Il tumore vescicale superficiale
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- Adelina Ruggeri
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1 Dipartimento Chirurgico - Ravenna U.O. Urologia Aziendale Il tumore vescicale superficiale "non muscolo invasivo" (NMI) Informazioni utili
2 Dipartimento Chirurgico - Ravenna U.O. Urologia Aziendale Il tumore vescicale superficiale "non muscolo invasivo" (NMI) Informazioni utili
3 Il presente opuscolo è stato realizzato a cura dell U.O. di Urologia Aziendale del Dipartimento Chirurgico - Ravenna, dell Azienda USL della Romagna. Direttore U.O. Dott. Salvatore Voce Si ringrazia per la collaborazione alla stesura: CPSI Monica Zanzani CPSE Emanuela Pasi AZIENDA USL DELLA ROMAGNA U.O. AFFARI GENERALI E SEGRETERIA - RAVENNA Composizione ed impaginazione: Claura Campanini Stampa: a cura del Centro Stampa di Ravenna Ravenna: stampa aprile
4 INDICE Premessa pag. 6 Il tumore della vescica Vescica - brevi cenni anatomici pag. 7 Manifestazioni cliniche pag. 8 Definizione e classificazione anatomo/patologica pag. 9 Epidemiologia e fattori di rischio pag. 12 Evoluzione pag Gruppi prognostici pag Stadiazione clinica ed anatomo/patologica pag. 17 Sintomatologia pag. 19 Diagnosi pag Ecografia pag Citologia urinaria pag Markers cellulari pag Uretrocistoscopia pag Uro-Tac pag. 24 Terapia chirurgica e medica pag TURBT pag Immunoterapia intravescicale pag Chemioterapia intravescicale pag. 29 5
5 Premessa La realizzazione di questo opuscolo informativo nasce con l'intenzione di semplificare l'interpretazione di metodiche e comportamenti utilizzati nella diagnosi e la cura di una patologia molto frequente che colpisce uomini e donne: il tumore vescicale superficiale o meglio definito come "non muscolo invasivo". Vedremo di seguito cosa è utile sapere su questo argomento, come si manifestano i principali sintomi, i segnali di allarme e l'atteggiamento che all'interno della nostra unità operativa si utilizza per la diagnosi, il trattamento e la sorveglianza di questo tipo di neoplasia vescicale. 6
6 Il tumore della vescica Vescica - brevi cenni anatomici Cosa è utile sapere La vescica è l'organo deputato a raccogliere le urine prodotte dai reni. La parete della vescica è costituita da 4 strati: mucosa, sottomucosa, muscolare e sierosa. Il tumore vescicale è una malattia abbastanza comune che prende origine dall'epitelio della mucosa: urotelio (strato più interno della parete) e può essere: 1 superficiale o non muscolo invasivo, 2 infiltrante (invade la parete muscolare e/o sierosa). La tendenza al sanguinamento urinario caratterizza ogni sua forma. Il tipo più frequente di tumore vescicale è il carcinoma uroteliale (in inglese UCC: Urotelial Cell Carcinoma) chiamato così perché origina dall'epitelio dell'organo, chiamato Urotelio. Cause E ormai accertato che alcuni fattori di rischio predispongono a UCC: il fumo di sigaretta, rappresenta il fattore più importante. I cancerogeni contenuti nel fumo penetrano nel sangue e vengono eliminati con le urine, prima di essere espulsi agiscono per diverse ore sulle pareti della vescica; 7
7 lavoratori esposti alle ammine contenute in vernici e coloranti di anilina, possono promuovere la cancerogenesi vescicale; la pregressa radioterapia sulla pelvi, per esempio per curare i tumori prostatici, dell'endometrio e ovarici, può predisporre lo sviluppo di carcinomi della vescica; predisposizione genetica. Manifestazioni cliniche L'ematuria (presenza di sangue nelle urine) è il sintomo tipico del tumore vescicale. Anche solo un episodio sporadico deve sempre essere approfondito. Molto spesso l'ematuria da papilloma non si accompagna ad altri sintomi, pertanto viene definita "a ciel sereno". Se invece il papilloma cresce sul pavimento della vescica può indurre frequenza urinaria, urgenza minzionale, nicturia. Tumori uroteliali sorti sul collo vescicale possono causare anche un quadro ostruttivo, mentre l'infiltrazione degli sbocchi ureterali può causare un dolore al fianco/tipo colica renale. 8
