LA DIGESTIONE ANAEROBICA DI RIFIUTI E BIOMASSE: RASSEGNA DELLE POTENZIALITÀ SPECIFICHE DI PRODUZIONE DI BIOGAS

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1 LA DIGESTIONE ANAEROBICA DI RIFIUTI E BIOMASSE: RASSEGNA DELLE POTENZIALITÀ SPECIFICHE DI PRODUZIONE DI BIOGAS

2 INDICE 1 La Digestione Anaerobica quale mezzo di produzione di energia Biogas Le Matrici utilizzabili per la digestione anaerobica Biomasse Agroindustriali Reflui Zootecnici Fanghi di depurazione Frazione organica da raccolta differenziata Forsu Frazione organica da selezione meccanica Fo La Codigestione Rese di produzione di Biogas Bibliografia... 33

3 1 La Digestione Anaerobica quale mezzo di produzione di energia Lo sfruttamento del biogas prodotto dalla fermentazione di materiale organico per ottenere calore o energia elettrica non è una novità: risalgono, infatti, a più di vent anni fa i primi impianti per la trasformazione di liquami zootecnici realizzati in Italia a cui ha fatto seguito lo sfruttamento di altre matrici, non ultima la frazione organica dei rifiuti solidi urbani. Solo di recente, però, le norme ispirate al Protocollo di Kyoto, la riforma della politica energetica dell Unione Europea e le conseguenti legislazioni e regolamentazioni a livello nazionale, hanno dato un forte incentivo allo sviluppo di tecnologie di produzione di energia da fonti rinnovabili sempre più competitive. La normativa italiana considera fonti di energia rinnovabili il sole, il vento, le risorse idriche, le risorse geotermiche, le maree, il moto ondoso e la trasformazione in energia elettrica dei prodotti vegetali o dei rifiuti organici e inorganici. Il biogas da digestione anaerobica, in quanto prodotto dalla trasformazione biologica di prodotti vegetali e rifiuti organici, appartiene al novero delle fonti energetiche rinnovabili. In questo lavoro vengono illustrati, attraverso l analisi e l elaborazione dei dati bibliografici disponibili, le caratteristiche e le potenzialità di diverse biomasse quali matrici impiegabili nella produzione di biogas. 1.1 Biogas La formazione biologica del metano è un processo che avviene in natura in ambienti caratterizzati da assenza di ossigeno e presenza di materiale organico in decomposizione; tra questi si possono ricordare paludi, sedimenti lacustri, apparato digerente degli animali. Tra gli ambienti artificiali in cui avvengono processi di 1

4 metanogenesi si ricordano principalmente i digestori anaerobici e le discariche. Tali processi sono il risultato delle attività di gruppi batterici altamente specializzati che convertono in metano e CO 2 i prodotti finali delle fermentazioni operate da altri batteri anaerobi (in particolare CO 2, H 2, formiato e acetato). Come già accennato, i processi biologici complessi per mezzo dei quali, in assenza di ossigeno, la sostanza organica viene trasformata, portano alla formazione di un gas combustibile ad elevato potere calorifico (biogas o gas biologico) (Tabella 1.1) [1], costituito principalmente da metano e anidride carbonica. La percentuale, in volume, di metano nel biogas varia a seconda del tipo di sostanza organica digerita e dalle condizioni di processo, da un minimo del 50% fino all 80% circa. Affinché la trasformazione abbia compiutamente luogo è necessaria l azione di diversi gruppi di microrganismi, in grado di trasformare la sostanza organica in composti intermedi utilizzabili dai batteri metanigeni che concludono l intero processo di digestione [2]. I microrganismi anaerobi presentano basse velocità di crescita e basse velocità di reazione metabolica; occorre quindi mantenere, per quanto possibile, condizioni ottimali dell ambiente di reazione.. 2

5 Combustibile p.c.i. (kcal/kg - kcal/m3) gas di petrolio liquefatti benzina per auto combustibile per aerei gasolio petrolio grezzo olio combustibile 9800 litantrace antracite gas naturale 8300 carbone di legna 7500 coke 7000 lignite Biogas torba gas tecnico di cokeria 4300 legna da ardere gas tecnico di altoforno 900 Tabella 1.1 : Potere calorifico del Biogas a confronto con altri combustibili In Tabella 1.2 [3] si può analizzare la composizione media di un biogas tipico; alcuni composti, pur presenti solo in tracce, possono causare, come si vedrà in seguito, problemi gestionali di notevole importanza. 3

6 Molecole Presenza nel biogas (%) Metano (CH 4 ) % Anidride carbonica (CO 2 ) % Idrogeno solforato (H 2 S) 0,02 0,2 % Vapore d acqua Idrogeno (H 2 ), ammoniaca (NH 3 ), ossigeno (O 2 ), azoto molecolare (N 2 ), silossani saturazione tracce Tabella 1.2: Composizione media del biogas 2 Le Matrici utilizzabili per la digestione anaerobica Al fine di poter esprimere valutazioni sulle opportunità di sfruttamento del contenuto energetico delle biomasse attraverso la digestione anaerobica, è utile cercare di qualificare le matrici utilizzabili in un impianto per la produzione di biogas; in linea di principio, tutta la sostanza organica è adatta ad essere utilizzate come substrati. Ai fini del presente lavoro è opportuno raggruppare in classi omogenee le differenti biomasse utilizzabili come input per un digestore anaerobico. La suddivisione, qui effettuata principalmente sulla base della provenienza delle diverse matrici, è arbitraria ma funzionale allo scopo di poter confrontare in modo più chiaro le diverse biomasse. Si sono individuate le seguenti cinque macro classi di matrici, ciascuna delle quali comprensiva di un numero variabile di prodotti, talvolta disomogenei per opportunità ed efficienza di impiego:? biomasse agroindustriali? reflui zootecnici 4

