L APOCALISSE INTRODUZIONE

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1 L APOCALISSE INTRODUZIONE Questo libro è destinato alla lettura nell assemblea liturgica riunita attorno alla Parola: Beato colui che legge e coloro che ascoltano (1, 1-3). Si tratta di un ascolto fatto insieme, l assemblea è richiamata più volte, sia a interpretare il messaggio che gli viene rivolto che a proiettarlo nella sua concretezza storica. Per decodificare il messaggio che il lettore sta per annunciare, l assemblea ha bisogna di prendere coscienza della sua situazione concreta ed essere disposta alla conversione: è quella che noi chiamiamo liturgia penitenziale che troviamo nella prima parte dell Apocalisse (1,4-3,22), nel cosiddetto settenario delle lettere alle chiese. In esse Cristo risorto si rivolge direttamente alle chiese, nelle quali si rispecchia il gruppo di ascolto, coinvolgendole in un processo penitenziale, che culmina nella conversione, attuata dagli imperativi di Cristo. La parola diretta di Cristo viene semplicemente accolta dalle Chiese. E Cristo che parla e agisce attraverso la sua parola, la quale, rivolta alle chiese, ha un efficacia immediata, quasi di tipo sacramentale. La parola deve essere mantenuta viva nelle persone che l ascoltano. Tutta l esperienza di ascolto della parola viene inquadrata nel giorno del Signore, è l ascolto della parola di Dio tipico della celebrazione domenicale. Con l inizio della seconda parte dell Apocalisse (1,4-3,22), l assemblea è invitata a leggere la storia ( i fatti che devono accadere ) dal punto di vista della trascendenza: Sali quassù (4,1). C è un filo che lega in profondità gli eventi storici e che appartiene alla logica del piano di Dio, in base alla quale gli avvenimenti devono accadere. Il quadro globale della storia è teatro di uno scontro tra la forza immessa in essa da Cristo risorto e le forze contrapposte: la violenza, l ingiustizia, la morte ( settenario dei sigilli 6,1-8), lo Stato che si fa adorare e la propaganda che gli dà vita ( le due bestie 13, 1-18) e la convivenza consumistica, che taglia i ponti con la trascendenza e si chiude in una immanenza autodistruttiva ( Babilonia 17-18). I fatti della storia però tendono a una conclusione, ma ora sono visti in uno svolgimento dialettico, determinati dallo scontro tra il bene e il male. I cristiani che stanno dalla parte di Cristo, collaborano attivamente con lui; coloro invece che, stanno dalla parte del male scelgono di essere contro Cristo e si situano così nel contesto del Demoniaco. Così i cristiani resi regno e sacerdoti dal sangue dell Agnello, collaborano con Cristo a vincere le forze del male immettendo nella storia i valori propri del risorto. In questo tentativo molti moriranno martiri, ma alla fine la chiesa-fidanzata che su questa terra si è preparata il suo abito nuziale diventerà la sposa dell Agnello nella Gerusalemme nuova (21-22).

2 1 LA SPIRITUALITA APOCALITTICA Il discorso sull Apocalisse va inquadrato in un contesto più ampio che fa capo a una corrente apocalittica che ha le sue radici nell Antico Testamento. Se ne trovano tracce apprezzabili già in Isaia e in Zaccaria; poi soprattutto a cominciare dal II secolo a.c. essa diventa un genere letterario e si afferma in maniera decisa. Nel Nuovo Testamento la panoramica si presenta vasta, differenziata e, nel complesso, notevolmente ricca. Troviamo brani non soltanto tracce di linguaggio squisitamente apocalittici in Paolo, a cominciare dalle lettere più antiche (1 e 2 Tessalonicesi). I discorsi escatologici che ci vengono riportati nei Sinottici sono detti, più propriamente, apocalisse sinottica e sono stati studiati come tali. Per completare questo sguardo sommario, troviamo lunghi brani di stile apocalittico nella Prima e soprattutto nella Seconda lettera di Pietro, nella lettera di Giuda, nella Prima lettera di Giovanni. Quali sono le caratteristiche più salienti della letteratura apocalittica? La prima e più importante di tutte è il simbolismo, si avvicendano nel testo: visioni, immagini, colori, animali, fenomeni atmosferici, numeri, che a una prima lettura risultano incomprensibili. Per citare un esempio noto, sette indica la totalità, la completezza; la metà di sette, tre e mezzo, indica la parzialità, l incompletezza sotto ogni aspetto. Gli esempi si potrebbero moltiplicare. Resta il fatto che questo simbolismo ricercato e artificioso, spesso al limite dell esprimibile, è la caratteristica più vistosa e, insieme, più difficile della letteratura apocalittica. Ma l apocalittica interessa soprattutto per quel contenuto che essa sa veicolare attraverso il linguaggio simbolico. Una caratteristica fondamentale dell apocalittica è la sua attenzione aderente e quasi sempre spregiudicata ai fatti della storia. I fatti vanno visti proprio come sono, nel loro crudo realismo. Nello stesso tempo però se ne suggerisce una interpretazione, una lettura in profondità, che ne espliciti quel filo religioso, quasi immesso da Dio, che li unisce tra loro. I fatti della storia tendono a una conclusione: questo aspetto escatologico costituisce uno degli aspetti, se non addirittura l aspetto prevalente, della letteratura e della teologia apocalittica. I fatti della storia sono visti in cammino. Si ha uno svolgimento dialettico, determinato dallo scontro, sempre nell ambito della storia, tra il bene e il male. Stanno dalla parte del bene Cristo e i cristiani, che collaborano attivamente con lui; stanno dalla parte del male coloro che scelgono di essere contro Cristo e si situano così nel contesto del Demoniaco. Queste sono le grandi linee della scuola apocalittica che, iniziata a fiorire in maniera rilevabile nel II secolo a.c. continuerà nell éra cristiana, ramificandosi in apocalittica giudaica e in apocalittica cristiana. Continuerà anche in seguito una sua fioritura fino al IV secolo d.c. Da allora in poi il prevalere di elementi fantasiosi, da una parte, e l emergenza in altri generi dall altra (patristica greca nell ambiente occidentale, tradizioni rabbiniche scritte in ambiente giudaico), segneranno la fine di questo genere letterario. Questo genere letterario ha una sua spiritualità caratteristica? Per chiarezza, distinguiamo due livelli, limitando la nostra ricerca al Nuovo Testamento: l Apocalisse di Giovanni e gli altri scritti apocalittici che si trovano nell ambito del Nuovo Testamento. Tutta la teologia, e quindi anche la spiritualità, apocalittica è orientata verso la conclusione della storia, verso la fine, verso il ritorno di Cristo. A questo proposito, si nota innanzitutto una tensione crescente: i fatti drammatici della storia non indicano una fine immediata, ma spingono verso la fine. La data della fine, della conclusione, rimane un segreto completamente inaccessibile: Riguardo a quel giorno o a quell ora nessuno sa niente, né gli angeli nel cielo, neppure il Figlio, ma soltanto il Padre (Mc 13,32). 2

3 A proposito della seconda venuta di Cristo, diventerà normale nella tradizione cristiana l immagine del ladro nella notte. La ritroviamo nei Sinottici, nella Prima lettera ai Tessalonicesi, nella Seconda lettera di Pietro, e infine nell Apocalisse. Questa frase, riportata da Marco, che ha tutte le caratteristiche di risalire alle parole stesse di Cristo (ipsissima verba Iesu), indica e ribadisce la completa indeterminatezza della parusia. Pensarci troppo, stabilire anche ipoteticamente una qualunque scadenza cronologica, sarebbe un oziosità pericolosa. Tale indeterminatezza, affermata e ribadita come fatto teologico, deve essere accolta e deve trovare nell uomo la risonanza giusta. L uomo cioè non dovrà ignorare che tutto il suo mondo è relativo, che si va davvero verso una fine. Qualunque assolutizzazione dei beni presenti, qualunque loro idealizzazione assoluta, trasformerebbe in definitivi quelli che sono soltanto dei beni penultimi. Si comprende allora, in questa prospettiva, l esortazione di Paolo (1 Cor 7, 29-31). Il fatto di una conclusione certa e l incertezza della sua scadenza, se da una parte relativizzano tutti i valori della vita, dall altra impegnano il cristiano in tutte le sue risorse (2 Ts 3, 11-12). Si insiste molto sull impegno attivo del cristiano, proprio in vista della parusia. L immagine del padrone che ritorna inaspettatamente e che vuole i servitori svegli e pronti a rendergli conto dei doni ricevuti si inquadra in questo stesso contesto. Il Vangelo richiama, con una immagine presa dal commercio, i talenti, che Dio ha dato a tutti e che devono essere sfruttati responsabilmente nell ambito dell arco della storia. La conclusione della storia è costituita dal ritorno di Cristo. E questo uno dei messaggi che ricorrono più spesso in tutto l arco della letteratura apocalittica. Però non è sempre chiaro ciò che si intende per ritorno di Cristo: si passa da una descrizione fatta di immagini a una riflessione sul senso profondo di questo ritorno che, culminerà nell Apocalisse di Giovanni. Potremmo dire, in generale: Cristo non è, rispetto alla storia attuale, il grande assente, che a un certo punto si farà di nuovo presente, determinandone la fase risolutiva; egli vi è coinvolto attualmente. Non per nulla troviamo a conclusione del Vangelo di Matteo: Ecco, io sono con voi tutti i giorni fino al perfezionamento ultimo del mondo (Mt 28,20). Presente e attivo adesso in mezzo a noi, Cristo non è accessibile in termini di immediatezza sensibile: ci divide da questo il velo della fede. La sua venuta sarà innanzitutto una rivelazione, una rimozione del velo, una manifestazione. Si coglierà allora tutta la portata della presenza di Cristo tra noi, tutta la portata del suo influsso di Risorto, che già fin d ora prepara quella mèta ultima di Dio tutto in tutti, verso la quale tendiamo (1 Cor 15,28). La spiritualità apocalittica, come ogni spiritualità cristiana, fa perno su Cristo. Lo specifico del cristocentrismo apocalittico è la persuasione, ribadita, meditata e approfondita, che Cristo morto e risorto condivide la nostra vicenda umana e la saprà concludere insieme a noi. L uomo apocalittico riesce a guardare contemporaneamente il cielo e la terra. A un senso acuto di Dio e della sua trascendenza ma anche un senso acuto dell uomo e di tutti i problemi concreti e drammatici della sua storia. Guarda con occhi aperti, ma, con gli occhi fissi sia al cielo sia alla terra, sa fare una sintesi tra questi due elementi, spesso presentati in antitesi. Immergendosi nel divenire della storia, accanto al Cristo morto e risorto, il cristiano dovrà dare il massimo contributo al bene, dovrà superare anche lui tutti gli elementi anticristiani presenti e attivi nella storia. 3

