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1 1. Grande visione introduttiva Catechesi giovani-adulti L APOCALISSE DI SAN GIOVANNI APOSTOLO I sette sigilli Ap 4,1-8,1 MILANO, 16 DICEMBRE 2013 Dopo l introduzione e le sette lettere, al capitolo 4 inizia la seconda parte dell Apocalisse, quella centrale e fondamentale, che va da 4,1 fino a 22,5 e comprende i tre grandi «settenari». Ognuno di questi settenari è introdotto da una visione inaugurale che ne anticipa il tema e la portata simbolica; ma i capitoli 4-5 svolgono contemporaneamente il ruolo di introduzione generale alla seconda parte ed il compito di apertura per il settenario dei sigilli (4,1-8,1). I capitoli 4 e 5 costituiscono un unità letteraria omogenea e ben costruita. Vi dominano tre simboli fondamentali: il trono il libro l Agnello. Notiamo innanzitutto che all inizio della visione c è una porta aperta nel cielo: stiamo arrivando a un livello più profondo di rivelazione. È interessante considerare che circolavano a quell epoca diversi apocalissi apocrife, non ispirate, per le quali, di fronte ad una visione più approfondita, era sempre necessaria per il veggente una lunga serie di prove. Nell Apocalisse di Giovani, invece, i cieli sono già aperti (cfr. v.1) e, quindi, il veggente non ha dovuto schiudere a poco a poco, con i suoi sforzi, la porta. Questo passo del brano sembrerebbe in contraddizione con il discorso sulle opere. Infatti ricordiamo che nei messaggi alle sette Chiese si insiste sulla fondamentalità delle opere in quanto coloro che non operano non potranno godere di una conoscenza perfetta di Dio. Non è una contraddizione: si tratta semplicemente di sottolineare l azione della Grazia. Il cristianesimo, è una religione di grande equilibrio: esiste la Grazia, esistono le opere. Noi andremo in Paradiso perché Cristo è morto in croce (la Grazia) e perché pratichiamo opere che sono in sintonia con Colui che è morto in croce. Ancora un annotazione introduttiva: Colui che parla in questo capitolo è la stessa voce che avevamo sentito parlare nelle lettere e che aveva indotto Giovanni a voltarsi (a convertirsi; cfr 1,10) in modo tale da incontrare il Cristo risorto. Di conseguenza anche nel capitolo 4 il centro è cristologico. Ciò che il Signore vuole mostrare è detto con una formula tecnica dell apocalittica: «le cose che devono accadere» (a dei genesqai), espressione che deriva da Daniele e ritorna nei punti chiave dell Ap. (1,1; 1,19; 4,1; 22,6). Non intende indicare la serie dei fatti, ma il senso degli eventi; è determinante l uso del verbo «dovere» (dei), che torna frequentemente altrove nel NT per indicare il piano di Dio che inevitabilmente si compie. 1.1 Il trono Il trono appartiene al simbolismo antropologico e indica il potere e l esercizio di governo. Tutta l attenzione è attratta da questo simbolo, strettamente connesso con Dio e capace di evocarne il ruolo di Signore dell universo, creatore e governatore di tutto. Il trono è un immagine importane nell Apocalisse (la troviamo più di 40 volte) e ricorre spesso in contesti polemici nei confronti di troppo troni che gli uomini innalzano ai potenti e ai falsi dei. In cielo c è il trono di Dio e dell Agnello, ma sulla terra c è anche il trono di satana. 1

2 Il trono è pertanto un immagine che allude alle due sovranità che si contendono il dominio della storia e del cuore dell uomo. Giovanni non descrive Dio, ma solo il trono e lo splendore che lo ammanta: uno splendore paragonabile a quello delle pietre preziose. Dio è luce e altro di Lui non si può dire. Ma il trono è anche avvolto dall arcobaleno, che non è solo espressione di luminosità, ma anche di pace e di alleanza: il riferimento è al testo della Genesi (cfr Gn 9,12-17); è segno della rinnovata pace fra Dio ed il creato. Il seguito della presentazione si sofferma sugli elementi che fanno corona al trono e contribuiscono a chiarirne il valore simbolico: i