8 Definizione e classificazione anotomo/patologica Si definiscono tumori vescicali non muscolo invasivi (NMI) tutti i processi neoplastici dell Urotelio che si sviluppano all interno della parete vescicale ma che non arrivano ad interessare lo strato muscolare del detrusore. La linea di confine del coinvolgimento dello strato muscolare ha un importante significato prognostico nella storia naturale della malattia, costituendo un essenziale elemento di giudizio sulle proprietà aggressive del processo neoplastico. All'interno di questa definizione si comprendono diversi tipi di neoplasia. Macroscopicamente ed endoscopicamente, possiamo distinguere forme papillari e forme non papillari. Le forme papillari possono avere una crescita verso l'interno della parete (papilloma invertito) o essere vegetanti (esofitici). Le forme non papillari assumono un aspetto a placca e sono da considerarsi sempre forme più aggressive. Fra queste forme l'unica che si considera benigna è quella del papilloma invertito. Per quanto riguarda il grado di differenziazione cellulare oggi si distinguono forme a basso grado (LG) e ad alto grado (HG) di malignità. Le forme a basso grado presentano alterazioni esclusivamente citologiche, basso rischio di progressione ed hanno la tendenza a recidivare. Nelle forme Non Muscolo Invasive si distinguono i carcinomi confinati alla mucosa (Ta) e quelli coinvolgenti la lamina propria (TI). Esistono poi i carcinomi uroteliali non vegetanti, di alto grado, che vengono indicati 9
9 come CIS (carcinoma in situ), questi sono particolarmente a rischio per la difficile diagnosi e la forte tendenza alla progressione, sono spesso multifocali e possono coinvolgere simultaneamente le alte vie escretrici e l'uretra prostatica. Dal punto di vista istologico possiamo distinguere: Iperplasia uroteliale Ovvero l'aumento degli strati cellulari dell'urotelio con significato reattivo-irritativo senza rapporti con i processi tumorali. Papilloma uroteliale Rara neoformazione benigna a forma di sottili ramificazioni detto anche papilloma invertito che non si riproduce dopo l'asportazione. Carcinoma uroteliale papillare non infiltrante di basso grado Neoplasia con scarse atipie cellulari e quindi a basso grado di malignità, limitata allo strato cellulare superficiale e che pertanto non può essersi già disseminata con metastasi in altri organi. Tuttavia può ricomparire (recidiva) nel tempo, ma solo raramente progredisce a carcinoma infiltrante. Carcinoma uroteliale papillare non infiltrante di alto grado Neoplasia con evidenti atipie cellulari e quindi potenzialmente maligna, ma che essendo ancora limitata allo strato superficiale non può essersi già disseminata con metastasi in altri organi. Tuttavia può ricomparire (recidiva) nel tempo e può progredire a carcinoma infiltrante, specialmente se si associa a carcinoma uroteliale in situ. 10
10 Carcinoma uroteliale papillare infiltrante Infiltrante significa che il carcinoma, in genere ad alto grado, ha guadagnato gli strati sottostanti il rivestimento uroteliale, e quindi ha acquisito il potenziale di diffusione metastatica agli altri organi. Si distinguono diversi livelli di infiltrazione che comportano prognosi e provvedimenti terapeutici diversi: - infiltrante gli assi stromali o la mucosa/sottomucosa, ancora non muscolo invasivo e quindi superficiale, significa che il tumore si è esteso limitatamente allo strato più superficiale della parete vescicale, ha bassa aggressività, una buona prognosi e viene trattato con provvedimenti conservativi; - infiltrante la tonaca muscolare propria (muscolo invasivo) significa che il tumore si è esteso allo strato più profondo della parete vescicale, è decisamente più aggressivo, con prognosi peggiore e richiede provvedimenti terapeutici adeguati per prevenire l'ulteriore diffusione. Carcinoma uroteliale in situ È un precursore del carcinoma infiltrante; consiste nella proliferazione di cellule dell'urotelio molto atipiche che, sebbene ancora limitata al rivestimento superficiale e quindi non infiltrante, ha una conosciuta propensione per progredire a carcinoma infiltrante, con cui può essere associato. Displasia uroteliale E' una proliferazione pre-neoplastica di cellule atipiche che può progredire e/o essere associata a: carcinoma uroteliale in situ. 11