7 ? fanghi di depurazione? frazione organica dei rifiuti urbani da raccolta differenziata? frazione organica dei rifiuti urbani da selezione meccanica La scelta di una matrice rispetto ad un altra dipende da differenti fattori. Ricordiamo i principali:? Resa potenziale di produzione di biogas? Reperibilità della matrice rispetto alla localizzazione geografica dell impianto? Valore economico della matrice (concorrenza con altri mercati di collocazione)? Lavorabilità e facilità di gestione della matrice (necessità di pretrattamenti, potenziali produzioni di composti tossici o schiume in fase di digestione, ) Segue un analisi delle caratteristiche generali delle matrici finalizzata ad una più consapevole analisi dei delle opportunità e problematiche relative all uso di queste biomasse. 2.1 Biomasse Agroindustriali La classe delle matrici agroindustriali comprende tutti quei prodotti, sottoprodotti e scarti che derivano dalle attività agricole e dai processi industriali che trattano materiali organici. Sono inclusi anche gli scarti verdi di origine privata o pubblica come ad esempio residui di potature o sfalci d erba. Si possono distinguere quattro gruppi principali a seconda delle caratteristiche o dall origine della matrice: 1. Colture dedicate 2. Residui colturali 3. Sottoprodotti industriali 4. Sottoprodotti di origine animale 1 - Colture dedicate 5

8 In questa categoria si possono comprendere tutte quelle colture che vengono prodotte al solo scopo di ottenere una biomassa utilizzabile per la digestione anaerobica. Si tende a coltivare piante con bassi contenuti di lignina e con alti contenuti in amido, proteine e grassi che portano a produzioni unitarie di biogas maggiori. Le colture più diffuse a questo scopo sono quelle cerealicole come ad esempio mais (allo stadio ceroso), sorgo zuccherino, colza, segale, frumento etc. Spesso la biomassa viene inizialmente insilata per velocizzare la fase di idrolisi (che viene in parte condotta da microrganismi fermentanti durante l insilaggio). La reperibilità di queste matrici non presenta particolari problematiche, salvo nei paesi del nord dove la produttività dei suoli, e quindi le quantità prodotte annualmente, sono limitate dal clima. In termini più generali, il valore economico di questo tipo di matrice è elevato; queste colture sono destinabili all industria alimentare e al settore zootecnico, quindi reperire colture dedicate a prezzi economicamente vantaggiosi potrebbe essere difficoltoso. In genere questo tipo di matrice è caratterizzata da un elevata purezza e pulizia del materiale, non presentando significative contaminazioni da inerti, plastiche, metalli o altri materiali non digeribili. Nel caso di una digestione monomatrice o in combinazione con reflui zootecnici, il digestato ottenuto può essere efficacemente utilizzato come ammendante per gli stessi terreni si provenienza delle colture impiegate. Per una corretta valutazione della reale sostenibilità nell utilizzo di queste matrici, è necessario considerare alcune criticità quali l aumento nell uso di sostanze chimiche per un agricoltura che, non essendo a scopo alimentare, pone meno limiti di legge. La diffusione di colture non alimentari ad uso energetico può rappresentare, in Europa, un vantaggio per ridurre le sovrapproduzioni e sfruttare terreni incolti, a riposo o irrigati con acque reflue dei depuratori urbani. La nuova PAC (Politica Agricola Comunitaria 2003) prevede uno specifico incentivo per tipologia di coltura dedicata, ad esempio 56 /ha per colture proteiche contro i 63 /ha per le cerealicole; l ammontare dell incentivo può far modificare la scelta nell utilizzo di una 6

9 matrice rispetto ad un altra. Dal 1 Gennaio 2005 l'italia ha deciso di applicare il pagamento unico, optando per il disaccoppiamento totale laddove previsto dal relativo regolamento europeo. La posizione dello Stato Italiano sull'attuazione della riforma della politica agricola comune in Italia è, comunque, contenuta in un documento a firma del, di allora, Ministro delle Politiche agricole e forestali [22]. 2 - Residui colturali Tutte le lavorazioni e le produzioni agricole generano una grande quantità di scarto vegetale che può essere sfruttato come matrice per un impianto di digestione anaerobica. Queste biomasse possono derivare da colture erbacee e/o arboree; in questo caso le parti da sfruttare sono quelle non edibili o trasformabili. Spesso si riutilizzano derrate alterate dalla presenza di micotossine, prodotti del metabolismo secondario di alcune specie fungine in grado di colonizzare le colture in campo e le derrate stoccate, che, presentando un elevata tossicità per uomini e animali, non sono destinabili a nessun uso diretto. La digestione anaerobica permette di trarre energia e di igienizzare nel contempo dei prodotti altrimenti inutili. Considerando i residui colturali propriamente detti, le rese sono inferiori rispetto alle colture dedicate; le parti di scarto contengono, in genere, più lignina e più cellulosa che, essendo meno degradabili, portano a produzioni di biogas inferiori. Per quanto riguarda le derrate contaminate da micotossine o muffe, i valori di resa possono essere assimilabili a quelli relativi alla coltura non contaminata. La reperibilità di queste matrici può essere maggiore poiché, trattandosi di scarti, la competizioni con altre colture è meno evidente. In particolare, l uso di matrici vegetali contaminate da micotossine è diffuso e utile in Italia, in particolare nella Pianura Padana, dove l elevata concentrazione di colture cerealicole e le condizioni ambientali, consentono la diffusione dei miceti responsabili. Tutti i residui verdi prodotti in agricoltura, come paglie, colletti di barbabietole etc, ancorchè vantaggiosamente digeribili, presentano una grande varietà di altri utilizzi. 7