4 2 LA SPIRITUALITA TIPICA DELL APOCALISSE DI GIOVANNI Alla luce degli elementi emersi nel capitolo precedente sulla spiritualità apocalittica in generale, ora entriamo nel discorso tipico della spiritualità dell Apocalisse di Giovanni. Facciamo una premessa: per quanto riguarda l Apocalisse e per tutti gli altri testi biblici c è tutta una serie di studi antecedenti la composizione del libro che è molto interessante considerare. A monte dell Apocalisse c è anzitutto un contatto abbondantissimo con l Antico Testamento che l autore cita almeno 814 volte e sempre a monte dell Apocalisse c è tutto il mondo dell apocalittica giudaica dalla quale Giovanni ha attinto abbondantemente e, infine, c è anche una notevole pressione del mondo greco. La scuola di Giovanni è una scuola chiusa all influsso del mondo greco, a differenza della scuola paolina; però non si è mai chiusa del tutto, non è possibile vivendo in un ambiente greco, un ambiente in cui si parlava greco e con una cultura greca, una posizione di isolazionista senza contatti sarebbe stata impossibile. C è quindi anche per quel che riguarda l Apocalisse di Giovanni, una pressione, un influsso del mondo greco: cito solo il magnifico dramma liturgico del cap. 18 che risente chiaramente dell influsso del teatro greco. Diciamo che tutto questo insieme di problemi che sono fuori del testo, che sono prima del testo, hanno certamente una grande importanza e vanno visti e studiati. Circa l analisi letteraria del testo, l autore dell Apocalisse maneggia il suo greco al di là sia degli schemi usuali della grammatica greca sia di quelli della grammatica semitica. E un greco tutto suo, in cui l autore stesso sembra trovarsi a disagio. Ma torniamo ora al nostro tema e bisogna subito precisare che, quando parliamo di spiritualità, si richiede una precisazione. Il termine non si riferisce a una riflessione sulla devozionalità o sulla dimensione immateriale del cristiano, ma indica, in una maniera precisa e aderente, un attenzione prestata alla vita vissuta sotto la guida dello Spirito. Nella spiritualità neotestamentaria il riferimento diretto allo Spirito è sempre determinante. Questo riferimento allo Spirito lo ritroviamo con una impostazione originale nell Apocalisse. Giovanni il protagonista ideale di tutta l esperienza che l autore del libro mette in risalto facendolo parlare in prima persona dice due volte: Divenni nello Spirito (1,10; 4,2), indicando un contatto particolare con lo Spirito Santo, che provoca in lui un divenire, una trasformazione. 1. Il primo Divenni nello Spirito nel giorno del Signore (1,10) lo troviamo nell esperienza avuta da Giovanni con il Cristo risorto nell isola di Patos. In quell occasione, tramite Giovanni, Cristo invierà la sua parola a tutte le Chiese, realizzando in esse la forma migliore per accogliere il suo messaggio. Il contatto rinnovatore con lo Spirito si sviluppa così in tutta la prima parte dell Apocalisse (1,4-3,22). 2. Il secondo divenire si colloca all inizio della seconda parte: Sali quassù e ti mostrerò le cose che devono accadere dopo questo. Subito divenni nello Spirito (4,2). Realizzato l ascolto dello Spirito, che nella prima parte era stato inculcato alla Chiesa Chi ha orecchio ascolti ciò che lo Spirito dice alle chiese (2, ; 3, ) l assemblea liturgica cerca di leggere i segni del suo tempo, interpretando e applicando il materiale simbolico che l Autore propone. Si tratta di un materiale profetico: lo Spirito Santo, che ha guidato Giovanni a scrivere e inviare il messaggio di Cristo risorto alle Chiese, ora, tramite un impulso rinnovato, quello proprio del divenire, lo fa rivivere nell assemblea liturgica, portandola così a una rilettura, a un suo discernimento della storia. L assemblea così, da una parte manterrà la Parola ascoltata, elaborando, approfondendo, gustando il materiale profetico veicolatole dallo Spirito; dall altra, sempre sotto la guida dello Spirito, identificherà le piste applicative dove collocare poi il suo impegno operativo. E questo l intento di tutta la seconda parte dell Apocalisse (4,1 22,5). 4

5 Una punta emergente del primo divenire è proprio la Parola che viene proclamata nella liturgia. Animata dal dinamismo che le imprime lo Spirito, essa diventa un messaggio diretto e immediato di Cristo che ha, data la situazione liturgica in cui avviene, un impatto para-sacramentale. L assemblea che l accoglie ne risulterà trasformata. Frutto di questa trasformazione è la presa di coscienza di quello che è per la chiesa Cristo risorto, proprio in quanto risorto, in quanto vivente. Il secondo divenire nello Spirito si realizza in dipendenza dal primo. La chiesa-assemblea, una volta fortificata dalla parola efficace di Cristo risorto, è in grado di leggere i segni dei tempi. La chiesa accetta, e a questo punto avviene un nuovo contatto con lo Spirito, che si aggiunge e quasi si moltiplica con il primo. La chiesa prende coscienza di una missione profetica e si affaccia sul mondo. Come prima reazione, lo Spirito spinge la chiesa ad attivare la sua fede. Così essa potrà compiere la lettura della sua situazione storica, identificando e focalizzando sia le forme di bene, sia le forme di male. Si impegnerà in una cooperazione a tutto campo alla vittoria di Cristo. Nella difficoltà del suo cammino saprà guardare in avanti, portata dalla speranza, fino alla conclusione esaltante della Gerusalemme nuova. La spiritualità dell Apocalisse risulta particolarmente impegnativa, essa interpella una chiesa matura e adulta, contribuendo a renderla tale. Le chiede di credere nello Spirito e di lasciarsi lavorare da lui. 5