ventiquattro anziani e i quattro esseri viventi. I due gruppi sono separati nella descrizione da tre brevi annotazioni simboliche, correlate strettamente alla simbologia del trono: Dal trono uscivano lampi, voci e tuoni Ardevano davanti al trono sette fiaccole accese Davanti al trono vi era come un mare trasparente simile a cristallo (4,5-6). Nel loro insieme queste tre annotazioni vogliono dirci che Dio entra in contatto con la realtà cosmica e si rivela al mondo grazie al suo Spirito ( sette fiaccole accese ). Il mare, simbolo dell inconsistenza, della negazione della vita, del male è dominato da Dio, tanto da essere reso solido e trasformato in supporto del trono divino. I personaggi della corte celeste. a) Ventiquattro anziani, seduti su piccoli seggi, fanno corona al trono di Dio. Loro compito è rendere omaggio a Colui che siede sul trono, intonare gli inni di lode. Sono chiamati presbuteroi, cioè «anziani»: il termine tecnico che nell antico Israele indicava i capi delle tribù (cfr. Es 24,1-12) e nella comunità cristiana era stato scelto per designare i responsabili delle chiese (da esso deriva il nostro termine «prete»). Dunque sono presentati con un vocabolo che indica una funzione sociale, piuttosto che l età. Sono vestiti di bianco ed hanno corone d oro in testa; il vestito è sempre simbolo di relazione ed il colore bianco è strettamente legato al mistero della risurrezione di Cristo; la corona dice riconoscimento per un impresa compiuta e l oro è il classico metallo legato alla divinità: si tratta quindi di personaggi autorevoli e storici, associati a Dio nel governo del mondo. Problematica è l interpretazione del numero ventiquattro (l2 patriarchi + 12 apostoli ). La scelta migliore è quella di considerare queste figure come degli autentici simboli o schemi da colmare: essi non vogliono rinviare a delle presone precise, ma evocare tutti gli uomini che collaborano al piano di Dio e hanno un ruolo attivo nella storia della salvezza. b) I quattro esseri viventi, pieni di occhi davanti e di dietro, in sembianze di leone, di vitello, di uomo e di aquila che vola, stanno in mezzo e intorno al trono, riconoscono con la lode la trascendenza di Dio, il tre volte Santo, e celebrano il suo intervento storico. Pur avendo forme tipiche del mondo terreno e umano, sono pure dotati di ali che caratterizzano invece il cielo, che è il mondo di Dio. Il numero quattro è simbolo che designa la totalità spaziale e rimanda a una dimensione cosmico-geografica. Anche in questo caso non è facile l identificazione. Vi sono tante opinioni diverse ( i 4 evangelisti ). Si può dire che sono anch essi simboli o puri schemi da riempire. Sono i rappresentanti della creazione e del dinamismo cosmico, simboleggiando l universo creato e retto da Dio nella sua molteplice varietà e nella sua diversità rispetto all uomo. Con concetto moderno potremmo dire che i ventiquattro anziani sono il simbolo della storia e i quattro esseri viventi della natura. Natura e storia saldamente nelle mani di Dio. 2

3 1.2 Il libro Nella sala del trono celeste, dopo che sono stati presentati i personaggi e si è ascoltato il loro canto corale, assistiamo a un evento simbolico. Al centro ora c è un libro: è nella mano destra di Colui che siede sul trono, è legato cioè al governo del mondo ed ha un valore positivo, svolge quasi la funzione dello scettro; è scritto all interno e sul retro, si presenta cioè come completo, non essendoci posto per aggiungere altro. Che cosa rappresenta questo libro? Le risposte sono molteplici e varie. La migliore interpretazione è quella di conservare all immagine un più profondo significato simbolico: il libro segreto contiene il piano di Dio, è il suo progetto sulla storia dell uomo, la risposta ai grandi perché dell umanità. È ciò che emerge dal dialogo che si intesse nell aula celeste. Tre sono i personaggi che intervengono. Il primo è l angelo che pone il