6 Obiettivo del Millennio
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- Guglielmo Parente
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1 DOSSIER 6 Obiettivo del Millennio Combattere l HIV/AIDS, la tubercolosi, la malaria e le altre malattie Il criterio con cui la redazione di Un Mondo Possibile ha confezionato questo dossier è di unire la riflessione di operatori ed educatori alle riflessioni di studiosi e di ricercatori, in particolare abbiamo interpellato i responsabili della educazione salesiana delle principali nazioni africane. Carlo Federico PERNO, Professore ordinario di virologia all Università di Roma Tre Jonathan MANN, Responsabile per l ONU dei progetti contro l AIDS Piero GAVIOLI, SDB-Responsabile della Pastorale Giovanile di Lubumbashi, R.D.Congo François DUFOUR, SDB-Ispettore Provinciale del Sud Africa Elena RASTELLO, FMA-Responsabile per il Kenya Luiz PICCOLI, SDB-Maestro dei novizi in Mozambico e Angola Camiel SWERTVAGHER, SDB-già Ispettore Provinciale della R.D. Congo EDUCAZIONE ALLA MONDIALITÀ Beatrice Giorgi UN M NDO P OSSIB I LE
2 OGGI L AIDS È LA PRIMA CAUSA DI MORTE IN AFRICA, IL CONTINENTE IN CUI VIVONO TRE QUARTI DEI SIEROPOSITIVI E DEI MALATI DI AIDS, E IL 90% DEGLI ORFANI PER AIDS DI TUTTO IL PIANETA. L AIDS PROVOCA INFERMITÀ GRAVI E GENERA PAURA: ALMENO IL 50% DELLE NUOVE INFEZIONI DA HIV SONO TRA I GIOVANI; CIRCA 10 MILIONI DI GIOVANI È AFFETTO DA AIDS, DI CUI 6,2 NELL AFRICA SUB-SAHARIANA E 2,2 IN ASIA. ATTUALMENTE SONO STIMATI IN CIRCA 15 MILIONI I RAGAZZI SOTTO I 18 ANNI CHE SONO ORFANI A CAUSA DELL AIDS; DI ESSI CIRCA 12 MILIONI VIVONO NELL AFRICA SUB-SAHARIANA E IL NUMERO POTREBBE SALIRE A 18 MILIONI NEL GLI OPERATORI DEL VIS, I VOLONTARI IN SERVIZIO SI TROVANO COSTANTEMENTE DI FRONTE ALLA TRAGEDIA DI VEDER MORIRE I GIOVANI PER I QUALI LAVORANO AL FIANCO DEI SALESIANI. I SALESIANI, SENSIBILI SOPRATTUTTO ALL ASPETTO DI PREVENZIONE DEL PROBLEMA, HANNO TENUTO NEL 2001 A NAIROBI UN PRIMO RADUNO DEI SALESIANI DI TUTTE LE NAZIONI AFRICANE CUI SI ESTENDE LA LORO ATTIVITÀ PER CONFRONTARE LE LORO RISPOSTE ALLA SFIDA DELLA MORTE PER AIDS. A DUE ANNI DI DISTANZA, NUOVAMENTE A NAIROBI NEL 2003, HANNO ESAMINATO IL RISULTATO DEI LORO PROGETTI, ANCHE PER UNIFICARE MEGLIO SFORZI E RISPOSTE. PER QUEST ULTIMA DILAGANTE TRAGEDIA ABBIAMO UNA FRONTIERA APERTA NEL CONTINENTE AFRICANO, NEI 42 PAESI IN CUI SIAMO PRESENTI: QUI LA RISPOSTA ATTUALMENTE È CONCENTRATA SOPRATTUTTO NELL EDUCAZIONE PREVENTIVA CON INCONTRI, MATERIALE AUDIOVISIVO E OPUSCOLI NELLE DIVERSE LINGUE. DICE DON PASCUAL CHÁVEZ, RETTOR MAGGIORE DELLA CONGREGAZIONE SALESIANA. L AIDS e l Africa Carlo Federico Perno - Prof. Ordinario di Virologia Università di Roma Tre L AIDS è una malattia che presenta problemi di carattere non solo medico, e che quindi richiede un attenzione multidisciplinare per poter essere risolta prima che divenga un vero flagello. Le sue caratteristiche, geografiche, di distribuzione nella popolazione, di modalità di trasmissione, e infine di evoluzione nel tempo, lo rendono paragonabile al flagello della peste, che colpì l Europa durante il Medioevo, e che si portò via circa un terzo dell intera popolazione dell epoca. Il virus HIV è senza alcun dubbio, e al di là di qualsiasi ragionevole ipotesi, la causa dell AIDS. Tale virus origina in Africa dagli scimpanzè, da cui si è trasferito agli uomini in un epoca valutabile nella prima metà del secolo scorso. Nel suo lento evolvere e diffondersi nella popolazione africana, esso ha selezionato ceppi virali particolarmente aggressivi, in grado di uccidere la persona infettata, non prima di essersi trasmesso ad altre persone, prevalentemente tramite rapporti sessuali. In tal modo è co-