11 Epidemiologia e fattori di rischio Il tumore vescicale è la neoplasia maligna più comune del tratto urinario (è il 7 tumore più comune nell'uomo e il 17 nella donna). In Europa il tasso di incidenza standardizzato per età è del 27 per negli uomini e del 6 per per le donne. Considerando i dati dei Registri Tumori Italiani (AIRT) si evidenzia che in media ogni anno vengono individuati 70,7 casi di tumore della vescica ogni uomini e 16,3 casi ogni donne. Il tumore della vescica è molto frequente nei Paesi occidentali, numerosi sono i fattori di rischio, conosciuti o solo potenziali, che intervengono nel suo determinismo. Tra questi il fumo di sigaretta e l'esposizione professionale sono sicuramente i più importanti. Si stima che il rischio di un tumore della vescica nei fumatori sia di 2-6 volte superiore rispetto ai non fumatori, e che al fumo di sigaretta sia attribuibile il 66% dei tumori vescicali nei maschi e il 30% nelle femmine. Il rischio aumenta in maniera direttamente proporzionale alla durata dell'abitudine al fumo di sigaretta e al numero di sigarette consumate 12
12 quotidianamente, mentre diventa approssimativamente simile a quello dei non fumatori dopo 15 anni dalla cessazione dell'abitudine. In maniera simile è ampiamente documentata la stretta relazione tra esposizione a cancerogeni occupazionali e tumori della vescica. Le esposizioni occupazionali più a rischio sono quelle dovute alle ammine aromatiche, in particolare alla 2 naftilammina, benzidina, 4 amminodifenile, 4 nitrobifenile. Si stima che ai cancerogeni professionali sia attribuibile il 25% di tutti i tumori della vescica. Le attività ritenute a rischio cancerogeno per la vescica sono quelle relative alle lavorazioni della gomma, alcune lavorazioni dell'industria chimica, tessile, metallurgica, degli autotrasporti, dell'edilizia. E' stata riscontrata anche una associazione con attività di verniciatori, parrucchieri e lavanderie a secco. Va detto che alcuni soggetti tuttavia sviluppano questo tumore in assenza di fattori di rischio sopra indicati. Tali pazienti presentano probabilmente una predisposizione genetica, oppure un'esposizione misconosciuta ad un cancerogeno ambientale. Evoluzione Il tumore vescicale origina come una lesione sulla parete vescicale, di aspetto papillare o più raramente appiattito o ulcerato. Nel 75-80% dei casi la malattia al suo esordio non coinvolge la tunica muscolare. Spesso si presenta multifocale per la tendenza all'esfoliazione delle cellule tumorali che vanno ad impiantarsi in altre aree vescicali 13
13 creando nuove lesioni papillari. Con il tempo nel 20-40% dei casi la neoformazione può progredire infiltrando prima la lamina propria poi lo strato muscolare e, infine, il rivestimento esterno alla vescica ed i tessuti extravescicali. Una lesione di profondità limitata alla lamina propria presenta una ridotta pericolosità: può essere resecata endoscopicamente ma ha la possibilità di recidivare. Quando arriva a coinvolgere lo strato muscolare aumenta radicalmente la sua pericolosità in quanto acquista la possibilità di metastatizzare; i pazienti con neoplasia muscolo invasiva hanno un alto rischio di mortalità cancro specifica. L'infiltrazione della tonaca muscolare può richiedere pertanto la rimozione chirurgica dell'organo ossia la cistectomia. L'invasione linfatica coinvolge in genere i linfonodi iliaci interni, otturatori, iliaci esterni e comuni, presacrali e poi retro peritoneali. Le metastasi a distanza possono coinvolgere potenzialmente tutti i visceri, ma più frequentemente si localizzano a livello osseo, polmonare, epatico, peritoneale e intestinale. L'invasione locale della malattia può interessare i meati ureterali causando ostacolo al deflusso urinario e conseguente stasi a monte nella via escretrice superiore con idroureteronefrosi che può compromettere la funzione di uno o di entrambi i reni, può infiltrare la prostata o l'utero, l'uretra e il peritoneo. La lesione primitiva vescicale è spesso fonte di sanguinamento che si manifesta clinicamente con ematuria che può essere lieve e transitoria ma può assumere caratteri di acuzie fino all'anemizzazione. 14
