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2 antropologia/etnografia Copyright 2007 Meltemi editore srl, Roma È vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata compresa la fotocopia, anche a uso interno o didattico, non autorizzata. Meltemi editore via Merulana, Roma tel fax info@meltemieditore.it

3 Massimo Canevacci Ribeiro LA LINEA DI POLVERE I miei tropici tra mutamento e autorappresentazione MELTEMI

4 Indice p 7 Premessa 11 Introduzione 23 Capitolo primo Dialogiche 23 Roma/Meruri 25 Leonida 30 Jerson 33 Kleber 38 Nominação 46 Funerale bororo 57 Capitolo secondo Transiti 57 Rappresentazioni 63 Eteronomie 69 Nativi de-nativizzati 74 Lo xavante e il video 79 Euclide tra i mundurucú 85 Transizione 87 Capitolo terzo Racconto

5 121 Capitolo quarto Mito bororo 121 Né crudo né cotto 126 Maracá 128 Mito 139 Capitolo quinto Funeral bororo 139 Camalote 145 BR 070 km Canto iniziale 162 Esumazione 170 Trasfigurazione 173 Scarificazione 195 Astuccio penico 202 Queimada 219 Capitolo sesto Sacri feticismi e relativismi sincretici 219 Il sacro e il tremendo 222 Sacro e religione 226 Il sacro sente la natura 230 Relativismi sincretici 235 Bibliografia

6 Introduzione La chiesa è piccola; delle pitture rappresentano un Cristo con le fattezze di un giovane bororo, sollevato da terra e con il diadema (pariko) in testa; alla sua sinistra un airone sta spiccando il volo e a destra due giovani hanno un arara sul braccio. Sulla sinistra, scritte in bororo: Mato itae imode taro rakado. Qui sta per avere luogo un funerale. Non il famoso funeral bororo, studiato e mostrato tante volte dagli antropologi come uno dei più straordinari esempi della complessità culturale indigena legata al rapporto morte/vita. Un funerale cattolico, esercitato dal giovanissimo salesiano Marcelo, essendo a Brasilia il missionario anziano. Dopo una fervente discussione notturna, Marcelo ha indossato i paramenti religiosi, pesantissimi e fortemente istituzionali. Insieme aspettiamo sulla soglia della chiesa l arrivo del pick-up con la bara e sempre insieme eravamo stati poco prima nella maloca dove la morta era esposta al lamento dei suoi cari. Una capanna molto malandata, forse per affinità con la malattia della donna cirrosi epatica determinata quasi sicuramente dall abuso di alcool; tanto più stridente con lo stile urbano delle altre case, le autoconstruções diffuse nelle periferie di tante metropoli brasiliane, che non sono composte di fango, foglie e rami, ma di cemento, mattoni e tegole. E sono ovviamente pulite. Nella maloca la bara era aperta per rendere visibile un ultima volta la morta ai parenti. Quando viene delicatamente Introduzione 11

7 Massimo Canevacci Ribeiro La linea di polvere 12 deposta dal pick-up a terra, la bara è (o appare) chiusa, eppure si avverte che il tipo di chiusura non è ermetica, il coperchio appare poggiato sopra piuttosto che serrato con chiodi. I parenti della morta sollevano la bara e la portano dentro la chiesa. Domando al mio informatore quasi casualmente perché la bara pare non essere ancora chiusa. La risposta è sorprendente. I salesiani hanno da tempo iniziato una offensiva contro il funeral bororo, che non è solo un rituale funebre sopravvissuto a un passato ormai finito (come vedremo), ma è parte costitutiva dell intera visione del mondo bororo, in una cultura che sta cambiando senza perdere la profondità delle tradizioni e trovando un continuo quanto incerto equilibrio tra passato e innovazione come accade in molte altre culture. La nostra ad esempio è attraversata dagli stessi squilibri, da qui l insistere quasi ossessivo sulla memoria. Memoria per tutti: ma non per i bororo, almeno secondo i precetti salesiani Nel funerale è racchiuso l intero senso del morire, del vivere e del sacro, qualcosa che va ben oltre la semplice religione nel suo significato istituzionale. Eliminare il funeral significa tagliare chirurgicamente la storia dei bororo, il loro essere al mondo e, dall altro lato, imporre la visione cattolica non solo del funerale e della morte, ma dell intera vita, compiendo un azione di de-culturazione violenta. Credo che il termine per indicare questa operazione sia uno solo: violenza simbolica di matrice coloniale. E questo tipo di violenza simbolica è ancora più forte di quanto immaginassi. In breve, attualmente sono i parenti che decidono il tipo di funerale per il morto, sulla base di complesse scelte individuali, familiari e di clan. Ma si era affermata la seguente prassi per chi aveva optato per il funerale cattolico: la bara veniva portata dentro la chiesa per seguire il nuovo rituale, solo che era vuota. Al posto del cadavere, vi erano sassi bendati. Il morto veniva portato al fiume dove si svolgeva il tradizionale funeral bororo.

