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3 New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives 1 SOMMARIO EDITORIALE. Perché una nuova rivista? Roberto Labianca 3 CONVERSAZIONE CON ALBERTO SOBRERO: Il trattamento del tumore colo-rettale metastatico Alberto Sobrero 5 I progressi nel trattamento adiuvante del carcinoma del colon Corrado Boni 7 Il tumore metastatico del pancreas esocrino Da Howard Burris a Thierry Conroy sino a Daniel Von Hoff Kalliopi Andrikou, Alessandro Bittoni, Stefano Cascinu 11 INTERVISTA A PAOLO DELRIO: La chirurgica delle metastasi epatiche da carcinoma colo-rettale Who, When, How? 21 Paolo Delrio LA BIBLIOTECA VIRTUALE Selezione di articoli rilevanti nel tumore colo-rettale Mario Scartozzi 25 La letteratura sui tumori del tratto gastrointestinale dall ultimo trimestre del 2012 al gennaio 2013 Stefania Mosconi, Cristina Tasca, Roberto Labianca 31 CONVERSAZIONE CON RODOLFO PASSALACQUA: La ricerca clinica indipendente in tempi di spending rewiev Rodolfo Passalacqua 37 GISCAD NEWS 39 N 1 MARZO 2013

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5 3 EDITORIALE. Perché una nuova rivista? Roberto Labianca Presidente GISCAD Da MOPP a NEO-MOPP: cosa cambia? Il nome dà certamente il suggerimento di una innovazione e la grafica ci pare davvero più moderna e accattivante, ma vorremmo fosse chiaro che non si tratta di una semplice operazione cosmetica. Nel momento in cui cominciamo a intravedere il traguardo del quarto di secolo per GISCAD, abbiamo sentito il bisogno di mandare un forte segnale di cambiamento ai nostri quindici lettori. Ecco quindi il largo spazio dato ai giovani (più bravi di noi senior a cogliere le novità e a comprendere i pathway molecolari), l importante ruolo riconosciuto alla multidisciplinarietà, la trattazione sistematica degli studi GISCAD e la apertura a contributi anche al di fuori del Gruppo. Continueremo invece ad aggiornare amici e simpatizzanti su quanto la ricerca nostra ed altrui produce oggi in tema di terapia dei tumori gastroenterici e proseguiremo le nostre battaglie in difesa della ricerca indipendente, clinica e translazionale. Quindi: c è qualcosa di nuovo oggi nell aria. Anzi, di antico... Roberto Labianca Presidente GISCAD

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7 5 Trattamento del tumore colo-rettale metastatico Conversazione con Alberto Sobrero Oncologia Medica Ospedale San Martino, Genova Inquadriamo una condizione molto complessa e controversa: quella delle metastasi epatiche. Qual è lo stato dell arte? E veramente possibile la guarigione? In oncologia clinica c è un dogma che è particolarmente impressionante e crudele: i pazienti allo stadio IV non possono guarire dalla malattia. Purtroppo questo è vero nella maggioranza dei casi di tumori solidi. Però le eccezioni esistono. E sono quelle che danno la speranza a tutti i pazienti oncologici. Il ruolo dello specialista è di riconoscere la possibilità di queste eccezioni, identificare i cosiddetti outliers, cioè quei pazienti che contraddicono questo dogma sostenuto da 50 anni di esperienza e che possono ancora guarire nonostante l estensione della malattia. Tra i tumori solidi più frequenti (polmone, mammella, prostata, colon, stomaco, ovaio), il tumore del colon è quello che più frequentemente presenta queste eccezioni: una certa percentuale di malati con metastasi a distanza può guarire completamente dall uso combinato di terapie mediche e chirurgiche. Il carcinoma del colon è molto frequente, con più di un milione di casi ogni anno nel mondo e più di casi in Italia. Se preso in tempo, cioè diagnosticato agli stadi precoci, quando non ci sono metastasi disseminate, questo tumore è guaribile nel 75% dei casi grazie alla chirurgia ed alla chemioterapia adiuvante, cioè preventiva. Nel rimanente 25% i pazienti si presentano già allo stadio avanzato con metastasi disseminate e per questi vale la regola generale della non guaribilità; ma tra questo gruppo è molto importante identificare quei malati con malattia limitata al fegato in cui il trattamento combinato di chemioterapia ed intervento chirurgico può rendere il paziente libero dalla malattia così da sperare nella guarigione. Considerata la frequenza del tumore del colon, questa condizione non è così rara, e la resecabilità delle metastasi è diventato uno dei determinanti maggiori delle nostre scelte terapeutiche proprio perché, in queste condizioni, possiamo puntare a risultati fino a pochi anni fa assolutamente insperati. Quindi, poiché questa condizione non è eccezionale e poiché l asportazione delle metastasi epatiche può condurre alla guarigione, la situazione sembrerebbe semplice: terapia medica (chemioterapia e farmaci biologici) più intervento chirurgico in tutti questi casi. Non è cosi semplice. La partita della guarigione infatti si gioca sull assunto che le poche metastasi svelabili con le indagini disponibili oggi (TAC, PET, NMR) siano le sole presenti. Così che una volta asportate chirurgicamente la malattia non ritorna più. Ma questo assunto vale in pochi casi percentualmente (quelli che poi guariranno) in quanto nella stragrande maggioranza dei casi, levate le due o tre lesioni visibili, nell arco di pochi mesi ne compaiono delle altre che in realtà erano già presenti prima dell intervento; semplicemente non si vedevano. Quando sono alte le probabilità che siano presenti altre lesioni non visibili, la decisione di operare può essere dannosa, nel senso che l intervento, con il suo carico di complicanze anche sul sistema immunitario, può letteralmente accelerare il decorso di una malattia che altrimenti sarebbe rimasta silente per molti mesi o anni. In queste circostanze è bene intervenire prima con la terapia medica e poi eventualmente con quella chirurgica. Di qui la necessità di identificare quei fattori predittivi per la miglior scelta terapeutica: - quando ha senso perseguire la sequenza chemioterapia intervento senza correre il rischio di sottoporre il paziente ad interventi inutili e dannosi; - quando è meglio asportare subito le metastasi senza l uso della chemioterapia prima dell intervento; - quale è il limite tecnico degli interventi chirurgici (fino a quante metastasi, di quali dimensioni è possibile e sensato l intervento, ecc.). N 1 MARZO 2013

