STORIA TRENTINA TRATTA DA SITO DELL'ASSESSORATO ALLA CULTURA DELLA PROVINCIA DI TRENTO

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1 STORIA TRENTINA TRATTA DA SITO DELL'ASSESSORATO ALLA CULTURA DELLA PROVINCIA DI TRENTO INDICE Dalla Preistoria all'epoca romana sulla base delle ricerche archeologiche nel Trentino Importanza dell'archeologia nello studio di un territorio Definizione di alcuni termini Importanza della datazione Nascita della cultura archeologica in Trentino La Preistoria Paleolitico Paleolitico inferiore Paleolitico medio Paleolitíco superiore Mesolitico Neolitico Neolitico antico Neolitico medio Neolitico tardo Introduzione all'età dei metalli: eneolitico o età del Rame Età del Bronzo Età del Ferro L'età romana I dati storici Il territorio Tridentum Il Trentino occidentale La Valle dell'adige La Val Lagarina La Val di Non Approfondimento: La tabula clesiana Il Trentino orientale Conclusioni L'evangelizzazione del Trentino. L'Alto Medioevo (IV-X secolo d.c.) L'evangelizzazione del Trentino Come impostare il problema Prime notizie sulla cristianità del centro urbano Biografia: San Vigilio Evangelizzazione del territorio rurale Santi e santuari Il Trentino dopo la caduta dell'impero romano. Goti e Longobardi Il regno dei Goti Rottura secolare dell'unità della penisola Occupazione del Trentino Alleanza franco-bizantina La presenza della Chiesa Ingrandimenti territoriali L'avventura del duca Alachi e la fine dell'autonomia 1

2 Strutture amministrative del ducato I Franchi ed il regno d'italia Le vicende politiche Il vescovo Manasse. Il Trentino nell'impero germanico Il Principato vescovile Il Principato vescovile dalle origini alla secolarizzazione ( ) Gli imperatori pongono i vescovi a guardia della via verso l'italia I vescovi di Trento e di Bressanone ricevono i poteri temporali Il potere dei vescovi si sviluppa all'ombra dell'impero Biografia: Federico Vanga Approfondimento: Collaboratori e concorrenti del potere vescovile: famiglie comitali, avvocati, ministerialità La crisi del potere vescovile e la nascita del Tirolo L'imperatore Federico Il pone a Trento un podestà Cresce la potenza dei Tirolo-Gorizia Si ristabilisce il potere vescovile Biografia: Margherita di Tirolo Biografia: Nicolò da Brno Trento e Tirolo sono oggetto del contendere sullo scacchiere europeo Approfondimento: La Chiesa di Trento nel medioevo Trento e Tirolo: l'alleanza obbligata Gli Asburgo diventano conti del Tirolo e impongono ai vescovi le "compattate" I vescovi Giorgio Liechtenstein e Alessandro di Masovia mettono l'alleanza in discussione Biografia: Giogio di Lichtenstein Approfondimento: La città, il territorio, i comuni rurali Dalle seconde "compattate " del 1454 al libello territoriale del 1511: la sovranità dei vescovi nel quadro del legame col Tírolo Biografia: Massimiliano I d'asburgo Bernardo Cles, il "secondo fondatore" del Principato vescovile Biografia: Bernardo Clesio Approfondimento: Quadro sincrono L'età dei Madruzzo Una dinastia al governo del principato Biografia: Cristoforo Madruzzo Biografia: Ludovico Madruzzo Trento conciliare: fra Italia e Germania, papato e impero I rapporti del principato con la contea del Tirolo Barocco tridentino La Controriforma nella diocesi di Trento La vita culturale e la festa barocca Biografia: Martino Martini I governi vescovili La contea del Tirolo nella seconda metà del Seicento Il Settecento: l'età delle riforme e la fine dell'antico regime Gli Asburgo, l'impero, il principato Antichi e nuovi contrasti politici nei governi vescovili del Settecento Il Settecento roveretano Biografia: Clementino Vannetti Il territorio trentino nel periodo francese: tra Austria, Baviera e Italia Biografia: Andreas Hofer 2

3 Il Trentino dall'età della restaurazione alla prima guerra mondiale Gli anni della restaurazione Il Trentino sotto la sovranità asburgica Biografia: Luigi Negrelli Le strutture amministrative Il consenso dei trentiní per l'ordinamento politico-amministrativo I rapporti stato-chiesa L'atteggiamento della popolazione ed il controllo politico La situazione economica Elementi di ripresa dell'attività culturale Il Biennio rivoluzionario e il breve periodo costituzionale ( ) Il Trentino di fronte al moto rivoluzionario ed al conflitto tra l'austria e il Regno sabaudo La deputazione trentina alle costituenti di Francoforte e Vienna-Kremsier I riflessi nel Trentino del periodo costituzionale Il neoassolutismo L'involuzione politica ed i controlli di polizia La guerra del 1859 e l'attività dei fuorusciti trentini Il Trentino di fronte all'unità d'italia Biografia: Francesco Giuseppe d'asburgo Il ritorno al sistema costituzionale Le istituzioni politiche e la lotta per l'autonomia Il nuovo ordinamento delle amministrazioni comunali La guerra del 1866 e il quadro delle trattative diplomatiche Il Trentino durante la guerra e nel dopoguerra Le leggi fondamentali del La laicizzazione dello stato e la chiesa trentina La presa di posizione dei liberali trentini La depressione economica La proposta di riforma elettorale per la Camera dei deputati e lo scontro fra centralismo e federalismo La nascita dell'irredentismo Dalla riforma elettorale del 1873 al cambio di secolo La deputazione trentina alla Camera di Vienna Biografia: Lorenzo Guetti La presenza alla Dieta di Innsbruck Le strutture amministrative: le riforme degli "statuti propri" di Rovereto e Trento L'irredentismo e la politica italiana La difesa nazionale nel Trentino Le condizioni economico-sociali Biografia: Giovanni Segantini L'età di Paolo Oss.Mazzurana L'organizzarsi dei partiti politici Dagli inizi del Novecento alla prima guerra mondiale L'attività dei deputati trentini alla Camera di Vienna I lavori dietali e la riforma elettorale provinciale La riforma elettorale del comune di Trento Biografia: Gianni Caproni La questione dell'università italiana in Austria e la lotta nazionale La cultura trentina a cavallo di due secoli Biografia: Riccardo Zandonai Le vicende del secolo ventesimo 3

4 La prima guerra mondiale e il Trentino Lo scoppio del conflitto ed il periodo della neutralità italiana Le trattative diplomatiche per la cessione del Trentino e l'entrata in guerra dell'italia Le operazioni militari sul,fronte trentino Biografia: Cesare Battisti La guerra e le popolazioni civili Approfondimento: Dal web Le iniziative politiche dei trentini in Italia e in Austria I governi provvisori del dopoguerra Il Governatorato militare Il Governatorato civile e la conservazione dell'ordinamento autonomo La ripresa dell'attività culturale Biografia: Fortunato Depero Il Trentino nel ventennio fascista L'avvento del fascismo I primi anni del regime Il consolidarsi del regime Gli anni neri dell'economia trentina L'antifascismo La cultura trentina nell'età del fascismo Biografia: Ettore Tolomei Il Trentino nella seconda guerra mondiale I disagi per una guerra considerata estranea Dalla caduta del fascismo all'armistizio I venti mesi dell'alpenvorland L'occupazione nazista e le popolazioni civili La resistenza Dal termine del conflitto allo Statuto d'autonomia La ripresa della vita politica e le istanze autonomistiche Biografia: Alcide Degasperi L'accordo Degasperi-Gruber e l'autonomia regionale Approfondimento: L'accordo di Parigi Il secondo dopoguerra e l'autonomia trentina Gli esordi dell'autonomia regionale L'impegno della Giunta regionale nell'opera di ricostruzione Il Trentino tra crisi politica e "miracolo economico" La fase della "conciliazione': due case sotto uno stesso tetto La posizione della Chiesa trentina La società trentina nell'età dei grandi mutamenti Biografia: Silvius Magnago Biografia: Enrico Pruner Verso un secondo statuto dell'autonomia: le due autonomie provinciali 4

5 Dalla Preistoria all'epoca romana sulla base delle ricerche archeologiche nel Trentino Importanza dell'archeologia nello studio di un territorio Definizione di alcuni termini Prima di proporre i temi di archeologia relativi al territorio trentino, è opportuno chiarire il significato di alcuni termini. La parola archeologia è stata già usata nell antichità, ma con un significato diverso da quello attuale. Dionigi di Alicarnasso (uno storico greco vissuto nel I sec. a.c.), ad esempio, la usava per indicare genericamente notizie sui tempi antichi. Successivamente il termine venne adoperato per indicare lo studio delle antichità greche e romane, prive di un contesto storico, finché nel Settecento Gioacchino Winchelmann la interpretò esclusivamente come studio dell arte classica. Nell Ottocento e fino alla seconda guerra mondiale si sono susseguite un archeologia esclusivamente filologica ed una esclusivamente storica. Ora invece l archeologia è considerata una scienza che cerca di ricostruire, attraverso il costante confronto (quando è possibile) con il documento o il dato storico, le civiltà antiche e la loro evoluzione, attraverso lo studio dei reperti affiorati negli scavi, talvolta fortuiti, condotti in vari territori, nonché attraverso lo studio di strutture architettoniche, prodotti artistici, iscrizioni, monumenti appartenuti alle civiltà antiche e giunti, magari in frammenti, fino ai giorni nostri. L archeologia è una scienza amplissima che viene distinta in molti settori: orientale, biblica, classica, cristiana, egiziana, precolombiana, medievale, industriale, ecc. Un particolare tipo di archeologia è quella preistorica, cioè la paletnologia che cerca di individuare e definire gli aspetti culturali che hanno caratterizzato lo sviluppo delle società umane prima della comparsa della scrittura. Oggetto di questo capitolo saranno: l archeologia preistorica, cioè la paletnologia, e l archeologia romana inerenti il Trentino. È importante notare prima di tutto che l ambiente naturale ha sempre avuto una particolare influenza sulla vita dell uomo, sulle sue attività culturali, sulla formazione delle società, ecc. È quindi importante conoscere esattamente le condizioni ambientali nelle quali sono vissuti gli uomini nell antichità e per fare questo è utile avvalersi di varie discipline: la geologia ad esempio, che studia la composizione e la struttura della crosta terrestre, permettendo così di conoscere l evoluzione di un territorio sin dalla sua origine (terreno vulcanico, sedimentario, presenza di ghiacciai, di laghi, fiumi, ecc.); la paleozoologia, la paleobotanica e la palinologia, che studiano i resti animali, vegetali e i pollini; la climatologia, che permette di risalire al tipo di clima presente nelle varie epoche. L antropologia e l etnologia, poi, danno la possibilità di conoscere rispettivamente l evoluzione fisica e culturale dell uomo sin dalla sua prima comparsa sulla terra, i suoi usi, costumi ed abitudini sotto molteplici aspetti, dal tipo di alimentazione, all abbigliamento, alla vita sociale, al tipo di sepoltura e di abitazione. La preistoria: con questo termine si suole indicare il periodo che precede la storia, quello cioè in cui non vi sono testimonianze scritte e che quindi si può conoscere solo attraverso lo studio dei manufatti e delle opere materiali dell uomo, l unico essere vivente che si è sin dall origine distinto da tutti gli altri per essere in grado di produrre strumenti finalizzati ad un determinato scopo. Nell Ottocento gli esperti europei hanno diviso la preistoria in tre età, ognuna delle quali è stata poi sottoposta ad ulteriori suddivisioni in base ai tipi di manufatti o alle caratteristiche proprie di un determinato gruppo umano. È da notare che tali distinzioni sono soltanto indicative perché non è possibile dividere cronologicamente in modo esatto i vari eventi, che spesso non sono avvenuti contemporaneamente in tutte le parti del mondo. Importanza della datazione Nell archeologia è molto importante datare i reperti, cioè tutto il materiale rinvenuto. Per fare questo è possibile basarsi su due diversi tipi di analisi cronologica: la cronologia relativa: indica se i reperti sono più antichi o meno antichi di altri, senza alcun riferimento agli anni; la cronologia assoluta: ad un reperto si attribuisce un età espressa in anni (x anni prima o dopo Cristo, o x anni dal presente). In tempi recenti si è scoperto un nuovo metodo per determinare la datazione assoluta, la cosiddetta datazione radiometrica, che si basa sugli isotopi radioattivi. Si tratta di atomi di uno stesso elemento che, essendo 5