14 Gruppi prognostici I pazienti con neoplasia superficiale sono suddivisibili in gruppi di rischio (basso, intermedio ed alto rischio) sulla base di fattori prognostici. La suddivisione in gruppi di rischio non prevede comunque distinzione fra rischio di ricorrenza e rischio di progressione. Anche se i fattori prognostici possono indicare un alto rischio di recidiva, il rischio di progressione potrebbe essere basso, mentre altri tumori potrebbero avere un elevato rischio sia di recidiva che di progressione. Il sistema di punteggio è basato su sei significativi fattori clinici e patologici: numero di neoplasie (singola o multifocale) dimensioni della neoplasia tasso di recidiva categoria T presenza di CIS concomitante grado del tumore A basso rischio = G1-Ta, GI-TI singolo Pazienti con tumore Ta, unifocale, di basso grado, hanno minor rischio di recidiva o progressione per cui non risulta necessaria la terapia adiuvante. Recenti studi, inoltre, suggeriscono che se la prima cistoscopia di controllo dopo l'intervento è negativa, la successiva può essere effettuata dopo 9 mesi fino ad eseguire gli ulteriori controlli cistoscopici annualmente. Pazienti con recidiva di stadio e grado simile possono, invece, beneficiare di chemioterapia endovescicale. 15
15 A rischio intermedio = GI-TI-multiplo, G2-Ta, G2-TI-singolo Pazienti con tumori Ta multifocale, di basso grado, hanno un rischio intermedio di recidiva o progressione, soprattutto in presenza di atipie o displasie. Pazienti con frequenti recidive Ta, di basso grado, necessitano di resezione chirurgica ad ogni recidiva; tutto ciò ha un impatto sulla qualità della vita del paziente stesso, considerate anche le ripetute cistoscopie. Tali pazienti devono essere, dopo la resezione, sottoposti a ciclo di terapia endovescicale: in Europa il trattamento usuale è rappresentato dalla chemioterapia citotossica, mentre negli USA viene solitamente utilizzato il BCG. A rischio elevato = G2-TI- multiplo, G3-TI, cis Pazienti con tumori papillari di alto grado e/o carcinoma in situ (cis), hanno un rischio di recidiva di circa l'80% e percentuali di progressione pari a circa il 40-70%. Quando l'esame istopatologico di un tumore resecato mostra una patologia TIG3 e/o Cis è necessario iniziare una terapia adiuvante mediante instillazioni con BCG. Una recidiva o persistenza di malattia dopo ciclo di bcg, indica per il paziente un'alta probabilità di progressione, anche se circa un terzo di tali pazienti risponde, poi, ad un secondo ciclo di terapia con BCG. Esistono due diverse correnti di pensiero, una rappresentata da quegli urologi che raccomandano ai pazienti che non rispondono al primo ciclo di BCG di effettuare la cistectomia radicale, l'altra, invece, costituita da urologi che ritengono giusto ritardare la chirurgia radicale, consigliando un secondo ciclo di BCG. Il ritardo nell'eseguire la cistectomia radicale, però, richiede un attento e serrato monitoraggio del paziente, in considerazione del fatto che, non di rado, il tumore diventa invasivo e metastatico. 16