8 6 New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives Uno degli argomenti di maggior attualità riguarda la scelta della migliore terapia medica al fine di convertire alla fattibilità tecnica una condizione di non resecabilità delle metastasi (caso di poche metastasi, grandi, vicine a vene o arterie vitali). In queste condizioni possono essere usate sia combinazioni di tre farmaci chemioterapici, sia combinazioni di due farmaci chemioterapici classici più uno biologico. Questo terreno di ricerca è particolarmente affascinante, soprattutto per l obiettivo perseguito in queste condizioni: la guarigione attraverso un percorso di terapie combinate mediche e chirurgiche. Nel contempo però, proprio la complessità del tema e la necessità di integrazione fra vari professionisti medici e chirurghi rende difficile un omogeneità di scelte terapeutiche da centro a centro e da team a team. Così sia a livello italiano, sia a livello europeo e nordamericano è difficile trovare il giusto equilibrio tra troppi e troppo pochi interventi chirurgici con intento radicale. Vediamo di scorrere rapidamente alcuni temi di rilevanza in questa patologia. Nel corso del 2012 e nei primi mesi del 2013 sono state presentate alcune importanti novità per il trattamento del tumore colo-rettale metastatico. Quali ti paiono le più rilevanti? In maniera molto schematica, essenzialmente quattro: l Aflibercept in seconda linea, il Regorafenib nel setting refrattario, il Bevacizumab beyond progression e la combinazione di Capecitabina più Bevacizumab nell anziano. Quali, sono in grado, sin da ora, di generare modificazioni nella pratica clinica? Tutte e 4 queste novità hanno un impatto molto rilevante sulla nostra pratica clinica. Il Regorafenib ha avuto l approvazione da FDA per il setting refrattario. Il Bevacizumab beyond progression è in competizione con l Aflibercept: quando la progressione è rapida, sembra più efficace l Aflibercept; quando è lenta è più efficace il Bevacizumab. Il Bevacizumab più Capecitabina è già uno standard terapeutico, che però ora sarà implementato molto più su larga scala. In un momento di difficoltà economica e di spending review come pensi potrebbero essere integrate le nuove molecole nel percorso terapeutico? Rimane un peccato originale nel nostro sistema: è un problema planetario, non solo italiano. Dovrebbe essere superata la distinzione tra approvazione dalle autorità regolatorie e la rimborsabilità. Infatti, non si può riconoscere che un farmaco è efficace e poi non mettere in condizioni gli oncologi di usarlo. Quindi, se è approvato deve essere prescrivibile, altrimenti non dovrebbe essere approvato. Su che base approvare? Questa è una questione molto complessa. Le sfide future. Ovvero come e verso dove, dovrebbe muoversi la ricerca clinica? Ci sono due direzioni da perseguire: la prima è l identificazione di determinanti patogenetici della malattia verso cui è possibile indirizzare inibitori specifici. Questa è la strategia più politicamente corretta. È quella del futuro che mira a dare fortissimi benefici per pochi pazienti. Fuori moda, ma finora molto più produttiva è la direzione di perseguire piccoli benefici per tutti i pazienti. Grazie Alberto

9 7 I progressi nel trattamento adiuvante del carcinoma del colon A cura di Corrado Boni, Licia Baldi Oncologia Medica Arcispedale Santa Maria Nuova IRCCS, Reggio Emilia Le prime esperienze del trattamento adiuvante nel carcinoma del colon stadio III sono cominciate negli anni 80, con suggestive ipotesi di vantaggi rispetto alla sola chirurgia. La combinazione di 5-fluorouracile (FU) e levamisolo (LEV) è stato il primo trattamento in grado di ridurre l incidenza delle recidive ed aumentare la sopravvivenza, negli stadi III, con i fondamentali studi di Laurie e Moertel 1 del 1989 e 90. Nonostante che l uso del Levamisolo si basasse su un razionale inesistente e una assoluta assenza di evidenza scientifica, negli stadi III fu riportata una riduzione del rischio di recidiva del 41% e del rischio di morte del 33%, con un vantaggio assoluto di sopravvivenza a 7 anni del 14%. Risultati di questa portata determinarono nel 1990 la promulgazione del Consensus Statement del NIH che indicava come standard, negli stadi III, la terapia con 5FU-LEV per un anno, e che, di fatto, chiudeva tutti i bracci con solo controllo degli studi con 5FU-Ac. Folinico (FA) in corso nel mondo. Nonostante l interruzione precoce, tutti i principali studi (IMPACT 2, Intergroup, Francini 3 e NSABP 4 ) dimostrarono un vantaggio significativo di 5-fluorouracile (FU) e Acido Folico (FA) verso solo controllo. Successivamente, l associazione 5-FU-FA ha mostrato vantaggi anche rispetto alla combinazione FU-LEV ( ); negli anni successivi sono avvenuti altri piccoli miglioramenti, che hanno permesso di dimostrare l equivalenza fra una durata dei trattamenti di 6 e 12 mesi, fra basse ed alte dosi di acido folinico e fra una schedula settimanale e mensile 5-7. Dopo il lavoro fondamentale di Moertel, un ulteriore svolta si è verificata dopo 13 anni con lo studio MOSAIC 8 (40% Stadi II e 60% Stadi III), pubblicato nel 2003, che aveva come obiettivo il confronto fra 5FU-FA e lo stesso schema con aggiunta di Oxaliplatino (FOLFOX). I principali aspetti innovativi di questo studio furono la scelta dello schema di De Gramont come braccio standard, risultato molto meno tossico e parimenti attivo rispetto agli schemi bolo fino ad allora utilizzati, e l adozione, per la prima volta, della Disease Free Survival (DFS) come End Point principale. Lo studio MOSAIC dimostrò un vantaggio significativo in DFS a 5 anni, con vantaggio assoluto del 5.9%, e in OS a 6 anni, con vantaggio assoluto del 2.5% (+4.2% negli Stadi III). In base ai risultati di questo studio, lo schema FOLFOX è rapidamente divenuto il trattamento standard, almeno negli Stadi III, mentre è ancora in discussione negli Stadi II ad alto rischio, dove è ancora da definire il vantaggio rispetto ad un trattamento con sole Fluoropirimidine. I risultati del MOSAIC sono successivamente stati confermati da uno studio gemello del NSABP, con lo schema FLOX vs 5FU-FA 9, schema comunque gravato da una maggiore tossicità gastroenterica. A seguito della dimostrazione di una sostanziale equivalenza di Capecitabina e 5FU sia nella malattia avanzata che in adiuvante (studio X-ACT 10 del 2005), fu condotto lo studio di chemioterapia adiuvante con lo schema XELOX 11 negli Stadi III, con ulteriore dimostrazione di un vantaggio significativo a favore degli schemi contenenti Oxaliplatino. Da ricordare il fallimento, in adiuvante, delle associazioni contenenti Irinotecan 12, riportato in tre studi che avevano utilizzato gli schemi IFL (gravato di tossicità proibitiva) e FOLFIRI. Negli anni più recenti, basandosi sui successi ottenuti con l aggiunta degli agenti biologici alla chemioterapia nel trattamento della malattia metastatica, si è cercato di riprodurre questi risultati nella fase adiuvante. Sono stati condotti, quasi contemporaneamente, quattro studi di grandi dimensioni, due europei e due nordamericani, che hanno utilizzato FOLFOX e/o XELOX associati ad agenti biologici. Due studi hanno valutato l aggiunta di Bevacizumab ( AVANT 13 e NSABP C08 14 ) e due il Cetuximab (NO e PETACC 8 16 ). È ormai a tutti nota la fine della storia. Tutti e quattro gli studi sono risultati negativi, anche considerando solo i pazienti KRAS wild type per quanto riguarda il trattamento con Cetuximab. Nello studio NO147 l aggiunta dell anti EGFR ha avuto un effetto detrimentale, statisticamente significativo nei pazienti KRAS mutati. N 1 MARZO 2013