3 DOSSIER 6 obiettivo del Millennio minciata l epidemia, che si è manifestata, nella sua complessità, solamente all inizio degli anni 80, quando la sua comparsa anche in occidente ha creato l allarme. Il paradosso, quindi, è che la malattia è nata in Africa, ha colpito prevalentemente persone africane, continuerà a colpire soprattutto uomini e donne di quel continente, ma l attenzione su di essa si è destata solo quando si è diffusa nei Paesi ricchi. Da allora, dai primi anni 80, è cominciata questa lunga rincorsa dietro al virus HIV, che ci ha visti inizialmente perdenti, in quanto l AIDS, non appropriatamente curato, ha una mortalità che si avvicina al 100%. Grazie agli sforzi di tante persone, di enti pubblici e privati, incluse le compagnie farmaceutiche, che hanno visto nell AIDS uno straordinario Il paradosso, è che la malattia è nata in Africa, ha colpito prevalentemente persone africane, ma l attenzione su di essa si è destata solo quando si è diffusa nei Paesi ricchi Leto business, nell arco di 20 anni dalla prima segnalazione di questa malattia, la mortalità è passata in occidente dal 100% circa, a cifre inferiori al 10%. Senza dubbio è ancora un grande problema, che richiede particolare attenzione, ma la fase più drammatica, almeno da noi, sembra ormai dietro le spalle. Oggi abbiamo disponibili decine di farmaci antivirali e, se la malattia è diagnosticata in tempo, la sopravvivenza è garantita. Nulla invece ancora possiamo fare per l eradicazione del virus. Chi è infettato tale resterà per tutta la vita, almeno stando alle conoscenze attuali. Pertanto, la terapia antivirale dovrà essere data per tutta la vita. Questo chiaramente aumenta i costi, e le difficoltà di gestione, tuttavia l occidente è attrezzato di fronte a questa emergenza. Cosa accade invece in Africa e, in genere, nei Paesi in via di sviluppo? La situazione è molto più drammatica e ancora senza una soluzione reale. Solo in Africa, oggi il virus HIV ha già colpito decine di milioni di persone e, sempre e solo in Africa, ogni anno miete più di un milione di morti. La trasmissione del virus è prevalentemente per via sessuale, quindi il virus colpisce la fascia giovane, economicamente produttiva, inclusa la classe dirigente. Il risultato è che l aspettativa di vita, notevolmente aumentata nei Paesi africani negli ultimi anni, ha subito, proprio e solo a causa dell AIDS, un netto decremento, riportandosi ai livelli di alcuni anni addietro. E scenderà ancora, se non troveremo soluzioni. In aggiunta, colpendo le generazioni di giovani, l AIDS sta falcidiando le EDUCAZIONE ALLA MONDIALITÀ 5
4 Beatrice Giorgi 6 persone che producono: i contadini, gli operai, ma anche gli insegnanti, i medici, i politici stessi, insomma, quella classe dirigente la cui mancanza rappresenta una delle principali ragioni della povertà di un continente dotato di straordinarie risorse del suolo e del sottosuolo. Ecco quindi che l epidemia di AIDS assume contorni ben più ampi della sola emergenza medica. La morte dei contadini significa terra non lavorata, e quindi mancanza di raccolto, e quindi la carestia. La mancanza di medici e infermieri significa mancanza di cure per le altre malattie che falcidiano il continente nero, prime fra tutte malaria e tubercolosi. La scomparsa di una classe dirigente significa mancata gestione delle risorse dei Paesi africani, signi- Oggi si propone la prevenzione della trasmissione del virus da madre a figlio tramite il trattamento al parto fica conflitti sociali, e guerra civile. Le trasmigrazioni di popolazioni a causa delle guerre favoriscono la trasmissione del virus (violenze sessuali, aumento dei rapporti promiscui, eccetera) e quindi si chiude il cerchio che porterà, senza interventi rapidi ed efficienti, alla letterale sparizione di intere popolazioni africane. Leto Dondo, Angola. Un bambino nato da mamma sieropositiva viene dato in allattamento ad una donna sana per evitare il rischio di contrarre l HIV Allora, quali sono le prospettive? Esiste un futuro per il continente africano? La soluzione è nelle nostre mani di occidentali agiati. La decisione da prendere è se vogliamo seriamente intervenire in Africa, portando laggiù gli standard di prevenzione e cura che, in occidente, hanno enormemente ridotto non solo la mortalità da