8 Quando i salesiani si accorsero del trucco una geniale invenzione per trarre vantaggio da entrambi i contesti pretesero che le bare arrivassero ancora aperte per controllare l effettiva presenza del morto. Il gioco, se di gioco si trattava, era finito e il controllo si apriva sullo sguardo. Sulla base di questo esercizio di potere sui vivi attraverso il morto e la morte, Marcelo inizia una accesa omelia funebre in portoghese, dai toni alti e possenti, a volte suadenti e appassionati, muovendo le braccia e il corpo come fosse in un teatro: di fronte a 4-5 parenti che piangono sommessi piuttosto che ascoltare. Per fortuna non toccò il tema della metempsicosi, come aveva minacciato durante la discussione notturna, per ammonire i parenti (e la morta) contro ogni possibile eresia, ma si sforzò di chiarire il senso teologico della morte secondo la Chiesa romana. Il termine da utilizzare per questo processo di gerarchica acculturazione è probabilmente uno solo, neo-colonialismo, che permane anche nella questione post-coloniale. L episodio del funerale bororo attesta che questo termine molto usato per indicare un processo storico-culturale di ampio respiro è inadeguato per diverse ragioni, la principale delle quali è che il post non ha realizzato le sue premesse. La fase storica e politica che stiamo vivendo, infatti, è regressiva rispetto alle speranze che un processo articolato e liberato si mettesse in moto a partire dai contesti che avevano subito il dominio coloniale, e da cui erano usciti dopo la seconda guerra mondiale. La confusione che il prefisso post ha configurato su diversi modelli (post-moderno, post-industriale ecc.) è palesemente inadeguata o fallita nel caso del colonialismo. O di una sua parte significativa. Ma la mia critica è un altra: nei testi post-coloniali la questione indigena è assente per una causa evidente. Ai tempi del descubrimento, molte popolazioni pre-colombiane erano società senza Stato. Per cui una società termine già problematico in sé, che pur tuttavia utilizzo come Clastres senza es- Introduzione 13