6 3 L AUTORE DEL LIBRO Per capire chi è l autore dell Apocalisse, bisogna partire dall Introduzione (1-3) al dialogo liturgico 1 iniziale (1, 4-8). Il prologo introduttivo (1-3) 2 presenta al vivo il rapporto tra un lettore (uno che legge ad alta voce) e l assemblea che ascolta 3 : Beato colui che legge e coloro che ascoltano le parole di questa profezia 4 (1,3). Le parole di profezia che il lettore proclama sono il contenuto del libro, che verrà presentato in seguito. Nell introduzione e all inizio della prima parte, il lettore menziona per due volte Giovanni in terza persona (1, 1.4). In seguito Giovanni stesso in prima persona racconterà per esteso alla comunità in ascolto la sua esperienza avvenuta nell isola di Patmos (1, 9-20). Quindi ci troviamo di fronte a un lettore, che parla di Giovanni (in terza persona) e a Giovanni stesso che in prima persona racconta la sua esperienza coinvolgendo la comunità in ascolto. Ma chi è realmente l autore dell Apocalisse? L autore dell Apocalisse si muove nell ambito spirituale della scuola giovannea, che ha redatto la stesura definitiva del Vangelo, delle Lettere e dell Apocalisse di Giovanni. L autore si identifica a tal punto con questa esperienza spirituale dell Apostolo da farlo intervenire a parlare in prima persona. L attribuzione a Giovanni, quindi, è un espediente letterario. L autore reale si rifà continuamente, secondo una costante della letteratura apocalittica la cosiddetta pseudonimia, a un celebre 1 Questo libro è destinato alla lettura nell assemblea liturgica. La presenza del lettore richiama da vicino la liturgia celebrata nella sinagoga. La lettura della Scrittura specialmente del Pentateuco ne costituiva la parte centrale. La Scrittura veniva sempre letta e commentata nella sinagoga. E, accanto al lettore, c era un gruppo di persone, costituito dall assemblea riunita, che ascoltava e reagiva. Anche Paolo conferma questa consuetudine in 1 Ts 5,27: Vi scongiuro, per il Signore, che si legga questa lettera ai fratelli riuniti insieme. Nella Didaché si dice che il giorno di domenica si riunivano, poi confessavano i loro peccati e poi ascoltavano delle letture dell Antico e del Nuovo Testamento e poi celebravano l Eucarestia e tutto sotto la guida di un presidente, come dice Giustino, oppure di un lettore, proprio come nell Apocalisse. Quindi tutto questo ci dice una cosa importante per l interpretazione del libro che l Apocalisse: fin dall inizio essa è inquadrata intenzionalmente in questa cornice di una esperienza liturgica. C è un lettore, un gruppo di ascolto al quale arriva il messaggio del lettore e la reazione del gruppo. 2 L autore presenta questo libro come una rivelazione una apocalyupsis, sulla lettura religiosa della storia. Questa rivelazione, però, non è un fatto automatico, ma richiede la collaborazione del lettore e del gruppo di ascolto. Questa lettura religiosa della storia non è subito percepibile, ma bisognerà imparare a decifrarla e a leggerla dal punto di vista di Dio ( Sali quassù ). E importante però conoscere ciò che avverrà dopo ( le cose che devono presto accadere ), perché l assemblea interpretando la storia, possa leggere in essa i segni nascosti del piano di Dio. Gesù dice: "Io ti farò vedere le cose che devono accadere", non anticipando la percezione di ciò che accadrà, ma in modo più impegnativo: Ti farò capire i fatti che stai vivendo, quelli che sono simultanei a te, quelli della tua storia, della tua geografia. Verrà tolto il velo e questa comprensione sarà intera. C è un impegno solenne da parte di Cristo risorto di far comprendere i fatti che viviamo alla luce di Dio, al livello di Dio dove Gesù si trova. 3 Innanzitutto si tratta di un ascolto fatto insieme. Non si esclude una lettura individuale, ma appare esplicitamente che il soggetto interpretante a cui è indirizzata la parola di Dio nell Apocalisse è l assemblea liturgica in ascolto. Durante la lettura, il gruppo è richiamato più volte, oltre che a interpretare il messaggio che gli viene rivolto, anche a proiettarlo nella sua concretezza storica, fino a trarne delle conseguenze operative. Per fare tutto questo, ha bisogno di una situazione di conversione. L ascolto della Parola di Dio, nel senso specifico che stiamo indicando, comincia con la seconda parte dell Apocalisse (1,4-3,22), nel cosiddetto settenario delle lettere alle chiese. 4 Il lettore presenta al suo gruppo di ascolto le parole di profezia. Quale è la portata di questa espressione? Le parole di profezia corrispondono direttamente alla parola di Dio perché riprendono spessissimo espressioni e contesti dell Antico Testamento, denominato la Legge e i Profeti. Quella parola di Dio che è l Antico Testamento si ritrova, nell ambito dell Apocalisse, con una frequenza impressionante: si sono contate più di 800 riprese dirette di brani dell Antico Testamento, che ne coprono praticamente tutta l estensione. L Apocalisse quindi fa rivivere, con un efficacia e un intensità particolari, la parola di Dio dell Antico Testamento. Lo fa con un metodo tutto suo particolare. Mentre gli altri autori del Nuovo Testamento introducono esplicitamente le citazioni dell Antico Testamento: Ipocriti, bene ha profetato Isaia di voi quando dice (Mt 15,7); Non avete letto questo passo della Scrittura: la pietra che i costruttori hanno scartata (Mc 12,10), l autore dell Apocalisse, invece, le incorpora direttamente nel suo discorso senza usare una formula introduttiva. 6

7 personaggio del passato e lo chiama Giovanni (1, 1-2), riferendosi con tutta probabilità all apostolo Giovanni, con cui egli si sente particolarmente in sintonia e di cui rivive le vicende e l esperienza. L autore prevede che il libro sarà letto nell assemblea liturgica e se ne rallegra, al punto da proclamare beati sia il lettore che gli ascoltatori (1,3). Pertanto il lettore, colui che legge le parole di questa profezia nell assemblea liturgica, non coincide né con Giovanni, a cui è attribuita l esperienza nell isola di Patmos, né con l autore del libro, ma è semplicemente colui che legge. Viene qualificato con una funzione che potrà di fatto essere esercitata da chiunque presiederà un assemblea liturgica. Il lettore però leggerà nell assemblea quello che l autore della scuola giovannea ha scritto e che da ora in poi sarà messo letterariamente in bocca a Giovanni apostolo. Perciò l io del lettore, dell autore e di Giovanni non coincidono. L autore dell Apocalisse, quindi, non è Giovanni l Evangelista. Noi diciamo Giovanni per convenzione. L autore, come abbiamo già detto, proviene dalla scuola giovannea. La composizione del libro è datata intorno all anno 100 d.c. In conclusione. 1. All inizio è il lettore che introduce, nell assemblea liturgica domenicale, il testo dell Apocalisse che chiama Rivelazione. Di questa Rivelazione è stato fatto oggetto Giovanni, che il lettore cita in terza persona ( Rivelazione di Gesù Cristo che egli manifestò inviando il suo angelo al suo servo Giovanni ). 2. L assemblea, invitata a partecipare attivamente e a condividere questa Rivelazione, risponde con un dialogo liturgico (1, 4-8). 3. Infine, sempre il lettore, riferisce l esperienza avuta da Giovanni nell isola di Patmos, e qui lo presenta in prima persona: Io Giovanni, vostro fratello ( 1,9). PROLOGO 1, 1-3 DIVISIONE DEL LIBRO - PARTE PRIMA La Chiesa si rinnova sotto l azione di Cristo. (1,4 3,22) Visione introduttiva (1, 9-20) Le lettere alle sette Chiese (2,1 3,22) - PARTE SECONDA La Chiesa inizia il suo cammino ascensionale che dalla storia (4,1 22,5) attuale la porterà alla Gerusalemme celeste. Essa è invitata a discernere la sua chiamata nella complessità delle voci che salgono dalla storia. I tre settenari: 1. Settenario dei sigilli: visione introduttiva (4,1 5,14) apertura dei 7 sigilli (6,1-8,1) 2. Settenario delle trombe: visione introduttiva (8, 2-6) suono delle sette trombe (8,7 11,19) 3. Settenario delle coppe: visioni introduttive (12,1 15,8) versamento delle sette coppe (16, 1-21) visione conclusiva della storia (17,1 22,5) EPILOGO LITURGICO 22,

8 4 SVILUPPO LETTERARIO DELLA PRIMA PARTE DELL APOCALISSE Il libro appare fin dall inizio come uno scritto destinato alla lettura nell assemblea liturgica cristiana. L autore non ci dà un messaggio astratto, ma propone un esperienza, di cui l assemblea liturgica è protagonista. E questo appare subito all inizio: Beato colui che legge e coloro che ascoltano 5 le parole di questa profezia 6 e mantengono quanto è scritto in essa. Il tempo appropriato, infatti, è vicino (1,3). La prima parte dell Apocalisse (1,4-3,22) presenta uno sviluppo letterario in una triplice fase. 1. Nella prima fase l assemblea si concentra mediante un dialogo liturgico con il lettore (1, 4-8). Essa ascolta e reagisce: Lettore: Grazia a voi e pace / da colui che è e che era e che sta venendo / e dai sette spiriti che stanno davanti al suo trono / e da parte di Gesù Cristo, / il testimone, il fedele, / il primogenito dei morti / e il dominatore dei re della terra. Assemblea: A colui che ci sta amando / e ci sciolse dai nostri peccati nel suo sangue / e fece di noi regno, sacerdoti a Dio e Padre suo, / a lui la gloria e la forza per i secoli dei secoli. Amen. Lettore: Ecco, verrà con le nubi, / e lo vedrà ogni occhio, / anche coloro che lo avranno trafitto, / e si batteranno il petto su di lui / tutte le tribù della terra. Assemblea: Sì. Amen. Lettore: Io sono l alfa e l omega / - dice il Signore Dio -, / colui che è, era e verrà, / l Onnipotente. 2. Nella seconda fase (1, 9-20) la comunità si incontra con il Cristo risorto, mediante la testimonianza di Giovanni, protagonista ideale di tutto il messaggio che viene presentato. Egli racconta, in un contesto esplicito di condivisione, una sua esperienza spirituale avvenuta nel giorno del Signore (la domenica), durante una celebrazione liturgica: Io Giovanni, il vostro fratello e compartecipe nella tribolazione e regno e perseveranza in Gesù. Questo incontro con Cristo si svolge in due fasi distinte. C è un primo momento di contatto sconvolgente, il Cristo risorto viene in contatto in maniera diretta e immediata, ma a un livello che va oltre la percezione visiva e uditiva normale. Nelle apparizioni del Risorto nei Vangeli i discepoli, con tutta la gamma delle reazioni umane, lo vedono, lo ascoltano, lo toccano, si rallegrano con lui. Qui invece il rapporto è a un altro livello, metaconcettuale, mistico, liturgico. Cristo risorto si presenta nella luce abbagliante della sua risurrezione e della sua trascendenza, con tutte quelle prerogative che, in quanto giudice e sacerdote, lo mettono in contatto diretto con la chiesa, con un fascino personale irresistibile: La sua faccia era come il sole quando splende con tutta la sua forza (1,16) e in abito liturgico: cinto al petto di una fascia d oro. Questo dettaglio sembra riferirsi all abito del sommo sacerdote, che comportava proprio all altezza del petto, una fascia d oro. E ciò suggerisce che Cristo risorto vestito di una veste lunga fino ai 5 L autore prevede che il libro sarà letto nell assemblea liturgica e se ne rallegra, al punto da proclamare beati sia il lettore che gli ascoltatori: Beato colui che legge e coloro che ascoltano. 6 Le parole di profezia: sono il contenuto del libro come verrà presentato in seguito. 8