6 instabili, emettono radiazioni fino a raggiungere una forma stabile. Uno degli isotopi più usati nella datazione radiometrica è il carbonio 14, isotopo radioattivo del carbonio normale 12. Il carbonio 14 si forma costantemente nella parte superiore dell atmosfera, successivamente si unisce all ossigeno dando origine all anidride carbonica, che viene assimilata dalle piante per mezzo della fotosintesi clorofilliana trasformandosi in composti organici. Il carbonio 14 si trova quindi anche negli animali erbivori e nei carnivori che si sono nutriti di essi. Anche negli esseri umani (che sono onnivori) una piccola quantità del carbonio presente è rappresentata dal carbonio 14. Il rapporto tra il carbonio 12 e il carbonio 14 rimane costante negli esseri viventi ma, quando un organismo muore, il carbonio 14 inizia a decadere riducendosi della metà ogni 5700 anni circa (tempo di dimezzamento). Perciò, nei reperti di origine organica (ossa, residui di legno, brandelli di tessuti, ecc.), è possibile stabilire il momento in cui è iniziato il decadimento del carbonio 14. Infatti, misurando il rapporto tra la quantità residua del carbonio 14 e il carbonio 12 presenti in un reperto, è possibile, con opportuni calcoli matematici, risalire al momento in cui l organismo è morto. Con il metodo del carbonio 14 la datazione non va oltre i anni. Per reperti più vecchi si prendono in considerazione gli isotopi radioattivi di altri elementi, ad esempio il potassio, il rubidio, il piombo, l argon, che hanno tempi di dimezzamento più lunghi. La datazione radiometrica è attualmente la più usata perché applicabile a reperti di diversa natura. Nascita della cultura archeologica in Trentino In Trentino l interesse per le culture presenti nell antichità è sorto piuttosto precocemente già tra gli studiosi del XVI secolo, raccolti alla corte dei principi vescovi. Nello stesso periodo in cui Andrea Palladio studiava i ruderi di Palestrina e di Roma, e Pirro Ligorio intraprendeva gli scavi nella villa di Adriano a Tivoli, nobili letterati trentini diedero vita ad un vasto collezionismo archeologico incentrato soprattutto sulla documentazione romana. Già durante il secolo precedente, d altra parte, si era andato sviluppando in tutta Italia un certo interesse per l antichità classica legato al desiderio di rintracciare esattamente sul territorio i luoghi dove si erano verificati eventi importanti citati nei testi antichi. Soprattutto nel XVIII secolo, in particolar modo in Val Lagarina e in Val di Non, si diffuse l interesse per la preistoria e per l indagine diretta sul territorio, anche se ancora allo stato embrionale. A ciò contribuì, tra l altro, l attività svolta dall Accademia roveretana degli Agiati sorta nel 1750 a Rovereto. Nel XIX secolo gli studi archeologici si intensificarono in tutta Europa ed anche in Trentino, dove talvolta sfociarono in vere e proprie discussioni, ad esempio tra il roveretano Bartolomeo Stoffella dalla Croce ( ) e il conte Benedetto Giovanelli ( ). Lo Stoffella infatti riteneva che i Galli Cenomani e non i Reti avessero abitato la regione durante l età del Ferro, mentre Benedetto Giovanelli era convinto che l origine etnica degli abitanti del Trentino durante l età del Ferro fosse retica e che i Reti avessero un origine etrusca. Nella seconda metà del secolo le numerose scoperte di vari siti archeologici, tra cui quello palafitticolo di Fiavè (1853), il ritrovamento della cosiddetta Tavola Clesiana, nonché il rinvenimento fortuito di reperti sia preistorici che romani su tutto il territorio, hanno contribuito sensibilmente ad ampliare le conoscenze relative alle popolazioni che hanno abitato il Trentino nell antichità. Negli stessi anni sono stati condotti anche molti studi toponomastici. Il glottologo Christian Schneller, nel 1866, interpretò molte iscrizioni rinvenute sul territorio come appartenenti al cosiddetto alfabeto- retoetrusco. Tra gli ultimi decenni dell Ottocento e i primi del Novecento indagini di particolare interesse scientifico sono state condotte da Paolo Orsi ( ). Nel XX secolo gli studi archeologici sono stati interrotti, in tutta Europa, solo durante i due conflitti mondiali e hanno acquisito caratteri sempre più scientifici. Lo scavo, spesso considerato in precedenza, dai non addetti ai lavori, una semplice caccia al tesoro, si è infatti trasformato in una raccolta sistematica di materiali, nel loro studio tipologico, in un esame dettagliato dei singoli siti. In Inghilterra si è inaugurata una moderna tecnica di scavo basata sulla stratigrafia, poi comunemente adottata dagli archeologi. Lo scavo stratigrafico consiste nel rimuovere, uno dopo l altro, gli strati di terreno che si sono via via accumulati. Essi si formano per sovrapposizione, in tempi successivi, di materiale incoerente, che ha raggiunto un certo spessore. Questo materiale può essersi accumulato su manufatti vari (abitazioni, tombe, ecc.) o semplicemente contenere oggetti o frammenti di oggetti appartenuti all uomo antico. Nel rimuovere gli strati bisogna tenere conto della loro reciproca posizione e considerare più vecchio lo strato (e quindi 6

7 anche i materiali in esso contenuti) che si trova al di sotto rispetto a quello ad esso superiore. Ciò è vero però solo nel caso in cui non siano avvenuti dei rimaneggiamenti degli strati, dovuti a forze naturali (cadute di frane, ecc.) oppure dovuti ad azione volontaria ma inconsapevole dell uomo (lavori di sbancamento, fondamenta di costruzioni, ecc.). Fino agli anni 60 un notevole contributo alla conoscenza della storia antica del Trentino è stato fornito dalle indagini archeologiche di Giacomo Roberti ( ). In quello stesso periodo e negli anni successivi sono state compiute moltissime ricerche. A Renato Perini si devono le indagini compiute ai Solteri e a Montesei di Serso, nonché alla palafitta di Fiavè- Carera e presso Ciaslìr del M. Ozol in Val di Non. È a Bernardino Bagolini che si devono alcune tra le più importanti ricerche paletnologiche compiute in Trentino negli ultimi 30 anni tra cui Riparo Gaban e il sito del Colbricòn, situato a 1920 metri di altezza nei pressi di S.Martino di Castrozza. Negli ultimi decenni sono stati fatti molti passi avanti anche grazie allo sviluppo di indagini preliminari fatte sul territorio. La fotografia aerea, in particolare, si è rivelata molto utile nello studiare rapidamente aree territoriali molto ampie come la Gran Bretagna e l Europa nord- occidentale. Grazie a questa tecnica e alla ricognizione del territorio, che consiste nel percorrere a piedi un area selezionata alla ricerca di reperti e strutture da poter annotare su di una carta topografica, si sono ampliate notevolmente le conoscenze archeologiche di tutta Europa. Anche in Trentino le indagini e gli scavi che vengono condotti dagli studiosi del Museo di Scienze Naturali e dell Ufficio Beni Archeologici permettono di individuare molti nuovi siti e di avere una conoscenza archeologica sempre aggiornata di tutto il territorio trentino. La Preistoria di Maria Raffaella Caviglioli Paleolitico Il Paleolitico è un periodo molto ampio, che occupa quasi tutta la preistoria, concludendosi soltanto intorno ai anni dal presente. Occupa il Pleistocene, cioè il primo periodo del quaternario o neozoico, l?era geologica attuale, interessata da 5 glaciazioni (Donau, Gunz, Mindel, Riss e Würm), durante le quali si sono avuti forti abbassamenti della temperatura media annua, che provocarono la comparsa di vaste aree ghiacciate sulle maggiori catene montuose e su ampie aree dei continenti e degli oceani. Tra una glaciazione e l?altra ci sono stati dei periodi interglaciali. Ciò ha determinato continui cambiamenti climatici con profonde alterazioni nella distribuzione della vegetazione e dell?acqua di superficie disponibile. Ad esempio, alle medie latitudini, gli interglaciali erano caratterizzati dalla diffusione di foreste boreali in zone precedentemente occupate da steppa, tundra e ghiaccio. Queste variazioni hanno chiaramente influito in modo determinante sulla occupazione o meno da parte dell? uomo preistorico delle varie aree geografiche. Il Paleolitico comprende varie fasi: il paleolitico inferiore, il paleolitico medio e il paleolitico superiore. Paleolitico inferiore Questo periodo è il primo del Pleistocene con cui inizia l era quaternaria. Non è ancora possibile fissarne dei limiti cronologici precisi, per quanto concerne il continente europeo, a causa della rarità dei resti umani e dei manufatti in pietra rinvenuti. Comunque le testimonianze più antiche risalgono a circa di anni fa, quando è attestata la presenza dell homo erectus, che quasi tutti gli studiosi considerano il primo rappresentante del genere umano, perché aveva una posizione completamente eretta e possedeva un cervello più grande dell homo habilis, il suo discusso predecessore, nel quale si iniziavano a vedere abilità di tipo umano come la capacità di rendere taglienti ciottoli fluviali (i cosiddetti choppers ) staccando, tramite un colpo apportato per mezzo di un altro ciottolo, alcune schegge su una o entrambe le facce.la presenza dell uomo primitivo in Europa è stata documentata in varie località; in Francia, ad esempio, importanti sono i ritrovamenti presso la Grotta di Vallonet a Mentone sulla Costa Azzurra. Per quanto riguarda l Italia, risultano interessanti le scoperte di Isernia la Pineta, in Molise, di Quinzano e di Monte Gazzo, nonché di altre località del Monte Baldo e della zona dei Lessini. In Trentino, per la presenza di ampie zone coperte dai ghiacci, è stato fatto solo qualche sporadico rinvenimento di manufatti in selce, attribuibili alla fine del Paleolitico inferiore o all inizio dell epoca successiva, presso il confine meridionale della regione, ad esempio al Passo Fittanze (1393 m.s.l.m.) a sud di Ala e al Passo di San Valentino, nei pressi di Brentonico (1300 m.s.l.m.). 7