9 Massimo Canevacci Ribeiro La linea di polvere 14 sere anche Stato non può, per logica implicita, passare dal coloniale al post-coloniale. Ulteriore attestato di una discriminazione che queste popolazioni si portano addosso da secoli. Nel contesto del Mato Grosso, la storia dei salesiani oscilla costantemente tra il difendere le popolazioni indigene e, nello stesso tempo, inserirle dentro il proprio universo culturale e religioso: affondare nelle loro radici (vocabolario, mitologie, rituali) e transitarle più o meno autoritariamente verso gli itinerari decisi dai missionari. E da Roma. La religione non appare una semplice sovrastruttura, bensì (come tante ricerche etnografiche hanno da tempo dimostrato) un complesso sistema di valori, credenze, visioni del mondo che, se reciso, causa un radicale collasso simbolico legato anche all auto-stima di quelle popolazioni. Così, l enorme e crescente potere economico salesiano non è solo parte di una politica strutturale, ma agisce contrassegnando finanziamenti all aldeia, aiuti ad personam, modifiche urbanistiche, investimenti tecnologici, assistenza medica che ridisegnano il senso del vivere quotidiano. Le loro opposizioni a fazendeiros e politicanti locali sono state e rimangono straordinarie, ma il prezzo che fanno pagare ai bororo (o agli xavante limitrofi) è enorme. Vorrei che tornassimo a interrogarci sulla pratica dell evangelizzazione come scambio simbolico per la protezione. E se questa tradizione ripresa con rigore dall attuale papa quando era ancora vescovo non sia un agire politico poco diverso da quello dei fazendeiros, costringendo in uno stato di dipendenza, quand anche protetto, le popolazioni indigene che inventano per sopravvivere continui aggiustamenti furbeschi. Questi espedienti, anziché sembrarmi risorse creative della resistenza indigena contro le manipolazioni dominanti (alla de Certeau per intenderci), mi appaiono disperati tentativi destinati al fallimento a causa dell enorme disparità di potere tra le parti in gioco. Piccole astuzie, mi si lasci dire, per contenere un potere eccessivo, ma entrambi astuzia e potere eccedenti il con-

10 trollo locale dal basso; si vorrebbe far fesso il padrone, padrone che vince sempre perché determina le regole e conosce le infrazioni (e come si bara) meglio di chiunque altro. Questo drammatico tentativo di giocare su più tavoli da parte dei bororo parenti del morto, lo vedo non tanto come una astuzia per sopravvivere, quanto come un disperato tentativo di controllare una situazione destinata sempre e comunque al fallimento. Per cui la via da seguire non è rivendicare questa guerriglia simbolica da parte dei dominati, quanto spezzare definitivamente le condizioni per cui il dominio si ripresenta come indistruttibile. Mettere in pratica azioni post-coloniali, se vogliamo chiamarle così, anche all interno delle popolazioni indigene che devono decidere autonomamente e non sulla base di uno scambio chiaramente ineguale se possono continuare a seguire la loro visione del mondo inserendosi nei loro modi e nei loro tempi dentro i processi di mutamento culturale; oppure se sono obbligati ad accettare un acculturazione di impostazione coloniale che ha l evangelizzazione come ago perforante della bilancia. La mia personale situazione è esemplificativa. L invito mi è stato rivolto come vedremo meglio sia dai bororo, che sono venuti a trovarmi in Facoltà a Roma, sia da Aivone, la dottoranda orientata da me per la propria tesi sui bororo che lavora presso l Università Don Bosco di Campo Grande, dove sta costruendo un importante museo indigeno. Per cui, in quel primo viaggio, che ripeto si svolge nell aldeia di Meruri, tutti dormiamo e mangiamo nella missione salesiana. È ovvio che tale appoggio non è neutrale e che veniamo percepiti tutti più che altro io, in quanto gli altri erano già dentro questa cornice come interni ai salesiani. O proprio salesiani, come è accaduto a me, quando mi accorsi di essere considerato da loro un padre Si tratta di un problema etico fondamentale che decido di affrontare esplicitamente, anche perché alcuni bororo ben presto percepiscono la mia esplicita distanza critica dai missionari e mi chiedono con discrezione una presa di Introduzione 15