10 Ad esempio gli scarti vegetali possono essere sovesciati, compostati, utilizzati come mangime o bruciati come combustibile. Anche queste matrici, trovando collocazione sul mercato, possiedono un valore economico, seppur minore rispetto alle colture dedicate. 3 - Sottoprodotti agroindustriali L agroindustria è un settore estremamente vario nel quale si producono moltissimi scarti e reflui organici che possono essere destinati alla digestione anaerobica. I prodotti, sottoprodotti e scarti sono tali e tanti che risulta inutile elencarli tutti. Tra questi ne ricordiamo alcuni dei più utilizzati come, ad esempio, il siero di latte, contenente proteine e zuccheri, dall industria casearia, i reflui dall industria che processa succhi di frutta o che distilla alcol e gli scarti dell industria olearia. Anche la resa in biogas, come il ventaglio di matrici, è molto varia; alcuni tipi di sottoprodotto, se contengono proteine, grassi o amido, hanno una buona resa in biogas, altri invece, come il siero di latte, portano a produzioni di biogas molto modeste. La reperibilità generale di queste biomasse è buona, ma risulta particolarmente vincolata alla vicinanza geografica dell impianto ad una linea industriale che generi un sottoprodotto utilizzabile. Spesso l impiego di matrici a bassa produzione specifica di biogas (siero di latte o residui ortofrutticoli) è preferito in ragione della maggiore produzione. Anche il valore economico di questa tipologia di matrice è molto vario: ad esempio, alcuni scarti dell agroindustria (scarti del pane o dei biscotti), essendo utilizzabili come mangimi nel settore zootecnico, possono diventare economicamente non sfruttabili. È spesso difficoltosa la gestione in impianto di queste biomasse; se utilizzate pure o miscelate in modo scorretto si possono presentare problemi al digestore. Ad esempio, il siero di latte può dare problemi di acidità; prodotti troppo zuccherini portano alla formazione di schiume. 8

11 4 - Sottoprodotti di origine animale In questa categoria si possono elencare tutti i residui dei macelli come sangue, pelle, contenuti stomacali e ossa e gli scarti dell industria ittica. Gli alti valori di resa che si ottengono rendono queste biomasse, generalmente ricche di proteine e grassi ad elevata digeribilità, utili matrici da inviare a digestione anaerobica. La reperibilità di queste matrici è decisamente inferiore rispetto a tutte le altre biomasse vegetali. In primo luogo le quantità prodotte sono inferiori; inoltre, la vicinanza dell impianto può essere determinante nella scelta dell utilizzo di un sottoprodotto di origine animale. C è, almeno in Italia, una forte competizione con altri settori per lo sfruttamento di alcune di queste matrici; tutte le fonti di proteine e grassi animali sono ambiti dall industria mangimistica e dalla ditte che producono concimi, limitandone la convenienza economica. Per questa tipologia di biomassa le problematiche maggiori si riscontrano nella lavorabilità e nella gestione, in proposito ricordiamo l obbligo di costosi pretrattamenti come indicato nel Regolamento CE 1774/2002 Norme sanitarie relative ai sottoprodotti di origine animale non destinati al consumo umano. Il grande contenuto proteico di questa tipologia di matrice potrebbe portare a dannosi accumuli di azoto nel digestore. 2.2 Reflui Zootecnici Tutti i tipi di refluo zootecnico sono adatti alla digestione anaerobica; possiamo distinguere quattro tipi principali di refluo zootecnico, i liquami bovini e suini, letami bovini. Problemi di inibizione microbica e congestionamento dei digestori possono essere creati dall utilizzo delle deiezioni avicole; i reflui ovicaprini, considerato l alto contenuto di sali, possono creare particolari problemi di concentrazione di cloruro di sodio. I reflui prodotti da altri animali domestici non sono sufficienti dal punto di vista quantitativo per poter avere un importanza rilevante su scala nazionale. 9

12 1 - Liquame suino Il liquame suino è caratterizzato da un contenuto di sostanza secca che varia dell 1 al 6% e una concentrazione di sostanza organica o solidi volatili estremamente variabile. Questa grande variabilità è imputabile alle differenti metodologie di allevamento comunemente presenti sul territorio. Una stabulazione su grigliato con rimozione delle deiezioni tramite lavaggio delle fosse sottogriglia, produce un liquame molto diluito. Al contrario una rimozione delle deiezioni tramite raschiamento meccanico delle fosse consente di limitare la diluizione del liquame. La tipologia ed una corretta gestione degli abbeveratoi consente di ridurre ulteriormente gli apporti di acqua nel refluo. 2 - Liquame bovino Questo refluo ha un contenuto di sostanza secca maggiore, tra l 8 e il 15%, dovuto alla differente gestione degli allevamenti (aggiunta di paglia o altre lettiere). L effetto di diluizione è minimo rispetto a quello che si ha con le deiezioni suine, anche a causa del fatto che normalmente le zone calpestate dal bestiame vengono pulite e lavate con basse quantità di acqua. Dal liquame prodotto da una vacca da latte di circa 500 kg di peso vivo, si possono ottenere produzioni di 0,75 m 3 di biogas al giorno. 3 - Letame bovino Un letame per essere definito tale, deve essere palabile, quindi con un contenuto di sostanza secca ancora più elevato rispetto ai liquami, tra il 15 e il 35%, a seconda del tipo di allevamento e alla gestione attuata. La maggior differenza tra un letame e un altro, a parte l alimentazione del bovino, è data dal tipo di lettiera utilizzato (paglie, trucioli, foglie etc). La tipologia di lettiera impiegata può far variare le caratteristiche chimiche del letame; ad esempio utilizzando trucioli di conifere si potranno avere 10