8 La distribuzione dei siti (dei luoghi) in cui sono stati rinvenuti reperti paleontologici e manufatti di vario tipo, ha permesso di mettere in evidenza un carattere particolare dell uomo vissuto in questo periodo: il nomadismo. Gli uomini cioè erano abituati a vivere sfruttando le risorse naturali. Raccoglievano i frutti spontanei del terreno e cacciavano animali anche di grosse dimensioni. Quando i territori che frequentavano si erano impoveriti, li abbandonavano andando alla ricerca di nuove zone non ancora sfruttate. Tutto ciò nonostante fossero dotati di capacità intellettive tali da essere in grado di utilizzare il fuoco e, come è attestato a Northfleet, in Inghilterra, e a Ziegenhain, in Germania, di sfruttare in modo organizzato cave di pietre e minerali. Gli habitat preferiti dall uomo del paleolitico inferiore dovevano essere pascoli aperti con buone riserve di acqua e selvaggina. Oltre che nelle grotte, l homo erectus era abituato a vivere in strutture abitative artificiali, realizzate con materiali semplici ma resistenti come rami, frasche e pelli. In questo periodo l uomo era in grado di produrre strumenti e manufatti, non solo scheggiando la pietra, ma lavorando anche l osso, il legno e la selce, termine con il quale si indicano tipi di roccia sedimentaria costituita da silice, sotto forma di calcedonio, quarzo, diaspro. La selce è una fra le pietre più dure che permette però il distacco di schegge di varia forma e grandezza, mediante la percussione contro, ad esempio, una grossa pietra posata sul suolo, o contro uno strumento, opportunamente preparato, chiamato percussore. Nel corso del tempo accanto ai bifacciali realizzati anche con percussori teneri, di legno o di osso, compaiono strumenti scheggiati e ritoccati, particolarmente utili nella lavorazione della pelle, come raschiatoi, grattatoi, lame, punte, ecc. Sono stati rinvenuti anche strumenti litici realizzati attraverso una tecnica particolare, levalloisiana (da un giacimento presso Parigi), che consisteva nel predeterminare la forma voluta delle schegge da staccare da un nucleo, dando ad esso, anticipatamente, una forma ben precisa. Paleolitico medio Questo periodo ebbe luogo durante l ultima interglaciazione e la fase iniziale dell ultima glaciazione, cioè alla fine del Pleistocene, tra e anni fa. I numerosi cambiamenti climatici determinarono la discesa dei limiti delle nevi perenni e quindi anche della vegetazione d altura. L abbassamento del livello del mare in tutto il mondo, con la conseguente emersione delle piattaforme continentali, determinò l aumento del terreno sfruttabile dall uomo preistorico. In questo periodo è attestata la presenza dell Homo sapiens Neanderthalensis, il cui nome trae origine dalla località tedesca di Neanderthal, presso Düsseldorf, dove vennero fatti i primi ritrovamenti (1857). L uomo di Neanderthal è caratterizzato da una struttura ossea massiccia, un cranio ed un cervello piuttosto sviluppati, la fronte sfuggente e le arcate sopraccigliari ben marcate. La sua presenza è attestata in tutta Europa. In Italia sono stati fatti molti rinvenimenti in quasi tutte le regioni, ad esempio in Liguria (Grotta dei Balzi Rossi di Grimaldi) e nel Lazio (Monte Circeo). Molto più scarse sono le testimonianze nell area alpina, soprattutto nelle valli più interne, probabilmente rese impraticabili, a quell epoca, dalla presenza del ghiaccio. Nella regione atesina l uomo poté occupare siti posti ai margini delle Prealpi, in un ambiente interessato dalla steppa e dalla tundra, come dimostra l analisi paleoambientale compiuta, in particolare, presso la grotta delle Fumane, in Valpolicella. In Trentino, sono stati rinvenuti diversi strumenti in selce, ad esempio sull altopiano delle Viotte del Bondone (1600 metri di altezza) e presso la piana della Marcesina (nella zona dell altopiano di Asiago). I manufatti in selce, realizzati dall uomo del Paleolitico medio, possono essere attribuiti all "industria musteriana". Con il termine "industria" si indica il metodo di fabbricazione di oggetti vari, in questo caso litici. Con il termine "musteriana", si vuol fare riferimento ai manufatti litici trovati in una grotta francese, che presentano caratteristiche simili a molti altri trovati in varie località europee, nello stesso periodo, a cui quindi si è voluto dare un nome comune. I manufatti prodotti erano realizzati in diverse dimensioni ed erano ottenuti non solo attraverso la percussione diretta, come nel periodo precedente, ma anche ponendo fra il percussore e la pietra uno strumento intermedio, come fosse uno scalpello (percussione indiretta). Le risorse alimentari dell uomo del paleolitico medio si basavano ancora sulla raccolta di prodotti spontanei della terra, sulla pesca e sulla caccia, soprattutto di stambecchi, camosci, cervi, orsi, cinghiali, alci, mammut. In base ai rinvenimenti fatti fino ad ora, sembra che la caccia venisse intrapresa sia da singoli individui che 8

9 da gruppi, ma non ci sono prove dell utilizzazione di armi usate specificatamente per uccidere una determinata specie animale e nemmeno prove di uno sfruttamento selettivo di particolari specie. Anche durante il paleolitico medio, quindi, l uomo era nomade e viveva o in caverne o in ripari rocciosi oppure in strutture artificiali realizzate forse in legno con una sovrastruttura in pelle. Quest ultima ipotesi è stata formulata in base al rinvenimento di un recinto ovale di ossa di mammut entro il quale vi erano manufatti litici e resti di ossa, a Molodova I, in Ucraina. Paleolitico superiore Questo periodo, compreso tra i e i anni fa circa, è stato caratterizzato, in una prima fase, da clima rigido con inverni freddi e lunghi. Il ghiaccio occupava ancora l asse del Garda e dell Adige fino ad arrivare alle pendici meridionali del monte Baldo: emergevano solo le zone più elevate di questa catena montuosa e, più a nord, del Bondone e della Paganella. Tutta la valle dell Adige, quindi, all altezza delle attuali Trento e Rovereto, fino a 1500 metri di quota, era sommersa dal ghiaccio. Intorno a anni fa, durante il "tardoglaciale würmiano", è iniziato un sensibile miglioramento climatico che ha portato ad un graduale arretramento della coltre glaciale, che alla fine di questo periodo ha abbandonato i grandi alvei vallivi. Ciò ha determinato una serie di cambiamenti sia nella vegetazione che nella fauna. A basse quote, infatti, piante arbustive ed arboree hanno preso il posto della steppa e si sono diffusi i cervi, i caprioli e i cinghiali. Tali variazioni però non hanno determinato grossi cambiamenti nell economia dell uomo; in quest ultima fase del paleolitico è attestata la presenza dell Homo sapiens Cro- Magnon e dell Homo sapiens Grimaldi, i cui resti sono stati trovati in Italia presso la grotta dei Balzi Rossi, in Liguria. Egli continuò a cibarsi dei prodotti spontanei della terra e della carne degli animali che riusciva ad uccidere tramite la caccia. Soprattutto in quest ultimo ambito si verificò un miglioramento nelle tecniche create per impossessarsi delle prede, grazie all introduzione dell arco e delle frecce (i ritrovamenti più antichi, risalenti a / anni fa, provengono da Amburgo, in Germania), nonché dell arpione e del propulsore, che permetteva di scagliare la lancia con più forza e più lontano. Vennero anche creati nuovi dispositivi per la pesca, come l amo. Tutto ciò attraverso la realizzazione di una gamma di utensili molto ampia, come dimostra la presenza di diverse industrie litiche tra le quali quella "aurignaziana" e quella "epigravettiana", che si basavano soprattutto sulla tecnica del ritocco. I manufatti che venivano creati con maggiore frequenza erano le punte, che potevano essere immanicate all estremità di aste di legno così da fungere da frecce, per la caccia, oppure i perforatori, ottenuti rendendo appuntita una lama o una scheggia ed impiegati per forare l osso, il corno, le conchiglie, ecc. Per lavorare la pelle venivano poi usati grattatoi, raschiatoi, coltelli. In questo stesso periodo incominciarono ad essere realizzati anche manufatti in avorio. Il ritrovamento di strumenti molto simili ai moderni aghi da cucito, realizzati in osso, spinge anche a ritenere che gli uomini si confezionassero dei vestiti in pelle. Quest ipotesi è suffragata anche dal ritrovamento, a Sungir (a 210 chilometri a nord - est di Mosca), di una serie di perline disposte variamente sul suolo. Ciò ha permesso infatti di capire che a quell epoca esistevano diversi tipi di abiti, tra cui cappucci in pelle, giubbe, calzoni e mocassini. L uomo del Paleolitico superiore era solito trovare rifugio probabilmente nelle caverne, in ripari sotto roccia, ma anche all aperto, in strutture abitative artificiali opportunamente realizzate sfruttando legname, pietre, pelli e dotandole anche di focolari, talvolta complessi. In Trentino è stato possibile individuare molti siti riferibili a questo periodo, soprattutto lungo il sistema delle dorsali Monte Baldo- Stivo- Bondone - Paganella. Tra le zone di maggiore interesse vi è, anche per il Paleolitico superiore, l altopiano delle Viotte del Bondone (1600 m.s.l.m.). Qui, nel , sono stati raccolti diversi manufatti in selce, così come nelle vicinanze del lago di Andalo (1000 m.s.l.m.) e a Manzano di Mori. Recentemente, nel 1999, a Folgaria, in località Cogola, è stato individuato un sito con diversi focolari, selci e resti di fauna (orso e lupo), probabilmente frequentato da cacciatori. Anche presso il lago di Terlago (430 m.s.l.m.) sono state trovate testimonianze del passaggio di cacciatori epigravettiani e, in particolare, vi è la conferma che l uomo del Paleolitico superiore sapeva realizzare oggetti artistici. È stato infatti rinvenuto un ciottolo decorato con alcune linee parallele incise, probabilmente realizzate usando uno strumento chiamato bulino, che era ottenuto staccando da un pezzo di selce una scheggia alla quale veniva data la forma di uno scalpello, adatto a realizzare incisioni sull osso e sul corno. Presso il Riparo Dalmeri (a 1240 m.s.l.m., sul bordo settentrionale dell Altopiano di Asiago), in un insediamento sottoroccia, scoperto nel 1990, a due metri di profondità, oltre a manufatti in selce, punte di 9