9 piedi e cinto all altezza del petto di una fascia d oro (1,13), è il sommo sacerdote del Nuovo Testamento che ama la sua Chiesa. Ma sono soprattutto gli occhi, che esprimono questo amore scottante di Cristo: essi hanno il bagliore dell amore come una fiamma di fuoco (1,14) 7. Ma questa forza travolgente e irresistibile dell amore che sconvolge la persona che viene in contatto con Cristo, è racchiusa nell espressione successiva: i suoi piedi corrispondevano al bronzo infuocato, come nel cammino di una fornace (1,15). Nel secondo momento, Cristo risorto che Giovanni percepisce in tutta la sua divinità, è avvertito come una forza che entra in contatto con la persona e la sconvolge. Giovanni non regge a questo contatto e mostra la reazione tipica della debolezza umana quando si incontra con la trascendenza. Ed è qui che inizia la seconda fase dell incontro: Appena lo vidi, caddi ai suoi piedi come morto (1, 17-18). Cristo si rende conto della debolezza di Giovanni, la situazione di risorto, manifestata nella prima fase, non lo allontana dagli uomini, né gli impedisce di capirli. Con un gesto di confidenza e di amicizia, pone la sua destra sul capo di Giovanni e lo rassicura: Non temere!. La trascendenza abbagliante di Cristo risorto oltrepassa il limite della resistenza umana. Cristo, in tutto quello che è, si qualifica applicando a sé un espressione che il Secondo Isaia aveva attribuito a Dio: il Primo e L ultimo e il Vivente 8. L estasi nell Apocalisse non è una specie di trance in cui cade Giovanni 9. Non si tratta di una situazione estatica extracorporea, un estrapolazione dell anima dal corpo. Le visioni sono innanzitutto un espediente letterario tramite il quale l uomo apocalittico esprime il suo messaggio in termini simbolici. L Apocalisse parla di estasi come di una esperienza che parte da un livello ordinario di vita di fede, per raggiungere un contatto diretto con Cristo, che attraverso l influsso dello Spirito che interiorizza la Parola, porta l uomo a gustare le realtà ineffabili di Dio. Queste realtà sublimi, nell Apocalisse, coinvolgono sia il lettore che l intera assemblea. Abbiamo visto come l assemblea in una prima fase si concentra mediante un dialogo liturgico con il lettore (1, 4-8); nella seconda fase si incontra con Cristo risorto (1, 9-20); in una terza fase conclusiva, come vedremo, presterà ascolto al messaggio dello Spirito (Ap 2-3). E all inizio di questa seconda fase che avviene il passaggio dal livello ordinario dell esperienza cristiana a quello propriamente mistico. L autore, parlando in prima persona secondo lo stile apocalittico, fa un quadro della sua situazione secondo le coordinate spazio-temporali: si trova relegato nell isola di Patmos (1,9) nel giorno del Signore (1,10), la domenica, nella quale, già al tempo dell Apocalisse si riuniva l assemblea cristiana per commemorare e rivivere la risurrezione di Gesù. In questa situazione accade un fatto rilevante: Giovanni diviene 10, è trasformato nello Spirito. L effetto di questa trasformazione non è una situazione extracorporea che si determina, ma una capacità nuova di rapportarsi a Cristo risorto, già creduto presente in mezzo all assemblea liturgica. 7 E preferibile questa interpretazione in chiave di amore, tenendo presente la definizione di Dio come fiamma divorante (Dt 4,24), piuttosto che un riferimento giudiziale. 8 Dio è il Vivente proprio in quanto Dio, e la vita, intesa in tutta la sua portata, appare come la natura stessa di Dio. Di conseguenza, tutto ciò che in qualunque forma e grado può dirsi vivente, ha qualche cosa di Dio. E viceversa, tutto ciò che, sotto qualunque aspetto, presenta una negazione o una diminuzione della vita, esclude Dio, o almeno tende a limitarne la presenza. La morte è il vuoto di Dio. 9 L autore dell Apocalisse si rifà a un personaggio celebre del passato e lo chiama Giovanni (Ap 1, 1-2), probabilmente all apostolo Giovanni, con cui egli si sente particolarmente in sintonia e di cui rivive le vicende e l esperienza. Quindi nel testo l autore reale ora si oggettivizza nel suo personaggio: Io Giovanni, vostro fratello, ora nella sua attività reale di scrivente: Rivelazione di Gesù Cristo al suo servo Giovanni L uso del verbo divenire ginomai, nell Apocalisse non è mai sinonimo di essere. La traduzione corrente fui rapito in estasi e altri traduzioni equivalenti sono inesatte e fuorvianti, perché attribuiscono all Apocalisse un 9

10 Con la preghiera individuale e comunitaria scatta il divenire nello Spirito. Perciò la preghiera è la radice di ogni spiritualità. Proprio nella preghiera Giovanni percepisce una voce che esprime per lui un messaggio incomprensibile in termini umani (1,11), una voce che viene ascoltata, ma è come di tromba che parla. La combinazione impossibile nel linguaggio umano corrente, della tromba e del parlare fa scattare l ineffabile: Giovanni percepisce nella voce che lo interpella, la presenza immediata di Dio, che nelle teofanie dell Antico Testamento era annunciata a suono di tromba. Un altro tratto di ineffabilità emerge quando Giovanni si volta indietro per vedere la voce 11. Questa espressione combina di nuovo due aspetti il vedere e la voce in una sintesi metaconcettuale, che ancora più esplicitamente della tromba punta verso la trascendenza. Qui il vedere la voce che stava parlando con me (1,12) comporta un contato diretto, dialogico, tra Giovanni e Cristo che parla, ma situato e avvertito a livello di trascendenza. In Cristo risorto che parla si esprime Dio stesso. E la voce veduta che si protrae e si fa sentire per tutta la prima parte dell Apocalisse. La voce veduta, che mette in un rapporto immediato e di reciprocità dialogica con la trascendenza, viene esplicitata subito dopo. Riprendendo lo stesso verbo con cui Giovanni affermava di essersi voltato per vedere la voce (1,12a), ci dice che, voltatosi (1,12b), vide sette candelabri d oro, e in mezzo ai candelabri un corrispondente a un Figlio di uomo, vestito di una veste lunga fino ai piedi e cinto al petto di una fascia d oro (1, 12b-13). L autore qui esprime in termini che oltrepassano il giro visivo. Giovanni percepisce di più, va e trascina il gruppo di ascolto oltre il livello abituale e concettuale: quello che avverte e vuole comunicare è il senso, incomunicabile a parole, del rapporto tra Cristo risorto e la sua Chiesa. Quest ultima è vista come un insieme in atto liturgico ( sette candelabri d oro ). Il Cristo risorto, realizzando l intuizione di Daniele 7,13 sul Figlio dell uomo, è presente in mezzo ad essa e svolge la sua funzione sacerdotale 12. Ma non basta. Nei versetti seguenti vengono sottolineati alcuni punti di contatto caratteristici, che l autore introduce con un come. Nell Apocalisse questa particella non ha solo un valore comparativo, ma fa pressione sul soggetto interpretante, portandolo a interpretare la realtà che gli viene presentata si tratta sempre di una realtà trascendente alla luce di una realtà percettibile a livello umano, che viene trasformata creativamente, diventando un simbolo. Questi punti caratteristici indicano alcuni aspetti dell impatto del Cristo risorto: la sua testa e i suoi capelli bianchi, di un bianco particolarmente accentuato ( come lana bianca, come neve 1,14), da una parte riprendono alla lettera Daniele 7,13 ma, sorprendentemente, non sono più i tratti caratteristici del Figlio dell uomo, già identificato con Cristo, ma addirittura quelli dell Anziano dei giorni (Daniele 7,13), cioè di Dio stesso. L insistenza accentuata sul bianco, che nell Apocalisse è costantemente rapportato alla risurrezione, ci dice che Giovanni sente il Cristo presente nell assemblea come risorto. Questa qualifica penetra in lui, lo avvince, lo riempie tutto: tutto in Cristo è una risurrezione che si irradia. Seguono dei tratti caratteristici, introdotti da come, tutti espressivi dello stesso livello nel quale Cristo risorto è situato e dell intensità con la quale è sentito costantemente, Essi si riferiscono al rapporto con il fuoco, ripetutamente affermato i suoi occhi come fiamma di fuoco (1,14) e i suoi piedi come bronzo incandescente (1,15) - e indicano sulla scorta del simbolismo del fuoco dualismo anima-corpo che le è estraneo. Anche l altro verbo in movimento usato più avanti: mi trasportò (17,3), potrebbe far pensare a un rapimento estatico, nel quale l autore sarebbe trasportato dal livello di esperienza abituale a un livello nuovo, extracorporeo, di fatto lo spostamento affermato riguarda solo il deserto, dove l angelo trasporta Giovanni. Ma, come abbiamo accennato prima, una distinzione tra corpo e spirito in senso antropologico, tale da far pensare a un estasi, sembra estranea all Apocalisse. Le varie menzioni che potrebbero essere intese in questa linea (1,10; 4,2; 17,2; 21,10) si spiegano meglio come un contatto particolare dell autore con lo Spirito. 11 La traduzione della CEI: Mi voltai a vedere colui che parlava, appare non consona al contesto. 12 Questa funzione non viene descritta nel suo svolgimento, ma insinuata, quasi fatta sentire, dall abbigliamento tipico di Cristo, che appare vestito di una veste lunga fino ai piedi e cinto al petto di una fascia d oro (1,13) 10

