L UTILIZZO DI DATI E NOTIZIE ACQUISITI NEL CORSO DELLE INDAGINI. INTERFERENZE TRA INDAGINI FINANZIARIE IN SEDE AMMINISTRATIVA E IN SEDE PENALE
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1 Seminario di formazione LE INDAGINI FINANZIARIE Milano, 1 luglio 2008 L UTILIZZO DI DATI E NOTIZIE ACQUISITI NEL CORSO DELLE INDAGINI. INTERFERENZE TRA INDAGINI FINANZIARIE IN SEDE AMMINISTRATIVA E IN SEDE PENALE Intervento di avv. FRANCESCO COLAIANNI Avvocato in Milano Coordinatore per la Lombardia Centro di Diritto Penale Tributario
2 2 L UTILIZZO DI DATI E NOTIZIE ACQUISITI NEL CORSO DELLE INDAGINI. INTERFERENZE TRA INDAGINI FINANZIARIE IN SEDE AMMINISTRATIVA E IN SEDE PENALE 1) L art. 20 D.lgs. 10/3/00 n. 74, escludendo la sospensione del procedimento amministrativo d accertamento e del processo tributario in pendenza del procedimento penale che abbia ad oggetto i medesimi fatti o fatti dal cui accertamento dipende comunque la relativa definizione, ha sancito l indipendenza del processo tributario dal processo penale, superando in tal modo definitivamente il disposto di cui all art. 12 della previgente L. 516/82, la cui portata era già stata messa in dubbio da giurisprudenza e dottrina fin dall entrata in vigore del codice di procedura penale del Al giudice tributario, infatti, la legge (art. 2, comma 3, D.lgs. 546/92) attribuisce il potere di conoscere in via incidentale ogni questione da cui dipenda la decisione delle controversie rientranti nella propria giurisdizione (fatta eccezione per le questioni in materia di querela di falso e sullo stato o le capacità delle persone, diversa dalla capacità di stare in giudizio). Nel giudizio tributario, tuttavia, non sono ammessi il giuramento e la prova testimoniale e l art. 654 c.p.p. dispone che nei confronti dell imputato, della parte civile e del responsabile civile che si sia costituito o che sia intervenuto nel processo penale, la sentenza penale irrevocabile di condanna o di assoluzione pronunciata in seguito a dibattimento ha efficacia di giudicato nel giudizio civile o amministrativo, quando in questo si controverte intorno a un diritto o interesse legittimo il cui riconoscimento dipende dall accertamento degli stessi fatti materiali che furono oggetto del giudizio penale, purché i fatti accertati siano stati ritenuti rilevanti ai fini della decisione penale e purché la legge civile non ponga limitazioni alla prova della posizione soggettiva controversa. La disposizione citata sottopone l efficacia del giudicato penale nel giudizio civile ed amministrativo, e quindi anche in quello tributario, alla doppia condizione che il giudizio civile o amministrativo verta sulle
3 3 questioni che furono oggetto del giudizio penale, e che la legge civile non ponga limiti alla prova. Le limitazioni probatorie di cui all art. 7, comma 4, D.lgs. 546/92 escludono, quindi, l efficacia del giudicato penale nel procedimento davanti alle Commissioni Tributarie. Tuttavia quest ultime possono certamente tener conto dell accertamento in sede penale ai fini della propria decisione. In tal senso non mancano alcune pronunce significative della sezione tributaria della Corte di Cassazione. Con la sentenza n del , la Cassazione ha affermato che nel processo tributario, la sentenza penale irrevocabile di assoluzione dal reato tributario, emessa con la formula «perché il fatto non sussiste», non spiega automaticamente efficacia di giudicato, ancorché i fatti accertati in sede penale siano gli stessi per i quali l amministrazione finanziaria ha promosso l accertamento nei confronti del contribuente, ma può essere presa in considerazione dal giudice tributario come possibile fonte di prova. Si veda anche Cass., sez. trib., , n : ai sensi dell art. 654 c.p.p. l efficacia vincolante del giudicato penale non opera nel processo tributario, poiché in questo, da un lato, vigono limitazioni della prova e, dall altro, possono valere anche presunzioni inidonee a supportare una pronuncia penale di condanna; quindi, nessuna automatica autorità di cosa giudicata può più attribuirsi nel separato giudizio tributario alla sentenza penale irrevocabile, di condanna o di assunzione, emessa in materia di reati tributari, ancorché i fatti accertati in sede penale siano gli stessi per i quali l amministrazione finanziaria ha promosso l accertamento nei confronti del contribuente; pertanto, il giudice tributario non può limitarsi a rilevare l esistenza di una sentenza definitiva in materia di reati tributari, estendendone automaticamente gli effetti con riguardo all azione accertatrice del singolo ufficio tributario, ma, nell esercizio dei propri autonomi poteri di valutazione della condotta delle parti e del materiale probatorio acquisito agli atti (art. 116 c.p.c.), deve, in ogni caso, verificarne la rilevanza nell ambito specifico in cui esso è destinato ad operare. I principi sopra richiamati sono stati estesi, con una recentissima pronuncia (Cass. sez. trib., 29/2/08 n )