10 8 New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives Attualmente, i campi di ricerca più interessanti riguardano gli stadi II, l identificazione dei fattori prognostici e predittivi e la durata del trattamento. A favore della chemioterapia adiuvante con Fluoropirimidine negli stadi II depongono lo studio QUASAR 17 del 2007 (DFS+4%, OS+3.6% a 5 anni) e la meta analisi di Sargent del 2009 (OS+5,4% a 8 anni). Nello studio MOSAIC l aggiunta di Oxaliplatino negli stadi II ad alto rischio ha determinato un aumento significativo del 7.2% di DFS a 5 anni, che però non si è confermato a livello di OS, lasciando tuttora aperta la discussione. Negli stadi II ad alto rischio, in particolari situazioni, lo schema FOLFOX può comunque essere ancora considerato. Grande interesse riveste ancora la ricerca di fattori prognostici, volti a identificare con la maggior precisione possibile i pazienti ad alto rischio, soprattutto, ma non solo, nell ambito degli stadi II. Oltre a quelli classici (T4, G3, n dei linfonodi esaminati, occlusione, perforazione, invasione vascolare/linfatica) ha acquisito un ruolo importante la determinazione della instabilità micro satellitare (MSI) negli stadi II, tanto da essere stata recentemente inclusa fra i fattori prognostici consolidati nelle linee guida ESMO 18. Ancora incertezze esistono sul ruolo della gene signature, e soprattutto su quale dei numerosissimi test scegliere. Per quanto riguarda il paziente elderly, al momento non sembrano esistere vantaggi derivanti dall aggiunta di Oxaliplatino alle Fluoropirimidine, che rimangono tuttora il trattamento standard 19. Il prossimo passo sarà, speriamo, la dimostrazione di una pari efficacia di una terapia adiuvante più breve, di soli tre mesi, in cui ancora una volta, la ricerca italiana, con lo studio TOSCA ispirato dal GISCAD, gioca un ruolo primario.

11 New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives 9 Bibliografia 1. Levamisole and fluorouracil as adjuvant therapy of resected colon carcinoma Moertel CG, Fleming TR, Macdonald JS, et al. N Engl J Med 1990; 322: Efficacy of adjuvant fluorouracil and folinic acid in colon cancer International Multicenter Pooled Analysis of Colon Cancer (IMPACT) Investigators. Lancet 1995; 345: Folinic acid and 5-fluorouracil as adjuvant chemotherapy in colon cancer Francini G, Petrioli R, Lorenzini L, et al. Gastroenterology 1994; 106: Clinical trial to assess the relative efficacy of fluorouracil and leucovorin, fluorouracil and levamisole, and fluorouracil, leucovorin and levamisole in patients with Dukes B and C carcinoma of the colon: results from National Surgical Adjuvant Breast and Bowel Project C-04 Wolmark N, Rochette H, Mamounas E, et al. J Clin Oncol 1999; 17: Adjuvant chemotherapy in colorecatal cancer with high-dose leucovorin and fluorouracil: impact on desease-free survival and overall survival Zaniboni A, et al. J Clin Oncol 1997; 15: Randomized trial comparing monthly low-dose leucovorin and fluorouracil bolus with bimonthly high-dose leucovorin and fluorouracil bolus plus continous infusion for advanced colon cancer: a French intergroup study De Gramont A, Bosset JF, Milan C, et al. J Clin Oncol 1997; 15: Semimonthly versus monthly regimen of fluorouracil and leucovorin administered for 24 or 36 weeks as adjuvant therapy in stage II and III colon cancer: results of a randomized trial Andre T, Colin P, Louvet C, et al. J Clin Oncol 2003; 21: Oxaliplatin, fluorouracil and leucovorin as adjuvant treatment for colon cancer: the Multicenter International Study of Oxaliplatin/5-Fluorouraci/Leucovorin in the Adjuvant Treatment of Colon Cancer (MOSAIC) Investigators Andrè T, Boni C, Mounedji-Boudiaf L, et al. N Eng J Med 2004; 350: Similarities and differences between the adjuvant Oxaliplatin-Based Trials MOSAIC and NSABP C-07 Boni C, Andrè T, et al. Curr Colorectal Cancer Rep 2009; 5: Capecitabine as adjuvant treatment for stage III colon cancer Twelves C, Wong A, Nowacki MP, et al. N Engl J Med 2005; 352: Capecitabine plus Oxaliplatin compared with fluorouracil and folinic acid as adjuvant therapy for stage III colon cancer Haller DG, Tabernero J, et al. J Clin Oncol 2011; 29: A phase III randomized trial of LV5FU2 + irinotecan versus LV5FU2 alone in adjuvant high-risk colon cancer (FNCLCC Accord02/FFCD9802) Ychou M, Raoul JL, Douillard JY, et al. Ann Oncol 2009; 20: Bevacizumab plus oxaliplatin-based chemotherapy as adjuvant treatment for colon cancer (AVANT): a phase III randomized controlled trial De Gramont A, Van Cutsem E, Schmoll HJ, et al. Lancet Oncol 2012; 13: Phase III trial assessing bevacizumab in stages II and III carcinoma of the colon results of NSABP protocol C-08 Allegra CJ, Yothers G, O Connell MJ, et al. J Clin Oncol 2011; 29:11-6. N 1 MARZO 2013

12 10 New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives 15. Adjuvant mfolfox6 plus or minus cetuximab in patients with KRAS mutant resected stage III colon cancer: NCCTG Intergroup phase III trial NO147 Goldberg RM, Sargent DJ, et al. J Clin Oncol 2010; Cetuximab plus FOLFOX-4 for fully resected stage III colon carcinoma: scientific background and the ongoing PETACC-8 trial Taieb J, Puig PL, et al. Expert Rev Anticancer Ther 2008; 8: Adjuvant chemotherapy versus observation in patients with colorectal cancer: a randomized study Quasar Collaborative Group. Lancet 2007; 370: ESMO Consensus Guidelines for management of patients with colon and rectal cancer. A personalized approach to clinical decision making Schmoll HJ, Van Cutsem E, Stein A, et al. Ann of Oncol 2012; 23: Effects of adjuvant chemotherapy on survival of patients with stage III colon cancer diagnosed after 75 years Sanoff HK, William R, et al. J Clin Oncol 201; 2576.

