RESOCONTO STENOGRAFICO n. 3

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1 XVI LEGISLATURA Giunte e Commissioni RESOCONTO STENOGRAFICO n. 3 N.B. I resoconti stenografici delle sedute di ciascuna indagine conoscitiva seguono una numerazione indipendente. 8ª COMMISSIONE PERMANENTE (Lavori pubblici, comunicazioni) INDAGINE CONOSCITIVA SULLE PROSPETTIVE DI SVILUPPO DELLA RETE A BANDA LARGA 276ª seduta: martedì 12 aprile 2011 Presidenza del presidente GRILLO indi del vice presidente MENARDI IC 1102 TIPOGRAFIA DEL SENATO (108)

2 2 INDICE Audizione dei vertici di Vodafone e Tiscali PRESIDENTE: * GRILLO... Pag. 3, 14, 20 e passim * MENARDI * BALDINI (PdL)... 17, 25, 26 * BUTTI (PdL) MASSIDDA (PdL) MORRI (PD) RANUCCI (PD)... 15, 27 VIMERCATI (PD)... 14, 26 BERTOLUZZO... Pag. 4, 18 SORU...21, 28 N.B. L asterisco accanto al nome riportato nell indice della seduta indica che gli interventi sono stati rivisti dagli oratori. Sigle dei Gruppi parlamentari: Coesione Nazionale-Io Sud: CN-Io Sud; Italia dei Valori: IdV; Il Popolo della Libertà: PdL; Lega Nord Padania: LNP; Partito Democratico: PD; Unione di Centro, SVP e Autonomie (Union Valdôtaine, MAIE, Verso Nord, Movimento Repubblicani Europei): UDC-SVP-Aut:UV-MAIE-VN-MRE; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l Italia: Misto-ApI; Misto-Futuro e Libertà per l Italia: Misto-FLI; Misto- MPA-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MPA-AS; Misto-Partecipazione Democratica: Misto-ParDem.

3 3 Intervengono, ai sensi dell articolo 48 del Regolamento, per la Vodafone, il dottor Paolo Bertoluzzo, amministratore delegato, la dottoressa Bianca Maria Martinelli, direttore affari pubblici e legali, il dottor Gaetano Coscia, direttore affari pubblici e istituzionali, il dottor Michelangelo Suigo, responsabile rapporti istituzionali, la dottoressa Silvia De Blasio, direttore media relations e corporate communication e per Tiscali, il dottor Renato Soru, presidente e amministratore delegato e il dottor Carlo Mannoni, direttore affati istituzionali e regolamentari. Presidenza del presidente GRILLO I lavori hanno inizio alle ore 15,10. PROCEDURE INFORMATIVE Audizione dei vertici di Vodafone e Tiscali PRESIDENTE. L ordine del giorno reca il seguito dell indagine conoscitiva sulle prospettive di sviluppo della rete a banda larga, sospesa nella seduta del 7 aprile scorso. Comunico che, ai sensi dell articolo 33, comma 4, del Regolamento, è stata chiesta l attivazione dell impianto audiovisivo e che la Presidenza del Senato ha già preventivamente fatto conoscere il proprio assenso. Se non si fanno osservazioni, tale forma di pubblicità è dunque adottata per il prosieguo dei lavori. È prevista oggi l audizione dei vertici di Vodafone e Tiscali. Ringrazio per la presenza il dottor Paolo Bertoluzzo, amministratore delegato di Vodafone, la dottoressa bianca Maria Martinelli, direttore affari pubblici e legali, il dottor Gaetano Coscia, direttore affari pubblici e istituzionali, il dottor Michelangelo Suigo, responsabile rapporti istituzionali, la dottoressa Silvia De Blasio, direttore media relations e corporate communication. Come è noto, l obiettivo della nostra indagine conoscitiva non è quello di produrre un altro documento di stimolo al Governo per l attuazione della banda larga: l obiettivo, un po più ambizioso, è quello di capire davvero, nella situazione finanziaria in cui il Paese si trova (mi riferisco al bilancio dello Stato, alla carenza di risorse e alla necessità di proseguire la politica di rigore fino all estremo), se e come sia possibile dare un contributo al decollo degli investimenti finalizzati a creare la banda

4 4 larga. Quest ultima è infatti fondamentale per lo sviluppo del sistema produttivo italiano, per la modernizzazione della sua pubblica amministrazione e per altro ancora: noi tutti lo abbiamo ormai capito. Vorremmo però comprendere perché, dato che si sperava e si pensava che potesse intervenire il Governo con proprie risorse (cosa che non ha fatto), un progetto così ambizioso non riesca a decollare. In questa Commissione, protagonisti del settore non faccio nomi, ma assicuro che così è avvenuto ci hanno detto che le condizioni di mercato ci sono: il mercato, se solo lo volesse, sarebbe in grado, con una regia attenta e intelligente, di far partire questo investimento strategico anche in assenza di cospicue risorse pubbliche. A tal riguardo, vorremmo quindi conoscere la posizione di Vodafone, anche se sappiamo lo abbiamo letto sui giornali che l azienda, insieme a Wind e Fastweb, si è resa protagonista nei mesi scorsi di un iniziativa che abbiamo registrato con interesse e favore. C è poi un altra questione, a cui sono personalmente molto interessato. Sono convinto che, da un punto di vista culturale, non possiamo consentire che la banda larga rimanga materia di esclusiva competenza del Ministero delle attività produttive (pur essendo esso strategico e importante). Trattandosi di una infrastruttura reale (buche per terra, attraverso le quali deve passare una fibra) se ne deve occupare anche il Ministero delle infrastrutture. Dottor Bertoluzzo, le cedo ora la parola per la sua relazione introduttiva, che potrà spaziare sui temi che lei riterrà opportuno trattare, cui seguiranno gli interventi dei senatori per eventuali domande e osservazioni. BERTOLUZZO. Signor Presidente, ringrazio lei e l intera Commissione per l invito. Non torniamo sull importanza di questo tipo di riflessione e analisi perché credo che lei abbia detto tutto. Come agenda del nostro ragionamento, prima di aprirci a qualunque tipo di domanda i membri della Commissione vorranno porci, vorremmo spendere due parole su Vodafone e sullo stato del mercato e delle infrastrutture, di rete mobile e fissa, prevalentemente in banda larga, per poi concentrarci su tre sfide per il nostro Paese che guardano al futuro e che, più in generale, stanno affrontando anche gli altri Paesi. Mi riferisco al superamento del digital divide, alla realizzazione di infrastrutture di nuova generazione in fibra ottica (in particolar modo rete fissa) e al tema della net neutrality (che abbiamo capito essere di particolare interesse per la Commissione e sul quale vorremmo spendere qualche parola, pur essendo un tema ancora molto complesso e difficile da esaurire in pochi minuti). Credo che la nostra azienda sia facilmente conosciuta attraverso la televisione e la stampa. La nostra storia è abbastanza semplice: nasciamo nel 1995 come Omnitel, primo operatore concorrente di un monopolista nelle telecomunicazioni in Italia. Quindi nasciamo con il mercato, con la liberalizzazione e tante altre cose, che mi sento di dire tornano un po al DNA che ci portiamo dietro. Oggi siamo una realtà di circa 30 milioni di clienti sul mobile e abbiamo una quota di mercato che si aggira intorno al per cento. Lo scorso anno siamo diventati il primo