13 accumuli di resine e oli essenziali; l impiego di foglie con alta concentrazione di tannini può essere un fattore di inibizione per i ceppi batterici di un digestore. 4 - Deiezioni avicole Tra le varie deiezioni avicole possiamo ricordare la pollina di galline ovaiole allevate in gabbia e la pollina di avicoli allevati a terra su lettiera. Le deiezioni asportate fresche hanno un contenuto in solidi totali del 60-70% e un alto contenuto in azoto inorganico. Nella digestione anaerobica la resa in biogas di un refluo zootecnico è, in generale, non molto alta. La reperibilità di questa matrice è estremamente facile negli stati e nelle regioni ad alta vocazione zootecnica (Germania Olanda Lombardia Emilia Romagna). Al contrario in alcune regioni del sud Italia dove il settore zootecnico non è molto sviluppato la reperibilità di queste biomasse è minore. Il valore economico di questa tipologia di matrice è decisamente basso facendo di essa una delle biomasse d eccellenza per la digestione anaerobica. Gli allevamenti che producono liquami devono stabilizzare grandi quantità di refluo e controllare l emissione di odori, soprattutto nei grandi allevamenti suinicoli la presenza di un digestore è ormai sempre più diffusa. I letami, che si possono spandere agronomicamente senza pretrattamenti, diventano una buona matrice da utilizzare a fronte della possibilità di un ritorno economico. L azoto inorganico è una delle problematiche gestionali delle deiezioni avicole, questo elemento in presenza di acqua, si trasforma in ammoniaca che può inibire il processo di digestione. Inoltre l alto contenuto di materiali inerti può provocare problemi di sedimentazione che causano problemi operativi non trascurabili. Più in generale i problemi che si possono riscontrare sono relativi alle concentrazioni di azoto, alla presenza di metalli, come ad esempio il rame utilizzato come promotore della crescita, di ormoni e antibiotici somministrati agli animali. 11

14 2.3 Fanghi di depurazione I fanghi di depurazione sono il residuo del processo di depurazione delle acque reflue urbane e industriali. Sono costituiti da biomassa batterica e sostanza inerte organica ed inorganica. L origine dei fanghi prodotti da un impianto di trattamento delle acque reflue è funzione del tipo di impianto in esame e dei processi di trattamento da essi adottati. Generalmente i fanghi utilizzati, come matrice per un digestore anaerobico, provengono da impianti a fanghi attivi a biomassa sospesa con un contenuto di sostanza secca che varia tra 70 e 100 g/m 3. Il fango utilizzato può derivare da sedimentazione secondaria, in processi a biomassa sospesa (con sedimentazione primaria 0,5/1,5 %SS, senza sedimentazione primaria 0,8/2,5 %SS), o da ispessimento a gravità (fanghi primari e fanghi secondari 2/8 %SS). Le caratteristiche dei fanghi variano in funzione del tipo di processo che li ha generati, del tempo intercorso tra la loro produzione e il successivo trattamento nonché dei trattamenti già subiti. In tabella 3.1 sono riportati alcuni dati di composizione media di fanghi non trattati o digeriti. La verifica di caratteristiche salienti quali il ph, l alcalinità, i nutrienti, e la concentrazione di acidi organici, risulta importante ai fini della corretta conduzione di processi quali la digestione anaerobica. Voce Fanghi primari non Fanghi primari Fanghi attivi non trattati digeriti trattati Solidi totali ST% ,8--1,2 Solidi Volatili (%ST) Oli e grassi (% ST) Proteine (% ST) Azoto (N, % ST) 1,5--4 1,6--3 2,4 3 Fosforo (P2O5, % ST) 0,8--2,8 1,5--4 2,8 11 Potassio (K2O, % ST) ,5--0,7 Cellulosa ( % ST) / Ferro (esclusi solfuri) / Silice (SiO2, % ST) / ph ,5--7,5 6,5 8 Alcalinità (mg/l come CaCO3)

15 Acidi organici (mg/l come HAc) Potere calorifico, kj/kg ST Tabella 3.1: Composizione chimica media dei fanghi non trattati e digeriti In generale gli obiettivi primari della digestione anaerobica dei fanghi di depurazione sono la stabilizzazione della sostanza organica, la riduzione della carica patogena di questa matrice e la facilitazione per lo smaltimento finale. La resa in biogas di questa matrice è una delle più basse, considerata la scarsità di sostanza organica utile e le numerose inibizioni dovute alle alte concentrazioni di metalli pesanti, antibiotici, e altre sostanze chimiche dannose. In particolare le concentrazioni medie di alcuni metalli pesanti sono riportate in tabella

16 Metallo mg/kg SS Arsenico 1, Cadmio Cobalto 11, Cromo Ferro Manganese Mercurio 0,6--56 Molibdeno 0, Nichel Piombo Rame Selenio 1,7--17,2 Stagno 2, Zinco Tabella 3.2: Contenuto medio di metalli nei fanghi di depurazione La reperibilità di questo tipo di matrice è buona anche se, considerati gli alti costi di trasporto di una matrice così diluita, è opportuno prevedere la digestione dei fanghi in prossimità di impianti si depurazione di acque civili. In quanto rifiuto da avviare al circuito di recupero o smaltimento, i fanghi non rappresentano un costo ma una potenziale fonte di reddito per l impianto di digestione anaerobica. Pur non essendoci particolari pretrattamenti da applicare a questa matrice, le scarse rese in biogas e i problemi di inibizioni non fanno dei fanghi di depurazione una matrice di conveniente utilizzazione, soprattutto in impianti di piccola scala [4]. 2.4 Frazione organica da raccolta differenziata Forsu La cosiddetta frazione organica dei rifiuti urbani rappresenta la principale frazione merceologica dei nostri scarti domestici (generalmente fino al 40-45% del rifiuto prodotto annualmente). Nella prospettiva di ottemperare agli obiettivi di raccolta differenziata previsti dalla revisione della Direttiva Quadro sui rifiuti e, a livello 14