13 Il tumore metastatico del pancreas esocrino Da Howard Burris a Thierry Conroy sino a Daniel Von Hoff 11 A cura di Kalliopi Andrikou, Alessandro Bittoni, Stefano Cascinu Clinica di Oncologia Medica, A.O Universitaria Ospedali Riuniti di Ancona Università Politecnica delle Marche Introduzione Nonostante, la progressiva riduzione del tasso di mortalità per tumore negli ultimi decenni, il carcinoma pancreatico rimane una delle neoplasie a prognosi più infausta, con una probabilità di sopravvivenza attorno al 5% e una sopravvivenza mediana di circa 6-10 mesi dalla diagnosi nella malattia in stadio avanzato. Solo il 15-20% dei carcinomi del pancreas viene diagnosticato in fase precoce ed è quindi resecabile, ma anche in questi casi la probabilità di sopravvivenza a 5 anni si aggira attorno al 20% (1, 2, 3). La pessima prognosi di tale neoplasia è legata sia alle difficoltà che si presentano nel porre la diagnosi in fase precoce sia alla sua elevata aggressività biologica, attribuita a caratteristiche come le multiple aberrazioni molecolari, l ipossia e l intensa desmoplasia, responsabili anche della scarsa responsività di tale malattia ai trattamenti specifici. Molteplici sforzi sono stati volti alla ricerca di alternative sempre più efficaci nel trattamento del carcinoma pancreatico avanzato, ottenendo però solamente modesti risultati. In effetti, la monochemioterapia con Gemcitabina ha rappresentato per più di un decennio lo standard terapeutico (4), con una mediana di sopravvivenza pari a circa 6 mesi ed una probabilità di sopravvivenza ad un anno del 18%, dal momento che nessuna associazione chemioterapica o con agenti biologici, eccezion fatta per quella con Erlotinib, ha dimostrato un miglioramento statisticamente significativo sulla sopravvivenza quando confrontata con la Gemcitabina da sola. Nel 2010, uno studio clinico di fase III randomizzato, ha dimostrato che il regime chemioterapico FOLFIRINOX (contenente 5-fluorouracile, Irinotecan ed Oxaliplatino) ha migliorato sia la sopravvivenza libera da progressione (PFS) sia quella globale (OS) rispetto a Gemcitabina, diventando il nuovo standard terapeutico per i pazienti con buon PS (5). Al meeting ASCO GI 2013, un trial clinico di fase III ha riportato i risultati ottenuti al trattamento dei pazienti con carcinoma pancreatico con l associazione di Nab paclitaxel con Gemcitabina, evidenziando un aumento del 59% nella sopravvivenza a un anno e un tasso di sopravvivenza raddoppiato a due anni (9% vs. 4%) (6). In questo articolo riassumeremo e discuteremo i risultati dei principali studi clinici condotti negli ultimi anni nell ambito del trattamento chemioterapico del carcinoma del pancreas compresi quelli che hanno valutato l utilizzo di nuovi farmaci. Trattamento chemioterapico del carcinoma pancreatico Sino al 2010, nell ambito della terapia del carcinoma del pancreas metastatico, non sono stati ottenuti sostanziali modificazioni nello standard di terapia né miglioramenti significativi per i risultati ottenuti, con sopravvivenze mediane che si aggiravano attorno ai sei mesi da più di 15 anni. Vari studi hanno dimostrato la superiorità della chemioterapia rispetto alla sola terapia di supporto nel trattamento del carcinoma pancreatico metastatico. Infatti, la metanalisi di 9 studi clinici, che ha confrontato il trattamento con 5-Fluorouracile (5-FU), considerata l unica scelta terapeutica sino allo sviluppo di Gemcitabina, verso la sola trattamento di supporto, ha evidenziato un vantaggio in termini sia di sopravvivenza globale, OS mediana 6.38 mesi vs 3.87 mesi (p < ) che di qualità di vita (7, 8, 9). N 1 MARZO 2013