4 4 anche alla sentenza di non luogo a procedere emessa dal G.I.P., non suscettibile di passare in giudicato. La Corte Suprema, infatti, riferendosi a qualsiasi provvedimento dell Autorità giudiziaria penale, ha ricordato che il giudice tributario,.nell esercizio dei propri autonomi poteri di valutazione della condotta delle parti e del materiale probatorio acquisito agli atti (art. 116 c.p.c.) deve, in ogni caso verificarne la rilevanza nell ambito specifico in cui esso è destinato ad operare. In altre parole, negando all accertamento penale efficacia di giudicato nel processo tributario, la legge non esclude che la decisione del giudice penale possa essere utilizzata dal giudice tributario. Preme rilevare che, se le limitazioni probatorie di cui all art. 7l D.lgs. 546/92 escludono l efficacia del giudicato penale nel processo tributario, i differenti criteri di giudizio e di valutazione della prova, invece, impediranno alle presunzioni semplici, ammissibili nel processo tributario, di entrare nel processo penale. La rinuncia da parte del legislatore all unità della giurisdizione comporta necessariamente il rischio di un contrasto tra giudicati, rischio espressamente previsto e contemplato dalla giurisprudenza penale, la quale anche di recente ha ribadito che, ai fini dell accertamento del reato tributario incombe esclusivamente sul giudice penale il compito di procedere all accertamento e quindi alla determinazione dell ammontare dell imposta evasa, attraverso una verifica che può venirsi a sovrapporre ed anche ad entrare in contraddizione con quella eventualmente effettuata dinanzi al giudice tributario (Cass. sez. III pen. 26/2/08 n. 487). 2) Ragionando sotto un punto di vista speculare, si può affermare che anche il giudice penale (il quale, ovviamente, non ha l obbligo ma nemmeno il potere di sospendere il proprio procedimento, essendo stata abolita da tempo la pregiudiziale tributaria ), potrà acquisire la sentenza tributaria passata in giudicato ai sensi dell art. 238 bis c.p.p., tenendo sempre presente la diversità delle regole su cui poggiano il processo tributario ed il processo penale, con particolare riferimento alla prova testimoniale ed alla valenza delle presunzioni, come già esposto in precedenza. Pertanto, la sentenza tributaria potrà essere liberamente valutata, secondo le regole previste dall art. 192 c.p.p., unitamente agli altri
5 5 elementi di prova ed organicamente all interno del quadro istruttorio generale. 3) Facendo un passo indietro e occupandoci della fase d indagine per l accertamento dell illecito tributario (sia dal punto di vista penale che da quello tributario), vi sono due norme (art. 33 D.P.R. 600/73 per le II.DD. e art. 63 D.P.R. 633/72 per l IVA) che riconoscono alla Guardia di Finanza il potere di utilizzare e trasmettere agli uffici, ai fini dell accertamento della maggiore imposta dovuta, documenti dati e notizie acquisiti nell esercizio dei poteri di Polizia Giudiziaria, previa autorizzazione dell Autorità Giudiziaria (il P.M.). Sulla natura della suddetta autorizzazione si è ormai consolidato in giurisprudenza l orientamento secondo cui è posta a tutela della riservatezza delle indagini penali, non già dei soggetti coinvolti nel procedimento medesimo o di terzi, con la conseguenza che la sua mancanza, se può avere riflessi anche disciplinari a carico del trasgressore, non tocca l efficacia probatoria dei dati trasmessi, né implica l invalidità dell atto impositivo adottato sulla scorta degli stessi: deve pertanto escludersi a fortiori che tale invalidità possa derivare dall eventuale incompetenza dell organo inquirente che ha concesso l autorizzazione, non essendo quest ultima prevista al fine di filtrare ulteriormente l acquisizione di elementi significativi a fini fiscali, ma solo per realizzare una maggiore tutela degli interessi protetti dal segreto istruttorio (Cass., sez. trib., , n. 2450;nel medesimo senso, Cass., sez. trib., , n ; Cass., sez. trib., , n ; Cass., sez. trib., , n. 3852). 4) Ragionando invece dalla prospettiva opposta, bisogna affrontare il problema dell utilizzabilità in sede penale dei dati acquisiti dalla Guardia di Finanza non in veste di polizia giudiziaria, ma nell attività di cooperazione con gli uffici finanziari ai fini dell accertamento delle imposte e, in particolare, la possibilità di assumere gli stessi nel fascicolo del Giudice penale a titolo di prova documentale. L art. 234 c.p.p. consente l acquisizione di scritti o di altri documenti che rappresentino fatti, persone o cose mediante la fotografia, la cinematografia, la fonografia o qualsiasi altro mezzo. In particolare devono essere oggetto di prova i fatti che si riferiscono