5 5 operatore mobile in Italia e negli ultimi tre anni abbiamo investito anche nel mondo della rete fissa: oggi abbiamo in Italia circa clienti in ADSL, che rappresentano una quota del 12 per cento. Questa è la realtà che siamo dal punto di vista del mercato. Fatturiamo 8-8,5 miliardi di euro, più o meno stabili a seconda degli anni (talvolta in leggerissima crescita o in leggerissima flessione, come nell anno che abbiamo alle spalle). In Italia investiamo, più o meno, un miliardo all anno. Dal nostro inizio abbiamo investito circa 15 miliardi e ogni anno investiamo all incirca un miliardo in tecnologie, reti, sistemi informativi e infrastrutture di ogni genere e tipo. Questo ci rende tendenzialmente il quinto-sesto investitore in Italia e, in particolare, il primo investitore a capitale non italiano nel nostro Paese. La cosa che, come italiani, ci fa molto piacere è che all interno del gruppo Vodafone ricordo che Vodafone è presente in una trentina di paesi l Italia, per investimenti, è seconda soltanto all India (ma l India è un mercato con 1 miliardo e 100 milioni di abitanti, in continua crescita e ancora molto da sviluppare). In Vodafone lavorano circa persone, di cui più di in otto call center sparsi nel territorio e che ormai sono dei centri di competenza molto specializzati. Complessivamente in Italia, guardando anche i partner esterni che lavorano in esclusiva con noi, intorno alla galassia Vodafone lavorano circa persone. Più del 50 per cento della nostra popolazione aziendale è femminile. Entrando nel merito, più del 30 per cento della popolazione dirigente della nostra azienda è costituito da donne e siamo abbastanza a posto in relazione alle quote nei consigli di amministrazione, perché le donne sono tre: Bianca Maria Martinelli, che è qui presente, una nostra ex collega italiana che lavora oggi a Londra e una donna americana. In un anno la nostra azienda contribuisce mediamente alle casse pubbliche, attraverso tassazione diretta e indiretta, per un ammontare pari a circa 2,5 miliardi di euro. Parliamo prima di mercato mobile e, poi, di mercato fisso, per poi arrivare alle grandi sfide che ci aspettano. Nel mercato mobile la competizione ha funzionato molto bene, forse anche meglio rispetto agli altri Paese. Basti dire che sul mercato è diventato numero uno quello che all epoca era un piccolo operatore alternativo. Ormai, però, sul mercato ci sono in realtà tre operatori profittevoli: Telecom Italia, Vodafone e Wind (anche Hutchinson 3G ha trovato il profitto e questa è sicuramente una buona notizia). Sono inoltre arrivati gli operatori virtuali: primo fra tutti Poste, che sta facendo molto bene. Si tratta, quindi, di un caso molto positivo di concorrenza che ha portato sviluppo. Nel mondo il mercato italiano del mobile è un eccellenza. Davanti a noi ci sono solo Paesi come la Finlandia (che è la casa di Nokia), o la Corea, che è un po strana perché ha i primati più curiosi che si possano immaginare. L Italia registra la massima penetrazione del servizio e prezzi tra i più bassi che ci sono in giro per l Europa e con il calo più accelerato. I nostri prezzi scendono mediamente del per cento all anno e sono, regolarmente, l unico elemento deflattivo all interno del paniere di osservazione.

6 6 I livelli di servizio e di innovazione sono più avanzati rispetto a quelli degli altri Paesi e sotto questo aspetto abbiamo ovviamente un panorama di osservazione abbastanza ampio ed oggettivo, visto che operiamo nella maggior parte dei Paesi che normalmente si considerano. La penetrazione della larga banda nel mondo mobile è tra le più alte al mondo: se pensiamo agli smartphone o alle chiavette, l Italia è uno dei Paesi più avanzati al mondo. Bisogna dirlo, perché molte volte si parla di quello italiano come di un mercato depresso dalla domanda e gli italiani sembrano essere indietro, laddove se si guarda al mobile, guarda caso, gli italiani sono tra i clienti più avanzati nell utilizzo degli strumenti di accesso ad Internet in mobilità. C è stata competizione infrastrutturale perché nel mobile è possibile avere competizione tra più infrastrutture e questo è un elemento essenziale. Ci sono quattro infrastrutture di nuova generazione (di terza generazione), il famoso UMTS, che competono tra di loro garantendo anche sviluppo e futuro. Queste infrastrutture, proprio perché competono, vedono investimenti continuativi da parte di tutti gli operatori; quando uno di essi parte a rilanciare gli investimenti gli altri sono costretti a seguirlo: questo è sicuramente un caso molto importante per il nostro Paese e può anche essere un punto d eccellenza non solo da difendere, ma sul quale costruire. Ciò è merito sicuramente di quello che hanno fatto gli operatori nel tempo, ma credo sia dovuto anche ad un assetto delle regole voluto dalle Autorità, ad un assetto normativo voluto dal Parlamento, che risale a molto tempo addietro e che poi è stato tenuto vivo nel tempo, decisamente positivo. Per quanto riguarda gli interventi necessari sul fronte del mobile, si tratta di fare in modo che il mercato continui a funzionare, paradossalmente più evitando di fare errori che facendo grandi cose nuove. A nostro parere, i temi caldi in questo momento sull agenda istituzionale sono tre. Il primo è il tema dell asse delle frequenze: c è un aspettativa di incassare 2,4 miliardi e crediamo sia importantissimo definire meccanismi e tempi d asta, assicurarsi che ci sia un equilibrio tra quanto si pagano le frequenze e quanti investimenti poi si fanno per creare davvero servizi a larga banda per i clienti, perché accaparrandosi le frequenze per poi non fare gli investimenti si fa bene nel breve alle casse dello Stato, ma si fa male al Paese nel lungo periodo. È anche importantissimo che le aste si facciano quando c è certezza di disponibilità di queste frequenze. Non aggiungo altro su questo argomento, perché questo è un tema molto caldo che credo conosciate molto bene. La seconda area delicata è in qualche modo quella dello sviluppo del wi-fi. Ben venga la liberalizzazione che è stata approvata, crediamo sia un elemento di sviluppo dell intero sistema delle telecomunicazioni della larga banda e che ci voglia molto equilibrio nel definire quali sono le condizioni con le quali le pubbliche amministrazioni locali (mi riferisco sostanzialmente a Comuni e Province) portano avanti le loro iniziative di promozione del wi-fi con denaro pubblico. Quello che sicuramente nessuno di noi vuole, infatti, è che si spenda del denaro pubblico in infrastrut-