14 12 New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives La Gemcitabina è stato il farmaco standard per il trattamento chemioterapico di prima linea nel carcinoma pancreatico dal 1997, in seguito ai risultati di uno studio randomizzato di fase III, che mostrava la superiorità della Gemcitabina rispetto al 5-Fluorouracile in termini di sopravvivenza (5.65 vs 4.41 mesi; p<0.0025), clinical benefit (23.8% vs 4.8%; p< 0,0022) e con un tasso di sopravvivenza a 12 mesi di 18% rispetto al 2% dei pazienti trattati con 5-FU (4). Da allora sono stati condotti numerosi trials clinici con l intento di ottenere un ulteriore beneficio rispetto alla Gemcitabina in monochemioterapia, valutando l efficacia e la tossicità delle varie combinazioni (Tabella 1). Due studi di fase III che hanno confrontato la combinazione Gemcitabina-5FU (10,11) rispetto alla sola Gemcitabina in pazienti con malattia avanzata non hanno mostrato alcun beneficio in termini di sopravvivenza. Tale dato è stato confermato anche ad uno studio ECOG di fase III, in cui 322 pazienti affetti da carcinoma pancreatico avanzato sono stati randomizzati a ricevere la sola Gemcitabina o la doppietta Gem-5-FU (OS mediana 5.4 vs 6.7 mesi (p = 0.09); PFS mediana 2.2 mesi vs 3.4 mesi rispettivamente (p = 0.022). La situazione non è diversa anche per quanto riguarda l associazione Gemcitabina-Capecitabina, un pro farmaco del 5-Fluorouracile. Uno studio di fase III condotto da Herrmann et al (12) che ha randomizzato 319 pazienti ad un braccio con Gem (1000 mg/m2 nei giorni 1 e 8) più Capecitabina (1300 mg/m2 nei giorni 1-14, ogni 21 d) (GemCap) o ad un braccio standard contenente la sola Gemcitabina, non ha mostrato differenze statisticamente significative in termini di sopravvivenza globale tra i due bracci (8.4 mesi vs 7,2 mesi, p = 0.23). Interessanti però sono i dati forniti dall analisi del sottogruppo di pazienti con buon PS (performance status di Karnofsky ) che ha mostrato un prolungamento significativo della OS mediana nel braccio GemCap rispetto al braccio Gem (10.1 vs 7.4 mesi, rispettivamente, p = 0.014). I derivati del platino sono stati spesso utilizzati nei regimi di combinazione per il trattamento del carcinoma pancreatico. Risultati incoraggianti sono stati ottenuti in vari trials clinici di fase II che hanno valutato la combinazione Gemcitabina-Cisplatino con una sopravvivenza mediana che varia dai 7.1 agli 8.2 mesi (13, 14, 15). Purtroppo, tali dati non sono stati successivamente confermati al trial clinico di fase III condotto da Colucci et al (16) nel quale non è stato riscontrato un beneficio statisticamente significativo in termini di sopravvivenza per il trattamento di combinazione (7.5 mesi vs 6.0 mesi, p = 0.43), nonostante un netto miglioramento del tasso di risposte obiettive (RR) (26.4% vs 9.2%, p = 0.02) e del tempo a progressione (TTP) (TTP mediano 4.6 mesi vs 1.8 mesi, p = 0.048). In un successivo studio di fase III di Colucci et al il vantaggio riscontrato in PFS e RR scompariva quando il numero di pazienti incrementava da 107 a 400 (17). Un altro studio randomizzato di fase III studio condotto da Heinemann et al (18) ha confrontato la Gemcitabina con una schedula a cadenza bisettimanale comprendente Gemcitabina e Cisplatino. Sebbene anche in questo caso non sia stata raggiunta la significatività statistica i risultati di questo studio mostrano un trend nettamente favorevole per la combinazione rispetto alla monochemioterapia sia in termini di OS (7.5 mesi vs 6 mesi), che di PFS (5.3 vs 3.1 mesi). Uno studio di fase II condotto dal Groupe Cooperateur Disciplinaire en Oncologie (GERCOR) aveva confrontato l associazione di Gemcitabina ed Oxaliplatino (GEMOX) con la Gemcitabina da sola in 64 pazienti affetti da carcinoma pancreatico avanzato, ottenendo risultati incoraggianti (PFS 5.3 mesi, OS 9.2 mesi) e avviando di conseguenza uno studio di fase III (19). Tale trial (20), condotto sia dal GERCOR che dal GISCAD (Gruppo Italiano per lo Studio dei Carcinomi dell Apparato Digerente), ha documentato la superiorità della combinazione GEMOX in termini di PFS (5.8 mesi vs 3.7 mesi, p = 0,04), RR (26.8% vs 17.3%, p = 0.04), e di clinical benefit (38.2% vs 26.9%, p = 0.03). Tuttavia, la sopravvivenza globale non risultava migliorata in maniera significativa (OS mediana 9.0 mesi vs 7.1 mesi, p = 0.13), dato confermato anche nel ECOG 6201 trial che ha dimostrato che il braccio GEMOX non presenta un vantaggio statisticamente significativo in termini di sopravvivenza globale mediana rispetto il braccio con la sola Gemcitabina (21).

15 New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives 13 Tabella 1: studi di confronto tra Gemcitabina e combinazioni chemioterapiche Studio Regime n pazienti PFS OS Mesi p Mesi p Berlin et al Gem Gem+ 5FU Cunningham et al Gem Gem + Capecitabina Hermann et al Gem Gem + Capecitabina Colucci et al Gem Gem + Cisplatino Heinemann et al Gem Gem+ Cisplatino Louvet et al Gem Gem+ Oxaliplatin O Reilly et al Gem Gem + EXE Poplin et al Gem Gem+ Oxaliplatin Stathopoulos et al Gem Gem+ Irinotecan Oettle et al Gem Gem+ Pemetrexed Sorprendentemente, le successive meta-analisi che prendono in esame tre studi randomizzati (GERCOR/GISCAD e quello condotto da Heinemann et al) hanno evidenziato un vantaggio statisticamente significativo per le doppiette chemioterapiche contententi platino rispetto alla monochemioterapia, mostrando una riduzione del rischio di progressione del 25% (p =0.0030) e una riduzione del rischio di decesso del 19% (p = 0.031). Ancora più interessante è il dato emerso da queste analisi che riguarda la necessità di selezionare con attenzione i pazienti prima di iniziare un trattamento chemioterapico: le combinazioni terapeutiche mostrano infatti un vantaggio più spiccato nel sottogruppo di pazienti con buon performance status all esordio (ECOG PS 0-1). Risultati deludenti sono stati ottenuti anche da tutti i trial clinici di fase III di confronto tra la Gemcitabina e le combinazioni terapeutiche della Gemcitabina con farmaci potenzialmente attivi come il Pemetrexed (22), l Exatecan (25, 26) e l Irinotecan (23, 24), che hanno fallito nel dimostrare una superiorità significativa rispetto alla monoterapia. N 1 MARZO 2013

16 14 New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives Farmaci a bersaglio molecolare A causa degli scarsi risultati ottenuti con i chemioterapici tradizionali e grazie a una miglior comprensione della biologia tumorale, negli ultimi anni l interesse dei ricercatori si è rivolto verso il trattamento con farmaci ad azione biologica. Nonostante siano stati condotti molti studi con diversi agenti, anche in questo ambito i risultati sono stati purtroppo piuttosto deludenti: il confronto fra la gemcitabina e le associazioni contenenti farmaci ad azione biologica target ha ancora una volta fallito nel dimostrare una superiorità terapeutica alla sola Gemcitabina. Tra i farmaci presi in esame ricordiamo: il Tiparfinib, il Sorafenib, il Bevacizumab ed il Cetuximab. L unica eccezione riguarda l Erlotinib (inibitore tirosin-kinasico dell Epidermal Growth Factor Receptor), che ha mostrato una superiorità in termini di sopravvivenza mediana rispetto alla Gemcitabina da sola ma non una superiorità clinicamente rilevante (Tabella 2). L approvazione di Erlotinib è stata ottenuta nel 2005 dopo il completamento dello studio randomizzato di Moore che ha mostrato un miglioramento statisticamente significativo in termini di sopravvivenza a favore della combinazione di Gemcitabina e Erlotinib rispetto alla sola Gemcitabina (6.2 vs 5.9 mesi, rispettivamente; p=0.038) (27). Nonostante, il vantaggio statisticamente significativo riscontrato in questo studio, un aumento della sopravvivenza di soli 14 giorni non sembra ancora sufficiente per giustificare l uso nella pratica clinica di questo farmaco visti gli elevati costi e il profilo di tossicità associati a questo trattamento. Inoltre, i risultati incoraggianti emersi dagli studi preclinici e quelli di fase II della combinazione Cetuximab-Gemcitabina (28), sono stati successivamente smentiti in uno studio di fase III, lo studio (SWOG S0205) che ha randomizzato 745 pazienti ad essere trattati con l associazione Gem-Cetuximab o con la sola Gemcitabina. Non ci sono state differenze significative in termini di OS (6.3 vs 5.9 mesi, p = 0.23), di PFS (3.4 vs 3.0 mesi, p = 0.18) e di RR (12% vs 14%, p = 0.59) (29). Poiché il fattore di crescita vascolare endoteliale (VEGF) sembra giocare un ruolo importante nella patogenesi del carcinoma pancreatico e l 89-93% dei pazienti presenta una mutazione VEGF, la terapia con Bevacizumab veniva considerata potenzialmente efficace; nonostante i risultati promettenti ottenuti in vari studi di fase II, tutti i trial randomizzati di fase III con Bevacizumab hanno fallito nel dimostrare una superiorità significativa nel trattamento di associazione rispetto alla monochemioterapia con Gemcitabina. Nessuno dei due studi di Fase III, uno di Kindler et al. ed il secondo di Van Cutsem et al, ha dimostrato che l aggiunta di Bevacizumab alla Gemcitabina comporti una differenza statisticamente significativa nell endpoint primario rappresentato dalla sopravvivenza globale (OS). Mentre, per quanto riguarda l endpoint secondario rappresentato dalla sopravvivenza libera da progressione (PFS), lo studio di Van Cutsem et al. sembra mostrare un beneficio, a differenza di quello di Kindler. Tabella 2: studi di Fase 3 di confronto tra Gemcitabina in monochemioterapia ed in combinazione con farmaci (biologici) Studio Regime n pazienti PFS OS Mesi p Mesi p Moore et al (2007) Gem + Erlotinib Gemcitabina Philip et al Gem + Cetuximab Gemcitabina Kindler et al Gem + Bevacizumab Gemcitabina Van Cutsem et al Gem +Erlotinib ± BEV Concalves et al Gem+Sorafenib Gem

