riflessione. Un ruolo centrale sul piano della tutela degli interessi patrimoniali del socio di minoranza è ascritto ai mutamenti dell oggetto sociale, ovvero dell attività di impresa, e quindi delle condizioni di rischio dell investimento. Infatti, l art.2473 c.c. attribuisce il diritto di recesso sia in caso di decisione di cambiamento dell oggetto sociale, sia in caso di compimento di operazioni che comportano una sostanziale modificazione dell oggetto sociale determinato nell atto costitutivo. 54 In senso favorevole alla legittimità della clausola ANNUNZIATA, cit., 507; STELLA RICHTER, cit., 404; MAGLIULO, cit., , ove ampi riferimenti dottrinali; Massima n.74 del Consiglio Notarile di Milano, Milano, 2010, In senso contrario, da ultimo, anche CERA, Le clausole statutarie che determinano il diritto di recesso del socio, in S.r.l., Commentario, dedicato a Portale, Milano, 2011, 471 e 475, ove anche ampi riferimenti ad altri Autori ugualmente orientati in senso negativo. 56 L osservazione è comune a tutti gli Autori; in proposito PISCITELLO, cit, 728, evidenzia che la previsione di una clausola di recesso per giusta causa comporta l inserimento di elementi di incertezza nella vita della società e può determinare un aumento del contenzioso riguardante l esistenza stessa della fattispecie legittimante il recesso. 57 In senso favorevole all ammissibilità, infatti, STELLA RICHTER, cit., 404; ANNUNZIATA, cit, ; Massima n.74 del Consiglio Notarile di Milano, cit.. In senso contrario, ZANARONE, cit., 807; DACCÒ, cit., 488; REVIGLIONO, cit, 46; CERA, cit., 473; PISCITELLO, cit., 729, favorevole per il maggior rilievo delle persone dei soci nel tipo s.r.l., anche se appare opportuno che, al fine di evitare un incremento del contenzioso, si indichino nell atto costitutivo le ipotesi che costituiscono giusta causa di recesso. 18

19 Una prima questione interpretativa è alimentata dal diverso lessico con il quale sono disegnate le fattispecie: nell un caso il cambiamento dell oggetto sociale non è qualificato in alcun modo (a differenza di quanto previsto nella disciplina del recesso legale da s.p.a., autorizzato ex art.2437 c.c. solo qualora la modifica dell oggetto sociale si sostanzi in un significativo cambiamento dell attività di impresa), nell altro il diritto di exit consegue solo ad una sostanziale deviazione dall oggetto sociale formale. La dottrina è divisa fra chi ritiene che una qualsiasi modifica formale 58, anche non significativa 59, dell oggetto sociale legittimi il diritto di recesso e chi propende per una lettura sistematica, e quindi sostanzialmente equivalente delle due ipotesi, concludendo nel senso della necessità che il cambiamento sia significativo, come prescritto in materia di s.p.a. 60. A supporto della prima tesi militerebbe non solo (e non tanto) la differenza lessicale fra le norme degli artt.2473 e 2437 c.c., quanto la valutazione per cui la prescrizione del carattere significativo della modifica dell oggetto sociale nella s.p.a. bene rientra in un quadro di minor tutela complessiva che in questo tipo societario viene accordata al singolo socio di fronte alle istanze di funzionalità del gruppo di controllo, anche per la maggior facilità che l azionista ha di utilizzare un mezzo di trasferimento alternativo al recesso quale il trasferimento della partecipazione 61. Resta tuttavia da spiegare la ragione per cui, in materia di s.r.l, si sia optato per il termine (e, quindi, si suppone, per il concetto di) cambiamento in luogo di modifica dell oggetto sociale, a confortare l idea per cui si sia inteso privilegiare il profilo sostanziale del mutamento delle condizioni di rischio 62 o delle modalità di partecipazione alla società 63, in coerenza sistematica con 58 In tal senso ZANARONE, cit., 789, in particolare nt.29,ove ampi riferimenti; VENTORUZZO, cit,. 442, In tal senso ZANARONE, cit., 789, in particolare nt.29,ove ampi riferimenti; VENTORUZZO, cit,. 442, 59 Sebbene non formale, come precisa ZANARONE, cit., 729, nt Così STELLA RICHTER, cit,, 405; ANNUNZIATA, cit., 469; Orientamento I.H.1 del Comitato Triveneto dei Notai in materia di atti societari, Milano, 2011, 187; MAGLIULO, cit, 253. Nella stessa direzione, in definitiva, sembra muoversi REVIGLIONO, cit, 82 ss., in particolare 85,, laddove ritiene che non legittimino il recesso non solo le mere modifiche formali, come la correzione di errori materiali, o la aggiunta di specificazioni od integrazioni allo scopo di chiarire e determinare con maggior precisione l ambito dell attività, ma anche i) lo inserimento della clausola, assai ricorrente nella prassi statutaria, secondo la quale è consentito lo svolgimento di tutte quelle attività che risultino funzionalmente connesse e preordinate alla realizzazione dell attività principale e soprattutto ii) l introduzione di quelle attività che rappresentano, alla luce di valutazione empirica, fondata su un criterio di normalità riferito ad un certo momento storico, il prevedibile sviluppo e la logica evoluzione dell attività principale, in una logica di integrazione e complementarieta. 61 ZANARONE, cit., 798, nt Così ANNUNZIATA, cit., 470, per il quale la modifica dell oggetto sociale è significativa quando comporta un mutamento delle condizioni di rischio (anche solo potenziali) che il socio aveva originariamente valutato, all atto dell investimento nella società, anche se non comporta un aggravamento. 63 Si pensi al caso del socio che si è impegnato a prestare attività lavorativa nella società, qualora, pur non mutando il settore di attività, si mutino per statuto le modalità di azione ed esercizio della stessa attività, così da non rendere più necessaria la prestazione di quel socio. In tale prospettiva sembra REVIGLIONO, cit, 85, per il quale si tratta di valutare essenzialmente se la modifica dell oggetto sociale comporti un alterazione della sostanza e dell identità dell operazione d investimento, così come originariamente programmata. 19