7 7 ture e in wi-fi che poi vanno a fare concorrenza nelle aree più pregiate all investimento privato, proprio quando l investimento privato è sotto pressione perché gli viene chiesto di investire in aree meno profittevoli: faremmo un patatrac, quindi crediamo che si debba trovare un equilibrio. La terza area a noi molto cara è quella della stabilità delle tariffe di terminazione. Nell ambito del nostro settore l Autorità ha definito un percorso fino al 2012 che è fondamentale venga confermato, per poi procedere ad un décalage coerente con la politica di grande rigore che è stata seguita finora dall Autorità. La fotografia del mondo del fisso è abbastanza diversa. Nel mondo della rete fissa Telecom Italia ha ancora quote, a seconda dei servizi che si prendono in considerazione, superiori al 50, 60, 70 per cento, ma credo che la cosa più importante in un settore nel quale esiste una sola infrastruttura, che è quella di Telecom, che tutti devono utilizzare sia guardare un altro indicatore economico, che è la quota sul valore industriale creato dal settore, che è rappresentato dalla sottrazione ai margini operativi che le aziende fanno dei loro investimenti. Se si prende in considerazione questo indicatore, si deduce che a quindici anni dalla liberalizzazione siamo ancora in una situazione di totale monopolio, perché tutto il valore creato in questo settore è oggi posseduto e controllato da Telecom Italia, mentre la somma degli altri operatori alternativi, tutti quelli che sono passati anche da quest aula, è fondamentalmente pari a zero, per motivi diversi tra di loro (qualcuno guadagna qualcosa, qualcuno perde qualcosa, ma la somma è pari a zero). Il nostro Paese è indietro sulla larga banda fissa, è sempre agli ultimi posti di tutte le classifiche, presenta una penetrazione più o meno intorno al 50 per cento, ma sicuramente indietro rispetto agli altri Paesi. Abbiamo un unica infrastruttura in rame, una infrastruttura di vecchia generazione così come tutti gli altri Paesi, che è nata cent anni fa, si è sviluppata nel tempo e che inevitabilmente inizia a fare fatica a tenere la crescita del traffico e a resistere all usura che è tipica di una infrastruttura in rame: stiamo parlando di metallo interrato, che si ossida. Qui abbiamo un tema importante, di qualità che deve essere manutenuta, anche sulla vecchia infrastruttura, che sta facendo fatica per la crescita del traffico ma anche per semplice anzianità. Un azienda come la nostra, quando usa queste infrastrutture, vede circa il 20 per cento dei propri clienti che hanno almeno un guasto l anno, che non è una cosa da poco se si vogliono garantire alle aziende e alle famiglie servizi innovativi. Questi sono tassi di guasto molto alti che, ad esempio, nel mondo dei servizi simmetrici per le aziende superano anche il 50 per cento. Il tema centrale è che a tutt oggi manca una competizione tra infrastrutture. Nel mondo della rete mobile, ci sono quattro infrastrutture che coprono il territorio e che si fanno concorrenza fra di loro; nel mondo della rete fissa ad oggi esiste un unica infrastruttura che è quella in rame di Telecom, peraltro posseduta da un operatore privato. L unica alternativa nata e sviluppata dieci anni fa è quella creata da Fastweb in fibra a Milano e poi in qualche altra città, ma è davvero troppo poco rispetto a quello che significa una vera compe-

8 8 tizione infrastrutturale. Bisogna tenere conto che oggi in Italia il 97 per cento dei clienti sono ancora agganciati alla rete in rame di Telecom, mentre negli altri Paesi la percentuale dei clienti che sono agganciati alla vecchia rete in rame dell incumbent sono più o meno tre quarti, il per cento a seconda dei Paesi. Questo è un tema centrale perché è un tema strutturale: in Italia manca la competizione tra infrastrutture perché non c è mai stato il cavo televisivo. Per il successo della TV commerciale prima e della TV satellitare dopo, in Italia non si è mai sviluppato il cavo televisivo, un architettura che negli altri Paesi si è sviluppata prima per portare televisione a pagamento nelle case, quindi nelle case sono comparse, di fianco alle borchie dell operatore in rame, le borchie dell operatore televisivo e poi negli ultimi cinque o sei anni, da quel cavo televisivo è iniziata ad arrivare anche telefonia a larga banda e quindi si è creata vera e propria competizione. Questo in Italia manca e di conseguenza manca una pressione strutturale di lungo periodo di una infrastruttura alternativa che faccia concorrenza all infrastruttura in rame dell ex monopolista. Fra gli interventi necessari, crediamo si debba continuare a lavorare per stimolare la concorrenza, che tuttora non funziona nonostante lo sforzo compiuto dall Autorità, che ha fatto interventi anche lungimiranti come ad esempio imporre la banda in rame, che fu il primo intervento di questo tipo in Europa e fu sicuramente lungimirante da questo punto di vista. È importantissimo procedere con l open access, iniziativa importante voluta dall Autorità alla quale anche Telecom Italia aderì, che non ha ancora portato tutti i risultati che doveva portare; quindi è fondamentale andare avanti sull open access facendo focalizzare lo sforzo sul miglioramento della qualità del servizio che viene dato agli altri operatori e quindi ai clienti finali e sulla parità delle condizioni commerciali e tecniche che devono consentire vera concorrenza sul mercato. È fondamentale che in questa fase non ci siano alleggerimenti delle regole in capo a Telecom che è tuttora monopolista. Sentiamo parlare qualche volta, ad esempio, di segmentazione geografica, ma non esiste il contesto per parlare di segmentazione geografica, in una situazione nella quale sul totale del territorio nazionale c è ancora un 100 per cento di monopolio del valore creato dal settore. Allo stesso modo, è fondamentale continuare ad effettuare e mantenere un attenzione rigorosissima sui test di replicabilità, che sono quei test tecnici che l Autorità porta avanti per verificare che le offerte fatte dall operatore dominante siano replicabili anche dagli altri operatori componendo le offerte all ingrosso che l operatore monopolista offre loro. È importantissimo mantenere la barra dritta da questo punto di vista: allentare la presa oggi sul tema del rispetto delle regole per cercare di creare concorrenza sarebbe molto pericoloso, soprattutto ora che si inizia a parlare di reti di nuova generazione. Le tre sfide che il Paese ha davanti sono il digital divide, le reti di nuova generazione in fibra e la net neutrality. Il fronte del digital divide è un fronte delicatissimo per tutti i Paesi, non siamo gli unici ad avere