17 New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives 15 Kindler e coll. (30) hanno randomizzato 590 pazienti affetti da carcinoma pancreatico avanzato a ricevere un trattamento con Gemcitabina con o senza Bevacizumab. Tale studio è stato interrotto precocemente, quando è stato stabilito che la combinazione di Gemcitabina più Bevacizumab non ha raggiunto alcun vantaggio in termini di sopravvivenza rispetto alla Gemcitabina in monoterapia. Van Cutsem et al (31) hanno randomizzato 607 pazienti con adenocarcinoma metastatico del pancreas a ricevere un trattamento con Gemcitabina più Erlotinib, con o senza Bevacizumab. Non è stato dimostrato alcun prolungamento significativo della sopravvivenza con l aggiunta di Bevacizumab (7.1 mesi vs 6.0 mesi, p = 0.20), anche se la PFS è stata migliorata in modo statisticamente significativo (4.6 vs 3.6 mesi, p = ). Sebbene questo endpoint secondario fosse significativo, sono stati forniti pochi dettagli riguardanti i metodi utilizzati per valutare la PFS, che può essere soggetta a errori di misurazione superiori rispetto alla OS. Uno studio di fase II randomizzato, condotto da Ko e coll., ha valutato l efficacia della combinazione tra Cetuximab e Bevacizumab da sola o in associazione con la Gemcitabina come terapia di prima linea per l adenocarcinoma pancreatico avanzato. I pazienti con adenocarcinoma pancreatico localmente avanzato o metastatico, precedentemente non trattati, sono stati randomizzati a trattamento con Cetuximab + Bevacizumab, con (braccio A, n = 30) o senza (braccio B, n = 31) Gemcitabina. La durata mediana del trattamento è stata di 9 settimane per il braccio A e 8 settimane per il braccio B (range: ). I pazienti nel braccio A hanno raggiunto una PFS e OS mediana pari rispettivamente a 3.55 e 5.41 mesi rispetto a 1.91 e 4.17 mesi nel braccio B. Lo studio ha chiuso in anticipo per mancanza di sufficiente efficacia in entrambi i bracci di trattamento. Gli autori hanno concluso che la combinazione di Cetuximab e Bevacizumab non ha mostrato una promettente attività con o senza Gemcitabina (32). Ulteriori studi di combinazione di Bevacizumab, con vari agenti chemioterapici per il trattamento dell adenocarcinoma avanzato del pancreas, sono stati effettuati senza però ottenere nessun netto miglioramento in termini di sopravvivenza e di qualità di vita di questi pazienti (33, 34, 35). Visti i risultati fallimentari ottenuti dall impiego di Bevacizumab, gli studi clinici sono stati indirizzati alla valutazione di altri agenti angiogenetici. Cascinu e coll. hanno condotto uno studio randomizzato di fase II che ha dimostrato come l aggiunta di Sorafenib alla doppietta chemioterapica Gemcitabina/Cisplatino non comporti una differenza statisticamente significativa nella PFS mediana (4.9 mesi nel gruppo trattato con l aggiunta di Sorafenib vs 3.3 mesi nel gruppo trattato con la sola chemioterapia; HR=1.01; CI 95%) in pazienti affetti da carcinoma pancreatico avanzato (36). Risultati simili sono stati riscontrati anche in uno studio multicentrico randomizzato in doppio-cieco, di fase III (studio BAYPAN) (37), che ha valutato l efficacia della combinazione della Gemcitabina con Sorafenib, un inibitore tirosin-chinasico multitarget, rispetto alla combinazione Gemcitabina-placebo in 104 pazienti non trattati con adenocarcinoma pancreatico avanzato o metastatico. Anche in questo caso, non sono state dimostrate differenze significative nella PFS mediana tra i due gruppi (5.6 vs 3.8 mesi, p = 0.601) e la sopravvivenza generale mediana è risultata simile (9.2 mesi vs 8.5 mesi, p = 0.146). L Axitinib, un altro inibitore multitarget di VEGFR e di altre tirosin-chinasi, è stato valutato per la sua azione antitumorale con Gemcitabina in un trial di fase II che comunque non ha fornito risultati statisticamente significativi (38). Il regime FOLFIRINOX Il regime FOLFIRINOX, una combinazione di 5-Fu, Irinotecan ed Oxaliplatino, è entrato nella pratica clinica nel trattamento del carcinoma del pancreas metastatico, in seguito allo studio clinico di Conroy et al, pubblicato sul New England Journal of Medicine nel 2011 (5). Lo studio, un trial multicentrico, di fase III, randomizzato, che confrontava il regime FOLFIRINOX verso la sola Gemcitabina in 342 pazienti affetti da carcinoma del pancreas metastatico, ha dimostrato la superiorità del FOLFIRINOX in termini di tasso di risposte obiettive (31.6% vs 9.4%, p< 0.001), sopravvivenza libera da progressione (6.4 vs 3.3 mesi; HR= 0.47, p< 0.001) e sopravvivenza globale (11.1 vs 6.8 mesi; HR= 0.57, p< 0.001). Anche la sopravvivenza ad un anno risultava marcatamente superiore nel braccio FOLFIRINOX rispetto al braccio Gemcitabina (48.4% vs 20.6%). Questi risultati, che non trovavano precedenti nei trial randomizzati di chemioterapia nel carcinoma del pancreas avanzato, confermavano l elevata attività del regime FOLFIRINOX osservata negli studi di fase II dagli stessi autori dove veniva riportato un tasso di risposte obiettive del 26%, una PFS mediana di 8.2 mesi ed una OS di 10.2 mesi (39). Come prevedibile, la tossicità N 1 MARZO 2013