6 6 all imputazione, alla punibilità e alla determinazione della pena o delle misure di sicurezza (art. 187 c.p.p.). Ebbene, il processo verbale di constatazione redatto dai militari della G.d.F. non può propriamente essere definito nella sua interezza una prova documentale ai sensi della citata norma, essendo rappresentativo non del fatto di reato al cui accertamento è finalizzato il processo penale, ma dell attività svolta dalla Guardia di Finanza, in cooperazione con gli uffici finanziari, ai fini dell accertamento dell imposta. E possibile sostenere che il processo verbale di constatazione sia sostanzialmente rappresentativo dell attività svolta dalla Guardia di Finanza nella ricerca di elementi utili ai fini dell accertamento dell imposta, e che potrebbero rilevare anche in sede penale. In tal caso l art. 331 pone in capo ai pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio i quali, nell esercizio o a causa delle loro funzioni o del servizio hanno notizia di reato perseguibile d ufficio, l obbligo di farne denuncia e, a norma dell art. 220 disp. att. del codice di procedura penale, gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant altro possa servire per l applicazione della legge penale sono compiuti con l osservanza delle disposizioni di questo codice. Dall attività di ricerca svolta dalla Guardia di Finanza in sede amministrativa possono quindi emergere elementi rilevanti in sede penale e viceversa, ma gli elementi raccolti saranno soggetti ai differenti regimi di validità ed utilizzabilità propri dei due procedimenti (sul punto si veda Cass., sez. trib., , n. 8990: in tema di accertamenti tributari, nelle indagini svolte, ai sensi degli art. 33 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 600, e 52 e 63 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633, la guardia di finanza che, cooperando con gli uffici finanziari, proceda ad ispezioni, verifiche, ricerche ed acquisizione di notizie, ha l obbligo di uniformarsi alle dette disposizioni, sia quanto alle necessarie autorizzazioni che alla verbalizzazione; tali indagini hanno carattere amministrativo - con conseguente inapplicabilità dell art. 24 cost. in materia di inviolabilità del diritto di difesa, essendo applicabili, nella successiva ed eventuale procedura contenziosa, le garanzie proprie di questa - e
7 7 vanno pertanto considerate distintamente dalle indagini, che la stessa guardia di finanza conduce in veste di polizia giudiziaria, dirette all accertamento dei reati, con l osservanza di tutte le prescrizioni dettate dal codice di procedura penale a tutela dei diritti inviolabili dell indagato; la mancata osservanza di tali prescrizioni, rilevante al fine della possibilità di utilizzare in sede penale i risultati dell indagine, non incide - purché non siano violate le dette disposizioni degli art. 33 d.p.r. n. 600 del 1973, e 52 e 63 d.p.r. n. 633 del sul potere degli uffici finanziari e del giudice tributario di avvalersene a fini meramente fiscali, senza che ciò costituisca violazione dell art. 24 cost.. La documentazione degli atti assunti dalla Guardia di Finanza in fase di accertamento dell imposta farà ingresso nel procedimento penale, solo qualora consista nella documentazione di atti irripetibili. Il P.V.C. e la documentazione relativa all attività accertatrice della Guardia di Finanza quindi faranno ingresso nel procedimento penale come documentazione proveniente da altro procedimento (così come specularmene i già citati artt. 63 e 33 ammettono l utilizzo, nel procedimento amministrativo d accertamento, dei dati raccolti durante le indagini preliminari previa autorizzazione dell attività giudiziaria). In altre parole, ai fini della decisione del giudice, rileveranno a titolo di prova documentale solo quei documenti che presentino i requisiti richiesti dalla legge (art. 187 ed art. 234 c.p.p.). Ed in tal senso non può essere messo in discussione il valore di prova documentale del processo verbale di constatazione, nella parte in cui sia rappresentativo propriamente di fatti rilevanti ai fini dell accertamento penale (in tal senso vedi T. Milano, : il processo verbale di constatazione, nella parte in cui rappresenta una situazione di fatto in un determinato momento, è da considerare documento acquisibile al fascicolo del dibattimento; nell ipotesi in cui detto atto sia compiuto a seguito di altro processo verbale di constatazione fatto a carico di un diverso soggetto rispetto al quale già siano emersi indizi di reità, lo stesso deve essere considerato atto irripetibile ai sensi dell art. 431, 1º comma, lett. b), c.p.p.; al di fuori di tale attività ricognitiva ed accertativa, il pvc non è utilizzabile a fini probatori ).