9 9 questo problema. In Italia il problema si quantifica in modo semplice: più del 10 per cento della popolazione in tutta l Italia (non è un problema del Nord o del Sud) non ha accesso ad una larga banda sufficiente, cioè di più di un megabit al secondo, per fruire dei servizi base di Internet, sia che stiamo parlando di famiglie, che di imprese o di pubblica amministrazione. La cosa interessante è che stiamo parlando di Comuni; quindi la percentuale dei Comuni è molto più alta del 10 per cento: sugli oltre clienti dei Comuni italiani, non hanno nessuna forma di larga banda. È un tema molto critico proprio perché la larga banda e Internet stanno diventando un elemento centrale di sviluppo dell economia, della società, della pubblica amministrazione in tutto il mondo ed è un tema che anche il presidente Obama ha posto tra i primi tre punti non dell agenda digitale, ma dell agenda del Paese. Ritengo che questo ci debba sensibilizzare moltissimo. Ritengo che l Italia si trovi in una posizione favorevole perché le tecnologie radiomobili possono risolvere il problema del digital divide. Credo che ciò sia ormai evidente, basti guardare a ciò che è successo negli ultimi due, tre anni non solo in Italia ma in giro nel mondo. Oggi le tecnologie radiomobili consentono il raggiungimento di performance di qualità e dimensione della banda assolutamente straordinarie, per non parlare dell efficacia realizzativa, grazie alla quale si possono raggiungere le valli, o i paesi più lontani senza bisogno di scavare ma con antenne di grande efficienza che portano il segnale della larga banda. Attualmente la nostra azienda sta installando tecnologia a 42 megabit al secondo; a Roma e a Milano abbiamo già installato due reti operative sperimentali di quarta generazione, a 140 megabit al secondo. Tutto ciò è ormai davanti a noi e sta per arrivare. Noi ci crediamo a tal punto che abbiamo annunciato un piano di investimenti per i prossimi tre anni di un miliardo e mezzo per potenziare la larga banda via radio ed estenderla alla totalità della popolazione, ponendo fine al digital divide. Abbiamo, inoltre, assunto l impegno formale di portare nei prossimi tre anni la larga banda in di quei Comuni che oggi non hanno nulla, vale a dire in un Comune al giorno. Dal 1º gennaio 2011, dunque, ogni giorno accendiamo la larga banda in un Comune in cui non c era assolutamente nulla. E visto che oggi abbiamo da poco superato i tre mesi, ieri abbiamo celebrato il 100º Comune e così andremo avanti a portare la larga banda. Crediamo che la competizione concorrerà alla risoluzione del problema. Poiché l accelerazione da noi impressa ha costretto i nostri concorrenti ad accelerare i loro piani di investimento, riteniamo che la competizione infrastrutturale sul radiomobile consentirà di accelerare la chiusura del digital divide. Venendo al tema centrale, e cioè le risorse pubbliche, è chiaro che, se ci fossero, si potrebbe accelerare il processo. Siamo però convinti che il settore privato possa conseguire comunque l obiettivo seguendo una politica di investimenti di questo tipo. La cosa è fondamentale è che qualora le risorse pubbliche ci siano non entrino in competizione con l investimento privato, altrimenti chi investe privatamente sarebbe non solo svantaggiato in quanto non avrebbe il ritorno economico atteso, ma anche per-

10 10 ché entrerebbe in competizione con il settore pubblico, il che non sarebbe accettabile. Il settore pubblico può certamente giocare un ruolo rilevante che va oltre la semplificazione normativa. Lo sviluppo della PA digitale è un fronte molto importante; quindi ben vengano le iniziative portate avanti dal ministro Brunetta in questa direzione, perché forzare gli italiani a servirsi di servizi digitali nell interazione con il pubblico è un importante elemento di stimolo alla domanda. Così come ben vengano iniziative come quelle realizzate nell ultimo anno che prevedono piccoli o grandi incentivi allo sviluppo della domanda (ad esempio, quelli concessi per la banda larga ai giovani sono stati momenti positivi per il mercato). Riteniamo poi sarebbe positivo non investire alternativamente al privato ma riconoscere al privato la possibilità di defiscalizzare i propri investimenti, perché così facendo si incentiverebbero le aziende che investono proprio denaro senza sostituirsi ad esse. Crediamo, dunque, che le questioni legate al digital divide si possano affrontare e risolvere con il percorso dell investimento privato, magari sostenuto da alcuni degli elementi che ho appena finito di elencare. Altra questione è quella legata alle reti di nuova generazione (mi riferisco prevalentemente alla rete fissa, perché per quella mobile vale ciò che ho appena finito di dire) dove la sfida è enorme. Come avrete capito da quanto ho detto, in questo ambito c è una sola infrastruttura, in monopolio naturale, ed è posseduta da un azienda privata che, come tale, ha come prerogativa gli interessi dei propri azionisti, non quelli del Paese. Ciò è stato ricordato più volte ed in modo molto efficace da chi guida quell azienda ed è assolutamente comprensibile. Ma è proprio questo il punto critico perché il fatto che sia un infrastruttura di monopolio naturale, quindi non replicabile, di fatto consente a chi la possiede di non avere uno stimolo competitivo. Dunque, se non si interverrà in alcun modo al riguardo accadrà che il privato che possiede questa infrastruttura in rame investirà al ritmo che riterrà più opportuno, coerentemente con la domanda e con la profittabilità della domanda. Tanto per cominciare, cercando di sfruttare al meglio la redditività della vecchia infrastruttura in rame (ampiamente ammortizzata) e centellinando in modo molto focalizzato gli investimenti in fibra. Quindi vi è il rischio di piani di sviluppo limitati, ritardati in funzione dello sviluppo di una domanda che è difficile immaginare in anticipo. Del resto, quando abbiamo investito sulle reti UMTS e sulle licenze UMTS lo abbiamo fatto dieci anni prima che arrivasse l iphone, l ipad o le chiavette USB: fu la competizione a spingerci ad investire. Credo che per il nostro Paese questo sia un tema molto importante perché nel futuro l imprenditore privato investirà poco, secondo i propri bisogni, immaginando un modello con una fibra costosa e per pochi, perché possa remunerare l investimento, ma come Paese ciò non ci consentirà né di recuperare lo spazio perduto, né tantomeno di correre alla velocità degli altri. Quindi, corriamo il rischio di arretrare sempre di più. Noi abbiamo una visione diversa ed è quella che abbiamo presentato nel piano Fibra per l Italia già ricordato, che prevede la modernizzazione dell infrastruttura in rame. Crediamo che si debba agire in anticipo

11 11 rispetto alla domanda, secondo una logica che punti alla sostituzione del rame con la fibra, partendo dai grandi centri e dirottando tutti i cittadini su questa nuova infrastruttura perché, tanto per cominciare, serve per migliorare la qualità del servizio che offriamo, serve per sostenere la crescita del traffico alla quale stiamo assistendo e serve per creare le condizioni perché si sviluppino nuovi servizi. Avrete senz altro sentito parlare, ad esempio, dei cloud services, servizi che richiedono l accesso ad una infrastruttura moderna ed in fibra. Noi crediamo che per fare questo in modo efficiente si debba operare con un unica infrastruttura, aperta a tutti, con una tecnologia denominata punto-punto (non voglio tediarvi con aspetti tecnologici), che guarda al futuro perché di fatto garantisce maggiore performance, che è la più efficiente, perché può essere utilizzata da tutti, e che consentirebbe la separazione tra rete e servizio, tra chi gestisce le autostrade e chi fa le macchine, se posso permettermi questo parallelo molto semplice. Riteniamo dunque opportuno investire insieme, cooperare per realizzare un infrastruttura unica, strategica per il Paese e terza rispetto al servizio, continuando a farci concorrenza sui servizi. Peraltro, una società che si occupa solo di infrastruttura potrebbe essere guardata dai mercati finanziari secondo logiche finanziarie diverse. Si parla di project financing, ma ad esempio per i fondi infrastrutturali ci sono investitori finanziari che guardano ad orizzonti temporali di 10, 15 o 20 anni dal punto di vista dei ritorni, che non sono investitori tipici di un operatore integrato che fa servizio di infrastruttura. Quindi, auspichiamo un infrastruttura aperta, separata dai servizi, nella quale possono investire tutti: operatori di telecomunicazioni insieme ad investitori finanziari (magari la Cassa depositi e prestiti, se ci saranno le condizioni) e la pubblica amministrazione, centrale o locale; non è indispensabile ma sarebbe comprensibile, visto che stiamo parlando di una infrastruttura unica e strategica per il Paese. Questo consentirebbe una migrazione graduale, partendo dai grandi centri, secondo una logica di switch off come quella che è stata seguita in modo molto coordinato nel settore televisivo; immaginare una migrazione non coordinata ma esclusivamente pilotata dai singoli sarebbe molto, molto più difficile. Si tratta di un investimento importante poiché per le prime 15 città italiane (che rappresentano il per cento della popolazione) sono stimati circa un paio di miliardi in cinque anni, mentre per il 50 per cento della popolazione italiana 8-9 miliardi in 10 anni. Si richiede dunque un grande sforzo che deve essere affiancato ad un piano di migrazione coordinato. Sono cifre impossibili? Registro solo che 2-2,5 miliardi (quelli per il primo blocco) per le 18 città sono più o meno i soldi richiesti per le frequenze in questa fase e i famosi 8-9 miliardi per il piano a 10 anni più ambizioso (50 per cento della popolazione) è, più o meno, quello che pagarono all epoca gli operatori mobili per le licenze UMTS, lo ricorderete senz altro anche voi. Quindi, investimenti importanti, ma che possono essere possibili se si creano le condizioni. Noi, come azienda privata, abbiamo già dato la nostra disponibilità a investire nell equity, nel capitale di questa società della rete, sia essa nazionale sia essa locale: l importante è che sia aperta, pro-