11 riferito alla trascendenza 13, l amore scottante di Cristo-Dio. Giovanni ne prende coscienza, ma non può esprimerlo che in questi termini meta-concettuali. Questo amore supera ogni logica umana. Ci sono altri dettagli di questa esperienza di Cristo risorto, veicolata dallo Spirito. Si insiste sulla voce percepita come di molte acque (1,15). La ripresa letterale di Ezechiele (Ez 1,24) esplicita che di tratta della voce stessa di Dio. Notiamo che Cristo ha già parlato (1,11) e che riprenderà a parlare in seguito (2,1ss.). Questo rende il richiamo ancor più significativo: la parola di Cristo è, e sarà parola di Dio, con tutta l efficacia che le è tipica, e come tale produrrà degli effetti che superano l impatto della parola umana. Questo è quanto viene suggerito con una combinazione di elementi simbolici che, impossibile a livello dell esperienza umana, spinge decisamente verso l alto: E dalla sua bocca stava uscendo una spada a due tagli, affilata (1, 16b). E la parola di Cristo risorto, che possiede una sua capacità di penetrazione al di là di ogni supposizione umana. Cristo questo è un ultimo dettaglio dell esperienza che Giovanni sta facendo e proponendo si occupa della sua Chiesa e vi impegna il meglio delle sue risorse: la dimensione trascendente stellare, che compete alla Chiesa è tenuta saldamente dalla sua destra (1,16a). L autore avverte per la Chiesa in tutto il suo complesso una presenza forte, protettiva, in cui si può confidare senza paura e senza limiti, una forza impegnata e a disposizione: la forza, appunto, di Cristo. Il contatto meta-concettuale con Cristo risorto viene riassunto in una espressione conclusiva: E il suo aspetto come il sole quando splende nella sua potenza (1,16c). Questa frase, corrispondente a quanto avviene nell episodio della Trasfigurazione (Mt 17,2), fa sentire il fascino irresistibile e la forza penetrante di Cristo risorto 14. L esperienza iniziale di Cristo risorto si protrae per tutta la prima parte del libro ed emerge in modo particolare nelle lettere alle Chiese (Ap 2-3). In ciascuna di esse il Cristo risorto, parlando in prima persona, fa una presentazione di se stesso, introdotta dall espressione così parla una frase abituale che nell Antico Testamento viene attribuita a Dio. 3. Nella terza fase conclusiva (2,1-3,22). sottomettendosi all azione di Cristo risorto, l assemblea viene messa ora in grado di prestare ascolto al messaggio dello Spirito. Il messaggio è indirizzato alle sette chiese che sono in Asia (1,4.11). In virtù del simbolismo inteso dall autore, in base al quale il numero sette indica una totalità, il messaggio vale per le assemblee liturgiche di ogni luogo e di ogni tempo. Ogni comunità può applicare e adattare alla sua situazione concreta gli imperativi di Cristo che vi si trovano nel messaggio. Ugualmente, i dettagli riguardanti le singole chiese saranno, in questa prospettiva, applicabili, mediante il simbolismo che li universalizza, a tutte le assemblee ecclesiali, di ieri, di oggi e di domani. Vediamo in dettaglio quello che all assemblea liturgica è richiesto di fare. 13 Il rapporto simbolico del fuoco con la trascendenza appare chiaramente in una definizione che Dio dà di se stesso in Dt 4,28: Perché Yhwh tuo Dio è un fuoco divoratore. 14 L autore allude qui alla potenza del sole come è presentata in Sal 19,

12 Lo schema delle Lettere è costituito da sei elementi che si susseguono: L indirizzo: All angelo 15 della Chiesa scrivi. L auto presentazione con cui Cristo risorto che parla si qualifica alla Chiesa: Così parla colui che. Giudizio valutativo sulla Chiesa alla quale Cristo si sta rivolgendo: Conosco le tue opere. Alla valutazione segue un esortazione particolare, che inizia con il primo imperativo che incontriamo dopo la valutazione: Convertiti. Segue un secondo imperativo, ripetuto sette volte con le stesse parole: Chi ha orecchio ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese. Una promessa fatta da Cristo al vincitore: a chi vince darò. Alla fine di questa trafila le sette Chiese, tutte diverse tra loro come livello morale di partenza, si trovano ugualmente in grado di accogliere un ulteriore imperativo di Cristo: quello che riguarda l ascolto dello Spirito. I cristiani allora, raggiunti da questa forza trasformatrice di Cristo risorto, saranno in grado sia di vincere assieme a lui, sostituendo il sistema terrestre con il sistema di Cristo nella storia, sia di ascoltare e interpretare il messaggio dello Spirito, che, seguendoli passo dopo passo, mostrerà loro come dovranno interpretare la storia in cui vivono, per prendere poi in maniera adeguata e tempestiva le loro decisioni operative di collaborazione con Cristo. Lo Spirito parlerà alle sette Chiese nella seconda parte dell Apocalisse, indicando loro, attraverso i quadri simbolici che saranno presentati, come interpretare la storia in cui vivono, per partecipare alla vittoria che Cristo sta già riportando sulle forze ostili organizzate nella storia. Le Chiese saranno vittoriose assieme a Cristo. 15 Nel quadro simbolico, l angelo, non appartiene alla realtà terrestre ma trascendente. Pertanto l espressione: All angelo della Chiesa di Efeso, Smirne, ecc simboleggia la Chiesa stessa nel suo duplice movimento terrestre (Chiese storiche e geografiche dell Asia Minore: Efeso, Smirne, Pergamo ecc..) e trascendente (rappresentata dalla figura dell angelo). La Chiesa di Efeso o di Sardi è una chiesa storica ma destinata a una vocazione trascendente. Il suo cammino inizia in una Chiesa pellegrinante, ma si concluderà non a Efeso o a Sardi ma in una sfera di trascendenza, nella risurrezione. 12

13 5 LETTERE ALLE SETTE CHIESE (2,1 3,22) Lettera alla Chiesa di Efeso. Cristo risorto, dopo aver preso contatto con la Chiesa, si presenta e si qualifica di fronte ad essa: Così dice colui che tiene le sette stelle nella sua destra e cammina in mezzo ai sette candelabri (2,1b). Cristo ha saldamente nella sua destra la vocazione trascendente delle sette stelle (le Chiese) e cammina in mezzo ad esse (i sette candelabri si identificano con le Chiese stesse 1,20). La Chiesa ha la vocazione alla trascendenza e Cristo non permetterà mai alla Chiesa di identificarsi o di stabilizzarsi nella storicità. Non permetterà ad essa di identificarsi con uno storicismo senza prospettive. Cristo avendo in mano la sua Chiesa, le parla, la purifica, la stimola a camminare verso un futuro che egli promette e che costituisce il suo disegno più grande. L energia con cui Cristo Risorto possiede la Chiesa, tenendola in mano, farà sì che essa raggiunga la sua mèta luminosa nella Gerusalemme nuova, farà sì che essa possa trasformare la sua identità storica in un processo di rinnovamento che non avrà termine. L identità di ogni Chiesa nel presente e nella storicità, come di ogni persona del resto, è fatta di lacune e di ombre, di luce e di tenebra, queste realtà saranno eliminate ma ora devono essere superate con l energia proprio del Risorto. Cristo comunica la sua vita di Risorto alla Chiesa che ha in mano e mantiene con forza questo dono e sul quale non intende indietreggiare. Cristo si è impegnato per noi, e noi possiamo confidare nella sua mediazione, il Cristo nel candelabro (nella Chiesa) non è un Cristo statico, ma è un Cristo che cammina in mezzo, che si muove. Dopo questa presentazione che egli fa di se stesso, segue il giudizio valutativo sulla Chiesa ( conosco le tue opere 2, 2-4). Questo giudizio mette in risalto la funzionalità efficiente della Chiesa. Quella di Efeso è una Chiesa attiva, una Chiesa che ha affrontato e superato tante difficoltà da parte dell ambiente, una Chiesa fedele, una Chiesa che ha saputo fare anche le sue scelte di fronte ad alternative dubbie, come quella dei Nicolaiti 16. Ma questa Chiesa tanto lanciata in avanti ha un punto debole, un virus che rischia di intaccare tutto il suo sistema: ha lasciato venir meno quel livello ottimale di amore verso Cristo con il quale aveva cominciato il suo cammino cristiano. Il discorso che Cristo le rivolge non potrebbe essere più esplicito: Ho contro di te che hai abbandonato il primo amore (2,4). Cristo si esprime nella forma particolarmente provocante di uno dei due fidanzati che dice all altro: Non mi ami più come prima. Cristo richiede alla Chiesa un amore ottimale, un primo amore che, sulla linea dell amore tra Dio e il suo popolo idealizzato nel deserto 17, ha la freschezza e la radicalità di un amore da fidanzati, è tanto forte e tanto imperioso da diventare per la Chiesa una questione di vita o di morte. Non c è alternativa: o la Chiesa recupera questo livello ottimale di amore, o corre il rischio di cessare di essere Chiesa. L esortazione imperativa, che, come di consueto, segue la valutazione ( Ricorda convertiti fai 2,5a), ribadisce l importanza irrinunciabile di un recupero immediato. Agli interrogativi che, se vengono accettati, sono in grado di trasformare subito la Chiesa, con un effetto di tipo sacramentale, viene aggiunta la prospettiva del rischio che la Chiesa corre, qualora questi 16 Corrente gnostica, che insegnava ai cristiani che potevano mangiare le carni immolate agli idoli e soddisfare le opere della carne. 17 L espressione primo amore richiama il periodo del fidanzamento tra Dio e il popolo ebraico che viene situato nel deserto. Particolarmente esplicito a questo proposito è Osea: Perciò, ecco, la attirerò a me, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore. Lì canterà come nei giorni della sua giovinezza, come quando uscì dal paese d Egitto. Ti farò mia sposa per sempre; ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto nella benevolenza e nell amore, ti fidanzerò con me nella fedeltà, e tu conoscerai il Signore (Os 2, 16-22). 13