16 Stadiazione clinica ed anatomo/patologica Attualmente viene accettata la classificazione del 2002 TNM (Tumor, Node, Metastasis) ovvero la classificazione in base al tumore ai linfonodi e alle metastasi. T tumore: T0 TX Ta Tis T1 T2 T2a T2b T3 T3a T3b T4 T4a T4b Non segni di tumore primitivo il tumore primitivo non può essere definito carcinoma superficiale non invasivo carcinoma in situ "tumore piatto" tumore che invade il tessuto connettivo sottoepiteliale tumore che invade la parete muscolare tumore che invade superficialmente la parete muscolare (metà interna) tumore che invade profondamente la parete muscolare (metà esterna) tumore che invade i tessuti perivescicali microscopicamente macroscopicamente (massa extravescicale) tumore che invade qualsiasi delle seguenti strutture: prostata, utero, vagina, parete pelvica, parete addominale tumore che invade prostata o utero o vagina tumore che invade la parete pelvica o addominale 17
17 N linfonodi: NX i linfonodi regionali non possono essere valutati N0 assenza di metastasi ai linfonodi regionali N1 metastasi di un singolo linfonodo < o - 2 cm N2 metastasi in un singolo linfonodo > 2 cm o più linfonodi < a 5 cm N3 metastasi in un linfonodo sup a 5 cm M metastasi a distanza: MX metastasi a distanza non valutabili M0 assenza di metastasi a distanza M1 metastasi a distanza 18
18 Sintomatologia L'ematuria (presenza di sangue nell'urina) è il segno caratteristico del tumore alla vescica ed anche solo un episodio deve essere indagato. L'ematuria di origine vescicale in genere riguarda l'intera durata della minzione e non si accompagna ad altri sintomi. Se invece il papilloma cresce sul trigono vescicale o sul collo può presentarsi con pollachiuria, urgenza minzionale, stranguria o sintomi ostruttivi. L'infiltrazione degli sbocchi ureterali da parte della neoplasia può causare idronefrosi e colica renale. L'esame obiettivo non permette di ottenere informazioni utili ai fini di una diagnosi o stadiazione. Diagnosi Ecografia Qualora ci si dovesse imbattere in un sospetto di neoplasia vescicale, il primo esame da effettuare è l'ecografia. A volte il rilievo di papillomi vescicali è incidentale, avviene cioè per caso durante uno studio ecografico dell'addome richiesto per altri motivi. Il rilievo incidentale di una irregolarità focale della parete vescicale deve sempre essere oggetto di valutazione specialistica. L'ecografia permette inoltre di valutare le alte vie escretrici con l'identificazione di neoformazioni della pelvi e dei calici renali o mediante la visualizzazione 19
19 di idronefrosi che potrebbe essere secondaria ad una ostruzione neoplastica dell'uretere (2%). Lo studio ecografico deve essere condotto con la vescica piena per migliorare la sensibilità della metodica. Risultano tuttavia di difficile individuazione ecografica le lesioni vescicali inferiori a 5 mm di diametro. Coaguli vescicali, fibrina, presenza di un terzo lobo prostatico, scarso riempimento vescicale possono generare immagini sovrapponibili ad un papilloma vescicale; per tali motivi la sensibilità di questo esame è strettamente legata all'esperienza dell'operatore. Citologia urinaria La citologia urinaria è una indagine semplice e non invasiva che ricerca cellule tumorali nelle urine. Devono essere raccolte le prime urine del mattino poiché sono le più ricche di cellule esfoliate dall'epitelio durante la notte. I campioni da raccogliere sono 3, da raccogliere in tre giornate consecutive. Il patologo osserverà al microscopio il sedimento di tali campioni e fornirà una risposta in base alla condizioni delle cellule esfoliate uroteliali: risposta negativa se le cellule esaminate non presentano alterazioni, positiva se si riscontra la presenza di cellule neoplastiche o dubbia in presenza di alterazioni della cellula, (spesso di origine infiammatoria) che sono comunque meritevoli di ulteriori accertamenti. 20
20 Questa ricerca ha un'alta sensibilità nei tumori di alto grado ma bassa in quelle di basso grado. La sensibilità della citologia urinaria nel CIS è alta per la scarsa coesione cellulare e l'elevata presenza di cellule uroteliali ad elevata anaplasia nelle urine. La citologia negativa non esclude tuttavia la presenza di neoplasia uroteliale. E' una indagine operatore-dipendente, la valutazione può essere inficiata da IVU, calcolosi delle vie urinarie o da instillazioni endovescicali con chemioterapici. Markers cellulari Negli ultimi anni, in considerazione della scarsa sensibilità dell'esame citologico, sono stati sviluppati diversi test con markers cellulari alla ricerca di metodologie più sensibili per la diagnosi dei carcinomi uroteliali. Al momento non è stato individuato nessun test sufficientemente affidabile. Pertanto nessun markers ad oggi è in grado di sostituire la sorveglianza posta con la cistoscopia associata alla citologia urinaria. 21