17 nazionale, dal D.lgs 152/2006, l intercettazione dell organico (e la sua valorizzazione) rappresenta un elemento fondamentale nelle strategie di gestione. C è una buona correlazione tra la purezza della FORSU e la modalità di raccolta (regolamenti locali sui rifiuti conferibili, sistema di raccolta, ecc ) [5]. La sua composizione, invece, è estremamente eterogenea, e dipende da moltissimi fattori come la stagionalità, la collocazione geografica del bacino di riferimento, le abitudini alimentari della popolazione etc. Le rese in biogas della FORSU, paragonate ad altre matrici utilizzate, non sono particolarmente elevate, e la reperibilità di questa matrice è dipendente dall attivazione della raccolta differenziata (da utenze domestiche e/o commerciali). In Italia nel 2006 sono state prodotte e raccolte circa 2,702,500 tonnellate di FORSU e verde. Secondo una stima di APAT, nello stesso anno solo lo 0,4 % dei rifiuti è stato trattato tramite la digestione anaerobica [6]. Per poter gestire correttamente e vantaggiosamente la FORSU mediante digestione anaerobica, il ricorso a pretrattamenti è, nella maggior parte dei casi, obbligato. In particolare risulta necessario eliminare materiali indigeribili come plastiche, metalli ed inerti che, in modi differenti, possono provocare problemi e danneggiamenti alle parti meccaniche dell impianto. Uno dei maggiori problemi nell utilizzo delle frazioni organiche dei rifiuti è la successiva gestione del digestato che, secondo la legislazione vigente, rappresenta un rifiuto dagli utilizzi limitati e vincolati ad autorizzazione. Dal punto di vista ambientale, la grande quantità di azoto, principalmente minerale, presente nei digestati può creare delle difficoltà durante l utilizzo agronomico di questo output di processo. In questi casi risulta utilissimo l accoppiamento della digestione anaerobica con una linea di compostaggio del digestato. 15

18 2.5 Frazione organica da selezione meccanica Fo Rifiuto derivante dalla vagliatura dimensionale del rifiuto urbano, nel recente passato la cosiddetta frazione di sottovaglio (o frazione organica) è stata protagonista nel nostro Paese di tentativi fallimentari di produzione di compost, che hanno condizionato a lungo la diffusione dell applicazione di ammendanti di qualità da rifiuti selezionati alla fonte. La presenza diffusa di impurità merceologiche (vetri, inerti, plastiche, ecc), oltre che di contaminazione da metalli pesanti e composti xenobiotici costituisce un limite tecnico di problematica soluzione, che ne ha dissuaso nel tempo applicazioni nobili, confinando gli impieghi, dopo stabilizzazione biologica, alla copertura infrastrato o finale per discariche o alla realizzazione di operazioni di ripristino ambientale. Nel settore della digestione anaerobica, la frazione organica da selezione meccanica ha trovato diffuse applicazioni in Italia e all estero; tuttavia, la scarsa qualità della matrice rispetto alla FORSU ha creato non pochi problemi di gestione, legati soprattutto a danni di natura meccanica ai reattori e agli impianti di pretrattamento, alla bassa efficienza di produzione di biogas (dovuta alla sottrazione di volumi utili da parte dei materiali non digeribili e all inibizione che il materiale in ingresso esercita sulle colonie batteriche del digestore), agli elevati costi di gestione. In questi ultimi anni si sta assistendo, almeno in Italia, alla progressiva conversione degli impianti di digestione anaerobica inizialmente destinati al trattamento del rifiuto da selezione meccanica ad impianti per la digestione di matrici di qualità. La reperibilità delle frazioni organiche dei rifiuti urbani dipende dalla combinazione delle quantità prodotte (in costante crescita in Europa) e della tipologia e diffusione delle raccolte differenziate (Grafico 3.1). 16

19 Andamento della produzione di RSU, anni tonnellate anno Grafico 3.1: andamento della produzione di rifiuti solidi urbani negli anni La raccolta differenziata (finalizzata a raggruppare i rifiuti urbani in frazioni merceologiche omogenee) svolge un ruolo primario nel sistema di gestione integrata dei rifiuti in quanto consente, da un lato, di ridurre il flusso dei rifiuti da avviare allo smaltimento e, dall'altro, di condizionare in maniera positiva l'intero sistema di gestione. Un ruolo di particolare importanza è ricoperto dalla raccolta differenziata delle frazioni organiche dei rifiuti solidi urbani che, oltre a garantire flussi di materiale fortemente vocati alla valorizzazione agronomica, migliora la qualità del rifiuto secco residuo (RUR), il cui destino può essere individuato nel pretrattamento finalizzato alla produzione di combustibili da rifiuti (CDR) o alla messa in discarica. Alcune matrici, pur avendo potenziali di produzione molto elevati, sono scarsamente utilizzate a causa di alcuni problemi intrinseci, principalmente per i costi elevati o la scarsa reperibilità, ad esempio gli scarti di macellazione e di lavorazione del pesce, oltre a richiedere pretrattamenti obbligatori che risultano onerosi, spesso se non sono 17

20 reperibili perché hanno già altri numerosi canali di utilizzo (produzione mangimi e/o concimi), risultano troppo costosi per essere sfruttati con un guadagno. Ci sono casi in cui queste matrici vengono largamente impiegate; la Norvegia ad esempio utilizza i numerosissimi scarti dell industria ittica come substrato perla digestione anaerobica e addirittura vende parte della produzione di queste matrici a stati come la Danimarca; sono però realtà locali influenzate da particolari condizioni ambientali ed economiche. Ad esempio è dimostrato che nel periodo estivo, quando nella FORSU le percentuali di rifiuto verde, proveniente dallo sfalcio di giardino e dal verde pubblico, aumentano, le rese di impianti che trattano FORSU si riducono drasticamente: da 320 a 170 m 3 /kgvs con una riduzione di sostanza volatile dal 75% al 40% [7]. La causa della flessione di produttività è da ricercarsi nell incremento nel contenuto in lignina e cellulosa nel substrato trattato. Nel caso di altre biomasse, come le materie grasse di origine vegetale (oli di palma, colza, girasole etc) la competizione con i circuiti di produzione di biocarburanti (biodiesel) è molto elevata, portando così ad un aumento del costo unitario di questi prodotti. Spesso il mais è la biomassa vegetale di origine agricola più utilizzata per le buone rese di produzione di biogas, la grande reperibilità e la sua relativa economicità. Il mais è uno dei cereali coltivati più diffusamente, può essere prodotto come coltura dedicata, pratica diffusa ad esempio in Germania; le produzioni contaminate da aflatossine, gli insilati alterati o gli scarti di lavorazione sono ottime fonti di biomassa da sfruttare in una linea di digestione anaerobica. Di seguito si riporta una confronto di costi per tonnellata di matrice tal quale, il grafico 3.1 può essere utile per paragonare l effettiva accessibilità economica delle differenti classi di matrici. I valori relativi alla categoria Rifiuti sono negativi, per indicare il valore medio di una tariffa di conferimento in impianto, in questo caso l acquisizione di queste matrici rappresenta un introito per l azienda. 18