12 12 competitiva e che possa traguardare uno sviluppo di lunghissimo periodo. Se ci saranno risorse pubbliche è fondamentale che vadano nella direzione di iniziative aperte, pro-competitive, non chiuse, privatistiche o esclusive della concorrenza. Da questo punto di vista va benissimo l iniziativa che sta cercando di promuovere il Governo con il «Piano Romani» che sta seguendo un percorso sicuramente non facile dato che si sta dibattendo di temi complessi e cercando di trovare un punto di equilibrio tra gli interessi di operatori privati, che ritengo giusto tenere in considerazione. Credo dunque che l approccio, che è un approccio di infrastruttura aperta e pro-competitiva, sia quello corretto. Così come, ben venga l approccio che sta cercando di immaginare la Lombardia, che segue questo tipo di filoni: reti aperte, visione pro-competitiva, partnership pubblico-privato vera, che usi il denaro pubblico per stimolare un infrastruttura per il bene del Paese e non a beneficio di un singolo privato. Al contrario, siamo molto più dubbiosi quando vediamo altri modelli di partnership pubblico-privato, come ad esempio quello ipotizzato a Trento si tratta soltanto di un ipotesi e quindi vedremo che cosa succederà in cui il denaro pubblico viene usato per finanziare lo sviluppo di una rete, che è quella di Telecom e che, di fatto, rimarrebbe chiusa secondo la logica vera: essa, cioè, non sarebbe una rete aperta in unbundling, con un architettura punto-punto. Crediamo che ciò non sia un esempio virtuoso di partnership pubblico-privato. Davanti a noi abbiamo quindi due modelli di riferimento. Un modello è quello proposto da Telecom: seguiamo la domanda, investiamo in modo molto mirato, secondo un percorso, e facciamo poca fibra, più costosa del rame, per chi è disposto a pagarla, tenendo chiusa questa infrastruttura. Un altro percorso è quello in cui noi crediamo: entriamo in una logica di modernizzazione, migriamo dal rame alla fibra, investiamo tutti quanti insieme su un infrastruttura aperta e cerchiamo di portare fibra a più gente possibile (in realtà a tutti quando si fa la migrazione) a condizioni economiche sostanzialmente equivalenti a quelle del rame. Crediamo che questo sia un elemento di sviluppo vero. In questo momento c è un dibattito delicatissimo sul tavolo non del Parlamento, ma dell Autorità, relativo alla definizione delle regole per le infrastrutture di nuova generazione. Si è infatti a un bivio fondamentale: si deve decidere se su questa nuova infrastruttura, se fatta da Telecom, dovrà essere garantito agli operatori alternativi un accesso a condizioni economiche da definire equivalente a quello che c è oggi sul rame (ossia un accesso in unbundling, equo e pro-competitivo); oppure se, come richiede qualcun altro, essa debba rimanere chiusa, con un architettura diversa, andando quindi verso il modello di rivendita. Il bivio è molto importante: può sembrare tecnico, ma in realtà ha una grandissima valenza politica, perché se si sceglierà il percorso dell unbundling, come è oggi sul rame, si consentirà uno sviluppo competitivo e vera competizione sul servizio, facilitando anche gli investimenti di possibili soggetti finanziatori terzi che possono essere interessati a infrastrutture di questo tipo. Al contrario, se si andrà avanti con l approccio di una rete chiusa e

13 13 quindi con un modello nel quale, con tecnologie GPON, gli altri operatori sono fondamentalmente rivenditori, si andrà verso una rimonopolizzazione del mercato e non già uno sviluppo pro-competitivo. Il bivio è quindi importantissimo. Ovviamente noi crediamo che per lo sviluppo del mercato e della concorrenza ma, in realtà, per massimizzare gli investimenti sia fondamentale andare nella direzione della rete aperta in unbundling anche della fibra in centrale. L ultimo tema è quello della net neutrality. Anche in questo caso si rischia di perdersi in mille rivoli, perché il tema è molto complesso e in totale divenire. Negli ultimi sei mesi il dibattito si è spostato cento volte e, inoltre, parlare di net neutrality in Europa ha un significato, negli Stati Uniti un altro. Credo che il dibattito sia davvero complesso. Il tema è importante, perché va a definire quelle che saranno le relazioni in futuro tra gli operatori di telecomunicazioni che fanno investimenti sulle reti di nuova generazione per dare servizi ai propri clienti e gestirne il traffico mi riferisco a operatori come Telecom, Vodafone, Fastweb, Wind e gli operatori Internet che usano queste reti con modelli che vengono chiamati over the top. Non so se avete mai sentito questo termine, che identifica soggetti come Google, Yahoo, Skype e i vari fornitori di film o di altri servizi a valore aggiunto sulle reti digitali. Sono operatori che iniziano a fare elevati margini; alcuni di questi nei loro ambiti sono quasi monopolisti, ma non su scala locale, bensì internazionale. Quello sulla net neutrality è quindi un dibattito importante, perché va a definire come queste due tipologie di operatori dovranno dialogare. Crediamo che questa relazione debba articolarsi su due capisaldi centrali: essi non sono particolarmente innovativi, ma riteniamo fondamentale ribadirli come principi di riferimento. Il primo è quello della libertà di offerta di entrambi, affinché ciascuno offra i servizi che ritiene opportuni ai propri clienti (siano essi clienti finali o clienti legati a una relazione reciproca). La seconda condizione fondamentale è quella della neutralità normativa, della simmetria delle regole e delle condizioni di operatività. Crediamo che questi siano due principi centrali. Sul fronte della libertà dell offerta uno dei temi più dibattuti in questa fase crediamo che il cliente debba decidere quali sono i servizi che vuole utilizzare a quelle condizioni e che tutti debbano essere obbligati a garantire al cliente la massima trasparenza delle condizioni offerte (è fondamentale garantire la massima trasparenza perché il cliente deve poter scegliere in modo consapevole). È poi fondamentale che ci siano condizioni eque e non discriminatorie tra di loro per evitare comportamenti esclusivi o discriminatori. Però, fatti salvi questi due principi trasparenza nei confronti dei clienti, non discriminazione e condizioni eque sul fronte delle offerte, crediamo che, così come gli operatori Internet over the top sono liberi di definire le loro condizioni nei confronti del mercato, anche gli operatori di telecomunicazioni debbano essere liberi di definire la propria offerta tariffaria, secondo delle politiche commerciali di remunerazione degli investimenti e nel rispetto della naturale libertà di impresa. È indispensabile che questi due diritti vengano garantiti, così da