14 interrogativi rimarranno inascoltati: Se non ascolterai, verrò presto a te e rimuoverò il tuo candelabro dal suo posto, se tu non ti converti (2,5b). Questa prospettiva da brivido di una emarginazione che priverebbe la Chiesa (il candelabro) della sua identità è collegata direttamente con l amore. Al cristiano, che nel presente si impegna a collaborare con tutte le sue forze alla vittoria di Cristo, viene promesso da Cristo stesso un dono che avrà un risvolto escatologico: A chi vince darò da mangiare dall albero della vita che si trova nel giardino di Dio (2,7). Il riferimento all albero della vita e al giardino ci fa pensare all albero della vita della Genesi (Gen 2,9) e alla proibizione assoluta, dopo il peccato, di mangiarne (Gen 3,22). La vita trascendente, strettamente divina nel senso più forte, è un appannaggio di Dio, ma con Cristo risorto si ha una svolta sconvolgente. Egli, proprio in quanto risorto e possiede le chiavi della morte e dell ade (1,18), annulla la proibizione della Genesi e consente all uomo di accedere all albero della vita. Non solo. Ma è lo stesso Cristo risorto che darà da mangiare dell albero della vita all uomo. L albero è suo, lui ne dispone; l albero in un certo senso si identifica con lui. La vita escatologica che egli dona è una partecipazione alla sua vita divina che ha inizio già su questa terra. Lettera alla Chiesa di Pergamo. Il giudizio di Cristo sulla chiesa di Pergamo (2, 13-15), oltre all aspetto estremamente positivo di una chiesa che riesce a sopravvivere in un ambiente che le è particolarmente ostile fino alla persecuzione 18, mette in risalto l ombra di una negatività: dalla comunità viene tollerato, e forse addirittura guardato con interesse e simpatia, un gruppo di cristiani che vuole tentare un compromesso sincretistico inammissibile con il mondo pagano che lo circonda. Sono i cosiddetti Nicolaiti. Si tratta di una debolezza marginale come mette in risalto l espressione del giudizio di Cristo: Ho contro di te poche, piccole cose -, ma che deve essere eliminata. Anche a proposito di una piccolezza emerge, nell imperativo di Cristo che segue, l esigenza imprescindibile di un superamento immediato. Cristo ama la sua chiesa di un amore forte e dinamico: Convertiti dunque (2,16a). La frase ho contro di te (2,14a), è detta da Cristo, che preme sulla chiesa e fa scattare la logica della conversione. Per la chiesa è scontata l esigenza di una sintonia la più perfetta possibile con Cristo: dette e richieste da lui, anche le poche, piccole cose non possono rimanere tali. Si ha quindi una spinta di crescita. La chiesa, accogliendo l imperativo di Cristo, si apre coraggiosamente verso questo di più che le è chiesto. Nella promessa fatta al vincitore secondo lo schema letterario di ciascuna delle sette lettere egli intende stabilire con la chiesa un legame tutto particolare e che merita di essere considerato nei suoi dettagli: A chi vince darò in dono la manna, quella nascosta, e gli darò una pietra bianca, e sulla pietra un nome nuovo scritto, che nessuno comprende se non colui che lo riceve (2,17b). La manna che qui viene promessa è, con tutta probabilità, l Eucarestia. La manna infatti è nascosta, non nel senso di una sua irreperibilità materiale, ma nel senso che occorre scoprirne il 18 Nel giudizio che riguarda la chiesa, per ben due volte (2,13) viene messo in risalto che essa si trova a vivere dove c è il trono di satana, dove abita Satana, E un allusione al grande altare di Zeus, che, unitamente agli altri complessi edilizi pagani (l Asklepeion, il tempio di Diana, ecc ), doveva costituire per i cristiani un contesto minaccioso e impressionante. 14

15 vero significato, a prima vista nascosto. Nel IV Vangelo la manna è messa in rapporto con l Eucarestia, che costituisce il vero pane del cielo che Dio dà al suo popolo 19. L Eucarestia è un dono tutto particolare dell amore di Gesù. Nel contesto di questo amore, emerge un orientamento personale, che viene espresso con l immagine felice della pietra bianca. Il bianco richiama subito il contesto della risurrezione. Pertanto, la pietra è il dono proprio di Cristo risorto, dono che apporta una dimensione di risurrezione, cioè di vitalità, di amore. Questo amore, indirizzato alla Chiesa, si personalizza: a chi vince viene donata una pietra bianca, una pietra preziosa contenente un messaggio di amore. Il messaggio che vi è scritto sopra è costituito dal nome nuovo. Si tratta di quella costellazione di valori tutti improntati alla vitalità di Cristo, i quali, uniti insieme e sommati tra loro, costituiscono la nuova personalità del risorto che viene donata. La novità, come di consueto nell Apocalisse, è rapportata a Cristo che si dona e, in modo particolare, alla sua risurrezione. Potremmo dire che il nome nuovo è una personalità, una forma di valori da risorto. Tutto questo, da una parte, è collegato con il nome nuovo che è tipico di Cristo risorto 20 ; dall altra, esprime tutto quello che Cristo nel suo amore attivo chiede alla persona, rendendola capace di attuarlo. Quando il dono della pietra con il nome nuovo viene accettato con gioia e gratitudine, si stabilisce, tra Cristo che dona e il cristiano che lo riceve, una reciprocità ineffabile di amore. Solo Cristo e chi riceve il nome nuovo sono in grado di comprendere. Si realizza un intimità gelosa, che ci riporta al giro di amore proprio dei fidanzati. Lettera alla Chiesa di Sardi. La situazione della chiesa di Sardi, a differenza di quella rilevata nella chiesa di Efeso e di Pergamo, è di una gravità estrema. A quello che è il nome di vita, proprio della professione di fede cristiana e che Sardi mantiene, si contrappone una realtà di vuoto, addirittura di morte: Hai un nome di vivo e sei morto (3,1b). L imperativo di Cristo non è un tocco magico che risani dal di fuori e meccanicamente. Come nel caso di Efeso, anche qui esso tende a immettersi dal di dentro nella struttura della chiesa, rispettandone le caratteristiche e il ritmo di crescita. Il primo passo che questa comunità deve fare è: Divieni vigile. La chiesa si è lasciata andare e, portata com è da una inerzia pigra, sta scivolando in basso, senza rendersene conto. Ha bisogno di una scossa energica, che la svegli dal suo stato di torpore. Una volta che, scuotendosi, sarà emersa dal suo torpore, potrà rendersi conto della sua situazione e farne un bilancio. Potrà notare con sollievo che non tutto è perduto, anche se il rischio c è stato e perdura ancora. Docile al richiamo di Cristo, la chiesa non deve lasciarsi spaventare dalla sua situazione. Di fronte alla constatazione di una situazione morale tanto precaria, potrebbe essere facile chiudersi nel pessimismo sterile, del non c è più nulla da fare. In effetti, qualche cosa da fare c è. Pure in questa situazione di vuoto e di morte, esistono alcune gemme di vita, che però corrono anche il rischio di morire. 19 Disse dunque loro Gesù: Non Mosè vi diede il pane del cielo, ma il Padre mio vi dà il pane del cielo quello vero. Infatti, il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà al vita al mondo (Gv 6, 32-33). Questa precisazione da parte di Gesù si inserisce nel suo tentativo di portare i suoi ascoltatori a scoprire il senso profondo del segno da lui compiuto con la moltiplicazione dei pani (Gv 6,14.21). Partendo da un superamento della manna, si arriverà infine, nell approfondimento di Gesù pane vivo, a un riferimento chiaro all Eucaristica (Gv 6,51). 20 Il nome nuovo che qui viene donato si riferisce alla persona del cristiano, ma evoca spontaneamente il mio nome, quello nuovo, che Cristo si attribuisce (3,12). Non viene esplicitato in che consista questo nome nuovo. Tuttavia, tenendo presente Ap 1,17b-18 in cui Cristo, parlando in prima persona, dice: Io sono il primo e l ultimo e il vivente, si può fondatamente concludere che il nome nuovo che corrisponde a quello di Cristo mentre parla è la sua situazione di Risorto, con la pienezza di vita che comporta ( il vivente ) e la responsabilità della gestione della storia che ne consegue ( il primo e l ultimo nello sviluppo della storia della salvezza). 15