21 Costi unitari per classe di matrice /t Rifiuti Reflui zootecnici Scarti animali Media Scarti vegetali - agroindustr Serie Tipologia di matrice Scarti vegetali - colturali Amidacee Oleaginose Colture e proteiche dedicate&p Colture Grafico 3.1: Costi unitari per classe di matrice 3 La Codigestione La codigestione di effluenti zootecnici con altri scarti organici al fine di aumentare la produzione di biogas è pratica standard in Europa ormai da diversi anni. L interesse che spinge gli operatori del settore verso la codigestione è costituito principalmente dall opportunità di produrre, e quindi vendere, una maggior quantità di elettricità; non di meno la possibilità di smaltire, ad esempio, produzioni agricole avariate o in esubero rappresenta un vantaggio e un interesse. Il principio della codigestione si adatta anche al trattamento anaerobico della FORSU; infatti, la combinazione di biomasse eterogenee permette di ottenere una matrice da digerire che risponda meglio alle caratteristiche chimico-fisiche desiderate. Ad esempio, una corretta ed attenta miscelazione di matrici differenti può aiutare a risolvere problemi relativi al ph 19

22 o alle fonti azotate (carenze o eccessi). E opportuno ricordare che gli introiti derivanti dalle tariffe di conferimento dei rifiuti possono risultare come un interessante opportunità per i produttori che scelgono di attuare la codigestione per ottenere così guadagni maggiori. La miscelazione di diversi prodotti consente di compensare le fluttuazioni di massa stagionali dei rifiuti, di evitare sovraccarichi o al contrario carichi inferiori alla capacità stessa del digestore e di mantenere quindi più stabile e costante il processo. Un utilizzo non congruo delle matrici può causare problemi di diverso tipo all impianto; un aggiunta incontrollata di oli e grassi contenuti nello scarto, ad esempio, può determinare un eccessiva formazione di schiume, un quantitativo eccessivo di deiezioni avicole può causare tossicità alla flora metanigena a causa di una concentrazione eccessiva di ammoniaca. L impiego di biomasse contenenti considerevoli quantità di inerti, quali sabbia, pietre e terra, possono favorire la formazione di sedimenti nel digestore, l accumulo di questi materiali indigeribili può portare ad una riduzione del volume attivo del reattore o ad un blocco di valvole e tubazioni. Le matrici attualmente più utilizzate nella codigestione sono gli effluenti zootecnici, gli scarti organici agroindustriali e le colture energetiche. Gli scarti organici da utilizzare come co-substrati provengono dalle più svariate fonti e possiedono quindi forti differenze nella composizione chimica e nella biodegradibiltà. Alcune sostanze (quali percolati, acque reflue, fanghi, oli, grassi e siero) sono facilmente degradabili mediante digestione anaerobica senza richiedere particolari pretrattamenti, mentre altre (scarti di macellazione e altre biomasse ad elevato tenore proteico) necessitano di essere fortemente diluite con il substrato base, in quanto possono formare metaboliti inibitori del processo (ad esempio l ammoniaca). Una vasta gamma di matrici richiede step vari di pretrattamento quali, ad esempio, il rifiuto organico da raccolta differenziata, gli alimenti avanzati e/o scaduti, gli scarti mercatali, i residui agricoli e gli scarti di macellazione. La codigestione, se gestita correttamente, è una buona pratica per migliorare la gestione e le rese di un impianto di digestione anaerobica, in particolari situazioni la possibilità di utilizzare 20

23 biomasse differenti può evitare eventuali problemi legati al mancato conferimento delle matrici. 4 Rese di produzione di Biogas La produzione specifica di biogas è un parametro essenziale, che viene generalmente assunto quale indice di confronto tra differenti tipologie di processo, ma che risente fortemente delle caratteristiche del substrato trattato. Il rendimento in biogas del processo di digestione anaerobica si può esprimere secondo differenti unità di misura (m 3 /t SV, m3/t tq, m 3 /t sostanza organica); in quanto funzionale ad una migliore comprensione dell effettiva opportunità di impiego a livello industriale, in questo capitolo le rese verranno espresse in termini di m 3 /t di matrice tal quale. I valori di produzione sono molto variabili, e dipendono da differenti fattori che concorrono alla resa finale. La quantità e la qualità della frazione biodegradabile del substrato (non tutta la sostanza organica presente nel digestore viene convertita in biogas) è un parametro importante. Le scelte gestionali operate degli impianti possono o meno prevedere lo sfruttamento spinto dei potenziali di produzione delle matrici utilizzate; indipendentemente dalle scelte gestionali di ogni singolo impianto, è utile riportare dei valori di riferimento per quanto riguarda le rese indicative in biogas per diversi substrati organici. La convenienza economica e la facilità di reperimento di singole matrici sono altri fattore che concorrono ad orientare le scelte impiantistiche, per i quali verranno dati elementi di valutazione di larga massima. Ovviamente i valori sono indicativi e potrebbero variare a seconda di particolari realtà locali (vicinanza ad altri impianti di lavorazione, capacità di stoccaggio o produzione delle varie matrici). Per avere una consultazione dei dati più razionale, si è scelto di suddividere le varie matrici in sette macrocategorie:? Rifiuti urbani e fanghi di depurazione 21