grande interrogativo: chi è capace di penetrare il mistero della storia? Chi è in grado di dipanare il groviglio delle nostre vicende? Nessuno riesce a spezzare i sigilli del mistero: né gli angeli ( in cielo ), né gli uomini ( sulla terra ), né i defunti ( sotto terra ). Di fronte all oscurità incarnata dai sigilli che rendono misteriosa la nostra vicenda reagisce il secondo personaggio del dialogo, Giovanni, che dà voce al pianto di tutta l umanità desiderosa di trovare un significato per tutto il suo vivere, soffrire, amare. Sono lacrime che non trovano consolazione nelle ideologie umane, nell agire frenetico, nell illusione dei sogni. La possibilità di senso e di salvezza non è nelle nostre mani ma in quelle di un essere trascendente. Ecco, allora, il terzo personaggio, uno dei ventiquattro vegliardi, che dà la risposta al grande interrogativo: c è chi è in grado di aprire il rotolo e decifrarlo. 1.3 L Agnello È stato annunciato un leone e compare un agnello; è stata evocata la figura di un leone che vince sbranando e viene invece descritto un agnello sbranato. Chi sia non viene detto, ma la comunità cristiana, già formata, comprende immediatamente il simbolo di Gesù Cristo. Il termine Agnello evoca una doppia linea di significato: richiamando l agnello pasquale dell Esodo (cfr. Es 12,1-27), ci ricorda che Cristo si è offerto in sacrificio per i nostri peccati, dai quali ci ha sciolti nel suo sangue ; portando a compimento la figura del Servo di Javhè, che Isaia paragona appunto ad un agnello (cfr. Is 53,7; Ger 11,19), ci dice che Cristo ha preso su di sé i problemi, i peccati, le aspirazioni di tutto il suo popolo. v.7: Agnello, in piedi, come immolato. Lo stare in piedi si riferisce alla risurrezione; per cui nella figura dell Agnello in piedi c è una rievocazione precisa del Cristo risorto. Ma non meno precisa è l allusione alla passione e morte subita. Ce lo conferma il termine immolato, riferito anch esso all Agnello. aveva sette corna Secondo il simbolismo dell Apocalisse il sette significa la totalità, mentre corna indica l energia caratteristica di una forza. A Cristo, morto e risorto, viene attribuita una potenza attiva totale e senza limiti. È la sua energia messianica. e sette occhi. L autore fornisce la chiave interpretativa di questo tratto simbolico: gli occhi esprimono la pienezza dello Spirito che Cristo possiede in quanto risorto e che Egli invia di fatto, come energia sua, su tutta la terra. E lo Spirito, una volta inviato e donato, assume tutte quelle modalità concrete come i sette doni - che lo caratterizzano. Per riassumere possiamo dire: l Agnello è il Vivente proprio perché è stato ucciso («in piedi come morto»), ha ottenuto il potere universale («ha 7 corna») ed è il datore dello Spirito divino nella sua pienezza («ha 7 occhi»). Non si tratta dunque di disegnare una figura (sarebbe mostruosa!), ma di comprendere un messaggio simbolico: la comunità liturgica, mentre celebra la domenica, contempla al centro del mistero di Dio 3

4 il Cristo Risorto, colui che ha vinto morendo e rivela e comunica a «tutta la terra» la Vita di Dio, cioè il suo Spirito. La presa di possesso del libro è un po come l intronizzazione di Gesù nella sua missione di rivelatore del Padre e di Salvatore. La comunità liturgica cristiana, mentre celebra la domenica giorno del Signore, contempla al centro del mistero di Dio il Cristo risorto, Colui che ha vinto morendo e rivela e comunica a tutti la vita di Dio, cioè il suo Spirito. Ciò che era stato anticipato in 4,10 ora si compie: nel momento in cui l Agnello «prese» il libro, scoppia l adorazione e il canto. L evento della REDENZIONE è il vertice del piano di Dio: la natura e la storia si prostrano davanti al Cristo Risorto coi simboli della preghiera ed intonano un canto nuovo. È una vera e propria liturgia cosmica a cui è invitata ad associarsi la Chiesa con la sua liturgia terrena. Di fronte all umanità incapace e impotente si presenta il Cristo Glorioso, l unico capace, colui che può aprire il libro del mistero, perché ha accolto perfettamente il piano di Dio fino ad essere ucciso. La sua «capacità» viene offerta a tutti gli uomini senza alcuna distinzione (4 elementi: tribù, lingua, popolo, nazione), in modo tale che li abilita a collaborare all instaurazione del Regno con una mediazione tipicamente sacerdotale (5,10). 