16 L imperativo di Cristo insiste allora sull esigenza di arginare il male, consolidando tutto quello che nella chiesa c è ancora di bene: Diventa vigile e consolida ciò che stava per morire (2,2a). Solo così, dopo essersi scossa dalla sua inerzia e aver rafforzato la vitalità di cui ancora dispone, la chiesa potrà risalire la china e ritrovare in pienezza la situazione morale positiva che corrisponde al suo nome cristiano: Ricorda dunque come accogliesti e ascoltasti, mantieniti e convertiti. Come per la chiesa di Efeso, anche per quella di Sardi si tratta di richiamare ripetutamente alla memoria la situazione iniziale. Ma non basterà un ripensamento derivante dalla condizione ottimale in cui la chiesa si trovava all inizio (come invece bastava alla chiesa di Efeso). Qui occorrerà riandare alla radice. La chiesa di Sardi dovrà ricordare la parola del Vangelo che era stata presentata, e come proprio lei aveva ascoltato e accolto tale parola. La chiesa aveva cominciato bene con un accoglienza positiva della parola di Dio. A un certo punto però la Parola che, ascoltata e accolta, l aveva costituita come chiesa, le è come sfuggita di mano, causando così la situazione attuale di vuoto e di morte. Occorrerà allora un contatto rinnovato con la Parola, attuato proprio con quelle modalità che avevano caratterizzato l inizio. In più occorrerà mantenere viva, operante senza dimenticare e senza attutire la forza d urto la Parola ascoltata allora. A questo punto inizierà, in senso pieno, la conversione della chiesa. L imperativo convertiti, posto com è dopo gli altri due che abbiamo esaminati prima, da una parte li contiene tutti e due e li riassume in sintesi: il risveglio della chiesa, il suo primo impegno di salvare il salvabile e l impegno successivo di ripensare alla sua accoglienza della parola di Dio e a riviverla, mantenendola in caldo, richiedono già una decisione presa che rompe con il passato. Una volta che questi imperativi sono accolti e attuati, c è già una certa conversione. Ma, d altra parte, posto com è alla conclusione, questo imperativo apre anche una pista da percorrere ulteriormente: la conversione si affaccia sul futuro. Rinnovata, la chiesa potrà progredire nella sua vita cristiana. La conversione piena non si limita al recupero di una situazione positiva realizzata, ma lancia dinamicamente la chiesa verso il nuovo e il di più. La sequenza degli imperativi è resa più incisiva da una prospettiva di minaccia. Minaccia che assume una coloritura tutta particolare: si avvererà in ogni caso. Si tratta infatti dell ultima venuta, che si realizzerà all interno della storia, ma che avrà tutta l imprevedibilità di una sorpresa: Se dunque non vegliassi, arriverò come un ladro 21, e non cercare di conoscere in quale ora arriverò a te (3,3). La vigilanza della chiesa non impedirà certo la venuta, ma le eviterà di trovarsi come è adesso fuori fase rispetto a quella trasformazione rinnovata di tutta la realtà sotto il segno dei valori di Cristo che la caratterizzerà. Colui che si converte e vince non sarà cancellato dal libro della vita. Qual è il simbolismo di questo libro? La vita delle singole persone si trova scritta in un rotolo, in un libro che appartiene a Cristo-Agnello. 21 L immagine usata del ladro nella notte che, nei vari strati della tradizione primitiva che essa ha percorso (Mt 24, 43-44; Lc 12, 39-40; 1 Ts 5, 2-4; 2 Pt 3,10; Ap 16,15), si riferisce alla seconda venuta di Cristo, esclude che si tratti qui di un assalto improvviso alla città di Sardi. La sua ubicazione geografica lo facilitava, ma l Apocalisse non si interessa di fatti concreti di questo genere. 16

17 La prima menzione di questo libro misterioso la troviamo proprio nella lettera a questa Chiesa: Così colui che vince sarà avvolto di vesti bianche e non cancellerà il suo nome dal libro della vita e riconoscerò il suo nome davanti al Padre mio e davanti ai suoi angeli (3,5). Il vincitore il cristiano che in questa vita collabora alla vittoria di Cristo sul male concretizzato nella storia sarà avvolto nella risurrezione di Cristo, simboleggiata dalle vesti bianche; gli spetterà la vita escatologica programmata per lui, e Cristo sempre a livello escatologico, riconoscerà per lui tutto questo davanti al Padre e davanti agli angeli. La vita ultima che Dio nella sua trascendenza progetta e desidera per tutti noi è proprio quella della Gerusalemme nuova, che appartiene a Cristo-Agnello, al Crocifisso risorto, come sua prerogativa. Possedere questa vita non è un fatto automatico. L iscrizione nel libro è in parallelo con la risposta dell uomo, che di fatto potrebbe anche farla cancellare. La scelta di appartenere al sistema anti-cristiano, fatta nell immanenza della storia terrestre, ha un suo risvolto nella trascendenza: la mancata iscrizione del nome e la sua cancellazione. In base alla condotta negativa degli uomini si ha un effetto che tocca la trascendenza e ne dipende: l assenza del nome dal libro della vita. Lettera alla Chiesa di Tiàtira. Nel giudizio che esprime sulla Chiesa di Tiatira, Cristo rimprovera che nell ambito della Chiesa stessa sia permessa l attività della donna Gezabele (2,20). Si tratta di una donna che si qualifica profetessa ; una donna che svolge, sempre nell ambito della chiesa, un suo insegnamento e ha un suo seguito, dei figli (2,23). Il giudizio che l autore dà sull attività di Gezabele è negativo: l insegnamento della profetessa è fuorviante, perché comporta una contaminazione con l ambiente pagano. La negatività di questo giudizio appare anzitutto dal fatto che il nome reale della profetessa è stato sostituito da quello di Gezabele, la moglie fenicia di Acab, nota e biasimata nell Antico Testamento per avere introdotto pratiche cultuali e immorali nel regno del nord (1 Re 16,31; 2 Re 9,22). Inoltre, tutta la vicenda della profetessa è introdotta con le parole: Ho contro di te (2,20a) che, messe in bocca al Cristo risorto, appaiono inequivocabilmente negative. Questa negatività viene confermata e appesantita dal seguito del discorso: Gezabele fuorvia - qui è ancora Cristo in prima persona che parla - i miei servitori, inducendoli a commettere impudicizie e a mangiare le carni immolate agli idoli (2,20b). Questa donna è ostinata, i suoi discepoli commettono adulterio con lei (2,22). Il movimento che ella suscita è talmente grave da provocare, sia per lei personalmente sia per i suoi discepoli ( i suoi figli 2,23a), un intervento severo di Cristo, peraltro non precisato nelle sue modalità, ma che risulterà esemplare per tutte le Chiese (2,23b). Da notare che, anche se parla di Gezabele come di istigatrice di impudicizia e la colloca in un contesto di adulterio, l autore non intacca di fatto la femminilità della protagonista. Le espressioni che egli usa commettere impudicizia (2,20); coloro che commettono adulterio con lei (2,22) hanno un valore simbolico: sulla scorta di un uso anticotestamentario ampiamente documentato, esse indicano l abbandono di Dio da parte del suo popolo. Partecipando alla consumazione delle carni immolate agli idoli, i cristiani rischiano di abbandonare Dio e di cadere nell idolatria. Lettera alla Chiesa di Laodicea. Questa lettera è l ultima nella serie del settenario, e quindi ha anche la caratteristica di un messaggio conclusivo. L ultima delle chiese nelle quali riscontriamo una situazione morale negativa e che occorre cambiare con urgenza, è la chiesa di Laodicea. Il giudizio valutativo che Cristo risorto esprime su questa Chiesa è sconcertante: Conosco le tue opere: non sei né freddo né caldo! Magari fossi freddo o caldo! Così, poiché sei tiepido e non sei né freddo né caldo, io sto per rigettarti dalla mai bocca (3, 15-16). 17