5 Serve quindi uno sforzo congiunto, in cui alle compagnie farmaceutiche che devono ridurre i costi dei farmaci devono affiancarsi gli Stati occidentali fano non sarà comunque in grado di sopravvivere. Si sostiene che la terapia antivirale secondo standard occidentali non è fattibile in Africa per tante ragioni, legate a carenze economiche, mancanza di strutture, disattenzione degli africani nell assumere adeguatamente la terapia. Tutto questo in realtà rappresenta più un alibi all organizzazione di un serio intervento, che non un ostacolo reale. Oggi l occidente ricco e benestante non ha ancora dato una piena disponibilità ad investire, pagando di suo, sulla salute degli africani. Gli interventi sono sporadici, non organizzati, e finalizzati al raggiungimento di obiettivi minimali. La colpa di ciò è più degli Stati che non investono, che delle compagnie farmaceutiche che, essendo finaliz- Leto AIDS, ma anche la trasmissione del virus. Gli interventi infatti sono di tipo sociale, mirati ad incrementare la consapevolezza della gravità della malattia, e a prendere le più appropriate precauzioni, non solo a livello personale, ma anche sociale. Ma sono interventi anche di tipo medico, finalizzati a trasporre, in Africa, gli standard terapeutici occidentali. E qui si pone il problema più serio. A causa della mancanza di risorse, gli standard previsti per la terapia dell AIDS in Africa sono ridotti ai minimi termini, e comunque lontanissimi da quelli occidentali. Oggi si propone la prevenzione della trasmissione del virus da madre a figlio tramite il trattamento al parto. Ma così, ammesso che il bambino si salvi, la madre non trattata morirà di AIDS, e l orzate al guadagno, hanno tutto l interesse a portare la terapia antivirale in Africa, anche se i costi della terapia antivirale dovranno essere abbattuti e portati a livelli sostenibili. Serve quindi uno sforzo congiunto, in cui alle compagnie farmaceutiche che devono ridurre i costi dei farmaci devono affiancarsi gli Stati occidentali, che rendano disponibili le risorse per interventi seri di prevenzione e di terapia, sicuramente possibili e fattibili, come dimostrano gli straordinari risultati ottenuti dove tali interventi sono stati proposti ed attuati. In alcune zone dell Africa, le poche dove gli interventi sono stati seri e professionali, secondo standard occidentali, la mortalità da AIDS è letteralmente crollata, come anche la trasmissione del virus. Allora, in conclusione, serve un grande lavoro culturale che tolga la foglia di fico della non fattibilità di interventi seri in Africa, e stimoli invece alla loro attuazione, partendo dal principio che la solidarietà umana non è un concetto astratto, ma si basa sul non diritto alla ricchezza che deriva dall essere nato in un Paese ricco rispetto ad un Paese povero. Noi non abbiamo alcun diritto acquisito, quindi il nostro impegno deve essere quello di mettere a disposizione di chi è povero le stesse opportunità offerte a noi. È chiaro che questo costa, in termini economici e di fatica, ma credo che sia giunto il tempo di osare per condividere, perdere qualcosa per guadagnare molto di più, la vita di un intero Continente. DOSSIER 6 obiettivo del Millennio 7EDUCAZIONE ALLA MONDIALITÀ
6 L AIDS e l Africa A colloquio con il prof. PERNO QUALI POSSONO ESSERE LE TIPOLOGIE D INTERVENTO PER L AIDS? L AIDS è una malattia la cui trasmissione è legata a costumi sessuali che nascono e sono radicati in secoli di tradizioni in Africa, quali la poligamia e la libertà sessuale. È quindi evidente che la soluzione del problema passa anche attraverso un cambiamento culturale, senza cui la sopravvivenza di alcuni popoli è posta seriamente a rischio. È evidente che la soluzione più incisiva è nel cambiamento verso comportamenti che sappiamo far parte del bene dell uomo, come quelli di un sesso inserito nel contesto dell affettività matrimoniale. Questo però è un punto d arrivo. Bisogna arrivare a definire, a far accettare dei comportamenti che non si possono ottenere dall oggi al domani, bensì richiedono anni, decenni. Nel frattempo, molte persone moriranno. Cosa fare? Bisogna creare cultura, far passare continuamente i messaggi della ricchezza del sesso inserito nel matrimonio. Strumenti come il preservativo, indubbiamente validi da un punto di vista tecnico, devono però