10 osso, resti di fauna (stambecco, cervo, tasso, marmotta, pesci, ecc.), sono state riportate alla luce alcune conchiglie forate (columbella, cyclope) schegge di selce con graffiti. Quindi anche qui, come a Terlago, vi è la prova della presenza di un certo gusto artistico nell uomo vissuto alla fine del Paleolitico. Analoghe testimonianze, d altra parte, sono rintracciabili in molti altri siti italiani ed europei. Presso il riparo Villabruna, ad esempio, nella bassa Val Cismòn (Belluno), è stata rinvenuta una sepoltura con alcuni ciottoli decorati con pitture realizzate in ocra rossa. Presso riparo Tagliente (nella Valpantena, zona dei Lessini) sono stati raccolti due ciottoli con immagini graffite di un bisonte e di uno stambecco. Le pareti di varie grotte presenti sul territorio europeo, tra cui Altamira, in Spagna, Lascaux, presso Montignac, nella Francia sud-occidentale, o Font de Gaume nel Perigord, sempre in Francia, riportano varie pitture realizzate con ocra e carboni, rappresentanti per lo più animali. In Liguria, nella grotta dei Balzi Rossi, sono stati trovati, insieme a vari resti scheletrici, una collanina di conchiglie forate e un cranio coperto di ocra. La presenza di questo pigmento naturale su resti ossei potrebbe indicare non un elemento ornamentale, ma piuttosto la manifestazione di una qualche forma magicoreligiosa. A proposito dei Balzi Rossi, a conferma del nascere in questo periodo di un certo senso artistico e di un sentimento magico religioso, si deve accennare ai ritrovamenti di varie statuette antropomorfe. Si tratta delle cosiddette "Veneri" che rappresentano un tipo di donna in cui sono evidenziati gli attributi della femminilità: seni, fianchi e natiche. Queste ultime richiamano alla mente la steatopigía di un gruppo etnico dell Africa del sud, i Boscimano-Ottentotti. Oggetti del genere sono stati trovati in molte località europee (ad esempio a Willendorf in Austria) e costituiscono una chiara prova dell elevata capacità tecnica raggiunta dagli uomini preistorici alla fine del paleolitico, nonché dello svilupparsi di un notevole gusto artistico e un sentimento religioso. Queste statuine sono state infatti interpretate da molti studiosi come idoli legati al culto della fecondità. Mesolitico Intorno a anni fa (8000 a.c.), nella seconda fase dell era quaternaria, cioè durante l Olocene, il clima divenne più mite e costante, di conseguenza, per la prima volta, l uomo iniziò a svolgere una vita semi sedentaria, realizzando insediamenti a mezzacosta, vicino a laghi e torrenti, allo sbocco di valli, sui conoidi di deiezione, in prossimità del fondovalle, ancora occupato da acquitrini benché, già alla fine del Paleolitico superiore si fosse verificato il ritiro del ghiaccio che aveva occupato fino a quel momento le altitudini meno elevate. Nella scelta del luogo ove stabilire gli insediamenti, già in quest epoca l uomo prediligeva i siti più vantaggiosi per la caccia, la pesca, l uccellagione, la vegetazione da cui trarre nutrimento. Gli insediamenti erano ripari sottoroccia, resi più confortevoli probabilmente grazie a strutture realizzate con pali in legno, canne di palude, pelli di animali, come lasciano presumere i rinvenimenti di buche di palo e pietre poste intorno ad essi, forse per rinforzarli. Anche in questo periodo è attestata una grande varietà di manufatti in osso, corno (soprattutto punteruoli, aghi, punte e ami) e in pietra, appartenenti all "industria sauvetteriana" e "castelnoviana". Numerosi sono i manufatti litici caratterizzati dal fatto di avere dimensioni limitate, spesso pochi millimetri. Si tratta dei cosiddetti microliti di forma per lo più triangolare (generalmente triangoli scaleni), usati soprattutto per realizzare frecce e arpioni. Con il castelnoviano le tecniche di lavorazione di strumenti litici vanno perfezionandosi, dando origine ad elementi, di dimensioni sempre limitate, di forma trapezoidale. Questi erano spesso utilizzati come punte a tranciante per frecce. In Trentino sono stati fatti numerosi rinvenimenti, tra i quali anche sepolture, che testimoniano l abitudine, durante il Mesolitico, di deporre i defunti in posizione supina e senza elementi di corredo. Per corredo si intende l insieme di oggetti d abbigliamento, manufatti di uso quotidiano, elementi di valore simbolico che sarà presente nelle tombe di epoche successive fino a quella romana. Presso Vatte di Zambana, in un riparo sottoroccia, nel 1968 è stato rinvenuto lo scheletro di una donna di anni, deposta supina e parzialmente coperta di pietre. Un rinvenimento analogo è stato fatto nel 1995 anche a Mezzocorona, in località Borgonuovo. Al di fuori della sepoltura è stato rinvenuto un corno ed alcune mandibole di cervo con tracce di ocra rossa, forse riconducibili ad una qualche ritualità funeraria. Interessanti scoperte sono state fatte anche a Romagnano Loch, sulla destra Adige, a 7 chilometri a sud di Trento, e in un riparo sottoroccia alla base del Monte Bondone, dove sono stati raccolti molti strumenti in selce e conchiglie (76 columbelle, 2 cyclope, 2 dentalium). Presso Pradestel-Ischia Podetti, alla base dei Dossi di Terlago, a cinque chilometri a nord di Trento, sono state rinvenute 20 columbelle e 2 perline di cyclope; columbelle sono attestate, tra l altro, anche a Vatte di 10

11 Zambana, al Bus del la Vecia di Besenello, a Paludei di Volano e a Mezzocorona- Borgonuovo. Il fatto che queste conchiglie, forate per intervento di qualche parassita o intenzionalmente, siano state rinvenute in zone molto lontane dai luoghi d origine, dimostra, oltre ai contatti tra popolazioni lontane, il preciso desiderio dell uomo mesolitico di realizzare oggetti ornamentali; abitudine d altra parte, come si è visto precedentemente, già attestata durante il Paleolitico superiore. Anche presso Riparo Gaban, alla base del monte Calisio, a due chilometri a nord di Trento, sono stati recuperati vari oggetti artisticamente lavorati. Oltre ad alcune conchiglie di columbella e dentalium forate, è stato trovato un cilindretto in osso con decorazioni intagliate, un frammento di spatola, anch essa in osso e decorata, ed una statuetta (la cosiddetta "Venere del Gaban") intagliata in un corno di cervo, che ricorda le Veneri realizzate nel Paleolitico superiore. Molte scoperte riferibili al periodo in questione sono state fatte anche in zone situate ad altitudini piuttosto elevate dove un clima favorevole ha determinato l espansione di boschi di aghifoglie con conseguente diffusione del manto erboso anche a metri di altezza, ambiente ideale per stambecchi e camosci. Gli uomini mesolitici compivano, durante l estate, battute di caccia in montagna e realizzavano insediamenti temporanei, vicino a laghi e ruscelli, dove dimoravano per alcune settimane. Venivano sfruttati, se possibile, ripari sottoroccia o costruite strutture in legno, rami, pelli, in luoghi aperti. Presso il Passo del Colbricon (1930 m.s.l.m.), a 2,5 chilometri di distanza dal Passo Rolle è stato scoperto un sito in cui è possibile individuare 9 aree adibite allo svolgimento di diverse attività, quali lo squartamento degli animali cacciati, la lavorazione della pelle, dell osso, ecc. L intensa attività venatoria svolta in alta montagna doveva quindi essere un elemento caratteristico della vita dell uomo mesolitico, come dimostrano anche i ritrovamenti fatti presso la grotta di Ernesto, scoperta nel 1983, a 1165 metri di altezza, nella valle d Antenne, sulla fiancata nord-orientale dell altopiano di Asiago. La grotta si sviluppa per 65 metri ed è costituita da una galleria larga da 2 a 5 metri. Qui è stato rinvenuto un focolare di carboni, strumenti in selce, molte ossa di stambecco e di cervo. Neolitico Nelle terre emerse situate vicino all equatore, già intorno agli anni fa (9000 a.c.), si verificarono notevoli variazioni climatiche, caratterizzate dall aumento della piovosità. Ciò portò alla comparsa delle prime graminacee a grande seme, le antenate dei cereali: l orzo e il frumento. Nei territori orientali, corrispondenti alle attuali regioni del Levante, del Sinai e dell Arabia occidentale, i frutti di tali piante non vennero solo raccolti ma cominciarono ad essere seminati. In Siria, nella valle dell Eufrate, ad esempio, sono stati trovati resti di cereali molto lontani dal luogo in cui crescevano spontaneamente e a Gerico sono state individuate tracce di un particolare tipo di frumento, il Triticum dicoccum. Col tempo, intorno agli anni fa (6000 a.c.), forse in seguito a migrazioni, oppure attraverso scambi fatti tra popoli di volta in volta confinanti, la coltivazione di tali piante si diffuse in Occidente, giungendo nelle regioni dell attuale Europa. Nelle stesse zone, nello stesso periodo, si diffuse l addomesticamento del bue e degli equini e l abitudine a realizzare contenitori ceramici. È attestata anche la presenza di reti, panieri ed altri oggetti ottenuti mediante l intreccio, nonché la tessitura con fibre di lino. Comparvero anche i primi insediamenti stabili costituiti da strutture di forma circolare, e più spesso quadrata o rettangolare, realizzate con mattoni di argilla, nel vicino Oriente, e con il legno, in Europa, come dimostrano le numerose buche di palo rinvenute in molti siti riportati alla luce, ad esempio, in Moravia, Polonia, Germania e Italia. In Trentino, in particolare, presso il sito di La Vela (sulla destra dell Adige, poco a nord del Doss Trento), sono state individuate le tracce di abitazioni a pianta quadrangolare, di cui si sono conservate le buche di fissaggio dei pali in legno che ne costituivano la struttura portante. In questi villaggi primitivi, spesso costruiti vicino a corsi d acqua, si svolgeva una agricoltura sistematica che portò alla realizzazione di un attrezzatura specifica, anche attraverso la creazione di strumenti, come asce, martelli, scalpelli, macinelli, ottenuti, per la prima volta, levigando la pietra. Per questo motivo il neolitico prende il nome di età della pietra levigata, andando a distinguersi dal paleolitico, l età della pietra scheggiata. Neolitico antico Con la comparsa della ceramica nei territori europei, sono sorti ben presto diversi tipi di oggetti prodotti con questo materiale. Ciò ha portato allo sviluppo di vere e proprie culture. 11