21 Uretrocistoscopia La cistoscopia consente di vedere grazie all'introduzione di uno strumento, rigido o flessibile, la superficie interna della vescica. L'esame consente, qualora ci fosse la necessità, di effettuare prelievi bioptici. Viene eseguita in regime ambulatoriale senza anestesia con il solo ausilio di materiali lubrificanti e blandamente anestetici per ridurre il fastidio causato dall'introduzione dello strumento attraverso l'uretra. Con questa metodica si osservano le condizioni della mucosa del basso tratto urinario ed in particolare la pervietà degli ureteri, l'aspetto della mucosa in tutti i suoi segmenti (pendula, membranosa, prostatica), in tutti i suoi quadranti, del trigono vescicale e degli osti uretrali. Importanti informazioni in corso di esame si ricavano anche osservando la distensibilità della vescica e la simmetria del viscere. Naturalmente, laddove venga individuata una lesione neoplastica essa deve essere descritta nei suoi aspetti morfologici e topografici, le dimensioni e le eventuali plurifocalità. La cistoscopia viene utilizzata come strumento diagnostico in caso di sospetto di papilloma, che nei controlli programmati per la sorveglianza di eventuali ripetizioni (recidive) della malattia in pazienti precedentemente sottoposti ad intervento di resezione endoscopica di neoformazione vescicale. In presenza di una chiara immagine di proliferazione vescicale individuata con un esame di imaging, la cistoscopia può essere evitata e si può procedere direttamente con la resezione endoscopica vescicale in sala operatoria. 22
22 Il rischio di recidiva (70%) o di progressione (20%) del carcinoma vescicale superficiale impone che i pazienti siano sottoposti ad una sorveglianza stretta e prolungata nel tempo mediante cistoscopia. 23
23 Uro-Tac L'uro-tac è una metodica utilizzata per rilevare difetti di riempimento dei calici, della pelvi e degli ureteri. Può evidenziare dilatazioni (idronefrosi) quando, nello specifico, una neoformazione dell'uretere ostacola il deflusso normale dell'urina. In questo caso il mezzo di contrasto iniettato, mostrerà una interruzione o limitazione del passaggio di mezzo di contrasto. Fornisce inoltre informazioni sullo stato del parenchima renale, sul volume linfonodale e sulle possibili cause neoplastiche in presenza di ematuria, sia di tipo intrinseco che di tipo estrinseco. Malgrado i continui progressi tecnologici nella diagnostica per immagini, essa rimane comunque ancillare all'endoscopia nella diagnostica dei tumori vescicale NMI. Il suo utilizzo a differenza di altre metodiche sinora citate permette di visualizzare le neoplasie ureterali e le eventuali localizzazioni extravescicali della malattia. 24
24 Terapia chirurgica e medica TURBT (Trans uretral resection of bladder tumor) La resezione endoscopica trans-uretrale (TURBT) della neoformazione vescicale viene effettuata con ansa diatermica ed ha una valenza diagnostica e terapeutica. Il materiale resecato viene quindi inviato all'anatomia patologica che fornisce una diagnosi ed una stadiazione patologica. Questa procedura viene eseguita in anestesia spinale o generale. L'urologo asporta con una ansa da resezione la neoformazione vescicale, compresa una porzione di tessuto della tonaca muscolare. Questo permette di poter distinguere le forme non muscolo invasive (superficiali), da quelle muscolo invasive, consentendo così di assegnare una classe di rischio che consenta di indirizzare il paziente verso una procedura piuttosto che un'altra. I carcinomi uroteliali di dimensioni inferiori al centimetro possono essere asportati "en bloc" includendo anche parte del tessuto muscolare sottostante. Tumori di maggiori dimensioni devono essere asportati in frammenti, inviando separatamente la base di impianto della neoformazione. La mancata presenza di fibre muscolari nei frammenti di resezione rappresenta un elevato rischio di malattia residua e di recidiva precoce. In questi casi è indicato ricorrere alla re-turb. Nelle malattie infiltranti la muscolare, è necessaria una terapia più radicale. 25