14 14 tutelare l investimento e lasciare uno stimolo agli operatori per investire sulle infrastrutture di nuova generazione. La seconda area, altrettanto importante, è quella della neutralità normativa e della simmetria delle regole tra le due tipologie di operatori. Oggi un operatore di telecomunicazioni (come è Vodafone), investe sforzi, costi e denaro per rispettare non solo le leggi e le regolamentazioni del Paese, ma anche alcuni cardini importantissimi per il cliente e la società in cui viviamo. Cito, tra i più importanti, la trasparenza e la tutela del consumatore, la privacy e il trattamento dei dati personali, la sicurezza e le prestazioni obbligatorie. Ogni anno investiamo decine di milioni l anno su questi fronti per rispettare delle regole che ci vengono date dalle Autorità, dal Parlamento e quant altro. Riteniamo che sia corretto fare questo e non ce ne lamentiamo, perché crediamo che ciò faccia parte del generare un sistema sostenibile nel tempo, che rispetti i diritti del cittadino. Crediamo, però, che, così come noi rispettiamo queste regole e facciamo investimenti, altrettanto debba essere fatto dagli operatori Internet over the top che offrono servizi anche in competizione con noi. Se un operatore di telecomunicazioni deve rispettare privacy, trasparenza e sicurezza quando offre servizi di comunicazione, perché non è tenuto a farlo anche un operatore che magari è basato in Israele o da qualche altra parte del mondo? Crediamo sia fondamentale affermare, oltre al principio di libertà di offerta, anche il principio della neutralità normativa. In grandissima sintesi, in relazione al mobile c è un modello virtuoso che crediamo debba essere coltivato facendo in modo che la concorrenza continui a funzionare; in relazione al fisso, invece, c è ancora un monopolio di fatto che rischia di farci fare ulteriori passi indietro se non si trovano dei meccanismi alternativi. Mi riferisco a un modello italiano che, a mio avviso, deve essere quello di un unica infrastruttura aperta in cui tutti investono con il contributo di tutti. Vodafone continuerà ad investire in modo molto determinato per guidare lo sviluppo delle tecnologie radiomobili, dove abbiamo una scala sufficiente per seguire il percorso competitivo e fare in modo di fare gli investimenti di maggiore avanguardia e di maggiore sviluppo del mercato. Continuiamo a dare la nostra disponibilità ad investire insieme agli altri su iniziative che portino ad una vera modernizzazione, dal rame alla fibra, secondo un modello aperto e procompetitivo. PRESIDENTE. Dottor Bertoluzzo, la ringrazio per il suo contributo. Cedo ora la parola ai colleghi per eventuali domande e chiarimenti. VIMERCATI (PD). Dottor Bertoluzzo, anzitutto la ringrazio perché ci ha aiutato molto nel lavoro di ricognizione e di proposta sulla questione della net neutrality. Passo alla prima domanda. Lei ha detto che l asta per le frequenze è molto importante. Il Partito Democratico l ha proposta da tempo e finalmente il Governo l ha lanciata con molti problemi di gestione, come lei sa, sulla questione delle locali, che speriamo vengano risolti. Quanto

15 15 vale? Le faccio questa domanda perché il bando parla di 2,4 miliardi di euro come attesa. Gli ultimi articoli apparsi su «Il Sole 24 ore» riportano invece valori molto più alti, addirittura doppi rispetto ai 2,4 miliardi di euro immaginati dal Governo. Vorrei quindi conoscere la sua opinione. Per quanto riguarda la questione delle reti di nuova generazione, mi pare che il punto di criticità sia lo switch off. Vi sono due modelli diversi tra Vodafone, gli altri operatori alternativi (OLO) e Telecom Italia. Bisogna capire quale può essere, se c è, il punto d intesa che consenta gli investimenti da parte sia dell incumbent, sia delle altre società. Mi pare di capire, da quanto lei ha detto, che siamo ad un punto di stallo rispetto al tavolo Romani. Da quanto ci ha riferito l amministratore delegato di Telecom Italia Bernabè, il modello dello switch off non mi sembra condiviso: lei quale immagina possa essere la via d uscita? Apprezzo naturalmente la disponibilità di Vodafone ad investire sulle reti di nuova generazione. Sono stato molto colpito dal suo intervento sulla questione della net neutrality, perché credo ci aiuti a trovare una via d uscita condivisa non solo tra maggioranza e minoranza, ma anche con le TLC. Se ho ben capito, lei ritiene sia opportuno non ragionare in termini di traffic management, ma su altri piani: su quello dell offerta, quindi su quello del prezzo delle tariffe. Se ho capito bene, Vodafone non ritiene che il traffic management sia l unica strada. Altre società ci hanno chiesto fondamentalmente di avere carta bianca su questo ed è il tema che desta nella Commissione più perplessità. Per queste ragioni mi piacerebbe trovare occasioni di approfondimento, perché il nostro obiettivo, con la legge sulla neutralità, è ovviamente quello di trovare un punto di equilibrio tra i diritti degli utenti e quelli di chi fa investimenti, che ha tutto il diritto di vederseli remunerati, sia pure nei tempi medi e lunghi che essi comportano. Questo è un punto veramente nodale; mi sembra che il suo contributo sia nuovo e molto interessante e vorrei trovare l occasione per approfondirlo. RANUCCI (PD). Mi associo ai ringraziamenti per una relazione che ha ampliato la nostra visione di questo settore. Come rilevato dal senatore Vimercati, lei ha parlato della sostituzione della rete in rame con la rete in fibra, mentre altri hanno parlato di una sovrapposizione, cioè di lasciare la rete in rame sulla quale gradualmente si potranno costruire reti in fibra, in modo tale che poi ogni rete possa fornire un suo tipo di servizio. Sembra anche a me che lei abbia parlato invece di uno switch off della rete in rame e le chiedo se non vedrebbe invece utile una stratificazione delle varie reti. Lei ha parlato anche di una società della rete che attraverso il project financing e con altri sistemi finanziari potrebbe entrare nel finanziamento della rete. Vari soggetti, fra cui anche Vodafone, si sono detti possibilisti in merito all eventualità di entrare in una società di questo tipo. Avete pensato che ci potrebbe essere il pericolo che vi entrino anche gli over the top, per essere sempre più i regolatori delle reti, visto che occupano circa l 80 per cento (vorrei una conferma da parte sua su queste cifre)