18 16 New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives osservata nel braccio FOLFIRINOX risultava maggiore rispetto a quella riportata nel braccio Gemcitabina. In particolare, la neutropenia di grado 3-4 (45.7% vs 21%, p< 0.001) e la neutropenia febbrile (5.4% vs 1.2%, p= 0.03) risultavano più frequenti nei pazienti trattati con FOLFIRINOX, dove veniva riscontrato un uso più frequente di fattori di crescita granulocitari (42.5% vs 5.3%, p< 0.001). Anche la diarrea, la neuropatia sensitiva e la trombocitopenia grado 3-4 risultavano più frequenti nel braccio FOLFIRINOX. Tuttavia, la mortalità associata al trattamento è risultata bassa in entrambi i bracci con solo una morte tossica riportata in ciascun gruppo di pazienti. La maggior tossicità legata al trattamento del FOLFIRINOX non sembra aver impattato negativamente sulla qualità di vita globale dei pazienti, salvo per la maggior incidenza di diarrea durante i primi otto cicli di trattamento. Inoltre, il tempo prima del definitivo deterioramento della qualità di vita era significativamente superiore nei pazienti trattati con FOLFIRINOX rispetto a quelli che ricevevano sola Gemcitabina, verosimilmente come conseguenza del più lungo intervallo libero da progressione e della maggior efficacia del trattamento chemioterapico. Per comprendere meglio i risultati di questo studio ed inserirli nel contesto della pratica clinica è opportuno valutare con attenzione i criteri di inclusione dello studio stesso. Al contrario della maggior parte degli studi pubblicati, lo studio di Conroy ha incluso, ad esempio, solo pazienti con carcinoma del pancreas metastatico escludendo le forme localmente avanzate. A questo proposito. è interessante notare come in precedenti esperienze, una chemioterapia di combinazione con il GemOX aveva mostrato di determinare un maggior beneficio nella malattia metastatica rispetto alle forme localmente avanzate (20). L attesa tossicità correlata ad un trattamento aggressivo come il FOLFIRINOX ha inoltre richiesto dei rigorosi criteri di inclusione per la selezione dei pazienti. In particolare, sono stati inclusi pazienti precedentemente non trattati, di età inferiore a 75 anni, con un buon performance status (ECOG 0-1), senza una storia di cardiopatia ischemica e con valori di bilirubina nella norma (fino ad 1.5 volte il limite superiore della norma). Anche per questo motivo, la percentuale di pazienti con neoplasia della testa del pancreas inclusi nello studio (38%) è risultata sostanzialmente inferiore rispetto a quanto osservato nella normale pratica clinica nonché in altri studi randomizzati dove si colloca tra il 50% ed il 70%, così come relativamente bassa è stata la quota di pazienti arruolati portatori di stent biliare (14.3%). Nella pratica clinica, il trattamento con FOLFIRINOX andrebbe quindi riservato a pazienti giovani, con buon performance status e senza significative comorbidità, in centri con esperienza nel trattamento di pazienti ad elevato rischio di neutropenia febbrile. Lo studio di Conroy rappresenta comunque un significativo avanzamento nel trattamento del carcinoma del pancreas metastatico sia per i ragguardevoli risultati ottenuti in termini di sopravvivenza, con una sopravvivenza globale che supera gli 11 mesi, sia perché si tratta del primo studio randomizzato ad aver evidenziato un vantaggio a favore di una chemioterapia non a base di Gemcitabina. Lo studio apre inoltre la strada alla valutazione di regimi di polichemioterapia anche nell ambito della gestione multidisciplinare della neoplasia localmente avanzata. Il Nab-paclitaxel Il carcinoma pancreatico è solitamente caratterizzato da una scarsa vascolarizzazione e dalla presenza di un denso stroma desmoplastico attorno alla neoplasia, due fattori che rendono più difficile per i chemioterapici raggiungere le cellule tumorali. L utilizzo di farmaci in grado di colpire lo stroma rappresenta una delle novità del trattamento del carcinoma pancreatico emerse negli ultimi anni. Il Nab-paclitaxel è una formulazione di paclitaxel legato all albumina in nano particelle. Si tratta di un farmaco inizialmente sviluppato allo scopo di superare le difficoltà di utilizzo del paclitaxel, legate alla scarsa solubilità del farmaco ed alla conseguente necessità di impiegare solventi associati a possibili tossicità. Studi preclinici hanno dimostrato come il Nab-paclitaxel sia in grado di raggiungere in maniera efficace le cellule tumorali sfruttando i recettori per l albumina presenti sui vasi ematici tumorali e attraverso il legame con la proteina SPARC (Secreted Protein Acidic and Rich in Cysteine) (40). La proteina SPARC, una glicoproteina della matrice extracellulare, è frequentemente espressa nello stroma peritumorale ed è coinvolta nei processi di migrazione cellulare, proliferazione e rimodellamento tissutale. SPARC è spesso iperespressa nei carcinomi pancreatici ed è stato dimostrato come l espressione di SPARC da parte dei fibroblasti peritumorali rappresenti un fattore prognostico negativo in pazienti con carcinoma pancreatico operato; al contrario l espressione di SPARC da parte delle cellule tumorali non sembra correlato alla sopravvivenza. L attività clinica del Nab-paclitaxel nel trattamento del carcinoma del pancreas è stata inizialmente valutata in uno studio di fase I/II da Von Hoff et al (41). Lo studio ha valutato una combinazione di Gemcitabina (1000 mg/mq) e Nab-paclitaxel su un totale di 67 pazienti affetti da carcinoma del pancreas avanzato non precedentemente trattati. Ad una dose massima tollerata (MTD) di Nab-paclitaxel di 125 mg/mq, è stato osservato un tasso di risposte obiettive del 48% con una PFS mediana di 7.9 mesi, una OS di 12.2 mesi ed un tasso di sopravvivenza ad