12 La ceramica, quindi, grazie allo studio delle diverse forme e decorazioni, è diventata un indicatore importante per gli archeologi, "un fossile guida", per individuare le caratteristiche di una determinata cultura e per datare i vari reperti. È stato possibile così delineare i tratti essenziali della cosiddetta Lienerbandkeramik (cultura della ceramica a bande lineari), attestata in Europa centrale. Nei paesi che si affacciano sul Mediterraneo (Africa settentrionale, Italia, Francia, Spagna) è stata individuata la cultura della ceramica impressa o cardiale, dal nome della conchiglia, il cardium, con la quale venivano fatte le principali decorazioni. In Italia le testimonianze più antiche provengono dalle coste pugliesi (es. Manfredonia). Nell Italia settentrionale è stato possibile scoprire la presenza contemporaneamente di una serie di gruppi culturali. Si tratta del Gruppo di Fiorano, presente per lo più in Emilia, quello di Fagnigola, in Friuli, quello del Vhò, nella pianura padana e quello dell Isolino, nella zona di Varese. In Trentino, in particolare, si è sviluppato, intorno al 5000 a.c., il Gruppo del Gaban, che prende il nome dal riparo, sito nelle vicinanze di Trento, già menzionato per il mesolitico. Qui infatti, oltre a vari oggetti, tra cui alcuni artistici come una placchetta ossea a forma di pesce, è stata rinvenuta una tazzina carenata, dotata di una decorazione incisa, di bugnette plastiche sulla carena e di decorazioni sul bordo eseguite ad unghiate. Frammenti di ceramica con le medesime caratteristiche sono state rinvenute in molti siti del Trentino, ad esempio a La Vela, e anche in Alto Adige, a Villandro. Ciò dimostra che questa cultura era diffusa in tutta la regione. Sulla base dei dati fino ad ora a disposizione, si può ritenere che la sua origine sia dovuta ai contatti intercorsi tra le popolazioni mesolitiche locali e gruppi di uomini stabilitisi in Trentino, provenendo soprattutto dall area padana. Sono state rinvenute tracce di insediamenti, riferibili a questo periodo, in ripari sottoroccia, presso riparo Gaban, Romagnano, Pradestel, Moletta Patone (nei pressi di Arco). Pochi invece sono i rinvenimenti di insediamenti all aperto (tranne La Vela, già citato), mentre la montagna sembra essere stata scarsamente frequentata. Si pensa che l economia della popolazione del Gruppo del Gaban fosse ancora basata, tranne qualche eccezione (La Vela, Moletta Patone, dove è attestato l allevamento di capro-ovini), sulla caccia e sulla raccolta di frutti spontanei, radici, ecc. Dovevano esserci però molti scambi con altre popolazioni come dimostrano, ad esempio, i vari frammenti di vasi appartenenti alla cultura della ceramica impressa trovati presso riparo Gaban. Neolitico medio Intorno al 4700 a.c. si diffuse in tutta l Italia settentrionale una nuova cultura il cui elemento distintivo è rappresentato da vasi di ceramica con l orlo di forma quadrata. Si suole quindi definirla "cultura dei vasi a bocca quadrata" (cultura v.b.q.). Attraverso lo studio delle decorazioni presenti su questi vasi è stato possibile distinguere diversi stili poiché, in un primo momento, i vasi vennero decorati con motivi ottenuti combinando in vario modo delle linee rette (stile geometrico lineare). In un secondo momento invece vennero realizzate decorazioni nelle quali si preferivano alle linee spezzate bande di meandri e spirali (stile meandro- spiralico). Durante il Neolitico medio vennero abbandonati molti siti occupati in precedenza, tranne alcune eccezioni come Romagnano Loch, riparo di Moletta Patone, riparo Gaban. Sorsero molti nuovi insediamenti su qualche terrazzamento, come Garniga Nuova (750 m.s.l.m.), ma per lo più su conoidi alluvionali in vicinanza del fondovalle ed ebbero un notevole sviluppo quelli già presenti in queste zone come l insediamento di La Vela. Qui, in particolare, oltre ad un ampia attività pastorale, il ritrovamento di chicchi di orzo e frumento carbonizzati comprova anche un ampia attività agricola. In questo periodo si sviluppò, nella produzione di strumenti litici, la tecnica del ritocco foliato, che consisteva nel fare piccoli distacchi radenti su buona parte o sull intera superficie dello strumento. Il rinvenimento di sepolture, in particolare presso il sito di La Vela, ha permesso di stabilire quali fossero le caratteristiche dei riti funebri adottate durante il Neolitico medio. Sono state individuate tre diverse tipologie: sepolture senza alcuna protezione; sepolture a cista litica, cioè con il defunto posto in una cassa formata da lastre di pietra; sepolture con un recinto di pietre, entro il quale era posto il defunto. La presenza di una certa varietà nei riti funebri spinge a ritenere che vi fosse il desiderio di attribuire particolari onori agli individui che, all interno di una comunità, avevano svolto un ruolo di primo piano. Tutti i defunti, deposti rannicchiati sul fianco sinistro, con il capo rivolto a nord ed il volto ad oriente, potevano avere un corredo costituito da tazzine a bocca quadrata, braccialetti, collanine, conchiglie di 12

13 spondilus. La presenza, in alcune sepolture, di cinabro induce, per la sua somiglianza all ocra, a ritenere che venisse utilizzato con la stessa valenza magico religiosa con cui veniva usata l ocra già nelle sepolture paleolitiche. La presenza di conchiglie di spondilus, nonché di oggetti provenienti dall area nord alpina, è molto importante per comprendere l intensità dei contatti tra le popolazioni delle regioni a sud e a nord delle Alpi. Sicuramente però vi erano molti rapporti anche con popolazioni stanziate al di sotto del Po come dimostra, ad esempio, il ritrovamento, sempre presso La Vela, di ossidiana, probabilmente originaria di Lipari. Anche durante il neolitico è attestata la produzione di oggetti artistici. A riparo Gaban è stata trovata una figurina femminile stilizzata, ricavata da una placchetta d osso, che appare, come diceva Bagolini, "più un simbolo che un immagine". Al contrario le statuine femminili realizzate nel Paleolitico Superiore e nel Mesolitico presentano molto evidenziati gli attributi femminili con riferimento alla fecondità. Neolitico tardo In questo periodo, mentre si sviluppano nei territori dell Europa centro-occidentale nuove culture, che contribuiscono anche alla diffusione, nei territori dell Italia nord occidentale, della cultura di Lagozza, gli aspetti caratteristici della cultura dei vasi a bocca quadrata tendono a restringersi all area veneta ed atesina. Qui la decorazione ceramica meandro spiralica lascia il posto ad un nuovo stile caratterizzato dalla realizzazione di decorazioni, come triangoli o motivi a spina di pesce, ottenuti con incisioni ed impressioni, su vasi dalla bocca rotonda o più raramente con la bocca quadrata, ottenuta spesso slabbrando verso l esterno gli angoli della bocca. In questo periodo si assiste ad una diminuzione di insediamenti che vengono realizzati per lo più in collina, come il sito di Isera, presso la località ai Corsi e La Torretta (dove sono state individuate le tracce di tre capanne, su di un pendio situato a 250 metri di altezza), nonché a Covelo-Torlo, presso Terlago; generalmente in zone facilmente difendibili. Ciò sembra confermato dai ritrovamenti fatti in Val di Non, nei pressi di Cagnò (località Castelàz), che tuttavia non annoverano vasi a bocca quadrata. Sulla base delle attuali conoscenze sembra si possa concludere che durante la fase finale del Neolitico, tra le popolazioni presenti sul territorio trentino, si è verificata una profonda crisi economica e sociale con conseguente isolamento culturale rispetto alle popolazioni padano- venete e del resto dell Europa Introduzione all'età dei metalli: eneolitico o età del Rame Il passaggio dal neolitico all età dei metalli si compie gradualmente, senza brusche scosse, nelle culture umane. Il primo metallo utilizzato dall uomo, oltre all oro, è stato il rame, che veniva trovato allo stato nativo, cioè puro. A poco a poco oggetti in rame si sono infiltrati nelle industrie preesistenti, senza mutarne l aspetto. Quindi nell età eneolitica ci troviamo in presenza di un complesso culturale neolitico al quale si aggiungono alcuni strumenti di rame. Cronologicamente questa fase è iniziata intorno al 3500 a.c. e si è conclusa intorno al 2200 a.c., quando si suole far iniziare l Età del Bronzo. Probabilmente il rame è stato scoperto dall uomo casualmente in quanto è ipotizzabile che prima venissero usate le pietre che lo contenevano. Il colore, la lucentezza propria di questo minerale deve poi aver spinto l uomo ad estrarlo e a lavorarlo per semplice martellamento, prima a freddo e, in un secondo momento, a caldo. In seguito l uomo si e reso conto che, fondendo il rame e versandolo in stampi, era possibile creare diversi oggetti. In Oriente l estrazione e la fusione del metallo sono iniziate già prima del a.c. e solo in tempi successivi in Europa. Qui le prime zone di estrazione e lavorazione del rame, benché i dati raccolti siano ancora scarsi, sembrano concentrarsi nella zona balcanica e in quella danubiana. In Trentino la documentazione relativa a questo periodo è piuttosto scarsa. In Alto Adige però, il 19 settembre 1991, una coppia di Norimberga, in vacanza in Val Senales, rinvenne, sulle Ötztaler Alpen (al confine italo austriaco) a 3210 metri di altitudine, il corpo di un uomo intrappolato nel ghiaccio. L Uomo, chiamato poi, "l Uomo del Similaun" (Ötzi o Uomo dell Hauslabjoch), si presentava completamente integro e in possesso del suo equipaggiamento. Lo studio accurato di questo rinvenimento ha permesso di acquisire una serie di fondamentali conoscenze sulle caratteristiche dell età eneolitica di tutta la regione. Infatti le datazioni radiometriche della salma e dei reperti con cui è stata rinvenuta, la collocano tra il 3300 e il 3200 a.c., all inizio cioè dell eneolitico. Tra i materiali trovati, oltre a numerosi elementi di vestiario ed oggetti legati alla caccia (tra cui una faretra con quattordici frecce), risultano particolarmente interessanti un ascia e un pugnale in rame. Si tratta infatti degli 13