16 16 del traffico? Poiché sono realmente loro che occupano la maggior parte del traffico, potrebbero diventare essi stessi i proprietari, facendo una scalata al contrario; a quel punto avremmo un reale problema di libertà sulle reti. Riprendendo la domanda posta dal senatore Vimercati, il traffic management è una soluzione o c è una soluzione tariffaria rispetto all uso della rete? BUTTI (PdL). Ringrazio anch io il dottor Bertoluzzo per la sua relazione. Per mancanza di tempo, passerò subito ai quesiti che intendevo rivolgergli. In merito alla questione dell asta per le frequenze da assegnare alla telefonia mobile, lei ci ha detto che le aste si fanno quando c è disponibilità di frequenze (questo è un dato di fatto). Questa Commissione, peraltro, aveva sollecitato, perché ovviamente non è un fatto politico di maggioranza o di opposizione, ma un fatto di buonsenso, sia il Ministro, sia il Presidente dell Autorità per le garanzie nelle comunicazioni a rivedere quantomeno alcuni aspetti anche del piano frequenze, perché era abbastanza evidente che i 600 piccoli operatori sarebbero intervenuti su questa vicenda potendo bloccare l asta. Le chiedo quindi innanzitutto (mi scuserà per la brutalità della domanda): rimanendo così la situazione, quindi con un probabile ricorso al TAR se non si sblocca la vicenda delle frequenze, Vodafone parteciperebbe ugualmente a quest asta? A me interessa un po meno rispetto al senatore Vimercati capire qual è l ammontare complessivo del ricavato di quest asta, anche perché secondo l AGCOM si tratterebbe di 2,9 miliardi di euro, mentre secondo il Governo di 2,4 miliardi e secondo qualcun altro addirittura il doppio, quindi evidentemente anche gli operatori fanno il loro interesse. Condivido sostanzialmente il suo ragionamento sulla net neutrality. Questa Commissione ha iniziato il dibattito su un dispositivo di legge che abbiamo definito snello (sarà poi interessante magari risentirci anche su questo). L amministratore delegato di Fastweb inizialmente ha detto che non avrebbero gradito molto un vincolo legislativo. La mia opinione è che invece una regolamentazione legislativa ci debba essere, magari estremamente snella e non eccessivamente vincolante, qualcosa che certamente, come lei ha detto, è in grande evoluzione, ma credo che ci debba essere un minimo di regola. Per quanto riguarda il digital divide, ho saputo del progetto Comuni avviato da Vodafone e credo che aver già raggiunto un primo obiettivo con la copertura di 100 Comuni sia un fatto importante. Avendo ascoltato quanto diceva il presidente Grillo, ma anche la sua risposta, le chiedo se pensa che il vostro intervento possa essere compatibile anche con un intervento pubblico attraverso i bandi regionali. Non tutte le Regioni si stanno apprestando in tal senso, ma diverse Regioni ci stanno già lavorando. L ultima questione che le pongo è un po delicata, anche perché le chiedo di capire meglio l atteggiamento di un vostro concorrente. L ammi-

17 17 nistratore delegato di Telecom, ascoltato dalla Commissione relativamente alla questione della segmentazione geografica, ha detto sostanzialmente che ci devono essere regole diverse a seconda del territorio; quindi c è una parte del territorio dove c è il monopolio più totale e un area dove invece ci può essere la concorrenza, ma nell area dove c è il monopolio non ci deve essere neanche l obbligo di unbundling della fibra, cosa che abbiamo dibattuto lungamente anche con riguardo al recepimento di alcune direttive europee. L amministratore delegato di Telecom ha detto anche che nelle aree di concorrenza non ci deve essere l obbligo sull affitto dell ultimo miglio. Vorrei capire meglio questo atteggiamento e forse lei, che è un diretto concorrente di Telecom, mi potrà aiutare. BALDINI (PdL). Anch io mi associo ai ringraziamenti. Per quanto riguarda il passaggio dal rame alla fibra, lei ha evidenziato l esigenza che ci sia una concorrenza effettiva tra gli operatori, che comporta quindi una rete che abbia neutralità assoluta. In qualche modo emerge non soltanto dal suo intervento, ma anche da interventi di altri operatori, una preoccupazione, che probabilmente è fondata: essendoci un operatore che ha operato in termini monopolistici per tanti anni, ancora oggi l utilizzazione della rete di Telecom presenta difficoltà oggettive, o quanto meno è di ostacolo ad una concorrenza effettiva tra i vari operatori. Lei sostiene l esigenza di passare da un sistema qual è quello che prevede appunto il mantenimento della rete in rame ad una nuova condizione, cioè alla banda larga, ad una rete di nuova generazione che consenta a tutti di poter accedere liberamente, ma che permetta altresì di fornire servizi maggiori e migliori rispetto a quelli che oggi può offrire la situazione attuale. Vorrei capire qual è oggi la situazione rispetto alla prospettiva di una rete unica nella quale tutti gli operatori siano pienamente coinvolti. Quando, ad esempio parlando con Telecom, abbiamo sollevato il problema e chiesto perché c è questa insistenza nei confronti del Governo per ottenere i finanziamenti per portare avanti il disegno della banda larga in tutto il Paese e quali sono oggi le condizioni oggettive, reali, della banda larga e quindi delle infrastrutture in Italia, ci venne risposto che, per quanto riguarda la banda larga, problemi non ci sono perché circa il 90 per cento del Paese ha copertura, ad eccezione di una parte residua riguardante i Comuni che più difficilmente possono essere raggiunti da questa infrastruttura. Allora, se realmente la banda larga ha raggiunto una copertura del 90 per cento nel Paese, vorrei capire bene come questa rete infrastrutturale viene utilizzata dai vari operatori e se ci sono come è stato evidenziato operatori che ne possono usufruire in un modo diverso rispetto agli altri operatori (in termini semimonopolistici, per intenderci) o, comunque, in termini tali da creare a questi difficoltà. Per far sì che tutti gli operatori possano essere protagonisti dell operazione legata alla banda larga e con analoga possibilità di accesso, per raggiungere questo obiettivo, lei ritiene che attualmente, anche alla luce delle risultanze del tavolo Romani, siano emersi elementi tali da far prevedere che attraverso la costituzione della newco si possa arrivare ad una infrastruttura unica che sia di libera utiliz-

18 18 zazione per tutti gli operatori e quindi che si possa andare rapidamente alla costituzione di una nuova rete della larga banda? Ritiene inoltre che attraverso questo meccanismo si possa rapidamente abbandonare la vecchia infrastruttura in rame in modo da consentire un innovazione in tutti i settori, nei termini che lei ha sottolineato nel corso della sua relazione, per proiettare ancor di più il Paese verso nuovi obiettivi e nuovi traguardi, oltre che verso nuove condizioni tecnologicamente più avanzate in grado di servire effettivamente gli interessi generali del Paese? BERTOLUZZO. Quanto alla partecipazione di Vodafone all asta delle frequenze, non conosciamo l esatto valore. Sono ancora in corso nostre valutazioni; dipende molto dalle condizioni d asta. In ogni caso, mi sembra una situazione radicalmente diversa da quella che condusse alle aste UMTS di più di 10 anni fa, quindi credo si debba stare molto attenti con tali valutazioni. Insisteremo anche se le frequenze non saranno tecnicamente libere poiché un azienda ragiona in modo molto semplice, nel senso che cerca di proiettare i ritorni futuri scontandoli poi secondo un tasso di rischio. Naturalmente, se le frequenze sono disponibili si prevede la partenza ad una certa data, se non lo sono si metterà un bel fattore di rischio sulla valutazione che abbatterà il valore delle frequenze delle quali stiamo parlando. Dopo di che chi fa il mio mestiere riferirà in consiglio di amministrazione qual è la cifra massima che si può pagare e si fa dare un certo tipo di autorizzazione ad investire. Noi quindi siamo assolutamente interessati alle frequenze, che crediamo essere un elemento di innovazione importante. Dobbiamo capire se ci saranno le condizioni per arrivare alla base d asta che è stata immaginata ai minimi; ciò dipenderà anche dalla disponibilità delle frequenze. Quanto alla questione switch off versus overlay, affrontata anche nel tavolo Romani appena citato, siamo ad un bivio: dobbiamo decidere se a fronte di un autostrada a tre corsie ormai piena di traffico, di buche, con caselli insufficienti a fronte di macchine sempre più veloci e performanti, che non riescono più ad esprimere le proprie potenzialità su quel tipo di strada, sia più opportuno costruirne una di fianco a dieci corsie, oppure ampliare un poco alla volta quella a tre corsie già esistente. Credo sia chiaro a tutti voi che il percorso più efficiente è allargare la strada già esistente perché, tanto per cominciare, in questo modo si può spostare il traffico sulla nuova parte realizzata consentendo di iniziare a «macinare», investendo in un unica direzione che è quella di un asfalto più moderno, della realizzazione di caselli più ampi e così via. Questo è il tipo di filosofia da adottare. È evidente che qualora la strada vecchia e la nuova fossero di proprietà della stessa persona tutto sarebbe più semplice, ammesso che il proprietario di quella vecchia abbia lo stimolo ad investire (cosa che in Italia solitamente non accade perché manca la competizione). Diversamente, bisogna trovare dei meccanismi di compensazione che rappresentano uno degli elementi importanti per il tavolo Romani che ritengo stia ragionando sull ipotesi di una infrastruttura davvero