2. I sette sigilli Il Cristo risorto (l Agnello) è in grado di rivelare pienamente il progetto salvifico di Dio: simbolicamente egli apre i sette sigilli; all apertura di ognuno di questi corrisponde, letterariamente, una scena diversa, altrettanto simbolica. L insieme ha una struttura omogenea, divisa in sette parti e ritmata da un costante ritornello che segna l inizio di ciascuna scena. La struttura settenaria riflette la divisione religiosa del tempo in periodi di 7 giorni e diviene, nell apocalittica, un simbolo teologico per inquadrare tutta la storia, così come era servita all autore sacerdotale per presentare l intervento creatore di Dio (cfr. Gen 1,1-2,4a). Proprio sul modello di quel poema, che poneva il settimo giorno come méta assoluta e presentava il sesto giorno come il momento della creazione dell uomo, nei settenari dell Apocalisse assume un ruolo importantissimo il sesto elemento: sempre a questo punto Giovanni colloca l intervento decisivo di Dio nella storia, il mistero pasquale di Cristo, creazione dell uomo nuovo, condizione indispensabile per il compimento perfetto evocato nel settimo elemento. 2.1 I primi quattro sigilli All interno del settenario i primi quattro sigilli rappresentano un blocco omogeneo a sé stante: ha infatti uno schema fisso con sviluppo lineare progressivo ed un medesimo simbolismo. Inizia l apertura dei sette sigilli. I primi quattro portano sulla scena quattro cavalli di colore diverso montati da altrettanti cavalieri. La scena dei 4 cavalli colorati dipende da un modello veterotestamentario presente nel libro di Zaccaria (cfr. Zac 1,8-11; 6,1-6), ma l autore dell Apocalisse ha apportato molte correzioni, elaborando una presentazione originale: Zaccaria ha fornito lo spunto simbolico, ma quanto al significato il confronto non è di aiuto. Nella Bibbia il cavallo è presentato spesso come simbolo di forza e mezzo di combattimento; carri, cavalli e cavalieri sono abitualmente indizio di potenza e strumenti di dominio. In sè, però, il cavallo non è segno né positivo né negativo; rappresenta un unica realtà con il suo cavaliere e, a seconda del contesto e del tema, può essere simbolo cattivo (guerra, violenza, morte) o buono (vittoria contro il male: cfr. 19,11-16). Nel nostro contesto apocalittico evocano le grandi forze che dominano la storia, le dinamiche che più profondamente segnano la vicenda dell uomo. 4

5 a) Il primo: un cavallo bianco; il colore bianco è simbolo di vita e risurrezione, l arco rievoca il giudizio divino, la corona è riconoscimento di vittoria e le due indicazioni finali sottolineano con forza la natura di vincitore nel presente e nel futuro. Il confronto con la scena di 19,11-16 induce definitivamente a ritenere il cavallo bianco un simbolo cristologico. Forse, in questo quadro di dinamiche storiche, potremmo vedere nel primo simbolo la natura umana nella sua positività originale, immagine stessa di Dio, destinata nonostante tutto alla vittoria finale e definitiva. b) Il secondo: un cavallo rosso; è il chiaro simbolo della guerra e della violenza; ma il potere che ha gli è stato dato (passivo teologico), cioè resta sempre sotto il controllo di Dio. c) Il terzo: un cavallo nero; è personificazione di ingiustizia sociale, perché, tenendo in mano una bilancia, simbolo di equità, riceve l ingiunzione di stabilire prezzi favorevoli ai ricchi e sfavorevoli ai poveri. È la carestia, la fame: una grave piaga da sempre, per tutta l umanità. d) Il quarto: un cavallo verde; un colore provocatorio. Può evocare l erba che appassisce e non dura; può anche indicare il colorito livido e verdastro di un cadavere. Difatti il suo cavaliere è.