14 unici oggetti di quel tipo e di quell epoca giunti a noi in perfette condizioni, completi di manico e fissaggio della lama. La lama dell ascia, analizzata chimicamente e al microscopio, è risultata costituita dal 99% di rame, dallo 0,22% di arsenico, dallo 0,09% di argento. Si tratta di rame derivante, probabilmente, da uno dei giacimenti di malachite o azzurrite presenti nell area alpina e la lama è stata ottenuta previa fusione (a 1100 C), con una accurata lavorazione a freddo. Queste osservazioni confermano che l uomo di quest epoca aveva un alta conoscenza della metallurgia del rame e una grande abilità nel produrre i manufatti. È stato anche notato che le armi e il vestiario dell Uomo del Similaun sono molto simili a quelli raffigurati sulle statue stele. Si tratta di sculture rappresentanti figure umane (maschili con armi, femminili con seni, figure asessuate) e per questo distinte dai menhir non figurati, presenti soprattutto in Francia e in Inghilterra meridionale. Le statue stele sono state trovate per lo più nella Francia meridionale, nell area alpina, per esempio nell alta valle del Rodano, ma anche sulle coste del Mar Nero. In Italia monumenti di questo tipo sono stati individuati soprattutto ad Aosta, in Val Camonica, in Valtellina, in Liguria, nella Lunigiana (Liguria- Toscana) e in Sardegna. In Trentino sono state trovate varie statue di questo tipo: una a Brentonico, una a Revò e sei ad Arco. Le armi rappresentate sulle statue stele sono identiche, nella loro forma, a quelle rinvenute nelle sepolture della necropoli di Remedello (vicino a Brescia) che diede origine ad una omonima cultura diffusa soprattutto nella pianura padana orientale e nell area alpina fino alla Val Venosta. In particolare il pugnale "tipo Remedello" raffigurato sulle statue stele, ha la stessa forma di quello che possedeva l Uomo del Similaun. Si è avuta così la conferma, sulla base di questi confronti, del fatto che, nell età del rame, si sono intensificati gli scambi commerciali e culturali tra le popolazioni stanziate nell Italia centro settentrionale. Sull attività svolta dall Uomo del Similaun sono state avanzate molte ipotesi, delle quali nessuna pienamente confermata. Una delle più suggestive lo vorrebbe una sorta di metallurgo itinerante, cioè un conoscitore dell estrazione del minerale e della lavorazione del rame che si spostava tra le varie comunità per svolgere la sua attività. Proprio questa ipotesi fa ricordare che l utilizzazione del rame durante l eneolitico ha dato l avvio alla comparsa di specialisti che avrebbero determinato una certa stratificazione sociale. Comunque il fenomeno si è evoluto in maniera lenta poiché, durante l eneolitico, i cardini del sistema produttivo erano ancora l allevamento (soprattutto di bovini), la caccia e l agricoltura, anche se è probabile che soprattutto quest ultima attività abbia subito delle innovazioni quali l introduzione del carro e dell aratro. Alla fine dell eneolitico e all inizio dell epoca successiva, quella denominata età del Bronzo, si diffonde in un ampia area geografica che si estendeva dal Portogallo all Ungheria andando a comprendere gran parte dell Italia, una nuova cultura quella del vaso campaniforme. Essa prende il nome dalla forma di un bicchiere, molto caratteristico, che ricorda una campana rovesciata. In Trentino sono stati rinvenuti elementi riferibili alla cultura del vaso campaniforme per lo più in contesti chiaramente attribuibili alla prima fase dell età del Bronzo. A questa fase appartengono i rinvenimenti fatti a Montesei di Serso dove, accanto a frammenti di bicchieri campaniformi, è stato trovato un forno per la fusione del minerale, frammenti di forme di fusione, punteruoli in rame. Età del Bronzo Intorno al 2200 a.c., si considera ormai iniziato questo nuovo periodo caratterizzato dalla produzione sistematica di oggetti in bronzo servendosi di leghe di rame e stagno. Quest età quindi, segna un importante trasformazione delle culture umane: la ceramica assume forme più elaborate e compaiono nuove importanti civiltà in tutto il bacino del Mediterraneo (ad esempio: a Creta la civiltà minoica, in Sardegna la civiltà nuragica, ecc.). Anche in questo periodo, che si considera concluso intorno al 1000 a.c., come era già avvenuto nel passaggio tra il neolitico e l eneolitico, le nuove culture non soppiantano di colpo le precedenti, ma si diffondono lentamente e gradualmente. Alla Vela Valbusa (nelle vicinanze di Trento), ad esempio, sono stati rinvenuti, in una tomba posta sopra i resti di un forno di fusione (e ciò costituisce una delle più antiche testimonianze dell attività metallurgica in regione), dei bottoni tipo montgomery (chiamati così per la forma simile a quelli usati anche ora per un particolare capo di abbigliamento, chiamato appunto "montgomery"), caratteristici della cultura eneolitica del vaso campaniforme, insieme a diversi elementi 14

15 ornamentali tra cui una settantina di conchiglie di dentalium. Il tutto andava forse a costituire una specie di pettorale. Nello stesso contesto sono stati rinvenuti anche dei boccali di ceramica attribuibili ad una nuova cultura, quella di Polada, caratterizzata, in particolare, da oggetti in ceramica di impasto grossolano e superfici nere, dotate di anse con piega a gomito, sormontate talvolta da un appendice. La cultura di Polada si sviluppa durante il Bronzo Antico, a.c. in Trentino-Alto Adige, nella Lombardia orientale e Veneto occidentale. È conosciuta in particolare grazie al rinvenimento di molti siti realizzati su palafitte, sulle sponde dei laghi alpini e prealpini. Col termine palafitta si indicano strutture abitative in legno, realizzate su pali sempre in legno, in zone umide o acquitrinose. Insediamenti palafitticoli sono attestati in tutta Europa, già a partire dal neolitico, ma soprattutto nei territori situati immediatamente a nord e sud delle Alpi, in particolare nella zona dei laghi svizzeri, lombardi e del basso Trentino. Qui, in particolare nelle Giudicarie, sono stati riportati alla luce due insediamenti palafitticoli, presso i paesi di Fiavè e Molina di Ledro. A Fiavè vi sono tracce di insediamento nella torbiera che si trova a sud dell attuale paese, là dove originariamente vi era l alveo di un lago chiamato Carera. Nelle varie campagne di scavo, svolte a partire dal 1969, è stato possibile rintracciare sia strutture edificate sulla sponda del lago sia strutture che si inoltravano nell acqua, tra le quali sono stati individuati tre livelli di insediamento risalenti ad epoche diverse, le più antiche al tardo neolitico. La struttura del villaggio era costituita da moltissimi pali in legno infissi sul fondo lacustre, in modo da formare una vera e propria struttura palafitticola con una piattaforma fatta di tronchi d albero disposti a reticolo e sormontati da rami e ghiaia, che creavano una base su cui venivano costruite le capanne. Il nucleo residenziale era anche difeso, verso il lago da una palizzata di pali accostati. La gran quantità di carboni dimostra che il villaggio è stato distrutto da un incendio che ha risparmiato solo le strutture a contatto con l acqua. La creazione di costruzioni così complesse era forse dovuta alle variazioni del livello delle acque del lago nel corso dell anno ed implicava sicuramente alte conoscenze tecnologiche. È quindi probabile che all interno della comunità, dotata di una struttura gerarchica ben precisa, vi fossero degli operai specializzati. Un altro insediamento palafitticolo molto importante è quello individuato a Molina di Ledro. Sulle sponde dell omonimo lago sono stati rinvenuti circa 2000 pali riferibili ad un insediamento che occupava un area di oltre 5000 mq. L ambiente particolare in cui sono sorti questi insediamenti ha fatto in modo che si siano conservati, in modo ottimale, gli oggetti relativi alla cultura materiale dei suoi abitanti. Oltre a reperti ceramici ne sono stati trovati molti in osso (spatole, punteruoli), in legno (vasi, ciotole, aratri, ruote), in tessuto (a Ledro è stato rinvenuto un gomitolo di filo, una sciarpa e una cintura in lino). E ancora: vari oggetti in bronzo quali spilloni (che venivano usati per tenere fermi i mantelli), asce, pugnali, diademi. Il rinvenimento di forme di fusione, ugelli per mantice, crogioli, ecc., dimostrano che era svolta una produzione locale di oggetti in bronzo, anche se piuttosto limitata. Sicuramente vi erano molti scambi commerciali tra le popolazioni poste a sud delle Alpi e quelle che occupavano l Europa centro- meridionale, come dimostrano gli oggetti dello stesso tipo trovati in entrambe le zone. L economia delle popolazioni che occupavano il Trentino durante il Bronzo Antico era basata sull agricoltura, l allevamento di buoi, capro-ovini, suini, cavalli. Erano ancora praticate però la raccolta e la caccia (l orso, il capriolo, il cervo le cui corna erano talvolta usate per realizzare vari strumenti). Sono state trovate alcune sepolture (ma i ritrovamenti sono molto rari), realizzate per lo più in ripari sottoroccia. Oltre alla già citata sepoltura di La Vela Valbusa, interessanti ritrovamenti sono stati fatti a Romagnano Loch e Colombo di Mori. A Romagnano sono stati riportate alla luce, presso un riparo sottoroccia, diciassette sepolture di adulti e bambini deposti rannicchiati sul fianco destro. Alcune tombe appartenevano a neonati posti all interno di grandi vasi, con la testa rivolta in basso. Presso la località Colombo di Mori sono stati rinvenuti, all imboccatura di una grotta e al suo interno, resti umani in parte bruciati e ceramiche appartenenti alla cultura di Polada ed anche elementi riferibili alla cultura del vaso campaniforme. Sembra che in questo sito fosse adottata una distinzione tra gli adulti, deposti all interno della grotta e i bambini al di fuori, in piccole cavità addossate alla roccia. Durante il Bronzo Medio, a.c. e il Bronzo Recente, a.c., nelle regioni a nord delle Alpi, si verifica una variazione climatica con aumento della piovosità e diminuzione della temperatura media 15

16 annuale; ciò può aver determinato lo spostamento di varie popolazioni e la comparsa di nuove culture. In tutta Europa infatti si diffonde la civiltà dei Campi d Urne, caratterizzata dalla diffusione, nel rito funebre, della cremazione, rito che prende il sopravvento anche in tutta la penisola italiana grazie alla comparsa della civiltà protovillanoviana. Verso la fine dell età del Bronzo, nell area trentina e benacense si assiste alla formazione di una facies culturale di carattere locale che include anche l Alto Adige e che continua sostanzialmente la tradizione palafitticola, anche se è stato possibile trovare tracce di insediamenti anche su dossi, su terreni in pendio o in pianura. A Fiavè- Dos Gustinaci, a Nomi Cef, ad esempio, sono stati individuati i resti di villaggi costruiti sopra una serie di terrazzi artificiali protetti da muretti a secco di contenimento. In Trentino, nell area montana, è attestato anche lo sfruttamento dei giacimenti cupriferi (di minerali contenenti rame) per la realizzazione di oggetti in bronzo. Il rinvenimento di numerosissime aree fusorie, soprattutto in Val di Cembra, valle dei Mocheni (a Montesei di Serso), nel Tesino, nella zona di Lavarone e Luserna, dimostrano l importanza che l attività metallurgica acquista in questo periodo. Presso il Passo del Redebus, nel comune di Bedollo, sono stati individuati ben nove forni fusori. Molto probabilmente nelle comunità dell epoca dovevano essere presenti "i metallurghi", cioè persone che conoscevano a fondo le tecnologie per estrarre il minerale e per produrre oggetti di metallo. Non è tuttavia possibile stabilire se, all interno della singola comunità, rivestissero un ruolo preminente, poiché non sono ancora state rinvenute, in necropoli di questo periodo, tombe attribuibili, per la particolare ricchezza di oggetti metallici, a metallurghi. D altra parte questi tecnici del metallo, nello svolgere la loro attività, si trasferivano da una comunità all altra, il che rende particolarmente difficile i ritrovamenti di eventuali loro tombe. Alla fine dell Età del Bronzo, durante la cosiddetta età del Bronzo Finale ( a.c.) compare, in Trentino- Alto Adige, la Bassa Engadina, la valle del Reno presso il lago di Costanza, il Tirolo orientale e la Carinzia, la cultura di Luco, che prende il nome da una località altoatesina. L aspetto più caratteristico di questa facies culturale, quello che viene definito dagli archeologi un fossile guida, è costituito dalla forma caratteristica della ceramica. Si tratta di un boccale con beccuccio e due apofisi a orecchietta ai lati dell attacco superiore del manico. Nelle zone interessate dalla cultura di Luco è attestata la presenza di molte aree di culto, i cosiddetti Brandopferplätze, aree sacrificali con roghi votivi, spesso situati anche ad alte quote come sullo Sciliar, a 2510 metri di altezza, e sul monte Ozol (in val di Non), a 1515 metri. In queste aree erano presenti ossa combuste, resti di boccali tipo Luco, frantumati intenzionalmente e, talvolta, anche pezzi di metallo. Pian piano nella cultura di Luco penetrano, grazie alle attività commerciali, elementi propri di culture sudalpine (in particolare della cultura protovillanoviana). Età del Ferro Siamo arrivati così all ultimo millennio a.c. Questo periodo è caratterizzato dall introduzione del ferro. L origine della lavorazione del ferro è probabilmente da ricercare in Anatolia, regione ricca di giacimenti di questo minerale, soprattutto nella zona orientale, dove sono stati ritrovati molti manufatti di ferro riferibili al a.c. Queste testimonianze sono avvalorate dalle fonti scritte in cui si sottolinea il ruolo svolto dagli Ittiti nella produzione di oggetti in questo materiale. In Trentino i primi manufatti in ferro compaiono intorno all 800 a.c., quando incominciano ad essere sfruttate le miniere presenti nell arco alpino. Importanti le miniere presenti in Valsugana (miniera di Pamera), in val di Peio e nel massiccio del Gran Zebrù. I principali minerali di ferro sfruttati erano: la magnetite, l ematite e la limonite. L estrazione avveniva con tecniche diverse dalle attuali. Infatti non si raggiungevano all epoca le elevate temperature necessarie per ottenere la fusione di questo minerale. Il primo prodotto era il massello, dall aspetto spugnoso, con alta percentuale di ferro. Veniva lavorato col martello in modo da eliminare la maggior quantità possibile di scorie. Si otteneva così un "ferro dolce" di scarsa durezza. In questa prima fase dell età del Ferro si assiste ad una sostanziale prosecuzione della cultura di Luco, che tende però ad interessare una zona più ristretta rispetto all epoca precedente. I siti individuati sul territorio trentino sono relativamente pochi e situati per lo più sul fondovalle e in posizioni di controllo delle vie commerciali, come dimostrano le necropoli rinvenute a Nomi (località Olmi), a Romagnano e a Zambana. Numerosi dovevano essere gli scambi con le popolazioni limitrofe, soprattutto quelle villanoviane (area bolognese), paleovenete (area veneta), hallstattiane (area alpina a nord delle Alpi). 16