19 19 aperta, di lungo periodo in cui ciascuno possa fare competizione sul servizio. Credo si stiano cercando degli elementi di equilibrio che consentano di promuovere lo sviluppo e la competizione, di consentire una migrazione vera che permetterebbe anche di vendere la fibra a prezzi convenienti e confrontabili con quelli del rame, quindi una fibra per tutti e non per pochi, cercando di capire però in che modo si possano ribilanciare gli interessi degli operatori privati. Faccio un esempio per tutti: ad oggi i primi servizi in fibra di Telecom riguardano alcuni quartieri o edifici di Catania. Il prezzo chiesto a noi per accedere a quella fibra a Catania è di euro, il che vuol dire che immaginiamo un prezzo per il cliente finale di euro. È quella la fibra che immaginiamo, quando la larga banda su rame costa euro al mese? Quali sono gli italiani che pagherebbero due volte e mezzo in più per avere la fibra? Io non ne vedo. Probabilmente, dobbiamo immaginare un modello diverso che piuttosto che la fibra a pochi a prezzi altissimi tenendo vivo il rame, con tutti i relativi costi di manutenzione, punti ad investire tutte le risorse a disposizione non per manutenere il rame e realizzare una minima rete in fibra, ma per migrare dalla rete in rame a quella in fibra. Se gli operatori over the top vogliono entrare nella società della rete, ben vengano; che inizino ad investire, visto che sono tra i primi clienti della infrastruttura in fibra. Stiamo parlando di un infrastruttura terza, che peraltro sarà ovviamente regolamentata (altrimenti si tratterebbe di un infrastruttura monopolistica) e le regole con le quali si potrà accedere a questa infrastruttura dovranno essere definite da un Autorità. Per me chi sono gli azionisti conta relativamente poco, purché abbiano un interesse industriale di sviluppo coerente con quanto occorre al Paese; poi ci si farà concorrenza sui servizi. Noi siamo per questa logica: coinvestimento su una rete aperta e poi competizione sui servizi. A noi non interessa possedere il 5, il 10 o il 15 per cento di una rete, di una infrastruttura passiva. Non è questo il nostro interesse. Siamo disposti ad investire perché questo accada, perché lo vediamo come un elemento che può rendere possibile l investimento. Per questo, quindi, siamo disponibili. Quanto al digital divide si chiedeva se il nostro intervento sia compatibile anche con un intervento pubblico attraverso i bandi regionali. Dipende. È il ragionamento che stiamo cercando di portare avanti con le Regioni. È chiaro che laddove deciderà di investire il pubblico non lo faremo noi, ma chiederemo accesso all investimento pubblico. Lo ripeto, noi crediamo che l investimento privato sia in grado di arrivarci da solo e credo che nell allocazione delle risorse pubbliche questo sia un elemento di cui tener conto. A proposito della net neutrality, credo che le parole traffic management, gestione del traffico, facciano sempre paura perché non si sa mai cosa veramente succede e dà anche l idea di poca trasparenza. In realtà, non è altro che la gestione di una fabbrica. La rete è una fabbrica: come la gestiamo e cosa ne facciamo è un elemento per noi tecnologico, di produzione. Non credo quindi che il tema di fondo sia il traffic management, ma garantire trasparenza dell offerta al cliente. La consapevolezza

20 20 per il cliente che con una data offerta può fare alcune cose e pagando una quota diversa ne può fare altre, che pagando una quota ha determinate performance e pagandone un altra ne ha di diverse, altro non è che la segmentazione dell offerta. Prendiamo, ad esempio, una Punto: se chiediamo una certa cilindrata piuttosto che un altra o certi accessori anzichè altri, il costo cambia. Di questo stiamo parlando. L aspetto fondamentale è che il cliente, quando va a comprarla, possa decidere liberamente. È teoria? No, è pratica e in proposito faccio un esempio molto concreto. Fino a pochi giorni fa, in televisione, Vodafone ha pubblicizzato un offerta chiamata «Internet per te» che propone tre tipologie di prodotto: «Smart», «Super» e «Top»; a seconda del prezzo che il cliente paga, si garantisce un certo tipo di performance. La tecnologia può essere ricondotta anche a quello che normalmente si chiama traffic management. Il cliente lo sa quanto paga e sa esattamente che tipo di performance otterrà. Questo è l impegno che assumiamo in modo trasparente. È questo che intendiamo quando parliamo di libertà dell offerta e di non discriminazione: questa offerta è disponibile per chiunque sia disposto a pagare, esattamente come la Punto. Non sta scritto da nessuna parte che la Punto debba avere solo un motore 1.400, perchè diversamente ci sarebbe qualcuno che non si può permettere il motore o perché sarebbe sbagliato produrla con un motore 900. Si tratta di una scelta di impresa. Infine, c è il tema della segmentazione geografica, che per me è difficile da affrontare. Se fossimo di fronte a un mercato quello della rete fissa dove si è sviluppata la competizione in modo proficuo, allora si potrebbero cominciare a immaginare evoluzioni o una riduzione della regolamentazione, ma non siamo in questa situazione. Come dicevo prima, in Italia il 100 per cento del valore della rete fissa è appannaggio di Telecom Italia e, quindi, non ci sono proprio le condizioni per iniziare a segmentare geograficamente o alleggerire la regolamentazione su altri fronti. Tra l altro, se iniziassimo ad alleggerire nelle uniche aree in cui si fa forse un po più di profittabilità (ossia le grandi metropoli), gli operatori alternativi, che già oggi non fanno una lira, si troverebbero soltanto a perdere denaro nelle zone meno centrali. Non ci sono quindi proprio le condizioni. PRESIDENTE. Dottor Bertoluzzo, ringrazio lei e i suoi collaboratori per il contributo dato ai lavori della Commissione. Presidenza del vice presidente MENARDI PRESIDENTE. Segue ora l audizione dei vertici di Tiscali. Sono presenti il dottor Renato Soru, presidente e amministratore delegato di Tiscali, e il dottor Carlo Mannoni, direttore affari istituzionali e

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