25 Il gold standard terapeutico comprende la cistectomia radicale, ovvero l'asportazione di vescica, prostata, vescicole seminali nell'uomo e di vescica, utero tube e ovaie nella donna. Nello stesso intervento si asportano i pacchetti linfonodali iliaco-otturatori, e si provvede alla derivazione urinaria. Rimossa la vescica è necessario ripristinare la sua funzione, ovvero convogliare fuori dall'organismo le urine prodotte dai reni. Esistono molteplici possibilità di derivazione urinaria, le più utilizzate sono: ureterocutaneostomia: che prevede l'abboccamento degli ureteri alla cute (in un unico sito o in due siti separati) che comporta la sostituzione dei tutori una volta al mese e la manutenzione dei presidi di raccolta delle urine quotidianamente; condotto ileale secondo Bricker: in questo caso gli ureteri sono abboccati ad un segmento intestinale (ileo) separato dal resto dell'intestino e abboccato alla cute. Non ci sono tutori da sostituire e l'urina potrà essere raccolta come avviene per l'intervento sopra descritto, cioè attraverso un sacchetto adeso alla cute che non impone manutenzioni troppo difficoltose; neovescica ortotopica: significa isolare un'ansa intestinale dal restante tubo gastroenterico, riconfigurarla in modo da creare un serbatoio e riposizionarla al posto della vescica e ricollegandola agli ureteri e all'uretra. In questo modo si mantiene la minzione per via naturale, l'immagine corporea e una certa indipendenza dalla "gestione sanitaria". 26
26 Tuttavia, rispetto alla vescica naturale, la neovescica ha 4 inconvenienti da non sottovalutare: - non è innervata, quindi non avverte il paziente quando è piena e non si contrae spontaneamente, il che implica una adeguata conoscenza di manovre atte allo svuotamento che vanno dall'introduzione di cateteri usa e getta a intervalli regolari, alla messa in opera di azioni e comportamenti da parte del paziente al fine di ottenere un uso corretto della nuova vescica; - produce muco in quanto la sua superficie è costituita da intestino, visto che di esso faceva parte. Per consentire al muco di uscire insieme alle urine questo va tenuto fluidificato con apposite soluzioni mucolitiche; - riassorbe urina (dato che si tratta di epitelio intestinale) quindi, soprattutto i primi tempi, è necessario monitorare il ph delle urine e l'equilibrio idrosalino del paziente; - se la neovescica non viene correttamente gestita può dar luogo a scompensi tali da determinare la riduzione della funzionalità renale con problematiche anche gravi per il paziente. Immunoterapia intravescicale Nonostante l'efficacia della TURB nella eradicazione dei tumori non muscolo-invasivi della vescica (Ta, TI) è comune la ricorrenza neoplastica e la progressione verso forme più aggressive. Dopo aver effettuato un intervento endoscopico per neoplasia superficiale può essere necessaria 27
27 la instillazione endovescicale di prodotti ad azione immunostimolante locale, ad esempio con BCG (Bacillo tubercolare inattivo). L'esatto meccanismo di azione del BCG non è stato identificato. E' noto che, dopo instillazione endovescicale, il BCG aderisce all'urotelio e stimola una risposta immunitaria locale e sistemica: i bacilli vengono "internalizzati" nelle cellule uroteliali esponendo delle glicoproteine di superficie che servono da antigeni per la risposta immunitaria. Non è comunque chiaro se l'effetto antitumorale sia dovuto ad una risposta umorale specifica verso l'antigene tumorale, ad una risposta cellulo-mediata oppure al rilascio locale di citochine. Alla luce dei