20 la causa di recesso rappresentata dal compimento di operazioni devianti rispetto all oggetto statutario. A proposito di quest ultima fattispecie, certamente la norma va letta in combinato disposto con l art.2479 n.5 c.c., e quindi l esercizio del diritto di recesso pretende una preventiva decisione dei soci, e non semplicemente il compimento dell atto ultra vires 64, per tutelarsi dai quali il socio potrà ricorrere all azione di responsabilità individuale concessa nell art.2476 c.c 65. Piuttosto problematica, anche per la rilevante incidenza pratica, risulta l applicazione del diritto di recesso legale qualora l atto costitutivo preveda l intrasferibilità delle partecipazioni o ne subordini il trasferimento al gradimento di organi sociali, di soci o di terzi, senza prevederne condizioni o limiti, ai sensi dell art.2469 c.c.. Già l identificazione delle fattispecie che fondano il diritto è controversa. Si è autorevolmente sostenuto, per esempio, che solo l intrasferibilità assoluta può legittimare il recesso, che non spetta qualora sia concesso un qualsiasi spiraglio, anche cronologico, alla trasferibilità della partecipazione 66. In termini generali si potrebbe propendere per il seguente criterio di valutazione: la certezza oggettiva ed aprioristica di poter disinvestire esclude il recesso; ogni margine di incertezza autorizza il recesso. Pertanto, qualora il gruppo si limiti a regolamentare la cessione, che è garantita come risultato certo, il diritto di recesso non ha più ragione di operare. Alla luce del criterio proposto risulta agevole aderire alla proposta interpretativa riportata, con qualche motivo di perplessità rispetto alla clausola di intrasferibilità temporanea se non si reperisce nelle norme di legge un limite temporale di efficacia superato il quale il recesso diviene un diritto insopprimibile. Diversamente, infatti, il patto statutario sembra prestarsi ad impieghi elusivi del diritto di exit del socio mediante la previsione di termini di vigenza commercialmente inaccettabili, seppur compresi nei limiti di durata della società (si ipotizzi il caso, per esempio, della 64 ANNUNZIATA, cit., 489; ZANARONE, cit, 790, nt FRIGENI, Le fattispecie legali di recesso, Commentario, dedicato a Portale, Milano, 2011, 462, ove una casistica delle operazioni che secondo la dottrina potrebbero attribuire il diritto di recesso, operazioni fra le quali spiccano l acquisto di partecipazioni in altre imprese secondo i parametri indicati nell art.2361 c.c. per le s.p.a.; la cessione di ramo di azienda, l affitto o la cessione dell intero complesso aziendale. 66 ZANARONE, cit., 580, per il quale non legittimano di conseguenza il recesso, in quanto suscettibili di lasciare uno spiraglio al trasferimento (salvo che non rientrino in una delle suddette ulteriori fattispecie), né un intrasferibilità temporanea (quindi neppure quella ultraquinquennale vietata nella s.p.a. dall art.2355 bis con riferimento alle clausole statutarie e dall art.2341 bis con riferimento ai patti parasociali), né un intrasferibilità parziale (come quella che escludesse la divisione della partecipazione) né un intrasferibilità soggettivamente limitata dal punto di vista dei destinatari (come quella che consentisse il trasferimento ai soli soci o ai soli soggetti in possesso di determinate caratteristiche professionali o strutturali) né un intrasferibilità condizionata (come quella che consentisse il trasferimento solo al verificarsi di certi eventi quali la manifestazione di un gradimento non mero, o il mancato esercizio di un diritto di prelazione. 67 In tal senso anche FELLER, commento all art.2473, in Commentario alla riforma delle società, diretto da Marchetti, Bianchi, Ghezzi, Notari, Società a responsabilità Limitata (a cura di Bianchi), Milano, 2008, 342.

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