24 ? Reflui zootecnici? Scarti e sottoprodotti di origine animale? Scarti vegetali dell agroindustria? Scarti vegetali provenienti da residui colturali? Prodotti e colture dedicate amidacee? Prodotti e colture dedicate oleaginose e proteiche Di seguito si riportano gli esiti dell elaborazione di dati di letteratura e sperimentali di relativi alle rese di produzione attese, accorpati per macrocategoria; In ciascun grafico si evidenzia, in un istogramma di differente colorazione, il valore medio di produzione relativo alla macrocategoria indicata. Rese medie di Biogas - Rifiuti m3/t tq fanghi di depurazione fanghi agroindustriali Media forsu Tipologia di matrice Grafico 5.1 : Rese medie di Biogas m3/t tq Rifiuti 22

25 Nel Grafico 5.1 si osserva come la produttività della FORSU sia decisamente più alta rispetto ai valori relativi ai fanghi. Il maggior contenuto % di solidi volatili porta e un minor contenuto in metalli pesanti consente di ottenere quantitativi maggiori di biogas. Analogamente si riscontrano differenze, in termini di produzione potenziale di biogas, quando si tratta rifiuto organico separato alla fonte rispetto a quello separato meccanicamente. Il secondo infatti è molto più ricco di materiali non biodegradabili o lentamente biodegradabili e pertanto la produzione di biogas risulta inferiore [8]. Nel grafico seguente sono confrontati alcuni valori di produzione relativi a differenti tipologie di refluo zootecnico. I valori più alti sono relativi alla pollina, peraltro caratterizzata da un più elevato contenuto di sostanza secca e solidi volatili per unità di peso. La sua particolare ricchezza in azoto rende questa matrice interessante per applicazioni in codigestione con matrici ad elevato C/N; d altra parte, la digestione in purezza deve far considerare i potenziali effetti inibitori conseguenti alla massiva produzione di ammoniaca. I colaticci e i liquami producono poco biogas, in parte per i modesti contenuti in solidi volatili, in parte per problemi relativi ad acidità e metalli pesanti, mediamente la resa si attesta sui 65 m 3 /t tq. 23

26 Rese medie di Biogas - Reflui zootecnici m3/t tq colaticcio liquame suino liquame bovino letame bovino liquame avicolo Media letame suino deiezioni ovine pollina Tipologia di matrice Grafico 5.2: Rese medie di Biogas m3/t tq Reflui zootecnici Tra gli scarti di origine animale (grafico 5.3) rientrano matrici con alto contenuto proteico e lipidico che portano a produzioni con valori medi abbastanza elevati (circa 200 m3/t tq). Le produzioni maggiori sono imputabili alle farine animali, alle farine di sangue e al grasso; il basso tenore di umidità è la ragione principale per delle rese così elevate. Nel grafico viene compreso, in quanto di origine animale, anche il siero di latte, caratterizzato altresì da modeste produzioni potenziali. 24

27 Rese medie di Biogas - Scarti di origine animale m3/t tq siero di latte sangue stomaco inestini non trattati scarti di macellazione farina di carne fanghi di macellazione Media intestini trattati grasso farine animali farina di sangue Tipologia di matrice Grafico 5.3: Rese medie di Biogas Scarti di origine animale Le produzioni relative agli scarti vegetali dell agroindustria (grafico 5.4) si attestano su valori medi di circa 250 m3/t tq. I due valori più elevati sono imputabili agli scarti di frantoio, ricchi in materie grasse, agli scarti del pane, composti prevalentemente da amido, e agli scarti di biscotti ricchi in proteine, grassi ed zuccheri I valori relativi agli altri scarti sono decisamente più bassi, la scarsa degradabilità o l alto contenuto di umidità di queste matrici, giustificano rese unitarie modeste. 25

28 Rese medie di Biogas - Scarti vegetali - agroindustria m3/t tq polpa patate raspi scarti distillazione mele vinacce senza graspo sansa vergine marcomela buccette pomodori trebbia di birra marcofrutta media Tipologia di matrice 252 scarti del pane scarti di frantoio scarti di biscotti Grafico 5.4: Rese medie di Biogas Scarti vegetali dell agroindustria Tra gli scarti vegetali da residui colturali sono incluse le parti di piante coltivate che residuano da un processo produttivo e che non costituiscono un prodotto. Nella stessa classe si è incluso anche il verde urbano e l erba da sfalci privati. 26

29 Rese medie di Biogas - Scarti vegetali - Residui colturali m3/t tq erba scarti di verdure rifiuti ortofrutticoli verde urbano piante di patate Media paglia stocchi di mais pula di orzo pula di riso pula di mais Tipologia di matrice Grafico 5.5: Rese medie di Biogas Scarti vegetali da residui colturali La variabilità che si riscontra nei valori di resa di questa categoria di matrici è imputabile principalmente alle differenze di contenuto di sostanza secca delle differenti biomasse. Le rese medie si attestano su valori di circa 260 m3/t tq, paragonabile alle produzioni relative agli scarti vegetali dell agroindustria. Nel grafico successivo (grafico 5.6), si confrontano le rese in biogas di prodotti e colture dedicate a base amidacea. A differenza delle altre matrici, queste biomasse sono dei prodotti con un proprio mercato, per ottenere i quali,si consuma energia (coltivazione di colture dedicate e/o raffinazione di produzioni vegetali nobili). Le rese in biogas sono decisamente più elevate, con un valore medio di circa 390 m 3 /t tq. In questa categoria le matrici meno produttive sono quelle con tenori di umidità, cellulosa e lignina più elevati e valori di solidi volatili inferiori (è il caso degli insilati già parzialmente degradati). La produzione di molte di queste biomasse, caratterizzate da rese specifiche di biogas elevate in quanto ricche di amido e con un basso 27