(שאול (ades- la morte stessa, seguita dalla figura simbolica del mondo sotterraneo In questo quarto cavallo Giovanni ha sintetizzato le disparate potenze di morte (cfr. Ez 14,21) che dominano e affliggono l umanità: ma il loro potere è sottomesso a Dio e, simbolicamente, colpisce solo un quarto della terra Elaborando attentamente tutti gli elementi simbolici, si giunge a questa interpretazione d insieme: il campo della storia è attraversato da forze negative, dotate di un energia travolgente, a prima vista irresistibile. Un contrapporsi violento del potere politico, economico e della morte. La loro signoria appare vasta, ma è limitata: soltanto un quarto della terra è nelle loro mani, perché Dio solo è Signore di tutto. Queste forze negative sono contrastate da una forza antitetica di segno positivo: si tratta del dinamismo di risurrezione che Cristo immette nella storia, capace di sconfiggere completamente il male. 2.2 Le anime degli uccisi sotto l altare All apertura del quinto sigillo la scena improvvisamente cambia: non più la terra ma il cielo. Viene presentata un altra forza determinante nella storia: la preghiera dei martiri. La scena presenta delle anime sotto l altare: l immagine deriva da un insieme di usi e convinzioni proprie del giudaismo. Il sangue delle vittime sacrificali veniva versato alla base dell altare (cfr. Lv 4,7) e nella mentalità corrente il sangue era identificato con l anima (cfr. Lv 17,11); Le anime vicine a Dio sono persone uccise violentemente per motivi religiosi: questa causa è indicata con una formula comune (cfr. 1,2.9; 12,17; 19,10; 20,4) ed indica la fedeltà a Dio concretamente dimostrata nella vita. Ad essi può competere bene il titolo di «martiri». In questo grido, ardito fino quasi all irriverenza, Giovanni raccoglie probabilmente lo sconcerto delle Chiese di fronte al prosperare dei persecutori e al silenzio di Dio. Forse nelle comunità cristiane ci si chiedeva perché Dio non si schierava a difesa di chi gli era fedele: era una vera e propria crisi di fede nei confronti della fedeltà di Dio e della sua giustizia. La risposta immediata è che ci saranno altri martiri; nello stesso momento, però, ai martiri viene consegnata una veste bianca, simbolo di vittoria e di risurrezione. Ma il preannuncio di altre sofferenze e anche la risposta data nel simbolo della veste, sono deludenti per chi soffre e non sa trarre consolazione da quello che avverrà nell escatologia. (Perché solo alla fine scatteranno il giudizio e la salvezza piena. Si deve attendere che la storia abbia il suo 5

6 compimento, lasciando che per ora grano e zizzania siano insieme nel campo, in attesa della mietitura, come ricorda la parabola di Mt. 13,24-33). 2.3 Il sesto sigillo L intervento salvifico di Dio è presentato in tre quadri giustapposti, tre visioni che si succedono per presentare vari aspetti di un unico mistero. Le immagini di sconvolgimenti cosmici appartengono al genere letterario apocalittico ed evocano simbolicamente il cambiamento radicale operato dall intervento divino nella storia. La catastrofe è infatti, etimologicamente, un capovolgimento e la presenza di Dio, potente ed operante, produce una novità assoluta che gli apocalittici descrivono come positiva catastrofe. Giovanni non minaccia né prevede per il futuro terribili calamità naturali, ma adopera un linguaggio tradizionale per presentare l opera decisiva di salvezza. La prima scena è quella dei sette sconvolgimenti cosmici che colpiscono terra, sole, luna, stelle, firmamento, monti e isole, e mettono nel panico sette gruppi di persone rappresentanti l intero arco sociale, costretti a nascondersi, dopo aver scoperto di essere indifesi davanti allo sguardo penetrante di Dio: re, politici, capitani, ricchi, potenti, schiavi