11 Massimo Canevacci Ribeiro La linea di polvere 16 posizione. Che io ovviamente dichiaro e vivo immediatamente, ma non è sufficiente. L ospitalità delicata e gentile diventa un problema per chi come me in quella occasione si trova a intervenire da esterno in difesa della cultura bororo. Da qui la necessità di definire un mio posizionamento che esca da un evidente connotazione di ambiguità. E non sarà facile Per cui decido di essere (come penso sia giusto) cortese al massimo con la mia orientanda e i miei ospiti missionari, senza però nascondere le mie profonde convinzioni. La difesa dei bororo si fa favorendo la loro autonoma visione del mondo, anche e soprattutto religiosa, non separabile dal resto della loro cultura, senza costringerli in un doppio vincolo da cui non possono uscire: tra la resa all offensiva dei fazendeiros, che li vogliono modernizzare coltivando soia, e la difesa dei missionari, che li vogliono evangelizzare per coltivare le loro anime, non c è soluzione. Il mio problema è reso ancora più drammatico dalla consapevolezza che io resterò qui per poco, per tornare a San Paolo e poi a Roma; e anche se è ovvio che da tale doppio vincolo solo essi stessi si possono liberare, la mia situazione rimane ambigua. I bororo rischiano di perdere sia se scelgono di entrare dentro la logica statuale e produttiva della società brasiliana, sia se scelgono di essere difesi dai salesiani che li indottrinano su valori teologici che non sono i loro. Questo è il doppio vincolo di un acculturazione contemporanea che si diffonde in molti angoli del mondo e che produce effetti nefasti e spesso perversi: la sensazione disperata per chi sta dentro questi doppi lacci è che come ti muovi sbagli. I mutamenti culturali basati su processi acculturativi dominanti sono fondati su dislivelli che avvolgono i gruppi più deboli e periferici come i bororo. Così un singolo individuo, una famiglia, un clan o l intero villaggio si trovano in questa situazione a doppio vincolo: se si costringono dentro i modelli seduttivi irradiati dai centri dell Occidente, dimostrano di adeguarsi al cambiamento ma rimpiangono l identità

12 passata; se rifiutano di inserirsi, rimangono in un identità ormai bloccata e vivono la frustrazione del mancare la contemporaneità seduttiva. Se decidono di vivere questi mutamenti, rischiano di perdersi in quanto l abbandono delle tradizioni è vissuto con senso di colpa, ansia, sconfitta. Ma un analoga sensazione di perdita si manifesta se rimangono isolati, in quanto il legame inverso con i modelli innovativi è seduttivo e la rinuncia vissuta con dispiacere, emarginazione, risentimento favorisce il percepirsi come residui marginali. Questo modello acculturativo, che si diffonde irresistibilmente nelle periferie, e quindi anche nei villaggi nativi dei bororo, può produrre un doppio vincolo di natura antropologica, in quanto coinvolge l intera gamma delle espressioni esplicite e implicite, i valori strumentali ed espressivi, i comportamenti razionali ed emotivi, i linguaggi verbali e corporei di ognuno. La transizione verso la modernità è avvertita come obbligata e, insieme, percepita come uno smarrimento della propria identità. Sempre più spesso numerose culture contemporanee (si pensi alle diverse culture arabe e musulmane) si trovano avvolte da questi lacci contraddittori secondo i quali o ci si deve rivitalizzare per morire culturalmente; oppure, per non cambiare, ci si deve rifugiare in atteggiamenti passivi e anomici: il vecchio modello di vita è inservibile; quello nuovo inutilizzabile Molte cadute dell autostima da parte di queste persone sono determinate dalla difficoltà di tagliare questo doppio vincolo tra una seduttiva modernità, cui si accede perdendosi o da cui ci si ritira frustrandosi. Salesiani e fazendeiros giocano entrambi con i doppi lacci di queste quotidiane ambiguità comunicazionali, tra i quali rimangono vincolati i bororo. Per questo vedo l auto-rappresentazione e l uso decentrato delle nuove tecnologie digitali come una possibilità di tagliare il doppio vincolo affermando la propria autonoma visione del mondo e gestendo con i loro linguaggi e le loro soggettività le potenzialità della cultura digitale dentro la loro storia. Introduzione 17