essere visti non come armi finali di distruzione dell AIDS, ma come strategie di contenimento del danno, senza dare ad essi valori che non hanno. E DAL PUNTO DI VISTA EDUCATIVO COME SI PUÒ INTERVENIRE? Molti programmi di prevenzione dell AIDS prevedono semplicemente la distribuzione gratuita dei preservativi. Ciò è a mio parere del tutto inaccettabile. Non posso pensare che il problema per la società civile occidentale si riduca nel dire ai neri d Africa: Metti il preservativo e fai quello che vuoi. Sul piano pratico, il preservativo riduce sostanzialmente la trasmissione del virus, ma sappiamo che non l elimina. Ma se uno si sente sicuro perché ha il preservativo potrebbe avere un comportamento più a rischio di quello che avrebbe senza. Quindi, ammesso che il preservativo riduca il rischio di trasmissione del virus (il preservativo può rompersi o non essere indossato correttamente), è da evitare che comportamenti a rischio, resi estremi dalla falsa sicurezza data dal preservativo, ne vanifichino i potenziali vantaggi. Per queste ragioni sottoscrivo appieno l approccio della Chiesa Cattolica quando dice che il profilattico non è la risposta all AIDS, e condivido i criteri che ne sono alla base. Da qui ad escludere completamente il suo uso ai fini di prevenzione di una malattia mortale come l AIDS, sono però più in difficoltà. Come uomo e credente, mi pongo una domanda fondamentale: le leggi sono state date all uomo per regolarne la sua vita, sapendo che la vita dell uomo è il bene più grande. Se avessi la certezza che il preservativo in una certa situazione può salvare una vita, mi sentirei libero, eticamente parlando, di difendermi con il profilattico, perché una vita vale più del preservativo e della legge che lo regola. Da qui nasce una scelta antropologica, mirata sull uomo e sulla sua salvaguardia. QUESTO CAMBIAMENTO CULTURALE COME SI PUÒ ATTUARE CONCRETAMENTE? In Mozambico, nell ambito del programma DREAM della Comunità di Sant Egidio, abbiamo impiegato molto tempo a convincere le mamme sieropositive a non allattare i bambini perché sappiamo che attraverso il latte si trasmette il virus, e ad usare il latte artificiale. Ciononostante, per molto tempo le mamme, hanno allattato i bambini, come richiesto da comportamenti radicati da generazioni. Piano piano qualcosa sta cambiando. Tramite investimento di tempo ed energie, è oggi possibile consolidare il principio che attraverso certi comportamenti si evita di infettarsi. COME AVVIENE LA TRASMISSIONE DEL VIRUS? La trasmissione del virus è nella maggioranza dei casi di origine sessuale, anche se si verificano casi di trasmissione a livello ospedaliero: attraverso le siringhe, le trasfusioni con sangue infetto. Quindi la trasmissione non sessuale esiste, ma rappresenta una piccola parte non quantificabile, forse, e al massimo, il 10-20% del totale del contagio (inclusi i casi di trasmissione del virus tramite pratiche taumaturgiche di tipo stregonesco, quali ad esempio le incisioni della pelle con strumenti potenzialmente infetti). La dimostrazione del primato della trasmissione sessuale è dato dalla prevalenza di donne come vittime del contagio del virus (al contrario dei Paesi occidentali). Il 70% delle persone infettate da HIV in Africa sono donne, che acquisiscono il virus HIV tramite i loro uomini, che il più delle volte lavorano lontano da casa, e hanno rapporti con prostitute o con donne al di fuori del proprio contesto. Quando ritornano, inseriscono il virus nel contesto familiare. Allora, qual è il messaggio che si cerca di far passare nella prevenzione dell AIDS? Lo sviluppo della cultura della monogamia, una cultura che renda edotti dei rischi del sesso libero, e infine una cultura di tipo medico. Bisogna incrementare il controllo sulle sacche di sangue, usare siringhe monouso in modo tale che si riduca almeno la quota di trasmissione del virus di tipo iatrogeno, cioè indotta da eventi riconducibili a pratiche mediche; ma la riduzione dell altro 80% deve passare attraverso questo lento e graduale cambiamento di costume.
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