e liberi. Inutilmente gli uomini cercano di nascondersi come Adamo peccatore nelle pieghe del loro piccolo mondo, negli anfratti delle loro difese. La giustizia divina va a scovarli anche negli angoli più remoti. Riconoscendo la presenza di Dio, l uomo scopre il proprio fallimento e tenta di difendersi o di scomparire: la citazione di Os 10,8 (presente anche in Lc 23,30) avvicina questa scena al contesto della passione di Cristo. La descrizione «catastrofica» serve per presentare il grande giorno, il giorno del Signore, quello decisivo e definitivo, annunciato ed atteso da tutti i profeti: adesso Giovanni può dire che tale giorno è venuto. Invano essi gridano aiuto e difesa, sperando quasi di essere sepolti e invisibili agli occhi di Dio. Ormai è giunto il grande giorno della loro ira di Dio e dell Agnello. Il passo finisce al v. 17 con una domanda retorica: chi potrà resistere a quell ira?. La risposta verrà data nei quadri seguenti. La seconda scena sembra presupporre la prima. Il numero quattro domina questa scena: è la cifra tipicamente cosmica ed indica la generalità dello spazio: l idea fondamentale è il dominio universale di Dio mediato dalle forze angeliche. Presuppone che Dio stia per dare sfogo alla sua ira, rappresentata nell immagine dei quattro venti trattenuti ai quattro angoli della terra. I venti dell ira stanno per abbattersi su terra, mare e piante, ma l angelo dell Oriente intima ai quattro angeli che li trattengono di farlo ancora, finché i giusti non siano contrassegnati : simbolo di proprietà ed appartenenza. Anche questa scena ha un modello veterotestamentario: si tratta della grande visione di Ezechiele sulla Gloria divina che abbandona il tempio di Gerusalemme (cc.8-10). Dio annuncia la punizione del popolo di Israele peccatore, ma risparmia gli innocenti: quelli che non sono stati idolatri vengono segnati sulla fronte con un «tau» (9,4), l ultima lettera dell alfabeto ebraico che, nell antica grafia, aveva la forma di una croce; chi ha il segno è il resto fedele di Israele, chi non ha il segno sarà distrutto. Giovanni rielabora la scena di Ezechiele e la utilizza come simbolo dell intervento di Dio nella storia di Israele, intervento caratterizzato da giudizio e da salvezza. È così che un popolo di eletti viene segnato e in tal modo preservato dall ira divina. Il numero dei segnati provenienti da tutte le tribù d Israele è simbolico, non quantitativo ma qualitativo: il quadrato di dodici moltiplicato per mille è la cifra dell immensità, della pienezza. 6

7 La terza scena è escatologica e celeste. La folla degli eletti è incalcolabile. Sembrava in un primo momento che gli eletti provenissero unicamente dalle tribù israelitiche, ma poi si precisa che i salvati, avvolti in bianche vesti e con palme nelle mani (segno di santità e di vittoria), provengono da ogni nazione, tribù, popolo e lingua. La loro descrizione è ricca di particolari simbolici. Prima di tutto si dice che stanno in piedi (cfr. 6,17); sono vivi come l Agnello (cfr. 5,6); sono in relazione personale con Dio e l Agnello (davanti); vivono questa relazione in modo definitivo (avvolti); partecipi della risurrezione di Gesù Cristo (vesti bianche); con lui condividono la vittoria sul male e la pienezza della vita (le palme); la loro esistenza è il grido gioioso per la salvezza. La descrizione dei salvati sfocia nel canto liturgico; viene ripresa la celebrazione iniziale (cfr. 5,11-14) in modo tale che le due scene risultano strettamente parallele. Concluso il canto corale, c è un dialogo tra il veggente e uno dei ventiquattro anziani, destinato a interpretare il senso della visione e a identificare il profilo dell enorme folla dei salvati. Chi dà la risposta è uno dei presbiteri, una figura autorevole che partecipa al potere di Dio. I salvati sono coloro che traggono origine (nel presente e nel futuro) dalla morte redentrice di Gesù Cristo. La