13 Massimo Canevacci Ribeiro La linea di polvere 18 Per tornare alla mia difficile situazione, ero perfettamente consapevole che ogni autonoma visione del mondo ha a che fare con il potere (e con la politica nel suo significato tradizionale), e io certamente non sono in grado di offrire un contro-potere né una presenza continua, visto che la mia permanenza non può che essere breve oltre che solitaria. Cerco di dare la soluzione più limpida possibile, e per manifestare il massimo rispetto verso Aivone, i salesiani, i bororo e me stesso, non posso che essere coerente con quella che è la mia verità fondata sul nesso antropologia, mutamento culturale, autonomia individuale di ciascuno, nativo o metropolitano che sia. Non pretendo che sia la verità generale (cui tra l altro non credo), né che io mi sostituisca con un terzo segno diverso alla politica di salesiani o fazendeiros. Affermo una scelta di campo posizionata su un principio netto: che la ricerca etnografica non si basa su una neutrale o astuta scientificità oggettiva in nome della scienza, del progresso o di una religione universali, ma che rivendica teoricamente e favorisce pragmaticamente la fuoriuscita da una condizione coloniale di dominio che salesiani e fazendeiros continuano a riproporre sotto i vessilli della loro protezione religiosa o di una presunta civiltà. L antropologia o, meglio, l etnografo deve prendere posizione nella sua singolarità e portare questa sua posizione nel dibattito politico, culturale e religioso che riguarda il conflitto tra universalismo e cosiddetto relativismo. Laddove questo non è più la caricatura delle teorie anni Trenta-Quaranta, come politici e teologi interessati continuano a propagandare, ma cosa ben più seria, fondata sulle scene contemporanee dei conflitti che attraversano tante zone del mondo. La conclusione è semplice e netta: la condizione post-coloniale contiene numerose ambiguità, tra le quali mi interessa sottolineare l evidenza che essa non riguarda solo i paesi ora Stati-nazioni che hanno subito il dominio coloniale e ne sono usciti a partire dagli anni Cinquanta-Sessanta. Dentro

14 tale dislivello di potere ci sono le popolazioni indigene, anche se o proprio in quanto non hanno mai avuto lo Stato, per cui il dominio coloniale non è potuto transitare neanche con quella ambigua procedura costituzionale dell indipendenza. L indipendenza indigena ha significato il riconoscimento delle terre come riserva. Ma queste minuscole enclaves accusate di sproporzione tra estensione del territorio e scarsità della popolazione dai soliti fazendeiros e politicanti senza scrupoli in generale non sono riuscite ad avere un autonomia politica che le abbia rese un soggetto legittimato a essere parte attiva della propria liberazione. Così, paradossalmente, queste popolazioni indigene sono state escluse anche dal processo post-coloniale, in quanto non sono mai state colonie in senso stretto. Una colonia per essere tale deve aver avuto nel suo passato qualcosa che l abbia fatta assomigliare allo Stato: come per l India o l Egitto. Ma per i tupi-guaraní, gli xavante, i bororo società senza Stato si è passati direttamente dalla condizione di libertà a quella di soggetti privati di tutto. Anche di essere colonizzati. E persino di essere esclusi come parte del processo post-coloniale. Ulteriore paradosso: si pensi agli eredi di quelle popolazioni che invece hanno avuto uno Stato come inca, aztechi, maya distrutto più di 500 anni fa: anche loro sono esclusi dai movimenti post-coloniali in quanto il loro, di Stato, fu distrutto dai conquistadores. Questo è un paradosso singolare che riproduce la discriminazione e allontana la soluzione progressiva per queste persone e per queste aree geografiche. Le vene aperte dell America Latina Il mancato raggiungimento di questo post non riguarda solo molti paesi legittimamente ex coloniali, ma tutte quelle popolazioni indigene che fanno parte degli stessi paesi coloniali, e che vengono uniformati a essi perdendo ogni loro specificità e differenza. Sbagliando due volte, in quanto i nativi sono stati i primi a essere dominati dall Occidente, per cui a volte (come nel caso del Brasile) non esiste alcuna uniformità sim- Introduzione 19