17 Intorno al 500 a.c. si assiste alla comparsa, in Trentino-Alto Adige, bassa Engadina e Vorarlberg, della cultura di Fritzens-Sanzeno, che prende il nome da due località poste, rispettivamente, nella Valle dell Inn, in Austria, e in val di Non in Trentino. Questa cultura nasce dallo sviluppo della precedente cultura di Luco arricchita di elementi provenienti dall area padana. La sua diffusione in un area geografica ben definita è dimostrata dalla presenza di particolari tipi di ceramica, strumenti di ferro (asce, zappe, chiavi) nonché di oggetti ornamentali in bronzo. Nella stessa zona vi sono anche le medesime strutture abitative, pratiche di culto e iscrizioni, realizzate con caratteri propri dell alfabeto di Bolzano o di Sanzeno, corrispondente ad una variante di quello nord etrusco, adattato alle esigenze della lingua locale. La cultura di Fritzens-Sanzeno è considerata propria della popolazione retica. Ciò avviene perché esiste una corrispondenza tra un estesa parte dell area assegnata a quelle genti dalle fonti antiche e il territorio che la ricerca archeologica ha dimostrato essere stato interessato da tale cultura. Strabone (63 a.c d.c.), ad esempio, scrisse che la popolazione dei Reti occupava l area alpina centroorientale, oltre Como e Verona, fino alle terre solcate dal Reno e al lago di Costanza. Ma proprio in questa zona, che le fonti affermano occupata dai Reti, le scoperte archeologiche hanno permesso di riportare alla luce strutture abitative, oggetti vari, dalle uguali caratteristiche tanto da poterli considerare elementi distintivi di un unica cultura, appunto quella di Fritzens-Sanzeno. L oggetto più caratteristico della cultura retica è una tazza in ceramica dal fondo ombelicato e dal profilo ad "S". I Reti hanno lasciato numerose prove della loro presenza sul territorio trentino, non solo nelle valli principali, ma anche in quelle interne. È stato possibile così ritrovare i resti di veri e propri villaggi, costruiti su alture (Fai della Paganella - località Dos Castel, Castel Tesino), su terrazzamenti (Montesei di Serso, Sanzeno), sul fondovalle (Nomi, località Bersaglio), presso conoidi (Zambana). Gli insediamenti erano costituiti da case seminterrate, di forma quadrangolare, perimetrate da muretti a secco e dotate spesso di un corridoio di accesso. Le pareti e il tetto delle abitazioni dovevano essere realizzati in legno o paglia, materiali deperibili e facilmente infiammabili, come dimostrano le tracce di frequenti incendi. L economia delle genti retiche era piuttosto varia. Oltre alla caccia sono state trovate infatti prove dello svolgimento dell attività pastorale nonché dell allevamento di capro-ovini, buoi, cavalli, polli. Sono state trovate anche molte roncole. Questo strumento rendeva più produttivo il lavoro di raccolta intensiva di fronde arboree da immagazzinare come foraggio invernale per gli animali. Vi era anche un attiva produzione agricola, come dimostrano i resti di semi di frumento, orzo, lenticchie, rinvenuti durante gli scavi archeologici. È ampiamente attestata anche la produzione di vino per la presenza di vinaccioli, recipienti di bronzo destinati a contenerlo, strumenti di lavoro, utensili adatti a costruire botti (tracce di botti, ad esempio, sono state rinvenute a Nomi- località Bersaglio), scene figurate che compaiono sulle situle. Nel territorio retico sono stati rinvenuti molti reperti di questo tipo. Si tratta di un secchiello fatto con una lamina sottilissima di bronzo, decorata spesso all esterno con scene figurate realizzate attraverso la tecnica dello sbalzo o con il bulino. L abitudine di decorare le situle si diffonde tra il VII e il IV secolo a.c., in una vasta area geografia estesa dal Po al Danubio e dà origine ad una vera e propria "arte delle situle". Trae origine probabilmente dal mondo etrusco con cui i Reti ebbero sicuramente molti contatti, come dimostra la presenza, in varie località trentine, di macine a leva e di utensili domestici di vario genere, come gli alari. I Reti attribuivano molta importanza alla sfera sacra, come dimostrano i rinvenimenti riferibili ad aree sacre e roghi votivi. Sono stati trovati veri e propri ex voto, per lo più bronzetti figurati recanti dediche alle divinità, per esempio a Sanzeno, o ciottoli incisi, a Montesei di Serso, ossa con iscrizioni o lamine di bronzo ritagliate, a Mechel. In questo sito, frequentato dal Bronzo recente fino all epoca romana (III/IV sec.d.c.) sono state portate spesso come offerte fibule in miniatura, corna di cervo con iscrizioni, frammenti di situle figurate. A Stenico, presso la località Calfieri, sono state rinvenute le tracce di un luogo di culto frequentato già nel Bronzo medio, con roghi votivi. Da qui proviene un particolare tipo di contenitore ceramico, "il boccale tipo Stenico", rinvenuto, insieme a coppe tipo Sanzeno, con segni caratteristici dell alfabeto retico anche a Monte S.Martino ai Campi di Riva. Roghi votivi sono attestati anche a La Groa di Sopramonte, alle pendici del monte Bondone. In questo periodo era praticato il rito funebre dell incinerazione. All interno di urne o direttamente nel terreno erano posti solo alcuni resti selezionati della cremazione e vari oggetti di corredo tra cui monili, amuleti, vasi. 17

18 L'età romana di Maria Raffaella Caviglioli I dati storici I primi contatti intercorsi tra la popolazione retica trentina e i Romani risalgono al III/II sec.a.c., quando questi ultimi, dopo aver conquistato le regioni orientali del Mediterraneo, incominciarono a penetrare nelle zone a nord del Po. Ciò avvenne però, come ormai ritengono quasi tutti gli studiosi, non con l impiego della forza, tranne qualche raro caso, ma attraverso pacifici scambi commerciali. Probabilmente, all inizio, vennero stipulati dei trattati con le classi dirigenti locali che accoglievano di buon grado la mentalità e i costumi romani. I primi contatti sicuri tra le popolazioni a nord del Po e i Romani risalgono al 225 a.c., quando i Galli Cenomani fornirono aiuti ai Romani contro i Galli Insubri e i Boi che avevano organizzato una spedizione armata contro Roma. Nel 197 a.c. vennero stipulati patti rispettosi delle autonomie locali a cui fanno riferimento vari scrittori romani tra cui Livio e Cicerone che, nell orazione Pro Balbo, pronunciata nel 56 a.c., parla di trattati federativi come quelli dei Cenomani e di altre popolazioni, che a quell epoca erano ancora in vigore. Solo agli inizi del I sec.a.c. venne attribuita alla regione a nord del Po, denominata Transpadana o Cisalpina, una organizzazione politico-amministrativa complessiva, con la concessione (probabilmente nell 89 a.c.) dello ius Latii (cioè del diritto latino, condizione giuridica propria delle colonie latine) a tutte le comunità che ancora non l avevano. Esse venivano così a godere di autonomia amministrativa rispetto a Roma di cui erano alleate e alla quale avevano l obbligo di fornire un contingente militare e di osservare fedeltà nella politica estera. Nel a.c., attraverso la lex Roscia o la lex Rubria o la lex Iulia municipalis i Cisalpini ottennero la cittadinanza romana. Sorsero così i Municipia, formati da una città e dal territorio circostante, i cui abitanti erano cittadini romani. A capo vi erano quattro magistrati di cui due erano i supremi amministratori della giustizia, che convocavano il consiglio e le adunanze elettive della popolazione ed amministravano le finanze. Altri due magistrati controllavano il consiglio municipale, formato dai consiglieri ed avevano ampi poteri in relazione al culto pubblico. Ogni cinque anni venivano eletti dei magistrati che provvedevano al censimento della popolazione e potevano espellere i personaggi che si erano resi indegni. Il territorio Era normalmente organizzato dai Romani in base al procedimento della centuriatio, che consisteva nel dividerlo mediante linee parallele e perpendicolari, che si incrociavano ad angolo retto, in modo da formare un reticolato costituito da superfici tutte uguali. Si creavano così le strutture adeguate alla vita della comunità e le infrastrutture politiche proprie del centro urbano. La regione alpina fu completamente integrata nello Stato romano solo nel 16/15 a.c. quando Druso e Tiberio iniziarono la campagna militare di sottomissione dei Reti e dei Vindelici a nord di Bolzano riuscendo a vincerli, come testimonia il famoso monumento realizzato nei pressi di Montecarlo: il Tropaeum Alpium di La Turbie (7-6 a.c.). Alla fine del I sec.a.c. Ottaviano Augusto divise il territorio italico in undici regioni. L Italia settentrionale era compresa nella X et XI regio. Il territorio trentino faceva parte della X regio, che comprendeva sostanzialmente gli attuali territori della Lombardia orientale (dall alto corso dell Oglio, con un tratto dell Adda, fino alla confluenza col Po), il Trentino, il Veneto, il Friuli, l Istria fino a Pola. La X Regio comprendeva vari Municipi tra cui quelli di Feltre, Brescia, Trento, Verona, entro i quali era compreso il territorio trentino. Appartenevano al primo il Primiero, il Tesino e la Valsugana; al secondo l area benacense, le valli del Chiese e del Sarca, le Giudicarie esteriori; al terzo, la valle dell Adige, tra Rovereto e Merano, il corso inferiore dell Isarco, le valli di Non e di Sole; e infine al quarto la Val Lagarina (probabilmente da Rovereto). La parte settentrionale dell Alto Adige invece rientrava, rispettivamente, con la Val Venosta, nella provincia della Rezia, con la val Pusteria e le valli dell Avisio nel Norico. Dopo un periodo di sostanziale tranquillità, tra il I sec. d.c. e la prima metà del II, con le invasioni dei Quadi e dei Marcomanni, a partire dal 170 d.c., si verificò una lunga instabilità politica per tutto l impero romano. La situazione peggiorò nel III sec.d.c., quando gli Alemanni, tra il 260 e il 275 d.c., penetrarono nell Italia settentrionale. Nel secolo successivo poi, dopo una certa ripresa economica, pare si sia verificato un lento e progressivo processo di decadenza. In Trentino le indagini archeologiche sembrano confermare questi dati. 18