dati disponibili il trattamento ottimale con BCG prevede un'instillazione alla settimana per sei settimane (ciclo di attacco o induzione) seguito da un ciclo di periodiche instillazioni, una ogni 3 settimane (ciclo di mantenimento). Il primo controllo endoscopico generalmente viene effettuato dopo circa 4 mesi dall'inizio della terapia. Pazienti sottoposti a trattamento con farmaci immunostimolanti presentano una riduzione delle recidive che vanno dal 69% al 84% rispetto a coloro che non hanno ricevuto il trattamento. Una recente meta-analisi ha dimostrato che, oltre alla riduzione delle recidive, il BCG riduce anche il rischio di progressione adottando uno schema di mantenimento. Il BCG è superiore ai chemioterapici nel prevenire le recidive, ma dovrebbe essere impiegato solo nei pazienti con alto rischio di recidiva (neoplasia di alto grado) e di progressione per la sua tossicità. Disturbi locali quali pollacchiuria, tenesmo e stranguria, sono abituali nella maggior parte dei pazienti sottoposti a immunoterapia (> 90%). 28
28 I disturbi aumentano di intensità con le successive instillazioni per raggiungere l'acme alla quarta instillazione settimanale. Un terzo dei pazienti riferisce ematuria macroscopica, mentre fortunatamente i disturbi sistemici sono meno frequenti; più comunemente viene riferita una sintomatologia tipo influenzale con febbre, brividi, malessere, mialgie. La peggiore complicanza secondaria al trattamento con BCG è la sepsi (BCGite); febbre elevata e persistente, brividi scuotenti, sintomi/segni di infezione sistemica, ipotensione, shock, rappresentano i segni della BCGite. La BCGite mette in pericolo la vita del paziente e deve essere prontamente riconosciuta e trattata. Chemioterapia intravescicale (con Mitomicin C con Farmorubicina) Sulla vescica sono stati sperimentati numerosi farmaci chemioterapici ma soltanto pochi hanno dimostrato efficacia sul carcinoma uroteliale. La mitomicina è uno dei chemioterapici più utilizzati nella terapia endovescicale per la sua efficacia e la scarsa tossicità sistemica; gli eventuali effetti a livello generale sono caratterizzati da lieve malessere febbre, sindromi simil-influenzali ma al contrario gli effetti locali sono abbastanza frequenti, circa il 30%, e sono caratterizzati da disuria, pollacchiuria, stranguria, nicturia e dolore sovrapubico. Numerosi studi hanno dimostrato un effetto statisticamente significativo della terapia adiuvante nel prolungare l'intervallo privo di malattia e nel ridurre le recidive dal 53% al 47%. Non si è dimostrata alcuna efficacia 29
29 sulla progressione verso una malattia invasiva, sulla metastatizzazione o sulla sopravvivenza. La Mitomicina C è indicata nel trattamento dei carcinomi mutifocali, primitivi o recidivi, e nei carcinomi recidivi di basso grado, pta in cicli di terapia con mantenimento. Nei carcinomi G3pTI e CIS è indicata come seconda linea o quando il trattamento con BCG non è eseguibile. La percentuale di recidive varia dal 7 al 81%. Anche la Farmorubicina (epirubicina) è un farmaco utilizzato nel trattamento delle neoplasie vescicali, il dosaggio generalmente è di 80 mg e viene somministrato all'interno della vescica con un piccolo catetere e prevede, esattamente come la mitomicina, un protocollo di somministrazione che inizia con cadenza settimanale per 8 settimane, poi 4 instillazioni ogni 15 giorni e successivamente una instillazione al mese per 12 mesi (chiamato ciclo di mantenimento) entrambi i farmaci sono generalmente ben tollerati dai pazienti e solo raramente le manifestazioni cliniche in corso di trattamenti endovescicali sono importanti al punto da dover sospendere la terapia. 30
30 Numero Verde del Servizio Sanitario Regionale: Operatori qualificati rispondono da lunedì a venerdì dalle ore 8:30 alle ore 17:30 il sabato mattina dalle ore 8:30 alle ore 13:30 Linee Editoriali - Ravenna Stampa a cura del Centro Stampa di Ravenna EDITORIA N (stampa: aprile 2015)
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