15 Massimo Canevacci Ribeiro La linea di polvere 20 metrica tra paesi coloniali e popolazioni indigene. Anzi Queste ultime, stando fuori dagli Stati ex coloniali e avendo una loro storia non riducibile a la storia occidentale, devono avere una loro autonomia giuridica e politica che li diversifichi dai loro stati di appartenenza pur facendone ormai parte. E questi stati dovrebbero finalmente avere una politica indigenista. È uno strano paradosso che il Brasile, che ha avuto paese unico al mondo un presidente sociologo e la sua consorte antropologa per ben due mandati, e l attuale suo successore, Lula, esponente del movimento progressista dei lavoratori, non sia riuscito a favorire questa autonomia politica e culturale delle proprie popolazioni indigene legittimando la loro fondamentale importanza per il mosaico culturale del loro paese. In conclusione, questo libro afferma l urgenza di includere molte popolazioni indigene come parte costitutiva di quel processo che a questo punto vede il termine post-coloniale come stretto e da riformulare, all interno del quale si ricerca l autonomia politica e culturale dopo l indipendenza, movimento che forse anche a causa di queste assenze non riesce a esprimere al meglio le potenzialità di liberazione al proprio interno e nel più ampio orizzonte contemporaneo. Il posizionamento del ricercatore, in questa prospettiva che incrocia scenari mondiali ed estremamente locali, non può essere di puro scienziato che trova auto-soddisfazione nella sua ricerca, ma di soggetto che compie una scelta di campo al lato delle persone insieme alle quali compie la ricerca (e non sulle spalle, come in una delle metafore più infelici di Geertz) per la loro autonomia dalle intromissioni religiose o economico-politiche, sapendo benissimo che queste ultime distinzioni sono inutili e senza senso. La mia personale posizione è nata dall ambiguità tra l invito dei bororo e quello di Aivone, che pure è una carissima persona cui va la mia più grande gratitudine. Ma, proprio per il profondo rispetto che nutro per lei e per i salesiani che mi hanno ospitato, non posso nascondere la mia collocazione

16 contro qualsiasi ingerenza ideologica esterna e in particolare religiosa con fini di chiara matrice coloniale evangelizzatrice verso le popolazioni bororo. De Certeau era un gesuita, forse per questo conosceva bene i meccanismi di contrattazione e di furbizia illegale da parte di soggetti costretti dallo strapotere dei dominanti a inventare una vita quotidiana densa di astuzie. Eppure, le sue considerazioni sulle culture indigere brasiliane, se lette ora appaiono ancora più datate e fallimentari del suo più generale paradigma popolare-populista. Mi è difficile intendere e apprezzare il perché del suo successo attuale tra non pochi pensatori critici che stimo. Eppure il finale della storia funeraria con cui è cominciata questa mia introduzione è brutalmente chiaro: qualche astuzia può anche permettere di sopravvivere per un po lasciando il resto in ottima salute (il potere), ma la questione di fondo è che, se i bororo venissero convinti ad abbandonare il loro funerale in conseguenza dell evangelizzazione, questa sarebbe una sconfitta principalmente per loro e per la loro autonomia culturale, ma anche per tutti quelli che desiderano avere una visione critica sulle relazioni di potere e autonoma sui processi di liberazione. La bara piena di sassi, anziché un astuzia dal basso che cerca di sopravvivere nei confronti di un potere frontalmente troppo forte, mi si presenta come il lato duro di un doppio vincolo dentro cui i bororo sono collocati e per uscire dal quale dovrebbero trovare soluzioni del tipo che mostrerò durante la ricerca. Ma essa resta un indicatore estremo quanto inoppugnabile di come la violenza dell evangelizzazione costringa queste persone a trovare drammatiche vie d uscita per una situazione insostenibile. Il funeral bororo non si può sincretizzare con il funerale cattolico. E allora la conclusione della storia per me è chiara ed è la seguente: antropologi, politici e missionari dovrebbero collocarsi a lato dei bororo, non sopra le spalle o di fronte, e nemmeno di dietro, perché si dialoga di lato proprio per fa- Introduzione 21

17 Massimo Canevacci Ribeiro La linea di polvere 22 vorire la libertà di decidere senza costrizioni esogene di carattere ideologico-materiale le proprie visioni del mondo. E del proprio funerale Questo può essere l inizio di un processo post-coloniale che includa anche i bororo o altre popolazioni indigene.

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