30 contenuto di umidità, richiede un grande impiego di energia; ne consegue un aumento nel costo unitario con una riduzione nei vantaggi del loro impiego. 28

31 Rese medie di Biogas - Amidacee - Colture dedicate m3/t tq insilato di girasole frumento trifoglio insilato di foraggio erbaceo insilato d'erba insilato di sorgo zucc. insilato di mais fieno di medica melasso pannocchie di mais Media fieno di gramigna farina di riso farina d'orzo granella di avena farina di segale granella di orzo Tipologia di matrice amido granella di sorgo granella di mais farina di mais granella di grano granella di segale Grafico 5.6: Rese medie di Biogas Prodotti e colture dedicate - amidacee l Europa investe nelle zone rurali» - Programma di sviluppo rurale Direzione applicazione del Regolamento Comunità Europea n.1698 del 2005, articolo 43. Misura 111 A

32 Infine le rese in biogas indicate nel Grafico 5.7 relativo alle colture oleaginose e proteiche sono tra le più elevate, con produzioni medie di 660 m 3 /t tq e valori di punta (per l olio di cocco) che rasentano i 1200 m 3 /t tq. Valgono, naturalmente, le valutazioni condotte in precedenza sui costi energetici relativi alle colture amidacee. Rese medie di Biogas - Oleaginose e proteiche - Colture dedicate m3/t tq girasole semi di pisello Media pianti oleose glicerina semi oleosi olio di cocco Tipologia di matrice Grafico 5.7: Rese medie di Biogas Prodotti e colture dedicate oleaginose e proteiche Il valore di potenziale produttivo delle differenti matrici prese in analisi è, in genere, misurato da prove sperimentali di laboratorio dove le condizioni chimico fisiche per il corretto sviluppo delle colonie batteriche sono le migliori. Ciò comporta una potenziale discrepanza fra i valori di resa teorici e quelli misurati a scala reale. I problemi che concorrono alla riduzione nelle produzioni sono molteplici, dagli sbalzi termici ai bassi tempi di permanenza, non trascurando eventuali problemi di inibizioni chimiche. In conclusione si riporta un confronto fra le medie delle rese medie delle sette categorie di matrici individuate (Grafico 5.8) 30

33 Media delle rese medie di Biogas m3/t tq Rifiuti Reflui zootecnici Scarti animali Scarti vegetali - agroindustri Scarti vegetali - colturali Serie Tipologia di matrice Media Amidacee Colture dedicate&pr Oleaginose e proteice Colture Grafico 5.8: Confronto fra le rese medie di Biogas per classe di matrici l Europa investe nelle zone rurali» - Programma di sviluppo rurale Direzione applicazione del Regolamento Comunità Europea n.1698 del 2005, articolo 43. Misura 111 A

34 A conclusione e commento dell analisi condotta sulle potenzialità di sviluppo di energia da matrici organiche, si evidenziano in prima istanza interessanti opportunità di impiego della digestione anaerobica per una corretta gestione delle frazioni organiche dei rifiuti solidi urbani, degli effluenti zootecnici e di tutti gli scarti e sottoprodotti organici. Se la digestione di soli fanghi di depurazione è sconsigliabile per le modeste rese di produzione di biogas (a meno che non venga realizzata direttamente sul luogo di produzione), dall altra si segnala la necessità di riflettere sulle implicazioni ambientali legate alla produzione di biomasse dedicate ad alta efficienza di recupero energetico (colture dedicate). Per far si che il processo si svolga correttamente, considerate le caratteristiche intrinseche, si presentano alcune criticità di cui tenere conto. Variando la tipologia di matrice si potranno avere tempi di degradazione della sostanza organica e quindi di crescita (periodo di start-up) della biomassa metanigena più o meno lunghi. Utilizzando biomasse ricche in azoto è necessario tener conto che la rimozione dei composti azotati è ridotta a causa dell impossibilità di far avvenire la nitrificazione (necessita di ossigeno). Il processo risulta essere abbastanza sensibile alla presenza di sostanze tossiche, anche in questo caso un analisi preventiva delle matrici in ingresso consente di evitare o ridurre eventuali problemi di inibizione; la degradazione cometabolica delle sostanze xenobiotiche richiede concentrazioni di substrato primario relativamente alte. Esiste a volte la necessità di aggiungere reagenti di sintesi per eliminare effetti inibenti dovuti, ad esempio, alla elevata acidità della biomassa in digestione (ad esempio siero di latte). In definitiva, si può affermare che un attento controllo sui fattori che influenzano i processi anaerobici, una giusta scelta delle matrici in ingresso e un uso ragionato della codigestione, possono far si che la digestione anaerobica diventi, non solo la soluzione di alcuni problemi legati ai biorifiuti, ma anche un opportunità vera per produrre efficientemente energia da fonti rinnovabili. 32

35 5 Bibliografia 1) 2) Ferrey and Sowers; Principi della conversione biologica delle biomasse in metano. Biological reclamation and utilization of urban wastes. Simposio Internazionale sulla Trasformazione biologica ed Utilizzazione in Agricoltura dei Rifiuti Urbani. Napoli, Ottobre ) APAT e ONR (a cura di), Rapporto Rifiuti ) Metcalf & Eddy; Ingegneria delle acque reflue trattamento e riuso. McGraw-Hill 5) Hilton B. L., Oleszkiewicz J. A.; Sulfide-induced inhibition of anaerobic digestion. Journal of environmental engineering n 114 (6), pag ) APAT e ONR (a cura di), Rapporto Rifiuti ) 8) Massimo Centemero; Integrazione tra sistemi aerobici e anaerobici. Forum Internazionale sul compostaggio Legnaro (PD), 30 Gennaio

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