8 8 6) Qualche ultima osservazione va fatta sulla possibile interferenza, anzi conflitto, sulle misure cautelari (ovviamente reali) adottate nei due differenti procedimenti (penale e tributario). E possibile che, nel corso di indagini preliminari per reati tributari (spesso accompagnati dalla contestazione del reato di associazione per delinquere) il Giudice, su richiesta del P.M., disponga il sequestro di beni mobili e immobili, c/c bancari, ecc., allo scopo di evitare la reiterazione del reato e/o l aggravarsi delle conseguenze dello stesso. Tale tipo di sequestro (c.d. preventivo ), pur essendo disposto per varie finalità tipicamente appartenenti al processo penale, di fatto impedisce la dispersione dei beni e del patrimonio del (presunto) responsabile, sia esso persona fisica o giuridica, indirettamente tutelando anche la garanzia patrimoniale a favore del creditore/erario. Talvolta tuttavia accade che anche l Ufficio periferico dell Agenzia delle Entrate, per avere la garanzia del pagamento delle sanzioni tributarie, chieda il sequestro conservativo (ottenendone l autorizzazione dal Giudice tributario), secondo le modalità e i requisiti previsti dall art. 22 D.lgs. 472/97, sugli stessi identici beni già oggetto del sequestro disposto dall autorità penale. Ebbene, al di là della legittimità del successivo sequestro, in relazione al quale non sembrano sussistere i pericoli di dispersione della garanzia in quanto i beni sono già vincolati da un precedente sequestro, un simile modo di procedere inevitabilmente crea un conflitto fra i due procedimenti, con conseguenze negative sia dal punto di vista degli interessi erariali sia per il soggetto proprietario dei beni colpiti dai provvedimenti cautelari. Per esempio, nel caso si profili la possibilità di vendere, ad un prezzo adeguato al valore, uno dei beni mobili sottoposti a sequestro con messa a disposizione all Autorità del corrispettivo, il custode/amministratore dovrà chiedere una doppia autorizzazione, sia al Giudice penale sia all Ufficio dell Agenzia delle Entrate, con probabile esito contrastante, impossibilità di tutelare e migliorare la liquidità del credito e depauperamento del bene. Quello appena illustrato è semplicemente un esempio indicativo delle possibili conseguenze negative che derivano dal mancato coordinamento tra le due diverse
9 9 autorità procedenti. In conclusione: il principio del doppio binario o di autonomia dei procedimenti penale-tributario e amministrativo-tributario va gestito con prudenza e ragionevolezza. Se è vero che la sentenza di un procedimento passata in giudicato non fa stato nel procedimento speculare e parallelo, è altrettanto vero che la stessa non può né deve essere ignorata quale elemento di prova da inserire nel quadro istruttorio complessivo. Per quanto riguarda la fase d indagine dei rispettivi procedimenti, un maggior coordinamento consentirebbe di accertare e perseguire con maggior efficacia l illecito tributario, sia dal punto di vista penale sia dal punto di vista tributario, salvaguardando tuttavia, là dove è possibile, l attività professionale/imprenditoriale del contribuente. Una soluzione potrebbe consistere nell istituzione di un apposito Ufficio dei reati tributari presso l Agenzia delle Entrate, da più parti ed in diversi tempi proposto, esistente in alcune legislazioni straniere, che assumerebbe sia la funzione di filtro per le denunce, sia la funzione di coordinamento tra le due Autorità procedenti, come sopra illustrato ed auspicato.
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