19 New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives 17 1 anno del 48%. Allo scopo di confermare questi risultati promettenti è stato quindi avviato uno studio di fase III, lo studio MPACT, recentemente concluso, i cui risultati sono stati presentati al meeting ASCO GI 2013 (6). Lo studio ha confrontato la combinazione Gemcitabina + Nab-paclitaxel verso la sola Gemcitabina nel trattamento di prima linea di 842 pazienti affetti da carcinoma del pancreas in stadio IV. Obiettivo primario dello studio era la sopravvivenza globale (OS) ed il trial ha effettivamente dimostrato una sopravvivenza superiore nei pazienti trattati con Nab-paclitaxel rispetto a quelli trattati con sola Gemcitabina con una OS mediana di 8.5 mesi vs 6.7 mesi (p= ) ed un tasso di sopravvivenza ad 1 anno di 35% vs 22% (p= ). Tale beneficio si confermava nell analisi per sottogruppi in tutti i gruppi di pazienti analizzati, con un apparente maggior beneficio nei pazienti a peggiore prognosi (performance status scaduto, più di 3 siti metastatici, valori elevati di Ca 19.9). Il beneficio si confermava anche in termini di PFS con una PFS mediana di 5.5 mesi nel braccio sperimentale vs 3,7 mesi nel braccio standard (p= ) ed in termini di risposte obiettive con un tasso di risposte obiettive di 23% vs 7%. Per quanto riguarda le tossicità legate al trattamento, l aggiunta di Nab-paclitaxel ha determinato un incremento significativo dell astenia di grado 3-4 (17% vs 7%) e della neuropatia periferica grado 3-4 (17% vs 1%) rispetto alla sola Gemcitabina, oltre ad un aumento della tossicità ematologica, dimostrando comunque un profilo di tossicità piuttosto favorevole e facilmente gestibile. La combinazione Gemcitabina e Nab-paclitaxel rappresenta quindi una nuova opzione di trattamento per il carcinoma pancreatico avanzato. Conclusioni Il carcinoma pancreatico resta una delle neoplasie più aggressive con una prognosi che non è migliorata in maniera significativa negli ultimi anni. La Gemcitabina rappresenta il trattamento di riferimento nella malattia avanzata dal 1997 e i regimi di combinazione contenenti Gemcitabina valutati negli anni scorsi non hanno dimostrato di conferire un sostanziale beneficio in sopravvivenza. Recentemente due nuovi regimi chemioterapici si sono dimostrati superiori alla Gemcitabina in studi di fase III. I risultati sorprendentemente positivi osservati con lo schema FOLFIRINOX hanno fatto sì che questo regime, piuttosto intensivo, possa essere considerato un nuovo standard di trattamento per pazienti selezionati e motivati. Lo studio ha dimostrato inoltre, per la prima volta in un trial randomizzato, l efficacia di schemi di chemioterapia non contenenti Gemcitabina nel carcinoma pancreatico. Ancora più recente è la dimostrazione dell efficacia della combinazione di Gemcitabina e Nab-paclitaxel che sarà quindi presto disponibile nella pratica clinica come ulteriore opzione terapeutica nel carcinoma pancreatico avanzato. Negli ultimi anni si è assistito anche ad importanti progressi nella comprensione della biologia del carcinoma del pancreas. In particolare è migliorata la conoscenza delle alterazioni molecolari alla base delle neoplasie pancreatiche, si è riconosciuta l importanza del microambiente ed il ruolo delle cellule staminali tumorali. La sfida per il futuro sarà quella di migliorare queste conoscenze e traslarle nei nuovi studi clinici per introdurre nuove strategie terapeutiche. N 1 MARZO 2013

20 18 New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives Bibliografia 1. A systematic review of resectability and survival after concurrent chemoradiation in primarily unresectable pancreatic cancer. Morganti AG, Massaccesi M, La Torre G, et al. Ann Surg Oncol 2010 Jan;17(1): Cancer statistics, Jemal A, Siegel R, Xu J, Ward E. CA Cancer J Clin 2010; 60: Pancreatic cancer. Li D, Xie K, Wolff R, Abbruzzese JL. Lancet 2004;363: Improvements in survival and clinical benefit with gemcitabine as first-line therapy for patients with advanced pancreas cancer: a randomized trial. Burris HA, Moore MJ, Andersen J, et al. J Clin Oncol 1997; 15: FOLFIRINOX versus gemcitabine for metastatic pancreatic cancer. Conroy T, Desseigne F, Ychou M, et al. N Engl J Med May 12; 364(19): Gemcitabine plus nab-paclitaxel is an active regimen in patients with advanced pancreatic cancer: a phase I/II trial. Von Hoff DD, Ramanathan RK, Borad MJ, et al. J Clin Oncol Dec 1; 29(34): Survival benefit of chemotherapy treatment in advanced pancreatic cancer: A meta-analysis. Fung MC, Ishiguro H, Takayama S, et al. Proc Am Soc Clin Oncol 2003; 22: 288 (abstr 1155) 8. Chemotherapy improves survival and quality of life in advanced pancreatic and biliary cancer. Glimelius B, Hoffman K, Sjödén PO, et al. Ann Oncol 1996; 7: Chemotherapy prolongs survival in inoperable pancreatic carcinoma. Palmer KR, Kerr M, Knowles G, et al. Br J Surg 1994; 81: Phase III study of gemcitabine in combination with fluorouracil versus gemcitabine alone in patients with advanced pancreatic carcinoma: Eastern Cooperative Oncology Group Trial E2297. Berlin JD, Catalano P, Thomas JP, et al. J Clin Oncol 2002; 20: A randomized, prospective, multicenter, phase III trial of gemcitabine, 5-fluorouracil (5-FU), folinic acid vs gemcitabine alone in patients with advanced pancreatic cancer. Riess H, Helm A, Niedergethmann M, et al. J Clin Oncol 2005; 23: abstract LBA Gemcitabine plus capecitabine compared with gemcitabine alone in advanced pancreatic cancer: a randomized, multicenter, phase III trial of the Swiss Group for Clinical Cancer Research and the Central European Cooperative Oncology Group. Herrmann R, Bodoky G, Ruhstaller T, et al. J Clin Oncol 2007; 25: Gemcitabine and cisplatin in the treatment of advanced or metastatic pancreatic cancer. Heinemann V, Wilke H, Mergenthaler HG, et al. Ann Oncol 2000; 11: Phase II study of gemcitabine and cisplatin in the treatment of patients with advanced pancreatic carcinoma. Philip PA, Zalupski MM, Vaitkevicius VK, et al. Cancer 2001; 92: Phase II study of combination chemotherapy with gemcitabine and cisplatin for patients with metastatic pancreatic cancer. Ueno H, Okusaka T, Ikeda M, et al. Jpn J Clin Oncol 2007; 37:

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