19 I primi reperti sicuramente di origine romana trovati sul territorio trentino risalgono al III/II sec.a.c. e sono rappresentati da alcune monete rinvenute, ad esempio, sul Doss Trento, che testimoniano l esistenza di scambi commerciali intercorsi già in quell epoca tra la popolazione locale e i Romani. Tridentum Nel I sec.a.c. il processo di romanizzazione andò intensificandosi, come dimostra l iscrizione di Marco Apuleio, risalente al 23 a.c., attualmente murata in una lesena esterna della chiesa di S. Apollinare, a dimostrazione che Tridentum (l attuale Trento) era già un centro politico-amministrativo ben organizzato. Tuttavia non sono chiare le vicende relative alla fondazione della città: forse esisteva già prima del a.c. quando avrebbe assunto i caratteri propri di una colonia latina, trasformatasi poi, dopo il a.c., in municipium. Quando i Romani fondavano una città, facevano innanzitutto un sacrificio seguito dall auspicium, che derivava dall osservazione del volo degli uccelli. Veniva poi fatto il rito del sulcus primigenius, cioè veniva tracciato un solco da una coppia di buoi aggiogati e guidati dal fondatore. La città, circondata da mura, veniva dotata di tutte le infrastrutture tipiche del mondo romano in modo da poter assolvere alle necessità civili e religiose della popolazione, nonché a quelle legate allo svago e al divertimento. Era sempre presente un Foro, cioè una piazza, generalmente posta al centro dell abitato, dove vi erano gli edifici in cui si svolgevano le attività civili e religiose; ed inoltre un tempio dedicato alla triade capitolina o alla casa imperiale. Un ruolo importante avevano anche le strutture adibite allo svago, quali l anfiteatro e le terme. Tridentum aveva una pianta quadrangolare, di cui un lato era costituito dal tratto dell Adige che passava, fino alla seconda metà del XIX secolo, in corrispondenza delle attuali via Torre Verde e via Torre Vanga. Sugli altri tre lati era difesa da mura, di cui sono stati trovati vari resti, ad esempio in vicolo dell Adige, sotto il magazzino Nicolodi; in piazza Cesare Battisti, in prossimità della scena del Teatro Sociale; in via Mantova, sotto l attuale negozio Sportler; in piazza Duomo, sotto il museo Diocesano; in via Rosmini, presso l istituto S.Cuore. Si è così potuta calcolare la lunghezza di ogni lato: 400 metri quello orientale, 390 quello meridionale e 335 quello occidentale. La città, estendendosi così su 13 ettari di superficie, poteva contare circa 5000 abitanti. Su ogni lato c era una porta di cui non sono rimaste tracce, tranne in un caso, quello della cosiddetta Porta Veronensis (il nome compare nella "Passio Sancti Vigili", un testo del VII sec.d.c.), i cui resti sono visibili sotto il Museo Diocesano, in piazza Duomo. Si tratta di una costruzione risalente al I sec.d.c., gemina, costituita cioè da due fornici (aperture) esterni e due interni destinati, rispettivamente, al passaggio dei pedoni e a quello dei carri. Ai lati vi erano due torri con sedici lati ciascuna, dotate di un alzato in mattoni e rivestimento di lastre di pietra rossa come il basamento. Dalle torri partivano le mura, che avevano una particolarità dal momento che, ad un primo muro formato da ciottoli legati con la malta, ne fu aggiunto un altro, in un secondo momento, costituito da pietre e grossi ciottoli. Paralleli alle mura vi erano dei fossati, ulteriore difesa della città e canali di scarico delle fognature. Inoltre vi erano due strade principali, secondo un impianto tipicamente romano: il cardo, da nord verso sud, e il decumano, da est a ovest, che si tagliavano ortogonalmente. Tutte le altre strade erano parallele alle due principali e prendevano il nome di cardi e decumani minori. In via Belenzani, sotto palazzo Thun, sono stati individuati i resti del cardo massimo. Resti analoghi, nonché quelli relativi a un decumano minore, sono stati rintracciati sotto palazzo Malfatti, sulla stessa via. Resti del decumano sono invece stati individuati sotto via Manci e via Roma. Lungo il fianco meridionale della chiesa cinquecentesca di S.Maria Maggiore, tra il 1974 e il 1977, sono state fatte delle indagini che hanno permesso di trovare alcuni elementi decorativi in marmo e un ampio lastricato di pietre rosse con un tamburo di colonna. Ciò porta a ritenere che lì vi fosse un qualche edificio adibito a luogo di culto. Numerosi sono i reperti riferibili ad abitazioni, per lo più domus (case signorili, riccamente decorate), affiorati nel centro cittadino. Sotto palazzo Tabarelli, in via Oss Mazzurana (attuale Banca Calderari) ad esempio, sono stati riportati alla luce i resti di vari ambienti che si affacciavano su di un cardo minore, nonché vari oggetti di ceramica, vetro, anfore, monete. Durante gli scavi per la ristrutturazione del Teatro Sociale, tra il 1990 e il 1994, è stato scoperto un intero quartiere in cui, oltre ad un ampio tratto di un decumano minore (della larghezza di 8,50 m.), è stato 19

20 individuato uno spazio aperto, circondato di portici sui quali si affacciavano ambienti vari, utilizzati forse per funzioni pubbliche e commerciali. Molto interessanti altri resti tra cui un pozzo e strutture abitative, dotate di impianti di riscaldamento e ricche decorazioni pavimentali (mosaici). Anche nella zona limitrofa alle mura, sia all interno che all esterno, in particolare in corrispondenza dell attuale via Rosmini, vi sono i resti di varie strutture, tra cui quelli di un ampia domus, risalente al II sec. d.c. Qui, oltre ad un sistema di riscaldamento analogo a quello rinvenuto presso il Teatro Sociale, è stato riportato alla luce un mosaico rappresentante il mito di Orfeo, che ha diverse analogie con uno trovato a Rimini, in piazza Ferrari, soprattutto per l impostazione a nido d ape entro un cerchio, con figure singole all interno di un esagono. La presenza di una struttura abitativa così ampia e riccamente decorata, al di fuori delle mura, dimostra il grande sviluppo che la città ebbe in questo periodo. All esterno della città, secondo la consuetudine romana, era stato costruito un anfiteatro, che misurava 72x48 metri, di cui rimangono tracce in via S.Pietro, nella piazzetta chiamata "Anfiteatro" e nel vicino vicolo degli Orbi dove, nel 1998, è stato individuato un tratto di pavimentazione. Sempre al di fuori della cinta muraria sono state ritrovate numerose sepolture, in piazza della Mostra, in via Galilei, via S.Maria Maddalena, in piazza A.Vittoria, ecc. Una necropoli vera e propria, composta da una trentina di sepolture, la necropoli "Ai Paradisi", è stata scoperta casualmente alla fine del 1800, in occasione dei lavori di sterro per la costruzione dell allora ospedale militare, nell area compresa tra via Barbacovi e via Giovanelli. La scoperta di sepolture risulta sempre molto importante per comprendere gli usi e costumi di una popolazione. In epoca romana i riti funebri avvenivano sia in base alla cremazione, sia all inumazione, che divenne dominante a partire dal II sec.d.c. Nel primo caso le ceneri del defunto, contenute in un urna funeraria di ceramica o di vetro, erano deposte in una fossa terragna oppure in una cassetta litica o in muratura, di forma quadrangolare, con nicchie parietali portaoggetti. In area alpina, talvolta, erano messe nella cosiddetta "tomba alla cappuccina", formata da due tegoloni posti verticalmente a sostegno di quattro o sei disposti a doppio spiovente. Per le sepolture basate sul rito dell inumazione, oltre ai tipi usati per la cremazione, di cui variavano solo le dimensioni, vi era il cassone monolitico spesso con copertura a doppio spiovente. Nella necropoli "ai Paradisi" sono state rinvenute tombe di vario tipo. Interessante è la tomba ad inumazione, costituita da una cassa di piombo, da cui sono affiorati i resti di una giovane donna di anni. Si tratta della cosiddetta "tomba della bambolina", chiamata così per il rinvenimento al suo interno di una bambola in osso. Questo reperto è molto interessante per la sua struttura, in quanto sia le braccia che le gambe sono articolate mediante dei perni che le collegano al tronco. Un oggetto di questo tipo era generalmente posto nelle tombe delle giovani morte prima delle nozze, che avvenivano intorno ai 13/ 14 anni. L uso del piombo per realizzare le sepolture è piuttosto raro, (le notizie più antiche risalgono al II sec. d.c.) ed è indice, da un lato del desiderio di mantenere incorrotto il più a lungo possibile il corpo della defunta, e dall altro dell elevata condizione sociale ed economica della famiglia di appartenenza. Nelle sepolture erano posti vari oggetti costituenti il corredo che doveva accompagnare il defunto nella vita ultraterrena e che ne rappresentava le caratteristiche economiche e sociali manifestate durante la vita. Generalmente ne faceva parte un servizio da mensa composto da una bottiglia per liquidi, un piatto o una scodella, in ceramica, in vetro o in bronzo. Nelle tombe rinvenute in Trentino è stato spesso trovato anche l Henkeldellenbecher, un boccale che presenta una depressione funzionale in corrispondenza del manico e che trae origine da modelli preromani retici. Ciò sembra dimostrare la persistenza in epoca romana di alcuni caratteri propri della cultura retica. Faceva sempre parte del corredo la lucerna, cioè una lampada ad olio, che poteva assumere diverse fogge a seconda delle officine, generalmente padane, in cui era prodotta. Le più frequenti erano quelle a volute del I sec.d.c. e quelle a canale o Firmalampen, realizzate per lo più nel II sec.d.c. e diffuse in tutta l area alpina. Talvolta nelle tombe, secondo un usanza locale, si sono trovate anche delle fibule, cioè delle spille in bronzo, usate sia dalle donne che dagli uomini per fermare i mantelli. Questi monili potevano avere diverse forme a seconda della moda e dell epoca in cui venivano realizzati. Le più frequenti rinvenute in territorio trentino sono quelle ad arco profilato, tipiche dell Europa centro- orientale e diffuse tra il I e il III sec.d.c. Diversi sono anche gli esemplari di fibule tipo Aucissa, prodotte tra il I sec.a.c. e il I sec.d.c., presenti in una vasta area che va dalla Spagna al Caucaso, dall Italia alla Scandinavia. Sono state trovate anche fibule a tenaglia, prodotte soprattutto nell Italia settentrionale alpina, tra il I e il V sec.d.c. e diffusesi in tutto l Impero. 20

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