morte di Cristo (sangue) ha permesso e comunicato la risurrezione (vesti bianche): tale partecipazione alla vita eterna del Cristo risorto si realizza nel lavacro battesimale. In sintesi, questa la risposta di Giovanni a chi si chiedeva che ne sarebbe stato dei perseguitati e dei persecutori: altra persecuzione, un difficile cammino attraverso le sofferenze della vicenda umana, ma protezione divina e, oltre la grande tribolazione, la veste bianca e la palma della vittoria. Dopo l identificazione dei salvati, il presbitero interprete descrive le conseguenze del battesimo come una serie di azioni dei redenti, dell Agnello e di Dio, tutte caratterizzate dalla novità. Innanzi tutto una novità di culto: l incontro è personale e diretto, l adorazione diviene ininterrotta perché la comunità stessa è divenuta la tenda della presenza di Dio (cfr. 21,3). Poi una novità di vita, giacchè Dio ha consolato il suo popolo e ha realizzato il vero esodo: con due citazioni tratte dal rotolo di Isaia (cfr. Is 49,10; 25,8) l autore descrive la nuova e felice situazione del popolo messianico, realizzato nei suoi desideri (cfr. 21,6) e consolato per la sconfitta della morte (cfr. 21,4). Infine la novità del pastore: l Agnello è la guida del popolo, Gesù Cristo - centro del progetto divino (sta in mezzo al trono) - è l intervento definitivo di Dio-Pastore (cfr. Ez 34, ), unica causa e modello di salvezza. 2.4 Il settimo sigillo La redenzione cristiana è stata celebrata nel sesto sigillo; il settimo corrisponde al compimento della storia. Rimosso l ultimo sigillo il libro misterioso del progetto divino finalmente può essere letto: il silenzio evoca quindi la grande attesa e lo sbigottimento universale davanti alla manifestazione del Signore (cfr. Sal 76,9-10; Sof 1,7; Zc 2,17); non ha nulla di angoscioso né di angosciante, è silenzio di quiete e di contemplazione. L Agnello ha preso possesso del rotolo che era nella mano di Dio e ha manifestato i piani divini, prima impenetrabili. La vita e la storia, altrimenti immersi nel buio e nell assurdo, hanno ora senso e valore: i piani di Dio parlano, sì, di tribolazione, ma rivelano soprattutto la fedeltà del Signore e la beatitudine riservata ai suoi servi fedeli e giusti. Se Giovanni era scoppiato in pianto quando il rotolo appariva inaccessibile, ora che il libro è aperto e i progetti divini sono conosciuti, la reazione è il contrario del pianto e si esprime in un silenzio di attesa e di fiducia, perché le promesse di Dio non conoscono pentimento e sono irrevocabili, come dirà San Paolo nella Lettera ai Romani (Rm 11,29). E così tutta l Apocalisse non è in alcun modo un testo di catastrofi e di predizioni minacciose, ma un libro che discute di Dio e della sua giustizia nel guidare e nel governare la storia. 7

8 Un libro che nasce tutto dal grido dei martiri, il quale è, a sua volta, eco ed espressione degli interrogativi sulla fede da parte delle chiese giovannee per il silenzio di Dio di fronte all impunità dei persecutori. Riecheggiano, in questo settenario dei sigilli, i tormenti e i dubbi di Giobbe e le domande di molti salmi sulla sofferenza dell innocente. L Apocalisse (lo faranno capire i settenari delle trombe e delle coppe) ricorda e insegna che l ira di Dio non ha l intento di distruggere il persecutore, ma di convertirlo. È il nuovo libro dell esodo verso una terra promessa che non conosce precarietà. L indicazione cronologica (circa mezz ora) lascia trasparire, però, una breve durata, un tempo imperfetto: il settenario dei sigilli, infatti, non pone fine alla rivelazione, ma dà inizio ad un nuovo settenario, riprendendo da capo la presentazione dell opera di salvezza realizzata in Gesù Cristo. In un certo senso il settimo sigillo comprende tutto il resto del libro: immediatamente, comprende la visione iniziale che introduce il settenario delle trombe. 8

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