18 Questo è un modo di parlare che sorprende anzitutto per la sua crudezza. Ma c è anche il paradosso evidente, proprio dell estremismo dell amore tra due fidanzati: il caldo e il freddo sono da rapportarsi a livello di amore. Di fronte a questo stato intermedio di un amore che c è ma non decolla, quale è la tiepidezza, la reazione istintiva è quella di una nausea, che porta a preferire una mancanza assoluta di amore. Dietro a questa affermazione c è la logica, tipica di chi è innamorato, del tutto o niente. Questa Chiesa si crede perfetta, già arrivata: dice a se stessa di essere ricca, di non aver bisogno di niente (3,17). Si tratta di una illusione penosa. E Cristo risorto con il linguaggio estremista, proprio dell amore, fa rilevare alla chiesa quella che è la sua verità: Tu non sai che sei miserabile, che fai pena, che sei povero, cieco e nudo (3,17b). Il giudizio è spietato, ma come nelle altre lettere che abbiamo esaminato, ha un intenzionalità costruttiva. Motivato dall amore, deve essere recepito dalla chiesa sulla stessa lunghezza d onda dell amore. Riappare qui l elemento tipico del primo amore, dell amore che ha tutta l idealità e le caratteristiche estremizzanti di un amore di fidanzamento: Io tutti quelli che amo li metto in crisi e li educo: sii fervente dunque e convertiti (3,19). L amore di Cristo per la chiesa non è una tenerezza debole. Ha tutta la forza impetuosa e la freschezza dell amore tipico del fidanzamento. Proprio perchè ama, Cristo sconvolge con il suo giudizio ed esercita verso la chiesa la funzione pedagogica che Dio svolgeva nell Antico Testamento per il suo popolo. In questo contesto acquista rilievo l imperativo tipico: Sii fervente. Tenendo presente il valore preciso di questo termine, possiamo dire che si tratta di un risveglio di amore che, superando il ristagno in cui la chiesa si trova, arrivi a un livello che abbia la vivezza pungente della gelosia. Questo amore ravvivato e ardente non deve limitarsi a una fiammata di un momento. Il verbo usato indica con chiarezza la continuità di una situazione che si deve stabilizzare. Il tono di Cristo, con quella flessibilità propria del linguaggio amoroso, diventa diverso, e la repulsione si trasforma in tono accorato: Ti consiglio di comprare da me dell oro incandescente che esce dal fuoco, perché tu ti arricchisca (3,18a). L oro infuocato è chiaramente simbolo di un amore che arriva al massimo di temperatura, visto che si tratta dell oro proprio nel momento in cui è tolto dal fuoco, senza che ci sia neppure un minimo di raffreddamento. E l oro è simbolo di amore che tocca addirittura il livello di Dio 22. Questa comunità ha anche bisogno di collirio per ungersi gli occhi e recuperare la vista. Per poter veder bene, gli occhi malati vanno plasmati con il collirio. Qui gli occhi sono intesi, in senso metaforico, come la capacità di percepire una realtà di ordine morale, e il collirio necessario per poter vedere si riferisce al dono dello Spirito. Da accorato il linguaggio di Cristo che parla si fa delicato, assumendo addirittura toni di tenerezza: Io quelli che amo, li metto in crisi e li educo. Dunque, abbi un amore geloso e guarda in avanti. Ecco: sto in piedi alla porta e busso. Se uno ascolta la mia voce e apre la porta, entrerò da lui e cenerò con lui e lui con me (3, 19-20). Cristo rivela quella che è l intenzionalità profonda del suo atteggiamento, e anche del suo linguaggio. Egli ama davvero la Chiesa, e per questo non le perdona, non le risparmia delle debolezze e la stimola con tutta la sua forza pedagogica. Essa gli sta a cuore, ed egli lo sottolinea con due imperativi che, recepiti dalla Chiesa, tendono a trasformarla in quello che esprimono. Cristo esige dalla Chiesa un amore geloso, proprio dei fidanzati, com è il suo, e la stimola a non ripiegarsi su se stessa, a non ristagnare in un amarezza pessimista, ma a guardare in avanti. Poi, reinterpretando un espressione del Cantico dei Cantici (5,2), Cristo si presenta con una delicatezza sorprendente, che sfiora addirittura la timidezza: sta alla porta, bussa, ma non forza la porta. Essa si apre soltanto dall interno. E sarà iniziativa propria della Chiesa, del cristiano, aprirgli 22 L oro nell Apocalisse è come il metallo di Dio. 18

19 gioiosamente la porta. Si stabilirà allora un intimità conviviale, che allude in trasparenza all Eucarestia. Riassumendo, possiamo dire che l amore che Cristo porta con la sua benevolenza, con la sua grazia, è un amore particolarmente esigente e coinvolgente. Esso entra con tutta la sua forza prorompente nell ambito della Chiesa. Cristo vuole davvero una chiesa che provi ad amarlo con quella intensità con cui egli stesso la ama. Riflessioni conclusive Il contesto dell Apocalisse, remoto e immediato, punta tutto verso l Eucarestia, presente più volte sotto forma di allusioni simboliche. L esperienza che l assemblea liturgica sta portando avanti, inquadrata nel giorno di domenica (1,10), ripercorre le 3 fasi proprie della celebrazione liturgica: confessione dei peccati (o atto penitenziale), ascolto delle letture bibliche ( o liturgia della Parola), e celebrazione eucaristica. La prima fase avviene nella prima parte dell Apocalisse, e precisamente nelle lettere alle Chiese (2,1 3,22). La seconda fase, la troviamo all inizio della seconda parte del testo, e precisamente nell ascolto dello Spirito. Manca la celebrazione eucaristica, che qui, come nel IV Vangelo, non sarà descritta, ma a cui sarà aperta una porta. L Eucarestia, data in dono come acqua della vita (22,17), animerà tutta l esistenza del cristiano, estinguerà la sua sete di bene e lo farà vivere attivamente anche al di sopra della morte fisica la prima morte 23 -, nell ambito della storia della salvezza che si svolge. Accanto a Cristo, risorto per mezzo dello Spirito, prendendo parte all Eucarestia anch essa realizzata dallo Spirito -, il cristiano, protagonista della prima risurrezione e in preparazione alla seconda, potrà condividere con Cristo stesso lo slancio di vita e di amore che gli permette di salvare il mondo. 23 L Apocalisse parla di prima e seconda morte (2,11; 20,6.14; 21,8), ma anche di prima e seconda resurrezione. La prima morte, che l autore non nomina esplicitamente in questi termini, ma che presuppone nel suo ragionamento, è quella che l uomo incontra e conosce. La seconda morte (20,6) è la scomparsa definita del Demoniaco, dei re della terra, delle due bestie e di Babilonia è quella che noi chiamiamo morte eterna, opposta alla morte corporale. La prima risurrezione è la partecipazione al regime di Cristo su questa terra per far avanzare il suo regno. La seconda risurrezione è la partecipazione definitiva nella Gerusalemme nuova. 19

20 6 SVILUPPO LETTERARIO DELLA SECONDA PARTE DELL APOCALISSE Con l inizio della seconda parte (4,1-22,5) Giovanni ritorna protagonista diretto del racconto. E sempre la voce di Cristo che lo invita a salire al cielo: Sali quassù, per poter leggere, dal punto di vista della trascendenza divina, cioè dal suo punto di vista i fatti che devono accadere (4,1) nella storia. Non si tratta di prevedere sulla linea del tempo la cronaca degli avvenimenti, ma di interpretare gli avvenimenti che accadranno alla luce della trascendenza. Nella visione Giovanni vede una porta aperta nel cielo. E un verbo al participio passato attivo: questa porta è aperta da Cristo e rimarrà aperta per sempre. Cristo Risorto uscendo dal sepolcro e facendo il suo ingresso nella trascendenza di Dio ha dato anche all uomo la possibilità di entrare nella sua trascendenza. Il cielo, che nella vecchia cosmologia separava Dio dagli uomini, ora si apre completamente attraverso una porta che Cristo per primo ha inaugurato con la sua risurrezione, in questo modo ha eliminato una volta per sempre la separazione tra cielo e terra. Così la storia va verso la trascendenza, verso il superamento dell attuale immanenza, alla fine non ci sarà più distanza tra cielo e terra, ma una sola grande famiglia che abiterà un unica grande città: la Gerusalemme nuova. Da questo alto punto di osservazione il Cristo glorioso promette: Ti mostrerò le cose che devono accadere in seguito. Il verbo mostrare in greco significa ti farò capire ciò che dovrà accadere in seguito, in modo che mettendoti dalla parte di Cristo sarai in grado di leggere in profondità le cose che devono accadere, cioè gli avvenimenti della Storia. L assemblea in ascolto è chiamata a interpretare, a capire nel suo vissuto questo progetto. E guardando a Cristo risorto che dovrà fare una lettura sapienziale, interpretativa del presente. E l Apocalisse ci fornisce tre piste di interpretazione della storia. 1. L Assemblea in ascolto deve fare una esperienza dal vivo della potente e travolgente signoria di Dio nella storia, qui espressa con una categoria simbolica dell : Uno seduto sul trono. Il trono esprime una sovranità assoluta nello svolgimento della Storia della salvezza. A forma circolare, c è una specie di assemblea intorno ad esso. Il Personaggio sul trono non è descritto, né si accenna ad un suo vestito, si dice solo che è seduto. Tutta la simbologia è presa dall Antico Testamento, in particolare da Ezechiele, e dal Salmo 103. L esperienza è visiva e uditiva: Vidi e udii. Questa potenza di Dio si è manifestata in primo luogo nella Risurrezione di Gesù: Questo Gesù Dio l ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni (Atti 2,32). Qui c è il verbo al passivo (teologico): E stato risuscitato, il sepolcro è stato aperto da Dio. Quella umanità glorificata di Cristo è pervasa di divinità. Dio aprendo quel sepolcro ha fatto di Cristo il vincente irreversibile. Questo evento del Cristo Risorto, in secondo luogo, è premonitore di ciò che succederà anche a noi, lui è il Primogenito, noi veniamo dietro di lui. Sull albero nuovo del Regno, il Risorto è il primo frutto maturato, ma adesso arrivano tutti gli altri: il tempo (kairòs) è maturo. Allora Dio invita la comunità a fare un esperienza nuova di lui: Vieni che ti mostro dal vivo ciò che sta succedendo nella storia. Dio invita la comunità a leggere la storia in modo nuovo per scoprire la presenza di Colui che sta agendo nel presente. Dio non è morto e l uomo non ha mezzi per espellerlo. Dio sarà sempre l agente determinante della Storia, e la comunità deve prendere coscienza di questa realtà per saper accettare anche i conflitti incomprensibili che si svolgono nel tempo. Dio seduto sul trono ha nella mano destra (la destra è la mano della forza, anche Cristo teneva nella mano destra le sette stelle, la Chiesa), un rotolo, è un libro non ancora aperto. Ed è scritto dentro e fuori, cioè non ci sono pagine vuote dove l uomo può scrivere, è già tutto scritto, l uomo può solo leggerlo e tradurlo. 2. Dio è presente nella Storia e ha un progetto inaccessibile, il libro è avvolto e sigillato, con sette sigilli è al massimo della inaccessibilità. Dio solo possiede il senso della direzione della Storia. L uomo non riesce a capire gli enigmi della storia, allora piange e si dispera. 20

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